Signori ufficiali
Non vi dovete meravigliare se mi presento a voi in questo abito
borghese; sono necessità del momento, ma io sono sempre
il maresciallo Badoglio, il vostro generale del Sabotino, di Vittorio
Veneto, di Addis Abeba.
Non vi farò un discorso perché i discorsi sono antipatici
per chi li dice e per chi li ascolta. Io voglio prospettarvi ed
illustrarvi in questo momento solamente due fatti: la caduta del
fascismo e l'armistizio.
Il fascismo è caduto non per forza esterna, ma per crisi
interna e per volontà degli stessi membri componenti il
gran consiglio. La sera del 24 luglio il gran consiglio votò
a maggioranza contro Mussolini.
La mattina del 25 Mussolini si presentò a villa Savoia
a S. M. il Re e comunicò la mozione del gran consiglio
dicendo che la mozione stessa era nulla. S. M. il Re gli fece
presente che ciò non era vero in quanto il gran consiglio
era un organo riconosciuto dallo Stato e perciò la mozione
era valida. A questo punto Mussolini domandò a S. M. il
Re: «Questo significa che dovrei andarmene». S. M.
il Re gli rispose: «Appunto, voi ve ne andrete».
Così uscì da villa Savoia, dove venne preso e condotto
da CC. RR. in una caserma dei Carabinieri, e questo fu fatto per
non lasciare che egli cadesse in Roma in balìa della furia
popolare, perché lo avrebbero fatto a pezzi e magari lo
avessero fatto! A questo punto vi dirò che io conservo
una lettera scritta da Mussolini la notte del 25 luglio con la
quale egli mi ringraziava di averlo così salvato.
S. M. il Re mi chiamò subito ad assumere il Governo.
Voi sapete che alla mia età, ed alla mia condizione, non
avevo ancora bisogno di gloria: ma fu una necessità, per
salvare ancora, fin dove era possibile, questo nostro povero e
disgraziato paese.
Io non vi dirò tutto quello che ho potuto vedere in questo
breve periodo di governo; però avendo voluto sondare in
molti rami, vi dirò solo pochi fatti salienti.
L'A.G.I.P. che voi sapete, quella famosa agenzia di petrolio,
organo parastatale, aveva un deficit di « 90» milioni
di lire e non si sono nemmeno trovati i documenti contabili. La
G.I.L. costava allo Stato un miliardo e 700 milioni, l'O.N.D.
un miliardo e 200 milioni.
Il
Ministero della cultura popolare era diventato un vero e proprio
lupanare: aveva alle sue dipendenze un numero infinito di signore
romane con stipendi che talvolta oscillavano dalle 8 alle 10 mila
lire al mese e con incarico... lascio intendere a voi.
Ma vi dirò di più: quelle signore non si permettevano
nemmeno il fastidio di andare a riscuotere lo stipendio, perché
bastava che mandassero le loro persone di servizio per farlo.
Ecco perché noi ci siamo trovati in guerra coi fucili 1891.
Il Ministro delle finanze ha riferito che noi avevamo un «
deficit » di 650 miliardi, mentre avremmo dovuto avere in
circolazione 14 miliardi di carta, noi avevamo invece in circolazione
150 miliardi.
I Ministeri avevano nel proprio bilancio una voce chiamata «
spese riservate » e delle quali non dovevano dare alcun
conto. Tutto il supero delle spese dei bilanci che non si doveva
conoscere venivano trasportate nella voce « spese riservate
».
Non vi so dire quante decine di miliardi venivano così
a disperdersi senza che fosse necessaria alcuna giustificazione.
Non abbiamo trovato alcuna contabilità di queste spese.
Ma ora basta e usciamo da questo fango...
Al convegno di Feltre il 10 luglio Mussolini si recò con
la intenzione di far presente a Hitler la reale situazione dell'Italia
e di chiedere l'armistizio, ma, presente il ministro degli esteri
Bastianini, non ebbe il coraggio di parlare, anzi, vi dirò
di più: Hitler non lo fece parlare.
Ritornato a Roma, Mussolini fece presente a S. M. il Re che per
il 15 settembre intendeva sganciarsi dalla Germania. Oggi che
questo l'ho fatto io, mi si accusa di tradimento. Io ho dovuto
accettare questo stato di cose per il grave per il grave stato
nel quale eravamo venuti a trovarci.
Prima di tutto, la rete ferroviaria era quasi del tutto interrotta
e spezzata, i viveri del settentrione non potevano affluire al
meridione, le città, per la maggior parte, devastate dai
bombardamenti.
Nell'assumere il governo telegrafai a Hitler dicendo che avrei
mantenuto l'impegno e continuata la guerra. Hitler a questo telegramma
non rispose, ma dopo questo si verificarono due fatti importanti.
Mandò truppe in Italia, non richieste.
Voi sapete che la Germania era con noi impegnata a mandarci un
milione e 200 mila tonnellate di carbone, che noi regolarmente
pagavamo. Questo venne di colpo ridotto a 300 mila tonnellate.
Voi sapete che la Germania ci forniva di tutto, compreso il petrolio
di cui avevamo bisogno e questo di colpo ci venne a mancare, con
la scusa dei bombardamenti di Lilla. Noi rimanemmo senza una goccia
di benzina.
Più grave ancora: si appropriò del nostro grano
già pagato alla Romania. I treni dalla Romania furono fatti
deviare verso la Germania e invece immediatamente divisioni tedesche
vennero in Italia.
Non c'era più da dubitare, i tedeschi volevano prenderci
alla gola, costringerci ad ubbidire. In questo momento pensai
che non c'era tempo da perdere e chiesi l'armistizio al generale
Eisenhower che fu senz'altro accettato. Qui avvennero dei fatti
un po' imbrogliati che non sto a chiarirvi. L'armistizio doveva
essere pubblicato il giorno 15 o 16. Gli alleati all'ultimo momento
ci imposero di pubblicarlo il giorno 8. Dovetti immediatamente
provvedere a salvare la persona di S. M. il Re, la regina e la
famiglia reale, altrimenti quei ladroni li avrebbero presi in
ostaggio e portati in Germania.
Adesso sono qui con una parte di Governo e cerchiamo
con ogni mezzo di mutare, a nostro favore, la situazione, la quale
effettivamente ha subìto un rovescio. Noi non siamo più
la nazione vinta, ma con un termine un po' difficile, siamo con
gli inglesi e gli americani in "cobelligeranza".
Ma io spero andare ancora oltre e cioè a dire: alla pari,
ad uno stato di alleanza. Io chiesi al generale Eisenhower un
ufficiale che facesse, come dire, di tratto d'unione tra noi e
loro. Il mio desiderio è stato accettato e il gen. Eisenhower
mi ha mandato un generale che resta con noi a Brindisi. Io spero
in questo modo di salvare con tutto il nostro possibile la nostra
povera Patria, ed alla fine di questa guerra otterremo dai nostri
alleati i mezzi di provvedere alla sua ricostruzione.
Signori ufficiali,
Bisogna che non vi sia tra di voi alcun dubbio dell'affetto verso
l'Italia e la volontà fermissima di scacciare lo straniero:
il nemico dalle nostre case.
Dopo il 1935, nel 1936 l'Italia aveva raggiunto il massimo delle
sue aspirazioni, aveva conquistato l'Impero, e, se noi fossimo
rimasti neutrali, saremmo stati uno dei popoli più potenti
e più rispettati, e d'altronde ne avevamo bisogno, dopo
varie guerre combattute.
Quando il 2-giugno Mussolini mi chiamò dicendomi che il
10 giugno noi saremmo entrati in guerra, io gli gridai: "Ma
lei non sa che noi non abbiamo nemmeno le camicie per i nostri
soldati, non dico le divise, ma nemmeno le camicie? ». Egli
mi rispose: «Lo so, io ho solo bisogno di avere alcune migliaia
di morti per sedermi al tavolo della pace accanto ai vincitori
».
Ecco la profezia del grande uomo, del grande statista che aveva
preveduta la vittoria in due o tre mesi...
La Germania, signori ufficiali, è stata sempre nostra nemica,
d'altronde noi abbiamo combattuto contro di essa al Piave.
I tedeschi ci volevano offendere nel nostro onore di ufficiali;
volevano per la resistenza in Italia imporci il comando tedesco,
senza alcuna consultazione dei nostri generali, del nostro stato
maggiore, essi volevano imporci il comando unico di quel famoso
generale Rommel, che è stato fonte di tutte le nostre disgrazie
in Africa. Io mi sono ribellato ed eccomi qua tra voi e con il
nostro popolo il quale ha risposto ad unanimità.
In questo momento si combatte ovunque contro i tedeschi. A Torino
ed a Milano gli operai hanno impugnato le armi
e
combattono a fianco dei nostri soldati contro i tedeschi ed i
fascisti. La IV armata al completo combatte vittoriosamente contro
di essi.
Noi dobbiamo scacciare questi ladroni ed assassini. Sì!
Ladroni!:'! L'altro giorno a S. Severo hanno svaligiato la Banca
Nazionale, trasportando tutti i valori ed i titoli di Stato compresi
quelli depositati dai privati.
Io sono un vecchio che ho raggiunto i miei 72 anni e non credevo
di finire i miei giorni vedendo cadere la Patria in questo disastro.
Adesso è stato formato in Italia un governo detto: «
Governo fascista repubblicano » agli ordini dei tedeschi;
ma non crediate che Mussolini sia con loro e si arrischi a venire
in Italia. Egli è al sicuro lontano, in Germania. Ma ve
lo giuro, noi li ricacceremo e li raggiungeremo ovunque. Io vi
prego di trasfondere nei nostri soldati questo sentimento che
deve portare le nostre truppe alla rivincita e alla vittoria ».