PRIMA RELAZIONE DI CRISTOFORO COLOMBO SUL VIAGGIO NEL NUOVO MONDO
SCRITTA IL 14 MARZO 1493, QUANDO COLOMBO RIENTRO' IN SPAGNA
DATA AL TESORIERE DEL RE IL 30 APRILE 1493
DOCUMENTO ORIGINALE

SEGUE IL TESTO IN ITALIANO

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I fatti


Il 3 agosto, da Porto Palos, salpa CRISTOFORO COLOMBO con le tre caravelle, la Nina, la Pinta e l'ammiraglia Santa Maria.
Rispettivamente di 100, 140 e 200 tonnellate di stazza. Piccole, se pensiamo che vi erano navi da 600-700 tonnellate (i carrak o caracche). I Galeoni solo in seguito saranno costruiti, a Venezia, tra il 1526 e il 1530 dal mastro d'ascia Matteo Bressan. Furono questo tipo di navi che in seguito la Spagna affidò la navigazione sulle rotte atlantiche, ma soprattutto per difendersi dagli attacchi dei pirati, quando le stesse navi riportavano in patria metalli preziosi.

Dopo numerosi tentativi fatti alla Corte del Portogallo e in Spagna, Colombo é riuscito a convincere i sovrani spagnoli, a finanziare ed allestire la spedizione per trovare una nuova rotta per le Indie navigando ad ovest.

Dopo 79 giorni di navigazione, il 12 OTTOBRE, approda su un isoletta delle Bahamas (S. Salvador); poi sbarcherà a Cuba e Haiti.
Colombo non sa, nè lo saprà mai (ma questo non lo sappiamo noi)  di aver scoperto un nuovo continente. Ci sono molti dubbi a tale proposito. Dopo il primo, e dopo altri tre viaggi, Colombo era perfettamente a conoscenza quanto distava la Spagna dalle Indie. Con tutte le notizie sulla sfericità della Terra ancora dai tempi di Eratostene, la distanza che doveva esserci per raggiungere le coste della Cina non quadrava con quelle effettivamente percorse (5500 km) , pur mettendo in conto i grossolani errori degli empirici conta-miglia installati sui velieri.

Apparirebbe singolare che Colombo e alcuni geografi e cosmografi del tempo non sapessero che le terre scoperte non potevano essere quelle dell'oriente. Mancavano ancora diecimila chilometri, settemila miglia marine; anche dopo aver fatto superficiali e affrettati calcoli. Mentre Colombo ne aveva percorse solo tremila.
Inoltre appare molto strano un'altra coincidenza: se davvero avesse pensato ai reami delle Indie, Colombo prima di partire. non avrebbe chiesto governatorati, per sé e i suoi eredi.

Ripartiamo dall'inizio.....dell'avventura!

CRISTOFORO COLOMBO

Cristoforo Colombo nacque a Genova, probabilmente nella casa dell'Olivello, vicino a Porta S. Andrea, fra l'agosto e l'ottobre 1451, primo figlio di Domenico, lanaiolo e di Susanna Fontanarossa. Ebbero altri tre figli, Giovanni, Bartolomeo e Diego.

Il padre di Colombo, verso il 1470 si trasferì con tutta la famiglia a Savona. Avviò i quattro figli all'arte della lana poi facendo poco affari, avviò i figli al piccolo commercio marittimo e questi abbandonarono definitivamente Savona. Cosicchè le condizioni finanziarie di Domenico peggiorarono, anche quando il figlio era già diventato famoso.
Nel '494, rimasto solo, Domenico chiuse bottega a Savona e rientrò a Genova. Qui possedeva due case, che dovettero essere vendute, ma non furono sufficienti i soldi per pagare i debiti. Alla fine del  '94 Domenico morì indebitato e povero.

Nel periodo nero di Savona, i figli quasi tutti intorno ai vent'anni cercarono di rendersi indipendenti. Il primo ad abbandonare la famiglia fu Bartolomeo, s'imbarcò dandosi per molto tempo alla navigazione. Il Portogallo era la meta prescelta dai navigatori liguri per i commerci che vi si svolgevano. Bartolomeo viaggiando molto, si appassionò così tanto alla cartografia allora usata, che presto iniziò ad essere così esperto da fornire alla marina dello Stato portoghese le ricercatissime carte nautiche. Divenne un lavoro ben pagato tanto da decidere di fare solo quello, e smise di navigare prendendo nel '72 la residenza a Lisbona. Questa passione lo trascinò a fare ricerche, a scoprire vecchie carte, testi, relazioni di naviganti. Mano a mano che scopriva questo "mondo" sommerso nei testi storici, che però riportavano geniali intuizioni, le folgorazioni furono così tante che sopraggiunse la passione per l'ignoto e i sogni fantastici.

Anche CRISTOFORO, quand'era partito il fratello da Savona, vedendo le disastrose condizioni economiche del padre lo aveva imitato; si era imbarcato anche lui - non sappiamo con quali funzioni, ma non avendo molti studi, probabilmente mozzo- compiendo alcuni viaggi nei porti del Mediterraneo allora possessi genovesi, come Scio e Chio. Infine nel '74 lasciò la Liguria e si trasferì a Lisbona, raggiungendo così il fratello.

La passione di Bartolomeo fu subito trasmessa al fratello, e i sogni fantastici pure, però con un Colombo più deciso a realizzarli, fino al punto che cominciò a progettare l'impresa ritenuta una pazzia, quella di raggiungere le Indie via ovest. Ma dove trovare i mezzi? Colombo convinse il fratello di proporre l'impresa a Enrico VII re d'Inghilterra o alla corte francese.
Bartolomeo, sappiamo, partì per l'Inghilterra, portando in regalo al re perfino un suo planisfero, ma si attardò così tanto che Colombo, sempre più deciso a realizzare l'impresa, prima del suo rientro, aveva illustrato l'impresa sia alla corte del Portogallo sia in quella Spagnola, e ricevuto da quest'ultima i finanziamenti, aveva già allestito la spedizione ed era partito.

Ma ritorniamo al suo viaggio e presenza a Lisbona nel 1474. Dopo il suo arrivo, la passione comunicatagli dal fratello tra un viaggio e l'altro, lo portò a frequentare un cosmografo; tra un disegno e una carta nautica Cristoforo conobbe sua figlia, se ne invaghì e nel 1479 prese in moglie Felipe Moniz, figlia appunto di Bartolomeo Parestrello, di professione cosmografo e capitano colonizzatore di Porto Santo. Nella sua abitazione aveva raccolto e possedeva numerose mappe, portolani, antichi libri greci e arabi, appunti sulle rotte atlantiche delle coste africane, di Madera, e delle Azzorre; quest'ultima già da qualche tempo una importante base per tutte quelle altre gelose scoperte fatte dai portoghesi in Atlantico.
Quella di navigare e colonizzare era la vocazione della corte portoghese. Lo stesso infante Re Enrico fu chiamato proprio "il navigatore", anche se lui personalmente non navigava. 

Tra il '74 e il '79 Colombo aveva anche compiuto un viaggio in Inghilterra, si era recato poi a Madera, infine a Porto Santo e molto probabilmente da qui aveva navigato intorno all'Africa occidentale, sino alla Guinea.
Proprio a Porto Santo aveva conosciuto Parestrello. Fino a quel tempo Colombo non aveva avuta alcuna istruzione scientifica, ma solo quella fornitagli dal fratello oltre la sua esperienza di un paio d'anni come semplice marittimo. Con Parestrello invece si formò la sua cultura cosmografica e geografica; diventato poi genero, il suocero non si limitò a fargli leggere carte nautiche ma soprattutto i classici, in primis Eratostene (sua opera "Sulla misura della Terra", diffusa e semplificata poi da Cleomede, poi Strabone, Tolomeo, Ateneo, Plinio il Vecchio (Storia naturale), Pausania, Zacuto, l'opera del card. Pietro d'Ailly ( Imago Mundi e Piccolomini (Pio II Historia Rerum) che avevano trattato l'argomento con le concezione della distribuzione di terre e mari. Alcune erano errate, altre erano esatte ma Colombo queste ultime a quel tempo non lo poteva certo sapere: erano solo intuizioni, alcune sempre rifiutate, altre del tutto sconosciute. A Porto Santo ci rimase due anni; e oltre che aver l'Atlantico davanti, in casa aveva una raccolta impressionante di carte, di pergamene di libri. Morto il suocero la suocera gli donò tutto.
Ma l'osservazione più preziosa che fece Colombo sull'isola, fu quella di riscontrare, che il vento costantemente spirava da ponente verso levante.

Anche leggendo le pagine di Marco Polo gli accese la fantasia e gli fece nascere il desiderio di giungere al mitico Cipango o Zipungo per la via d'occidente.
Non abbiamo testimonianza di Colombo, se lesse anche le scoperte, a proposito dell'oceano Atlantico (e di una terra al di là del mare) fatte dai Cartaginesi, dagli Scandinavi, dagli Irlandesi, dai Normanni, dai fratelli Zeno. Sappiamo solo che ebbe molti contatti con Toscanelli e il Cardinale Martines, e questi sappiamo che - per averle lette nei libri che possedevano - tutte queste scoperte le conoscevano benissimo; fin da Eratostene (250 a.C.) loro, insieme ad alcuni studiosi sapevano benissimo quant'era il meridiano terrestre quindi la circonferenza della Terra (quasi esatta! 39.375 km - contro i 40.000 reali).
A Lisbona infatti Colombo conobbe il dotto canonico: FERDINANDO MARTINES (o Martins) il quale fin dal 1474 era stato in corrispondenza con PAOLO dal POZZO TOSCANELLI, reputatissimo cosmografo fiorentino che aveva ideato un ardito piano di viaggio transatlantico.

Colombo, ormai entrato dentro nel firmamento della cosmografia tramite il suocero Parestrello, e con le notizie di Martinez, chiese al Toscanelli una copia della lettera inviata nel '474. Toscanelli non solo gli spedì la lettera, ma aggiunse anche una carta geografica nautica dandogli altri consigli, altre notizie nel frattempo venute a sua conoscenza, oltre a dargli incitamenti calorosi.
Colombo in base a questa carta ne disegnò un'altra grande, probabilmente ne aveva bisogno per mostrare la situazione delle terre e dei mari al di là di Gibilterra e poter convincere i finanziatori dell'impresa o per i contraddittori degli increduli. (La carta nautica, disegnata da Colombo é oggi conservata alla biblioteca naz. di Parigi, fu riscoperta solo nel 1924. ).
A quel tempo governava il Portogallo re Giovanni II. Era anche lui un appassionato di avventure marittime; Colombo infatti a lui si rivolse.
Progetto ardito, straordinario, ma nonostante il fervore di Colombo nel presentarglielo, il re pur entusiasta, non osò andare oltre le sue personali impressioni e la sua passione, nominò quindi una commissione per valutarlo.
La commissione, composta da vecchi capitani, studiò il progetto, ma conservatrice, diffidente e anche superstiziosa com'era la commissione, esaminando quelle carte con lo scarso appoggio delle nozioni geografiche antiche e moderne, concluse respingendo il progetto, perché a suo giudizio "ineseguibile", null'altro che una "fantasticheria".

Colombo non si disanimò per questo, anzi decise di offrire il progetto alla Spagna, e nello stesso tempo, col medesimo intento, inviò il fratello Bartolomeo alla corte d'Inghilterra, e qualora da Enrico VII il progetto fosse stato respinto, di rivolgersi alla corte di Francia.

Di entusiasmo per il suo progetto negli ultimi anni Colombo ne aveva molto, ma anche afflitto da un periodo di amarezze. Nel '486 era diventato padre di famiglia, gli era morta la moglie, e non aveva nemmeno i mezzi per fare il viaggio in Spagna che seguitava a rimandare. Fu proprio per queste ristrettezze economiche che decise di lasciare Lisbona e stabilirsi a Cordova. Il caso (o altro?) volle, che in quel periodo per intensificare la lotta ai mori e agli ebrei, la corte si era insediata proprio a Cordova. Colombo ebbe qualche contatto con alcuni influenti personaggi per poter essere ricevuto dai sovrani e ci riuscì (ma c'è nell'ombra un grosso finanziere, Alfonso de Quintanilla- ebreo ma non espulso; forse per le sue ricchezze?) Fu così presentato a Ferdinando di Spagna e alla consorte regina Isabella.

Esposto l'audace piano ai sovrani, a poco a poco riuscì ad incontrare più volte la regina e a convincerla. Isabella incaricò il suo confessore De Talavera di discutere l'ardita proposta. Mentre Ferdinando più freddo, a Salamanca, riuniva anche lui una commissione di esperti, scienziati, navigatori, dotti domenicani che però concluse non molto diversamente dalla commissione portoghese.
L'oscurantismo religioso ebbe anche qui la sua parte. Colombo nell'esporre la sua idea, doveva vincere il sospetto che il suo progetto non contenesse opinioni incompatibili con la concezione della forma della Terra, quale é descritta nella Bibbia, cioè piana, e non rotonda, com'egli asseriva.
C'è da dire che a Lisbona non c'era scienziato, geografo, matematico o anche semplice marinaio che non fosse entrato nell'idea di una terra rotonda. Ma un conto era pensarlo, un altro dirlo in giro.

La personalità religiosa di Colombo, non è mai stata approfondita. Forse potremmo scoprire, perché poi ci furono tante ostilità nei suoi confronti, e anche perché si ostinò a non accettare l'idea che le terre appartenessero ad un nuovo continente.

Sappiamo poco, ma conosciamo una sua citazione, dove afferma che "lo Spirito Santo opera in cristiani, giudei, mori e altri di ogni possibile setta" (la sua sigla era proprio XMY, cristiani, mori, giudei) un'affermazione fortemente eretica la sua nella Spagna di questo periodo (che abbiamo appena letto). L'inquisizione, stava massacrando da dodici anni per queste eresie, e anche per molto meno, bruciava sul rogo sia ebrei che mori. Stava compiendo la più grande "pulizia etnica" mai avvenuta prima e dopo in Europa.
Alcuni affermano che Colombo era legato ai Templari, antidogmatici, che cercavano - aiutando lui - di vendicarsi dei roghi (fatti con gli avalli papali), un appoggio non tanto disinteressato, ma concesso per distruggere la visione dogmatica su cui la Chiesa fondava la sua autorità e dottrina. E' certo un mistero il perché le vele delle tre caravelle di Colombo avevano bene in vista la croce templare; nessuno ebbe da ridire in anni così spaventosi; ma un motivo ci doveva pur essere. Lo "sponsor" era abbastanza chiaro a tutti. Ma in seguito non se ne parlò più.

Altri affermano che l'impresa fu possibile anche per il concorso degli ebrei, per via dei forti finanziamenti, anche se questi apparentemente uscirono dalla corte di Ferdinando "il Cattolico". C'e' forse l'appoggio di papa Alessandro VI? Proprio lui che guida l'inquisizione spagnola nell'espulsione degli ebrei? Tutto è possibile; era un Borgia! nipote (da parte di madre) del precedente  Papa Callisto III (Alonso Borgia 1378-1458), nativo di Canais, nella Spagna, Catalana, Aragonese e che quando salì sul soglio pontificio nel '55, gli ebrei aragonesi lo indicavano non col nome Alonso Borgia, ma Alonso Borja, ed era l'arcivescovo di Valencia,  più noto con il nome di Aharon Cybo, che era il nome di una famiglia  smaccatamente ebrea. Qualcosa quindi non quadra, e il mistero s'infittisce.
Anche curiosa e singolare - subito dopo la scoperta- quella immediatezza di Papa Borgia nel tracciare la famosa "riga" Inter Caetera (ne parleremo più avanti).

La superstizione anche questa bisognava combatterla per vincere il terrore che incuteva l'Oceano tenebroso, come si chiamava allora l'Atlantico; poi bisognava distruggere pure la credenza della zona torrida - dove -affermavano alcuni reduci di quei viaggi- non si respirava più. Le leggende marinare (portoghesi) le avevano costruite ad arte e le avevano messe in giro, forse per non far scoprire alcune rotte che solo pochi capitani portoghesi conoscevano. All'equatore c'erano già stati parecchi, compreso Colombo; le rotte sulle coste africane erano di pertinenza solo portoghesi, e in quelle rotte loro non volevano intrusi.
La leggenda riporta che alcuni personaggi nella commissione affermarono che il progetto di Colombo, poteva solo uscire da una mente malata. Non se ne fece più nulla. Tutti i contatti col sovrano e anche con la regina s'interruppero.

A consolarlo in questi giorni, una dolce figura, una giovane spagnola, Beatrice Henriquez, che gli diede anche un figlio, Don Fernando (il suo biografo!)
Dall'Inghilterra nessuna notizia del fratello. Sfinito, lacero e affranto Colombo decise di tentare l'ultima carta, recarsi lui in Francia. Giunto a Palos, rimasto senza nemmeno i mezzi per vivere, chiese qualche piatto di minestra al convento di Santa Maria della Rabida. Il fato ci mette lo zampino? Forse. Nel convento il padre guardiano, don Juan Perez, non era un semplice monaco, era stato un tempo il confessore della regina Isabella. Lo ascoltò con attenzione, e con le sue conoscenze geografiche apprese in convento, il progetto di Colombo non gli sembrò affatto quello di un folle, si offrì così di intercedere per lui presso la sovrana. In un momento molto particolare e favorevole.
La Spagna stava celebrando in quei giorni la definitiva "Reconquista".

Era il 2 Gennaio del 1491. A Granada, assediata da 80.000 soldati, cadevano le ultime due fortezze degli arabi, e l'ultimo sultano musulmano si arrendeva. Per la Spagna terminava la "guerra dei mori". Le feste a corte (e quelle religiose) si sprecarono. Isabella libera da ogni altra preoccupazione decise di ascoltare JUAN PEREZ e di promuovere la vagheggiata spedizione. Il 17 aprile Colombo già sottoscriveva i patti coi Reali Spagnoli, mentre si allestivano per lui le tre caravelle.

Nominato Ammiraglio del Grande Oceano, il 3 agosto Colombo salpava da Palos.
Con lui il mastro cartografo Giovanni de la Cosa, il fratello Francesco, due bravi capitani Alonso Pinzon sulla Pinta, Vincenzo Pinzon sulla Nina, e 90 marinai come "compagni d'avventura". Solo la Santa Maria ne aveva 50, le altre due caravelle ognuna 20.

Dopo 12 giorni giunsero alle Canarie, il 7 settembre ripresero il viaggio. Dopo altri 30 di navigazione, la Terra promessa da Colombo non appariva. La leggenda narra che ci fu l'ammutinamento di alcuni marinai. Il Giornale di bordo di Colombo non ne fa menzione, ma qualcosa accadde: ad un'attenta osservazione del diario, traspare inoltre una velata inquietudine. E vi appare anche un inferiore  riporto del numero di miglia percorse per non allarmare troppo gli equipaggi. Era sì inquieto tuttavia era determinato, anche perchè tornare indietro sarebbe stato un suicidio.

Finalmente all'alba del 12 ottobre, scorse la Terra. Sbarcò in una delle isole Lucaie cui dette il nome di San Salvador. Il 15 approdò ad un'altra isola, S. Maria, il 16 alla Grande Exuma, il 28 scoprì le isole poi dette delle Grandi Antille, ed il 6 dicembre nell'isola di Haiti che chiamò Hispaniola.

RITORNO IN SPAGNA

Partito da Hispaniola il 16 gennaio 1493, dopo una tempesta nelle Azzorre, rientrò a Lisbona e poi a Palos, ove sbarcò il 15 marzo.
(vedi la relazione del viaggio pubblicata a inizio pagina)

Grandi trionfali accoglienze a Barcellona. Solennemente ricevuto dai sovrani lo elessero Nobile, Grande Ammiraglio dell'Oceano, Vicerè delle Indie, con diritti e titoli trasmissibili agli eredi.

La scoperta e l'ardimentosa traversata sulle terre che si reputavano far parte dell'Estremo oriente, si diffuse in un baleno in tutto il mondo. Al grande ricevimento alla corte di Barcellona era presente PIETRO D'ANGHIERA, e fu lui a leggere la notizia ufficiale del resoconto del viaggio; lo fece con tanto entusiasmo, poi volle commentare ed aggiunse anche d'altro oltre la notizia, disse che sospettava che non si fosse raggiunto il lembo più orientale dell'Asia, ma scoperto un NUOVO MONDO.
Non ci fecero tanto caso, ma la coniazione di "nuovo mondo" era ormai cosa fatta; ma perchè lo fosse di fatto ci sarà da attendere qualche anno per confermarlo.
Intanto Colombo e altri restavano ostinatamente fermi nella credenza di essere giunti nelle indie; e sempre fermi anche quando altri si avventureranno verso nuovi lidi e scopriranno e daranno il loro nome al "Nuovo Continente". Amerigo Vespucci nel 1499 toccherà il Brasile, mentre Caboto sfiorò un lembo dei futuri Stati Uniti.

Ma siamo sicuri che nessuno lo sapesse fin dal primo giorno che era un nuovo mondo? E siamo anche sicuri dell'ostinazione di Colombo a non credere che lo fosse?. Come poteva Colombo ignorare Eratostene proprio ora, e dov'erano i 110-120 gradi che mancavano? Era sincero o fu bloccato dall'alto? Si voleva forse dar tempo agli spagnoli (a Ferdinando "il cattolico") di conquistare tutto il Nuovo Mondo?

Per dare questa risposta ritorniamo alla curiosa "riga Inter Caetera" del Borgia, che divideva l'Atlantico longitudinalmente esattamente al centro e quindi il mondo in due, ma tutto a favore della Spagna. Ai portoghesi fu lasciato quasi nulla; solo acqua, le Azzorre, le Canarie, Madera e le isole di C. Verde che possedevano già.
Ci furono rimostranze. Che diede vita al trattato di Tordessilas dell 17-6-1494 
Ma anche questa seconda riga era di parte, lambiva appena appena la "gobba" del Sud America. Neppure un Machiavelli avrebbe mai pensato a una riga così partigiana. Si ha proprio quasi l'impressione che Borgia sapesse esattamente cosa c'era di là della riga. (la prima all'attuale 31,8 di long. la seconda al 46,3)
IL 25 SETTEMBRE 1493 Colombo, compie il 2° viaggio verso l'America con diciassette navi; raggiunge Puerto Rico nelle Nuove Antille. Il 3 novembre é nelle isole Dominica, scopre poi nel corso di una lunga esplorazione, le isole Caraibi, Giamaica, Maria Galante, le Vergini, S. Cristoforo, Guadalupa, le Trinità. Siano così arrivati al 1496
Intanto i malevoli, invidiando la gloria dell'Eroe, lo calunniano di volersi fare Signore assoluto delle terre scoperte, ed inducono i Sovrani di Spagna ad ingiungergli di sospendere il corso delle sue esplorazioni e di far ritorno in Europa. Colombo ubbidisce e, presentatosi ai Monarchi, dimostra false le accuse.

Il 30 MAGGIO del 1498, Colombo riparte per il 3° viaggio. Questa volta il 5 agosto raggiunge davvero il Nuovo continente. Scopre l'Orinoco, la costa occidentale dell'America del Sud (Colombia), e vi fonda la città di Cartagena. Di nuovo calunniato, nel novembre del 1500, é ricondotto in Europa, carico di catene, ma riesce ancora a dimostrare false le accuse.

Il 9 MAGGIO 1502, Colombo riparte per il suo 4° viaggio. Esplora le coste orientali dell'America Centrale. Senonchè, per le malattie, i patimenti e le amarezze procurategli dai compagni, decide di ritornare in Spagna. Intanto, Isabella, la sua protettrice, era morta. Ferdinando il consorte, sopraffatto da maligne insinuazioni, gli negava i diritti che gli spettavano in virtù dei patti stipulati.
L'Infelice affranto dalle fatiche, dai disinganni e dal peso delle sventure, muore in Valladolid, il 20 maggio 1506.
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un altra ricostruzione
anche se in alcuni punti ci ripetiamo

Colombo voleva raggiungere l'oriente per la via d'occidente; e tale sua idea (non tanto strampalata) si fondava sulla conoscenza di carte ricavate da quella di Tolomeo, ma rappresentanti la Terra più piccola di quella che è in realtà (che però Colombo non prese molto in considerazione) e gli studi teorici di Paolo Toscanelli, astronomo, matematico  e geografo fiorentino che già aveva ideato questo ardito viaggio transatlantico nel 1474, esponendolo a un canonico di Lisbona. Che Colombo frequentava avendo in comune la passione per gli studi della cosmografia. 

E di Toscanelli dobbiamo parlare. 

In Toscana c'era da anni un forte sviluppo dell'attività cartografica, che si trasferisce anche nella città di Bologna. Fra i tanti vi opera BERLINGHIERI che pubblica con un nuovo procedimento - con la stampa xilografica- le Sette giornate della Geografia.

Con queste conoscenze diffuse, a Firenze TOSCANELLI (oltre che geografo è anche matematico) comunica con lettera e disegni al canonico della cattedrale di Lisbona, arcivescovo MARTINES, un appassionato geografo-cosmografo; sono notizie apprese su numerosi testi arabi riguardanti sia la circumnavigazione dell'Africa (che afferma essere un continente!) e addirittura del globo che ritiene appunto possibile. Gli invia anche una mappa, come raggiungere il "Cipangu" (Cina) partendo dalla sponda dell'Atlantico navigando verso occidente. Colombo volle mettersi in contatto con Toscanelli, per chiedergli altro, e lui gli rispose dandogli buoni consigli, incitamenti e perfino una carta nautica.

Non sappiamo se in seguito ci fu dell'altra corrispondenza con Colombo e con il vescovo, ma sappiamo che MARTINEZ con altri incarichi venne richiamato in Vaticano; e porta con sè (ritrovate nel 1900) una ricca documentazione geografica che ha raccolto con passione e curiosità in tanti anni; sono raccolte di testi, codici, e carte nautiche, che partono dai tempi di Eratostene, dei viaggi degli egizi e dei cartaginesi e successive precise carte nautiche arabe, diari di bordo, testimonianze raccolte sul luogo in Portogallo, sede degli ultimi arabi di Spagna, soprattutto dei grandi navigatori che per alcuni secoli hanno rifornito il continente. Di materiale in giro ve n'era moltissimo. Inoltre le grandi e preziose biblioteche arabe in Spagna nel XIV sec. erano ancora integre, con molti testi antichi e moderni e tantissimi gli studi accurati riveduti, corretti, ampliati. (Come nella biblioteca di Cordoba (500.000 testi raccolti), e dove Colombo si trasferisce quando nello stesso periodo a Cordoba si era trasferita anche la corte per intensificare la lotta contro gli arabi e gli ebrei.

(di queste relazioni dell'epoca, testi e numerose "cartine" sono conservate - oltre che a Magonza nel Museo romano-germanico- ad Anversa, sede dello straordinario Museo del Mare (il più documentato museo nautico del mondo). Cartine che ci offrono nei dettagli i percorsi marittimi e terrestri dell'epoca, con itinerari particolareggiati, descrizioni che contengono non soltanto i nomi delle località toccate dai navigli ma anche la lunghezza delle singole tappe e tutti gli imprevisti che vi si potevano incontrare. Ma fra le tante cose interessanti nel museo, i molti diari di bordo. Visti di persona da chi sta scrivendo queste note.
Indubbiamente con gran passione per queste notizie, MARTINEZ a Lisbona aveva raccolto anche lui molto materiale, portato poi con sé nel suo rientro a Roma (e la Chiesa apprende !! qualora non lo sapesse già dalle ricche biblioteche delle abbazie)

Sappiamo oggi che da ERATOSTENE (275-195 a.C.) il calcolo della circonferenza del nostro "globo", con la misurazione del grado fra Alessandria e Syene era stato calcolato quasi esattamente, in 40 mila chilometri. Calcolò che il nostro Antico Continente occupava un terzo della circonferenza terrestre e che la costa estrema dell'Asia distava dalla Spagna di circa 240 gradi; distanza che con una certa approssimazione corrisponde esattamente a quella reale. Eratostene nella sue Cronografie fu preciso: infatti, scrive: "Conosciamo soltanto la regione della terra abitata in cui viviamo, l' oikumene; ma nella zona temperata può tuttavia trovarsi un altro continente ugualmente abitato, o anche più di uno" Non sbagliava! Ma i suoi libri, o quelli che parlavano di queste cose scomparvero nella polvere dei conventi, ma riapparvero in Europa tramite le numerose traduzioni arabe verso il XIII e XIV secolo dopo le crociate o con la Reconquista prima in Sicilia, poi in Spagna, dove esistevano immense biblioteche arabe con le conoscenze di duemila anni; lette, commentate, rielaborate, con note aggiuntive, nuove esperienze ecc.

PAUSANIA (II sec.) dal canto suo, anche lui aveva scritto che al di la' dell'Atlantico esisteva una terra i cui abitanti erano rossi di pelle e avevano i capelli simili ai "crini" di cavallo; e questi come sappiamo oggi erano i Pellirossa. Ma da cosa lo supponeva e quali erano le sue fonti? Non lo sappiamo. Ma forse da una testimonianze precedente, quella che ci ha lasciato nel 40 d.C. lo spagnolo-romano Pomponio Mela in De Chrographie, un manuale di geografia dei tre continenti, dove scrive ""Quando ero stato preconsole romano in "Spagna", Metello Celere mi riferì che il re dei Boti gli aveva inviato in dono degli schiavi che avevano fatto naufragio sulla costa (in Portogallo). Erano 7 uomini provenienti da una lontanissima terra, che travolti da una tempesta dopo aver vagato nel mare per decine e decine di giorni, erano stati sospinti fino alle nostre coste. Questi erano uomini fino allora mai visti da nessuno, dalla pelle rossa, capelli a crini, e parlavano una lingua incomprensibile a tutti."

E' certo che - dopo i Cartaginesi- anche i Romani facessero largo uso di mappe fin dai tempi di Augusto. Sempre nel II sec. Tolomeo si era impegnato in Geographia a realizzare delle mappe calcolando una specie di latitudine e longitudine dei luoghi conosciuti, ma purtroppo in questi suoi lavori rifiutò di accettare i più accurati calcoli di Eratostene e di Ipparco (190, a.C.), prese invece in considerazione  quelli meno accurati eseguiti da Posidonio (131-51 a.C.), e anche quelli errati di Marino di Tiro suo contemporaneo; infatti perfino il Mediterraneo lo aveva fatto più lungo di 20 gradi. Nella sua "Mappa Mundi" Tolomeo sbaglia di 90 gradi la collocazione di alcune terre, e rifiuta di prendere in considerazione l'Africa come un continente quindi non circondato dal mare, mentre l'Oceano Indiano lo riporta come un lago fra Asia e Africa. 
Tolomeo non prende in considerazione il metodo del crivello e dell' obelisco; una misurazione che indicava la circonferenza della Terra con un minimo scarto di quella che è in realtà. Così i 360 gradi diventavano 270. Mancavano dunque 90 gradi (in pratica veniva a mancare l'intero spazio che occupa l'Oceano Pacifico, dal Giappone alla California) e per 12 secoli considerando infallibili queste misurazioni, tutti coloro che si occuparono di cartografia in Europa, seguitarono a sbagliare (o volutamente temendo persecuzioni dalla Chiesa), pensando che una volta superato l'Atlantico si approdava nel "Cipango", cioè nelle Indie estreme.

Non tutti! In quest'ultimo periodo, alcuni (moltissimi dopo le ultime scoperte) rispolverando i testi antichi, riscoprirono Eratostene, il suo metodo del crivello; e con le nuove conoscenze matematiche (un preludio ai logaritmi del matematico Chuquet che sono del 1484) riuscirono ad avere la netta percezione dell'aspetto cosmografico della Terra. Cioè la quasi certezza che per arrivare alle Indie dall'Europa occorreva (ipotizzando un grande mare) una navigazione di diecimila miglia e non tremila secondo i calcoli di Tolomeo e di tutti quelli che utilizzarono poi le sue carte e i suoi studi senza farne altri.

Purtroppo le errate idee geografiche, assieme a quelle astronomiche (sistema tolemaico, geocentrico), persistevano ed erano ancora dominanti nel Quattrocento. Lo erano state per tutto il medioevo legate alla tradizione biblica cristiana, dove sia la scienza che l'osservazione astronomica erano osteggiate, anzi combattute. Il mondo era quello biblico di Noè, al centro dell'Universo, ed era piatto, diviso in tre parti, terra e mare e con il cielo come un coperchio. Amen!
L'ultima opera dell'autorevole cardinale D'Ailly (1410), L'Imago Mundi, con le sue errate concezioni era del resto il "vangelo" di come era fatto il mondo.

Non la stessa cosa era avvenuta nel mondo arabo che pur avendo inventato la scrittura solo nel 352 d.C. proseguirono gli studi nei successivi secoli  - per fortuna! - dove gli altri si erano fermati. Gli Arabi furono gli unici a salvare i preziosi lavori degli antichi, e su questi - che funzionarono come stimoli per i successivi studi - elaborarono nuove teorie, nuove osservazioni (preziose quelle della Cina (dove nel 100 a.C. esisteva già un Planetario girevole) e dell'Egitto (con le già millenaria conoscenza a Eliopolis dell'anno solare, e conoscenze del sessagesimale per dividere il cerchio in 360 gradi) che poi solo in piccolissima parte giunsero in Occidente ancora chiuso e con tanto buio sulla scienza del passato. Ma già in un lembo dell'Europa, in Sicilia (da quattro secoli araba) nel 1200, alla corte normanna di Federico  c'era già un planisfero che indicava l'Africa, il polo australe e la "sua" stella "polare", la Croce del Sud.
Il primo a parlarne (in Europa cento anni dopo) fu Dante, che direttamente o indirettamente (la sua presenza in Sicilia non è stata ancora accertata) indubbiamente lo apprese dai libri custoditi alla corte di Sicilia; ma molti non capirono alcune criptiche frasi inserite nel suo poema. Lui  neppure forse. Le inserì e basta. Per diversi secoli molti non compresero quelle tre righe così oscure e passarono oltre). Le vogliamo riportare:  Nel Primo canto del Purgatorie Dante dice:
Io mi volsi a man destra, e puosi mente
all'altro polo, e vidi quattro stelle
non viste mai fuor ch'alla prima gente.
Goder pareva il ciel di loro fiammelle:
ho settentrional vedovo sito
poiche privato se' di mirar quelle!
(versi 22-27).
Nessuno fino al 1488 (prima di Cao e poi Diaz, col periplo dell'Africa)  aveva mai navigato fino allora oltre i 20 gradi a sud, e la Croce del Sud non è assolutamente visibile a nord del 30° grado.
Ma Dante sa ancora di più, che la terra è rotonda, e che l'Orsa maggiore si abbassa sempre più sull'orizzonte man mano che si procede verso sud, mentre la Croce del Sud si alza nel cielo notturno.
Ma come fa a saperlo? - Infatti proseguiamo la lettura nei versi 28-31.
Com'io dal loro sguardo fui partito, 
Un poco me volgendo all'altro polo,
Là onde il Carro già era sparito,
Vidi presso di me un veglio solo...
Poi in un altro punto al canto quarto, versi 55 sgg, Dante riferisce d'esser giunto nell'emisfero meridionale e di aver visto il sole a nord.

Insomma troppo preciso. Non può essere una invenzione nè teorica nè poetica. Qualcosa di certo doveva sapere. Ma oltre i testi arabi alla corte di Sicilia di Ruggero II (con la presenza nel 1144 a corte del famoso arabo IBN EDRISI -medico, astronomo, geografo, ma anche leggendario navigatore, che aveva addirittura inciso su una gigantesca lastra d'argento la prima rappresentazione del mondo australe-  Edrisi parla dettagliatamente di rotte commerciali fra Giava e il Madagascar di cui descrive gli abitanti) poi alla corte di Federico, c'erano in Sicilia indubbiamente (e ovviamente) anche testi norvegesi normanni, che non solo riportavano i viaggi verso il Vinland dell'anno 1000 e dintorni, ma doveva esserci anche il famoso libro Lo specchio dei re.
Il Konnungsskuggsja. Era un voluminoso libro di lettura compilato da un anonimo e dottissimo personaggio che il re di Norvegia aveva assunto per fornire al figlio tutto il "sapere del mondo". E questo personaggio doveva essere certamente arabo.
Non dimentichiamo che da tempo vichinghi e arabi erano a contatto molto prima del periodo d'oro arabo e poi in quello normanno siciliano. In comune con gli arabi i vichinghi avevano i grandi viaggi e i commerci più vari. Si odiavano perché concorrenti ma simpatizzavano comunque.

 Del 908-932 sono i contatti del califfo Muktedir. Che ha nella sua corte un intelligente ambasciatore, scienziato, navigatore, geografo: Ibn Fadhlan. Costui fu mandato alla corte bulgara di Re Almus. Qui compila - ma forse fece indubbiamente qualche viaggio nel nord- una ricca relazione al suo califfo di Baghdad, specificando i numerosi contatti con i paesi "Gog e Magog" cioè la terra dei vichinghi. Descrive i numerosi rapporti commerciali che avvenivano con i Wisciu - ma li chiama anche Rus - che "vivono in una zona dove le notti durano sei mesi, il sole non splende mai a picco ma si limita a girare molto basso all'orizzonte. Come mezzo di locomozione gli abitanti usano delle ossa di bue ai piedi, o assicelle curve,  per scivolare sulle immense distese di terra ricoperte perennemente di neve, o si fanno trainare sulla stessa da una specie di carretto sempre poggiato su assicelle curve, da mute di cani"
Questi contatti non sono unici, perchè nel Gotland si sono ritrovate 13.000 monete arabe di quest'epoca (800 e 900). Nel 1857 si conoscevano già 170 località dov'erano state rinvenute monete arabe. Quindi doveva esserci sul Baltico, nel Gotland (oltre il baratto) un vero e proprio corso legale della moneta araba. Quindi molti intensi commerci.
Altrettante dettagliate relazioni arabe furono fatte su Magonza, nel Magdeburgo, in Polonia, nello Schleswig, sul Dnjepr, Don, Alto Volga. Qualcuno insomma girava e relazionava.
E altrettante spedizioni fecero verso est e nel sud i vichinghi (detti anche dal padre della storiografia paleorussa Nestore di Kiew, Varegi, Variaghi, Svien, Nurmanni, Angleni, infine Goti e poi Rus).
Nè dobbiamo dimenticare l'assalto del Vichingo Helgi che si era spinto fino a Bisanzio nel 907, e quello di suo figlio Ingvar nel 941. Ma molti altri assalti di vichinghi erano avvenuti nel territorio persiano nel 909, 912, 913, 944.
Ancora nella stessa Bagdad, già nel 845 (tramite l'opera del geografo arabo Ibn Kordadbeh, troviamo che i commercianti vichinghi erano di casa nella grande capitale musulmana. Trattavano in grande quantità le soffici pellicce di pregiati animali nordici di cui avevano il ricco monopolio.
Con questi secolari contatti, il re di Norvegia, come precettore di suo figlio non c'è da meravigliarsi se scelse nell'anno 1250, proprio un sapientone arabo della nutrita corte di Baghdad, città che già possedeva le università, policlinici, planetari statali, fin dall'anno 808. 
Ed ecco cosa troviamo di stupefacente nel Konnungsskuggsja alla corte norvegese, nel 1250!
Rivolgendosi appunto al suo allievo il "professore" scrive: 

"....Ora devi comprendere che la terra è sferica e non ugualmente vicina al sole in tutti i suoi punti. E là dove l'arcuato anello della traiettoria solare più s'avvicina alla terra il calore è massimo, e i paesi esposti all'ininterrotta irradiazione sono parzialmente inabitabili: sono invece abitabili quelli che il sole colpisce con i raggi obliqui... Ho già detto che una zona calda avvolge la terra come un anello (l'equatore - Ndr) da est a ovest. Se questo corrisponde a verità è certo che alla estremità meridionale deve far freddo esattamente come all'estremità settentrionale. Ritengo utile che tutti i paesi vicini a quella zona calda, tanto a sud quanto a nord, siano caldi; mentre quelli che ne distano maggiormente sono freddi. Se tu obbiettassi, o figlio, che tutti asseriscono i paesi essere tanto più caldi quanto più a meridione ci si spinge, potrei risponderti che non hai mai trovato nessuno il quale si sia spinto tanto a sud da avere a nord di se stesso i paesi caldi. E quanto hai detto che i venti provenienti da sud sono più caldi degli altri, ebbene, è naturale che il vento si scaldi giungendo a noi anche se provenisse dalla gelida estremità meridionale del mondo perché spira attraverso  il curvo anello della zona ardente e giunge a nord riscaldato, anche se da sud soffiava freddo. Se in quella fredda zona della parte australe abitano uomini , come i Groenlandesi abitano quella boreale, tengo per certo che il vento del nord giunga a loro caldo come a noi quello del sud, perchè essi debbono guardare il sole a nord, come noi, che abitiamo a nord del sole, dobbiamo guardare  a sud per vederne i movimenti. ...E quando il sole si trova all'estremo limite meridionale del suo obbliquo cammino, quelli di laggiù hanno l'estate e giornate assai lunghe, mentre noi abbiamo l'inverno e siamo poco esposti ai raggi solari. Quando invece il sole si volge verso il limite boreale, noi abbiamo l'estate ed essi l'inverno; e accade sempre che esso salga all'orizzonte nei paesi nordici quando il medesimo discende per quelli meridionali".

Quelle che qui appaiono, sono delle conseguenze logiche. C'è diligenza, esperienza e sapienza. Non è l'illuminazione di un genio, non c'è la fantasia di un poeta, non è una combinazione teorica, ma è pura conoscenza che può essere stata acquisita solo in grandi viaggi. (vedi quelli citati da Edrisi in Madagascar nel 1144). Oppure deve aver preso visione dei grandi trattati dell'antichità, in occidente caduti nel più completo oblio (come la circumnavigazione dell'Africa nel 600 a.C. sotto il faraone Necho).

Ma ritorniamo a MARTINES. Oltre a lui, a Roma pochi anni dopo, nel 1480, giunge anche un altro vescovo; viene dall'Irlanda, dall'abbazia di Stratflur, e ha con sé (anche lui) alcune relazioni di viaggi fatti dai vichinghi in "America" (terra a cui diedero il nome Vinland) nel 992, nel 1029 e nel 1170.
In una Storia ecclesiastica di Amburgo del 1070, compilata da Adamo da Brema, nel quarto volume, accennando alle isole settentrionali dice " il re dei danesi riferisce che oltre queste isole fu scoperta "da molti" un'altra grande isola chiamata Vinland,  perchè ricca di viti selvatiche che producono un ottimo vino. Che vi prosperano frutti spontanei in abbondanza; tutto questo da veridiche relazioni danesi".
Se riflettiamo, la vite non poteva prosperare nè in Groenlandia, nè sulle prime coste del Canadà, perchè il suo limite coltivativo in America si trova solo al  47° parallelo. Che corrisponde al golfo di San Lorenzo.
Si accennava anche a un "grano selvatico", un "grano indio", e questo sappiamo ha il suo limite al 44° parallelo. Che corrisponde a una regione fra Boston e New York. Era quindi da più di un secolo che i vichinghi andavano e tornavano dal Vinland. 
Negli "Annali d'Islanda" dell'anno 1121,'c'è anche una nota "Erickr bykop leitadi Vinlandz"; il vescovo Erich va in visita nel Vinland". C'era dunque già un villaggio di vichinghi nel Vinland come narrano alcune saghe? Ma anche antiche saghe precolombiane - quella azteca di Quetzalcoatl- parlavano di uomini bianchi, biondi, con occhi azzurri, che da mari molto lontani, su barche come serpenti e draghi (e le navi vichinghe sulla prua avevano teste di serpenti e di drago) approdarono alcuni secoli prima nella loro terra .

Questa storia raccontata dagli spagnoli (da Torquenmada) deve essere vera, perchè sarebbero stati poco abili nel raccontare un fatto dove non c'erano i loro avi come protagonisti, ma svedesi, visto che gli spagnoli non avevano certo occhi azzurri nè erano biondi. La storia udita scrivendola la riportarono quindi  fedelmente.
Ma come sapevano gli aztechi  che esistevano uomini dagli occhi azzurri e dai capelli biondi? Di uomini simili in America non sono mai esistiti!

Famose e documentate nelle antiche saghe vichinghe, erano le relazioni di Erik il Rosso, e successivamente quelle di suo figlio. E quelle ancora più famose di Leif Erichsonn del 1001 che raggiunse il Massachustes (Boston gli ha dedicato uno splendido monumento) proseguite poi dal fratello Thorwald che però non fece ritorno perchè ucciso dai locali che usavano "frecce"(!)
Le relazioni di Leif Erichsonn alcuni storici le definiscono le più straordinarie fra tutte quelle esistenti nelle esplorazioni del mondo.
Tutti questi viaggi saranno poi confermati storicamente dal 1900 in poi, quando in America verranno ritrovate pietre runiche e oggetti gotici proprio in quelle zone che erano state sommariamente descritte in quelle "relazioni nautiche" fatte dai vichinghi; e comunque esattamente individuabili da molti indizi.

I due prelati di cui stiamo parlando, esaminando minuziosamente questi documenti, con i loro (in comune) appassionati studi cosmografici, avevano messo in relazione molti fatti astronomici, geografici, nautici e ovviamente con le relazioni dei viaggi. Uno in particolare ci interessa molto (e dovette interessare anche Colombo): si parla fin dall'antichità, di una corrente marina atlantica, una preziosissima notizia per un futuro progetto di un viaggio navale di esplorazione nelle acque oceaniche.

Oggi sappiamo che quella corrente atlantica, cui si accennava in quelle carte, è la Passat Settentrionale (una corrente del golfo parte proprio dall'Islanda che raggiunge la costa del Labrador, scende nelle Bahamas e ritorna in Europa), e la Passat Meridionale, che senza neppure remare ci porta in America del Sud; poi in un altro periodo dell'anno - e sempre senza toccare un remo o una vela - con la controcorrente che sfiora le Canarie ci fa tornare indietro quasi nello stesso punto da dove siamo partiti (a una velocità di "crociera" di 3 chilometri ora. La famosa zattera Kon Tiki negli anni 1947, dimostrò proprio questa auto-navigazione, cioè sospinta dalla Passat)
 I documenti antichi raccontavano e citavano proprio queste correnti: "Son correnti che vanno e che vengono da una terra lontana". La corrente nell'andata infatti, sfiora le Azzorre, e nel ritorno la controcorrente sfiora le isole Canarie e quelle di Capo Verde. "Sono acque - si affermava "che partono e fanno ritorno dopo aver lambito terre lontanissime a noi ancora del tutto sconosciute".
Colombo nel suo lungo soggiorno a Porto Santo, la corrente l'aveva proprio davanti; ed avendo già viaggiato molte volte nelle Canarie, la corrente la doveva conoscere molto bene.

Ora arriviamo al colpo di scena di questa pagina! Martinez, questo monaco priore, era spesso in contatto a Lisbona con CRISTOFORO COLOMBO! Per un semplice motivo. Colombo aveva sposato nel '79 la figlia di Bartolomeo Parestrello, cosmografo e capitano colonizzatore dell'Isola di Porto Santo in Africa dove poi andò a vivere per un po' di tempo lo stesso Colombo (per circa due anni, fino alla morte del suocero). E qui sorge il dubbio se Colombo sapesse o meno quello che Martinez aveva raccolto; cioè che le antiche teorie (saghe, relazioni ecc.) erano più esatte di quelle in circolazione, e alcune da oltre un millennio, rispetto a quelle meno accurate di Tolomeo. 
Viene il dubbio che le carte portate a Roma dai due alti prelati, incuriosirono (o misero in allarme) Papa Alessandro VI,  un altro Borgia! cioè Rodrigo, nipote di Papa Callisto III, Alfonso Borgia (1378-1458), nativo di Canais, nella Spagna Catalana, e che quando salì sul soglio pontificio nel '55, gli ebrei aragonesi lo indicavano non con il suo nome  Alonso Borja arcivescovo di Valencia,  ma era noto con il nome di Aharon Cybo, che era il nome di una famiglia  smaccatamente ebrea.
 E curiosa è subito dopo il viaggio di Colombo, l'immediatezza di Rodrigo Borgia (Alessandro VI fu nominato papa il 25 luglio 1492, Colombo partì il successivo 3 agosto) nel tracciare la famosa "riga Inter Caetera". Il Borgia doveva sapere benissimo cosa c'era al di là della riga e com'era fatto l'Atlantico. In questi anni c'era la "Reconquista" e molto probabilmente, Alessandro VI, voleva dar tempo agli spagnoli (a Ferdinando "il cattolico") di conquistare tutto il Nuovo Mondo.

La sua "riga" Inter Caetera divideva l'Atlantico esattamente al centro, e il mondo in due, ma era tutto a favore della Spagna. Ai portoghesi infatti fu lasciato quasi nulla; solo acqua, le Azzorre, le Canarie, Madera e le isole di C. Verde che possedevano già. La riga (l'attuale 40° di long.) lambiva appena appena la "gobba" del Sud America (Brasile). Neppure un Machiavelli avrebbe mai pensato a una riga così partigiana. Si ha proprio quasi l'impressione che Borgia sapesse esattamente cosa c'era al di là della riga; insomma forse non ignorava le relazioni del famoso Vinland vichingo, cioè l'America settentrionale, nè ignorava gli studi degli antichi, dei cartaginesi, nè quelli raccolti e commentati dagli arabi.

CRISTOFORO COLOMBO tutto questo indubbiamente doveva sommariamente saperlo, le conoscenze, le relazioni raccolte e gli studi fatti da Martines, e dal suocero Prestrello (che aveva un immensa biblioteca di carte nautiche dell' Oc. Atlantico e dell'Oc. Indiano, che poi Colombo ereditò dalla suocera, a Porto Santo, in Africa, quasi davanti al Brasile, che dista nemmeno un terzo del viaggio colombiano). Libri, Carte e Studi molto accurati, che non potevano lasciare (ancora oggi) spazio a dubbi persino a un provetto navigatore con i primi rudimenti di matematica. In sospeso restava solo la seconda ipotesi (ma anche questa era stata intuita da Eratostene, che accennava perfino all'esistenza in mezzo all'oceano di un altro continente messo tra le coste spagnole e le Indie) cioè che in mezzo esistevano altre terre. Poi la relazione del vichingo di Erik il Rosso (sempre in mano a Martines e forse anche del suocero) anche queste non lasciavano dubbi. Erano dettagliate e anche un distratto lettore poteva giungere a delle precise conclusioni (e probabilmente neppure al papa non erano di certo sfuggite).

Dunque Colombo, quando inizia a progettare il suo viaggio, in realtà forse nasconde a tutti l'effettiva distanza da percorrere, e si affida in cuor suo (ma siamo sicuri?) soltanto all'ipotesi di trovare altre terre e non le Indie  conosciute  come l'oscuro "Gipango" dove nessuno era mai andato oltre percorrendo l'oceano Indiano. Ma dai rapporti arabi che fin dall'anno 100 d. C.  andavano e venivano in Cina (Ibn Batuta nel 1325 ne aveva fatti più di cento di viaggi)  questi sapevano benissimo quanti gradi avevano percorso dal Golfo di Aden per arrivare a Canton e nelle Filippine, o dal Madagascar a Giava con in mezzo l'oceano Indiano.  Quindi sembra impossibile che Colombo non si rendesse conto di non essere nelle Indie, ma che mancavano per arrivarci altri quattro mesi di navigazione. Espresse in miglia marine invece di 3000 miglia per arrivare dall'Europa nel "Gipango" (Cina-Giappone) c'erano altre 7.000 miglia di navigazione ancora da compiere (più del doppio). 
Infatti i navigatori successivi, più matematici di lui, quando arrivarono nel 1497 sulla costa del Pacifico, sapevano benissimo quanti gradi mancavano per raggiungere il "Cipango". I due metodi di Eratostene, il crivello e l'ombra dell' obelisco di Alessandria, erano infallibili. Anzi c'era già una specie di astrolabio.
Quindi appare singolare che Colombo  non sapesse che le terre scoperte non potevano essere quelle dell'oriente. Anche dopo aver fatto superficiali e affrettati calcoli  mancavano come abbiamo visto ben 7.000 miglia! 
Ma appare molto strano un altro fatto: se davvero avesse pensato alle Indie, Colombo non avrebbe chiesto Governatorati di reami per sé e i suoi eredi prima di partire. Mica avrebbe potuto governare le Indie (Cina) già governate dal Gran Khan. Indubbiamente lui pensava a terre nuove.

FINE

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