CINA

 

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LA RIVOLUZIONE DI DENG XIAOPING

Giovanni De Sio Cesari
http://www.giovannidesio.it/

Indice: introduzione - Deng, l'uomo del gatto - tramonto e morte di Mao-
vittoria di Deng Tiananmen - il trionfo di Deng - un bilancio

 

INTRODUZIONE

Il secolo che ci ha preceduto è stato il secolo delle grandi rivoluzioni: in tutto il mondo si sono succedute incessantemente rivoluzioni di destra e di sinistra, controrivoluzioni, colpi di stato, guerriglie, repressioni sanguinose: i morti si sono contati a milioni, forse a centinaia di milioni. Eppure nessuna di esse ha avuto successo, in realtà sono tutte fallite: è fallito il nazismo, il comunismo, le passionali rivoluzioni sud americane, anche i governi “rivoluzionari” dei paesi ex coloniali non hanno certo realizzate le speranze, perfino Ghandi è stato messo in soffitta.

Ma di tutte le rivoluzioni del ‘900 una sola veramente ha avuto successo e cambierà, nel corso del nostro secolo, il mondo intero: la rivoluzione guidata da Deng Xiaoping fra il 1976 e 1994 in Cina.

Si tratta di una vera rivoluzione perchè essa, in una accanita, drammatica lotta durata quasi due decenni, ha capovolto completamente l’assetto economico politico creato da Mao Zedong Con essa la Cina è uscito dal sottosviluppo, ha raggiunto tassi di sviluppo altissimi e costanti che la porteranno a riprendere il posto centrale nel mondo che aveva avuto fino al 1700 contendendo agli Occidentali il primato economico, scientifico e civile che essi hanno ormai da più di due secoli: il mondo ne risulterà cambiato profondamente, anche se non possiamo prevedere in che modo.

Tuttavia di questa rivoluzione pochi in Occidente e in tutto il mondo sono veramente coscienti: tutti conoscono Hitler e Stalin, Mao e Pancho Villa, ai loro tempi, a milioni, morirono per seguirli: ma pochi hanno idea chiara di chi fosse questo cinese di piccola statura che non ha mai nemmeno ricoperto il ruolo formale di “capo” della Cina e che ha cambiato il mondo forse come nessun altro nel ‘900.

Questo lavoro si propone di dare una prima sommaria informazione su Deng Xiaoping e sulla sua rivoluzione.

DENG, l’UOMO DEL GATTO

Deng Xiaoping nacque nel 1905 nel Sichuan in una famiglia di buon livello economico e sociale ed ebbe una buona educazione tradizionale
Dal 1920 al '26 fu in Francia, allora ancora il centro culturale del mondo dove lavorò come operaio: conobbe il marxismo e si iscrisse al Partito Comunista Cinese: si racconta che in tarda età fosse ghiotto dei croissant francesi che gli portavano e che gli ricordavano la giovinezza.

Nel ‘26 fu si trasferì poi a Mosca per studiare il marxismo e vedere soprattutto la rivoluzione in atto. Ebbe quindi diretta e personale esperienza del capitalismo e del comunismo che invece Mao conosceva solo per sentito dire, non essendosi mai mosso dalla Cina. Deng. quindi, già per formazione era aperto al mondo a differenza di Mao, chiuso nella Cina di sempre.

Tornato in patria, partecipò alla “Lunga marcia” insieme a Mao: tuttavia gia da allora i due leaders non furono mai amici , non si sopportavano reciprocamente anche a livello personale; non si trattava di divergenze politiche, allora inesistenti o quasi, ma propriamente di temperamenti opposti. inconciliabili.

Mao aveva un indubbio fascino, un carisma personale irresistibile che sedusse non solo i cinesi ma anche gli Occidentali, anche quelli a lui nemici. Deng invece, piccolo di statura, cattivo parlatore, sempre critico e misurato, era un realista che non entusiasmava, rifuggiva dalle luci della notorietà, non ricopri mai la prima carica nè nello stato nè nel partito e nemmeno la seconda (giudicata troppo pericolosa) ma giunse al massimo ad essere il numero tre. Si racconta che quando gli fu contestato in America che non lasciava uscire i cinesi dal paese chiedesse “ ma quante decine di milioni di cinesi siete disposti ad accogliere in America? “ E un’altra volta, a chi accusava gli Americani di impiantare le loro industrie in Cina per sfruttare i lavoratori cinesi rispose: ”Per quale altra ragione allora pensate che dovrebbero venire in Cina? “.

Il suo carattere è definito da una sua famosa frase, pronunciata nel 1962 e poi rimasta proverbiale in tutto il mondo : “non importa se il gatto sia bianco e nero purchè prenda il topo” In questo modo si poneva all’opposto dello spirito maoista che affermava il primato della politica sulla tecnica: la teoria o meglio la purezza della teoria era la cosa più importante nella Cina di Mao per cui bisognava preferire sempre il fedele del marxismo poco esperto all’esperto poco fedele al marxismo. Questa principio, essenziale per il maoismo, fece si che nelle Cina delle Rivoluzione Culturale, la direzione in qualunque settore spettava a chi dimostrasse di essere “più comunista”, non a chi dimostrasse più preparazione. Si videro quindi contadini semi analfabeti salire sulle cattedre universitarie e seri professori universitari addetti alla pulizie delle stalle, semplici operai dirigere grandi industrie e ingegneri addetti a scopare i cortili. Una circolare ufficiale, al tempo della Rivoluzione Culturale, ispirata al pensiero di Mao, ribadiva che l’affermazione secondo cui ognuno è uguale di fronte alla verità è uno slogan borghese perchè la verità dipende dalla classe.

Lo stesso Mao si vantava di aver seppellito 46.000 intellettuali mentre il primo imperatore Qin Shi Huangdi, secondo la leggenda, ne aveva fatto seppellire solo 460: si badi che per intellettuali intendeva però persone istruite e tecnici, e non solo, come da noi, filosofi, storici , poeti.
Lin Biao nei momenti del suo massimo potere all’ombra di Mao ribadiva : non c’è bisogno della conoscenze della natura nè di quella del materialismo storico: la vera conoscenza è la lealtà verso il leader. Praticamente bisognava seguire semplicemente il pensiero di Mao e tutto era risolto: in questo spirito redasse il famoso Libretto Rosso che divenne poi il libro sacro del comunismo maoista.
Il sapere anche in materie tecniche era sospetto come privilegio di classe, quindi nasceva la diffidenza per tutte le persone istruite.
Si giunse a considerare perfino la teoria della relatività di Einsterin come controrivoluzionaria.

Ma Deng, l’uomo del gatto, era per temperamento, prima ancora che per convinzione, l’oppositore di tutto ciò. Nel processo a cui fu sottoposto egli disse il vero quando nella sua autocritica affermò che non aveva mai seguito ma nemmeno compreso il pensiero di Mao.

Mao, infatti, aveva fatto della Cina un immenso convento dove si giurava sulla verità intangibile del suo pensiero consegnato in modo definitivo nel Libretto Rosso: ma Deng ha fatto chiudere libretti e libri, e guardare la realtà, in faccia alla realtà
E allora la Cina ne è uscita sconvolta: i monaci dell’ortodossia comunista si sono trasformati nei corsari dell’economia moderna capitalista con tutto il bene e anche il male che questo fatto comporta.

Si può dire che Mao fu l’ultimo imperatore, l’ultimo “figlio del cielo” come si dice in cinese. ma Deng fu l’ultimo grande mandarino che guidò effettivamente, senza troppo mostrarsi, la Cina verso lo sviluppo . cosi come fu quasi sempre nella tradizione cinese: l’imperatore regnava ma chi veramente governava era il mandarino, o meglio, la classe dei mandarini.

TRAMONTO E MORTE DI MAO

Mao Zedong, il grande timoniere spirava il 9 settembre 1976. Folle immense in Cina scesero in piazza con scene di lutto e disperazione ma anche in tutto il mondo il cordoglio fu grande a sincero e anche non mancò il rispetto dei suoi avversari.
Ma il tramonto di Mao era incominciato molto, molto prima e la sua ombra graverà ancora per molto tempo su tutta la Cina e tuttora rimane pur sempre il “padre della patria” sia pure imbalsamato, non solo materialmente nella piazza Tiananmen , ma soprattutto nell’immaginario della mitologia- storia dei cinesi insieme a Confucio, all’imperatare Qin Shi.


1° Ottobre 1949 - Mao Tze-Tung proclama la nascita della Repubblica Popolare Cinese

Il momento più alto di Mao è stato nel 1949 quando proclamò la repubblica cinese da Tiananmen: comunque sia, quella rimane una data fondamentale nella nuova Cina perchè con essa la nazione Cinese risorgeva, unita e indipendente, dopo 50 anni di invasione e guerre civili e dopo un secolo di umiliazioni subite dagli europei, i “diavoli, dai lunghi nasi”. Perfino molti ricchi fuoriusciti, che avevano fatto fortuna, tornarono per mettere a disposizione del nuovo governo le proprie sostanze e le proprie capacità .
Deng condivise quei momenti gloriosi guidando nel Sichuan l’ultimo attacco contro le forze di Jiang Jieshi (Chiang Kai-shek ) che si rifugiarono a Taiwan e tenne poi alti incarichi nel partito, sia pure con alterne vicende fino alla Rivoluzione Culturale nel 1966.

In verità gia nel 51 e 52 ci furono stragi indiscriminate di controrivoluzionari: ma si sa la rivoluzione “non è un pranzo di gala, non si può fare con eleganza. è un atto di violenza” come aveva detto Mao. Il 27 febbraio del '57 poi Mao pronuncia il discorso dei "cento fiori: ” che cento fiori fioriscano, che cento scuole gareggino” e si apre la speranza: ma essa viene immediatamente spenta pochi mesi dopo. Il 18 giugno viene tutto bloccato: tutti quelli che si erano esposti furono in seguito cacciati dai loro posti e costretti a penose autocritiche e adibiti quindi a fare lavori manuali, soprattutto a lavare i cessi.

Per alcuni analisti fu una trappola vera e propria di Mao, per altri Mao voleva colpire l’apparato che lo stava esautorando ma poi si rese conto che minava anche la base stessa del comunismo e quindi del suo potere: una specie di anticipo, in piccolo, di quello che sarebbe stata la Rivoluzione Culturale. Ma una ben più grave tragedia si stava per abbattere sulla Cina: Mao lanciò nel 57 il “grande balzo in avanti” malgrado l’opposizione, in verità molto sfumata, dell’apparato: Deng, in seguito, ammise le proprie responsabilità per non essersi opposto veramente.

Si voleva bruciare le tappe, raggiungere il livello dei paesi capitalisti con una industrializzata forzata, lavorando a mano , senza mezzi, con ritmi forsennati. In termini marxisti potremmo dire che Mao, tentando di sostituire le risorse materiale con l’impegno umano, voleva modificare la struttura con la sovrastruttura, un fatto contrario a ogni principio marxista, Ma si tratta di sottigliezze filosofiche che certo le folle cinesi non coglievano: queste invece, non sapremmo dire se più per vero entusiasmo o per terrore, si impegnarono fino allo spasimo, tentarono con ogni mezzo, giungendo a vere follie come fondere anche cose utili e indispensabili per avere acciaio che si rivelò poi di pessima qualità e inservibili. I contadini trascurarono l’agricoltura, le condizioni atmosferiche furono sfavorevoli: una catastrofica carestia si abbattè sulla Cina: per malnutrizione morirono in tanti, forse 20 milioni: il numero non lo sapremo mai. Il disastro fu accuratamente nascosta all’estero dove le notizie ebbe scarso credito confusa fra le molte bugie della propaganda della guerra fredda.
Ma un disastro di tale proporzione non poteva passare senza conseguenza: l’apparato del partito ( fra cui figura di spicco era Deng) in pratica esonerò Mao dal potere effettivo riportando una pausa di respiro nel paese : la guida era diventato Liu Shaoqi : questi non era, come poi fu definito un “ Kruscev cinese“, una specie di Dubcek ante litteram che volesse il comunismo “dal volto umano“e tanto meno era contagiato da pericolose tendenze democratiche borghesi: era semplicemente un solerte funzionario che cercava di far ripartire l’economia e lo Stato cinese con un minimo di ragionevolezza, pur restando un fedelissimo di Mao.

Ma Mao maturò la sua rivincita: nel 1966 scatenò quella che fu definita la "Rivoluzione Culturale": il 5 agosto fu pubblicato il famoso manifesto del Partito Comunista: “bombardate il quartiere generale “. Folle di giovanissimi scesero in piazza agitando il Libretto Rosso di Mao, proclamando che in esso vi era la soluzione di ogni e qualsiasi problema non solo politico ma anche tecnico ( e anche della vita privata e familiare).

Liu Shaoqi divenne allora l’emblema del male che si annidava nel Partito, in Cina, nel mondo. Ogni gruppo e gruppetto trovò nel suo ambito il suo piccolo o grande Liu Shaoqi: nella città, nel villaggio, nel luogo di lavoro, nella scuola. A milioni furono perseguitati, umiliati,deportati , uccisi in una violenza incontrollabile che poteva abbattersi su chiunque, trascinando alla rovina anche i suoi familiari.
Anche Deng fu perseguitato, umiliato, costretto all’autocritica di fronte a folle di forsennati e inviati poi in un villaggio sperduto e costretto a lavori manuali, sopravvivendo a stento: nè fu risparmiata la sua famiglia come era d’uso nella Cina di Mao: uno dei suoi figli, Deng Pufang, ( si noti: Deng è un cognome di famiglia ) fu gettato dalla finestra, restò paralizzato per tutta la vita e per tutta la vita accompagnò il padre per ogni dove.

Nel 69 il disordine fu tale che intervenne l’esercito che mise un minimo di ordine: una moltitudine di guardie rosse furono anche esse mandate in luoghi inospitali e sperduti a lavorare, ad “imparare dal popolo”.
Nel ‘71 Lin Biao, animatore delle Guardie Rosse, numero due del regime ed erede designato moriva cadendo con l’aereo, fuggendo in seguito a una oscura congiura che avrebbe tentato contro Mao: il fatto tuttora rimane del tutto oscuro: l’unica cosa chiara è che l’episodio è degno delle congiure della Citta Proibita dei tempi più oscuri del Celeste Impero. Prevalse poi quella che fu detta “la banda dei quattro”, la cui maggior esponente era Jiang Qing, la moglie di Mao stesso. In tutto questo turbinio di sanguinose e tragiche vicende però era rimasto indenne Zou Enlai che era riuscito a tenersi in disparte: questi aveva mantenuto aperta la Cina al mondo ed era stato l’artefice della storica visita di Nixon a Pechino nel 1973.

Zhou Enlai fu il protettore di Deng: riuscì a riportare Deng nell’apparato del potere facendone, nell’ultimo anno della sua vita, il proprio successore designato, salvando quindi Deng dall’oblio e dall’emarginazione definitiva : dopo la morte di Zhou Enlai avvenuto il 18 gennaio 1976 Deng ne prese praticamente il posto.
Ma solo per poco: infatti a Tiananmen si hanno delle manifestazioni in onore di Zou Enlai che andarono al di la del cordoglio per assumere un significato più ampio di implicita e velata contestazione a Mao e ci furono dei disordini : per questo Mao, già quasi morente, ordinò immediatamente una campagna contro Deng, accusato di pragmatismo ( accusa in verità pienamente giustificata) e Deng, ancora una volta, perse ogni incarico il 5 aprile. Il 9 settembre moriva però, finalmente, anche Mao: il prestigio di Deng si conservava ancora e questo gli permise di riemergere riottenendo un incarico alcuni mesi dopo.

Alla morte di Mao il successore designato fu Hua Guofeng: questi fa arrestare quasi immediatamente la moglie di Mao. Jiang Qing, una delle ispiratrici della Rivoluzione Culturale e altri tre esponenti , la cosi detta “ banda dei quattro”: l’accusa è di aver carpito la fiducia di Mao, di averne manipolato e tradito il pensiero e commesso crimini contro il popolo. In realtà non si vede alcuna differenza di linea politica fra Hua Guofeng e la” banda di quattro”: si può pensare che Hua Guofeng si sentisse minacciato nel suo potere o che volesse comunque dare un capro espiatorio alle masse cinesi su cui riversare la loro collera. Non sappiamo e non sapremo mai: di certo possiamo dire che si trattò dell’ultimo complotto sullo stile della Citta Proibita che avevano costellato tutto il periodo maoista in cui all’improvviso grandi dirigenti dello stato e del partito sparivano dal potere e venivano accusati di ogni nefandezza.

Con Hua Guofeng si afferma lo slogan dei “due qualsiasi “ cioe del principio che si dovesse seguire “qualsiasi” teoria di Mao, tutte e indistintamente, che non ci si dovesse discostarsi dal suo pensiero
Sui muri apparvero dei manifesti in cui si raffigurava Mao in poltrona, che diceva a Hua in piedi preso di lui: “con te al potere sono tranquillo”
Comunque Hua richiama alla direzione esponenti prima perseguitati fra cui Hu Yaobang, Zhao Ziyang e lo stesso Deng.

LA VITTORIA DI DENG

Fra la morte di Mao del 76 e la riabilitazione di Liu Shaoqi la Cina si presenta come un enigma. Tutto resta formalmente nella ortodossia maoista ma il paese cambia profondamente : ai vertici del potere si combatte una difficile, enigmatica lotta fra la fazione di Hua Guofeng che intende conservare sostanzialmente l’ortodossia maoista e un’altra guidata da Deng che invece intende innovare profondamente e uscire dal dogma: la lotta durerà fino al 1980 quando la linea di Deng uscirà chiaramente vincitrice.

La lotta è decisa, più che dai vertice, dai cambiamenti che inarrestabilmente si verificano in tutto il paese: la tensione, il terrore di essere all’improvviso accusati di essere un controrivoluzionario e perdere tutto, mandato ad finire i propri giorni in qualche remoto campo di rieducazione, si allentano. I cinesi cominciano a non guardare la realtà attraverso le lenti deformanti dell’ideologia e riscoprono le verità ovvie al buon senso comune.

La Cina nel 1976 è un paese poverissimo: tutto è razionato, anche le cose più banali come il sapone e la carta igienica: le scarpe di cuoio sono solo per dirigenti, per le delegazioni all’estero: tutti gli altri hanno solo scarpe di pezza.
Tutti cercano di accaparrarsi tutto, anche quello che non serve, nella speranza di poterlo poi barattare con qualcosa altro.

Con la fine delle deportazioni forzate arrivano folle di miserabili da ogni dove, come le Guardie Rosse, mandati in lontane terre inospitali.
Si riaprono le scuole: dal 66 al 70 le università erano state chiuse , dopo si veniva ammessi per raccomandazione delle masse (cioè per meriti politici) , le cattedre tenute spesso da contadini e operai: tutta una generazione non aveva studiato niente, ma fatto solo “lotta di classe “.
Si riafferma l’importanza della cultura e della preparazione, che il lavoro manuale non può essere equiparato a quello intellettuale. che non si può imparare tutto dai contadini, che è follia distruggere la preparazione culturale e tecnica.

Per impulso di Hu Yaobang si riabilitano milioni di perseguitati, anche i discendenti dei “nemici del popolo” ( borghesi e latifondisti) a cui nel 57 si erano aggiunti anche piccoli imprenditori, commercianti, professionisti, lavoratori autonomi che non avevano diritti ma dovevano portare documenti che ne attestavano la qualifica di “nemici del popolo”.
Se Hua Guofeng afferma ancora che la scienza deve essere quella delle masse e non dei pochi al chiuso delle istituti di ricerca, Hu Yaobang esalta invece il merito, le conoscenze e Deng sostiene che la scienza non deve tener conto dell’ideologia, ma essere autonoma e che anche il pensiero di Mao deve essere visto nel suo complesso e non si può accettare qualsiasi affermazione, avulsa dal contesto, come una verità ultima e definitiva.
Si comincia ormai a dire a mezza voce che le colpe non possono essere di Lin Biao o della “banda dei quattro” perchè Mao era consenziente. Sui muri si scrive che si voleva sfamane la gente con torte e susine dipinte chiamate “balzo in avanti” .

Si riaprono le frontiere: tornano i parenti dall’estero in visita e si scopre tutto un modo assolutamente ignoto: i Cinesi non sapevano nemmeno dell’arrivo sulla luna degli Americani.
Si proiettano i telefilm americani noti in tutto il mondo, fra cui Zorro: un successo enorme. Tornano pure i romanzi di amore e perfino la trattazione di problemi sessuali prima considerata espressione di lascivia borghese. Si riscopre il privato anche a livello di coppia: prima ci voleva il permesso dei comitati per sposarsi, ora si vedono coppie in giro, mano nella mano.
Viene anche promossa una campagna per la buona educazione non più considerata espressione borghese. Si impone, specie nelle scuole, di non sputare, non pulirsi il naso con le mani, non dire parolacce, di vestirsi decentemente, di essere puliti e in ordine nella persona.
Ricompaiono giacca e cravatta almeno nei viaggi all’estero. Le donne ricominciano a curare il loro corpo, a vestirsi con abiti femminili, lasciando le uniformi alla Mao, riaprono perfino i negozi di parrucchieri fino ad allora proibiti
La TV comincia a mostrare i paesi capitalistici e i cinesi apprendono con stupore che non si tratta dell’inferno in terra, come avevano sempre creduto, ma anzi che la classe operaia vi gode di un livello economico impensabile per un cinese: la fede viene meno, la gente si rende conto della realtà.

La Cina inizia a riscoprire l’economia privata, non per motivazioni teoriche, ma semplicemente con il buon senso comune.
Cominciano, infatti, timidamente, le prime imprese private nate su scala minima ma subito imitate nell’immenso paese. Si ricorda il caso di una donna che apre una piccola trattoria presso la sua abitazione in un vicolo di Pechino: ottiene un successo clamoroso di clienti e viene citata ripetutamente con enfasi dal Remnin Ribao ( Il quotidiano del popolo) come un esempio da imitare
In una strada centrale di Pechino, a un tratto, si vede una insegna per lavori di sartoria su ordinazione in una Cina che conosceva solo le uniformi alla Mao delle fabbriche di stato: si tratta di un artigiano che ha ottenuto anche un finanziamento dalla banca: viene citato pure esso con grande onore dalla agenzia ufficiale ”Nuova Cina”.

La vecchia Cina ideologica di Mao esce sconvolta da tutte queste piccole scoperte di buonsenso: ma solo nel 1980 arriva una chiara svolta politica con la riabilitazione di Liu Shaoqi .
Il 29 febbraio '80 la radio cinese annunciava con grandissimo risalto la riabilitazione di Liu Shaoqi che tornava ad essere qualificato come un grande rivoluzionario, un grande comunista: la colpa di tutto era data alla “banda dei quattro” e non a Mao. Ma era chiaro che implicitamente si demoliva il mito della Rivoluzione Culturale che era legato indissolubilmente a Mao, che aveva comunque permesso, se non direttamente voluto, che Liu Shaoqi fosse bollato come rinnegato, traditore e pidocchio. Era stato tenuto formalmente in carica per anni per essere oggetto dei forsennati attacchi della Guardie Rosse. Poi era sparito per morire in circostanze oscure. E tutta la sua famiglia era caduta con lui, prima di tutto la colta e intelligente moglie Wang Gwangmei, in base al principio che i parenti dei traditori sono traditori anche essi.
E non si era trattato di un caso particolare, un errore specifico: la campagna contro Liu era stato l’elemento centrale, essenziale del maoismo inteso come la rivoluzione continua contro l’apparato dello stato in nome di una purezza rivoluzionaria: con Liu venivano implicitamente e poi anche esplicitamente riabilitate un numero immenso di funzionari di partito e di governo condannati con lui e per essere stati assimilati a lui, tutta quella classe che aveva, in effetti, fatta la rivoluzione e governata la Cina e che in seguito Mao aveva emarginato e perseguitato. La riabilitazione di Liu Shaoqi era effettivamente la fine del maoismo.

Con un certo ritardo il 17 maggio lo stesso Hua Guofeng, il continuatore di Mao, presiede la riabilitazione di Liu Shaoqi .
Hua Guofeng si allinea alle nuove posizioni di Deng, riconosce gli errori del “balzo in avanti” e della Rivoluzione Culturale: ma nel settembre del 80 deve dimettersi : non viene però bollato di infamia, anzi resterà nella direzione del partito onorato e indisturbato fino a che le condizioni di salute glielo permetteranno, segno di una nuova civiltà politica che forse segna ancora più nettamente il distacco dai tempi di Mao.
L’altro evento epocale che segna la fine del maoismo, è il processo alla ”banda dei quattro" che si tiene nel ’81, ben 5 anni dopo l’arresto: si è voluto aspettare evidentemente che la situazione si stabilizzasse. La sua importanza risiede nel fatto che esso è pubblico, seguito attentamente in tutta la Cina e pur formalmente salvando Mao, ne mette comunque a nudo le responsabilità.
Nel processo infatti la vedova di Mao, Jiang Qing, al contrario dei suoi compagni, si difende strenuamente chiamando in causa il marito: dopo alcune esitazioni le sue difese vengono rese pubbliche: un attacco implicito a Mao permesso dai dirigenti cinesi.

Non si tratta di un processo fantasma come quelli delle Guardie Rosse o quelle staliniani in cui si parlava di cose mai avvenute: qui si parla di fatti effettivi, reali, anche se naturalmente è un processo politico: d’altra parte in Cina non esisteva, ancora dopo 30 anni dalla proclamazione della repubblica comunista, nemmeno un codice penale: i processi erano politici, popolari, senza ombra di leggi formali.
Il processo si chiude con la condanna a morte, che però è sospesa e mai eseguita.

Anche in questo caso il distacco dai processi maoisti non poteva essere più profondo.
La vittoria della linea di Deng è formalizzata nel XI congresso del Partito Comunista Cinese del 81.
Hu Yaobang è presidente, Zhao Ziyang è vice presidente, Hua Guofeng conserva una carica onorifica, Il documento del congresso affronta globalmente il passato maoista.
Non si accusa mai direttamente Mao, la cui figura rimane intangibile: si riconosce che ha commesso degli errori ma che Lin Biao e la “banda dei quattro” ne hanno approfittato per compiere crimini, per interessi personali.
Si parla però del fallimento del” balzo in avanti” malgrado l’impegno delle masse e dell’arretramento causato dalla Rivoluzione Culturale, dell’opera positiva svolta oltre che da Zhu Enlai, anche da Liu Shaoqi e Deng Xiaoping.
Si divide in particolare la rivoluzione culturale in due fasi :
1966/69: liquidazione di tutta la dirigenza, caos e quindi l’armata rimette ordine ma si legittima la rivoluzione culturale.
69/73: c’è Lin Biao e la banda di quattro che usurpano il potere, con i loro complotti.
Il documento può essere paragonato al rapporto di Kruscev del 56: ma a differenza di esso non abbatte il mito di Mao, che è stata poi la scelta fondamentale della nuova dirigenza cinese fino a nostri giorni: Mao infatti rimane il mito fondante della nuova Cina.

L’anno seguente, il XII Congresso del PCC del settembre dell’ 82 è la consacrazione definitiva della vittoria di Deng, La relazione cita per la prima volta l’effettivo fondatore della repubblica cinese, Sun Yat sen. Il punto centrale è che si afferma che la lotta di classe è finita e che il proletariato ha vinto definitivamente: la teoria maoista era invece che la lotta di classe non è finita che essa continua ancora indefinitivamente perchè la borghesia è sempre in agguato, con i suoi complotti, con i suoi intrighi e appoggi internazionali: quindi un clima perenne di emergenza che giustificava ogni eccesso, ogni isteria, in cui ognuno scopriva nel vicino, nel familiare stesso, sia pure esso il padre e il marito il “complottista”, l’agente del nemico, il traditore infame della causa del popolo. Tutto questo è finito, definitivamente: i dissenzienti sono solo dissenzienti, chi sostiene una diversa linea politica è solo uno che sostiene una diversa linea: non si tratta di mostri, possono perdere le loro cariche ma non essere infamati, mandati a rieducarsi in qualche oscuro villaggio.
E infatti, da allora, in Cina chi perde una lotta politica può perdere la carica non l’onore, nè la vita, nè tanto meno i suoi familiari possono essere bollati come nemici del popolo.
Si afferma poi con vigore il primato dell’economia sulla ideologia: non si condanna il comunismo, il marxismo, il pensiero di Mao che vengono invece riconosciuti come i fondamenti dello stato.

Due episodi minori rendono forse più la atmosfera che le decisioni formali.
Dazhai era un villaggio simbolo della Cina esaltata da Mao, dalla vedova Jiang Qing e anche da Hua Guofeng per le sue realizzazioni ma avversata da Deng: nel 80 si demolisce il suo mito mostrando che i dati erano falsificati, che hanno deviato un fiume con immense spese per risultati modestissimi.
Un giornale di Shangai ironizza sul mito del vecchio che sposta la montagna proposte da Mao e divenuto quasi il simbolo della invincibilità del comunismo cinese: in esso si narra che un contadino voleva spostare una montagna che dava ombra alla sua casa: a un vicino che lo deride risponde che continuerà nell’opera e dopo di lui suoi discendenti; commosse dal lavoro del contadino intervengono le fate che spostano effettivamente la montagna. Sul giornale si osserva che era tanto più facile spostare la casa che la montagna, che sarebbe stato sciocco impiegare generazioni di uomini per un lavoro tanto assurdo, che nel frattempo non si capisce come avrebbero fatto a vivere e che alla fine le fate non esistono. L’allusione alle assurdità dei principi maoista che voleva trasformare la Cina in un paese avanzato con le sole forze delle braccia appare evidente.

TIANANMEN

Il congresso del 82 si fondava su un dualismo molto precario: da una parte di riaffermava come meta finale la edificazione del comunismo ma dall’altra si accettavano tecniche e modi propri della produzione capitalistiche come mezzi per giungervi.
In tal modo l’edificazione del comunismo non era più una meta immediata a cui lavorare concretamente ma una prospettiva spostata in un futuro indefinito: da qui nasceva una lotta interna fra chi comunque metteva in primo piano la meta finale e chi invece i mezzi, fra innovatori e conservatori: da qui quindi vari compromessi spesso tortuosi, incomprensibili.
Zhao Ziyang si spinge ad affermare che lo stadio intermedio del libero mercato sarà lungo magari 100 anni, che non può essere saltato e comunque il liberismo è stato messo sotto controllo ma i vecchi dirigenti, sempre legati alla memoria della Rivoluzione, sempre forti ed influenti temono (e a ragione) che questa formula praticamente significhi una rinuncia definitiva al comunismo e vogliono restringere la portata delle riforme a momenti puramente tecnici di breve durata che tengano sempre presenti lo stadio finale: il comunismo.
Se al vertice la difficile sintesi si manteneva per opera soprattutto di Deng che pragmaticamente dosava innovazioni liberiste e insieme limitazioni al liberismo stesso, nel paese la spaccatura si manifestava sempre più ampiamente.

Alla fine degli anni 80 si manifestò una certa stasi dello sviluppo e soprattutto si cominciarono anche a farsi sentire gli aspetti negativi propri di uno sviluppo capitalistico: inflazione, disoccupazione, scandalose differenze economiche, tutte cose che la generazione maoista non aveva conosciuta e che seminavano inquietudine e malcontento.
Crebbe sempre allora il divario fra quelli che volevano un ritorno ai canoni della rivoluzione comunista e quelli che invece volevano l’abbandono deciso e definitivo del comunismo, fra quelli che davano la colpa di ogni cosa alle riforme e quelli che invece le attribuivano ai residui del comunismo.
Le manifestazioni di Tiananmen sono l’esplodere di questo contrasto: un fatto improvviso certo, come sempre avviene nella storia per i grandi movimenti, ma che si era maturato negli avvenimenti degli ultimi quindici anni.

La scintilla è un fatto del tutto occasionale: la commemorazione funebre di Hu Yaobang: qualche anno prima questi era stato costretto a dimettersi dai conservatori per l’eccessivo inclinazione alle riforme: Deng era riuscito a sostituiirlo però con Zhao Ziyang, collaboratore e sulla stessa linea di Hu Yaobang. Anche se fuori dal potere Hu Yaobang aveva però mantenuto il suo posto: Il 15 aprile 89 muore, i mass media ne tessono l’elogio formale. Sulla Tiananmen si tengono le dovute manifestazioni di cordoglio ma queste assumono un aspetto del tutto imprevisto: 100 mila studenti occupano la piazza Tiananmen: si tengono dibattiti e commemorazione, la tensione cresce.
Deng, il 25 aprile, scrive che si tratta di un’agitazione controrivoluzionaria, che se si lascia correre aumenterà e porterà al caos.
Ma Zhao Ziyang però mostra maggiore accondiscendenza, afferma che bisogna venire incontro alle richieste degli studenti se sono ragionevoli: si comprende che c’è una frattura con Deng che pare schierato con i conservatori.
Le manifestazioni continuano, si ingrossano, si estendono sempre di più, assumono aspetti di contestazione a Deng: girano fra gli studenti cartelli con scritte come: “non importa che il gatto sia bianco o nero, l’importante che se ne vada”, si rompono delle bottigliette in segno di disprezzo per Deng il cui nome in cinese suona appunto come “ bottiglietta”.

In quei giorni arriva Gorbaciov per chiudere definitivamente il contenzioso fra i due paesi: fra l’imbarazzo generale si elevano cartelli in suo onore, chiaramente in polemica con la dirigenza cinese.
Molti iniziano lo scioperò della fame, se si risentono male vengono sostituiti da altri: soprattutto tutta la città è in subbuglio, scende in piazza con gli studenti, accorrono da ogni dove componenti di tutte le organizzazione con aiuti, vettovaglia, tutto quello che serve: gli studenti non solo soli.
Zhao Ziyang in un ultimo tentativo scende in lacrime in piazza, cerca di invitare alla calma, alla moderazione, di convincere gli studenti, li avverte del pericolo della repressione, ma solo una minoranza è disposta a cedere. È la sua ultima apparizione in pubblico. Non viene ascoltato, la situazione si fa sempre più difficile e il potere appare diviso e incerto.
Tornato al vertice Zhao Ziyang si mostra contrario all’imposizione della legge marziale, lo dice apertamente, si oppone a Deng, presenta le sue dimissioni.
Gli altri le respingono: sarebbe mostrare una debolezza e un divisione pericolosa.

Il 20 maggio si annuncia il ricorso alle truppe. Queste effettivamente si muovono ma vengono bloccate alla periferia di Pechino da folle di dimostranti in modo pacifico: per due settimane la situazione rimane incredibilmente bloccata.
Tutto il mondo segue con trepidazione la vicenda.


A questo punto gli studenti pensano di aver vinto, la statua di Mao viene imbrattata di vernice, appare un simulacro della statua della libertà di New York, appaiono dappertutto nella città “muri delle democrazia” mentre il potere politico sembra assente: ma in realtà si combatte una difficile, drammatica battaglia al vertice: Li Peng e i conservatori mettono sotto accusa le riforme e quindi indirettamente Deng stesso.
Zhao Ziyang il 24 giugno viene estromesso ( ma senza infamia): al suo posto viene nominato Jiang Zemin di Shangai, città nel complesso estranea alle manifestazioni e legata allo sviluppo tumultuoso dell’economia.
Si fanno allora venire 200 mila soldati da lontane regioni, che non parlano nemmeno la lingua di Pechino: questi, arrivano a Tiananmen e dopo non poche esitazioni, alla fine, aprono effettivamente il fuoco, stroncando nel sangue la manifestazione. Non si è mai saputo quante furono realmente le vittime: forse alcune centinaia, forse alcune migliaia: l’impressione in tutto il mondo fu enorme.
La TV cinese ne dava notizie di parte, mostrava soldati uccisi dalla folla ma non le vittime dei soldati.

Tuttavia tutta l’operazione di Tiananmen fu ed è rimasta sempre impopolare anche in Cina: in seguito ai militari che vi avevano partecipato fu donato un orologio commemorativo ma sparì subito dalla circolazione perchè nessuno aveva piacere di dire che aveva partecipato a quella operazione.
Va notato che nella folla di Tiananmen vi era molto confusione, molte anime, molte richieste opposte, perfino chi si richiamava a Mao, come è inevitabile in manifestazioni spontanee di tale ampiezza, Insomma si temette anche i disordini di una nuova Rivoluzione Culturale di segno opposto alla precedente ma altrettanto perniciosa : Deng era uomo d’ordine , con una concezione autoritaria dello stato, tutt’altro che incline allo spontaneismo delle masse.

Soprattutto va messo in luce che i moti della Tiananmen furono un fatto ampio ma locale, limitato sostanzialmente alla sola Pechino: il resto della Cina, la Cina dei contadini e della nuova industrializzazione rimase sostanzialmente assente, lontana, indifferente: se i soldati di Pechino non spararono sulla folla degli studenti, quelli venuti da altre ragioni invece lo fecero: non solo perchè forse non capivano bene la lingua parlata a Pechino ma perchè non capivano proprio quelle istanze di libertà e democrazia del tutto ignote al cinese medio .

IL TRIONFO DI DENG

I fatti di Tiananmen avvengono in un momento cruciale della storia: il comunismo scricchiolava in tutto il mondo, pochi mesi dopo cadeva il muro di Berlino e con esso quasi immediatamente tutti i regimi comunisti dell’est europeo. L’unione sovietica resisteva ancora per qualche anno poi anche essa si dissolveva clamorosamente. Il mondo stupefatto assiste a avvenimenti che nessuno avrebbe mai potuto prevedere: gli avversari del comunismo avevano sempre sostenuto che esso alla fine avrebbe perso la sua sfida con l’Occidente liberista ma mai avrebbero pensato che si sarebbe dissolto cosi improvvisamente per una crisi interna irreversibile, lasciando solo rovine.
Naturalmente questi avvenimenti ebbero un grosso impatto in Cina: si temette che anche in Cina un crollo improvviso avrebbe portato al caos economico e politico nel quale era precipitato il potente vicino russo.
Tutto ciò ovviamente rafforzava la posizione di tutti quelli che guardavano con sospetto le riforme promosse da Deng, che vedevano in esse l’inizio della fine, come era avvenuto per quelle di Gorbaciov.

Il maggiore esponente dei conservatori, Chen Yun, enuncia la teoria dell’uccello nella gabbia: il liberismo deve essere comunque imbrigliato in un sistema che impedisca ad esso di sfuggire al controllo perchè la meta finale è sempre il comunismo e il liberismo è solo un espediente tecnico momentaneo
Ma un pò dappertutto si ricomincia a lodare Mao, si ricomincia a vedere la realtà alla luce dei valori della ideologia: non basta che le riforme siano efficaci praticamente, occorre anche vedere se esse poi portino al comunismo.
Deng mantiene sempre il suo prestigio personale: è l’uomo che ha promosse le riforme liberiste che hanno cambiato la Cina ma anche quello che ha represso i disordini di Tiananmen : malgrado ciò egli rimane sempre più isolato, il mondo politico si muove in direzione opposto alla sua linea pragmatica.

Deng inoltre ha 88 anni, è quasi sordo, non riesce a parlare: gli avversari della sua linea pensano che basti solo aspettare un altro pò, perchè la natura lo tolga dalla scena politica, liberandosi quindi del sua peso politico.
Ma si sbagliano: Deng malgrado tutto i suoi acciacchi fa ancora la mossa vincente: nel gennaio del 1992 comincia un viaggio privato al sud portando con se solo la famiglia: è aiutato affettuosamente dalla figlia che gli ripete quello che gli viene detto e ripete quello che Deng dice ormai in modo inintelligibile per un estraneo.

Fa lo stesso cammino che aveva fatto Mao nella Rivoluzione Culturale da Pechino a Shangai: però non coinvolge le masse come Mao, creando caos e disordine, si rivolge sempre a dirigenti e a delegazioni.
Visita le zone nelle quali, grazie alle sue riforme, il progresso economico era stato folgorante; dalla miseria alla ricchezza, dappertutto grattacieli e fabbriche, fervore economico produttivo anche se vi sono pure squilibri e rinascono vizi antichi come la prostituzioni e la delinquenza.
Si esalta il sistema liberista, si dice che la ideologia non fa crescere il riso, che le imprese straniere vengono per guadagnare ma portano progresso e lavoro, che non si può pensare di tenere in povertà le zone costiere per mantenere l’uguaglianze con quelle più povere,
Insomma Deng fa constatare che non c’è nessuna alternativa alle riforme liberiste che aveva promosso se non si vuole ricadere nella miseria dei tempi di Mao.

A Pechino si tace del viaggio, nessuno ne accenna: fervono invece le discussioni politiche ideologiche, si afferma la priorità su tutto del cammino verso il socialismo.
Però a questo punto le regioni che hanno conosciuto il boom economico si schierano contro la capitale: non possono certo perdere il loro sviluppo economico per una questione ideologica che, vista da qui, pare del tutto insignificante.
Dopo molte esitazioni l’esercito si schiera con Deng; in massa gli ufficiali superiori si recano in delegazione al sud per vedere i progressi economici nei quali è coinvolto, d’altra parte, anche l’esercito stesso in quanto gestisce non solo attività connesse con le armi ma anche molte altre.
Pechino resiste ancora un pò: ma in aprile il direttore del direttore del Remnin Ribao ( Il quotidiano del popolo) viene sostituito; finalmente anche esso pubblica con grande evidenza il viaggio di Deng.
Jiang Zemin che aveva sostituito Hu Yaobang al tempo di Tiananmen, nell’ottobre esalta il viaggio al sud di Deng come una svolta storica, il che effettivamente è vero.
Il discorso ideologico viene accantonato, gli investitori stranieri, che erano un pò esitanti, ritornano in massa in Cina.
Deng Xiaoping ha vinto per l’ultima volta: il congresso dell’ autunno 92 è il suo trionfo.
Arrivano delegati in Mercedes e giacche cravatta, quasi nessuna nella giubba di Mao. C’è ancora la ritualità comunista: non vi sono però più i ritratti di Marx e Lenin
Ma si modifica lo statuto del partito in un punto essenziale: nelle basi ideologiche viene aggiunto, al marxismo e al pensiero di Mao, le teorie di Deng Xiaoping.

Poichè, ovviamente, è sempre l’ultima teoria quella che conta veramente, viene riconosciuto formalmente e statutariamente a Deng Xiaoping il ruolo eccezionale di essere l’ispiratore del PCC e quindi dello stato dell’immenso paese:attualmente quindi è il pensiero di Deng a informare lo stato cinese mentre il pensiero di Marx e Mao sono considerati antecedenti storici, importanti si, ma pur sempre ormai facenti parte ormai della storia, del passato
Potremmo dire che la Cina, anche formalmente non è più uno stato comunista, ma “ Denghista” se il termine esistesse per indicare le teorie di Deng.
Queste vengono poi qualificate come “socialismo dalle caratteristiche cinesi” o come “ economia di mercato socialista”.
Ci si impegna a seguire questa via per “cento anni”: teoricamente quindi il comunismo non viene rinnegato ma spostato a un futuro cosi lontano da non poter esercitare praticamente nessuna influenza sul presente.

Come aveva affermato Deng “non tutti possono arricchirsi insieme: meglio che alcuni comincino e aiutino gli altri" : ma questo è proprio lo spirito del capitalismo che ritiene che le disuguaglianze economiche siano accettabili non in sè ma solo come un mezzo necessario a uno sviluppo generale che poi porterà tutti, anche i meno fortunati a migliorare sostanzialmente la propria condizione economica: e questo è avvenuto realmente in Occidente in cui le classi lavoratrici hanno raggiunto un livello di vita impensabile, insperabile nel passato.
Il congresso pero non fa alcuna concessione alla democrazia in senso occidentale: il clima è certamente di maggiore tolleranza ma il ruolo del partito, dell’autorità dello stato non è messo in discussione. Non si tollerano disordini, ribellioni come avevano tragicamente sperimentato gli studenti della Tiananmen.
Dalla direzione del PCC vengono esclusi gli ultimi sopravvissuti alla grande marcia. Vengono avanti nuovi personaggi legati allo sviluppo economico: fra cui Hu Jintao 49 anni, pupillo di Hu Yaobang, attuale premier cinese.
Deng non partecipa al congresso ,declina anche l’invito a partecipare come invitato speciale ma il trionfo è tutto suo. Finito il congresso tutti i delegati vengono nuovamente convocati per una visita di 20 minuti di Deng che invita tutti a continuare sulla strada intrapresa.
È il suo trionfo perchè significa che il sistema che lui ha creato è in grado di funzionare da solo.

Deng cosi sparisce per sempre dalle manifestazioni ufficiali. Ma vive ancora come privato cittadino per 5 anni: muore il 15 febbraio 1997 a 92 anni. Viene proclamato un lutto di 6 giorni ma le attività economiche e internazionali continuano: programmi televisivi, celebrazioni ufficiali , manifestazioni spontanee ma niente isterismi .
Seconda le sue volontà le ceneri vengono sparsi nei mari per indicare la apertura della Cina verso il mondo.

UN BILANCIO

Se l’opera di Deng è stata fondamentale per lo sviluppo della Cina e quindi per l’assetto generale del mondo, questo non vuol dire naturalmente che tutto sia merito esclusivo della linea politica di Deng nè tanto meno che non esistano limiti e contraddizioni e tante ombre nello sviluppo cinese.
L’economia cinese ha potuto decollare perché la situazione economica mondiale è cambiata radicalmente con la globalizzazione dell’economia. Ormai le barriere spaziali e nazionali sono sostanzialmente superate: uno stesso prodotto può essere costruito in paesi lontanissimi: questo comporta che i paesi che hanno capacità tecniche, ordine e stabilità interna possono entrare nell’economia globale sviluppando la propria economia. E stato questo il caso non solo della Cina ma anche dell’India, l’altro grande gigante asiatico che si sviluppa, anche se con tassi meno sostenuti di quelli cinesi. il merito della linea di Deng è stato quello di aver permesso alla Cina di entrare in questo tipo di economia .
D’altra parte, anche se tutti prevedono che nel presente secolo lo sviluppo economico della Cina continuerà, nessuno poi può veramente essere sicuro che esso non entri in crisi, possa rallentare e avere recessioni, fenomeni che d’altra parte sono propri dello sviluppo capitalistico.

Dal punto di vista politico manca del tutto la democrazia e la libertà che hanno caratterizzato il progresso europeo: non si tratta di un fatto contingente che viene man mano superato: non si aprono affatto nuovi spazi di democrazia: tutt’altro. Deng non era un democratico, ma aveva una rigida concezione autoritaria. Come nella tradizione cinese, solo se il potere è forte può assicurare all’immenso paese pace e stabilità e quindi buone condizioni economiche: la debolezza del potere centrale è stata per la Cina sempre sinonimo di crisi e decadenza. Ci si domanda se a un certo punto la mancanza della democrazia non inneschi gravi problemi allo stesso sviluppo economico, non crei tensioni e difficoltà.

Sussistono poi grossi problemi interni: il più importante è l‘approfondirsi delle differenze economiche: solo una parte della Cina gode effettivamente dello sviluppo economico: una parte, che poi è la maggiore, rimane invece confinata nella povertà. Quando questa era generale, come ai tempo dell’Impero o anche di Mao, essa appariva sopportabile perchè era percepita come un fatto naturale, inevitabile: ma il fatto che alcuni si arricchiscano, o che hanno comunque un discreto livello di vita paragonabile a quelle occidentale determina grande insofferenza in quelli che di tutto quello sviluppo hanno soltanto qualche briciola: d’altra parte questo è un fenomeno anche esso comune nella sviluppo capitalistico.

Nel '81 vi erano 250 milioni di poveri ( scarso cibo, mancanza di vestiti e casa) sono ridotti a 30 milioni nel 2004 : tuttavia il fenomeno esiste ancora e diventa uno scandalo di fronte al sorgere dei grattacieli .
Va anche sottolineato che il capitalismo cinese appare simile a quello dell’Europa dell’800, senza tutte quella serie di riforme che da noi hanno garantito, in qualche modo, anche i lavoratori: in Cina i loro i diritti sono sconosciuti, le organizzazioni sindacali non sono permesse, gli scioperi severamente vietati.

Un problema particolare della Cina poi è nello sviluppo demografico.
Gia negli anni 50 i demografi cinesi avevano avvertito della bomba demografica ma furono considerati anti-rivoluzioni, di destra. Dagli anni '80 invece la Cina ha adottato rigidamente la politica del figlio unico: questo politica ha risolto il problema dell’aumento indiscriminato ma porterà in seguito a grandi problemi : se attualmente la Cina è un paese giovane presto diverrà un paese di vecchi con tutte gli squilibri connessi.
C’è poi il problema del sesso dei figli: infatti in Cina vi sono più maschi che femmine in rapporto di 57% a 43 % il che è innaturale. Il problema è che tutti desidererebbero un figlio maschio, secondo la tradizione cinese ma è consentito avere un unico figlio e quindi la nascita di una femmina esclude la possibilità del sospirato erede maschio: esiste allora un aborto selettivo dei feti femmine (riconosciute attraverso la ecografia anche se sarebbe proibito far conoscere il sesso) e forse anche minori cure prestate alle nasciture che aumenterebbe la loro mortalità: si è creato quindi uno squilibrio fra i sessi :a un certo punto i cinesi dovranno importare mogli da alti paesi.

Ciò che però più preoccupa gli analisti è la possibilità di un risorgere del nazionalismo cinese: le ideologie sono tutte finite: il comunismo rimane sempre nello sfondo, un richiamo formale, il capitalismo viene adoperato ma non costituisce un ideale. Allora è possibile che, a un certo punto, con lo sviluppo dell’economia si riaffermi una ideologia nazionalista che è d’altra parte nella tradizione del paese che si definì sempre non come una delle civiltà ma come “la civiltà”: il “paese di mezzo” come è la denominazione ufficiale .
In questo caso, per reazione, risorgerebbero i nazionalismi anche nelle altre nazioni e ci avvieremmo a una tragica esplosione come è gia avvenuto nella prima parte del 900.
Si tratta solo di ipotesi teoriche di scenari possibili: noi non conosciamo il futuro .
Ci permettiamo però di essere ottimisti .

Nella Cina di Mao la gente faceva la fila per ogni prodotto: nella Cina di Deng nel 92, a Shangai si segnalarono dei disordini per una fila interminabile che voleva partecipare a una lotteria il cui premio era la possibilità di acquistare certe azioni: non le azioni, si badi bene, ma solo la possibilità di comprare certe azioni: il cambiamento c’è stato e non può non essere considerato positivo..

 

CARLO CATTANEO: FU PROFETA??? >>>>>

Giovanni De Sio Cesari
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