Anche prima di giungere a questo punto della mia opera, molte difficoltà si saranno affollate
nella mente del lettore. Alcune di esse sono tanto serie, che fin qui non potei riflettervi senza rimanere colpito dalla loro importanza; ma per quanto so giudicarne, in gran parte sono soltanto apparenti, e quelle che sono fondate non sono, a mio avviso, fatali alla mia teoria.
Queste difficoltà od obbiezioni ponno classificarsi nei seguenti capi: - Primieramente, se le
specie derivano da altre specie, per mezzo di gradazioni insensibili, perchè non vediamo noi dappertutto innumerevoli forme transitorie? Perchè tutta la natura non è confusa, mentre al contrario le specie sono, come noi sappiamo, ben definite?


Secondariamente, è forse possibile che un animale della struttura, per esempio, e delle abitudini di un pipistrello, possa essere stato formato col mezzo di modificazioni di qualche animale dotato di abitudini e di struttura interamente diverse? Abbiamo noi a ritenere che l'elezione naturale possa produrre, da una parte organi di così debole importanza, come la coda della giraffa che serve a guisa di cacciamosche, dall'altra parte organi di una struttura tanto portentosa, come l'occhio, del quale noi possiamo appena conoscere la perfezione meravigliosa?
In terzo luogo, potrebbero gl'istinti acquistarsi o modificarsi per mezzo della elezione naturale? Quale istinto possiamo noi addurre più meraviglioso di quello che conduce le api a fabbricarsi le loro celle, che praticamente hanno preceduto le scoperte di profondi matematici?
In quarto luogo, come puossi spiegare per qual ragione le specie, quando siano incrociate,
rimangano sterili e generino una prole sterile; mentre, quando si incrocino le varietà, la loro
fecondità resta inalterata?
Discuteremo qui i due primi punti, diverse altre obiezioni negli altri capitoli, e tratteremo nei
due capitoli che seguono il presente dell'istinto e dell'ibridismo.

SULL'ASSENZA O RARITÀ DELLE VARIETÀ TRANSITORIE

 

L'elezione naturale agendo solamente per la conservazione delle modificazioni profittevoli,
ogni nuova forma, in un paese completamente abitato, tenderà a prendere il posto dei suoi propri parenti meno perfezionati o delle altre forme meno favorite, colle quali entra in lotta e cercherà infine di esterminarle. Così l'estinzione e la naturale elezione andranno di pari passo, come abbiamo dichiarato. Quindi se noi consideriamo che ogni specie sia derivata da qualche altra forma sconosciuta, ambi i progenitori e tutte le varietà transitorie saranno state generalmente esterminate, in conseguenza del processo di formazione e di perfezionamento della nuova forma.


Ma se dietro questa teoria debbono essere esistite innumerevoli forme transitorie, perchè non le troviamo noi sepolte nella crosta del globo in un numero indefinito? Sarà molto più conveniente sviluppare tale questione nel capo sulla imperfezione dei documenti geologici; qui non dirò altro, che credo tali documenti siano incomparabilmente meno perfetti, di quello che in generale si suppone. La crosta del globo è un vasto museo; ma le collezioni naturali ch'essa contiene furono formate ad intervalli di tempo immensamente lontani.

Ma quando parecchie specie strettamente affini abitano nello stesso territorio, può assicurarsi che oggidì noi troveremo molte forme transitorie. Prendiamo un caso semplice. Nel viaggiare dal nord al sud sopra un Continente, noi generalmente incontreremo ad intervalli successivi alcune specie molto affini o rappresentative, le quali evidentemente occupano un posto quasi identico nella naturale economia del Paese. Queste specie rappresentative spesso si mescolano e si confondono; di mano in mano che una diviene più scarsa, l'altra si accresce sempre più, cosicchè in fine la seconda rimpiazza la prima. Ma se si paragonino queste specie nei luoghi in cui sono frammiste, esse sono in generale assolutamente distinte fra loro, in tutti i dettagli della struttura, come gli individui presi nel centro della nativa contrada. Secondo la mia teoria, queste specie affini sono derivate da un parente comune; e, durante il processo di modificazione, ognuna di esse si uniformò alle condizioni di vita della propria regione, e succedette ai progenitori originali estinguendoli; come pure distrusse tutte le varietà transitorie fra il suo stato antico e il suo stato attuale. Quindi noi non avremo da aspettarci che possano presentemente trovarsi numerose varietà transitorie in ogni regione, benchè queste debbano esservi esistite e possano esservi sepolte nella condizione di fossili. Ma nella regione intermedia, nella quale si hanno anche condizioni di vita intermedie, perchè non troveremo oggi quelle varietà intermedie che collegano fra loro le altre forme?


Questa difficoltà mi confuse per lungo tempo; ma credo che possa in gran parte appianarsi.
In primo luogo, noi dovremo essere estremamente cauti nell'inferire che un paese sia stato continuo, per un lungo periodo, dal trovarlo continuo ai nostri giorni. La geologia ci insegnerà al contrario che quasi tutti i Continenti erano spezzati in tante isole, negli ultimi periodi terziari; ora, in queste isole possono essersi formate separatamente specie distinte, senza che fosse in alcun modo possibile l'esistenza di varietà intermedie in zone intermedie. Pei cangiamenti nella forma del Paese e nel clima, le superfici del mare, che ora sono continue, debbono essere state recentemente in una condizione uniforme e diversa da quella in cui al presente si trovano. Ma non voglio continuare in questa via, onde sottrarmi alla difficoltà; perchè io credo che molte specie perfettamente definite sieno state formate sopra vaste superfici, non interrotte menomamente; quantunque io non dubiti che l'antico stato di interruzione e di frastagliamento delle aree, oggi continue, avesse un importante ufficio nella formazione delle specie nuove, e più specialmente fra gli animali vaganti e che liberamente s'incrociano.


Se si consideri come attualmente sono distribuite le specie sopra una vasta regione, noi le troviamo generalmente numerose sopra una certa estensione del territorio; indi le vediamo diminuire d'improvviso, quanto più ci accostiamo ai confini, e infine non ne rimane alcuna traccia.


Quindi il territorio neutrale fra due specie rappresentative è in generale ristretto in confronto del territorio proprio di ciascuna di esse. Noi siamo testimoni del medesimo fatto, ascendendo i monti, ed è notevole come le specie alpine comuni repentinamente scompariscano, locchè risulta anche dalle osservazioni di Alfonso De Candolle. Il medesimo fatto fu rilevato da E. Forbes nello scandagliare la profondità del mare con la sonda. Questi fatti debbono recare qualche sorpresa a coloro che riguardano il clima e le condizioni fisiche della vita come gli elementi più importanti di distribuzione, perchè il clima e l'altezza o la profondità variano per gradi insensibilmente. Ma quando noi richiamiamo alla mente che quasi tutte le specie, anche nella loro metropoli, crescerebbero immensamente di numero, ove non avvenisse la lotta colle altre specie; che quasi tutte o predano le altre, o rimangono preda di esse; in breve, che ogni essere organico è collegato
direttamente o indirettamente in un modo molto importante cogli altri esseri organici; noi dobbiamo ammettere che la distribuzione degli abitanti di ogni paese non può dipendere esclusivamente dai cambiamenti insensibili delle condizioni fisiche, ma in massima parte dalla presenza di altre specie che loro sono indispensabili, le quali, o ne cagioneranno la distruzione, o entreranno in lotta con essi; e siccome queste specie sono ormai ben distinte, e non passano insensibilmente l'una nell'altra, la distribuzione di una specie, che appunto dipende da quella delle altre, deve tendere ad una retta demarcazione. Inoltre ogni specie, sui confini della sua contrada, ove esiste in minor quantità, deve andar soggetta alla completa distruzione per le variazioni nel numero de' suoi nemici o degli animali che sono sua preda, od anche per le stagioni; e così la sua posizione geografica deve essere vieppiù profondamente marcata.


Se è vero che le specie affini o rappresentative, quando abitano una superficie continua, sono generalmente distribuite in modo che ognuna di esse occupa una vasta estensione, frapponendosi un territorio neutrale comparativamente ristretto in cui essa diviene continuamente più scarsa; allora, siccome le varietà non differiscono essenzialmente dalle specie, la stessa regola si applicherà probabilmente ad ambedue. Se noi immaginiamo che una specie variabile si sia adattata ad una regione molto vasta, si dovrà concedere ancora che due varietà si siano uniformate a due paesi grandi ed una terza varietà si sia stabilita in una ristretta zona intermedia. Per conseguenza la varietà intermedia sarà più scarsa di numero, occupando un'area minore e più ristretta; praticamente poi questa regola, per quanto potei osservare, si estende alle varietà nello stato naturale. Io ho incontrato delle rigorose applicazioni di codesta regola nelle varietà intermedie fra altre varietà ben distinte del genere Balanus. Risulterebbe altresì dalle informazioni fornitemi dal Watson, dal dott. Asa Gray, e dal Wollaston, che generalmente, quando si trovano delle varietà intermedie fra altre due forme, esse sono più scarse in numero delle forme correlative. Ora, se noi possiamo accertare questi fatti e queste deduzioni e quindi concludere che le varietà, le quali collegano fra loro altre due varietà, sono esistite generalmente in minor numero che le forme collegate; allora io credo che noi possiamo comprendere per qual motivo le varietà intermedie non debbano durare per lunghi periodi; e come, in regola generale, abbiano a rimanere distrutte ed a scomparire più presto di quelle forme, alle quali dapprima servivano di legame intermedio.

Perchè ogni forma esistente in piccolo numero deve correre, come altrove si disse, una maggiore probabilità di essere sterminata di quello che una forma molto numerosa; in questo caso speciale, la forma intermedia sarà soggetta eminentemente alle irruzioni delle forme strettamente affini esistenti lateralmente. Ma havvi una considerazione più importante, secondo me, vale a dire che, durante il processo di ulteriori modificazioni, per mezzo del quale due varietà si perfezionano e si trasformano in due specie distinte, come viene supposto nella mia teoria, quelle che non sono molto numerose, abitando un Paese vasto, avranno un grande vantaggio sopra la varietà intermedia, esistente in piccolo numero nella zona intermedia e ristretta. Perchè le forme esistenti in gran numero avranno sempre una maggiore probabilità di presentare, in un periodo determinato, diverse variazioni favorevoli, sulle quali possa esercitarsi l'elezione naturale, piuttosto che le forme scarse che esistono in minor numero.

Quindi nella lotta per la vita le forme più comuni tenderanno a battere e soppiantare le forme meno comuni; mentre queste saranno più lentamente modificate e perfezionate. Credo che questo stesso principio spieghi per qual ragione le specie comuni d'ogni paese, come fu dimostrato nel capo secondo, presentino in media più varietà ben distinte che le specie più rare. Io posso chiarir meglio il mio concetto, supponendo che si abbiano tre varietà di pecore, la prima adatta ad una estesa regione montuosa, la seconda ad una collina relativamente ristretta, e la terza ad una vasta pianura alla base del colle. Posto che tutti gli abitanti di questo paese si sforzino, con eguale costanza ed abilità, di migliorare il loro gregge per mezzo della elezione; in tal caso, le sorti saranno assai più favorevoli ai grandi possessori della montagna o della pianura, i quali perfezioneranno le loro razze più rapidamente che i piccoli proprietari della ristretta zona di colli intermedia; e quindi la razza perfezionata di montagna o di pianura prenderà sollecitamente il posto della meno perfezionata del colle; e così le due razze, che in origine esistevano in numero maggiore, verranno in stretto contatto fra loro, senza l'interposizione della intermedia varietà del colle, che fu soppiantata.

Insomma, io credo che le specie divengano oggetti abbastanza ben marcati e definiti, in modo da non offrire in qualsiasi periodo un caos inestricabile di forme variabili, ed intermedie: primieramente perchè le nuove varietà sono formate con estrema lentezza, essendo lentissimo il processo delle variazioni, e l'elezione naturale non può agire fintanto che non si presentino variazioni favorevoli, e finchè nella naturale economia della regione non siavi un posto che possa occuparsi più vantaggiosamente, per qualche modificazione avvenuta in uno, o in parecchi abitanti.


Ora questi nuovi posti dipenderanno dagli insensibili cambiamenti del clima, o dall'accidentale immigrazione di nuovi abitanti, e probabilmente, in un grado ben più importante, dalle lente modificazioni di alcuni degli antichi abitanti; mentre le nuove forme così prodotte e le antiche agiranno e reagiranno scambievolmente le une sulle altre. Per modo che in ogni regione e in ogni tempo noi non troveremo che poche specie, le quali offrano piccole modificazioni di struttura, alcun poco permanenti; e certamente questo è ciò che vediamo.
In secondo luogo, le superfici che oggi sono continue debbono in periodi recenti essersi
trovate interrotte in porzioni isolate, in cui molte forme, specialmente in quelle classi d'animali che si accoppiano per ogni parto e sono molto vaganti, possono essere divenute separatamente abbastanza distinte, da considerarsi come specie rappresentative. In questo caso le qualità intermedie fra le varie specie rappresentative e il loro stipite comune, devono ritenersi come anticamente esistenti in ogni porzione interrotta del paese; ma questi anelli di congiunzione saranno stati sopraffatti ed esterminati durante il processo di elezione naturale, così che non trovansi più allo stato vivente.


In terzo luogo, allorchè due o più varietà vennero formate in porzioni differenti di una superficie continua, le varietà intermedie saranno state probabilmente nelle zone intermedie, ma avranno avuto in generale una breve durata. Perchè queste varietà intermedie esistettero nelle zone intermedie in minor numero di quelle varietà che esse tendono a connettere, e ciò per ragioni altrove dichiarate (cioè da quanto noi conosciamo intorno all'attuale distribuzione delle specie strettamente affini o rappresentative, come pure delle varietà note). Per questa sola causa le varietà intermedie saranno soggette alla distruzione accidentale; e durante il processo, di successive modificazioni mediante l'elezione naturale, esse saranno quasi certamente battute e soverchiate dalle forme che esse collegano; dappoichè queste, esistendo in un numero più grande, presenteranno, nell'insieme, variazioni maggiori, e così saranno vieppiù perfezionate col mezzo della elezione naturale, e guadagneranno maggiori vantaggi.
Da ultimo, pensando all'intero corso dei tempi, anzichè a un'epoca particolare, se la mia teoria è fondata, esistettero sicuramente infinite varietà intermedie, che collegarono strettamente fra loro tutte le specie di un medesimo gruppo; ma il processo di elezione naturale tende continuamente, come spesso notammo, a distruggere le madri-forme e gli anelli intermedi. Perciò la dimostrazione della loro antica esistenza può solo trovarsi negli avanzi fossili che furono preservati, come noi cercheremo dimostrare in uno dei capi seguenti con memorie estremamente imperfette ed intermittenti.

 

SULL'ORIGINE E SULLE TRANSIZIONI DEGLI ESSERI ORGANICI
DOTATI DI PARTICOLARI ABITUDINI E STRUTTURE

 

Si è chiesto dagli oppositori della nostra dottrina in che modo, per esempio, un animale carnivoro terrestre possa essere stato trasformato in animale acquatico: come può infatti un animale aver continuato ad esistere nel suo stato transitorio? Sarebbe facile dimostrare che nel medesimo gruppo esistono animali carnivori che posseggono ogni gradazione intermedia fra le abitudini veramente acquatiche e quelle puramente terrestri; ora, siccome ognuno esiste in seguito alla lotta per la vita, è chiaro che deve essere anche bene adatto nelle sue abitudini alla propria dimora nella natura. Prendiamo la Mustela vison dell'America settentrionale, che ha i piedi palmati e rassomiglia alla lontra nel suo pelo, nelle sue gambe corte, e nella forma della coda; nell'estate quest'animale si tuffa nell'acqua e si nutre di pesce, ma durante il lungo inverno abbandona le acque gelate e coglie, come gli altri gatti del polo, i sorci ed altri animali terrestri. Se si fosse scelto un altro caso e si fosse domandato, come un mammifero insettivoro possa cambiarsi in pipistrello volante, la questione sarebbe stata assai più difficile, e non avrei saputo dare alcuna risposta. Tuttavia credo che queste obbiezioni non abbiano molto peso.


In questo luogo, come in altre occasioni, io soggiaccio un grave svantaggio, perchè, tra i moltissimi fatti da me raccolti, io non posso dare che uno o due esempi di abitudini e strutture transitorie di specie strettamente affini di uno stesso genere; e di abitudini diverse costanti od accidentali in una medesima specie. Mi sembra però che una lunga lista di questi fatti basterebbe a scemare la difficoltà di ogni caso speciale, analogo a quello del pipistrello.


Consideriamo intanto la famiglia degli scoiattoli; noi abbiamo in essa la più regolare gradazione dagli individui che hanno la coda leggermente appianata, e da quelli che, come osservò J. Richardson, hanno la parte posteriore del loro corpo alquanto più larga, e la pelle dei loro fianchi più sviluppata, fino a quelli scoiattoli che si dicono volanti. Questi scoiattoli volanti hanno le loro membra ed anche la base della coda riunite per mezzo di una larga espansione della pelle, la quale serve loro di paracadute e permette ai medesimi di sostenersi nell'aria, per saltare da un albero all'altro, ad una distanza prodigiosa. Noi non possiamo mettere in dubbio che ogni struttura speciale sia utile a ciascuna razza di scoiattoli nel loro paese nativo, per renderli più agili ad evitare gli uccelli rapaci o le belve, o anche per facilitare ad essi la provvista dell'alimento, o infine per diminuire il pericolo di accidentali cadute, come può con ragione supporsi. Ma non deve da questo fatto scaturire la conseguenza ch'ogni scoiattolo sia dotato della struttura migliore che sia possibile immaginare, sotto tutte le condizioni naturali.
Poniamo che il clima e la vegetazione si mutino, poniamo che altri roditori antagonisti, o nuovi animali rapaci, si introducano, oppure che alcuni fra gli antichi animali si modifichino, e tutta l'analogia ci trarrà nell'opinione che fra gli scoiattoli almeno alcuni diminuiranno di numero o rimarranno estinti, quando non finiscano anch'essi per subire modificazioni e perfezionamenti di struttura in un modo corrispondente. Perciò io non posso vedere alcuna difficoltà, specialmente sotto condizioni di vita mutabili, nella continua preservazione di individui dotati di membrane ai fianchi sempre più sviluppate e complete, ogni modificazione essendo utile in tal caso, e trasmessa per eredità fino al punto in cui, per gli effetti accumulati di codesto eccesso di elezione naturale, si sia formato uno scoiattolo volante.

Ora portiamo la nostra attenzione sul galeopiteco, o lemuro volante, che un tempo venne falsamente classificato fra i pipistrelli. Egli possiede una larga membrana ai fianchi, la quale si estende dagli angoli della mascella fino alla coda e racchiude le estremità e le dita allungate: tale membrana è fornita di un muscolo estensore. Benchè al presente non si rinvengano legami graduali di tale struttura, tra gli altri lemuri e il galeopiteco, nondimeno io non trovo strano il supporre che anticamente questi legami esistessero e che ognuno di essi apparisse colla stessa gradazione che si osserva nel caso degli scoiattoli comuni e degli scoiattoli volanti; poichè ogni fase di miglioramento di struttura in questa direzione fu sempre utile all'individuo. Io non trovo inoltre alcuna difficoltà insuperabile nel supporre che nel galeopiteco sia avvenuto gradatamente l'allungamento dello avambraccio e delle dita, fra le quali si estende la membrana, per mezzo della elezione naturale; e ciò non sarebbe che una trasformazione di questo lemuro in pipistrello, almeno per quanto riguarda gli organi del volo. Nei pipistrelli, che hanno la membrana delle ali dal vertice della spalla alla coda, incluse le gambe posteriori, noi vediamo forse le tracce di un apparato in origine destinato piuttosto ad aiutare l'animale nell'attraversare l'aria fra due punti non molto discosti, anzi che costituito per il volo.


Se circa una dozzina di uccelli fossero rimasti estinti o non conosciuti, chi avrebbe potuto avventurarsi a congetture che possono esservi stati uccelli, i quali impiegassero le loro ali semplicemente a guisa di spatole, per svolazzare alla superficie dell'acqua come l'anitra stupida (Micropterus di Eyton), oppure servendosene di natatoie nell'acqua e di estremità anteriori sulla terra, come il pinguino; a guisa di vele come lo struzzo per facilitare la corsa; ed anche per nessuna funzione come l'apterice? Eppure la struttura di ognuno di questi uccelli è buona per lui, nelle condizioni di vita, alle quali trovasi esposto, e nelle quali deve lottare per la sua esistenza; ma quella struttura non è necessariamente la migliore possibile, in tutte le condizioni possibili. Da queste osservazioni non deve dedursi che ciascuno dei gradi citati nella struttura delle ali (che forse potranno avere avuto origine dal non-uso) indichi la gradazione naturale, per la quale gli uccelli acquistarono la perfetta facoltà di volare; valgono però almeno a dimostrare quali mezzi diversi di transizione sono possibili.


Se si riflette che alcuni pochi animali dotati di respirazione acquatica, delle classi dei crostacei e dei molluschi, sono adatti a vivere sulla terra: e si pensa che gli uccelli volano, che vi sono dei mammiferi volanti e degli insetti volanti, appartenenti ai tipi più diversi; che inoltre esistettero nelle epoche passate dei rettili volanti, allora può comprendersi come i pesci volanti, che al presente coll'aiuto delle loro pinne pettorali s'innalzano obliquamente sopra il livello del mare e attraversano l'aria in un arco largo, possano essere trasformati in animali perfettamente alati. Quando ciò fosse avvenuto, chi si sarebbe mai immaginato che in un primitivo stato transitorio essi fossero abitatori dell'oceano e usassero i loro organi incipienti del volo per schivare di essere divorati da altri pesci?
Quando noi osserviamo un organo altamente perfezionato per una speciale abitudine, come le ali degli uccelli per volare, dobbiamo riflettere che quegli animali, nel primo stadio di formazione, assai di rado potevano conservarsi sino ad oggi, perchè essi saranno stati sostituiti da altri, per mezzo del processo di perfezionamento, operato dall'elezione naturale. Inoltre noi dobbiamo pensare che i gradi transitorii fra quelle strutture che sono adattate ad abitudini di vita affatto opposte, non si svilupparono nel periodo primitivo in gran numero e sotto molte forme subordinate.

Così ritornando all'esempio ideato del pesce volante, non deve sembrare probabile che alcuni pesci, capaci di volare, possano essersi sviluppati sotto molte forme subordinate, per impadronirsi di varie sorta di preda in diversi modi, sulla terra o nell'acqua, finchè i loro organi per il volo avessero raggiunto un alto stadio di perfezione, e non avessero ottenuto un vantaggio deciso sopra gli altri animali nella lotta per la vita. Quindi la probabilità di scoprire specie dotate di gradi transitori di struttura, nella condizione di fossili, sarà sempre minore; poichè le medesime esistettero in numero molto più ristretto, che quando le specie ebbero un organismo pienamente sviluppato.

 

Ora passiamo a due o tre esempi di abitudini rese diverse e modificate presso individui di una medesima specie. In un dato caso potrà agevolmente l'elezione agire sull'animale, conformandolo, per mezzo di alcune modificazioni di struttura, alle sue nuove abitudini, oppure esclusivamente ad una di queste abitudini diverse. Ma è difficile stabilire, cosa per noi di poca entità, se generalmente le abitudini si cangino prima della struttura: o se piccole modificazioni di struttura inducano la mutazione delle abitudini; probabilmente può dirsi che ambedue variano spesso quasi simultaneamente. Quanto ai casi di cambiamento d'abitudini, basterà semplicemente ricordare i molti insetti d'Inghilterra, che attualmente si nutrono di piante esotiche, o esclusivamente di sostanze artificiali. Quanto alle abitudini diversificate, potrebbero darsi esempi senza fine. Io spesso ho osservato una specie di laniere dell'America meridionale (Saurophagus sulphuratus) svolazzare sopra un luogo e poi sopra un altro come un falchetto da torre e altre volte rimanere stazionario sul margine dell'acqua, per lanciarsi poi con impeto sul pesce a guisa di alcedine. Nel nostro stesso Paese può vedersi talvolta la cingallegra maggiore (Parus major) arrampicarsi ai rami quasi come un picchio; altre volte ammazzare i piccoli uccelli a colpi di becco, non altrimenti del laniere; ed io pure l'osservai molte volte rompere a colpi i semi del tasso sopra un ramo ed altre schiacciarli col becco, come fa il rompinoce. Nell'America del Nord fu veduto dall'Hearne l'orso nero nel mentre nuotava per diverse ore, con la bocca spalancata per cogliere gl'insetti nell'acqua, ad imitazione dei cetacei.


Come noi talvolta notiamo esservi qualche individuo d'una specie che tiene abitudini affatto diverse da quelle della specie stessa e delle altre specie del medesimo genere, possiamo arguirne, secondo la mia teoria, che questi individui accidentalmente potrebbero dare origine a nuove specie, avendo abitudini anormali e la loro struttura modificata leggermente od anche notevolmente da quelle del loro medesimo tipo. Questi fatti si incontrano nella natura. Quale esempio di adattamento infatti sarebbe più concludente di quello dei picchi che si arrampicano sugli alberi e colgono gli insetti nelle fessure della corteccia? Tuttavia trovansi nell'America settentrionale dei picchi che mangiano le frutta, ed altri forniti d'ali allungate che si impadroniscono degli insetti di volo. Nelle pianure della Plata, in cui non cresce alcun albero, havvi un picchio (Colaptes campestris) che ha due dita in avanti e due indietro, una lingua lunga ed appuntata e le penne della coda resistenti, benchè meno resistenti di quelle dei picchi tipici (ed io lo vidi ciò nondimeno usare la coda come di un punto d'appoggio per mantenersi contro un piano verticale) e dotato di un becco ritto e robusto.


Il becco non è forte come quello dei picchi tipici: è però abbastanza duro per forare il legno. Quindi il Colaptes della Prata è a considerarsi come un picchio, in tutte le parti essenziali della sua organizzazione. Persino alcuni caratteri di minore importanza, come il colore, il suono aspro della voce e il volo ondulatorio, tutto mi persuade della sua affinità coi nostri comuni picchi. Ma questo picchio, come posso assicurare dietro le mie proprie osservazioni e quelle dell'esatto Azara, in certi distretti non si arrampica mai sugli alberi, e costruisce il nido nelle cavità delle rive. In certi altri distretti lo stesso picchio, come Hudson assicura, visita gli alberi, e pratica dei fori nei tronchi per porvi il suo nido. Voglio addurre ancora un esempio di variate abitudini di vita, tolto dallo stesso gruppo. Il De Saussure ha descritto un Colaptes messicano, del quale ci racconta che pratica dei fori nel duro legno per deporvi i suoi depositi di ghiande.


Le procellarie sono fra gli uccelli i maggiori volatori e frequentatori del mare, ma nello stretto tranquillo della Terra del Fuoco la Puffinuria Berardi potrebbe essere scambiata da ognuno per un pinguino o per un colimbo, in causa delle sue abitudini generali, della sua meravigliosa facoltà di immergersi nell'acqua, del modo di nuotare, e di volare, quando involontariamente prende il volo; ciò nonostante essa è essenzialmente una procellaria, ma con molte parti della sua organizzazione profondamente modificate in rapporto alle sue nuove abitudini di vita: mentre il picchio della Plata ha una struttura solo leggermente modificata. Nel merlo acquatico al contrario il più acuto osservatore non potrebbe mai desumere le sue abitudini acquatiche per quanto ne esaminasse il corpo morto; però questo membro anomalo della famiglia dei tordi terrestri si tuffa nell'acqua, scava i ciottoli coi piedi e impiega le sue ali sotto l'acqua. Tutti i membri dell'ordine degli imenotteri sono animali terrestri, ad eccezione del genere Proctotrupes, il quale, come ha trovato recentemente il Lubbock, è acquatico nelle sue abitudini. Questi animali vanno spesso nell'acqua, si sommergono, non col mezzo delle zampe, ma delle ali, e rimangono perfino quattro ore sott'acqua. E tuttavia nulla si rinviene nella loro struttura, che fosse in relazione con abitudini così anormali.

Coloro che pensano che ogni essere sia stato creato nello stato in cui oggi lo troviamo, debbono talvolta rimanere sorpresi dall'incontrare un animale avente delle abitudini che non sono conformi alla struttura. Che cosa vi ha di più chiaro, che i piedi palmati delle oche e delle anitre siano stati formati per il nuoto: tuttavia sonovi nei paesi montuosi delle anitre a piedi palmati che raramente o quasi mai scendono nell'acqua; niuno ha mai osservato, eccetto Audubon, la fregata, che ha i suoi quattro diti palmati, posarsi sulla superficie del mare. D'altra parte, i colombi e le folaghe sono eminentemente acquatici, benchè le loro dita siano soltanto orlate con una membrana.
Certamente nulla può sembrare più evidente delle dita lunghe delle gralle, formate per camminare sopra le paludi e sulle piante acquatiche! eppure l'Ortygometra ha abitudini consimili a quelle della folaga; e il rallo è terrestre quasi come la quaglia o la pernice. In questi casi, e in molti altri che potrebbero citarsi, le abitudini furono modificate, senza che la struttura subisse cambiamenti corrispondenti. Il piede palmato dell'anitra di montagna può dirsi che sia divenuto rudimentale nella funzione, ma non già nella struttura. La membrana profondamente solcata fra le dita della fregata, prova che la struttura di questo uccello cominciò a cambiarsi.


Quelli che tengono l'opinione degli atti innumerevoli e separati di creazione diranno che in simili casi piacque al Creatore di far sì che un essere di un tipo prendesse il posto di quello d'un altro tipo; mi sembra che con ciò si ristabilisca il fatto con un linguaggio mistico. Quelli che credono nella lotta per l'esistenza e nel principio dell'elezione naturale, sanno che ogni essere organico si sforza costantemente di crescere in numero; e che se ogni essere varia, anche in menomo grado, nelle abitudini o nella struttura, e acquista per tal modo un vantaggio sopra qualche altro abitante della regione, egli ne prenderà il posto, per quanto diverso da quello che prima occupava. Quindi a costoro non parrà strano che esistano anitre e fregate a piedi palmati, le quali vivano in un paese secco e non scendano nell'acqua che assai di rado; che vi siano dei Crex dotati di lunghe dita, i quali abitano nei prati, anzichè nelle paludi; che si trovino dei picchi in luoghi in cui non esistono alberi; che si abbiano tordi che si tuffano nell'acqua e che esistano delle procellarie colle abitudini dei pinguini.

 

ORGANI ESTREMAMENTE PERFETTI E COMPLICATI

 

Io confesso liberamente che mi pare il più alto assurdo possibile supporre che l'occhio sia stato formato per mezzo dell'elezione naturale, con tutte le sue inimitabili disposizioni ad aggiustare il suo fuoco alle varie distanze, ad ammettere diverse quantità di luce e a correggere l'aberrazione sferica e cromatica. Quando si proclamò per la prima volta che il sole è immobile e che la terra gira intorno ad esso, il senso comune degli uomini dichiarò falsa questa dottrina; ma la vecchia sentenza Vox populi vox Dei, come ogni filosofo sa, non può sostenersi nella scienza. La ragione mi indica che, se può dimostrarsi che esistano numerose gradazioni dall'occhio perfetto e complesso all'occhio più semplice ed imperfetto, e che ogni grado di tale perfezionamento sia utile all'individuo; se di più l'occhio deve variare, sia pure insensibilmente, e le variazioni sono trasmesse per eredità, come appunto si verifica; e se infine ogni variazione o modificazione di un organo, sotto condizioni mutabili di vita, è sempre utile all'animale; allora la difficoltà di ammettere che un occhio perfetto e complesso possa formarsi per elezione naturale, quantunque insuperabile alla nostra immaginazione, può vincersi e questa ipotesi può ritenersi vera. Come possa un nervo divenire sensibile alla luce è una questione che non ci spetta più di quella dell'origine della nostra vita. Farò tuttavia un'osservazione. Com'è noto che alcuni degli infimi organismi, nei quali nessun nervo è giammai stato osservato, sono sensibili per la luce, così non sembra impossibile che determinati elementi del sarcode, di cui principalmente constano, siano stati aggregati e sviluppati a guisa di nervi forniti di questa specifica sensibilità.

 

Nello studiare le gradazioni, per le quali un organo di una data specie si perfezionò, noi dovremmo tener dietro esclusivamente alla serie dei predecessori; ma ciò non può farsi quasi mai, e però noi siamo costretti in ogni caso ad investigare sulle specie di un medesimo gruppo, cioè sui discendenti collaterali della stessa madre-forma originale, per vedere quante gradazioni sieno possibili, e per la probabilità della trasmissione di alcune di esse fino dai più antichi stadi della progenie, in una condizione inalterata o appena modificata. Ma anche lo stato del medesimo organo in classi diverse può alquanto mettere in chiaro la via su cui è stato perfezionato. L'organo più semplice che possa chiamarsi un occhio consta di un nervo ottico circondato da cellule pigmentarie e coperto da una cute trasparente, ma ancora sfornito di lente e di corpo rifrangente la luce. Secondo Jourdain noi possiamo fare un passo ancor più in basso e trovare aggregati di cellule pigmentarie, le quali, sfornite di nervo ottico, sono sovrapposte alla massa sarcodica e sembrano fungere da organi visivi. Gli occhi così semplici di questa categoria non permettono una chiara visione, ma servono solamente per distinguere la luce dall'oscurità.

Nelle asterie alcune piccole depressioni nello strato pigmentario che circonda il nervo, al dire del suddetto autore, sono riempite di sostanza gelatinosa trasparente, la quale sporge in fuori con superficie convessa a modo della cornea degli animali superiori. Egli suppone che questo apparato non serva per produrre una immagine, ma solamente per concentrare i raggi luminosi e render più facile la loro percezione. In questa concentrazione dei raggi noi abbiamo il primo e più importante gradino per giungere ad un vero occhio che forma immagini, imperocchè altro non ci resti che di portare la libera terminazione del nervo ottico, che in alcuni animali inferiori è profondamente sepolto nel corpo, ed in altri più avvicinato alla superficie, alla vera distanza dell'apparato di concentrazione, perchè vi si formi una immagine.


Nella grande classe degli Articolati noi possiamo partire da un nervo ottico ricoperto soltanto dal pigmento, che talvolta forma una sorta di pupilla, ma destituita di una lente o di qualsiasi altro meccanismo ottico. Ora si sa che negli insetti le numerose faccette sulla cornea dei grandi occhi composti formano delle vere lenti, e che i coni racchiudono dei filamenti nervosi modificati in modo peculiare. Ma la struttura degli occhi negli articolati è tanto svariata, che Müller formava tre classi principali di occhi composti con sette suddivisioni, a cui aggiunse una quarta classe principale, quella degli occhi semplici aggregati.


Questi fatti, quantunque esposti troppo brevemente, dimostrano quanta differenza graduale esista negli occhi degli animali inferiori, e ove si rifletta al piccolo numero di animali sopravvissuti, in confronto a quelli che furono estinti, io non saprei trovare una difficoltà molto grande (non maggiore di quella che offrono molte altre strutture) nel pensare che l'elezione naturale abbia trasformato il semplice apparato di nervo ottico, ricoperto solamente con pigmento e rivestito di una membrana trasparente, in uno strumento ottico della perfezione di quelli che si trovano in ogni individuo della grande classe degli articolati.


Coloro che mi seguiranno fino alla fine di quest'opera e troveranno una vasta congerie di fatti, i quali rimangono chiariti dalla mia teoria di discendenza, mentre in altro modo sarebbero inesplicabili, non esiteranno forse ad ammettere che un organo, anche se perfetto, come l'occhio dell'aquila, possa essersi formato in seguito alla elezione naturale; quantunque in tal caso essi ignorino quali siano stati i gradi transitorii. Fu fatta l'obiezione che per modificare l'occhio e conservarlo nondimeno come strumento perfetto, molti cambiamenti debbano essere succeduti contemporaneamente, ciò che, così si dice, non può aver operato l'elezione naturale. Ma come io ho dimostrato nella mia opera sulle variazioni degli animali allo stato di domesticità, non è necessario supporre che tutte le modificazioni siano successe allo stesso tempo, essendo estremamente leggere e graduate. Diverse categorie di modificazioni avranno potuto servire allo stesso scopo generale; così osserva il Wallace: «se una lente ha il fuoco troppo vicino o troppo lontano, essa può essere corretta con un cambiamento nella curva o con un'alterazione della densità; se la curva è irregolare ed i raggi non convergono in un punto, ogni aumento nella regolarità della curva sarà un miglioramento. Così le contrazioni dell'iride ed i movimenti muscolari dell'occhio non sono essenziali per la vista, ma semplici miglioramenti che hanno potuto apparire e perfezionarsi in ogni momento della formazione di questo strumento».


Nei vertebrati, la serie della più elevata organizzazione animale, noi possiamo partire da un occhio così semplice, come ad esempio è quello dell'Amphioxus, il quale consta di un leggero infossamento della cute trasparente, vestito di pigmento e fornito di un nervo, sprovvisto di ogni altro apparato. Nei pesci e nei rettili, come osserva Owen, «la serie graduata delle formazioni diottriche è assai grande». È un fatto molto significante che persino nell'uomo, stando all'autorità del Virchow, la lente nell'embrione si sviluppa da un ammasso di cellule epidermiche in una piega sacciforme della cute, mentre il corpo vitreo si forma dal tessuto sottocutaneo embrionale. Certamente quando si consideri l'origine e la formazione dell'occhio con tutti i suoi caratteri ammirabili ed assolutamente perfetti, è necessario che la ragione conquida la fantasia. Ma io stesso ho sentito troppo questa difficoltà per far le meraviglie, se altri esitano di accettare con questa larga estensione il principio della elezione naturale.


È quasi impossibile esimersi dal paragonare l'occhio al telescopio. Noi sappiamo che questo strumento venne perfezionato per gli sforzi incessanti degli intelletti più distinti; quindi naturalmente inferiamo che anche l'occhio sia stato formato per mezzo di qualche processo analogo.

Ma questa induzione sarebbe forse presuntuosa? Abbiamo noi qualche diritto di applicare alle opere del Creatore delle facoltà intellettuali analoghe a quelle dell'uomo? Se dobbiamo confrontare l'occhio con uno strumento ottico, noi dobbiamo figurarci un grosso strato di tessuto trasparente, con intervalli pieni di fluido e al disotto un nervo sensibile alla luce, indi supporre che ogni parte di codesto strato vada continuamente cambiandosi nella densità, con molta lentezza, fino a separarsi in altri strati di diversa densità e grossezza, posti a varie distanze fra loro, e colle loro superfici lentamente trasformate. Di più, fa d'uopo ammettere una facoltà (l'elezione naturale) che sorveglia sempre attentamente qualsiasi piccola variazione accidentale negli strati trasparenti e che presceglie esattamente quelle alterazioni che, sotto circostanze mutate, possono tendere, per qualche via o per qualche grado, a produrre un'immagine più distinta. Noi dobbiamo inoltre supporre che ogni nuovo stato dello strumento sia moltiplicato a milioni e sia conservato fino alla produzione di uno stato migliore, e l'antico stato allora fu distrutto. Nei corpi viventi la variazione sarà causa di piccole alterazioni, che la generazione moltiplicherà quasi all'infinito e l'elezione naturale coglierà qualunque perfezionamento con infallibile abilità. Poniamo che questo processo si eserciti per milioni e milioni d'anni: e in ogni anno sopra milioni d'individui d'ogni fatta; e come non potremo ritenere che un apparato ottico vivente sia stato così formato, tanto superiore a quello di cristallo, quanto le opere del Creatore lo sono a quelle dell'uomo?

 

MEZZI DI TRANSIZIONE

 

Se potesse dimostrarsi che esista un organo complesso, il quale non possa essere stato prodotto con molte modificazioni successive e piccole, la mia teoria sarebbe assolutamente rovesciata. Ma io non posso trovarne un solo caso. Certamente esistono molti organi, dei quali non conosciamo i gradi transitorii, e più specialmente se consideriamo quelle specie affatto isolate, intorno alle quali, secondo la mia dottrina, ebbe luogo l'estinzione di molte altre specie. Se inoltre consideriamo un organo comune a tutti gli individui di una classe molto ampia, in questo caso un tale organo deve essere stato formato dapprima in un periodo estremamente lontano, dopo la quale epoca tutti i membri numerosi della classe furono sviluppati. Per scoprire i gradi transitorii, pei quali questo organo è passato, noi dovremmo riportarci alle più antiche forme primitive, che da lungo tempo rimasero estinte.


Dobbiamo essere estremamente cauti nell'asserire che un organo non possa essersi formato col mezzo di gradazioni transitorie di qualche sorta. Negli animali inferiori si hanno infatti molti casi di un medesimo organo che adempie contemporaneamente funzioni affatto distinte; così il canale alimentare respira, digerisce ed escreta nella larva della Libellula e nel pesce Cobitis.


Nell'Idra, l'animale può rovesciarsi all'infuori, e la superficie esterna compierà la funzione digestiva e l'interna diverrà organo respiratorio. In questi casi, l'elezione naturale farà che la parte o l'organo si renda più speciale, quando l'animale ne tragga qualche vantaggio e, mentre prima serviva a due funzioni, rimanga destinato ad una sola, e si cambi anche per intero la sua natura per gradazioni insensibili. Si conoscono molti esempi di piante, le quali producono regolarmente allo stesso tempo dei fiori diversamente costruiti; se tali piante ne producessero di una sola qualità, dovrebbe manifestarsi un grande cambiamento nel carattere della specie. Ed è probabile che le due sorta di fiori sulla stessa pianta siano state prodotte originariamente a mezzo di gradazioni che in alcuni casi ponno ancora seguirsi.

Talvolta due organi distinti, od uno stesso organo sotto due forme assai diverse, adempiono simultaneamente una medesima funzione in un solo individuo: e questo è un mezzo importantissimo di transizione. Per citare un esempio, sonvi dei pesci forniti di branchie che respirano l'aria libera nelle loro vesciche natatorie, le quali sono dotate di dotto pneumatico per riempirle d'aria e sono divise in tante parti per mezzo di pareti perfettamente vascolari. Prendiamo un esempio anche dal regno vegetale. Le piante si arrampicano in tre modi diversi: torcendosi a spira, tenendosi ad un sostegno a mezzo dei cirri sensitivi o emettendo delle radici aeree. Questi tre modi sono generalmente distribuiti sopra generi e famiglie separate; ma alcune poche piante ne offrono due, od anche tutti e tre sullo stesso indidivuo. In tali casi uno dei due organi che compiono la stessa funzione può modificarsi e perfezionarsi in modo da eseguire da solo tutto il lavoro, essendo però coadiuvato dall'altro, durante il processo di modificazione; e quest'ultimo può variare in modo da disimpegnare qualche altro ufficio affatto diverso, od anche può essere completamente eliminato.

La spiegazione da noi data del fatto ora citato, della vescica natatoria dei pesci, è un ottimo argomento per dimostrare chiaramente l'alta importanza del fatto, che un organo, il quale in origine era costrutto per uno scopo determinato, come sarebbe il nuoto, può convertirsi in un altro, diretto ad un fine ben diverso, come per la respirazione. La vescica natatoria fu anche coordinata a servire come organo accessorio all'apparato dell'udito in certi pesci. Tutti i fisiologi ammettono che la vescica natatoria è omologa, o «idealmente simile», per la posizione e la struttura, ai polmoni degli animali vertebrati superiori; non mi sembra quindi estremamente difficile a concepirsi che l'elezione naturale abbia effettivamente trasformato una vescica natatoria in polmone, o in un organo destinato esclusivamente alla respirazione.

Adottando questo modo di vedere, potrebbe inferirsi che tutti i vertebrati provvisti di veri polmoni derivarono, per mezzo della generazione ordinaria, da un antico prototipo, del quale nulla sappiamo, fornito di un apparato di galleggiamento o di una vescica natatoria. Possiamo così capire come avvenga il fatto strano che ogni particella di nutrimento o di bevanda, che noi deglutiamo, debba passare sull'orifizio della trachea, con grande rischio di cadere nei polmoni; non ostante l'ammirabile congegno per cui si chiude la glottide, come si desume dalla interessante descrizione che il prof. Owen diede di queste parti. Nei vertebrati superiori le branchie scomparvero affatto, le fessure ai lati del collo e gli archi aortici delle arterie continuano soltanto nell'embrione a marcare la loro antica posizione. Ora può immaginarsi che le branchie, che presentemente furono perdute affatto, siano state trasformate gradatamente dall'elezione naturale per qualche altro scopo interamente diverso: così il Landois ha dimostrato che le ali degli insetti si sviluppano dalle trachee; ed è quindi probabile che alcuni organi di questa grande classe, i quali in periodi remotissimi servivano per la respirazione, siano stati poi convertiti in organi per il volo.

 

Considerando le transizioni degli organi, è talmente importante il ricordare la probabilità della conversione di una funzione in un'altra, che credo opportuno addurne un altro esempio. I cirripedi peduncolati hanno due piccole ripiegature della pelle, da me chiamate freni ovigeri, che servono, per mezzo di una secrezione vischiosa, a trattenere le uova nel sacco, finchè siano mature. Questi cirripedi non hanno branchie, mentre la respirazione si compie da tutta la superficie del corpo e del sacco, compresi i piccoli freni. D'altra parte i balanidi o cirripedi sessili non hanno freni ovigeri, e le uova riposano libere nel fondo del sacco, nella conchiglia ben chiusa; ma essi hanno nella stessa posizione relativa delle grandi membrane ripiegate, le quali comunicano liberamente colle lacune circolatorie del sacco e del corpo; e che furono prese per branchie dal prof. Owen e da tutti gli altri naturalisti che trattarono questo argomento. Ora io credo che niuno sia per contestare che i freni ovigeri della prima famiglia siano strettamente omologhi alle branchie della seconda; tanto più che queste gradatamente collegansi coi primi. Perciò io non dubito che le due piccole ripiegature della pelle, che in origine servivano da freni ovigeri, ma che parimente recavano un piccolissimo aiuto all'atto respiratorio, furono gradatamente trasformate in branchie col solo aumento della loro grandezza, e la scomparsa delle loro glandole aderenti. Se tutti i cirripedi peduncolati fossero rimasti estinti (essi sopportarono sempre maggiori estinzioni dei cirripedi sessili), chi avrebbe potuto mai supporre che le branchie di quest'ultima famiglia esistettero dapprima come organi che impedivano il trasporto delle uova fuori del sacco?

V'è ancora un altro modo di transizione, e cioè coll'accelerare e ritardare il periodo della riproduzione, sulla qual cosa hanno recentemente insistito il professore Cope ed altri degli Stati Uniti. È noto presentemente che alcuni animali sono capaci di riprodursi in età precoce, prima cioè che abbiano acquistato i caratteri dello stato perfetto. Se questo potere si sviluppasse per bene in una qualche specie, sembra probabile che presto o tardi si perda lo stadio dello sviluppo perfetto. In questo caso, e segnatamente se la larva differisce molto dalla forma matura, il carattere della specie sarebbe assai modificato e degradato. Inoltre parecchi animali continuano a variare i loro caratteri, anche dopo aver raggiunto la maturità. Nei mammiferi, ad esempio, la forma del cranio cambia spesso coll'età, come per le foche lo ha dimostrato il Dr. Murie; è anche noto come le corna dei cervi ricevano coll'età un maggior numero di palchi; e come in alcuni uccelli, le penne che servono di ornamento si facciano tanto più belle, quanto più gli animali invecchiano. Il prof. Cope ci disse che i denti di alcune lucertole cambiano la forma nel progresso dell'età; e nei Crostacei, secondo la testimonianza di Fritz Müller, non solo molte parti insignificanti, ma anche alcune importanti, assumono, dopo la maturità, dei nuovi caratteri. In tutti questi casi, e se ne potrebbero citare molti altri, se fosse ritardata l'epoca della riproduzione, sarebbe modificato il carattere della specie, almeno allo stato adulto; non è poi improbabile che in alcuni casi gli stadii anteriori di sviluppo sarebbero accelerati ed andrebbero in fine perduti. Non saprei dire se le specie siano state spesso o mai modificate da questo modo relativamente repentino di transizione; se mai ciò è avvenuto, le differenze fra giovani e adulti, fra adulti e vecchi saranno state acquistate originariamente per mezzo di passaggi graduati.

 

SPECIALI DIFFICOLTÀ
CHE INCONTRA LA TEORIA DELL'ELEZIONE NATURALE

 

Quantunque noi dobbiamo essere molto guardinghi prima di sostenere che un organo qualsiasi non potrebbe in modo alcuno essere stato prodotto da successive gradazioni transitorie, si presentano tuttavia alcuni casi gravi e molto difficili.
Uno dei più gravi è quello degli insetti neutri che spesso sono conformati molto diversamente dai maschi o dalle femmine feconde; di ciò tratteremo nel capo ottavo. Gli organi elettrici dei pesci offrono un'altra obiezione di una speciale importanza, giacchè non è possibile concepire per quali gradi siansi formati questi organi portentosi. Ma ciò non deve recarci sorpresa, giacchè non conosciamo nemmeno la loro utilità. Nel Gymnotus e nella Torpedo essi servono senza dubbio come potenti armi di difesa, e forse come mezzi per procurarsi il nutrimento; però un organo analogo nella coda delle razze, secondo le osservazioni del Matteucci, non sviluppa che poca elettricità, anche quando l'animale sia irritato, anzi tanto poca che non può servire agli scopi predetti. Oltreciò il dottor R. Donnell ha dimostrato che un altro organo trovasi in prossimità del capo, il quale, per quanto si sappia, non è elettrico, e tuttavia apparisce come il vero omologo della batteria elettrica della torpedine. Generalmente si ammette che fra questi organi e i muscoli ordinari vi sia stretta analogia, per l'intima struttura, per la ramificazione dei nervi, e pel modo con cui i diversi reagenti agiscono su di essi.

Devesi anche ricordare che la contrazione dei muscoli è accompagnata da una scarica elettrica. Il dottor Radcliffe osserva: «nell'apparato elettrico della torpedine sembra, durante il riposo, avvenire una carica, la quale per ogni rapporto corrisponde a quella che si trova nel muscolo e nel nervo in riposo; e la scarica nella torpedine, anzichè essere un fenomeno isolato, sembra corrispondere alla scarica che accompagna l'azione dei muscoli e dei nervi motori». Una ulteriore spiegazione non possiamo dare per ora; ma siccome poco sappiamo dell'uso di questi organi, e nulla intorno alle abitudini e alla struttura dei progenitori dei pesci elettrici ora esistenti, sarebbe avventato il sostenere che siano stati impossibili gli utili passaggi, pei quali gli organi elettrici avrebbero potuto svilupparsi gradatamente.


Gli organi elettrici offrono un'altra difficoltà assai più seria; perchè si trovano solamente in una dozzina circa di pesci, alcuni dei quali sono all'intutto lontani nelle loro affinità. Generalmente allorchè uno stesso organo apparisce in parecchi individui della medesima classe, specialmente se dotati di abitudini di vita molto diverse, noi possiamo attribuire la sua presenza all'eredità da un comune antenato; e la sua mancanza in alcuni altri individui, alla perdita che provenne dal non-uso e dall'elezione naturale. Ma se gli organi elettrici furono trasmessi da un antico progenitore che ne era dotato, noi possiamo credere che tutti i pesci elettrici siano stati in modo speciale collegati fra loro. Le geologia non ci induce a pensare che anticamente molti pesci furono forniti di organi elettrici, che la maggior parte dei loro discendenti perdettero. Ma se esaminiamo la cosa più da vicino, noi troviamo che nei diversi pesci, forniti di organi elettrici, questi organi si trovano in parti diverse del corpo, e variano nella struttura, nella disposizione degli elementi, e, secondo il Pacini, nei processi o modi coi quali viene eccitata l'elettricità, ed infine (e questa differenza mi sembra della massima importanza) anche in ciò che la forza nervosa deriva da nervi di origine molto diversa. Nei diversi pesci quindi, gli organi elettrici non possono considerarsi come tra loro omologhi, ma solamente come analoghi nella funzione. Epperò non possiamo ammettere che siano ereditati da un comune progenitore; giacchè, se così fosse, si somiglierebbero per ogni riguardo.

Scomparisce così la maggior difficoltà, di spiegare cioè come siasi formato un organo apparentemente uguale in parecchie specie molto diverse, ma perdura la minore, e sempre grande, di spiegare per quali forme intermediarie questi organi siano passati nei diversi gruppi di pesci.

La presenza di organi luminosi in alcuni insetti, appartenenti a famiglie ed ordini diversi, ci
offre un caso parallelo e difficile. Potrebbero citarsi altri casi; per esempio, nelle piante il curioso artificio di una massa di polline, collocato sopra uno stelo, fornito di una glandola vischiosa all'estremità, come nei generi Orchis ed Asclepias, generi fra i più discosti nelle piante fanerogame.


In tutti questi casi di due specie distintissime, dotate apparentemente degli stessi organi anomali, sarebbe da osservarsi che quand'anche l'apparenza generale e la funzione dell'organo possano essere le medesime, pure può scoprirsi in generale qualche differenza fondamentale. Così, ad esempio, gli occhi dei cefalopodi e dei vertebrati si somigliano tra loro assai; e in gruppi sì distanti l'uno dall'altro nemmeno una parte della somiglianza può considerarsi come eredità di un comune progenitore. Il Mivart ha citato questo esempio come uno dei più difficili; ma io non so vedervi la forza dell'argomentazione. Un organo destinato alla visione deve esser formato di tessuto trasparente, e contenere una specie di lente per produrre una immagine sul fondo della camera oscura. All'infuori di questa superficiale somiglianza ben difficilmente si troverà una reale identità fra gli occhi dei cefalopodi e dei vertebrati, come si può persuadersi consultando l'eccellente lavoro dell'Hensen su questi organi. Non posso qui entrare in dettagli; addurrò tuttavia alcuni pochi caratteri differenziali. La lente cristallina nei cefalopodi superiori consta di due parti, di cui l'una è posta dietro l'altra, come se fossero due lenti, le quali ambedue hanno una struttura e disposizione assai diversa da quella che troviamo nei vertebrati.
La retina è affatto diversa, colle parti elementari invertite e con un grosso ganglio nervoso racchiuso tra le membrane dell'occhio. I rapporti dei muscoli sono sì diversi che maggiormente nol potrebbero essere, e così di seguito. Non vi ha quindi piccola difficoltà nel decidere fino a qual punto le espressioni che noi impieghiamo nella descrizione dell'occhio dei vertebrati, si possono adoperare in quella dei cefalopodi. Ognuno, naturalmente, può negare che in ambedue i casi l'occhio siasi sviluppato a mezzo dell'elezione naturale, per variazioni graduate e successive, ma se ciò si ammetta per l'uno dei due casi, non è possibile non farlo per l'altro; le differenze fondamentali poi nella struttura dell'organo visivo nei due gruppi di animali potevano prevedersi in seguito a quest'opinione sul modo di formazione.

Come due uomini, l'uno indipendentemente dall'altro, hanno fatto spesso la medesima invenzione, così nei casi su citati l'elezione naturale, la quale agisce pel bene di ogni organismo e si giova di tutte le utili variazioni, sembra aver prodotto delle parti simili per ciò che riguarda la funzione, in organismi diversi, i quali non devono punto le somiglianze nella struttura alla discendenza da un comune progenitore.
Fritz Müller, per mettere alla prova le idee da me esposte in questo libro, ha seguito con molta cura un modo affatto simile di argomentazione. Parecchie famiglie di Crostacei abbracciano alcune poche specie che possiedono un apparato con cui respirano l'aria e son capaci di vivere fuori dell'acqua. In due di queste famiglie, che il Müller studiò particolarmente e che sono molto affini l'una all'altra, le specie concordano assai fra loro in tutti i caratteri importanti, e cioè nella struttura degli organi dei sensi, nel sistema circolatorio, nella posizione dei ciuffi di peli dei quali è rivestito il loro stomaco egualmente complicato, e finalmente nell'intera struttura delle branchie respiranti acqua, fino agli uncini microscopici co' quali vengono pulite. Poteva quindi aspettarsi che nelle poche specie di ambedue le famiglie, le quali vivono in terraferma, l'apparato per la respirazione dell'aria, che ha non minore importanza, fosse uguale; in fatto, mentre tutti gli organi importanti sono affatto simili o quasi identici, per quale ragione dovrebbero mostrarsi delle differenze in quel solo apparato, destinato ad un solo scopo speciale?


Fritz Müller argomenta che questa grande somiglianza nella struttura debba spiegarsi colle idee da me avanzate della eredità da un comune progenitore. Ma siccome tanto il maggior numero delle specie appartenenti alle suddette due famiglie, come anche la massima parte degli altri crostacei sono acquatici nelle loro abitudini, è sommamente improbabile che il loro comune progenitore fosse adattato alla respirazione dell'aria. Müller fu quindi indotto a studiare accuratamente l'apparato nelle specie respiranti aria, e trovò che in ciascuna diversifica in parecchi caratteri importanti, come nella posizione degli orifizi, nel modo con cui questi si aprono e si chiudono e in molti dettagli accessorii. Se si ammette che specie di famiglie diverse siano divenute atte lentamente ed a gradi alla vita fuori dell'acqua ed alla respirazione aerea, tali differenze diventano intelligibili. Imperocchè queste specie, appartenendo a famiglie diverse, differiranno tra loro in certo grado; e in accordo col principio, che la natura di ogni variazione dipende da due fattori, e cioè dalla natura dell'organismo e da quella delle condizioni di vita, la loro variabilità non sarà al certo esattamente la medesima. Conseguentemente l'elezione naturale avrà agito sopra materiale diverso, e sopra differenti variazioni per raggiungere un medesimo risultato funzionale; e le strutture così acquistate saranno state necessariamente diverse. Questo caso è incomprensibile dal punto di vista delle creazioni separate e i suddetti ragionamenti hanno indotto Frizt Müller ad accettare le idee da me esposte in questo volume.

Un altro distinto zoologo, il defunto prof. Claparède, ha fatto delle analoghe conclusioni ed ottenuto il medesimo risultato. Egli ha dimostrato che esistono degli acari (Acaridoe), parassiti appartenenti a diverse sottofamiglie e famiglie forniti di peli uncinati. Questi organi devono essersi sviluppati indipendentemente tra loro, giacchè non possono essere stati ereditati da un comune progenitore. Nei diversi gruppi essi vengono formati dalla modificazione dei piedi anteriori, dei piedi posteriori, delle mascelle o labbra, e delle appendici che trovansi alla faccia inferiore delle porzioni posteriori del corpo. Nei diversi casi finora studiati noi abbiamo visto che in organismi non affini o di parentela molto remota, organi in apparenza molto simili, ma non concordanti nello sviluppo, possono raggiungere il medesimo scopo ed eseguire la stessa funzione. Ma nell'intera natura domina questa regola generale, che perfino tra i singoli esseri strettamente affini uno stesso scopo è raggiunto con mezzi assai diversi. Quanto diversa nella struttura non è l'ala pennuta di un uccello dall'organo fornito di membrana che nei pipistrelli serve al volo, e quanto diverse non sono le quattro ali della farfalla, le due ali della mosca e le due ali del coleottero colle sue elitre.


Le conchiglie bivalvi s'aprono e si chiudono; ma quanti gradi non si hanno tra la cerniera della Nucula fornita di denti adatti che si ingranano fino al semplice legamento di un Mytilus. La dispersione dei semi è determinata dalla loro minutezza, oppure dalla forma della capsula trasformata in un guscio leggero a guisa di pallone, o dalla massa più o meno consistente e carnosa in cui sono riposti, e che per essere nutriente e vivacemente colorata si offre di pasto agli uccelli; oppure dagli uncini della più diversa forma o delle asprezze con cui s'attaccano alla pelle dei mammiferi; oppure finalmente dalle ali o piumette di forma diversa e di leggiadra struttura che rendon possibile il trasporto a mezzo del più leggero venticello. Voglio addurre ancor un esempio giacchè il fatto che un medesimo scopo è raggiunto con mezzi diversi mi sembra soggetto degno di attenzione. Alcuni autori sostengono che gli organismi siano costruiti in diversi modi per la sola varietà, come circa i balocchi in una bottega; ma questo modo di vedere la natura è insostenibile. Le piante a sessi separati e quelle, nelle quali, sebbene siano ermafrodite, il polline non può cadere sullo stimma, hanno bisogno per la fecondazione di un qualche aiuto. In parecchie specie ciò è ottenuto col polline leggero e incoerente, il quale è facilmente dal vento portato a caso sullo stimma; questo certamente è il piano più semplice. Un piano quasi ugualmente semplice e tuttavia diverso si manifesta allora quando un fiore simmetrico secerne alcune goccie di nèttare ed è quindi frequentato dagli insetti, i quali portano il polline dalle antere sullo stimma.

A partire da questa forma semplice osservasi un numero grandissimo delle più diverse disposizioni, le quali servono al medesimo scopo ed essenzialmente sono compiute nello stesso modo, e portano tuttavia dei cambiamenti in ogni singola parte del fiore. Così il nèttare è accumulato in ricettacoli di forma svariata, gli stami ed i pistilli sono diversamente modificati, formanti spesso degli apparati con valvole; talvolta essi eseguono dei movimenti adattati determinati da irritabilità o elasticità. Da queste forme noi arriviamo a quella perfettissima che recentemente il Crüger ha descritto nella Coryanthes. In questa orchidea il labello o labbro inferiore è scavato a modo di barile, in cui da due cornetti soprastanti che secernono acqua cadono di continuo delle goccie d'acqua purissima; quando il barile è pieno, l'acqua trabocca per un beccuccio da uno dei lati. La parte basilare del labello si piega sopra il barile ed è incavata a guisa di camere con due accessi laterali; entro queste camere trovansi delle singolari lamine carnose.

L'uomo più intelligente, se non fosse stato testimone di ciò che qui avviene, non avrebbe potuto immaginarsi lo scopo cui servono tutte queste parti. Il Crüger ha visto come di buon mattino molti pecchioni frequentano i fiori giganteschi di queste orchidee, non già per succhiare il nèttare, ma per rodere le creste carnose nella camera al disopra del barile. In tale incontro, urtandosi, cadevano spesso alcuni nel barile, ed essendo bagnate le ali, non potevano volare, per cui si arrampicavano a traverso il canale formato dal beccuccio. Il Crüger ha visto una vera processione di pecchioni uscire dal bagno involontario. Il canale è stretto e fiancheggiato da colonnette, cosicchè i pecchioni, passandolo a stento, fregavano il loro dorso sullo stigma vischioso e poi alle ghiandole glutinose delle masse polliniche. Queste masse di polline s'attaccano per conseguenza sul dorso del primo pecchione che a caso attraversa il canale di un fiore recentemente sbocciato, e vengono portate via. Il Crüger mi ha mandato un fiore entro l'alcool insieme con un pecchione, il quale era stato ucciso prima che avesse per intero attraversato il canale, e portava sul dorso un ammasso di polline. Se un pecchione così fornito si reca ad un altro fiore od una seconda volta al medesimo, e se viene dai suoi compagni spinto entro il barile, allora necessariamente, quando esso attraversa il canale, la massa pollinica giunge a contatto collo stigma vischioso e il fiore viene fecondato. Solo adesso noi comprendiamo l'utilità di tutte le parti del fiore, dei cornetti che secernono acqua, del barile fino a mezzo coperto di acqua, la quale impedisce ai pecchioni di mettersi al volo e li costringe di rampicare pel canale e di fregare contro le masse polliniche vischiose poste in luogo adattato, e contro lo stigma glutinoso.

La struttura del fiore di un'altra orchidea affine, Catasetum, è molto diversa, ma serve allo stesso scopo ed è ugualmente interessante. Le api frequentano questi fiori, come quelli della Coryanthes, per corrodere il labello. Ciò facendo esse toccano necessariamente un'appendice puntuta e sensitiva che io chiamai antenna. Se l'antenna viene toccata, essa trasferisce la sensazione o vibrazione sopra una certa membrana, la quale si rompe immediatamente e mette in libertà una molla, che getta come un dardo la massa pollinica nella vera direzione e la appiccica per l'estremità vischiosa sul dorso delle api. La massa pollinica della pianta maschile (giacchè i sessi in queste orchidee sono separati) è trasportata sul fiore di una pianta femminile, dove viene a contatto collo stigma. Questo è poi sufficientemente vischioso per rompere certi fili elastici e trattenere la massa di polline che indi compie l'uffizio della fecondazione.

Si può ben domandare, come nei casi su citati ed in moltissimi altri si possa intravvedere la serie graduata che condusse a forme sì complesse e i mezzi che furono necessari a raggiungere lo scopo? La risposta, come fu già detto, non può essere che questa, che cioè quando variano due forme tra loro già diverse in grado leggero, la variabilità non può essere esattamente di uguale natura, nè per conseguenza saranno identici i risultati ottenuti ad uno stesso scopo generale dalla elezione naturale. Noi dobbiamo anche ricordarci che ogni organismo altamente sviluppato ha già percorso una lunga serie di cambiamenti, e che ogni forma modificata tende ad essere trasmessa per eredità; per conseguenza non andrà facilmente perduta, ma sarà sempre più modificata. La struttura di ciascuna parte in ciascuna specie, a qualsiasi scopo essa serva, è la somma dei molti cambiamenti ereditati che la specie ha subìto durante i successivi adattamenti alle abitudini ed alle condizioni di vita.

In molti casi è al certo assai difficile anche solamente supporre per quali gradini molti organi siano arrivati al loro stato attuale; tuttavia, considerando che le forme viventi e conosciute sono pochissime al confronto delle estinte ed ignote, sono sorpreso nel vedere, come siano rari gli organi, dei quali non si sappiano indicare i gradini che ad essi conducono. È certamente vero che raramente o mai in un organismo compariscono di repente nuovi organi, come se fossero creati per uno scopo speciale, ciò che è anche riconosciuto dalla regola vecchia, sebbene un po' esagerata, che dice: Natura non facit saltum. Tale idea è ammessa negli scritti di tutti i naturalisti esperti; così Milne Edwards l'ha espressa colle parole: «la natura è prodiga nelle varietà, ma avara nelle novità».
Secondo la teoria delle creazioni, per quale ragione dovrebbero manifestarsi tante variazioni, e sì poche reali novità? Perchè mai tutte le parti e gli organi di sì numerosi esseri indipendenti sono concatenati da graduati passaggi, se ogni essere è creato pel suo proprio posto nella natura? Perchè la natura non ha mai fatto un salto da una struttura all'altra?
La teoria dell'elezione naturale c'insegna chiaramente perchè ciò non fece; imperocchè essa agisce col trarre profitto delle leggere successive variazioni; essa non può mai fare un salto grande e repentino, ma deve procedere con passi brevi, e sicuri, sebbene lenti.

 

ORGANI DI POCA IMPORTANZA APPARENTE

 

Siccome la elezione naturale agisce per la vita e per la morte, col preservare gli individui in cui si avveri qualche variazione favorevole, e col distruggere quelli che presentano variazioni di struttura sfavorevoli, io trovai talvolta molta difficoltà a concepire l'origine di quelle parti semplici che non pare abbiano una sufficiente importanza per cagionare la conservazione degli individui che successivamente variarono. Io giudicai che questa difficoltà, quantunque di una diversa natura, non fosse per tale riguardo minore di quella che s'incontra nel caso di un organo perfetto e complesso, come l'occhio.

In primo luogo noi siamo troppo ignoranti rispetto all'intera economia di ogni essere organizzato, per stabilire quali piccole modificazioni siano rilevanti e quali no. In uno dei capi che precedono diedi già qualche esempio di caratteri poco importanti (come la lanuggine del frutto e il colore della sua polpa, il colore della pelle e del pelo nei mammiferi), i quali per le loro relazioni colle differenze costituzionali, o perchè determinano gli attacchi degl'insetti, possono certamente entrare nel dominio dell'elezione naturale. La coda della giraffa sembra un cacciamosche, costruito artificialmente, e sulle prime pare incredibile ch'essa sia stata adattata all'ufficio attuale per mezzo di piccole modificazioni successive, una migliore dell'altra, per uno scopo tanto insignificante, quello di scacciare le mosche; però noi dobbiamo rifletter bene prima di dichiararci positivamente, anche in questo caso; perchè sappiamo che la distribuzione e l'esistenza dei buoi e di altri animali nell'America meridionale dipende assolutamente dalla loro facoltà di resistere alle offese degli insetti; per cui quegl'individui che potrebbero con qualche mezzo difendersi da questi piccoli nemici, sarebbero capaci di occupare nuovi pascoli e di ottenere così un grande vantaggio. Non è a dire che i nostri grandi quadrupedi siano attualmente distrutti dalle mosche (eccettuati alcuni rari casi), ma essi sono continuamente tormentati e spossati nella loro forza, al punto di rimanere più soggetti alle malattie e meno capaci nelle carestie di cercare il nutrimento, o di sfuggire agli animali rapaci.


Alcuni organi, che ora sono di poca importanza, furono probabilmente in certi casi molto utili ad un antico progenitore; e dopo di essere stati lentamente perfezionati nei tempi primitivi, furono trasmessi alla prole quasi nel medesimo stato, benchè fossero divenuti di pochissima utilità; e tutte le variazioni attualmente nocive nella loro struttura, saranno state sempre impedite dalla elezione naturale. Considerando quanto importante sia la coda in molti animali acquatici, come organo di locomozione, la sua presenza generale e la sua utilità per molti usi in tanti animali terrestri, che coi loro polmoni e colla loro vescica natatoria modificata tradiscono la loro origine acquatica, può forse spiegarsi in questo modo. Una coda bene sviluppata essendosi formata in un animale acquatico, può poi essere stata impiegata per qualunque altro fine, cioè come caccia-mosche, o quale organo prensile, o quale appoggio per girare come nel cane, benchè tale aiuto debba essere assai tenue, perchè il lepre, che quasi non ha coda, può volgersi correndo abbastanza velocemente.

In secondo luogo noi talvolta possiamo credere molto importanti certi caratteri che in realtà sono poco valutabili e che derivarono da cause affatto secondarie, indipendentemente dalla elezione naturale. Dobbiamo ricordare che il clima, il nutrimento, ecc., hanno probabilmente qualche piccola influenza diretta sulla organizzazione; che i caratteri ritornano per le leggi della reversione; che la correlazione di sviluppo deve avere esercitato un'influenza efficace nel modificare diverse strutture; e infine che l'elezione sessuale avrà spesso cambiato ampiamente i caratteri esterni degli animali, aventi una volontà, col fornire ad un maschio qualche vantaggio nella lotta contro un altro, o nell'adescare la femmina. Inoltre quando una modificazione di struttura si è manifestata per la prima volta, a motivo delle precedenti cause od anche di cause sconosciute, può darsi che la stessa non fosse allora di alcun profitto alla specie, ma successivamente può essere divenuta vantaggiosa pei discendenti della medesima sotto nuove condizioni di vita e colle abitudini ultimamente acquistate.


Se esistessero solamente dei picchi verdi, e se ignorassimo che ve ne hanno di neri e di variegati, io oserei affermare che noi avremmo riguardato il color verde come un meraviglioso adattamento per nascondere quest'uccello, abitatore degli alberi, allo sguardo de' suoi nemici; e per conseguenza come un carattere importante, e che poteva essersi ottenuto col mezzo dell'elezione naturale. Ma al contrario, giudicando le cose come stanno, non si può dubitare che questo colore sia dovuto a qualche altra causa affatto diversa, e probabilmente alla elezione sessuale. Una palma serpeggiante dell'Arcipelago Malese si arrampica sugli alberi più alti, coll'aiuto di cirri costruiti stupendamente, e disposti intorno alla estremità dei rami: e questa particolarità è senza dubbio di grandissima utilità alla pianta; ma siccome noi osserviamo in molti alberi, che non sono rampicanti, uncini quasi simili, può essere che quelli della palma siano provenuti dalle leggi ignote dello sviluppo, ed abbiano per conseguenza recato qualche vantaggio alla pianta, soggetta ad ulteriori modificazioni, e così l'abbiano resa rampicante.
La pelle nuda del capo dell'avoltoio si considera generalmente come una conformazione adatta per cercare il nutrimento fra le materie putride, e ciò potrebbe derivare dalla diretta azione delle sostanze putrefatte. Tuttavia noi dobbiamo procedere con molta riserva, prima di trarre una conclusione analoga, mentre vediamo nel gallo d'India maschio, che mangia sostanze monde, la pelle del capo ugualmente nuda. Le suture del cranio dei giovani mammiferi furono riguardate come un mirabile adattamento per agevolare il parto, e certamente esse facilitano quest'atto e possono anche essere indispensabili; ma queste suture si notano anche nei crani dei piccoli uccelletti e dei rettili, i quali altro non hanno a fare che rompere la buccia dell'uovo: e noi possiamo dedurre da ciò che codesta struttura fu prodotta dalle leggi dello sviluppo, e portò un notevole vantaggio nel parto degli animali più elevati.

Noi ignoriamo affatto quali cause generino le variazioni piccole ed insignificanti; e siamo accertati immediatamente della nostra pochezza, pensando alle differenze che troviamo nelle razze dei nostri animali domestici, in paesi diversi e più particolarmente nelle contrade meno civilizzate, ove la elezione artificiale dell'uomo non fu che assai piccola. Gli animali conservati dai selvaggi nei vari paesi debbono spesso lottare per la loro propria esistenza; e trovansi quindi esposti in una certa estensione all'elezione naturale, e gli individui dotati di costituzioni leggermente diverse debbono riuscire meglio sotto climi differenti.

Un buon osservatore ha constatato che nel bestiame bovino la suscettibilità di essere offeso dalle mosche è relativa al colore, non altrimenti della particolarità di essere avvelenato da certe piante; così che anche il colore sarebbe per tal modo subordinato all'azione della elezione naturale. Altri osservatori sono convinti che un clima umido influisca sull'accrescimento del pelo, e che le corna siano proporzionate al pelo stesso. La razze di montagna differiscono sempre da quelle di pianura; e una regione montuosa probabilmente deve influire sugli arti posteriori ed anche sul bacino esercitandoli maggiormente; quindi anche le parti anteriori e la testa saranno probabilmente modificate per la legge delle variazioni omologhe. La forma del bacino può anche far variare, per mezzo della pressione, la forma del capo del feto nell'utero. Il laborioso processo respiratorio, necessario nelle regioni elevate, produrrà (come abbiam ragione di credere) un aumento di grandezza nel torace: ed anche in tal caso la correlazione entrerà in giuoco. Gli effetti prodotti dall'esercizio diminuito sull'intero organismo, quando vada congiunto con maggior copia di alimento, saranno assai più rilevanti; e questa è apparentemente la causa principale delle grandi modificazioni che presentarono le varie razze di maiali, come recentemente fu provato da H. von Nathusius, nel suo ottimo trattato. Ma noi siamo troppo all'oscuro per discutere sull'importanza relativa delle leggi note e di quelle sconosciute della variabilità; e qui feci allusione ad esse soltanto per dimostrare che, se noi siamo incapaci di spiegare le differenze caratteristiche delle nostre razze domestiche, le quali però ammettiamo generalmente siano derivate da altre per generazione ordinaria, pure non dobbiamo attribuire troppo valore alla nostra ignoranza della causa precisa delle piccole differenze analoghe fra le specie.

 

FINO A CHE PUNTO LA TEORIA UTILITARIA SIA GIUSTA;
COME SIA RAGGIUNTA LA BELLEZZA

 

I rilievi precedenti mi conducono a dire qualche parola della protesta, ultimamente fatta da qualche naturalista, contro la dottrina utilitaria, secondo la quale ogni dettaglio di struttura fu prodotto per il bene del suo possessore. Essi credono che moltissimi organismi siano stati creati per la loro bellezza, per appagare gli occhi dell'uomo o il creatore (ma questa ultima idea è fuori dei limiti di una discussione scientifica), o per mera varietà. Se questa dottrina fosse vera, sarebbe assolutamente fatale per la mia teoria. Nondimeno io consento pienamente che molte strutture non sono direttamente vantaggiose all'individuo che le possiede, e forse non lo furono nemmeno ai suoi progenitori; ma ciò non prova che siano state formate per sola bellezza o varietà.

L'azione definita delle cambiate condizioni di vita e le varie cause modificatrici sopra accennate avranno certamente prodotto un effetto, e probabilmente un grande effetto, indipendentemente da un vantaggio guadagnato. Ma la considerazione più importante è, che la parte principale della organizzazione di ogni essere deriva semplicemente dalla eredità; e quindi, benchè ogni essere sia certamente bene stabilito nel suo posto naturale, molte strutture non hanno presentemente alcuna relazione diretta colle abitudini di vita delle specie attuali. Così noi non potremmo credere che i piedi dell'oca di Magellano e della fregata siano di un utile speciale a questi uccelli; non potremmo pensare che le ossa simili del braccio della,scimmia, della gamba anteriore del cavallo, dell'ala del pipistrello, delle natatoie della foca, siano utili in modo particolare a questi animali.

Possiamo con sicurezza attribuire queste strutture all'eredità. Ma il piede palmato sarà stato senza dubbio utile all'antico progenitore dell'oca di Magellano e della fregata, non meno di quello che oggi lo sia alla maggior parte negli uccelli acquatici esistenti. Così noi possiamo credere che il progenitore della foca non avesse le natatoie, ma bensì piedi con cinque dita, formate in modo da permettergli di camminare e di afferrare gli oggetti; possiamo inoltre supporre che le diverse ossa negli arti della scimmia, del cavallo, del pipistrello si siano sviluppate conforme al principio di utilità, probabilmente per riduzione di ossa più numerose della pinna che possedeva un vecchio progenitore pesciforme dell'intera classe. È molto difficile il decidere quanta parte vi abbiano preso queste cause di cambiamenti, come l'azione definita delle condizioni esterne di vita, le così dette variazioni spontanee, e quanta le leggi complicate di sviluppo; ma fatte queste importanti eccezioni, noi possiamo concludere che la struttura di ogni essere vivente sia ancora oggi o fosse in passato utile al possessore.

Relativamente all'opinione che gli esseri organici siano creati belli perchè siano ammirati dall'uomo, opinione che fu creduta fatale alla mia teoria, devo osservare che il senso della bellezza si trova nell'uomo indipendentemente da una qualità reale dell'oggetto ammirato, e che l'idea del bello non è nè innata nè invariabile. Noi lo vediamo, ad esempio, negli uomini delle varie razze, i quali giudicano ad una stregua molto diversa la bellezza delle loro donne. Se gli oggetti belli fossero creati unicamente a diletto dell'uomo, sarebbe dimostrabile che minor bellezza esisteva alla superficie della terra avanti la comparsa dell'uomo. O si crede che le belle conchiglie di Voluta e di Conus del periodo eocenico e le ammoniti elegantemente scolpite dell'epoca secondaria siano state create perchè l'uomo le ammiri nelle sue collezioni dopo migliaia di anni? Pochi oggetti sono più belli dei minutissimi gusci silicei delle diatomee; furono essi forse creati per essere esaminati ed ammirati con un microscopio a forte ingrandimento? In quest'ultimo caso, come in molti altri, la bellezza sembra dovuta alla simmetria dell'accrescimento.
I fiori sono considerati tra i più belli prodotti della natura, ma essi ebbero un colore che contrasta col verde delle foglie e che in pari tempo li rende belli, perchè siano facilmente osservati dagli insetti. A questo giudizio mi condusse la osservazione che i fiori, i quali vengono fecondati a mezzo del vento, non hanno mai una corolla vivamente colorata. Oltre ciò parecchie piante producono generalmente due qualità di fiori: gli uni aperti e colorati, i quali attirano gli insetti; gli altri chiusi, non colorati, privi di nèttare, i quali non sono mai visitati dagli insetti. Ne possiamo inferire che se alla superficie non fossero mai esistiti gli insetti, la vegetazione non offrirebbe dei fiori belli, ma solamente fiori meschini, come li hanno il nostro abete, la quercia, il nocciuolo, il frassino, gli spinaci, le graminacee, il rumice e l'ortica, le quali piante tutte vengono fecondate a mezzo del vento.

Lo stesso ragionamento può estendersi alle diverse specie di frutti. Ognuno ammette che una fragola matura o una ciliegia accontenti non solo il palato, ma anche l'occhio; e che il frutto vivamente colorato del silio e le bacche scarlatte dell'agrifoglio siano belle. Tale bellezza giova per indurre gli uccelli ed altri animali a mangiare questi frutti ed a disperderne i semi. Questo giudizio mi sembra giusto, perchè senza alcuna eccezione i semi racchiusi in frutti (cioè in un guscio carnoso e polposo), di colori vivi, o almeno di colori che spiccano, come il bianco ed il nero, vengono diffusi nel modo suindicato.

D'altra parte ammetto volentieri che molti animali maschili, come tutti i nostri uccelli magnifici, parecchi pesci, rettili e mammiferi, e molte farfalle a colori splendidi siano divenuti belli per la bellezza; ma ciò non è avvenuto a diletto dell'uomo, ma a mezzo della elezione sessuale, perchè cioè i maschi più belli furono continuamente prescelti dalle femmine. La stessa cosa è a dirsi del canto degli uccelli; e noi possiamo concludere che in gran parte del regno animale domina un simile gusto pei bei colori e pei suoni musicali. Nelle, specie, in cui la femmina offre colori ugualmente belli come il maschio, ciò che non raramente si osserva negli uccelli e nelle farfalle, i colori acquistati colla elezione sessuale, a quanto pare, furono trasmessi ad ambedue i sessi, invece che ai soli maschi. È assai difficile il dire, come il senso della bellezza nella sua più semplice forma, cioè la sensazione di un modo particolare di piacere che producono certi colori, forme o suoni, siasi sviluppato nello spirito dell'uomo e degli animali inferiori. La medesima difficoltà ci si presenta quando vogliamo indagare la causa, per cui alcuni sapori e odori producon piacere, ed altri dispiacere. In questi casi entra l'abitudine fino ad un certo punto, ma deve averne parte anche la costituzione del sistema nervoso di ciascuna specie.

Non è possibile che l'elezione naturale produca una modificazione in una data specie esclusivamente per il bene di un'altra; benchè nella natura ogni specie approfitti incessantemente dei vantaggi che le sono offerti dalla struttura d'un'altra. Ma l'elezione naturale può produrre e produce di fatto delle strutture che sono di nocumento diretto ad altre specie, come osserviamo nel dente della vipera e nell'ovopositore dell'icneumone, col quale egli depone le sue uova nel corpo vivente di altri insetti. Se potesse provarsi che ogni organo di una specie venne formato per esclusivo utile di un'altra specie, la mia teoria sarebbe spacciata; perchè quell'organo non avrebbe potuto essere prodotto dalla elezione naturale. Quantunque possano trovarsi molte asserzioni di questo genere nelle opere di storia naturale, io non ho saputo rinvenire un solo argomento che mi sembrasse di qualche valore. Così si ammette che il serpente a sonagli abbia denti veleniferi per propria difesa e per uccidere la sua preda; ma alcuni autori suppongono che, nello stesso tempo, la sua coda sia fornita di sonagli a danno del serpente stesso; perchè avverta la sua preda acciocchè fugga. Potrebbe credersi eziandio che il gatto scuota l'estremità della sua coda, quando si prepara al salto, per mettere in guardia il sorcio dà lui appostato.

Assai più probabile è l'opinione che il serpente a sonagli impieghi il suo sonaglio, il serpente ad occhiali distenda il suo collare e la vipera nasicorne si gonfi mentre emette un forte acuto soffio per intimorire i molti uccelli e mammiferi che notoriamente attaccano anche le specie più velenose. Avviene nei serpenti la medesima cosa, come nelle galline quando fanno tremolare le penne o distendono le ali davanti ad un cane che osi avvicina ai loro pulcini. Ma mi manca qui lo spazio di trattare de' molteplici modi, con cui gli animali cercano di intimorire i loro nemici.

 

L'elezione naturale non produrrà mai in un essere qualsiasi cosa che gli sia più dannosa che utile, perchè essa agisce solamente per l'utile di ciascuno. Niun organo può formarsi, come osservava Paley, per lo scopo di recare tormento o danno al suo possessore. Se si misurasse il bene e il male cagionato da ogni organo, si vedrebbe che il risultato sarebbe in complesso vantaggioso.
Dopo il corso dei tempi, se una parte diventa nociva, per le mutate condizioni di vita, sarà modificata; quando poi ciò non avvenga, l'essere rimarrà estinto, come si è osservato di miriadi di altre forme.

L'elezione naturale tende soltanto a far sì che ogni essere organico divenga altrettanto perfetto, od anche alquanto più perfetto degli altri abitatori della medesima regione, coi quali esso deve lottare per l'esistenza. E noi vediamo che questo è appunto il grado di perfezione, al quale tende la natura. Le produzioni endemiche della Nuova Zelanda, per esempio, sono perfette, quando si paragonino l'una all'altra; ma esse sono soggette a diminuire rapidamente, a fronte delle irrompenti legioni di piante e d'animali che vi s'introducono dall'Europa. Tuttavia questa elezione naturale non raggiungerà l'assoluta perfezione; nè potrà mai incontrarsi, a quanto credo, questo tipo di perfezione nella natura. Secondo Giovanni Müller, la correzione per l'aberrazione della luce non è ancora perfetta nell'occhio, che è pure il più perfetto degli organi. Helmholtz, la cui competenza nessuno vorrà mettere in dubbio, dopo avere descritto colle più forti espressioni il potere meraviglioso dell'occhio umano, aggiunge queste parole significative: «Quanto noi di inesattezza e di imperfezione abbiamo scoperto nell'apparato ottico e nella immagine sulla retina, è cosa di poco conto di fronte alla inesattezza che abbiamo testè incontrata nel dominio delle sensazioni. Si potrebbe dire che la natura trovi diletto nell'accumulare le contraddizioni per rimuovere tutte le basi ad una dottrina di armonia preesistente fra il mondo esterno ed interno».
Se la nostra ragione ci conduce ad ammirare con entusiasmo una moltitudine di inimitabili disposizioni nella natura, la stessa ragione ci induce a ritenere che alcuni altri congegni naturali siano meno perfetti, quantunque possiamo facilmente errare da ambi i lati. Possiamo noi considerare il pungiglione dell'ape quale organo perfetto, mentre se venga usato contro altri animali non può essere ritirato, opponendosi la sua dentatura all'indietro, e cagionando così inevitabilmente la morte dell'insetto per l'estrazione e la lacerazione dei suoi visceri?

Ma se noi pensiamo che il pungiglione dell'ape sia in origine stato impiegato da un remoto progenitore a guisa di strumento da perforare o da segare (non altrimenti di ciò che si osserva in molti altri membri dello stesso grande ordine), e che fu poi modificato, ma non perfezionato, per l'oggetto a cui serve presentemente, col veleno dapprima adatto ad altro ufficio, come, per esempio, a produrre delle galle, indi reso sempre più intenso: possiamo forse intendere come sia che l'uso dell'aculeo abbia da recare la morte così spesso al medesimo insetto. Perchè se in complesso la facoltà di pungere fosse vantaggiosa a tutto lo sciame, soddisferebbe a tutte le condizioni richieste dall'elezione naturale, anche se ne seguisse la morte di parecchi individui. Se noi ammiriamo la veramente portentosa facoltà olfattiva, per la quale i maschi di molti insetti trovano le loro femmine, possiamo forse stupire al vedere la produzione di migliaia di fuchi, i quali non compiono che una singola operazione, che sono affatto inutili alla loro colonia per qualunque altro rapporto, e che finiscono per essere massacrati dalle loro laboriose e sterili sorelle? Noi dovremmo anche ammirare, benchè ciò possa essere difficile, l'odio selvaggio ed istintivo dell'ape regina che la spinge a distruggere le giovani regine sue figlie, appena che esse sono nate, o a perire anch'essa nel combattimento; senza dubbio ciò avviene per il bene dello sciame; e il materno amore o l'odio materno (quantunque quest'ultimo sia fortunatamente più raro) derivano pure dal medesimo principio inesorabile della elezione naturale.

Se infine noi ammiriamo i diversi ingegnosi apparati, per mezzo dei quali i fiori delle orchidee e di molte altre piante sono fecondati per opera degli insetti, possiamo forse considerare come ugualmente perfetta l'elaborazione dei densi nembi di polline nei nostri abeti, affinchè pochi grani soltanto siano trasportati per caso dalla brezza sugli ovuli?

 

SOMMARIO DEL CAPO: LA LEGGE DELLA UNITÀ DI TIPO
E DELLE CONDIZIONI DI ESISTENZA È ABBRACCIATA
DALLA TEORIA DELL'ELEZIONE NATURALE

 

In questo capo noi abbiamo discusso alcune delle difficoltà ed obbiezioni che possono contrapporsi alla mia teoria. Parecchie sono molto serie; ma io credo che la discussione abbia sparso qualche luce sopra diversi fatti i quali rimangono completamente oscuri secondo la dottrina degli atti indipendenti di creazione. Abbiamo veduto che le specie di ogni periodo non sono indefinitamente variabili, nè sono collegate fra loro da una moltitudine di gradazioni intermedie: e ciò in parte perchè il processo di elezione naturale è sempre assai lento, e si esercita in ogni tempo solamente sopra pochissime forme; e in parte perchè questo processo di elezione naturale implica quasi la continua successione ed estinzione delle gradazioni precedenti ed intermedie. Quelle specie strettamente affini che vivono attualmente in un'area continua, debbono spesso essere state formate quando l'area era discontinua e quando le condizioni di vita non erano insensibilmente variate da una parte ad un'altra. Se due varietà si formano in due distretti di un'area continua, spesso si produrrà una varietà intermedia appropriata ad una zona intermedia; ma per le ragioni esposte, la variazione intermedia esisterà ordinariamente più scarsa delle due forme che sono dalla medesima congiunte; per conseguenza queste ultime, nel corso delle loro ulteriori modificazioni e per il fatto stesso di essere più numerose, avranno un grande vantaggio sopra la varietà intermedia meno ricca, e riusciranno così generalmente a soppiantarla ed esterminarla.


Abbiamo veduto, nel presente capo, quanto dobbiamo essere cauti nel concludere che le abitudini di vita più diverse non possano gradatamente sostituirsi le une alle altre, e che un pipistrello, per esempio, non possa essere derivato, per elezione naturale, da un animale che dapprima si sosteneva appena nell'aria.

Abbiamo veduto che una specie può modificare le sue abitudini sotto nuove condizioni di vita, ovvero acquistare abitudini diverse, alcune delle quali affatto differenti da quelle de' suoi congeneri prossimi. Quindi se poniamo mente che ogni essere organico si adopera per vivere dove può esistere, comprenderemo come si osservino oche terrestri co' piedi palmati, picchi che vivono al suolo, tordi che si tuffano nell'acqua, e finalmente procellarie dotate delle abitudini dei pinguini.


Benchè l'opinione, che un organo tanto perfetto come l'occhio possa essere stato prodotto per mezzo dell'elezione naturale, sia tale da muovere in ognuno il dubbio sulla sua verità; tuttavia se noi conosciamo una lunga serie di gradazioni, nel complesso di un organo, ognuna delle quali sia vantaggiosa all'individuo che la possiede, allora non sarebbe più logicamente impossibile che, sotto mutate circostanze di vita, si raggiungesse un grado determinato di perfezione colla elezione naturale. Quando non siamo a giorno degli stati intermedi o transitorii, dobbiamo guardarci dal concludere che non ve ne furono; perchè le omologie di molti organi e i loro stati intermedi dimostrano almeno che sono possibili portentose metamorfosi nelle funzioni. Per esempio, una vescica natatoria fu, a quanto sembra, convertita in un polmone per la respirazione aerea. Le transizioni debbono spesso essere largamente agevolate, quando uno stesso organo, dopo di aver adempiuto simultaneamente funzioni assai diverse, venne poi modificato e diretto più specialmente ad una sola funzione; e così nel caso, in cui due organi distintissimi insieme adempivano nel medesimo tempo al medesimo ufficio, e l'uno si poteva perfezionare aiutato dall'altro.


Due esseri molto discosti fra loro nel sistema naturale ci hanno offerto l'esempio di un organo, il quale in ambedue serve allo stesso scopo, è affatto simile nella esterna apparenza, e può essersi formato separatamente ed indipendentemente; se però tali organi siano esaminati da vicino, essi presentano quasi sempre delle differenze essenziali nella struttura, e ciò è una conseguenza necessaria del principio di elezione naturale. D'altra parte è una regola generale in tutta la natura che una infinita diversità di struttura serve a raggiungere un medesimo scopo, ed anche ciò scaturisce dallo stesso grande principio.

Noi siamo troppo ignoranti, in quasi tutti i casi, per trovarci in grado di affermare che una parte od un organo siano di sì poca importanza per il benessere di una specie, che non possano essersi lentamente accumulate le modificazioni della sua struttura, per effetto dell'elezione naturale.


Ma possiamo ammettere con piena fede che molte modificazioni, dovute interamente alle leggi dello sviluppo e dapprima in verun modo vantaggiose ad una specie, divennero in seguito utili ai discendenti vieppiù modificati di essa. Possiamo anche ritenere che un organo, il quale fu anticamente di alta importanza, fu spesso conservato dai discendenti (come la coda di un animale acquatico da' suoi discendenti terrestri), quantunque, sia poi divenuto tanto insignificante, nel suo stato attuale, che non potrebbe ripetersi dall'elezione naturale, la quale non agisce che per la preservazione delle variazioni profittevoli, nella lotta per l'esistenza.

L'elezione naturale non produrrà cosa alcuna in qualche specie per esclusivo profitto o danno di un'altra; benchè possa benissimo formare delle parti, degli organi, e delle secrezioni altamente utili od anche indispensabili, ovvero altamente nocive ad altre specie, ma in tutti i casi utili insieme alla propria. L'elezione naturale in ogni paese ben popolato deve agire principalmente per mezzo della concorrenza che gli abitanti si fanno, e quindi sarà per produrre soltanto quella perfezione e quella forza che, nella battaglia per la vita, si accordano alle condizioni della località. Perciò gli abitanti di una regione, in generale, quanto più la medesima sia piccola, dovranno spesso cedere il posto a quelli di un altro paese più vasto, come infatti si osserva. Perchè in una regione vasta, dove debbono essersi trovati molti individui e le forme più disparate, la lotta sarà stata più severa, e così il limite di perfettibilità si sarà elevato maggiormente. L'elezione naturale non deve produrre di necessità una perfezione assoluta; nè, per quanto possiamo giudicare colle nostre limitate facoltà, può la perfezione assoluta incontrarsi in alcun luogo.

Secondo la teoria della elezione naturale, noi possiamo intendere con tutta chiarezza l'intero significato di quell'antico canone della storia naturale, Natura non facit saltum. Se consideriamo semplicemente gli attuali abitatori del mondo, questa massima non è strettamente corretta; ma se noi includiamo tutti gli esseri dei tempi passati, deve essere, dietro la mia teoria, assolutamente vera.

Generalmente si riconosce che tutti gli esseri organizzati sono stati formati in seguito a due grandi leggi: cioè l'Unità di Tipo e le Condizioni di Esistenza. Per unità di tipo si intende quella fondamentale somiglianza di struttura, che noi vediamo negli esseri organici di una medesima classe, e che è affatto indipendente dalle loro abitudini di vita. Seguendo la mia dottrina, l'unità di tipo viene spiegata dalla unità di discendenza. L'adattamento alle condizioni di esistenza, sul quale ha tanto spesso insistito l'illustre Cuvier, viene abbracciato completamente dal principio della elezione naturale. Perchè l'elezione naturale agisce, o coll'appropriare le parti variabili di ogni essere alle sue condizioni di vita organiche ed inorganiche: oppure cogli adattamenti praticati nelle lunghissime epoche trascorse; trovandosi questi adattamenti agevolati, in certi casi, dall'uso e dal non-uso, od anche essendo leggermente affetti dall'azione diretta delle condizioni esterne della vita e soggiacendo poi sempre alle diverse leggi di sviluppo.

Quindi, nel fatto, la legge dell'adattamento alle Condizioni di Esistenza è la più elevata; mentre comprende quella dell'Unità di Tipo, per l'eredità degli adattamenti antichi.

CAPO 7 >

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