CHARLES DARWIN - ORIGINE DELL'UOMO

CAPITOLO XIII.
Caratteri sessuali secondari degli uccelli.

Differenze sessuali – Legge di combattimento – Armi speciali – Organi vocali – Musica strumentale – Atteggiamenti e balli amorosi – Ornamenti permanenti e di stagione – Mute annuali doppie o semplici – Mostra degli ornamenti nei maschi.

 

Negli uccelli i caratteri sessuali secondari sono molto svariati e vistosi, sebbene forse non arrecanti mutamenti di struttura più ragguardevoli che non in qualunque altra classe di animali. Talvolta i maschi degli uccelli, quantunque di raro, son forniti di armi speciali per combattere fra loro. Allettano le loro femmine con musica vocale o strumentale di ogni più svariata sorta. Sono ornati di ogni maniera di creste, di bargigli, di protuberanze, di corna, di sacchi da aria espansi, di ciuffi, di aculei, di piume e penne allungate che sporgono graziosamente da tutte le parti del corpo. Il becco e la pelle nuda intorno al capo, e le penne, sono spesso splendidamente coloriti. Talvolta i maschi compiono il loro corteggiamento con balli o atteggiamenti fantastici, sia in terra od in aria. In un caso, almeno, il maschio emette un odore di muschio che noi supponiamo debba servire ad allettare od eccitare la femmina, perchè un eccellente osservatore, il signor Ramsay, dice dell’Anatra muschiata d’Australia (Biziura lobata) che “l’odore emesso dal maschio nei mesi estivi è limitato a quel sesso, ed in alcuni individui dura tutto l’anno; io non ho mai ucciso una femmina durante la stagione degli amori che avesse odor di muschio”. Quell’odore è tanto potente nella stagione della riproduzione, che si scopre molto prima di poter vedere l’uccello. In complesso gli uccelli sembrano essere gli animali più estetici che vi siano, tranne naturalmente l’uomo, ed hanno quasi lo stesso gusto del bello quanto abbiamo noi. Questo viene dimostrato dal diletto che proviamo pel canto degli uccelli, e dal fatto che le nostre donne civili e selvagge si ornano il capo colle piume prese da quelli, e dall’uso delle gemme che sono appena più brillantemente colorite della pelle nuda o dei bargigli di certi uccelli.
Prima di trattare dei caratteri di cui ci occupiamo particolarmente qui, posso appunto alludere a certe differenze fra i sessi che dipendono, da quanto pare, dalle differenze nel loro modo di vivere; perchè cosiffatti casi, sebbene comuni nelle classi più basse, sono rari nelle più elevate. Due uccelli mosca che appartengono al genere Eustephanus, che abita l’isola di Juan Fernandez, furono per lungo tempo creduti specificatamente distinti; ma oggi si sa, come m’informa il signor Gould, che sono i sessi della stessa specie, e differiscono lievemente nella forma del becco. In un altro genere di uccelli mosca (Grypus) il becco del maschio è seghettato lungo il margine ed uncinato all’apice, e così differisce molto da quello della femmina. Nella curiosa Neomorpha della Nuova Zelanda vi è una differenza ancor più grande nella forma del becco; ed è stato riferito al signor Gould che il maschio col suo “becco robusto e diritto” toglie via la corteccia degli alberi, onde la femmina possa cibarsi delle larve scoperte in tal guisa col suo becco più debole e più ricurvo. Si può osservare qualche cosa di simile nel nostro cardellino (Carduelis elegans), perchè mi fu assicurato dal signor J. Jenner Weir che gli uccellatori possono distinguere i maschi pel loro becco un tantino più allungato. I branchi di maschi, come asseriva un vecchio e veridico uccellatore, si vedono comunemente cibarsi dei semi del Dipsacus che possono prendere col loro becco allungato, mentre le femmine si cibano più solitamente di semi della scrofolaria. Con una così lieve differenza per fondamento possiamo vedere come il becco nei due sessi possa essere venuto a differire grandemente per opera della scelta naturale. Tuttavia, in tutti questi casi, specialmente in quello dei rissosi uccelli mosca, è possibile che le differenze del becco possano essere state dapprima acquistate dai maschi in rapporto colle loro lotte, e in seguito pel modo di vita lievemente mutato.
Legge di combattimento. – Quasi tutti gli uccelli maschi sono sommamente battaglieri, e adoperano il becco, le ali e le zampe per combattere fra loro. Vediamo questo ogni primavera nei nostri pettirossi e nei nostri passeri. Il più piccolo degli uccelli, cioè l’uccello mosca, è uno dei più battaglieri. Il sig. Gosse descrive un combattimento in cui due uccelli mosca si presero pel becco, e cominciarono a girare attorno, finchè caddero quasi ai suolo; ed il signor Montes de Oca, parlando di un altro genere, dice che di rado due maschi s’incontrano senza che una terribile lotta nell’aria abbia luogo: quando sono tenuti in gabbia “la loro lotta termina per lo più col fendersi della lingua di uno dei due, che allora muore certamente non potendo più mangiare”. Secondo Waders i maschi della sciabica comune (Gallinula chloropus) “quando si accoppiano, combattono violentemente per le femmine: stanno quasi ritti nell’acqua e si battono coi piedi”. Furon veduti due cosiffattamente impegnati per lo spazio di mezz’ora, finchè uno s’impadronì del capo dell’altro, che sarebbe stato ucciso se l’osservatore non fosse intervenuto; la femmina per tutto quel tempo stava guardando come un tranquillo spettatore. I maschi di un uccello affine (Gallicrex cristatus), siccome m’informa il signor Blyth, sono un terzo più grandi delle femmine, e sono così battaglieri durante la stagione degli amori, che sono tenuti dagli indigeni del Bengal Orientale per lo scopo di farli combattere. Vari altri uccelli sono tenuti nell’India per lo stesso fine, per esempio i Bulbuls (Pycnonotus haemorrhous) che si “battono con molta vivacità”.
Il poligamo Combattente (Machetes pugnax) è noto pel suo grande umor battagliero; ed in primavera i maschi, che sono molto più grossi delle femmine, si riuniscono ogni giorno in un luogo particolare, ove le femmine hanno l’intenzione di deporre le uova. Gli uccellatori scoprono questi luoghi pel terreno tanto calpestato che è quasi divenuto nudo. Colà essi combattono molto come galli da combattimento, afferrandosi fra loro col becco e battendosi colle ali. Il grande collare di piume che hanno intorno al collo si solleva, e secondo il Col. Montagu “scende fino a terra come uno scudo per difendere le parti più tenere”; e questo è il solo esempio che io conosca, nel caso degli uccelli, d’una struttura qualunque che serva di scudo. Il collare di piume, tuttavia, pei suoi ricchi e svariati colori, serve probabilmente in gran parte come ornamento. Come la maggior parte degli uccelli battaglieri, essi sembrano sempre pronti a combattere, e quando sono rinchiusi strettamente spesso si uccidono fra loro; ma Montagu osserva che la loro indole battagliera cresce molto durante la primavera, quando le lunghe penne del loro collo sono pienamente sviluppate; ed in questo periodo il minimo movimento di un uccello provoca una battaglia generale. Basteranno due esempi a dimostrare l’indole battagliera dei palmipedi: nella Guiana “seguono nella stagione degli amori lotte sanguinose fra i maschi dell’Anatra muschiata selvatica (Cairina moschata); e dove seguono queste battaglie il fiume rimane coperto per un certo tratto di piume”. Gli uccelli che non sembrano bene acconci per la lotta impegnano seri conflitti; così nel Pellicano i maschi più robusti mandan via i più deboli, afferrandoli col loro grosso becco, e menando forti colpi colle ali. I Beccaccini maschi combattono insieme, “urtandosi e prendendosi pel becco, nel modo più curioso che si possa immaginare”. Si crede che alcune poche specie non combattono mai; questo è il caso, secondo Audubon, per uno dei Picchi degli Stati Uniti (Picus auratus), quantunque “le femmine siano accompagnate da una mezza dozzina dei loro allegri adoratori”.
I maschi di molti uccelli sono più grossi delle femmine, e questo è senza dubbio un vantaggio per essi nelle loro battaglie coi rivali, ed è stato acquistato per opera della scelta sessuale. La differenza della mole fra i due sessi è spinta ad un punto estremo in parecchie specie di Australia; così il maschio dell’Anitra selvatica (Biziura) e il maschio del Cincloramphus cruralis (affine alle nostre Pispole) sono ora grossi due volte quanto le loro rispettive femmine. In molti altri uccelli le femmine sono più grosse dei muschi; e come abbiamo osservato precedentemente, la spiegazione che vien data sovente, cioè che le femmine hanno maggior lavoro per nutrire i piccoli, non può bastare. In alcuni pochi casi, come vedremo in seguito, le femmine hanno acquistato, da quanto pare, la loro mole e la loro maggior forza onde conquistare altre femmine ed ottenere il possesso dei maschi.
I maschi di molti uccelli gallinacei, specialmente dei generi poligami, sono forniti di armi speciali per combattere i loro rivali, cioè sproni, che possono essere di un effetto terribile. È stato riferito da uno scrittore degno di fede che nel Derbyshire un nibbio era piombato sopra una chioccia accompagnata dai suoi pulcini, quando il gallo si slanciò in suo soccorso e piantò il suo sprone direttamente nell’occhio e nel cranio dell’aggressore. Ci volle una certa difficoltà ad estrarre lo sprone dal cranio, e siccome il nibbio sebbene morto teneva sempre fermo, i due uccelli erano strettamente uniti insieme; ma il gallo quando venne liberato non aveva sofferto molto danno. Il coraggio invincibile del gallo da combattimento è noto; un signore che molto tempo fa fu testimonio della scena brutale seguente, mi disse che un uccello aveva avuto le sue due zampe rotte per qualche incidente nell’arena dei galli, ed il suo proprietario propose la scommessa che se le gambe fossero state aggiustate per modo che l’uccello avesse potuto reggersi in piedi, avrebbe continuato a combattere. Ciò fu eseguito sul luogo, e l’uccello combattè con indomito coraggio finchè ricevette il colpo mortale. A Ceylan una specie affinissima e selvatica, il Gallus Stanleyi, è conosciuto come un furioso combattente, per difendere il suo serraglio, “cosicchè frequentemente si trova morto uno dei combattenti”. Una Pernice indiana (Ortygornis gularis), il maschio della quale è fornito di forti ed acuti sproni, è tanto rissosa, “che le cicatrici di lotte anteriori sfigurano il petto di quasi ogni uccello che viene ucciso.
I maschi di quasi tutti gli uccelli gallinacei, anche di quelli che non hanno sproni, impegnano nella stagione degli amori serie lotte. Il Gallo cedrone ed il Fagiano di monte (Tetrao urogallus e T. tetrix), entrambi poligami, hanno luoghi particolari di convegno, ove durante molte settimane si raccolgono numerosi per combattere assieme e far bella mostra della loro avvenenza in faccia alle femmine. Il signor W. Kowalevsky m’informa che in Russia egli ha veduto la neve tutta cosparsa di sangue sulle arene ove il gallo cedrone aveva combattuto; ed i fagiani di monte “fanno volar via per ogni verso le loro piume” quando in parecchi “impegnano un grande combattimento”. Brehm padre ci dà un curioso ragguaglio intorno al Balz, come viene detto in Germania il ballo e il canto d’amore del fagiano di monte. L’uccello fa sentire quasi di continuo i rumori più strani; “egli solleva la coda e la espande a ventaglio, alza il capo ed il collo sollevandone tutte le penne, e fa sporgere le ali fuori del corpo. Allora comincia a fare qualche salto in varie direzioni, talora in circolo, e sfrega la parte inferiore del becco tanto fortemente sul suolo, che le piume del mento vengono tolte via. Mentre fa questi movimenti batte le ali e gira tutto intorno. Quanto più ardente diviene tanto più allegro si mostra, finchè l’uccello termina col parer matto”. In quel tempo i fagiani di monte sono tanto preoccupati che divengono quasi ciechi e sordi, ma meno tuttavia dei galli cedroni: quindi si può sparare sopra due uccelli l’uno dopo l’altro nel medesimo luogo o anche prenderli colla mano. Dopo aver fatto tutti questi giuochi i maschi cominciano la lotta: e lo stesso fagiano di monte, onde far pompa della propria forza con parecchi antagonisti, visiterà nel corso di una sola mattina vari luoghi di Balz, che rimangono gli stessi per diversi anni successivi.
Il Pavone col suo lungo strascico par piuttosto un damerino che non un guerriero, ma pure egli talora impegna serie lotte. Il rev. W. Darwin Fox mi informa che due pavoni si riscaldarono per modo mentre combattevano a poca distanza da Chester, che volarono sopra tutta la città, combattendo sempre, finchè si posarono sulla cima della torre di San Giovanni.
Lo sprone, in quei gallinacei che ne sono forniti, è in generale semplice, ma il Polyplectron ne ha due o anche più in ogni zampa; ed uno dei fagiani sanguigni (Ithaginis cruentus) è stato veduto perfino con cinque sproni. In generale il maschio solo è fornito di sproni, che sono rappresentati nella femmina da semplici sporgenze o rudimenti; ma le femmine del pavone di Giava (Pavo muticus) e, come apprendo dal signor Blyth, del piccolo fagiano chiamato sistematicamente Euplocamus erythropthalmus hanno sproni. Nei Galloperdix i maschi hanno per solito due sproni ad ogni zampa e le femmine ne hanno soltanto uno per zampa. Quindi gli sproni possono venire con certezza considerati come un carattere mascolino, sebbene trasmesso in un grado maggiore o minore alle femmine. Come molti altri caratteri sessuali secondari, gli sproni sono variabilissimi tanto nel numero quanto nello sviluppo nelle stesse specie.
Vari uccelli hanno sproni alle ali. Ma l’Oca d’Egitto (Chenalopex aegyptiacus) ha soltanto “rialzi ottusi nudi”; e questi ci dimostrano probabilmente i primi stadi per cui sono andati sviluppandosi i veri sproni degli altri uccelli affini. Nell’Oca delle ali speronate (Plectropterus gambensis) i maschi hanno sproni molto più grandi che non le femmine; e li adoperano, come ho saputo dal signor Bartlett, per combattere fra loro: in questo caso gli sproni delle ali fanno da armi sessuali; ma, secondo Livingstone, sono adoperati principalmente per difendere i piccoli. La Palamedea è armata di un paio di sproni sopra ogni ala; e queste sono armi formidabili che con un solo colpo fanno retrocedere con molti guaiti un cane. Ma non sembra che in questo caso, o in quello di certi ralli dalle ali speronate, gli sproni siano più grossi nel maschio che non nella femmina. Tuttavia in certi pivieri gli sproni delle ali debbono essere considerati come un carattere sessuale. Così nel maschio della nostra Pavoncella (Vanellus cristatus) il tubercolo dell’ala alla spalla diviene più sporgente durante la stagione degli amori, e si sa che i maschi combattono assieme. In alcune specie di Lobivanellus un tubercolo consimile si sviluppa durante la stagione delle nozze “in un breve sprone corneo”. Nel L. Lobatus di Australia i due sessi hanno sproni, ma questi sono molto più grossi nei maschi che non nelle femmine. In un uccello affine, l’Hoplopterus armatus, gli sproni non crescono in mole durante la stagione degli amori; ma questi uccelli sono stati veduti in Egitto combattere assieme, nel modo stesso dei nostri pivieri, girando repentinamente nell’aria, e battendosi i fianchi a vicenda, talora con esito fatale. In tal modo pure respingono i loro nemici.
La stagione degli amori è quella della lotta; ma i maschi di alcuni uccelli, come il gallo da combattimento ed il combattente, ed anche i maschi giovani dei tacchini selvatici e dei tetraoni, sono pronti a combattere ovunque s’incontrano. La presenza della femmina è la teterrima belli causa. I Baboos del Bengala fanno combattere fra loro i graziosi piccoli maschi della Estrelda amandava, ponendo tre gabbiette in circolo, con una femmina nel mezzo; dopo un po’ di tempo lasciano liberi i due maschi, e subito s’impegna una lotta disperata. Quando molti maschi si riuniscono nello stesso luogo per combattere assieme, come nel caso dei tetraoni e di vari altri uccelli, essi sono generalmente accompagnati dalle femmine, che si accoppiano poi coi combattenti vittoriosi. Ma in alcuni casi l’accoppiamento precede invece di seguire il combattimento: così, secondo Audubon, parecchi maschi del succiacapre della Virginia (Caprimulgus Virginianus) “corteggiano, in un modo divertente, la femmina; ed appena ha essa fatto la sua scelta, il prescelto scaccia tutti gli intrusi, e li manda via dai suoi domini”. In generale i maschi cercano in ogni modo di respingere od uccidere i loro rivali prima di accoppiarsi. Non sembra tuttavia che le femmine preferiscano invariabilmente i maschi vittoriosi. Infatti sono stato assicurato dal signor W. Kowalevsky che la femmina del gallo cedrone talvolta fugge via con un giovane maschio che non ha osato entrare in campo con altri maschi più vecchi; nello stesso modo come segue talora pel cervo in Scozia. Quando due maschi si battono in presenza di una femmina sola, il vincitore, senza dubbio, ottiene in generale il suo scopo; ma alcune di queste battaglie sono prodotte dacchè certi maschi vaganti cercano di disturbare la pace di una coppia già unita.
Anche colle specie più battagliere è probabile che l’accoppiamento non dipenda esclusivamente dalla sola forza e dal coraggio del maschio, perchè questi maschi sono in generale ben forniti di vari ornamenti, che spesso divengono più brillanti durante la stagione degli amori, e di cui fanno astutamente pompa in presenza delle femmine. Parimente i maschi cercano di allettare o eccitare le loro compagne con note amorose, canti ed atteggiamenti, e in molti casi il corteggiare è una faccenda assai lunga. Quindi non è probabile che le femmine siano indifferenti alla bellezza dell’altro sesso, o che siano spinte a cedere invariabilmente ai maschi vincitori. È più probabile che le femmine siano eccitate, prima o dopo la lotta, da certi maschi, e così inconsciamente li preferiscano. Nel caso del Tetrao umbellus, un buon osservatore va tanto in là da credere che le battaglie dei maschi “siano tutte una finzione, fatta per mostrarsi nell’aspetto più favorevole agli occhi delle femmine che lor stanno attorno ammirandoli; perchè non mi fu mai dato di trovare un eroe ferito, e non ho guari trovato più di qualche penna rotta”. Avrò da tornare su questo argomento, ma posso qui aggiungere che nel Tetrao cupido degli Stati Uniti una diecina circa di maschi si raccolgono in un luogo particolare, e girando gravemente attorno fanno risuonare l’aria del loro straordinario rumore. Alla prima risposta di una femmina i maschi cominciano a combattere furiosamente, e i più deboli abbandonano il campo; ma allora, secondo Audubon, tanto i vincitori che i vinti si mettono a cercare le femmine, per cui queste debbono fare una scelta, altrimenti la battaglia deve ricominciare. Così pure è il caso nella Sturnella ludoviciana degli Stati Uniti: i maschi impegnano serie lotte “ma alla vista di una femmina le corrono tutti dietro come se fossero pazzi”.
Musica vocale e strumentale. – Negli uccelli la voce serve ad esprimere varie emozioni, come lo sgomento, il timore, la collera, il trionfo, o solo la felicità. Talora da quanto pare è adoperata per promuovere il terrore, come il rumore sibilante fatto da qualche uccello da nido. Audubon riferisce che una Nitticora (Ardea nicticorax, Linn.), che egli teneva addomesticata, soleva nascondersi quando si accostava un gatto, e allora “saltava fuori repentinamente emettendo le grida più spaventose, divertendosi, da quanto pare, nel vedere il gatto fuggire impaurito”. Il gallo domestico comune chioccia per chiamare la gallina, e la gallina per chiamare i suoi pulcini, quando trovano un buon boccone. La gallina, quando depone un uovo “ripete la stessa nota molto spesso, e finisce colla settima alta, che tiene per un tempo più lungo”; e così esprime la sua contentezza. Alcuni uccelli sociali si chiedono, da quanto pare, aiuto colla voce; e siccome saltellano da un albero all’altro, tutto il branco sta insieme pel pigolio che risponde al pigolio. Durante le emigrazioni notturne delle anatre e di altri uccelli d’acqua si possono sentire acuti suoni che manda l’antiguardia nel buio della notte, cui rispondono altre grida della retroguardia. Certe grida servono come segnale di pericolo, che, siccome il cacciatore conosce a sue spese, sono bene comprese dalle stesse specie e da altre. Il gallo domestico canta, e l’uccello mosca pigola, quando trionfano di uno sconfitto rivale. Tuttavia il vero canto di molti uccelli e varie strane grida sono emesse principalmente durante la stagione degli amori, e servono come allettamento, o anche solo come un richiamo per l’altro sesso.
I naturalisti non sono per nulla concordi intorno allo scopo del canto degli uccelli. Non vi fu guari mai osservatore più accurato di Montagu, ed egli asserisce che i “maschi degli uccelli cantatori e di molti altri non cercano in generale la femmina, ma al contrario in primavera la loro occupazione è quella di appollaiarsi in qualche luogo vistoso, mandando fuori pienamente le loro note amorose, che la femmina conosce per istinto, ed essa si reca sul luogo per scegliersi un compagno”. Imparo dal signor Jenner Weir che questo è certamente il caso per l’usignuolo. Bechstein, che tenne durante tutta la sua vita uccelli, asserisce “che la femmina del canarino sceglie sempre il miglior cantatore, e che in istato di natura le femmine dei fringuelli scelgono quel maschio, in mezzo a cento altri, di cui amano meglio il canto”. Non si può porre in dubbio che gli uccelli stanno attenti al loro vicendevole canto. Il signor Weir mi ha narrato il caso di un ciuffolotto al quale era stato insegnato a zufolare un walzer tedesco, e che era divenuto un artista tanto buono che costava 250 franchi; quando quest’uccello venne posto nella stanza ove vi erano altri uccelli e cominciò a cantare, tutti gli altri, che erano una ventina di canarini e di fanelli, si allogarono nel luogo più vicino delle loro gabbie ed ascoltarono colla più grande attenzione il nuovo artista. Molti naturalisti credono che il canto degli uccelli sia quasi esclusivamente “per scopo di rivalità e di emulazione”, e non per quello di allettare le loro compagne. Questa era l’opinione di Daines Barrington e di White di Selborne, i quali si occuparono specialmente di questo argomento. Tuttavia Barrington ammette che “la superiorità nel canto dà agli uccelli un ascendente meraviglioso sugli altri, come sanno benissimo gli uccellatori”.
È certo che v’ha un grado intenso di rivalità fra i maschi pel loro canto. I dilettanti di uccelli fanno scommesse per vedere quale dei loro uccelli canterà più a lungo; e mi fu detto dal signor Yarrell che un uccello molto distinto canterà talora finchè cade quasi morto, o, secondo Bechstein, interamente morto per la rottura di una vena dei polmoni. Qualunque possa esserne la causa, gli uccelli maschi, come ho udito dal signor Weir, muoiono spesso repentinamente durante la stagione del canto. È evidente che l’abito del canto è talvolta al tutto indipendente dall’amore, perchè si dice che un canarino ibrido sterile cantasse mentre si vedeva nello specchio, e allora si scagliava contro la propria immagine; parimente aggrediva con furia un canarino femmina quando veniva messo nella stessa gabbia. Gli uccellatori traggon partito dalla gelosia eccitata dall’atto del cantare; si nasconde un maschio buon cantatore, e si mette in vista un uccello impagliato cui stanno intorno molte bacchette coperte di vischio. In tal modo un uomo, secondo quello che mi ha detto il signor Weir, ha preso nel corso di un sol giorno cinquanta, ed in un caso, fino a settanta fringuelli maschi. Il potere e la disposizione al canto differiscono tanto negli uccelli, che quantunque il prezzo di un fringuello maschio comune sia di soli quarantacinque centesimi, il signor Weir vide un uccellatore che chiedeva settantacinque franchi di un uccello; la prova della vera bontà di un cantatore è quella che egli continui a cantare mentre la gabbia è dondolata sul capo del suo padrone.
Non è per nulla incompatibile che gli uccelli cantino per emulazione come per la voglia di allettare la femmina; e invero questi due fini possono andar d’accordo insieme, come gli ornamenti e l’umor battagliero. Tuttavia alcuni autori asseriscono che il canto del maschio non può servire a dilettare la femmina; perchè le femmine di alcune poche specie, come il canarino, il pettirosso, l’allodola, ed il ciuffolotto specialmente, come osserva Bechstein, quando sono in stato di vedovanza, emettono note melodiose. In alcuni di questi casi l’abito del cantare può essere in parte attribuito a ciò che le femmine sono state molto ben nutrite e tenute racchiuse, perchè ciò disturba tutte le funzioni usuali che hanno rapporto colla riproduzione della specie. Sono già riferiti molti casi della trasmissione parziale dei caratteri mascolini secondari alla femmina, cosicchè non v’ha nulla di straordinario che le femmine di alcune specie sian fornite della facoltà del canto. È stato anche asserito che il canto del maschio non può servire ad allettare, perchè i maschi di certe specie, per esempio il pettirosso, cantano durante l’autunno. Ma non v’ha nulla di più comune del fatto di animali che prendono piacere a praticare un istinto qualunque che seguono in altri tempi per qualche bene reale. Quanto spesso non vediamo noi uccelli che volano agevolmente, librarsi e veleggiare per l’aria evidentemente per divertirsi? Il gatto si trastulla col topolino prigioniero, ed il marangone col pesce che ha preso. Il Ploceo (Ploceus) quando è chiuso in gabbia si trastulla intrecciando con bel garbo fili d’erba fra i ferri della sua gabbia. Gli uccelli che sogliono combattere durante la stagione degli amori sono generalmente pronti a combattere in ogni tempo; ed i maschi del gallo cedrone talvolta tengono i loro balli in autunno nel luogo solito ove si riuniscono. Quindi non v’ha nulla da meravigliarsi che gli uccelli maschi continuino a cantare per proprio divertimento dopo che la stagione del corteggiare è trascorsa.
Il canto è fino a un certo punto, come abbiamo dimostrato in un capitolo precedente, un’arte, e la pratica lo migliora di molto. Si possono insegnare agli uccelli molte arie, ed anche il passero poco melodioso ha imparato a cantare come un fringuello. Imparano a cantare dai loro allevatori e talora anche dai loro vicini. Tutti i cantatori comuni appartengono all’ordine degli Insessores, ed i loro organi vocali sono molto più complessi che non quelli della maggior parte degli uccelli; tuttavia è un fatto singolare che alcuni fra gli Insessores, come i corvi, le cornacchie, le gazze posseggono l’apparato proprio sebbene non cantino mai e non modulino naturalmente in modo molto esteso la loro voce. Hunter asserisce che nei veri cantatori i muscoli della laringe sono più forti nei maschi che non nelle femmine; ma, tranne questa lieve eccezione, non v’ha differenza negli organi vocali dei due sessi, quantunque i maschi di molte specie cantino tanto meglio e tanto più lungamente delle femmine.
È notevole che soltanto gli uccelli piccoli cantano propriamente. Tuttavia il genere Menura d’Australia deve essere eccettuato, perchè la Menura Alberti, che ha circa la mole di un tacchino a metà cresciuto, non solo imita altri uccelli, ma “il suo proprio zufolìo è sommamente piacevole e svariato”. I maschi si raccolgono a congrega e formano “piazze fortificate”, ove cantano, sollevando ed espandendo le loro code come pavoni, ed abbassando le ali. È pure notevole che gli uccelli che cantano sono di raro ornati di colori brillanti o altri ornamenti. Dei nostri uccelli inglesi, eccettuato il ciuffolotto ed il cardellino, i migliori cantatori hanno colori semplici. Il gruccione, il martin pescatore, la gazza marina, l’upupa, i picchi, ecc., mandano aspre grida; ed i brillanti uccelli dei tropici appena si possono chiamare cantatori. Quindi i bei colori e la facoltà del canto sembrano sostituirsi a vicenda. Possiamo vedere che se il piumaggio non avesse variato nello splendore, o se i colori brillanti fossero nocevoli alla specie, sarebbero stati adoperati altri mezzi per allettare le femmine; e il farsi melodiosa la voce avrebbe offerto uno di questi mezzi.
In alcuni uccelli gli organi vocali differiscono grandemente nei due sessi. Nel Tetrao cupido il maschio ha due sacchi nudi di color arancio ai due lati del collo; e questi si gonfiano molto quando il maschio, nella stagione delle nozze, emette uno strano suono profondo che si può sentire da una grande distanza. Audubon ha dimostrato che il suono aveva una intima relazione con questo apparato, che ci ricorda i sacchi ad aria da ogni lato della bocca di certe rane maschi, perchè egli trovava che il suono era molto diminuito quando un uccello addomesticato si pungeva uno dei sacchi, e quando si pungevano tutti e due i sacchi allora il suono cessava al tutto. La femmina ha “qualche cosa di simile, sebbene più piccolo, in uno spazio nudo della pelle del collo; ma questo non può enfiarsi”. Il maschio di un’altra specie di Tetraone (Tetrao urophasianus), mentre corteggia la femmina, fa gonfiare il suo “esofago giallo nudo in modo prodigioso, cosicchè diviene grosso quanto la metà del suo corpo”; ed egli allora manda vari suoni cupi, profondi e gracidanti. Colle piume del collo sollevate, colle ali basse e strascicanti sul suolo, e la coda allungata espansa a ventaglio, egli fa mostra di svariati e grotteschi atteggiamenti. L’esofago della femmina non ha nulla di notevole.
Sembra ora provato che il grande sacco gulare del maschio della Starda europea (Otis tarda), e di almeno altre quattro specie, non serve, come si supponeva una volta, per contenere acqua, ma abbia relazione col grido particolare che rassomiglia alla parola ock, che emette nella stagione delle nozze. Mentre l’uccello emette questo suono prende i più strani atteggiamenti. È un fatto singolare che nei maschi della stessa specie il sacco non si sviluppa in tutti gli individui. Un uccello somigliante ad un corvo che vive nell’America meridionale (Cephalopterus ornatus), vien detto uccello ombrello, per un immenso ciuffo, fatto di nudi filamenti bianchi cui stanno sopra piume turchine scure, che possono innalzarsi in una grande cupola del diametro non minore di tredici centimetri, che copre tutto il capo. Quest’uccello ha al collo una appendice lunga, sottile, cilindrica, carnosa, che è fittamente rivestita di piume turchine somiglianti a scaglie. Serve in parte come ornamento, ma del pari come apparato sonoro perchè il signor Bates trovava che ha relazione con “un insolito sviluppo della trachea e degli organi vocali”. Si dilata quando l’uccello manda fuori la sua nota di flauto singolarmente profonda, forte e sostenuta. La cresta del capo e l’appendice del collo sono rudimentali nella femmina.
Gli organi vocali di vari uccelli palmipedi e trampolieri sono straordinariamente complicati, e differiscono in un certo grado nei sessi. In alcuni casi la trachea è rigirata, come un corno francese, ed è profondamente infossata nello sterno. Nel Cigno selvatico (Cygnus ferus) è infossata più profondamente nel maschio adulto che non nella femmina o nei maschi giovani. Nel Merganser maschio la parte più larga della trachea è munita di un paio addizionale di muscoli. Ma lo scopo di queste differenze fra i sessi di molte Anatidae non si comprende affatto, perchè il maschio non è sempre il più clamoroso; così nell’anatra comune il maschio fischia, mentre la femmina emette un forte clamore. Nei due sessi di una grue, la Damigella di Numidia (Grus virgo), la trachea penetra nello sterno, ma presenta “certe modificazioni sessuali”. Nel maschio della cicogna nera vi è pure una differenza sessuale bene distinta nella lunghezza e nella incurvatura dei bronchi. Cosicchè strutture importantissime sono state in questi casi modificate secondo il sesso.
È spesso difficile congetturare se tanti strani gridi e strane note, emesse dagli uccelli maschi durante la stagione degli amori, servano per allettare o puramente per chiamare la femmina. Si può supporre che il dolce tubare della tortora e di molti piccioni piaccia alla femmina. Quando la femmina del tacchino selvatico emette il suo richiamo al mattino, il maschio risponde con una nota differente dal rumore gorgogliante che manda quando, colle penne rialzate, colle ali strascicanti e coi bargigli distesi, cammina tutto tronfio e sbuffante intorno a lei. Il balbettare del fagiano di monte serve certo di richiamo alla femmina, perchè si sa che si fanno venire da una certa distanza quattro o cinque femmine verso un maschio tenuto in prigione, ma siccome il fagiano di monte continua il suo balbettare per molte ore durante i giorni seguenti, e nel caso del gallo cedrone “con un’angoscia appassionata”, siamo indotti a supporre che le femmine le quali sono già presenti provino per questo un certo piacere. Si sa che la voce del corvo nero comune cambia durante la stagione degli amori, ed è quindi in certo modo sessuale. Ma che diremo intorno agli aspri clamori, per esempio, di certe specie dì pappagalli del genere Macrocercus! Hanno questi uccelli un così cattivo gusto in fatto di suoni musicali come l’hanno, da quanto pare, pei colori, se giudichiamo dal disarmonico contrasto del loro piumaggio giallo acceso e turchino? È invero possibile che la voce forte di molti uccelli maschi possa essere il risultato, senza che ne ricavino alcun vantaggio, degli effetti ereditati dall’uso continuo dei loro organi vocali, quando sono eccitati dalle forti passioni dell’amore, della gelosia e della rabbia; ma intorno a ciò avremo da parlare trattando dei quadrupedi.
Finora non abbiamo parlato se non della voce; ma i maschi di vari uccelli praticano, durante il loro corteggiamento, ciò che si può chiamare musica strumentale. I pavoni e gli uccelli di paradiso muovono con strepito le loro penne insieme, e da quanto pare quel movimento vibratorio serve solo a far rumore, perchè non può guari accrescere la bellezza del loro piumaggio. I tacchini maschi strascinano le ali contro il suolo, e alcune specie di tetraoni producono così un suono ronzante. Un altro tetraone dell’America settentrionale, il Tetrao umbellus, quando sta colla coda sollevata, col collare espanso, “facendo pompa della sua bellezza innanzi alle femmine che stanno nascoste nel contorno”, produce un suono quasi di tamburo battendo insieme rapidamente le ali sul suo dorso, secondo il signor R. Haymond, e non, come credeva Audubon, battendole contro i fianchi. Il suono prodotto in tal guisa è stato paragonato da alcuni al rombo del tuono lontano, e da altri al rullo affrettato di un tamburo. La femmina non produce mai questo suono, “ma vola direttamente verso il luogo ove il maschio sta facendolo”. Nell’Imalaia il maschio del fagiano Kalij “sovente fa colle ali un singolare suono come di rullo di tamburo, che rassomiglia a quello che fa una pezza di panno quando è sbattuta”. Sulla costa occidentale dell’Africa i piccoli plocei neri (Ploceus?) si riuniscono in pochi sopra i cespugli intorno ad un piccolo spazio, e cantano e volano nell’aria sbattendo le ali, “ciò che produce un rapido suono strepitante come di un sonaglio”. Un uccello dopo l’altro fa questo armeggio per varie ore, ma solo nella stagione del corteggiamento. In questa stessa stagione i maschi di certi succiacapre (Caprimulgus) fanno colle ali uno stranissimo suono. Le varie specie di picchi battono col becco un ramo sonoro, con un movimento vibratorio tanto rapido, che “il capo sembra essere in due luoghi ad un tempo”. Questo suono si può udire ad una notevole distanza, ma non si può descrivere e son certo che chi lo abbia sentito per la prima volta non è riuscito a comprendere donde derivasse. Siccome questo suono discordante vien prodotto principalmente durante la stagione degli amori, è stato considerato come un canto d’amore; ma forse è più particolarmente un richiamo amoroso. È stato osservato che la femmina, quando è scacciata dal suo nido, chiama in tal guisa il maschio, che risponde nello stesso modo e presto compare. Infine l’Upupa maschio (Upupa epops) riunisce la musica vocale alla strumentale; perchè durante la stagione degli amori questo uccello, come ha veduto il signor Swinhoe, alza prima in aria la punta del becco, che batte poi perpendicolarmente contro un sasso o il tronco d’un albero, “e allora il fiato venendo respinto in giù nel becco tubulare produce un vero suono”. Quando il maschio emette il suo grido senza battere il becco, il suono è al tutto diverso.
Nei casi precedenti i suoni sono prodotti mercè strutture già presenti ed in altro modo necessarie; ma nei casi seguenti certe penne sono state modificate per lo scopo definito di produrre il suono. Il rumore come rullo di tamburo, di belare, di nitrito o di tuono, come sono espressi dai differenti osservatori, che è prodotto dal beccaccino comune (Scolopax gallinago), deve aver sorpreso chiunque lo abbia udito. Quest’uccello, durante la stagione degli amori, vola “all’altezza di circa trecento metri”, e dopo di essere andato volando a ghirigori per un certo tempo scende in linea curva, colla coda espansa e le ali sbattenti, con meravigliosa velocità sulla terra. Il suono è emesso solo durante la sua rapida discesa. Nessuno poteva spiegarne la causa, finchè il signor Meves ebbe osservato che da ogni lato della coda le penne esterne hanno una forma particolare, avendo un fusto foggiato a sciabola, colle barbe oblique di inconsueta lunghezza col tessuto esterno più fortemente compatto. Egli trovò che soffiando sopra quelle penne, o legandole ad una lunga e sottile verghetta e battendo rapidamente l’aria con quelle, egli poteva produrre il rumore rullante esattamente come l’uccello vivo. I due sessi sono forniti di queste penne, ma esse sono in generale più grandi nel maschio che non nella femmina, ed emettono una nota più profonda. In alcune specie, come nello S. frenata, quattro penne, e nello S. javensis, non meno di otto per ogni lato della coda sono grandemente modificate. Differenti note vengono emesse dalle differenti specie quando sono mosse nell’aria; e lo Scolopax Wilsonii degli Stati Uniti fa un rumore quando scende a terra rapidamente, come di una verghetta quando batte un oggetto qualunque.
Nel maschio del Chamaepetes unicolor (un grosso uccello gallinaceo d’America) la prima remigante primaria è arcuata verso l’apice ed è molto più sottile che non nella femmina. In un uccello affine, la Penelope nigra, il signor Salvin osservò un maschio che, mentre volava in giù “colle ali espanse, produceva una sorta di rumore scricchiolante, mormorante”, come lo stormire di un albero. Il maschio solo di una otarda indiana (Sypheotides auritus) ha le sue penne principali molto acuminate e si sa che il maschio di una specie affine fa un rumore ronzante quando corteggia la femmina. In un gruppo di uccelli grandemente differente, cioè negli uccelli mosca, i maschi soli di certi generi hanno talora gli steli delle remiganti primarie largamente dilatati, o il tessuto tagliato netto verso l’estremità. Per esempio, il maschio del Selasphorus platycercus, quando è adulto, ha la prima remigante primaria tagliata in tal modo. Mentre vola da un fiore all’altro egli fa “un rumore trillante, quasi sibilante”, ma al signor Salvin non parve che quel rumore fosse fatto a bella posta.
In ultimo, in parecchie specie del sotto-genere Pipra o Manakin i maschi hanno le remiganti secondarie modificate, come le descrive il signor Sclater, in un modo ancor più notevole. Nella P. deliciosa dai colori brillantissimi le prime tre remiganti secondarie hanno il fusto spesso e ricurvo verso il corpo; nella quarta e quinta il mutamento è ancor più grande; e nella sesta e settima il cannello “è straordinariamente ingrossato, e forma una gobba solida e cornea”. Le barbe sono del pari grandemente mutate nella forma, a petto delle penne corrispondenti della femmina. Anche le ossa dell’ala che sostengono queste singolari penne nel maschio, siccome dice il signor Fraser, sono molto ingrossate. Questi uccellini fanno un rumore straordinario, la prima “nota acuta non essendo dissimile dallo scoppiettìo di una frusta”.
La diversità dei suoni, tanto vocali che strumentali, prodotti dai maschi di molte specie durante la stagione degli amori, e la diversità dei mezzi per produrre cosiffatti suoni, è notevolissima. Noi acquistiamo in tal modo un’alta idea della loro importanza per lo scopo sessuale, e ci tornano in mente le medesime conclusioni che riguardano gli insetti. Non è difficile immaginare gli stadi per cui le note di un uccello che primieramente non servivano che come richiamo o per qualche altro fine, possono essere state migliorate in un melodioso canto d’amore. Questo è in certo modo più difficile nel caso delle penne modificate, per cui si producono suoni di rulli di tamburo, di sibilo o di ruggito. Ma abbiamo veduto come alcuni uccelli durante il corteggiamento muovono, sbattono o sfregano assieme le loro penne non modificate; e se le femmine fossero indotte a scegliere i migliori compagni, i maschi possessori della penne più grosse o più forti, o più modificate, poste in una parte qualunque del corpo, sarebbero i più fortunati; e così con lenti passi le penne potrebbero venire modificate in un grado quasi infinito. Naturalmente le femmine non potrebbero notare ogni leggera successiva alterazione di forma, ma soltanto i suoni prodotti in tal modo. È un fatto curioso che nella stessa classe di animali suoni tanto differenti quanto il rullo della coda del beccaccino e il battito del becco del picchio, l’aspro grido strombettante di certi uccelli acquatici, il tubare della tortora ed il canto dell’usignuolo, siano tutti piacevoli alle femmine nelle varie specie. Ma non dobbiamo giudicare i gusti di specie distinte con una sola misura; nè dobbiamo noi giudicarli dalla misura del gusto dell’uomo. Anche nell’uomo dobbiamo ricordarci che i rumori discordi, il battere del tam-tam e le note strillanti delle canne piacciono alle orecchie dei selvaggi. Sir S. Baker osserva che “siccome lo stomaco dell’Arabo preferisce la carne cruda ed il fegato fumante preso caldo dall’animale così preferisce la musica aspra e discordante ad ogni altra”.
Atteggiamenti amorosi e balli. – Abbiamo già notato incidentalmente gli strani atteggiamenti amorosi di vari uccelli, specialmente dei gallinacei; per cui non v’ha qui molto da aggiungere. Nell’America settentrionale numerosi branchi di un tetraone, il Tetrao phasianellus, s’incontrano ogni giorno durante la stagione degli amori sopra un luogo prescelto bene spianato, e là si mettono a correre intorno intorno in un circolo del diametro di quattro a sei metri, cosicchè il terreno diviene al tutto nudo, come l’anello di una fata. Nei balli delle pernici, come vengono detti dai cacciatori, questi uccelli assumono le più strane attitudini, e corrono intorno, alcuni a sinistra altri a destra. Audubon descrive i maschi di un airone (Ardea herodias) che passeggiano intorno sulle loro lunghe zampe con gran sussiego innanzi le femmine, sfidando i loro rivali. In uno dei disgustosi avoltoi delle carogne (Cathartes jota) lo stesso naturalista asserisce che “le gesticolazioni e la bella mostra che fanno i maschi sul principio della stagione degli amori sono sommamente ridicoli”. Certi uccelli compiono i loro atteggiamenti amorosi volando, come abbiamo veduto nel ploceo nero d’Africa, invece che non sul terreno. In primavera la nostra Sterpazzola (Sylvia cinerea) si alza sovente a pochi metri nell’aria sopra un qualche cespuglio, e “si libra con un moto curioso e fantastico, cantando sempre, finchè ripiomba sul suo ramo”. La grande Starda inglese si atteggia in modi indicibilmente strani mentre corteggia la femmina, come è stata disegnata da Wolf. Una starda indiana affine (Otis bengalensis) in quel tempo “si solleva perpendicolarmente nell’aria battendo con velocità le ali alzando la cresta e facendo sollevare le penne del collo o del petto, poi piomba sul terreno”; ripete questo maneggio varie volte di fila, mentre fa un particolare suono ronzante. Quelle femmine che si trovano colà presso “obbediscono a quegli ordini saltellanti”, e quando esse si avvicinano il maschio trascina le ali per terra ed espande la coda come un tacchino.
Ma il caso più curioso è quello che presentano tre generi affini di uccelli d’Australia, le famose clamidere: senza dubbio sono i condiscendenti di qualche specie antica che acquistò primieramente lo strano istinto di costrurre pergolati per compiere i giuochi amorosi. I pergolati, che, come vedremo in seguito, sono benissimo ornati di penne, di conchiglie, di ossa e di foglie, sono costrutti sul terreno pel solo scopo del corteggiamento, perchè i loro nidi son fatti sugli alberi. I due sessi si occupano della costruzione di questa sorta di boschetti fatti ad arco, ma il maschio è il costruttore principale. Questo istinto è tanto potente che viene praticato anche in reclusione, ed il signor Strange ha descritto i costumi di alcune clamidere che tiene nella sua uccelliera nella Nuova Galles del Sud. “Alle volte il maschio insegue la femmina per tutta l’uccelliera, poi va nel pergolato, prende col becco una bella piuma o una grande foglia, manda una certa nota singolare, solleva tutte le piume, corre intorno all’arco, e diviene così eccitato che gli occhi sembrano volergli uscire dal capo; continua spiegando prima un’ala, poi l’altra, mandando una nota bassa, sibilante, simile a quella del gallo domestico, fa le viste di prender col becco qualche cosa dal terreno, finchè la femmina gli si avvia adagino incontro”. Il capitano Stokes ha descritto i costumi e i “luoghi di sollazzo” di un’altra specie, la clamidera maggiore, che fu veduta “trastullarsi volando avanti e indietro, prendendo una conchiglia alternativamente da ogni lato, e portandola in bocca attraverso l’arco”. Queste curiose costruzioni, fatte coll’unico scopo di sale di riunione, ove i due sessi si divertono e si corteggiano, devono costare agli uccelli molto lavoro. Per esempio, il pergolato della Chlamydera cerviniventris è quasi lungo un metro e venti centimetri ed è alto quarantasei centimetri, ed è collocato sopra una fitta piattaforma di verghette.
Ornamenti. – Comincerò a parlare dei casi in cui i maschi sono ornati esclusivamente o in maggior grado delle femmine; ed in un susseguente capitolo di quelli in cui i due sessi sono ugualmente ornati, e finalmente di quei rari casi in cui la femmina è in certo modo più brillantemente colorita del maschio. Come negli ornamenti artificiali usati dagli uomini selvaggi ed inciviliti, così pure negli ornamenti naturali degli uccelli la testa è la sede principale degli ornamenti. Questi ornamenti, come sono menzionati nel principio di questo capitolo, sono di natura meravigliosamente varia. Il piumaggio sulla fronte o dietro il capo è fatto di piume svariatamente foggiate, che talvolta possono sollevarsi od espandersi, per cui i loro bellissimi colori sono al tutto messi in vista. Alle volte si osservano sulle orecchie ciuffi eleganti. Il capo è talora coperto d’una calugine vellutata come quella del fagiano, o è nudo e vivacemente colorito, o sostiene appendici carnose, filamenti e protuberanze sode. Anche la gola è talvolta ornata di una barba, o di bargigli o caruncole. In generale questa sorta di appendici hanno colori brillanti, e servono senza dubbio di ornamento, sebbene non sempre abbiano ai nostri occhi questa apparenza; perchè mentre il maschio è nell’atto di corteggiare la femmina sovente si gonfiano ed assumono tinte più vivaci, come nel caso del tacchino maschio. In quel tempo le appendici carnose che ornano il capo del maschio del Fagiano Tragopan (Cerionis temminckii) si gonfiano e divengono sulla gola come una grossa barba, e dai due lati dello splendido ciuffo come due cornetti; e questi sono coloriti del turchino più intenso che io mi abbia mai veduto. Il Bucorx abyssinicus gonfia il suo bargiglio scarlatto a mo’ di vescica che ha sul collo, e colle ali cascanti e la coda spiegata “fa bellissima mostra di sè”. Anche l’iride dell’occhio è alle volte più brillantemente colorita nel maschio che non nella femmina; e questo è frequentemente il caso pel becco, per esempio, del nostro merlo comune. Nel Buceros corrugatus tutto il becco e l’immenso elmo sono vistosamente più coloriti nel maschio che non nella femmina; e “le scanalature oblique che stanno sui lati della mandibola inferiore sono particolari al sesso mascolino”.
Sovente i maschi sono ornati di penne e piume allungate che scaturiscono da ogni parte del corpo. Le piume del collo e del petto si sviluppano talora in graziosi collari e gorgiere. Le piume della coda sono frequentemente più lunghe, come vediamo nelle copritrici della coda del pavone, e nella coda del fagiano Argo. Il corpo di questo uccello non è più grosso di un pollo; tuttavia la sua lunghezza dall’apice del becco alla estremità della coda non è minore di un metro e sessanta centimetri. Le penne delle ali non sono tanto sovente allungate come quelle della coda, perchè il loro allungamento impedirebbe l’atto del volare. Tuttavia le belle penne secondarie ocellate delle ali del fagiano Argo maschio sono lunghe quasi cinquanta centimetri; ed in un piccolo succiacapre di Africa (Cosmetornis vexillarius) una delle penne primarie delle ali durante la stagione degli amori vien lunga fino a un metro e mezzo, mentre l’uccello stesso non ha che ventisei centimetri di lunghezza. In un altro genere affinissimo ai succiacapre gli steli delle penne delle ali allungate sono nudi, tranne all’apice, dove v’è un disco. Parimente in un altro genere di succiacapre le penne della coda sono pure prodigiosamente più sviluppate; cosicchè vediamo la stessa sorta di ornamento acquistato dai maschi di uccelli intimamente affini mercè lo sviluppo di piume grandemente diverse.
È un fatto singolare che le piume di uccelli che appartengono a gruppi distinti sono state modificate quasi esattamente nello stesso modo particolare. Così le penne delle ali di uno dei sopramenzionati succiacapre sono lungo il cannello nude e terminano in un disco; o sono, come vengono talora dette, foggiate a cucchiaio o a racchetta. Queste sorta di penne si presentano sulla coda di un Motmot (Eumomota superciliaris), di un martin pescatore, di una fringilla, di un uccello mosca, di un pappagallo, di parecchi Dicrurus ed Edolius dell’India (in uno dei quali il disco sta verticalmente), e nella coda di certi uccelli di paradiso. In questi ultimi uccelli queste penne, vagamente ocellate, ornano il capo, come pure è il caso per certi uccelli gallinacei. In una starda indiana (Sypheotides auritus) le piume che formano i ciuffi delle orecchie, e che sono lunghe circa dieci centimetri, terminano pure a disco. Le barbe delle penne di vari uccelli molto distinti sono filamentose o piumose, come in alcuni Aironi, Ibis, Uccelli di Paradiso e Gallinacei. In altri casi le barbe scompaiono, lasciando nudi gli steli; e questi della coda della Pararlisea apoda giungono alla lunghezza di novanta centimetri. Le penne più corte quando sono così denudate sembrano setole, come si vedono sul petto del tacchino. Come ogni foggia passeggera di vestiario viene ammirata dall’uomo, così negli uccelli ogni mutamento della struttura o nel colorito delle piume nel maschio sembrano essere state ammirate dalla femmina. Il fatto che le piume di gruppi al tutto distinti sono state modificate in un modo analogo dipende senza dubbio primariamente da ciò che tutte le piume avendo quasi la stessa struttura e lo stesso modo di sviluppo, hanno conseguentemente tendenza a variare nello stesso modo. Vediamo sovente una tendenza ad una analoga variabilità nel piumaggio delle nostre razze domestiche che appartengono a specie distinte. Così i ciuffi sono comparsi in parecchie specie. In una varietà estinta di tacchini il ciuffo consisteva di piume nude sovrastate da piume caluginose, per cui rassomigliavano, fino a un certo punto, alle penne a foggia di racchette sovra descritte. In certe razze di piccioni e di polli le penne sono piumose con qualche tendenza ad avere lo stelo nudo. Nell’oca di Sebastopoli le piume scapolari sono allungatissime, arricciate, o anche rivolte, a spira, col margine piumoso.
Rispetto al colore non vi è guari da dire ora gran cosa, perchè ognuno sa quanto splendide siano le tinte degli uccelli, e con quanta armonia siano combinate. Sovente i colori sono metallici ed iridescenti. Talora le macchie circolari sono circondate da una o da più zone ombreggiate differentemente, e così vengono convertite in ocelli. E neppure è necessario dir molto intorno alla meravigliosa differenza fra essi, o della somma bellezza dei maschi di alcuni uccelli. Il pavone comune ci presenta un esempio notevolissimo. Le femmine degli uccelli di paradiso sono di colori oscuri e prive di ogni sorta di ornamenti; mentre i maschi sono forse fra gli uccelli meglio ornati, e in tante fogge, che bisogna vederli per apprezzarli. Le piume allungate color d’oro aranciato che sortono di sotto le ali della Paradisea apoda, quando sono rialzate verticalmente e fatte vibrare, son descritte come formanti una sorta di aureola, nel centro della quale il capo “appare come un piccolo sole di smeraldo con raggi formati dalle due piume”. In un’altra specie molto più bella il capo è calvo, “e di un bell’azzurro cobalto, attraversato da parecchie linee di piume vellutate nere”.
I maschi degli uccelli mosca gareggiano quasi in bellezza cogli uccelli di paradiso, come ammetterà chiunque abbia veduto gli splendidi volumi del signor Gould o la sua ricca collezione. È cosa notevolissima osservare in quante fogge svariate sono ornati questi uccelli. Quasi ogni parte del piumaggio è stata migliorata o modificata, e le modificazioni sono state spinte, come mi ha mostrato il signor Gould, ad un punto prodigioso in alcune specie che appartengono a quasi ogni sotto-gruppo. Questi casi sono curiosamente simili a quelli che noi vediamo nelle nostre razze bizzarre, allevate dall’uomo per servire di ornamento: in origine certi individui variano in un carattere, ed altri individui appartenenti alle stesse specie in altri caratteri, e di queste variazioni ha tratto partito l’uomo aumentandole estremamente, come la coda del piccione pavonino, il cappuccio del giacobino, il becco ed i bargigli del messaggere, e così avanti. L’unica differenza che passa fra questi casi è che in uno l’effetto è dovuto alla scelta operata dall’uomo, mentre nell’altro, come negli uccelli mosca, negli uccelli di paradiso, ecc., è dovuto alla scelta sessuale, che è la scelta operata dalle femmine dei maschi più belli.
Menzionerò solo un altro uccello, notevole pel grande contrasto che esiste fra i colori dei due sessi, cioè il famoso Chasmorhynchus niveus dell’America meridionale, di cui si può distinguere la nota alla distanza di circa tre miglia, e che fa le meraviglie a chi per la prima volta lo sente. Il maschio è di un bianco puro, mentre la femmina è verde scuro; ed il primo colore nelle specie terrestri di mole moderata e di abiti innocui è rarissimo. Parimente il maschio, come è stato descritto da Waterton, ha un tubo spirale lungo quasi sette centimetri che sorge alla base del becco. È di un nero lucido, punteggiato sopra di minutissime piume caluginose. Questo tubo può essere gonfiato d’aria mercè una comunicazione col palato; e quando non è gonfio pende giù da un lato. Il genere consiste di quattro specie, i maschi delle quali sono molto distinti, mentre le femmine, come le descrive il signor Sclater in un lavoro interessantissimo, si rassomigliano intimamente, offrendo così un eccellente esempio della legge comune, che nello stesso gruppo i maschi differiscono molto più fra loro che non le femmine. In una seconda specie (C. nudicollis) il maschio è pure bianco di neve, eccettuato un grande spazio di pelle nuda sulla gola e intorno agli occhi, che durante la stagione delle nozze è di un bel colore verde. In una terza specie (C. tricarunculatus) il capo ed il collo soltanto del maschio sono bianchi, il rimanente del collo è bruno-castagno, e il maschio di questa specie è fornito di tre sporgenze filamentose lunghe quanto la metà del corpo – una che scaturisce dalla base del becco e le due altre dagli angoli della bocca.
Il piumaggio colorito e certi altri ornamenti dei maschi adulti sono talora conservati per tutta la vita o si rinnovano periodicamente in estate e nella stagione delle nozze. In questa stagione il becco e la pelle nuda intorno al capo cambiano sovente colore, come segue in alcuni aironi, ibis, gabbiani, uno dei Chasmorhynchus menzionati poco fa, ecc. Negli ibis bianchi, le gote, la pelle che si gonfia dalla gola, e la porzione basale del becco divengono cremisini. In uno dei ralli, Gallicrex cristatus, si sviluppa una grande caruncola rossa durante questo stesso periodo sul capo del maschio. Così pure è il caso per una sottile cresta cornea sul becco di un pellicano, P. erythrorhynchus; perchè dopo la stagione delle nozze queste creste cornee cadono, come le corna dei cervi, e la spiaggia d’un’isola in un lago della Nevada venne trovata coperta di queste curiose spoglie.
I mutamenti di colore del piumaggio secondo la stagione dipendono prima di tutto da una doppia muta annua, secondariamente da un attuale mutamento di colore delle penne medesime, e in terzo luogo da ciò che i loro margini coloriti di scuro sono periodicamente perduti, oppure da questi tre processi più o meno combinati. La perdita dei margini decidui può essere paragonata al mutare che fanno i giovani uccelli il loro piumino; perchè il piumino nella maggior parte dei casi deriva dall’apice delle prime vere piume.
Rispetto agli uccelli che annualmente van soggetti ad una doppia muta, essi sono, in primo luogo, certi generi, per esempio i beccaccini, le pernici di mare (Glareolae) ed i chiurli, nei quali i due sessi si rassomigliano e non mutano colore in nessuna stagione. Non so se il piumaggio invernale sia più fitto e tenga più caldo di quello estivo, che sembra, quando non v’ha mutamento dl colore, la causa più probabile di una doppia muta. In secondo luogo, vi sono uccelli, per esempio certe specie di Totanus ed altre gralle, i sessi dei quali si rassomigliano fra loro, ma hanno un piumaggio invernale ed estivo un tantino differente. Tuttavia in questi casi la diversità nel colore è così leggera che può appena essere per essi un vantaggio; e può forse essere attribuita all’azione diretta delle differenti condizioni a cui gli uccelli sono esposti durante le due stagioni. In terzo luogo vi sono molti altri uccelli di cui i sessi sono simili, ma che sono grandemente differenti nel loro piumaggio estivo ed invernale. In quarto luogo, vi sono uccelli i sessi dei quali differiscono fra loro nel colore; ma le femmine, sebbene facciano due mute, conservano gli stessi colori durante tutto l’anno, mentre i maschi sopportano un mutamento e talora come in certe starde, un grande mutamento di colore. In quinto ed ultimo luogo, vi sono uccelli di cui i sessi differiscono fra loro tanto nel piumaggio invernale come nell’estivo, ma il maschio sopporta un mutamento maggiore in ogni stagione ricorrente che non la femmina – e di questo il Combattente (Machetes pugnax) offre una buona prova.
Rispetto alla causa od allo scopo della differenza di colore fra il piumaggio estivo e quello invernale, questo può in alcuni casi, come nella pernice di montagna, servire nelle due stagioni di protezione. Quando la differenza fra i due piumaggi è lieve, può forse essere attribuita, come è stato osservato, alla azione diretta delle condizioni della vita. Ma in molti uccelli non vi può essere guari dubbio che il piumaggio estivo è di ornamento, anche quando i due sessi sono simili. Possiamo conchiudere che questo è il caso in molti aironi, perchè acquistano le loro belle piume solo durante la stagione degli amori. Inoltre quelle piume, quei ciuffi, ecc., sebbene siano posseduti dai due sessi, sono alle volte molto più sviluppati nel maschio che non nella femmina, e rassomigliano alle piume ed agli ornamenti che in altri uccelli posseggono solo i maschi. È pure noto che la reclusione, alterando il sistema riproduttore degli uccelli maschi, arresta di frequente lo sviluppo dei loro caratteri sessuali secondari; ed io sono informato dal signor Bartlett che otto o nove esemplari di piovanello maggiore (Tringa canutus) conservavano nel Giardino Zoologico di Londra il loro piumaggio invernale disadorno durante tutto l’anno; e da questo fatto possiamo dedurre che il piumaggio estivo, sebbene comune ai due sessi, partecipa della natura del piumaggio esclusivamente mascolino di molti altri uccelli.
Dai sopramenzionati fatti, e più specialmente da ciò che nessun sesso di certi uccelli cambia colore durante una qualche muta annua, o cambia così lievemente che il mutamento non può recargli grande utile, e da ciò che le femmine di altre specie mutano due volte conservando tutto l'anno gli stessi colori, possiamo conchiudere che l’abito del mutare due volte nell’anno non è stato acquistato onde il maschio assuma durante la stagione delle nozze un carattere ornamentale; ma che la doppia muta essendo stata originariamente acquistata per qualche scopo distinto, è venuto in seguito utile in certi casi per l’acquisto del piumaggio nuziale.
A prima vista sembra una circostanza sorprendente che in uccelli strettamente affini alcune specie sopportino regolarmente una doppia muta annua, ed altre solamente una sola. Per esempio, la pernice di montagna muta le penne due volte o anche tre volte all’anno, ed il fagiano di monte soltanto una; alcune delle splendidissime Nectariniae dell’India ed alcuni sottogeneri di pispole dai colori oscuri (Anthus) hanno doppia muta; mentre altri hanno soltanto una muta annua. Ma le graduazioni nel modo di mutare le penne, che si conoscono seguire in vari uccelli, ci dimostrano come le specie, o gruppi interi di specie, possano avere acquistato originariamente la loro doppia muta annua, o avendone una volta acquistato l’abitudine, l’hanno poi nuovamente perduta. In certe starde ed in certi pivieri la muta invernale è lungi dall’essere compiuta, alcune penne sono rinnovate, ed alcune mutano colore. Vi è pure ragione per credere che in certe starde ed in certi rallidi, che sopportano propriamente una doppia muta, alcuni dei maschi più vecchi conservano il loro piumaggio nuziale lungo tutto l’anno. Alcune poche penne molto modificate possono soltanto venire aggiunte al piumaggio in primavera, come segue nelle penne della coda a disco di certe specie del genere Bhringa nell’India, e nelle penne allungate del dorso, del collo o del ciuffo di certi aironi. Con cosiffatti stadi la muta invernale può divenir compiuta, finchè una doppia e perfetta muta sia acquistata. Sì può anche dimostrare l’esistenza di una graduazione nella lunghezza del tempo durante il quale ogni piumaggio annuale è conservato; cosicchè uno può venir conservato per tutto l’anno, e l’altro al tutto perduto. Così il Machetes pugnax conserva il suo collare per soli due mesi in primavera. Il maschio della Vedova (Chera progne) acquista in Natal il suo bel piumaggio e le lunghe piume nel dicembre o gennaio, e le perde in marzo; cosicchè non le conserva che tre mesi. La maggior parte delle specie che sostengono una doppia muta conservano le loro piume d’ornamento per lo spazio di quasi sei mesi. Tuttavia il maschio del Gallus bankiva selvatico conserva le piume sfilacciate del collo per nove o dieci mesi; e quando cadono, si veggono pienamente le piume nere sottostanti. Ma nel discendente domestico di questa specie i filamenti del collo del maschio sono sostituiti immediatamente da altri nuovi, cosicchè noi vediamo qui, rispetto ad una parte nel piumaggio, una doppia muta, che per l’addomesticamento è divenuta una muta unica.
Si sa benissimo come l’Anatra comune (Anas boschas) perde, dopo la stagione degli amori, il suo piumaggio maschile per un periodo di tre mesi, durante il quale assume quello della femmina. Il maschio del Codone (Anas acuta) perde il suo piumaggio nel brevissimo periodo di sei settimane o due mesi; e Montagu osserva che “questa doppia muta entro un così breve tempo è una straordinarissima circostanza, che fa diffidare di ogni umano ragionamento”. Ma colui che crede nella graduata modificazione delle specie non troverà nulla di che meravigliare scorgendo ogni sorta di graduazione. Se il codone maschio fosse per acquistare il suo nuovo piumaggio in un periodo ancor più breve, le nuove piume maschili si sarebbero necessariamente mescolate colle vecchie, ed entrambe con alcune proprie della femmina; e questo è, a quanto pare, il caso nel maschio di un uccello assai affine, cioè Merganser serrator, perchè si dice che i maschi “sopportano un mutamento di piumaggio, che li rende simili, fino a un certo punto, alla femmina”. Mercè un acceleramento ulteriore nel processo, la doppia muta verrebbe al tutto perduta.
Alcuni uccelli maschi, come abbiamo detto sopra, acquistano in primavera colori molto più brillanti, non per una muta invernale, ma talora per un cambiamento attuale di colore nelle penne, o per la perdita dei loro margini decidui coloriti oscuramente. I mutamenti di colore compiuti in tal modo possono durare per un tempo più o meno lungo. Nel Pelecanus onocrotalus una bella tinta rosea, con macchie color limone sul petto, ricopre tutto il piumaggio in primavera, ma queste tinte, siccome asserisce il signor Sclater, “non durano un pezzo, scomparendo generalmente in circa sei settimane o due mesi dopo che sono state acquistate”. Certe fringille perdono i margini delle penne in primavera, e allora acquistano un colore più vivace, mentre altre fringille non van soggette a nessun mutamento. Così la Fringilla tristis degli Stati Uniti (come pure molte altre specie americane) mostrano i loro brillanti colori soltanto quando l’inverno è passato, mentre il nostro cardellino, che rappresenta esattamente quest’uccello pei costumi, e il nostro lucarino che lo rappresenta ancor più strettamente nella struttura, non sopportano nessun mutamento annuale. Ma una differenza di questa sorta nel piumaggio di specie affini non è sorprendente, perchè nel fanello comune, che appartiene alla stessa famiglia, le macchie rosse della fronte e del petto non si veggono che durante la primavera in Inghilterra, mentre in Madera questi colori sono conservati per tutto l’anno.
Mostra che fanno gli uccelli maschi del loro piumaggio. – Ogni sorta di ornamenti, acquistati sia permanentemente sia temporaneamente, vengono messi in mostra con avvedutezza dai maschi, e servono, da quanto pare, per eccitare o attirare, o allettare le femmine. Ma talora i maschi fanno pompa dei loro ornamenti anche quando non sono in presenza delle femmine, come segue occasionalmente nei tetraoni nei loro luoghi di riunione, e come si può osservare nel pavone; tuttavia quest’ultimo uccello evidentemente desidera uno spettatore qualunque, e fa bella mostra della sua bellezza, come ho veduto sovente, innanzi al pollame, e anche innanzi ai maiali. Tutti i naturalisti che hanno studiato attentamente i costumi degli uccelli, sia allo stato di natura o in reclusione, sono unanimi nel credere che i maschi si compiacciono nel far pompa della loro bellezza. Audubon parla frequentemente del maschio come occupato a cercare ogni mezzo per piacere alla femmina. Il signor Gould, dopo aver descritto alcune particolari bellezze di un maschio di uccello mosca, dice che non dubita affatto che egli non abbia il potere di mostrarle il meglio possibile innanzi alla femmina. Il dottore Jerdon insiste su ciò che il bel piumaggio del maschio serve “ad affascinare ed attirare la femmina”. Il signor Bartlett, nel Giardino Zoologico di Londra, mi esprimeva nei termini più forti la sua opinione in questo senso.
Deve essere uno spettacolo meraviglioso, nelle foreste dell’India, “trovarsi ad un tratto in mezzo a venti o trenta pavoni, mentre i maschi fanno mostra del loro splendido strascico e girano in tutta la pompa del loro orgoglio innanzi alle femmine soddisfatte”. Il tacchino selvaggio rialza il suo lucido piumaggio, espande la sua coda finamente zonata e le sue ali colle piume a fasce, ed assume al tutto, coi suoi bargigli rossi e turchini, un aspetto superbo, sebbene ai nostri occhi sia grottesco. Simili fatti sono stati già riferiti per ciò che riguarda varie sorta di tetraoni. Veniamo ora ad un altro Ordine. La Rupicola crocea maschio è uno dei più splendidi uccelli del mondo, essendo di un colore arancio brillante con alcune penne curiosamente troncate e piumose. La femmina è verde-bruniccio, ombreggiata di rosso, ed ha una cresta molto più piccola. Sir R. Schomburgk ha descritto il loro corteggiamento; egli trovò un loro luogo di riunione dove v’erano dieci maschi e due femmine. Lo spazio aveva il diametro di un metro e venti centimetri a un metro e mezzo, e sembrava esser stato ripulito da ogni filo d’erba e spianato come dalla mano dell’uomo. Un maschio “stava facendo capriole con evidente soddisfazione di parecchi altri. Ora spiegava le ali sporgendo in su il capo, ora apriva la coda come un ventaglio, ora camminava fieramente con passo saltellante finchè era stanco; allora emetteva una certa nota, e veniva sostituito da un altro. In tal modo tre di essi successivamente entrarono in campo, e allora tutti contenti si ritirarono per riposare”. Gli Indiani, onde impadronirsi delle loro pelli, aspettano in uno dei luoghi di riunione finchè gli uccelli sono impegnati seriamente nei loro giuochi, e allora possono uccidere, colle loro frecce avvelenate, quattro o cinque maschi uno dopo l’altro. Negli uccelli di paradiso una dozzina o più di maschi in pieno piumaggio si riuniscono sopra un albero per compiere le loro danze, come vengono dette dagli indigeni; e là volando in giro, alzando le ali e sollevando le loro stupende piume, e facendole vibrare, fanno sì, come dice il signor Wallace, che tutto l’albero sembra pieno di piume ondeggianti. Quando sono cosiffattamente impegnati divengono tanta assorti che un abile arciere può uccidere tutto il branco. Si dice che questi uccelli, quando sono tenuti in reclusione nell’Arcipelago Malese, hanno cura di tenersi pulite le piume, sollevandole spesso, esaminandole, e togliendo via ogni macchia di sudiciume. Un osservatore che ne tenne vivo qualche paio, non dubita che la mostra che faceva il maschio non fosse collo scopo di piacere alla femmina.
Il fagiano dorato (Thaumalea picta) durante il corteggiamento non solo espande e rialza il suo merletto di piume, ma lo gira, come ho veduto io stesso, obliquamente verso la femmina da qualunque lato questa si trovi, evidentemente acciò che una larga superficie possa essere messa in mostra innanzi a lei. Il signor Bartlett ha osservato un Polyplectron maschio nell’atto del corteggiare, e mi ha mostrato un individuo impagliato nell’atteggiamento che aveva preso. La coda e le penne delle ali di questo uccello sono ornate di begli ocelli, simili a quelli della coda del pavone. Ora, quando il pavone fa bella mostra di sè, allarga e rialza la coda trasversalmente al corpo, perchè sta in faccia alla femmina, e deve mostrarle, nello stesso tempo, la gola ed il petto riccamente coloriti di turchino. Ma il petto del Polyplectron ha colori oscuri, e gli ocelli non si limitano alle piume della coda. In conseguenza il Polyplectron non si mette in faccia alla femmina, ma rialza ed espande le piume della coda un po’ obliquamente, piegando l’ala allargata dallo stesso lato e rialzando quella del lato opposto. In questa attitudine gli ocelli sono esposti sopra tutto il corpo innanzi agli occhi della femmina che sta ammirandoli molto estesamente. Da qualunque parte essa possa girare, le ali allargate e la coda obliquamente rialzata vengono rivolte verso di lei. Il maschio del fagiano Tragopan opera quasi nello stesso modo, perchè rialza le piume del corpo, sebbene non l’ala medesima, dal lato che è opposto alla femmina, e che sarebbe altrimenti nascosto, cosicchè quasi tutte le sue piume vagamente macchiate sono messe in mostra nel medesimo tempo.
Il caso del fagiano Argo è ancor più notevole. Le remiganti secondarie immensamente sviluppate, che sono proprie del maschio, sono ornate di una fila di venti a ventitrè ocelli, ognuno dei quali ha il diametro di ventisei millimetri. Le piume sono pure elegantemente segnate di fasce oblique oscure e file di macchie, come quelle combinate della tigre e del leopardo. Gli ocelli sono tanto vagamente ombreggiati che, siccome osserva il duca d’Argyll, sembrano simili ad un occhio che sta dentro la sua orbita. Ma quando guardai l’esemplare del Museo Britannico, che è preparato colle ali espanse e strascicanti, rimasi molto disingannato, perchè gli ocelli parevano piatti o anche concavi. Tuttavia il signor Gould mi spiegò subito il fatto, perchè egli aveva disegnato un maschio mentre stava pavoneggiandosi. Allora le lunghe penne secondarie delle due ali vengono rialzate ed espanse verticalmente; e queste, insieme colle penne della coda enormemente allungate, formano un grande e diritto ventaglio semicircolare. Ora, appena le copritrici delle ali sono tenute in questa posizione, e la luce brilla al disopra di esse, spicca l’effetto pieno delle ombre, ed ogni ocello rassomiglia repentinamente ad un occhio dentro l’orbita. Queste penne son state mostrate a parecchi artisti, e tutti hanno espresso la loro ammirazione per quel perfetto ombreggiamento. Si può ora domandare se quegli ornamenti così artisticamente dipinti siano prodotti dalla scelta sessuale. Ma sarà meglio differire a rispondere a ciò finchè non tratteremo nel prossimo capitolo del principio di graduazione.
Le remiganti primarie, che in molti uccelli gallinacei sono uniformemente colorite, sono nel fagiano Argo oggetti non meno meravigliosi che non le remiganti secondarie. Sono esse di una dolce tinta bruna con moltissime macchie oscure, ognuna delle quali è fatta di due o tre gocce nere circondate da una zona oscura. Ma l’ornamento principale è uno spazio parallelo allo stelo turchino-scuro, che forma nel disegno una perfetta seconda piuma posata dentro la vera penna. Questa parte interna è colorita di un color castagno-chiaro, ed è finamente goccettata di minuti punti bianchi. Ho mostrato questa penna a parecchie persone, e molti l’hanno trovata ancor più bella delle penne ad occhio ed hanno asserito che pareva piuttosto opera dell’arte che non della natura. Ora queste piume sono al tutto nascoste in ogni occasione ordinaria della vita, ma vengono mostrate allorchè le penne secondarie si rialzano, sebbene in modo molto differente; perchè sono allargate di faccia come due piccoli ventagli o scudi, uno per ogni lato del petto presso il terreno.
Il caso del fagiano maschio Argo è sommamente interessante perchè somministra una buona prova che la più raffinata bellezza può solo servire per allettare la femmina e non per alcun altro scopo. Dobbiamo conchiudere che questo è il caso, perchè le remiganti primarie non sono mai messe in vista, e gli ornamenti fatti ad occhi non sono mostrati nella loro più grande perfezione tranne quando il maschio assume l’atto del corteggiare. Il fagiano Argo non ha colori brillanti, cosicchè la sua buona riuscita nel corteggiare sembra essere stato l’effetto della grande mole delle sue piume, e della elaborazione dei più eleganti modelli. Molti dichiareranno che è al tutto impossibile che la femmina di un uccello possa apprezzare le belle tinte e le forme squisite. Senza dubbio, è un fatto meraviglioso che essa possegga questo gusto in un grado quasi umano, sebbene forse ammiri piuttosto l’effetto generale anzichè ogni particolare separato. Colui che crede di potere con sicurezza misurare la scelta ed il gusto degli animali inferiori, può negare che la femmina del fagiano Argo sappia apprezzare una cosiffattamente raffinata bellezza; ma sarà obbligato ad ammettere che gli strani atteggiamenti presi dal maschio durante l’atto del corteggiamento, per cui la meravigliosa bellezza del suo piumaggio viene a spiegarsi pienamente, non hanno scopo alcuno; e questa è una conclusione che io non ammetterò mai.
Quantunque tanti fagiani e tanti uccelli gallinacei affini facciano mostra del loro bel piumaggio innanzi alle femmine, è notevole, come m’informa il signor Bartlett, che questo non è il caso pel fagiano orecchiuto ed il fagiano di Wallich dai colori oscuri (Crossoptilon auritum e Phasianus Wallichii); cosicchè questi uccelli sembrano conoscere che hanno poca bellezza da mettere in mostra. Il signor Bartlett non ha mai veduto i maschi di nessuna di queste due specie combattere assieme, sebbene non abbia avuto tanta opportunità di studiare il fagiano di Wallich come il fagiano orecchiuto. Parimente il signor Jenner Weir ha trovato che tutti gli uccelli maschi forniti di splendido e bene caratterizzato piumaggio sono più battaglieri che non le specie che hanno colori sbiaditi e che appartengono ai medesimi gruppi. Per esempio il cardellino è molto più battagliero del fanello, ed il merlo più del tordo. Quegli uccelli che van soggetti ad un mutamento di piumaggio stagionale divengono pure più battaglieri in quel periodo in cui sono più vivacemente adorni. Senza dubbio i maschi di alcuni uccelli dai colori oscuri combattono disperatamente insieme, ma sembra che quando la scelta sessuale ha avuta una potente azione, e ha dato colori brillanti ai maschi di qualsiasi specie, ha pure spesso dato loro una forte tendenza a divenir battaglieri. Incontreremo, trattando dei mammiferi, casi a un dipresso analoghi. D’altra parte negli uccelli la facoltà del canto e i colori brillanti sono stati raramente acquistati insieme dai maschi della specie; ma in questo caso il vantaggio acquistato sarebbe stato identicamente il medesimo, cioè la riuscita nel piacere alla femmina. Nondimeno bisogna confessare che i maschi di parecchi uccelli dagli splendidi colori hanno avuto le loro piume specialmente modificate per lo scopo di produrre musica strumentale, sebbene la bellezza di questa non possa essere paragonata, almeno secondo il nostro gusto, con quella della musica vocale di molti cantatori.
Veniamo ora ai maschi di quegli uccelli che non hanno ornamenti di sorta, ma che tuttavia spiegano, durante il corteggiamento, tutte le attrattive che possono possedere. Questi casi sono per certi rispetti più curiosi dei precedenti, e sono poco notati. Sono debitore dei seguenti fatti scelti fra una buona raccolta di pregevoli note mandatemi dai signor Jenner Weir, che ha tenuto lungamente molte sorta di uccelli che comprendevano tutte le Fringillidae ed Emberizidae dell’Inghilterra. Il ciuffolotto si avanza in faccia alla femmina, poi spinge avanti il petto, per cui sono esposte all’occhio in tal modo molte più penne rosse che non sarebbe il caso altrimenti. Nel tempo stesso volge e piega la sua nera coda da una parte e dall’altra nel modo più ridicolo. Il fringuello maschio parimente si mette di fronte alla femmina mostrando così il suo petto rosso e il capo cilestro; nello stesso tempo le ali sono un tantino allargate, per cui le fasce di un bianco puro che stanno nelle spalle fanno così maggior figura. Il fanello comune distende così il suo rosso petto, espande un tantino le sue brune ali e la sua coda, cercando di farle comparire il meglio possibile mettendo in mostra i loro bianchi margini. Tuttavia dobbiamo andar guardinghi nell’asserire che le ali siano allargate pel solo scopo di metterle in mostra, perchè alcuni uccelli che non hanno belle ali le espongono nello stesso modo. Questo è il caso pel gallo domestico: ma è sempre l’ala del lato opposto alla femmina che viene allargata, e contemporaneamente trascinata sul terreno. Il cardellino maschio si comporta differentemente da tutte le altre fringille: le sue ali sono belle, mentre le spalle sono nere, colle remiganti dai margini scuri con macchie bianche orlate di giallo-oro. Quando fa la corte alla femmina egli fa manovrare il suo corpo da una parte e dall’altra, e volge in fretta le sue ali lievemente allargate prima da un lato poi dall’altro, con un effetto abbagliante di luce dorata. Nessun’altra fringilla inglese, come mi informa il signor Weir, si volge durante il corteggiamento da un lato e dall’altro in simil modo; neppure il lucarino maschio strettamente affine, perchè facendo così non aumenterebbe per nulla la propria bellezza.
La maggior parte degli zigoli d’Inghilterra sono uccelli dai colori semplici; ma in primavera le penne del capo del migliarino di padule maschio (Emberiza schoeniculus) acquistano un bel colore nero per l’abrasione delle punte brune; e queste nell’atto dei corteggiamenti vengono rialzate. Il signor Weir ha tenuto due specie di Amadina di Australia: l’A. castanotis è una piccolissima fringilla dai casti colori, colla coda bruna, il groppone bianco e le cuopritrici superiori della coda di un bel nero; ognuna delle quali è segnata di tre grandi e vistose macchie ovali bianche. Questa specie quando è nell’atto del corteggiare la femmina allarga lievemente e fa vibrare queste cuopritrici della coda parzialmente colorite in modo singolarissimo. Il maschio dell’Amadina Lathami si comporta molto diversamente, mettendo in mostra innanzi alla femmina il suo petto brillantemente macchiettato ed il groppone scarlatto e le cuopritrici superiori pure rosso-scarlatto. Posso qui aggiungere dal dottor Jerdon, che il Bulbul indiano (Pycnonotus haemorrhous) ha le cuopritrici inferiori della coda cremisine, e si potrebbe credere che la bellezza di queste penne non possa mai essere veduta; ma quest’uccello “quando è eccitato spesso le spande lateralmente, perciò si possono vedere anche di sopra”. Il piccione comune ha sul petto piume iridescenti, e tutti possono aver veduto in qual modo il maschio gonfia il petto mentre corteggia la femmina, facendo figurare il più possibile quelle piume. Uno dei bei piccioni di Australia dalle ali bronzate (Ocyphaps lophotes) si comporta, da quello che mi ha detto il signor Weir, in modo molto diverso; il maschio mentre sta innanzi alla femmina piega il capo quasi fino a terra, allarga e rialza perpendicolarmente la coda ed espande a metà le sue ali. Egli allora lentamente ed alternativamente rialza ed abbassa il corpo, cosicchè le penne metalliche iridescenti vengono ad un tempo messe in mostra e brillano al sole.
Sono stati ora riferiti fatti sufficienti per mostrare con quanta cura gli uccelli maschi fan pompa delle loro varie bellezze, e questo fanno con abilità sorprendente. Mentre ravviano le loro piume hanno frequenti occasioni di ammirarsi e di studiare il modo di far meglio risaltare la loro bellezza. Ma siccome i maschi della stessa specie fanno pompa di loro stessi precisamente nel medesimo modo, sembra che certe azioni, dapprima forse intenzionali, siano divenute istintive. Se ciò è vero, non dobbiamo accusare gli uccelli di essere consapevolmente vanitosi; tuttavia quando vediamo il pavone andar attorno tutto tronfio, colle penne della coda allargate e vibranti, ci sembra il vero emblema dell’orgoglio e della vanità.
I vari ornamenti che posseggono i maschi sono certo importantissimi per essi, perchè sono stati acquistati in alcuni casi alle spese della facoltà del volo e della corsa, che sono divenute in tal modo molto impacciate. Il succiacapre africano (Cosmetornis), il quale durante la stagione degli amori ha una delle remiganti primarie delle ali sviluppata in una lunghissima banderuola, riman così molto impacciato nel suo volo, quantunque in altri tempi sia notevole per la sua sveltezza. La “grande mole” delle remiganti secondarie del fagiano Argo maschio dicesi “che impedisca quasi al tutto all’uccello di volare”. Le belle piume dei maschi degli uccelli di paradiso li impacciano quando soffia forte il vento. Le copritrici della coda estremamente lunghe del maschio della vedova (Vidua) dell’Africa meridionale rendono “il loro volo pesante”; ma appena le ha perdute vola bene quanto la femmina. Siccome gli uccelli si propagano quando il cibo è abbondante, è probabile che i maschi non soffrono molto disturbo nella ricerca del cibo per questo impaccio nella facoltà di muoversi; ma non vi può essere guari dubbio che debbano essere molto più in pericolo di venir presi dagli uccelli di rapina. Come pure non possiamo dubitare che il lungo strascico del pavone e la lunga coda e le lunghe penne delle ali del fagiano Argo debbano renderli una preda molto più facile per ogni belva, come il gatto tigre, di quello che sarebbe il caso. Anche i colori brillanti di molti uccelli maschi non possono a meno di metterli più in vista di ogni sorta di nemico. Quindi è probabile, come ha notato il signor Gould, che cosiffatti uccelli sono in generale timidi, come se fossero consapevoli che la loro bellezza è per essi sorgente di pericolo, e sono più difficili da scoprire e da avvicinare che non le femmine colorite di scuro e meno diffidenti al paragone, o che non i maschi giovani ancora disadorni.
È un fatto ancor più curioso che i maschi di alcuni uccelli che sono forniti di armi speciali per combattere, e che allo stato di natura sono così battaglieri che sovente si uccidono a vicenda, soffrono per avere certi ornamenti. Quelli che fanno combattere i galli tolgon via le piume del petto e tagliano la cresta e i bargigli dei loro galli; allora si dice che l’uccello è armato in guerra. Un uccello non armato, siccome asserisce il signor Tegetmeier, “ha molto svantaggio; la cresta ed i bargigli offrono una facile presa al becco del suo avversario, e siccome un gallo colpisce sempre quello che tiene, quando una volta ha ghermito il nemico, egli lo ha al tutto in suo potere. Supponendo anche che l’uccello non venga ucciso, la perdita del sangue sofferta da un uccello non armato è molto maggiore di quella che sopporta uno che sia stato preparato”. I galli d’India giovani quando combattono si afferrano sempre pei bargigli, ed io suppongo che i maschi vecchi si battono nello stesso modo. Si potrà forse dire che la cresta ed i bargigli non sono ornamenti e non possono servire a questo fine agli uccelli; ma anche ai nostri occhi la bellezza del gallo nero-lucido spagnuolo risalta molto per la sua bianca faccia e la cresta rossa; e chiunque abbia veduto gli splendidi bargigli turchini del fagiano Tragopan, quando li distende nell’atto del corteggiamento, non potrà mettere in dubbio per un momento che la bellezza non sia lo scopo ottenuto. Dai fatti precedenti noi vediamo chiaramente che le piume e gli altri ornamenti del maschio debbono essere per esso di grandissima importanza; e vedremo in seguito che la bellezza è in alcuni casi ancor più importante che non la vittoria ottenuta in battaglia.

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