CHARLES DARWIN - ORIGINE DELL'UOMO

PARTE SECONDA: La scelta sessuale

CAPITOLO VIII.
Principii della scelta sessuale.

Caratteri sessuali secondari – Scelta sessuale – Modo di azione – Eccesso di maschi – Poligamia – Il maschio solo viene generalmente modificato mercè la scelta sessuale – Ardore del maschio – Variabilità del maschio – Scelta operata dalla femmina – Scelta sessuale comparata colla scelta naturale – Eredità in periodi corrispondenti di vita, in corrispondenti stagioni dell’anno, e come venga limitata dal sesso – Relazioni fra le varie forme di eredità – Cause per cui un sesso e i piccoli non sono modificati dalla scelta sessuale – Supplemento intorno ai numeri proporzionali dei due sessi per tutto il regno animale – Della limitazione del numero dei due sessi mercè la scelta naturale.

Negli animali che hanno sessi separati i maschi differiscono necessariamente dalle femmine nei loro organi di riproduzione, e questi somministrano i principali caratteri sessuali. Ma spesso i sessi differiscono in ciò che Hunter ha chiamato caratteri sessuali secondari, che non hanno una diretta connessione coll’atto della riproduzione; per esempio, nell’aver un maschio certi organi dei sensi o di locomozione di cui la femmina è al tutto sprovveduta, o nell’averli molto più sviluppati, onde poter meglio trovarla o raggiungerla; oppure anche nell’avere il maschio organi speciali di preensione onde tener ben ferma la femmina. Questi ultimi organi sono di infinitamente diverse sorta e gradazioni, e in alcuni casi possono appena venir distinti da quelli che si sogliono comunemente collocare fra i primari, come le appendici complesse dell’apice dell’addome degli insetti maschi. Infatti, se non vogliamo limitare il nome di primari alle ghiandole riproduttive, non è quasi possibile decidere, per quello almeno che riguarda gli organi di preensione, quali debbano essere chiamati primari e quali secondari.
Spesso la femmina differisce dal maschio per aver organi per nutrire e proteggere i suoi piccoli, come le ghiandole delle mammelle dei mammiferi, e la borsa ventrale dei marsupiali. Inoltre il maschio in alcuni pochi casi differisce dalla femmina per possedere organi analoghi, come i ricettacoli per le uova che i maschi di certi pesci posseggono, e quelli che si sviluppano temporaneamente in certi ranocchi maschi. Le api femmine hanno un apparato speciale per raccogliere e trasportare il polline, ed il loro ovopositore è modificato in un pungiglione per la difesa delle loro larve e della comunità. Nelle femmine di molti insetti l’ovopositore si modifica nel modo più complesso pel collocamento sicuro delle uova. Si possono citare moltissimi casi, ma essi ora qui non hanno che fare. Vi sono tuttavia altre differenze sessuali al tutto disgiunte dagli organi primari coi quali abbiamo specialmente che fare, come la mole maggiore, la forza e l’indole bellicosa del maschio, le sue armi offensive o difensive contro i rivali, i suoi colori vivaci e i vari ornamenti, la facoltà del canto ed altri consimili caratteri.
Oltre le suddette differenze sessuali primarie e secondarie, talvolta il maschio e la femmina differiscono nelle strutture in rapporto colle varie abitudini della vita, e che non hanno, o hanno solo indirettamente, relazione colle funzioni riproduttive. Così le femmine di certe mosche (Culicidae e Tabanidae) succiano il sangue, mentre i maschi vivono sui fiori e la loro bocca manca di mandibole. I maschi soli di certe farfalle notturne e di alcuni crostacei (e. g. Tanais) hanno la bocca imperfetta, chiusa, e non possono nutrirsi. I maschi complementari di certi cirripedi vivono come piante epifitiche o in forma femminea od ermafrodita, e mancano di bocca e di membra prensili. In questi casi è il maschio il quale si è modificato ed ha perduto certi organi importanti, che posseggono le femmine e gli altri membri dello stesso gruppo. In altri casi è la femmina che ha perduto quelle parti; per esempio, la femmina della lucciola manca d’ali, come molte femmine di farfalle notturne, alcune delle quali non lasciano mai i loro bozzoli. Molte femmine di crostacei parassiti hanno perduto le loro zampe natatorie. In alcuni punteruoli (Curculionidae) vi è una grande differenza fra il maschio e la femmina nella lunghezza del rostro o del becco; ma non si comprende la ragione di queste e di molte analoghe differenze. In generale le diversità di struttura fra i due sessi in relazione al differente modo di vivere si limitano agli animali più bassi; ma in certi pochi uccelli il becco del maschio differisce da quello della femmina. Senza dubbio in molti, ma non sembra in tutti i casi, le differenze sono indirettamente collegate colla propagazione della specie; così una femmina che ha da nutrire un gran numero d’uova abbisognerà di maggior nutrimento che non il maschio, ed in conseguenza richiederà mezzi speciali per procurarselo. Un animale maschio che vive per un tempo brevissimo può perdere pel difetto d’esercizio, senza soffrirne danno, gli organi per procurarsi il nutrimento; ma conserverà gli organi della locomozione in uno stato perfetto, cosicchè potrà raggiungere la femmina. D’altra parte la femmina può perdere senza danno gli organi per volare, per nuotare, per camminare, se gradatamente essa abbia acquistato abitudini che rendano così fatte facoltà inutili.
Tuttavia noi qui abbiamo solo da fare con quella sorta di scelta che ho chiamata scelta sessuale. Questa dipende dal vantaggio che certi individui hanno sopra certi altri dello stesso sesso e della stessa specie in relazione esclusiva colla riproduzione. Quando i due sessi differiscono nella struttura in rapporto coi differenti modi di vita, come nei casi sopra menzionati, essi sono stati senza dubbio modificati dalla scelta naturale, accompagnata dall’eredità limitata ad uno e medesimo sesso. Così pure gli organi sessuali primari, e quelli per nutrire e proteggere i piccoli, vengono nella stessa categoria; perchè quegli individui che generavano e nutrivano meglio la loro prole dovevano lasciare, caeteris paribus, un numero maggiore ad ereditare la loro superiorità; mentre quelli che generavano o nutrivano male la loro prole dovevano lasciare soltanto pochi individui eredi delle loro deboli facoltà. Siccome il maschio deve cercar la femmina, egli ha d’uopo per questi uffici di organi, di sensi e di locomozione; ma se questi organi sono necessari agli altri bisogni della vita, come è generalmente il caso, essi si saranno sviluppati per opera della scelta naturale. Quando il maschio ha trovato la femmina, egli talora ha bisogno assolutamente di organi prensili per trattenerla; così il dott. Wallace mi ha detto che i maschi di certe farfalle notturne non possono accoppiarsi alle femmine se i loro tarsi o piedi sono rotti. I maschi di molti crostacei oceanici hanno le zampe e le antenne straordinariamente modificate per la preensione della femmina; quindi possiamo supporre che siccome questi animali sono trascinati qua e là dalle onde dell’alto mare, hanno un assoluto bisogno di questi organi per la propagazione della specie, e quindi il loro sviluppo sarebbe stato l’effetto della scelta ordinaria e naturale.
Quando i due sessi conducono esattamente lo stesso genere di vita, e il maschio ha gli organi dei sensi o della locomozione molto più sviluppati che non la femmina, può essere che questi nel loro stato perfetto siano indispensabili al maschio per rintracciare la femmina; ma nel maggior numero dei casi servono solo a dare a un maschio un vantaggio sopra un altro; perchè se fosse conceduto un certo tempo ai maschi meno bene dotati, riuscirebbero ad accoppiarsi colle femmine; e per ogni altro riguardo, giudicando dalla struttura della femmina, sarebbero ugualmente bene acconci per gli usi comuni della vita. In questo caso la scelta sessuale sarebbe venuta in giuoco, perchè i maschi hanno acquistato la loro attuale struttura, non già per essere meglio acconci per sopravvivere nella lotta per l’esistenza, ma per aver acquistato un vantaggio sopra altri maschi, e per averlo trasmesso soltanto ai loro figli maschi. È stata l’importanza di questa distinzione che mi ha indotto a dare questa foggia di scelta il nome di scelta sessuale. Così pure, se il servizio principale che rendono al maschio i suoi organi di preensione è quello d’impedire che la femmina sfugga prima dell’arrivo di altri maschi, o quando sono aggrediti da essi, questi organi si saranno perfezionati per la scelta sessuale, vale a dire pel vantaggio acquistato da certi maschi sopra i loro rivali. Ma in molti casi non è quasi possibile distinguere fra gli effetti della scelta naturale e quelli della scelta sessuale. Si potrebbero scrivere interi capitoli coi particolari delle differenze che esistono fra i sessi nei loro organi di sensività di locomozione e di presa. Tuttavia, siccome queste strutture non sono più interessanti di altre acconce per gli usi ordinari della vita, io non mi ci fermerò sopra, e darò solo pochi esempi per ogni classe.
Vi sono molte altre strutture e molti istinti che debbono essersi sviluppati per opera della scelta sessuale – come le armi offensive e i mezzi di difesa posseduti dai maschi per combattere e respingere i rivali – il coraggio e l’indole bellicosa – molte sorta di ornamenti – gli organi per produrre musica vocale e strumentale – e le ghiandole per emettere odori; molte di queste ultime strutture hanno per solo scopo di attirare od eccitare la femmina. È evidente che questi caratteri sono l’effetto della scelta sessuale e non della ordinaria, perchè i maschi senza armi, senza ornamenti o senza attrattive avrebbero potuto sostenere benissimo la lotta per la vita e lasciare una numerosa prole, qualora non vi fossero stati altri maschi meglio dotati di loro. Possiamo credere che questo sarebbe stato il caso, dacchè le femmine che mancano di armi e di ornamenti possono sopravvivere e perpetuare la loro specie. I caratteri sessuali secondari della specie menzionati testè verranno pienamente discussi nei capitoli seguenti, siccome sono per molti riguardi interessanti, ma più specialmente siccome dipendono dalla volontà, dalla scelta e dalla rivalità degli individui dei due sessi. Quando vediamo due maschi che si battono pel possesso di una femmina, o parecchi uccelli maschi che fanno pompa del loro brillante piumaggio, ed assumono i più strani atteggiamenti in faccia ad una radunanza di femmine, non possiamo dubitare che sappiano, sebbene solo istintivamente, ciò che stanno facendo ed esercitano consapevolmente le loro forze mentali e corporee.
Nello stesso modo in cui l’uomo può migliorare la razza dei suoi galli da combattimento scegliendo quegli individui che riescono vincitori nella tenzone, così sembra che i maschi più forti e più vigorosi, o quelli sprovvisti delle armi minori, abbiano prevalso in natura, ed abbiano prodotto il miglioramento delle razze naturali o specie. Mercè le contese mortali ripetute, un lieve grado di variabilità, se doveva produrre qualche vantaggio, per quanto fosse lieve, avrebbe dovuto bastare per l’azione della scelta sessuale; ed è certo che quei caratteri sessuali secondari sono eminentemente variabili. Nello stesso modo in cui l’uomo può dare la bellezza, secondo il livello del suo gusto, al suo pollame maschio – può dare al gallo Bantam di Sebright un nuovo ed elegante piumaggio, un portamento più diritto e particolare – così pare che nello stato di natura le femmine degli uccelli, avendo per lungo tempo scelti i maschi più attraenti, hanno accresciuta la loro bellezza. Senza dubbio questo implica certe facoltà di scelta e di gusto per parte della femmina che a prima vista possono parere sommamente improbabili; ma io spero poter dimostrare più tardi che non è così la cosa.
Per l’ignoranza in cui siamo intorno a vari punti, il modo preciso in cui opera la scelta sessuale è per una certa estensione incerto. Nondimeno se quei naturalisti i quali credono già alla mutabilità della specie leggeranno i capitoli seguenti, saranno, spero, d’accordo con me che la scelta sessuale ha avuto una parte importante nella storia del mondo organico. È certo che in quasi tutti gli animali v’ha lotta fra i maschi pel possesso della femmina. Questo fatto è così notorio che sarebbe superfluo citarne degli esempi. Quindi le femmine, supponendo che la loro capacità mentale fosse sufficiente per fare una scelta, potevano scegliere uno fra i vari maschi. Ma in molti casi appare come se fosse stato specialmente disposto che vi dovesse essere una lotta fra molti maschi. Quindi negli uccelli migratori i maschi in generale arrivano prima delle femmine al luogo della cova, cosicchè molti maschi son pronti a contendersi ogni femmina. Gli uccellatori asseriscono che ciò segue invariabilmente nel caso dell’usignuolo e nella capinera, come mi ha detto il sig. Jenner Weir, il quale conferma il fatto per ciò che riguarda queste ultime specie.
Il signor Swaysland di Brighton, il quale ha avuto l’uso, in questi ultimi quarant’anni, di far prendere i nostri uccelli migratori appena arrivano, mi scrive che non ha mai veduto le femmine di nessuna specie arrivare prima dei loro maschi. Durante una primavera egli uccise trentanove maschi di Cutrettole di Ray (Budytes Raii) prima di aver preso una sola femmina. Il signor Gould si è assicurato mercè la dissezione, come mi ha informato, che i beccaccini maschi arrivano in questo paese prima delle femmine; ma questo non ci riguarda molto, mentre il beccaccino non cova da noi. Nel caso del pesce, durante il tempo in cui il salmone risale i nostri fiumi, i numerosissimi maschi sono già pronti per la riproduzione prima delle femmine. Così sembra essere il caso per le rane e pei rospi. In tutta la grande classe degli insetti i maschi quasi sempre escono dalle crisalidi prima dell’altro sesso, cosicchè in generale brulicano per un tempo prima che si veggano le femmine. La cagione di questa differenza nel tempo dell’arrivo e della maturità fra i maschi e le femmine è abbastanza ovvia. Quei maschi che ogni anno emigrano per primi in un dato paese od in primavera erano i primi ad essere pronti per la riproduzione, od erano i più premurosi, hanno dovuto lasciar maggior numero di prole; e questa ha dovuto tendere ad ereditare istinti e costituzione somigliante. In complesso non vi può esser dubbio che in quasi tutti gli animali in cui i sessi sono separati vi è una lotta costantemente rinnovata fra i maschi pel possesso delle femmine.
La difficoltà per noi per ciò che riguarda la scelta sessuale sta nel comprendere come vada che i maschi i quali vincono altri maschi, o quelli che hanno maggiori attrattive per le femmine, lascino un maggior numero di figli che ereditano le loro qualità superiori, che non i maschi vinti o meno attraenti. Se questo effetto non seguisse i caratteri che danno a certi maschi un vantaggio sopra altri non potrebbero venire perfezionandosi ed aumentandosi mercè la scelta sessuale. Quando i sessi esistono in numero al tutto eguale, i maschi peggio dotati troveranno finalmente femmine (tranne ove prevale la poligamia) e lasceranno un numero uguale di figli, parimente acconci per gli usi generali della vita, come i maschi meglio dotati. Da vari fatti e da varie considerazioni io ne dedussi dapprima che in molti animali, in cui i caratteri sessuali secondari sono bene sviluppati, i maschi siano grandemente superiori in numero alle femmine; e questo è giusto per alcuni pochi casi. Se i maschi fossero alle femmine come due ad uno, e come tre a due, e anche in proporzione ancora minore, la cosa sarebbe semplicissima, perchè i maschi meglio armati o più attraenti lascerebbero un numero più grande di figli, ma dopo avere studiato, per quanto è possibile, le proporzioni numeriche dei sessi non credo che esista comunemente nessuna grande disuguaglianza di numero. In molti casi la scelta sessuale sembra. avere operato nel modo seguente.
Prendiamo una specie qualunque, per esempio un uccello, e dividiamo le femmine che abitano un distretto in due branchi uguali; uno composto degli individui più vigorosi e meglio nutriti, e l’altro dei meno robusti e meno sani. Gli individui del primo branco, senza dubbio, saranno pronti per la riproduzione prima degli altri; e questa è l’opinione del signor Jenner Weir, il quale ha per molti anni tenuto dietro accuratamente ai costumi degli uccelli. Non vi può essere neppure gran dubbio che le femmine più vigorose, più sane e meglio nutrite sarebbero per riescire a calcolo fatto meglio nell’allevare il maggior numero di figli. I maschi, come abbiamo veduto, sono generalmente pronti per la riproduzione prima delle femmine; i maschi più forti ed in alcune specie i meglio armati discacciano i maschi più deboli, e i primi si accoppieranno poi colle femmine più robuste e meglio nutrite, siccome queste sono le prime ad esser pronte per la riproduzione. Queste coppie vigorose alleveranno certo un numero maggiore di figli che non le femmine più ritardatarie, che saranno obbligate, supponendo i sessi numericamente uguali, ad accoppiarsi coi maschi vinti e meno robusti; e questo è tutto ciò che ci vuole per accrescere, nel corso di successive generazioni, la mole, la forza ed il coraggio dei maschi, o per migliorarne le armi.
Ma in moltissimi casi i maschi che conquistano altri maschi non ottengono il possesso delle femmine indipendentemente dalla scelta per parte dì queste ultime. Il corteggiare degli animali non è una cosa tanto semplice e breve quanto si potrebbe credere. Le femmine rimangono più eccitate, e preferiscono accoppiarsi coi maschi più adorni, o con quelli che son più abili cantori, o che fanno atti più buffi; ma è probabilissimo, come si è osservato in alcuni casi, che nello stesso tempo preferiscano i maschi più vivaci e più vigorosi. Quindi le femmine più robuste, che sono quelle che sono prima delle altre pronte alla riproduzione, avranno la scelta fra molti maschi; e sebbene non sempre possano scegliere i più forti e i meglio armati, sceglieranno quelli più robusti e bene armati, e per altri riguardi più attraenti. Queste coppie primaticce avranno lo stesso vantaggio nell’allevare la prole dal lato della femmina, come abbiamo detto sopra, e quasi lo stesso vantaggio per parte del maschio. E sembra che questo abbia bastato durante un lungo corso di generazioni ad aggiungere non solo forza e facoltà bellicose ai maschi, ma anche ad accrescere i loro vari ornamenti od altre loro attrattive.
Nel caso opposto e molto più raro di maschi che scelgono femmine particolari, è chiaro che quelli che erano più robusti ed avevano vinti gli altri dovevano avere la scelta liberissima ed è quasi certo che dovevano scegliere le femmine più robuste e le più belle. Cosiffatte coppie dovevano avere il vantaggio nell’allevamento della prole, e più specialmente se il maschio aveva la forza di difendere la femmina durante la stagione della cova, come segue in molti animali elevati, o nell’aiutarla a provvedere il cibo pei piccoli. Gli stessi principii si possono applicare se i due sessi preferivano vicendevolmente e sceglievano certi individui del sesso opposto; supponendo che scegliessero non solo gli individui più attraenti, ma anche i più vigorosi.
Proporzione numerica dei due sessi. – Ho notato che la scelta sessuale sarebbe una cosa semplicissima se il numero dei maschi fosse di molto superiore a quello delle femmine. Quindi fui condotto a ricercare, per quanto mi fu dato, le proporzioni fra i due sessi del maggior numero di animali che mi fu possibile; ma i materiali sono scarsi. Darò qui solo un breve sunto dei risultati, conservando i particolari per una discussione supplementare, tanto da non interrompere il filo del mio argomento. Gli animali domestici soli somministrano i mezzi per accertare il numero proporzionale delle nascite; ma non sono stati tenuti registri a questo effetto. Tuttavia ho raccolto indirettamente un buon numero di dati statistici, dai quali sembra che nella maggior parte dei nostri animali domestici la nascita degli individui dei due sessi è quasi uguale. Così nei cavalli da corsa sono state registrate 25,560 nascite nello spazio di ventun’anni, e i maschi nati stavano alle femmine in ragione di 99,7 a 100. Nei veltri la differenza è maggiore che non negli altri animali, perchè durante dodici anni sopra 6878 nascite i maschi nati erano come 110,1 a 100 femmine nate. Tuttavia si può fino a un certo punto dubitare se sia giusto dedurre da ciò che le stesse proporzioni numeriche potrebbero valere nello stato naturale come nell’addomesticamento; perchè certe lievi e ignote differenze nelle condizioni alterano fino a un dato punto la proporzione dei sessi. Così nel genere umano le nascite di maschi sono in Inghilterra come 104,5, in Russia come 108,9, e fra gli Ebrei della Livonia come 120 per 100 femmine. La proporzione è anche misteriosamente alterata dalla circostanza dell’essere le nascite legittime o illegittime.
Ma il nostro scopo presente non riguarda la proporzione nei sessi alla nascita, ma allo stato adulto, e questo aggiunge un altro elemento di dubbio; perchè è un fatto bene certo che nell’uomo i maschi muoiono in una proporzione molto maggiore delle femmine prima o durante la nascita e durante i primi anni dell’infanzia. Così pure è quasi certo nel caso degli agnelli, e questo può essere pure il caso pei maschi di altri animali. I maschi di alcuni animali si uccidono fra loro combattendo; e lottano fra loro finchè rimangano grandemente emaciati Debbono inoltre, mentre girano intorno in cerca delle femmine, essere sovente esposti a vari pericoli. In molte specie di pesci i maschi sono molto più piccoli che non le femmine, e si crede che spesso vengano divorati da queste o da altri pesci. In alcuni uccelli le femmine sembrano morire in più gran proporzione che non i maschi; sono pure soggette ad essere distrutte nei nidi, mentre covano i loro piccoli. Negli insetti le larve femmine sono spesso più grosse di quelle dei maschi, ed in conseguenza hanno maggior probabilità di essere divorate; in alcuni casi le femmine adulte sono meno attive e meno rapide nei movimenti che non i maschi, e non sono tanto bene acconce a fuggire il pericolo. Quindi negli animali allo stato di natura, onde giudicare delle proporzioni dei sessi in stato adulto, dobbiamo rimetterci ad una semplice stima; e questa, tranne forse quando la disuguaglianza è fortemente spiccata, merita poca fede. Nondimeno, per quanto si possa formare un giudizio, possiamo conchiudere dai fatti dati nel supplemento che i maschi di alcuni pochi mammiferi, di molti uccelli, e di alcuni pesci ed insetti eccedono notevolmente in numero le femmine.
La proporzione fra i sessi variava leggermente durante gli anni susseguenti: così nei cavalli da corsa per ogni cento femmine che nascevano, i maschi variavano da 107,1 in un anno a 92,6 in un altro anno, e nei veltri da 116,3 a 95,3. Ma se si facesse questa statistica sopra un’area molto più vasta che non l’Inghilterra, queste variazioni forse scomparirebbero; e tali come sono non basterebbero guari a lasciar riconoscere nello stato di natura l’azione effettiva della scelta sessuale. Nondimeno nel caso di alcuni pochi animali selvatici sembra che le proporzioni, come vien dimostrato nel supplemento, oscillino sia durante le differenti stagioni o nelle differenti località in un grado sufficiente da produrre una cosiffatta azione. Perchè si potrebbe osservare che qualche vantaggio acquistato durante certi anni o in certe località da quei maschi che poterono vincere altri maschi, o avevano per le femmine maggiori attrattive, si sarebbe probabilmente trasmesso alla prole e non sarebbe stato susseguentemente eliminato. Durante le stagioni susseguenti, quando per l’eguaglianza dei sessi ogni maschio poteva in qualche modo procurarsi una femmina, i maschi più forti e più belli prodotti precedentemente avrebbero avuto almeno altrettanta probabilità di lasciare prole quanto i meno forti e i meno belli.
Poligamia. – La pratica della poligamia produce gli stessi effetti come l’attuale disuguaglianza nel numero dei sessi; perchè se ogni maschio s’impadronisce di due o più femmine, molti maschi non potranno accoppiarsi; e gli ultimi certamente saranno gl’individui più deboli o meno attraenti. Molti mammiferi ed alcuni pochi uccelli sono poligami, ma non ho trovato negli animali che appartengono a classi inferiori nessuna prova di questo fatto. Le forze intellettuali di questi animali non sono, forse, sufficienti a condurli a raccogliere e custodire un harem di femmine. Sembra quasi certo che esiste una qualche relazione fra la poligamia e lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari; e questo è in appoggio all’opinione che una preponderanza numerica di maschi sarebbe sommamente favorevole all’azione della scelta sessuale. Nondimeno molti animali, specialmente uccelli che sono strettamente monogami, mostrano caratteri sessuali secondari spiccatissimi; mentre alcuni pochi animali che sono poligami non sono così caratterizzati.
Passeremo una breve rassegna della classe dei mammiferi e ci volgeremo poi agli uccelli. Sembra che il Gorilla sia poligamo, e il maschio differisce molto dalla femmina; questo è pure il caso coi cinocefali che vivono in strupi formati da un numero di femmine adulte due volte maggiore di quello dei maschi. Nell’America meridionale il Mycetes caraya presenta differenze sessuali ben distinte nel colore, nella barba e negli organi vocali, e il maschio vive in generale con due o tre femmine. Il maschio del Cebus capucinus differisce in certo modo dalla femmina, e sembra essere poligamo. Non si conosce per questo riguardo gran che intorno a moltissime altre scimmie, ma alcune specie sono strettamente monogame. I ruminanti sono poligami in grado eminente, e sono in essi più frequenti le differenze sessuali che non in quasi ogni altro scompartimento di mammiferi, specialmente nelle armi, ma anche in altri caratteri. La maggior parte dei cervi, delle bovine e degli ovini sono poligami; come pure la maggior parte delle antilopi, sebbene alcune di queste siano monogame. Sir Andrea Smith parlando delle antilopi dell’Africa meridionale dice che nei branchi di circa una dozzina d’individui di rado s’incontrava oltre a un maschio adulto. L’asiatica Antilope saiga sembra essere la specie più disordinatamente poligama del mondo; perchè Pallas asserisce che il maschio scaccia tutti i rivali e raccoglie una mandra di circa un centinaio, composta di femmine e di piccoli; la femmina non ha corna, ed ha il pelo più morbido, ma non differisce per altro molto dal maschio. Il cavallo è poligamo, ma tranne nella mole che è maggiore e nelle proporzioni del corpo, non differisce gran che dalla femmina. Il cinghiale per alcuni caratteri e per le sue grosse zanne presenta caratteri sessuali ben distinti; in Europa e nell’India esso conduce vita solitaria, tranne durante la stagione degli amori; ma in questa stagione si unisce a parecchie femmine, come crede sir W. Elliot, il quale è peritissimo nell’osservazione di questo animale; se questo sia il caso anche in Europa è dubbio, ma alcune prove l’appoggiano. L’elefante maschio adulto nelle Indie passa, come il cinghiale, gran parte del tempo solitario; ma quando si associa con altri “di rado s’incontra, dice il dottor Campbell, più di un maschio in mezzo ad un branco di femmine”. I maschi più grossi scacciano od uccidono i più piccoli ed i più deboli. Il maschio differisce dalla femmina nelle sue grossissime zanne e nella mole, nella forza e nella resistenza; la differenza è tanto notevole per quest’ultimo riguardo, che quando i maschi vengono presi valgono venti per cento più delle femmine. Negli altri animali pachidermi la differenza fra i sessi è di lieve momento o nulla, e non sono, per quanto si sappia, poligami. Appena una sola specie fra i Chirotteri e gli Sdentati, o nei grandi ordini dei Rosicanti e degl’Insettivori, presenta differenze sessuali secondarie bene sviluppate; e non ho potuto trovare alcuna prova dell’essere essi poligami, tranne, forse nel topo comune, di cui i maschi, secondo che affermano alcuni cacciatori di topi, vivono con parecchie femmine.
Nell’Africa meridionale il leone vive talora, secondo ciò che ho udito da sir Andrea Smith, con una femmina sola, ma in generale con più di una, ed in un caso fu trovato assieme a cinque femmine, cosicchè è poligamo. Egli è, per quello che ho potuto sapere, il solo animale poligamo in tutto il gruppo dei carnivori terrestri, ed esso solo presenta caratteri sessuali molto distinti. Se ci volgiamo però ai Carnivori marini, il caso è al tutto differente; perchè molte specie di Foche presentano, come vedremo in seguito, differenze sessuali straordinarie, e sono eminentemente poligame. Così l’elefante marino maschio dell’Oceano meridionale possiede sempre, secondo Péron, varie femmine e si dice che il Leone marino di Forster sia circondato da venti o trenta femmine. Nel Nord l’orso marino maschio di Steller è accompagnato da un numero ancor maggiore di femmine.
Riguardo agli uccelli, molte specie, i sessi delle quali differiscono molto l’uno dall’altro, sono certamente monogami. In Inghilterra vediamo differenze sessuali ben distinte, per esempio, fra l’anatra selvatica che si accoppia ad una sola femmina, e il merlo comune e il ciuffolotto che si dicono appaiarsi per tutta la vita. Così segue, come mi ha informato il signor Wallace, colle Ampelie dell’America meridionale, e moltissimi altri uccelli. In diversi scompartimenti non sono stato capace di scoprire se le specie siano poligame o monogame. Lesson dice che gli uccelli di paradiso, tanto notevoli per le loro differenze sessuali, sono poligami, ma il signor Wallace dubita che egli non abbia avuto di ciò prove sufficienti. Il signor Salvin mi ha detto che è stato indotto a credere che gli uccelli mosca siano poligami. Il maschio della Vedova, tanto notevole per le sue penne caudali, sembra certo essere poligamo. Il signor Jenner Weis ed altri mi hanno assicurato che non di rado si veggono tre stornelli frequentare lo stesso nido; ma non è stato riconosciuto se questo sia un caso di poligamia o di poliandria.
I Gallinacei presentano differenze sessuali quasi tanto distinte quanto gli uccelli di paradiso o gli uccelli mosca, e molte delle loro specie sono, come è noto, poligame; altre sono invece strettamente monogame. Quale contrasto presentano i sessi del pavone o fagiano poligami e la gallina di Guinea o pernice che sono monogame! Si potrebbero citare molti casi simili, come nella famiglia dei Tetraoni in cui i maschi del gallo cedrone e del fagiano di monte, poligami, differiscono moltissimo dalle femmine; mentre i sessi della pernice di monte scozzese e della pernice di montagna comune differiscono pochissimo. Fra i Cursori uno scarso numero di specie presenta differenze sessuali molto spiccate, tranne il tacchino selvatico, la Starda. (Otis tarda), che si dice siano poligami. Nelle gralle pochissime specie differiscono nei sessi, ma il Combattente (Machetes pugnax) presenta una grande eccezione, e Montagu crede che questa specie sia poligama. Quindi sembra che negli uccelli esista spesso una stretta relazione fra la poligamia e lo sviluppo delle differenze sessuali molto spiccate. Avendo domandato al signor Bartlett, nel Giardino zoologico di Londra, il quale ha una lunga pratica degli uccelli, se il tragopan maschio (uno del Gallinacei) sia poligamo, rimasi colpito dalla sua risposta: “Non lo so, mi disse, ma lo suppongo dai suoi splendidi colori”.
Merita di esser notato che l’istinto di appaiarsi ad una sola femmina si perde agevolmente collo addomesticamento. L’anatra selvatica è strettamente monogama, la domestica è al tutto poligama. Il rev. W. D. Fox mi ha informato che per ciò che riguarda le anatre selvatiche semi-addomesticate, tenute in una grande vasca, vicina alla sua dimora, vennero uccisi tanti maschi dai cacciatori che ne rimase uno solo per ogni sette od otto femmine; tuttavia venne allevato un numero incredibile di piccoli. La gallina di Faraone è strettamente monogama; ma il signor Fox ha trovato che i suoi piccoli riescono meglio quando tiene un maschio e due o tre femmine. In istato di natura i canarini vivono in coppie, ma in Inghilterra gli allevatori riescono meglio mettendo un maschio con quattro o cinque femmine; nondimeno la prima femmina, siccome è stata asserito al signor Fox, vien considerata come moglie, perchè egli nutre essa e i suoi piccoli; le altre son trattate come concubine. Io ho notato questi casi perchè essi rendono in certo modo probabile che le specie monogame in istato di natura, possano prontamente divenire sia temporaneamente o permanentemente poligame.
Rispetto ai rettili ed ai pesci, si conosce troppo poco dei loro costumi perchè possiamo dire alcun che intorno alle loro nozze. Tuttavia lo Spinarello (Gasterosteus) dicesi sia poligamo; e il maschio durante la stagione degli amori differisce moltissimo dalla femmina.
Riassumiamo i mezzi coi quali, per quanto possiamo giudicare, la scelta sessuale ha prodotto lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari. È stato dimostrato che il maggior numero di figli robusti sarà allevato dall’accoppiamento dei maschi più forti e meglio armati, che hanno soggiogato altri maschi, colle femmine più robuste o meglio nutrite, che in primavera sono le prime ad esser pronte per la riproduzione. Se queste femmine scelgono i maschi più belli e nello stesso tempo più robusti, alleveranno maggior numero di figli che non le femmine più ritardatarie, che debbono accoppiarsi coi maschi meno robusti e meno attraenti. Così sarà il caso se i maschi più robusti sceglieranno le femmine più belle e nello stesso tempo più sane e vigorose; e questo sarà ancora più certo se il maschio difende la femmina, e l’aiuta a provvedere il cibo pei piccoli. Il vantaggio che ottengono così le coppie più vigorose nell’allevare un numero più grande di figli è stato, da quanto pare, sufficiente a rendere efficace la scelta sessuale. Ma una preponderanza più grande nel numero dei maschi sulle femmine sarebbe ancora più efficace; se la preponderanza fosse solamente occasionale e locale, o permanente; se fosse occorsa alla nascita, o susseguentemente alla più grande distruzione delle femmine; o se viene seguita indirettamente dalla pratica della poligamia.
Il maschio in generale è più modificato che non le femmine. – In tutto il regno animale, quando i sessi differiscono fra loro nell’aspetto esterno, si è il maschio il quale, meno alcune rare eccezioni, è stato principalmente modificato; perchè la femmina rimane ancora più somigliante ai giovani della sua specie, e più somigliante agli altri membri dello stesso gruppo. Sembra che la causa di ciò dipenda dacchè i maschi di quasi tutti gli animali hanno passioni più forti che non le femmine. Quindi segue che i maschi si battono fra loro e fanno assiduamente pompa della loro bellezza innanzi alle femmine; e quelli che sono vittoriosi trasmettono la loro superiorità ai loro figli maschi. Considereremo in seguito la ragione per cui i maschi non trasmettono i loro caratteri ai due sessi indistintamente. È cosa notissima che i maschi di tutti i mammiferi inseguono attivamente le femmine. Così pure segue per gli uccelli; ma molti uccelli maschi non inseguono tanto la femmina, quanto fanno pompa del loro piumaggio, e in sua presenza fanno strani atteggiamenti, e fanno udire il loro canto. Nei pochi pesci che si sono potuti osservare, sembra che il maschio sia molto più attivo che non la femmina; e così pure negli Alligatori, e a quanto pare nei Batraci. In tutta la enorme classe degli insetti, come osserva Kirby, “la legge è che il maschio vada in traccia della femmina”. Nei ragni e nei crostacei, come ho inteso da due persone autorevolissime, il signor Blackwall e il signor C. Spence Bate, i maschi hanno abiti più attivi, e più girovaghi che non le femmine. Negli insetti e nei crostacei, quando gli organi dei sensi o la locomozione sono presenti in un sesso e mancanti in un altro, o quando, come segue di frequente, sono molto meglio sviluppati in uno che non nell’altro, è quasi invariabilmente il maschio, per quanto io mi sappia, che conserva quegli organi, o che li ha più sviluppati; e ciò dimostra che il maschio è il più attivo membro dei due sessi nel corteggiare.
D’altra parte la femmina, salvo rarissime eccezioni, è meno attiva del maschio. Come osservò lungo tempo fa l’illustre Hunter, “essa in generale ha bisogno di essere corteggiata”; è riservata, e spesso si vede cercare di sfuggire al maschio per un tempo assai lungo. Chiunque abbia osservato i costumi degli animali potrà ricordare molti esempi di questa sorta. Giudicando da molti fatti che citeremo in seguito, e dagli effetti che possono venire con ragione attribuiti alla scelta sessuale, la femmina, sebbene sia comparativamente passiva, esercita in generale una qualche scelta ed accetta un maschio di preferenza agli altri. Ovvero può accettare, come ci fanno credere talvolta le apparenze, non il maschio che ha per lei maggiori attrattive, ma quello che e meno sgradevole. L’azione di una qualche scelta per parte della femmina sembra quasi una legge tanto generale quanto quella dell’ardore del maschio.
Noi veniamo naturalmente tratti a cercare perchè il maschio in tante e così distinte classi sia divenuto molto più ardente della femmina, per cui egli la cerca e fa la parte più attiva nel corteggiare. Se i due sessi si cercassero a vicenda non vi sarebbe nessun vantaggio e vi sarebbe una certa perdita di forza; ma perchè deve essere quasi sempre il maschio il cercatore? Nelle piante gli ovuli, dopo la fecondazione, debbono essere nutriti per un certo tempo; quindi il polline viene necessariamente portato agli organi femminili i quali sono posti nello stimma, mercè l’opera degli insetti o del vento, o dai movimenti spontanei degli stami; e nelle alghe, ecc., dall’azione locomotrice degli anterozoidi. Negli animali di organizzazione molto bassa e attaccati permanentemente allo stesso luogo e provvisti di sesso distinto, l’elemento maschio vien portato invariabilmente alla femmina; e possiamo vederne la ragione; perchè l’ovo, anche se vien distaccato prima d’esser fecondato e senza aver bisogno di una susseguente nutrizione e protezione, sarebbe, per la sua mole relativamente più grande, meno facile da trasportare che non l’elemento maschio. Quindi le piante e molti animali inferiori sono, per questo rispetto, analoghi. I maschi degli animali immobili, avendo dovuto per ciò emettere l’elemento fecondatore, è naturale che qualcuno dei loro discendenti, sollevandosi nella scala e divenendo mobile, abbia conservato la stessa consuetudine, e siasi accostato maggiormente alla femmina, onde l’elemento fecondatore non corresse pericoli lungo il tragitto in mezzo alle acque del mare. In alcuni pochi animali inferiori le femmine sole sono prive di locomozione, e con queste i maschi debbono essere cercatori. Rispetto a quelle forme di cui i progenitori erano in origine liberi, è difficile comprendere perchè i maschi abbiano acquistato invariabilmente l’abito di accostarsi alle femmine, invece di essere accostati da esse. Ma in tutti i casi, onde i maschi potessero riuscire efficaci cercatori era necessario che fossero forniti di forti passioni; e l’acquisto di cosiffatte passioni doveva naturalmente derivare da ciò che i maschi più ardenti dovevano lasciare un numero più grande di figli che non quelli meno ardenti.
Il grande ardore del maschio ha prodotto in tal modo indirettamente in esso il maggiore e più frequente sviluppo dei caratteri sessuali secondari che non nella femmina. Ma lo sviluppo di cosiffatti caratteri sarà stato molto aiutato, se la conclusione che ho dedotto dopo aver studiato gli animali domestici è giusta, da ciò che il maschio è più soggetto a variare che non la femmina. So molto bene che è difficilissimo verificare una così fatta conclusione. Tuttavia, una qualche lieve evidenza si può ottenere comparando i due sessi nel genere umano, siccome l’uomo è stato molto più accuratamente studiato che non qualunque altro animale. Durante il viaggio della Novara vennero fatte moltissime misure delle varie parti del corpo nelle differenti razze, e si trovò che in quasi ogni caso gli uomini presentavano un grado di variazione maggiore che non le donne; ma in un altro capitolo tornerò su questo argomento.
Il signor J. Wood, il quale ha accuratamente tenuto dietro alla variazione dei muscoli nell’uomo, conclude appunto che “il maggior numero delle anormalità in ogni oggetto si trova nei maschi”. Egli aveva osservato precedentemente che “in 102 soggetti si trovò che le varietà in eccesso erano al tutto la metà di più che non nelle femmine, facendo grande contrasto colla deficienza che s’incontrava più di frequente nelle femmine sopra descritte”. Anche il professore Macalister osserva che le variazioni nei muscoli “sono probabilmente più comuni nei maschi che non nelle femmine”. Certi muscoli che non sono normalmente presenti nel genere umano s’incontrano più spesso maggiormente sviluppati nel sesso maschile che non nel femminile, quantunque dicasi che vi siano eccezioni a questa regola. Il dottore Burt Wilder ha registrato i casi di 152 individui con dita soprannumerarie, di cui 86 erano maschi e 39, ossia meno della metà, femmine; gli altri 27 erano di sesso ignoto. Tuttavia non bisogna dimenticare che le donne cercano di nascondere più che non gli uomini questa sorta di deformità. Non pretendo trarre la conseguenza che il numero proporzionale maggiore nelle morti dei figli maschi dell’uomo, e da quanto pare anche delle pecore, nel nascere o poco dopo la nascita (Vedi Supplemento) abbia una qualche relazione colla maggior tendenza negli organi del maschio a variare e divenire per tal modo anormali nella struttura e nelle funzioni.
S’incontrano in varie classi di animali alcuni pochi casi eccezionali, nei quali la femmina ha acquistato invece del maschio caratteri sessuali secondari bene pronunciati, come, per esempio, colori più vivaci, mole più grande, forza o indole bellicosa. Negli uccelli, come vedremo in seguito, vi è stata talora una compiuta trasportazione dei caratteri ordinari propri ad ogni sesso; le femmine sono divenute più ardenti nel corteggiare, i maschi sono rimasti comparativamente passivi, ma scegliendo, a quanto pare, le femmine più belle. Certi uccelli femmine hanno per tal modo acquistati colori più vaghi, o altre sorta di ornamenti, e sono divenute più forti e più bellicose che non i maschi; e questi caratteri sono stati trasmessi soltanto alla prole femmina.
Si può anche dire che in alcuni casi è venuto in campo un doppio processo di scelta; i maschi hanno scelto le femmine più belle, e queste i maschi più attraenti. Tuttavia questo processo, sebbene abbia potuto produrre la modificazione dei due sessi, non può aver fatto che un sesso differisca dall’altro, a meno che il gusto del bello fosse in essi differente; ma questa supposizione è troppo improbabile nel caso di qualunque animale, tranne l’uomo, per essere degna di venir presa in considerazione. Vi sono tuttavia molti animali in cui i sessi si rassomigliano fra loro, essendo forniti entrambi degli stessi ornamenti, l’analogia dei quali ci condurrebbe ad attribuirli all’azione della scelta sessuale. In questi casi può venir arguito molto plausibilmente che siavi stato un doppio o vicendevole processo di scelta sessuale; le femmine più precoci e più robuste avranno scelto i maschi più belli e più forti, e questi ultimi avranno respinto tutte le femmine non belle. Ma da quello che sappiamo intorno ai costumi degli animali, questo modo di vedere non sembra guari probabile, essendo il maschio in generale molto desideroso di accoppiarsi con qualche femmina. È molto più probabile che gli ornamenti comuni ai due sessi siano stati acquistati da un sesso, generalmente dal maschio, e poi siano stati trasmessi alla prole dei due sessi. Infatti, se durante un lunghissimo periodo i maschi di qualunque specie erano molto eccedenti in numero alle femmine, e poi durante un altro lunghissimo periodo in condizioni differenti sia stato il caso contrario, può essersi agevolmente prodotto un doppio, ma non simultaneo, processo di scelta sessuale, pel quale i due sessi possono essere divenuti grandemente differenti.
Vedremo in seguito che esistono molti animali ove nessuno dei sessi ha colori brillanti o alcun speciale ornamento, e tuttavia i membri dei due sessi o anche di uno solo sono stati probabilmente modificati dalla scelta sessuale. La mancanza di colori splendidi o di altri ornamenti può essere l’effetto del non essere mai occorse variazioni veraci, o di ciò che gli animali stessi preferivano colori semplici come il nero o il bianco. I colori oscuri sono stati spesso acquistati per la scelta naturale onde servire di protezione, e l’acquisto di colori brillanti mercè la scelta sessuale può essere stato impedito dal pericolo cui andavano incontro. Ma in altri casi i maschi hanno probabilmente lottato fra loro per lunghi secoli, colla forza brutale o colla pompa della loro bellezza, o con entrambi i mezzi riuniti, e tuttavia non si sarà prodotto altro effetto se non quello che i maschi vincitori avranno lasciato un maggior numero di figli per ereditare le loro qualità superiori che non i maschi meno fortunati; e ciò, come abbiamo dimostrato precedentemente, dipende da varie complesse contingenze.
La scelta sessuale opera in un modo meno rigoroso che non la scelta naturale. Quest’ultima produce i suoi effetti colla vita o colla morte in tutte le età degli individui più o meno vincitori. Infatti, non di rado la morte è una conseguenza delle lotte fra i maschi rivali. Ma in generale i maschi meno fortunati rimangono privi di femmina, od ottengono soltanto una femmina meno robusta, e ciò in stagione avanzata, o, se sono poligami, ottengono minor numero di femmine, così lasciano minor prole, o meno robusta, o nessuna. Rispetto alle strutture acquistate mercè la scelta ordinaria o naturale, vi ha nel maggior numero dei casi, finchè le condizioni della vita rimangono le stesse, un limite alla somma delle modificazioni benefiche in relazione a certi fini speciali; ma per ciò che riguarda quelle strutture adattate a fare un maschio vittorioso di un altro, sia combattendo o allettando la femmina, non v’ha un limite definito alla somma delle modificazioni vantaggiose, per cui finchè le acconce variazioni avranno luogo, l’opera della scelta sessuale procederà sempre. Questa circostanza può spiegare in parte il numero straordinario e frequente di variabilità che presentano i caratteri sessuali secondari. Nondimeno la scelta naturale farà in modo che i maschi vincitori non possano acquistare quella sorta di caratteri, qualora potessero cagionar loro grave danno, come nel soverchio consumo delle forze vitali, o nell’esporli ad altro grande pericolo. Lo sviluppo però di certe strutture – come le corna, per esempio, di certi cervi – è stato portato a un grado straordinario, ed in qualche caso anche estremo, il quale fin dove le condizioni generali della vita non sono in giuoco deve essere di poco danno al maschio. Da questo fatto noi impariamo che i vantaggi che i maschi più fortunati hanno ottenuto colla vittoria sopra altri maschi in battaglia o nel corteggiare, e così lasciando una numerosa prole, sono stati col lungo andar del tempo maggiori che non quelli derivati da un alquanto più perfetto adattamento alle condizioni esterne della vita. Vedremo in seguito, e questo non può esser mai stato provveduto, che la facoltà di piacere alla femmina è stata in alcuni pochi casi più importante che non la facoltà di vincere altri maschi in battaglia.
LEGGI DI EREDITA’.
Onde comprendere come la scelta sessuale abbia operato, e nel corso dei secoli abbia prodotto effetti notevoli in molti animali di molte classi, è necessario tenere a mente le leggi di eredità, per quanto si conoscono. Nel vocabolo eredità si comprendono due distinti elementi, cioè la trasmissione e lo sviluppo dei caratteri; ma siccome questi generalmente vanno di conserva, la distinzione viene sovente trascurata. Vediamo questa distinzione in quei caratteri che sono trasmessi negli anni primieri della vita, ma che si sviluppano solo nella età adulta o durante la vecchiezza. Vediamo pure la stessa distinzione più chiaramente nei caratteri sessuali secondari, perchè questi sono trasmessi per i due sessi, sebbene vengano sviluppati in uno solo. Che siano presenti nei due sessi, è evidente quando due specie fornite di caratteri sessuali molto spiccati vengono incrociate, perchè ognuna trasmette i caratteri propri del suo proprio sesso maschile o femminile alla prole ibrida dei due sessi. Lo stesso fatto è parimente manifesto quando certi caratteri propri del maschio vengono a svilupparsi occasionalmente nella femmina quando invecchia o si ammala; e così segue all’incontro nel caso del maschio. Parimente compaiono per incidente certi caratteri trasmessi pure dal maschio alla femmina, quando in certe razze di polli si veggono gli sproni venire alle femmine giovani e sane; ma invero sono semplicemente sviluppati nella femmina, perchè in ogni razza ogni particolarità della struttura dello sprone è trasmessa dalla femmina alla sua prole maschile. In tutti i casi di regresso certi caratteri vengono trasmessi in due, tre o più generazioni, e vengono sviluppati in certe favorevoli condizioni che noi ignoriamo. Questa importante distinzione fra la trasmissione e lo sviluppo si terrà più facilmente a mente aiutandola colla ipotesi della pangenesi, sia o no tenuta in conto di vera. Secondo questa ipotesi ogni unità o cellula del corpo getta fuori gemmule o atomi non sviluppati, che vengono trasmessi alla prole dei due sessi, e si moltiplicano dividendosi spontaneamente. Possono rimanere non sviluppati durante i primi anni della vita o durante susseguenti generazioni; perchè il loro sviluppo in unità o celle, come quelle da cui sono derivate, può dipendere dalla loro affinità, o dalla loro unione con altre unità o cellule precedentemente sviluppate nel dovuto ordine di accrescimento.
Eredità in periodi corrispondenti della vita. – Questa tendenza è bene fermata. Se in gioventù appare un nuovo carattere in un animale, sia che si conservi tutta la vita o duri per un solo tratto di tempo, in regola generale quel carattere ricomparirà alla stessa età e nello stesso modo nella sua prole. D’altra parte se un nuovo carattere compare solo nell’età adulta, o anche durante la vecchiezza, tende a ricomparire nella prole nella stessa età avanzata. Quando seguono deviazioni da questa regola, i caratteri trasmessi più sovente ricompaiono piuttosto prima che non dopo l’età corrispondente. Siccome ho trattato quest’argomento piuttosto lungamente in un altro lavoro, darò qui solo due o tre esempi, onde chiarire alla mente del lettore questo argomento. In varie razze di polli mentre i pulcini sono coperti di calugine, i giovani uccelli nel loro primo vero piumaggio e nel loro abito da adulti differiscono molto fra loro, come pure dal loro progenitore comune, il Gallo bankiva; e questi caratteri vengono fedelmente trasmessi da ogni razza alla propria prole in un corrispondente periodo di vita. Per esempio i pulcini degli Hamburgh macchiettati quando sono coperti di piumino hanno alcune macchie oscure sul capo e sul groppone, ma non sono rigati longitudinalmente, come in molte altre razze; nel loro primo vero piumaggio “essi sono vagamente dipinti”, cioè ogni penna è segnata trasversalmente di numerose righe scure; ma nel loro secondo piumaggio le penne sono tutte divenute macchiettate o punteggiate di macchie rotonde oscure. Quindi in questa razza le variazioni hanno avuto luogo e sono state trasmesse in tre distinti periodi di vita. Il piccione presenta un caso più notevole, perchè la specie primiera da cui deriva non sopporta col progredire dell’età nessun mutamento nel piumaggio, tranne che nell’età adulta il petto diviene più iridescente; tuttavia vi sono alcune razze che non acquistano i loro colori caratteristici finchè non abbiano mutato due, tre o quattro volte le piume, e queste modificazioni nel piumaggio vengono regolarmente trasmesse.
Eredità in certe corrispondenti stagioni dell’anno. – Negli animali allo stato di natura si osservano numerosissimi esempi di caratteri che compaiono periodicamente nelle differenti stagioni. Vediamo questo nelle corna del cervo, e nelle pellicce di animali artici che d’inverno divengono più folte e bianche. Moltissimi uccelli nella stagione delle nozze acquistano colori brillanti ed altri ornamenti. Dai fatti osservati nell’addomesticamento non posso spargere molta luce su questa sola forma di eredità. Pallas asserisce che in Siberia il bestiame domestico ed i cavalli acquistano periodicamente durante l’inverno un colore più chiaro; ed io ho osservato in Inghilterra un somigliante e distinto mutamento di colore in alcuni poney. Quantunque io non mi sappia che questa tendenza ad assumere un abito differentemente colorato durante varie stagioni dell’anno possa venire trasmessa, tuttavia è probabile che la cosa stia in questi termini, perchè tutte le tinte del colore sono dal cavallo grandemente ereditate. E questa forma di eredità, limitata dalla stagione, non è più notevole della eredità che è limitata dall’età o dal sesso.
Eredità limitata dal sesso. – La uguale trasmissione di caratteri d’ambo i sessi è la forma più comune di eredità, almeno in quegli animali che non presentano differenze sessuali fortemente spiccate, e in vero in molti di questi. Ma non di rado certi caratteri vengono esclusivamente trasmessi a quel sesso nel quale comparvero dapprima. Nella mia opera sulla variazione per opera dello addomesticamento ho riferito prove ben evidenti intorno a ciò; ma qui posso citarne alcune. Vi sono razze di pecore e di capre nelle quali le corna del maschio differiscono grandemente nella forma da quelle della femmina; e queste differenze acquistate mercè l’addomesticamento, sono regolarmente trasmesse al medesimo sesso. Nei gatti color tartaruga le femmine sole, in regola generale, sono così colorate, i maschi sono rosso-ruggine. In moltissime razze di polli i caratteri propri ad ogni sesso sono trasmessi soltanto al medesimo sesso. Questa forma di trasmissione è così generale, che è un caso anormale quando vediamo in certe razze variazioni trasmesse ugualmente in ambo i sessi. Vi sono pure certe sotto-razze di polli in cui i maschi si possono appena distinguere l’uno dall’altro, mentre le femmine differiscono grandemente nel colore. Nei piccioni i sessi delle specie originarie non differiscono in nessun carattere esterno; nondimeno in certe razze addomesticate il maschio è differentemente colorito dalla femmina. Nel piccione inglese viaggiatore le caruncole, e l’ingluvie nel Pouter, sono molto più sviluppate nel maschio che non nella femmina; e quantunque questi caratteri siano stati acquistati mercè una lunga e continua scelta operata dall’uomo, la differenza fra i due sessi è al tutto dovuta alla forma ereditaria che ha prevalso; perchè ha avuto luogo, non per la volontà dell’allevatore, ma piuttosto in opposizione ai suoi desiderî.
Moltissime delle nostre razze domestiche sono state fatte dalla somma di molte leggere variazioni; e siccome alcuni dei successivi anelli di congiunzione sono stati trasmessi solo ad un sesso, ed alcuni ai due sessi, noi troviamo nelle diverse razze delle medesime specie tutte le gradazioni fra la maggiore dissomiglianza sessuale e la più compiuta somiglianza. Abbiamo già citato esempi di tal sorta nelle razze di polli e di piccioni; e in natura s’incontrano sovente analoghi casi. Negli animali soggetti all’addomesticamento, ma se ciò possa seguire anche in natura non mi arrischio a dire, un sesso può perdere certi caratteri suoi propri, e così può venire a rassomigliare fino a un certo punto all’altro sesso; per esempio i maschi di alcune razze di polli hanno perduto le loro piume e le loro setole mascoline. D’altra parte le differenze fra i sessi possono crescere coll’addomesticamento, come nelle pecore merinos, nelle quali le femmine hanno perduto le corna. Parimente certi caratteri propri di un sesso possono ad un tratto comparire nell’altro sesso; come in quelle sotto-razze di polli in cui le galline anche giovani mettono gli speroni; o come in certe sotto-razze Polish, di cui le femmine avevano, come v’ha ogni ragione di credere, in origine una cresta, che fu in seguito trasmessa ai maschi. Tutti questi casi divengono intelligibili colla ipotesi della pangenesi, perchè dipendono dalle gemmule di certe unità del corpo, le quali, quantunque presenti nei due sessi, rimangono per l’azione dell’addomesticamento latenti in un sesso; o se dormono naturalmente, si fanno sviluppate.
Havvi una difficile questione che sarà conveniente differire ad un altro capitolo, cioè, se un carattere sviluppatosi dapprima nei due sessi possa venir limitato, mercè la scelta, nel suo sviluppo ad un solo sesso. Se, per esempio, un allevatore osservasse che alcuni fra i suoi piccioni (nella quale specie i caratteri vengono per solito trasmessi ugualmente ai due sessi) variassero in un turchino pallido, potrebbe egli per una lunga e continua scelta fare una razza, in cui i maschi soltanto avrebbero quella tinta, mentre le femmine si conserverebbero come erano prima? Dirò solo qui che questo sarebbe sommamente difficile, sebbene forse non impossibile, perchè l’effetto naturale del fare una razza coi maschi turchino-chiaro sarebbe un fare acquistare allo stipite intero, inclusi i due sessi, quella tinta. Tuttavia se si vedessero comparire variazioni colla tinta desiderata che dapprima fossero limitate solo nel loro sviluppo al sesso maschile, non vi sarebbe la più piccola difficoltà nel fare una razza caratterizzata da ciò che i due sessi fossero di colore differente, come invero è stato fatto nelle razze del Belgio, in cui i maschi soli sono rigati di nero. Nello stesso modo se qualche variazione comparisse in un piccione femmina, che fosse dapprima limitata sessualmente nel suo sviluppo, sarebbe agevole cosa fare una razza in cui le femmine sole fossero così caratterizzate; ma se la variazione non fosse in origine così limitata, il processo sarebbe difficilissimo, se non impossibile.
Intorno alla relazione fra il periodo di sviluppo di un carattere e la sua trasmissione ad un sesso o ad entrambi. – In moltissimi casi non si conosce affatto la ragione per cui certi caratteri sarebbero ereditati dai due sessi e altri caratteri da un sesso solo, cioè da quel sesso in cui compariva primieramente il carattere. Non possiamo neppure comprendere perchè in certe sotto-razze di piccioni le strisce nere, sebbene trasmesse dalla femmina, si sviluppino solo nel maschio, mentre ogni altro carattere è trasmesso egualmente ai due sessi. Parimente perchè nei gatti il colore tartaruga debba svilupparsi, tranne alcune rare eccezioni, nella femmina sola. I caratteri molto uguali, come la mancanza o la eccedenza delle dita, l’oscurità del colore, ecc., possono essere nel genere umano ereditati in una famiglia dai soli maschi e in un’altra famiglia dalle sole femmine, sebbene nei due casi sia trasmessa dal sesso opposto come dal medesimo. Per quanto grande sia la nostra ignoranza per questo riguardo, pure due regole sono sempre giuste, cioè, che quelle variazioni le quali appaiono dapprima nell’uno o nell’altro dei due sessi in un periodo più avanzato della vita tendono a svilupparsi solamente nello stesso sesso; mentre quelle variazioni che cominciano a mostrarsi di buon’ora nella vita nell’uno o nell’altro dei due sessi, hanno una tendenza a svilupparsi in entrambi. Con tutto ciò mi guardo bene dall’asserire che questa sia la sola causa determinante. Siccome non ho discusso in nessun altro lavoro questo argomento, ed esso è importantissimo per la scelta sessuale, debbo qui entrare in lunghi ed intricati particolari.
È intrinsecamente probabile che ogni carattere che fa la sua comparsa nella prima età debba avere tendenza a propagarsi per via dell’eredità ugualmente ai due sessi, perchè i sessi non differiscono molto fra loro nella costituzione, prima che abbiano acquistato la facoltà di riprodursi. D’altra parte, dopo che questa facoltà è stata acquistata ed i sessi sono venuti a differire nella costituzione, le gemmule (se mi è lecito adoperare nuovamente il linguaggio della pangenesi) che sono emesse da ogni parte variante in un sesso, sarebbero molto più acconce a possedere le affinità proprie per riunirsi ai tessuti del medesimo sesso, e venire per tal modo sviluppate, che non con quelle del sesso opposto.
Venni indotto a credere alla esistenza di una relazione di tal sorta dal fatto che ogniqualvolta ed in qualunque modo avviene che il maschio adulto differisce dalla femmina adulta, esso differisce nello stesso modo dai giovani dei due sessi. La generalità di questo fatto è al tutto notevole: si mantiene in quasi tutti i mammiferi, gli uccelli, gli anfibi ed i pesci; ed anche in molti crostacei, ragni ed alcuni pochi insetti, specialmente in certi ortotteri e libellule. In tutti questi casi le variazioni che accumulandosi hanno dato al maschio i suoi speciali caratteri maschili, debbono aver avuto luogo in un periodo di vita piuttosto avanzato; altrimenti i giovani maschi sarebbero stati similmente caratterizzati; e, conformemente alla nostra regola, si sono trasmessi e sviluppati soltanto nei maschi adulti. D’altra parte, quando il maschio adulto rassomiglia strettamente ai giovani dei due sessi (e questi, tranne qualche rara eccezione, sono simili), esso rassomiglia generalmente alla femmina adulta; e nel maggior numero di questi casi le variazioni mercè le quali i giovani ed i vecchi hanno acquistato i loro attuali caratteri hanno, probabilmente, avuto luogo in conformità colla nostra regola durante la gioventù. Ma v’ha qui motivo di dubbio, perchè certi caratteri vengono talora trasmessi alla prole molto prima del tempo in cui sono comparsi nei genitori, cosicchè questi possono aver variato quando erano già adulti, ed aver poi trasmesso i loro caratteri alla prole mentre era ancor giovane. Vi sono, tuttavia, molti animali, nei quali i due sessi si rassomigliano moltissimo, e nondimeno differiscono entrambi dai loro piccoli; in questo caso i caratteri degli adulti debbono essere stati acquistati in un periodo di vita più avanzato; con tutto ciò questi caratteri contrariamente alla nostra regola, sono trasmessi ai due sessi. Non dobbiamo tuttavia trascurare la possibilità o anche la probabilità che successive variazioni della stessa natura possano talora aver luogo, in condizioni di vita somiglianti, simultaneamente nei due sessi in un periodo piuttosto avanzato di vita, e in questo caso le variazioni sarebbero trasmesse esclusivamente al sesso in cui comparvero per la prima volta. Quest’ultima regola sembra avere in generale maggior valore che non la seconda, cioè quella che le variazioni che hanno luogo in ogni sesso nel primi periodi della vita tendono ad essere trasmesse ai due sessi. Siccome evidentemente era impossibile anche solo valutare in quale grande numero di casi nell’intero regno animale queste due proporzioni si verifichino, ebbi da studiare certi casi notevoli o incrocianti, ed appoggiarmi a quel risultato.
La famiglia dei cervi presenta un eccellente campo per questa investigazione. In tutte le specie, una eccettuata, le corna si sviluppano nel maschio, sebbene vengano certamente trasmesse per mezzo della femmina, e possano in certi casi svilupparsi anormalmente in essa. D’altra parte nella renna la femmina è munita di corna; cosicchè in questa specie le corna dovrebbero, secondo la nostra regola, far la loro comparsa di buon’ora nella vita, molto prima che i due sessi siano adulti, e siano divenuti molto differenti nella costituzione. In tutte le altre specie di cervi le corna dovrebbero comparire più tardi nella vita, sviluppandosi solo in quel sesso in cui comparvero per la prima volta nel progenitore di tutta la famiglia. Ora in sette specie, che appartengono a distinte divisioni della famiglia ed abitano regioni differenti, e nelle quali i maschi soli portano corna, ho trovato che le corna del capriolo cominciano a mostrarsi in periodi varianti dai nove mesi dopo la nascita nel capriolo, e a dieci o dodici mesi o anche più nei cervi maschi delle altre sei maggiori specie. Ma nella renna il caso è molto diverso, perchè ho inteso dal professore Nilsson, che ebbe la bontà di fare per me studi speciali in Lapponia, che le corna appaiono nei giovani animali dopo quattro o cinque settimane di età, e si sviluppano nello stesso tempo nei due sessi. Quindi, noi abbiamo qui una struttura sviluppata in un periodo di età insolitamente giovanile in una specie della famiglia, e comune ai due sessi in questa unica specie.
In parecchie sorta di antilopi i maschi soli hanno corna, mentre nel maggior numero i due sessi sono forniti di corna. Rispetto al periodo di sviluppo, il signor Blyth mi ha informato che nel giardino zoologico di Londra vivevano contemporaneamente un giovane Koodoo (Ant. Strepsciceros), nella cui specie i maschi soli hanno corna, e un giovane di una specie affinissima, cioè l’Ant. Orcas, in cui i due sessi sono forniti di corna. Ora nella stretta conformità della nostra regola, nel giovane maschio Koodoo le corna, sebbene fosse in età di dieci mesi, erano piccolissime in confronto della mole cui dovevano venire; mentre nel giovane maschio dell’Antilope Orcas le corna, quantunque non avesse che soli tre mesi di età, erano già molto più grandi che non quelle del Koodoo. Giova notare inoltre che nella Antilocapra Americana, nella cui specie le corna, sebbene presenti nei due sessi, sono quasi rudimentali nella femmina, non compaiono fino verso l’età di cinque o sei mesi. Nelle pecore, nelle capre e nelle bovine, ove le corna sono ben sviluppate nei due sessi sebbene non al tutto di uguale mole, si possono sentire, o anche vedere appena nati o poco dopo. Tuttavia la nostra regola sbaglia per ciò che riguarda alcune razze di pecore, per esempio i merinos, in cui l’ariete solo ha corna; perchè non ho potuto trovare colle mie ricerche se in questa razza le corna si sviluppino più tardi che non in quelle pecore comuni in cui i due sessi son forniti di corna. Ma nelle pecore domestiche la presenza o la mancanza delle corna non è sempre un carattere costante; una certa proporzione di merinos femmine portano piccole corna, ed alcuni arieti ne sono sprovvisti; mentre nelle pecore comuni le pecore senza corna si veggono solo incidentalmente.
In moltissime specie della bellissima famiglia dei fagiani i maschi differiscono notevolmente dalle femmine, ed acquistano i loro ornamenti in un periodo di vita piuttosto avanzato. Il fagiano orecchiuto (Crossoptilon auritum) tuttavia, offre una notevole eccezione, perchè i due sessi posseggono le belle piume caudali, i grandi ciuffi alle orecchie e il capo rosso cremisino; e dalle informazioni ottenute nel Giardino zoologico di Londra ho trovato che tutti questi caratteri, secondo la nostra regola, compaiono molto di buon’ora. Tuttavia il maschio adulto può distinguersi dalla femmina adulta per un carattere, cioè per la presenza degli sproni; e, conforme alla nostra regola, questi non cominciano a svilupparsi, secondo ciò che mi fu assicurato dal signor Bartlett, prima di sei mesi di età, ed anche allora si possono appena distinguere nei due sessi. Il maschio e la femmina del Pavone differiscono grandemente fra loro in ogni parte del piumaggio, tranne nell’elegante ciuffo del capo, il quale è comune ai due sessi; e questo si sviluppa molto di buon’ora, molto prima che non gli altri ornamenti appartenenti al solo maschio. Un caso analogo lo vediamo nell’anatra selvatica, perchè le belle macchie verdi brillanti delle ali sono comuni ai due sessi, sebbene siano meno lucenti e talora più piccole nella femmina, e quelle macchie si sviluppano di buon’ora, mentre le penne arricciate della coda e altri ornamenti particolari al maschio si sviluppano più tardi. Fra certi casi estremi di intima rassomiglianza e grande disparità, come quella del fagiano orecchiuto, e del pavone, se ne possono osservare molti intermedi, nei quali i caratteri seguono nel loro ordine di sviluppo le nostre due regole.
Siccome il maggior numero degl’insetti escono in condizione adulta dello stato di crisalide, è dubbio se il periodo di sviluppo determini la trasmissione dei loro caratteri ad un sesso od a tutti e due. Ma non sappiamo se le squame colorite, per esempio, in due specie di farfalle, in una delle quali i sessi differiscono nel colore, mentre nell’altra sono simili, siano sviluppate nella crisalide nello stesso relativo periodo di età. E non sappiamo nemmeno se tutte le scaglie vengano sviluppate simultaneamente sulle ali delle stesse specie di farfalle, nelle quali certe macchie colorite sono speciali ad un sesso, mentre altre macchie sono comuni ai due sessi. Una differenza di questa sorta nel periodo dello sviluppo non è tanto improbabile come può parere a prima vista; perchè negli Ortotteri che assumono lo stato perfetto non con una sola metamorfosi, ma con successive mute, i maschi giovani di alcune specie rassomigliano dapprima alle femmine, e acquistano i loro caratteri mascolini speciali solo durante l’ultima muta. Casi sommamente analoghi hanno luogo nelle successive mute dei maschi di alcuni crostacei.
Abbiamo finora considerato solo la trasmissione dei caratteri, relativamente al loro periodo di sviluppo, nelle specie allo stato naturale; vedremo ora gli animali domestici, occupandoci dapprima delle mostruosità e delle malattie. La presenza di dita eccedenti, e la mancanza di certe falangi, deve essere riconosciuta in un periodo embriogenico primitivo – la tendenza ai colori sanguigni è almeno congenita, come lo è probabilmente anche quella ai colori oscuri – tuttavia queste particolarità, ed altre simili, sono spesso limitate nella loro trasmissione ad un sesso; cosicchè la regola per cui i caratteri che si sviluppano in un periodo molto primiero tendono a trasmettersi ai due sessi, qui sbaglia interamente. Ma questa regola, come abbiamo osservato sopra, non sembra essere tanto generalmente vera come la regola opposta, cioè, che i caratteri i quali compaiono tardi nella vita in un sesso sono trasmessi esclusivamente allo stesso sesso. Noi possiamo dedurre dal fatto che le suddette particolarità anormali divengono proprietà di un sesso, molto prima che le funzioni sessuali siano attive, che deve esservi una qualche differenza fra i sessi in una età sommamente precoce. Rispetto alle malattie limitate ad un sesso, conosciamo troppo poco il periodo in cui furono originate per trarne qualche conclusione. Tuttavia, sembra che la gotta possa venir compresa in questa regola; perchè in generale è cagionata dall’intemperanza dopo la prima giovinezza, e viene trasmessa dal padre ai suoi figli in un modo molto più evidente che non alle figlie.
Nelle varie razze domestiche di pecore, di capre e di bovine, i maschi differiscono dalle loro femmine rispettive nella forma e nello sviluppo delle corna, della fronte, nella criniera, nella giogaia, nella coda e nelle prominenze delle spalle, e queste particolarità, in armonia colla nostra regola, non sono pienamente sviluppate se non piuttosto tardi. Nei cani i sessi non differiscono, tranne in certe razze; specialmente nei cani scozzesi per la caccia dei cervi il maschio è molto più grosso e più massiccio che non la femmina; e, come vedremo in un prossimo capitolo, il maschio va crescendo di mole in un periodo insolitamente avanzato nella vita, che, secondo la nostra regola, darebbe ragione del fatto che trasmette alla sola prole maschile la sua più grande mole. D’altra parte, il colore tartaruga del pelo che appartiene alle gatte soltanto si distingue benissimo fin dalla nascita, e questo caso è contro la nostra regola. Vi sono delle razze di piccioni in cui i maschi soli hanno strisce nere, e quelle strisce si cominciano a vedere anche nei nidiacei, ma in ogni susseguente muta divengono più evidenti, cosicchè questo caso in parte è contrario alla regola e in parte la sostiene. Nel piccione viaggiatore inglese e nel Pouter il pieno sviluppo della caruncola e del gozzo si osservano piuttosto tardi, e questi caratteri, secondo la nostra regola, sono trasmessi nella loro piena perfezione ai soli maschi. I casi seguenti forse appartengono alla classe di cui abbiamo parlato precedentemente, nella quale i due sessi hanno variato nello stesso modo in un periodo di vita piuttosto avanzato, ed hanno in conseguenza trasmesso i loro nuovi caratteri ai due sessi in un periodo corrispondentemente avanzato; e se ciò è, questi casi non sono contrari alla nostra regola. Così vi sono sotto-razze del piccione, descritte da Neumeister, di cui i due sessi cambiano colore dopo due o tre mute, come pure è il caso nell’Almond Tumbler; non dimeno questi mutamenti, sebbene abbiano luogo piuttosto tardi, sono comuni ai due sessi. Una varietà dl Canarini, cioè il London Prize, presenta un caso quasi analogo.
Nelle razze di polli la eredità dei vari caratteri derivati da un sesso o da entrambi sembra in generale determinata dal periodo in cui quei così fatti caratteri vengono sviluppati. Così in tutte quelle numerose razze in cui il maschio adulto è molto differente nel colore dalla femmina e dal maschio adulto della specie originaria, esso differisce dal maschio giovane, cosicchè i caratteri nuovamente acquistati debbono essere comparsi in un periodo di vita piuttosto avanzato. D’altra parte in moltissime razze in cui i sessi si rassomigliano, i giovani hanno quasi lo stesso colore dei genitori, e per questa ragione è probabile che i colori di questi siano comparsi nell’età primiera. Abbiamo esempi di questo fatto in tutte le razze nere e bianche, nelle quali i piccoli e gli adulti dei due sessi sono uguali; e neppure si può asserire che in un piumaggio bianco o nero siavi alcunchè di particolare che produca la sua trasmissione ai due sessi; perchè i maschi soli di molte specie naturali sono neri o bianchi, mentre le femmine sono diversamente colorite. Nei cosidetti Cuckoo, sotto-razza del pollo nei quali le piume sono dipinte trasversalmente di strisce oscure, i due sessi ed i pulcini sono coloriti quasi nello stesso modo. Il piumaggio listato del gallo Bantam di Sebright è lo stesso dei due sessi, ed i pulcini hanno le piume punteggiate di nero, che si riaccostano un po’ alle strisce. Tuttavia i Spangled Hamburghs presentano una eccezione parziale, perchè i due sessi, sebbene non al tutto simili, si rassomigliano molto più intimamente che non i due sessi della specie originaria, tuttavia assumono tardi il loro caratteristico piumaggio, perchè i pulcini sono distintamente disegnati. Veniamo ora ad altri caratteri oltre il colore: i maschi soli delle specie originarie e di moltissime razze domestiche posseggono una cresta pienamente sviluppata, ma nei piccoli dei polli spagnuoli si sviluppa grandemente molto di buon’ora, e a quanto pare si è questa la ragione del suo insolito sviluppo nelle femmine adulte. Nei galli da combattimento l’indole battagliera si rivela meravigliosamente presto; e di ciò si possono citare curiosi esempi; e questo carattere viene trasmesso ai due sessi, cosicchè le galline per la loro indole battagliera vengono generalmente mostrate entro stie separate. Nelle razze dal ciuffo la protuberanza del cranio che sostiene il ciuffo è in parte sviluppata anche prima che i pulcini siano sgusciati dall’uovo, e lo stesso ciuffo comincia a crescere sebbene dapprima piuttosto adagio; e in questa razza gli adulti dei due sessi sono caratterizzati da una grande protuberanza ossea e da una straordinaria cresta.
Infine, da quello che abbiamo ora veduto intorno alla relazione che esiste in molte specie naturali e in molte razze domestiche fra il periodo di sviluppo dei loro caratteri e il modo di loro trasmissione – per esempio il fatto notevole della comparsa delle corna della renna nella prima età, a petto della loro venuta piuttosto tarda nelle altre specie in cui il maschio solo porta corna – noi possiamo conchiudere che una causa, sebbene non la sola, per cui i caratteri divengono retaggio esclusivo di un sesso, è il loro svilupparsi in un periodo di vita avanzata. E in secondo luogo, quella causa, sebbene apparentemente meno efficace, fa sì che i caratteri che sono ereditati dai due sessi si sviluppano di buon’ora, mentre i sessi differiscono pochissimo nella costituzione. Sembra tuttavia che debba esistere una qualche differenza tra i due sessi anche durante un primitivo periodo embriogenico, perchè i caratteri sviluppati in questa età, non di rado divengono propri di un sesso.
Osservazioni sommarie e concludenti. – Dalla precedente discussione sulle varie leggi di eredità noi impariamo che certi caratteri spesso o anche generalmente tendono a svilupparsi nel medesimo sesso, nella medesima età, e periodicamente nella medesima stagione dell’anno, in cui comparvero dapprima nei genitori. Ma queste leggi, per cause ignote, van soggette a mutare. Quindi i successivi stadi nella modificazione di una specie possono venire prontamente trasmessi in vari modi; alcuni di questi stadi possono venire trasmessi ad un sesso, ed alcuni ad entrambi, alcuni alla prole in una età, ed alcuni a tutte le età. Non solamente sono le leggi di eredità moltissimo complesse, ma tali sono pure le cause che inducono e governano la variabilità. Le variazioni cagionate per tal modo sono conservate e accumulate mercè la scelta sessuale, la quale è in se stessa una faccenda estremamente complessa, perchè dipende, come è dovere, dall’ardore nell’amore, dal coraggio e dalla rivalità dei maschi, e dalla intelligenza, dal gusto e dalla volontà della femmina. La scelta sessuale sarà pure dominata dalla scelta naturale per la prosperità generale della specie. Quindi il modo in cui gl’individui di un sesso o dei due sessi vengono modificati mercè la scelta sessuale non può a meno di divenire in altissimo grado complesso.
Quando certe variazioni hanno luogo in un sesso ad un periodo piuttosto avanzato e sono trasmesse allo stesso sesso nella medesima età, l’altro sesso e i giovani rimangono necessariamente senza modificazione. Quando seguono tardi nella vita, ma sono trasmesse ai due sessi alla stessa età, i giovani soltanto rimangono senza modificazioni. Tuttavia possono aver luogo certe variazioni in qualunque periodo della vita in un sesso o in entrambi, ed essere trasmesse ai due sessi in ogni età, e allora tutti gli individui della specie saranno similmente modificati. Nei capitoli seguenti vedremo che tutti questi casi seguono frequentemente in natura.
La scelta sessuale non può mai operare sopra nessun animale prima che sia giunta l’età della riproduzione. Mercè il grande ardore del maschio essa ha operato in generale sopra questo sesso e non sulle femmine. I maschi hanno acquistato in tal modo armi per combattere i loro rivali, od organi per scoprire e tener ferma la femmina, o per eccitarla e piacerle. Quando i sessi differiscono per questi rispetti, è pure, come abbiamo veduto, una legge sommamente generale che il maschio adulto differisca più o meno dal maschio giovane; e da questo fatto possiamo concludere che le successive variazioni, mercè le quali il maschio adulto si è modificato, non hanno avuto luogo generalmente molto prima dell’età della produzione. Ogniqualvolta alcuna o parecchie di queste variazioni seguono nella prima età, i maschi. giovani parteciperanno in un grado minore o maggiore dei caratteri dei maschi adulti. Si possono osservare differenze di questa sorta fra i maschi vecchi e i giovani in molti animali, per esempio negli uccelli.
È probabile che i maschi giovani negli animali abbiano spesso avuto una tendenza a variare in un modo che non solo sarebbe stato inutile per essi nella prima età, ma che sarebbe stato loro veramente nocevole – come l’acquisto di colori brillanti che li avrebbero resi molto appariscenti, e perciò sarebbero stati più esposti ai loro nemici, o quello di strutture come grosse corna, che avrebbero richiesto un consumo di forza vitale per svilupparsi. Se questa sorta di variazione fosse seguita nei maschi giovani, è quasi certo che sarebbero state eliminate per opera della scelta naturale. D’altra parte nei maschi adulti ed esperti, il vantaggio che deriva dall’acquisto di cosiffatti caratteri, nella loro rivalità con altri maschi, avrebbe più che controbilanciato ogni grado di pericolo che essi avrebbero potuto produrre.
Siccome variazioni analoghe a quelle che dànno al maschio una superiorità sopra altri maschi nella lotta, nella ricerca, nel tener ferma e nel piacere alla femmina, non sarebbero state a questa di nessun beneficio qualora le avesse avute, quindi non si sono conservate in questo sesso per opera della scelta sessuale. Abbiamo buoni esempi che dimostrano che negli animali domestici ogni sorta di variazioni si perdono agevolmente per l’incrociamento e per le morti incidentali, qualora non si operi una scelta accurata. In conseguenza, le variazioni del genere suddetto quando per caso seguissero nella femmina, andrebbero molto soggette a venire perdute, e le femmine non rimarrebbero modificate in tutto ciò che riguarda quei caratteri eccettuato quelli ricevuti dai maschi per opera della trasmissione. Senza dubbio, se le femmine avessero variato e avessero trasmesso i caratteri acquistati di fresco alla prole dei due sessi, i maschi avrebbero conservato, mercè la scelta sessuale, quei caratteri che sarebbero stati loro utili, quantunque non avessero nessuna utilità per le femmine. In questo caso i due sessi si sarebbero modificati nello stesso modo. Ma avrò da tornare in seguito su queste intricatissime contingenze.
Le variazioni che seguono in un periodo di vita più avanzato, e che sono trasmesse ad un sesso solo, sono andate acquistando incessantemente un vantaggio e si sono accumulate mercè la scelta sessuale in rapporto alla riproduzione delle specie; sembra quindi, a prima vista, un fatto inesplicabile che variazioni similari non siano state frequentemente accumulate per la scelta naturale, in relazione agli usi consueti della vita. Se questo avesse avuto luogo, i due sessi si sarebbero differentemente modificati, allo scopo, per esempio, di impadronirsi della preda o per sfuggire al pericolo. Noi abbiamo già veduto e vedremo in seguito altri esempi di questa sorta di differenze fra i due sessi, specialmente negli animali più bassi, ma sono rarissime nelle classi più elevate. Dobbiamo, tuttavia, tenere a mente che i sessi nelle classi più elevate conducono generalmente lo stesso modo di vita; e supponendo che i maschi soli siano per variare in un modo da favorire le loro forze per ottenere il cibo, ecc., e siano per trasmettere cosiffatte variazioni alla loro prole mascolina solo, questo acquisterebbe una organizzazione superiore a quella delle femmine, ma è probabile che le femmine, avendo la stessa costituzione generale ed essendo esposte alle stesse condizioni, varierebbero presto o tardi nello stesso modo; ed appena questo fosse seguito, le variazioni sarebbero state conservate parimente nei due sessi per opera della scelta naturale, ed infine diverrebbero simili fra loro. Nel caso delle variazioni che sono andate accumulandosi mercè la scelta sessuale la cosa è molto differente, perchè i costumi dei due sessi, in relazione colle funzioni riproduttive non sono gli stessi, e le modificazioni benefiche trasmesse sessualmente ad un sesso sarebbero state in esso conservate, mentre modificazioni somiglianti sarebbero state al tutto inutili all’altro sesso, ed in conseguenza in questo si sarebbero presto perdute.
Nei capitoli seguenti parlerò dei caratteri sessuali secondari negli animali di tutte le classi, e in ogni caso cercherò di applicare i principii spiegati nel presente capitolo. Le classi più basse non ci occuperanno che per un brevissimo tempo, ma gli animali superiori, specialmente gli uccelli, debbono essere trattati con una certa estensione. Bisogna tener a mente che, per le ragioni già menzionate, io ho in animo di dare soltanto qualche esempio delle innumerevoli strutture mercè le quali il maschio trova la femmina, o, quando l’ha trovata, la trattiene. D’altra parte, discuteremo ampiamente tutte le strutture e tutti gli istinti coi quali il maschio riesce a vincere altri maschi, e coi quali alletta o eccita la femmina, siccome sono per molti riguardi i più interessanti.
Supplemento intorno alla proporzione numerica dei due sessi negli animali che appartengono alle varie classi.
Siccome nessuno, per quanto io mi sappia, ha fatto attenzione ai numeri relativi dei due sessi nel regno animale, darò qui tutti i materiali che ho potuto raccogliere, quantunque siano sommamente imperfetti. Consistono solo in alcuni pochi esempi di attuale enumerazione, e i numeri non sono molti. Siccome nel caso dell’uomo, solo le proporzioni si conoscono sopra una grande scala, comincerò da queste, come misura di confronto.
Uomo. – In Inghilterra nello spazio di dieci anni (dal 1857 al 1866) sono nati vivi 707,120 bambini, secondo il calcolo annuale, nella proporzione di 104,5 maschi a 100 femmine. Ma nel 1857 i bambini maschi in Inghilterra erano nella proporzione di 105,2 e nel 1865 come 104,0 a 100. Guardando i distretti separati, nella provincia di Buckingham (dove sono nati ogni anno a calcolo fatto 5000 bambini) la proporzione media delle nascite dei maschi e delle femmine, durante tutto il periodo dei suddetti dieci anni, fu di 102,8 a 100; mentre nella provincia di Galles del Nord (dove si calcola che le nascite ogni anno ascendono a 12,873) la proporzione dei maschi saliva fino a 106,2 a 100. Prendendo una provincia ancor più piccola, cioè quella di Rutland (dove il ragguaglio delle nascite non va oltre i 739), nel 1864 i maschi nati erano 114,6 a 100, e nel 1862, 97,0 a 100; ma anche in questo piccolo distretto il calcolo delle 7385 nascite durante tutti i dieci anni era di 104,5 a 100, vale a dire nella stessa proporzione come in tutta l’Inghilterra. Talora queste proporzioni vengono alterate da cause ignote; così il prof. Faye asserisce “che in alcuni distretti della Norvegia vi è stata per lo spazio di un decennio una costante deficienza di maschi, mentre in altri vi è stata la condizione opposta”. Durante quarantaquattro anni in Francia le nascite dei maschi e delle femmine sono state di 106,2 a 100. È un fatto singolare che negli ebrei la proporzione delle nascite dei maschi è decisamente più grande che non nei cristiani; così in Russia questa proporzione è di 113, a Breslavia di 114, e nella Livonia di 120 a 100; le nascite dei cristiani in quei paesi sono come il solito, per esempio in Livonia di 104 a 100. È un fatto ancor più singolare che nelle differenti nazioni in condizioni e in climi differenti, in Napoli, in Prussia, in Vestfalia, in Francia ed Inghilterra, l’eccedenza nelle nascite dei maschi sopra le femmine è minore quando sono illegittimi che non legittimi.
In varie parti d’Europa, secondo il prof. Faye ed altri autori “s’incontrerebbe una ancor più grande preponderanza di maschi, se la morte colpisse in proporzione uguale i due sessi tanto prima come dopo la nascita. Ma il fatto è che per ogni 100 femmine nate morte, abbiamo in parecchi paesi da 134,6 a 144,9 maschi nati morti”. Inoltre nei primi quattro o cinque anni di vita muoiono molti più maschi che non femmine; “per esempio in Inghilterra, durante il primo anno, per ogni 100 femmine muoiono 126 maschi – proporzione che in Francia è ancor più sfavorevole”. In conseguenza di questa maggior proporzione di bambini maschi morti, e pei vari pericoli cui vanno incontro gli uomini adulti, e per la loro tendenza ad emigrare, le femmine in tutti i paesi costituiti dalla lunga, dove si sono tenute tavole di statistica, si sono trovate in numero notevolmente preponderante su quello dei maschi.
Si è supposto sovente che l’età relativa dei genitori possa determinare il sesso della prole; e il prof. Leuckart ha asserito, considerando la cosa come sufficientemente provata rispetto all’uomo ed a certi animali domestici, che questo è veramente un importante fattore nel risultato. Così pure il periodo del concepimento è stato creduto essere causa efficace; ma recenti osservazioni contrastano questa credenza. Parimente nel genere umano si è supposto che la poligamia produca la nascita di un maggior numero di femmine; ma il dottor J. Campbell ha studiato accuratamente quest’argomento negli harem di Siam, ed egli conchiude che la stessa proporzione nelle nascite dei maschi e delle femmine è la stessa come nelle unioni monogame. Pochissimi animali sono divenuti tanto poligami come i nostri cavalli da corsa inglesi, e vedremo tosto che la loro prole maschile e femminile è in numero quasi eguale.
Cavalli. – Il signor Tegetmeier ha avuto la bontà di registrare per me dal Racing Calendar nascite dei cavalli da corsa durante un periodo di ventun anno, cioè dal 1846 al 1867; omesso il 1849 non essendo stato in quell’anno pubblicato alcun rapporto in proposito. Le nascite totali sono state 25,660, consistenti in 12,763 maschi e 12,797 femmine, o meglio nella proporzione di 99,7 maschi a 100 femmine. Siccome questi numeri sono piuttosto grandi, e siccome sono tratti da ogni parte d’Inghilterra, nel corso di sette anni, possiamo con ogni fiducia conchiudere che nei cavalli domestici, o almeno in quelli da corsa, i due sessi sono prodotti in numero quasi uguale. Le lievi variazioni che si osservano nelle proporzioni durante gli anni susseguenti sono molti simili a quelle che seguono nella razza umana, quando si voglia considerare un’area ristretta ma molto popolata: così nel 1856 i cavalli maschi erano come 107,1 e nel 1867 soltanto come 92,6 per ogni 100 femmine. Nelle relazioni registrate le proporzioni variano nei cicli, perchè i maschi eccedono le femmine per lo spazio di sei anni successivi; e le femmine eccedono i maschi durante due periodi di quattro anni ognuno: questo può essere tuttavia un fatto incidentale: almeno per quel che riguarda l’uomo non ho mai trovato nulla di consimile nella tavola decennale della Relazione del 1886. Posso aggiungere che certi cavalli, e questo vale anche per certe vacche e per certe donne, hanno una tendenza a produrre piuttosto un sesso che non un altro; il signor Wright di Yedersley House mi ha detto che le sue cavalle Arabe, quantunque accoppiate a sette cavalli diversi, produssero sette femmine.
Cani. – Nel periodo di undici anni, dal 1837 al 1848, le nascite in tutta l’Inghilterra di moltissimi veltri furono registrate nel giornale Field; e vado debitore al signor Tegetmeier dei ragguagli esatti di quei registri. Le nascite inscritte furono 6878, consistenti in 3605 maschi e 3273 femmine, cioè nella proporzione di 110,1 maschi per 100 femmine. Le maggiori variazioni ebbero luogo nel 1864, in cui la proporzione dei maschi fu di 95,3, e nel 1867, in cui i maschi furono 116,3 per ogni 100 femmine. Il calcolo di proporzione fatto sopra 110,1 a 100 è probabile sia quasi esatto nel caso dei veltri, è un po’ dubbio se possa valere per altre razze domestiche. Il signor Cupples ha fatto alcune ricerche presso grandi allevatori di cani, ed ha trovato che tutti senza alcuna eccezione credono che le femmine siano prodotte in maggior numero; egli suppone che questa credenza sia venuta dacchè le femmine hanno minor valore, e quindi il dispetto al nascere di queste possa aver fatto impressione maggiore sul loro animo.
Pecore. – Gli agricoltori non riconoscono con certezza il sesso delle pecore se non vari mesi dopo la nascita, quando i maschi debbono essere castrati; cosicchè i registri seguenti non danno le proporzioni delle nascite. Tuttavia ho osservato che parecchi grandi allevatori scozzesi, che ogni anno producono qualche migliaio di pecore, sono pienamente convinti che una maggior proporzione di maschi che non di femmine muore durante i primi due anni; quindi la proporzione dei maschi sarebbe alla nascita in certo modo più grande che non all’età in cui sono castrati. Questo coincide notevolmente con ciò che ha luogo nell’uomo, siccome abbiamo veduto, e questi due fatti hanno probabilmente una stessa causa comune. Ho ricevuto ragguagli da quattro signori inglesi che hanno allevato pecore di pianura, principalmente le razze Leicester, nel corso degli ultimi dieci o sedici anni, e il numero delle nascite è stato di 8965, cioè 4407 maschi e 4558 femmine; vale a dire nella proporzione di 96,7 maschi ogni 100 femmine. Per quello che riguarda le pecore di razza Cheviot e quelle dal muso nero di Scozia, ho ricevuto i rapporti di sei allevatori, due dei quali operavano in grande, principalmente negli anni 1867-1869; ma alcuni di quei rapporti risalivano al 1862. Il numero totale registrato somma a 50,685, di cui 25,071 maschi e 25,614 femmine, o nella proporzione di 97,9 maschi per ogni 100 femmine. Se noi prendiamo i rapporti inglesi e scozzesi insieme, il numero totale giungerà a 59,650, di cui 29,478 maschi e 30,172 femmine, o di 97,7, a 100. Cosicchè nelle pecore all’età di essere castrate le femmine sono certamente in eccesso sui maschi; ma se questo possa valere nella nascita è più dubbio, calcolando che i maschi van molto più soggetti a morire nella prima età che non le femmine.
Intorno alle Bovine ho ricevuto da nove signori ragguagli di 982 nascite e troppo poche per formare una regola; esse consistevano di 477 vitelli e 505 vitelle; cioè in proporzione di 94,4 maschi per ogni 100 femmine. Il Rev. W. D. Fox mi ha informato che nel 1867 di 34 vitelli nati in un podere del Derbyshire uno solo era maschio. Il signor Harrison Weir mi scrive che egli ha preso informazioni presso vari allevatori di Maiali, e la maggior parte di quegli allevatori calcola che le nascite di maschi e di femmine sono circa come 7 a 6. Quello stesso signore ha allevato per molti anni Conigli, ed ha notato che si producono molto più maschi che non femmine.
Intorno ai mammiferi allo stato di natura non ho potuto sapere gran cosa su questo particolare.
Per quello che riguarda il topo comune non ho ricevuto che ragguagli contradittori, Il signor R. Elliot di Laighwood mi informa che un cacciatore di topi gli ha assicurato di aver sempre trovato un grande eccesso di maschi, anche nei piccoli da nido. In conseguenza di ciò, il signor Elliot stesso esaminò dopo qualche centinaia di adulti, e trovò che quella asserzione era vera. Il signor F. Buckland ha allevato moltissimi topi bianchi, ed egli crede pure che i maschi superino moltissimo in numero le femmine. Riguardo alle Talpe, si dice che i maschi sono molto più numerosi delle femmine; e siccome la caccia di questi animali è una occupazione speciale, questo asserto può forse meritare fede. Sir A. Smith descrivendo una antilope dell’Africa meridionale (Kobus ellipsiprymnus), osserva che nelle mandre di questa e di altre specie i maschi sono pochi a petto delle femmine; gli indigeni credono che nascono in quella proporzione; altri credono che i maschi giovani siano espulsi dalle mandre, e sir A. Smith dice che quantunque non abbia mai veduto mandre composte di maschi giovani soli, altri asseriscono che questo fatto ha luogo. Sembra probabile che i giovani maschi che sono scacciati dalla mandra rimangono preda delle tante belve di quel paese.
UCCELLI.
Rispetto al Pollame, non ho ricevuto che una sola relazione, cioè, che sopra 1001 pulcini della razza della Cocincina allevata per otto anni dal signor Stretch, 487 erano maschi e 514 femmine, cioè 94, 7 a 100. Nei piccioni domestici vi sono prove sicure che i maschi nascono in eccesso, o che vivono più a lungo, perchè questi uccelli si appaiano invariabilmente e i maschi isolati, siccome mi ha detto il signor Tegetmeier, si possono sempre comprare a miglior mercato che non le femmine. Per solito i due uccelli che nascono dalle uova deposte nello stesso nido sono maschio e femmina; ma il signor Harrison Weir, che è stato un allevatore tanto in grande, dice che sovente ha avuto due maschi dalla stessa covata e di rado due femmine; inoltre la femmina è in generale più debole dei due, e quindi più soggetta a perire.
Rispetto agli uccelli allo stato di natura, il signor Gould ed altri sono convinti che in generale i maschi sono più numerosi: e siccome i giovani di molte specie rassomigliano alle femmine, queste ultime debbono naturalmente parere più numerose. Il signor Baker di Leadenhall ha allevato moltissimi fagiani da uova di fagiani selvatici, ed ha detto al signor Jenner Weir che si producono quattro o cinque maschi che non femmine; e che nel Dal-ripa (sorta di pernice di montagna) il numero dei maschi che frequentano i leks o luoghi di amoreggiamento è superiore a quello delle femmine; ma alcuni osservatori attribuiscono questo fatto a ciò che un gran numero di femmine vengono uccise dai parassiti. Da vari fatti riferiti da White di Selborne sembra evidente che i maschi delle pernici debbono essere in notevole eccesso nel mezzodì dell’Inghilterra; e mi fu assicurato che questo è il caso anche per la Scozia. Dalle informazioni prese dal signor Weir presso i mercanti che ricevono in certe stagioni molti Combattenti (Machetes pugnax), venne a sapere che i maschi erano in maggior numero. Questo medesimo naturalista prese per me molte informazioni presso gli uccellatori, che s’impadroniscono ogni anno di un numero straordinario di varie piccole specie vive pel mercato di Londra, e gli fu invariabilmente risposto da un vecchio e sicuro uccellatore, che nei fringuelli i maschi sono in eccesso; egli calcolava perfino 2 maschi per ogni femmina, o almeno 5 su 3. I maschi del merlo furono pure riconosciuti essere più numerosi che non le femmine, sia presi con le reti o con tranelli. A quanto pare si può prestar fede a questi fatti perchè lo stesso uomo disse che nella lodola, nella Linaria montana, e nel cardellino i sessi sono a un dipresso in uguale proporzione. D’altra parte esso è certo che nel fanelìo comune le femmine sono grandemente in eccesso, ma durante i differenti anni piuttosto disugualmente; in alcuni anni trovò che le femmine erano ai maschi come quattro a uno. Bisogna tuttavia tener presente alla mente che la stagione principale in cui gli uccelli vengono presi non comincia che in settembre, cosicchè in alcune specie possono essere incominciate parziali migrazioni, e in quel periodo i branchi non contengono più che le sole femmine. Il signor Salvin osservò con molta cura i sessi degli uccelli mosca nell’America centrale, ed è persuaso che nella maggior parte della specie i maschi sono in eccesso; così un anno egli si procurò 204 esemplari appartenenti a dieci specie, e questi consistevano in 166 maschi e 38 femmine. In due altre specie le femmine erano in eccesso; ma sembra che le proporzioni differiscano talora nelle differenti stagioni, talora nelle diverse località; perchè in una occasione i maschi del Campylopterus hemileucurus stavano alle femmine come cinque a due, ed in un’altra occasione in proporzione al tutto contraria. In appoggio di quest’ultimo punto posso aggiungere che il signor Powys trovò a Curfù e nell’Epiro i sessi del fringuello viventi separatamente, e “le femmine erano molto più numerose”, mentre in Palestina il signor Tristram trovò che “i branchi di maschi sembrano eccedere di gran lunga le femmine in numero”. Parimenti il signor Taylor dice del Quiscalus major, che nella Florida vi sono “pochissime femmine in proporzione dei maschi”, mentre nell’Honduras la proporzione era diversa, e le specie colà avevano il carattere della poligamia.
PESCI.
Nei pesci la proporzione del numero dei sessi non si può riconoscere se non impadronendosi di essi quando sono allo stato adulto o molto vicino a quello e vi sono molte difficoltà per giungere a qualche cosa di esatto. Si possono agevolmente scambiare le femmine infeconde per maschi, siccome mi ha fatto notare il dott. Günther per la trota. Si crede che in alcune specie i maschi muoiano subito dopo aver fecondato le uova. In molte specie i maschi sono molto più piccoli che non le femmine, per cui moltissimi maschi possono sfuggire dalla rete medesima colla quale si prendono le femmine. Il signor Carbonnier, il quale ha studiato particolarmente la storia naturale del luccio (Esox lucius), afferma che molti maschi, per la loro più piccola mole, vengono divorati dalle grosse femmine; ed egli crede che i maschi di quasi tutti i pesci sono esposti per la medesima causa ad un maggior pericolo che non le femmine. Nondimeno nei pochi casi in cui i numeri proporzionali sono stati attualmente osservati sembra che i maschi siano in grandissimo eccesso. Così il sig. R. Buist, sopraintendente degli sperimenti del Stormonfield, dice che nel 1815, sopra 70 salmoni presi dapprima onde ricavarne le uova, oltre 60 erano maschi. Nel 1867 nuovamente egli rimase “colpito dalla grande sproporzione dei maschi colle femmine. Noi avevamo sul principio almeno dieci maschi per ogni femmina”. In seguito poterono ottenere un numero sufficiente di femmine per avere le uova. Egli aggiunge, “per la grande abbondanza di maschi questi erano sempre in lotta, e si dilaniavano fra foro nei luoghi ove si radunano per deporre le uova e fecondarle”. Senza dubbio questa proporzione può essere attribuita in parte, e dubito molto al tutto, a ciò che i maschi risalgono i fiumi prima delle femmine. Il sig. F. Buckland osserva, per quello che riguarda la trota, che “è un fatto curioso che i maschi siano tanto superiori in numero alle femmine. Segue invariabilmente che nella prima retata di pesce si rinvengano almeno sette od otto maschi per ogni femmina. Non posso darmi ragione di ciò; o i maschi sono più numerosi delle femmine, o queste cercano salvamento nel nascondersi anzichè nella fuga”. Egli allora aggiunge, che cercando accuratamente nei branchi di pesci, s’incontrano sufficienti femmine per avere uova. Il sig. Lee mi ha informato che sopra 212 trote, pescate per questo scopo nel serbatoio di lord Portsmouth, 150 erano maschi e 62 femmine.
Anche nei ciprini pare che i maschi siano in eccesso; ma parecchi membri di questa famiglia, cioè la carpa, la tinca, l’abramide ed il fregarolo, sembrano seguire regolarmente la pratica, rara nel regno animale, della poliandria; perchè la femmina quando depone le uova è sempre accompagnata da due maschi, uno per parte, e nel caso della abramide da tre o quattro maschi. Questo fatto è tanto bene noto, che si raccomanda sempre quando si ripopola uno stagno di mettere due tinche maschi per ogni femmina, o almeno tre maschi per due femmine. Riguardo al fregarolo, un accurato osservatore asserisce che nei luoghi ove si radunano per deporre le uova e fecondarle, i maschi sono dieci volte più numerosi che non le femmine; quando una femmina viene in mezzo ai maschi “essa viene immediatamente stretta da ogni parte da un maschio; e quando sono stati in questa posizione per un certo tempo vengono sostituiti da altri due maschi”.
INSETTI.
In questa classe, i soli lepidotteri presentano mezzi per giudicare della proporzione numerica dei sessi; perchè sono stati raccolti con cura speciale da molti buoni osservatori, e sono stati allevati in grande dallo stato di uovo o di bruco. Io avevo sperato che alcuni allevatori di filugelli avrebbero potuto tenere un esatto registro, ma dopo avere scritto in Francia ed in Italia, ed avere consultato vari trattati non mi è stato dato conoscere se questo abbia avuto luogo. L’opinione generale sembra essere che i sessi siano quasi uguali, ma in Italia, da quanto ho inteso dal prof. Canestrini, molti allevatori sono convinti che le femmine siano in eccesso. Tuttavia lo stesso naturalista mi ha informato che nell’allevamento di due anni del filugello dell’Ailanto (Bombyx cynthia), i maschi erano molto più abbondanti delle femmine nel primo anno, mentre nel secondo i due sessi erano quasi uguali, o forse abbondavano le femmine.
Rispetto alle farfalle diurne in istato di natura parecchi osservatori sono stati molto colpiti dall’apparente enorme preponderanza dei maschi. Così il signor Bates, parlando delle specie, dice che in non meno di cento specie, che abitano l’Amazzone superiore, i maschi sono molto più numerosi che non le femmine, anche in proporzione di cento ad uno. Nell’America settentrionale, Edwards, persona in ciò molto esperta, stima che nel genere papilio i maschi stanno alle femmine come quattro ad uno; ed il sig. Walsh, che mi riferì questo fatto, dice che nel P. turnus la cosa è certamente in questo modo. Nell’Africa meridionale, il sig. R. Trimen trovò che i maschi in 19 specie erano in eccesso; e in una di queste che vive nei luoghi aperti, egli calcola il numero dei maschi come cinquanta per ogni femmina. In un’altra specie, di cui i maschi erano numerosi in certe località, in sette anni non raccolse che cinque femmine. Nell’isola di Bourbon, il sig. Maillard asserisce che i maschi di una specie di papilio sono venti volte più numerosi che non le femmine. Il sig. Trimen mi ha detto che da tutto quello che ha potuto vedere, o che gli è stato riferito da altri, egli crede che di rado le femmine di qualunque farfalla diurna superino in numero i maschi; ma forse questo segue nelle tre specie dell’Africa meridionale. Il sig. Wallace afferma che le femmine dell’Ornithoptera craesus, nell’arcipelago Malese, sono molto più comuni e si prendono molto più facilmente dei maschi; ma questa è una farfalla rara. Posso qui aggiungere che nella Hyperythra, genere delle farfalle notturne, Guenée dice che per ogni quattro o cinque femmine che si vedono nelle collezioni spedite dall’Indie vi è un maschio.
Quando venne portato questo argomento del numero proporzionale dei sessi innanzi alla Società Entomologica, venne ammesso generalmente che i maschi di moltissimi lepidotteri si prendono allo stato adulto e di ninfa in numero molto maggiore di quello delle femmine; ma questo fatto venne attribuito da vari osservatori all’essere le femmine di costumi più nascosti, e al solere i maschi uscire più presto dalla crisalide. Si sa molto bene che quest’ultimo fatto segue sovente in moltissimi lepidotteri, come in molti altri insetti. Per cui, siccome osserva il sig. Personnat, i maschi del domestico Bombyx yamamai si prendono in principio della stagione, e le femmine alla fine per mancanza di compagni. Tuttavia non posso persuadermi che queste cause bastino a spiegare il grande eccesso dei maschi nei casi sopra riferiti, di farfalle che sono comunissime nei loro paesi nativi. Il sig. Stainton, il quale ha fatto accurate osservazioni per molti anni sulle piccole farfalle notturne, mi ha detto che i maschi erano dieci volte più numerosi che non le femmine, ma che da quando cominciò ad allevarle in grande dallo stato di bruco, egli si convinse che le femmine erano molto più numerose. Parecchi entomologi sono dello stesso parere. Il signor Doubleday però, ed alcuni altri, hanno un’altra idea, e sono convinti di avere allevato dalle uova e dai bruchi un numero maggiore di maschi che non di femmine.
Oltre ai costumi più attivi dei maschi, al loro sbucciare più presto dalla crisalide, ed il frequentare che fanno, in molti casi, località più aperte, si possono assegnare altre cause alla differenza reale od apparente nel numero proporzionale dei sessi dei lepidotteri, quando vengono presi allo stato di crisalide, e quando vengono allevati dalle uova o allo stato di bruco. Molti allevatori in Italia credono, come ho inteso dal prof. Canestrini, che il bruco femmina del filugello soffre più del bruco maschio della recente malattia; ed il dott. Staudinger mi ha detto che nell’allevamento dei lepidotteri muoiono nel bozzolo molte più femmine che non maschi. In molte specie il bruco femmina è più grosso che non il maschio, ed un raccoglitore deve scegliere naturalmente gli esemplari più belli, e così senza volere raccoglie un maggior numero di femmine. Tre collezionisti mi hanno detto che ciò essi praticavano; ma il dott. Wallace è certo che moltissimi raccoglitori prendono gli esemplari che possono trovare dei generi più rari che valgono la pena di essere allevati. Quando gli uccelli hanno d’intorno molti bruchi divorano probabilmente i più grossi; ed ho saputo dal professor Canestrini che in Italia alcuni allevatori del baco da seta dell’Ailanto credono, sebbene senza averne sufficienti prove, che nel primo allevamento di questo filugello le vespe distruggono un numero maggiore di bruchi femmine, che non di bruchi maschi. Inoltre il dott. Wallace osserva che i bruchi femmine, essendo più grossi dei maschi, richieggono maggior tempo per svilupparsi e consumano molto più nutrimento e muffa; e così debbono rimanere esposti più lungamente al pericolo degli icneumoni, degli uccelli, ecc., e nei tempi di carestia perire in maggior numero. Quindi sembra al tutto possibile che allo stato di natura un minor numero di lepidotteri femmine può giungere allo stato adulto che non di maschi; e pel nostro speciale argomento si tratta del numero degli adulti, quando i sessi possono propagare le specie.
Il modo in cui i maschi di certe farfalle notturne si raccolgono in numero straordinario intorno ad una sola femmina sembra indicare un grande eccesso nel numero dei maschi, sebbene questo fatto possa probabilmente venire attribuito a ciò che i maschi escono prima dal loro invoglio. Ho saputo dal signor Stainton che spesso si raccolgono intorno ad una femmina della Elachista rufocinerea da dodici a venti maschi. È noto comunemente che se una femmina vergine della Lasiocampa quercus o della Saturnia carpini viene esposta in una gabbia, un gran numero di maschi le si raccolgono intorno, e se vien chiusa in una stanza essi scendono giù dalla cappa del camino per ritrovarla. Il sig. Doubleday crede di aver veduto da cinquanta a cento maschi delle due suddette specie attirati nel corso di un solo giorno da una femmina tenuta rinchiusa. Il sig. Trimen ha esposto nell’isola di Wigt una scatola nella quale una femmina della Lasiocampa era stata tenuta chiusa il giorno precedente, e cinque maschi cercarono subito di penetrarvi. Il sig. Verreux, in Australia, avendo posto la femmina di un piccolo bombice in una scatola e messa questa in tasca, venne seguito da una folla di maschi, per modo che circa 100 di essi entrarono in casa con lui.
Il sig. Doubleday ha fermato la mia attenzione sulla lista dei lepidotteri del dottor Staudinger, che dà il prezzo dei maschi e delle femmine di 300 specie o varietà ben spiccate di farfalle (Rhopalocera). Il prezzo dei due sessi di specie comunissime è naturalmente lo stesso; ma differiscono in 114 delle specie più rare; i maschi sono in tutti i casi tranne uno, i più a buon mercato. Dalla stima dei prezzi delle 113 specie, il prezzo del maschio sta a quello della femmina come 100 a 149, e questo sembra indicare che all’incontro i maschi eccedono in numero le femmine nella stessa proporzione. Circa 2000 specie o varietà di farfalle notturne (Heterocera) sono notate, escluse quelle in cui le femmine non hanno ali per la differenza di costume nei due sessi: di queste 2000 specie, 141 differiscono nel prezzo secondo il sesso, i maschi essendo 130 volte più a buon mercato, e i maschi di 11 sole specie essendo più cari che non le femmine. La proporzione fra il prezzo dei maschi di 130 specie con quello delle femmine è come 100 a 143. Rispetto alle farfalle in questo catalogo dei prezzi, il signor Doubleday crede (e nessuno in Inghilterra ha maggiore esperienza) che non v’ha nulla nei costumi delle specie che possa dar ragione della differenza dei prezzi nei due sessi, e che si può attribuire soltanto all’eccesso nel numero dei maschi. Ma sono obbligato di aggiungere che ho saputo dallo stesso dottor Staudinger che egli è di una diversa opinione. Egli crede che i costumi meno attivi delle femmine e l’uscire i maschi più presto dalla crisalide basti a spiegare la ragione per cui i raccoglitori prendono un maggior numero di maschi che non di femmine, ed in conseguenza il miglior mercato dei primi. Riguardo alle specie allevate dallo stato di bruco, il dottor Staudinger crede, siccome si è fermato precedentemente, che un maggior numero di femmine che non di maschi muoiono quando stanno ancora nelle crisalidi. Egli aggiunge che in certe specie un sesso sembra essere in certi anni preponderante sull’altro.
In ogni modo, io ne deduco che in moltissime specie di lepidotteri i maschi allo stato di crisalide eccedono in generale il numero delle femmine, qualunque possa essere la loro proporzione nel primo sbocciare dall’uovo.
Riguardo agli altri ordini d’insetti, non ho potuto raccogliere che qualche ragguaglio poco sicuro. Nel cervo volante (Lucanus cervus) “sembra che i maschi siano molto più numerosi delle femmine”: ma quando, siccome osservò Cornelius nel 1867, un numero insolito di questi coleotteri comparve in una parte della Germania, le femmine parevano superiori in numero ai maschi nella proporzione di sei ad uno. Dicesi che in uno degli elateridi i maschi siano molto più numerosi che non le femmine, e “si trovano due o tre uniti ad una femmina”: cosicchè sembra che in questo caso la poliandria prevalga. Nel Siagonium (Staphylinidae), in cui i maschi sono muniti di corna, “le femmine sono molto più numerose che non il sesso opposto”. Il sig. Janson asseriva alla Società Entomologica che le femmine del Tomicus villosus sono tanto comuni da divenire un flagello, mentre i maschi sono così rari che appena si conoscono. In altri ordini, per ragioni ignote, ma in alcuni casi dipendenti, da quanto pare, dalla partenogenesi, i maschi di certe specie non sono mai stati scoperti o sono rarissimi, come è il caso per certe Cynipidae. In tutti i gallinsetti (Cynipidae) noti al sig. Walsh, le femmine sono quattro o cinque volte più numerose dei maschi; e questo segue, come mi ha detto, nella Cecidomia (Diptera). In alcune specie comuni di tentredini (Tenthredinae) il signor F. Smith ha allevato centinaia di esemplari da larve di ogni mole, ma non ha mai allevato un solo maschio: d’altra parte dice Curtis che in certe specie (Athalia) che egli allevò, i maschi stavano alle femmine nella proporzione di sei ad una; mentre seguiva precisamente il contrario negli insetti adulti delle stesse specie prese nei campi. Nei neurotteri il signor Walsh asserisce che in molte, ma non già in tutte, le specie del gruppo degli Odonatus (Ephemerina) vi è un grande eccesso di maschi; parimenti nel genere Hetaerina i maschi sono generalmente quattro volte più numerosi delle femmine.
In certe specie del genere Gomphus i maschi sono numerosi nello stesso modo, mentre in due altre specie le femmine sono due o tre volte più numerose che non i maschi. In alcune specie europee di Psocus si possono raccogliere migliaia di femmine senza incontrare un solo maschio, mentre in altre specie dello stesso genere i due sessi sono comuni. In Inghilterra il signor Mac-Lachlan ha preso centinaia di femmine dell’Apatania muliebris, ma non ha mai veduto il maschio; e del Boreus hyemalis ha potuto vedere soltanto quattro o cinque maschi. In moltissime di queste specie (tranne, a quanto intesi, nelle Tenthredinae) non v’ha ragione per supporre che le femmine vadano soggette alla partenogenesi; e così ci accorgiamo quanto siamo ignoranti sulle cause della apparente diversità che esiste nei numeri proporzionali dei due sessi.
Nelle altre classi degli articolati non ho potuto raccogliere neppure tante osservazioni. Nei ragni il signor Blackwall, che ha studiato accuratamente per molti anni questa classe, mi ha scritto che i maschi pel loro modo di vivere più girovago si veggono comunemente molto di più e quindi appaiono più numerosi. Questo è attualmente il caso per poche specie; ma egli fa menzione di parecchie specie di sei generi, nelle quali le femmine sembrano essere molto più numerose che non i maschi. La piccola mole dei maschi in confronto delle femmine, che è talvolta spinta ad un grado estremo, ed il loro aspetto grandemente diverso, può spiegare in alcuni casi la loro rarità nelle collezioni.
Alcuni dei crostacei più bassi possono propagare la loro specie agamicamente, e questo spiega la estrema scarsità di maschi. In alcune altre forme (come le Tanais e le Cypris) vi è ragione per credere, come mi ha detto Federico Müller, che il maschio ha vita molto più breve che non la femmina, ciò che, supponendo che i due sessi siano dapprima in numero uguale, spiegherà la scarsità dei maschi. D’altra parte, questo medesimo naturalista ha preso invariabilmente sulle spiagge del Brasile molti più maschi che non femmine delle Diastylidae e di Cypridina; così in una specie di quest’ultimo genere in 63 esemplari presi nello stesso giorno v’erano 57 maschi; ma egli osserva che questa preponderanza può venire attribuita a qualche ignota differenza nei costumi del due sessi. In uno dei più elevati granchi del Brasile, cioè un Gelasimus, Federico Müller ha trovato che i maschi sono più numerosi che non le femmine. Il caso opposto sembra essere, secondo l’espertissimo sig. C. Spence Bate, riguardo a sei granchi comuni inglesi, di cui non mi disse il nome.
Del potere della scelta naturale nel regolare il numero proporzionale dei sessi, e della Fecondità in generale. – In alcuni casi particolari un successo nel numero di un sesso sull’altro può essere di grande vantaggio ad una specie, come nel caso delle femmine sterili degli insetti socievoli, o di quegli animali in cui sono necessari parecchi maschi per fecondare la femmina, come in certi cerripedi e forse in certi pesci. Una disuguaglianza fra i sessi in questi casi può essere stata acquistata mercè la scelta naturale, ma ora non è il caso di considerare ciò più oltre a cagione della sua rarità. In tutte le circostanze ordinarie una disuguaglianza non sarebbe nè più vantaggiosa nè più dannosa a certi individui che non ad altri; e quindi non potrebbe quasi essere l’effetto della scelta naturale. Dobbiamo attribuire la disuguaglianza all’azione diretta di quelle ignote condizioni che nel genere umano fanno sì che i maschi nascono in un tal quale maggiore eccesso in certi paesi più che non in altri, o che cagionano quella lieve differenza di proporzione nei due sessi fra le nascite legittime e le illegittime.
Prendiamo ora il caso di una specie che produca, per le cause ignote di cui abbiamo sopra fatto menzione, un eccesso in un sesso – diremo di maschi – questi essendo così superflui ed inutili, o quasi inutili. Potranno i sessi agguagliarsi per opera della scelta naturale? Possiamo certamente dedurre, dall’essere tutti i caratteri variabili, che certe coppie produrranno un eccesso alquanto minore di maschi sulle femmine che non altre coppie. Le prime, supponendo che il numero attuale della prole rimanga costante, produrrebbero necessariamente un maggior numero di femmine, quindi sarebbero più produttive. Secondo la teoria delle probabilità, un maggior numero dei figli delle coppie più produttive dovrebbe sopravvivere; e questi erediterebbero una tendenza a procreare meno maschi che non femmine. Così potrebbe venire una tendenza all’agguagliamento dei sessi. Ma le nostre supposte specie sarebbero divenute con questo processo, come testè fu osservato, più produttive; e in molte questo sarebbe tutt’altro che un vantaggio, perchè ogniqualvolta il limite dei numeri che esistono dipende, non dalla distruzione che ne fanno i nemici, ma dalla quantità del nutrimento, un aumento nella fecondità deve produrre una lotta più formidabile, e la maggior parte dei sopravviventi verrà malamente nutrita. In questo caso, se i sessi fossero resi uguali per un aumento nel numero delle femmine, una simultanea diminuzione nel numero totale della prole sarebbe un benefizio; e questo, credo, sarebbe operato dalla scelta naturale nel modo che descriverò in seguito. Lo stesso ragionamento può venire applicato tanto nel caso suddetto quanto nel seguente, se noi diciamo che le femmine vengono prodotte in eccesso invece dei maschi, perchè quelle femmine non accoppiandosi ai maschi divengono superflue ed inutili. Questo sarebbe il caso colle specie poligame, qualora l’eccesso delle femmine fosse disordinatamente grande.
L’eccesso in qualsiasi sesso, prendiamo di nuovo nei maschi, potrebbe, apparentemente, venire eliminato dalla scelta naturale in un altro modo indiretto, cioè con una attuale diminuzione dei maschi, senza nessun aumento delle femmine, ed in conseguenza senza nessuna maggiore produttività delle specie. Dalla variabilità di tutti i caratteri possiamo essere certi che alcune coppie, dimoranti in una data località, produrrebbero un eccesso piuttosto minore di maschi superflui, ma non un numero eguale di femmine produttrici. Quando la prole di genitori più o meno fecondi di maschi fosse tutta mescolata assieme, nessuno avrebbe un grande vantaggio diretto sugli altri; ma quelli che produrrebbero meno maschi superflui dovrebbero avere un grande vantaggio indiretto, cioè che le loro uova o i loro embrioni dovrebbero essere probabilmente più grossi e più belli, o i loro piccoli meglio nutriti nell’ovaio e in seguito. Noi vediamo l’esempio di questo principio nelle piante; siccome quelle che portano un numero maggiore di semi producono piante piccole, mentre quelle che comparativamente producono pochi semi sovente producono grossissime piante bene adatte a fornire il nutrimento ai loro semi. Quindi la prole di genitori che hanno perduto minor forza nel produrre maschi superflui dovrebbe avere maggior probabilità di sopravvivere, e dovrebbe ereditare la stessa tendenza a non produrre maschi superflui, mentre conserverebbe tutta la piena fecondità nella produzione delle femmine. Questo seguirebbe pure nel caso inverso del sesso femminile. Tuttavia sarebbe difficile porre ostacolo in questo modo indiretto ad ogni più lieve eccesso di uno dei due sessi. E infatti non è stata sempre impedita una notevole disuguaglianza nel numero dei sessi, siccome abbiamo veduto nei vari casi citati nel precedente discorso. In quei casi le cagioni ignote che determinano il sesso dell’embrione, e che mercè certe condizioni hanno per effetto la produzione di un sesso in eccesso sull’altro, non sono state vinte dalla sopravvivenza di quelle varietà che furono soggette al minore consumo di materia organizzata e di forza per la produzione d’individui superflui di questo o di quel sesso. Nondimeno possiamo conchiudere che la scelta naturale tenderà sempre, sebbene talora non sufficientemente, ad agguagliare i numeri relativi dei due sessi.
Avendo parlato così lungamente dell’agguagliamento dei sessi, si può aggiungere ancora alcune poche osservazioni intorno alla regolarizzazione mercè la scelta naturale della ordinaria fecondità delle specie. Il sig. Herbert Spencer ha dimostrato in una dotta discussione che in tutti gli organismi esiste una proporzione fra ciò che egli chiama individuazione e genesi; quindi ne viene che esseri i quali consumano molta materia o forza nel loro accrescimento, nella complicata struttura o nell’attività, e che producono uova ed embrioni di grande volume, o che spendono molta energia nel nutrire i loro piccoli, non possono essere tanto produttivi quanto altri di opposta natura. Il sig. Spencer dimostra inoltre che certe minori differenze di fecondità saranno regolate dalla scelta naturale. Così la fecondità di ogni specie tenderà ad aumentare dal fatto che le coppie più feconde produrranno maggior quantità di prole, e questa pel solo suo numero avrà una più grande probabilità di sopravvivere, e trasmetterà la sua tendenza ad una sempre più grande fecondità. L’unico ostacolo ad un continuo aumento di fecondità in ogni organismo sembra essere o il consumo di maggior forza e i maggiori pericoli cui vanno incontro i genitori che producono una figliuolanza più numerosa, o il fatto di moltissime ova o di moltissimi piccoli che nascono di minor mole o meno robusti, o in conseguenza non tanto bene nutriti. Mettere in giusto bilancio in ogni caso gli svantaggi che derivano dalla produzione di una numerosa progenie ed i vantaggi (come lo sfuggire di qualche individuo almeno a vari pericoli), oltrepassa al tutto la nostra potenza di giudicare.
Quando un organismo è stato reso sommamente fecondo, non è tanto chiaro il modo in cui la sua fecondità può esser ridotta mercè la scelta naturale, quanto quello per cui questa facoltà venne primieramente acquistata. Tuttavia è ovvio che se individui di una specie, per via della diminuzione dei loro nemici naturali venissero allevati in maggior numero di quello che si potrebbero nutrire, tutti i membri ne soffrirebbero. Nondimeno i figli di genitori meno fecondi non avrebbero un vantaggio diretto sui figli di genitori più fecondi, quando tutti fossero mescolati assieme in un medesimo distretto. Tutti gli individui avrebbero una comune tendenza ad affamarsi a vicenda. Invero i figli dei genitori meno fecondi soggiacerebbero ad un grande svantaggio, perchè pel semplice fatto di esser meno numerosi andrebbero più soggetti ad essere sterminati. Tuttavia parteciperebbero indirettamente ad un grande vantaggio, perchè supponendo una condizione di fiera lotta, quando tutti fossero spinti dal bisogno del cibo è probabilissimo che quegli individui che per qualche mutamento della loro costituzione avevano prodotto un numero minore di uova o di piccoli, avrebbero prodotto quelle più grosse e questi più vigorosi; e gli adulti cresciuti da quelle uova o da quei piccoli avrebbero evidentemente maggior probabilità di sopravvivere, ed erediterebbero una tendenza ad una minore fecondità. Inoltre i genitori che avevano da allevare e nutrire un numero minore di figli non sarebbero tanto esposti alla fiera lotta per l’esistenza, e avrebbero maggior probabilità di sopravvivere. Con questi stadi, e per quanto a me pare, non con altri, la scelta naturale nelle suddette condizioni di fiera lotta pel nutrimento condurrebbe alla formazione di una razza meno feconda, ma meglio acconcia al sopravvivere, che non la razza primitiva.

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