CHARLES DARWIN

Vedi qui l'Opera integrale di Darwin :
"L'Origine dell'Uomo"

Vedi qui l'Opera integrale di Darwin
" Sulla origine delle specie"

CHARLES DARWIN (1809-1882) Nacque nel 1809 a Shrewsbury, dove frequentò Shrewsbury School dai nove ai sedici anni, quindi si recò ad Edimburgo ed infine a Cambridge, con l'intenzione di prendere gli ordini sacri.

Il vantaggio principale che egli trasse nei tre anni a Cambridge fu l'amicizia con scienziati più anziani, come J.S. Henslon e Adam Sedgwick. Nel 1831, poco dopo essersi laureato concorse al posto di naturalista (senza stipendio) per il viaggio di ricerche scientifiche che la nave Beagle doveva fare intorno al mondo (che durò 57 mesi, per effettuare essenzialmente rilevazioni cartografiche e misurazioni cronometriche).

Darvin nei quasi 5 anni di navigazione, ebbe modo di accumulare una massa ingente di osservazioni sulla flora, la fauna e lo studio delle formazioni geologiche in diverse aree del globo. I primi lavori furono infatti sulla geologia, ma i più profondi risultati della sua mente si ebbero nel campo della biologia e al ritorno del lungo viaggio la sua vocazione di naturalista fu definitiva.

Nel 1839, sposò una sua cugina, dalla quale ebbe quattro figli; visse a Londra fino al 1842, poi si stabilì a Down, un piccolo villaggio del Kent, dove rimase sino alla morte, scrivendo le opere che lo resero immortale. Fu sepolto nell'abbazia di Westminster accanto alla tomba di un altro immortale: Newton.

Nella quiete della campagna dal 1854 in poi egli si dedicò allo studio dell'evoluzione.

Benchè svolgesse privatamente la sua attività scientifica , fu sempre in stretto contatto con i più eminenti naturalisti del suo tempo. Nel 1859 compose il saggio On the Origin of Species by Means of Natural Selection (Sull'origine delle specie attraverso la selezione naturale), che influenzò fortemente il pensiero scientifico. Le molte polemiche provocate da questo scritto non lo distolsero da un intenso lavoro: nel 1868 pubblicò The Variations of Animals and Plants under Domestication e nel 1871 The descent of Man, and Selection in Relation to Sex (L'origine dell'uomo).

Il Viaggio naturalista intorno il mondo contiene un resoconto affascinante delle esperienze che per la prima volta lo convinsero del fatto dell'evoluzione.

La violenta opposizione degli ambienti ecclesiastici e di quelli scientifici non impedirono che alla sua morte egli fosse considerato uno dei maggiori scienziati moderni.

LOTTA PER LA VITA E SELEZIONE NATURALE

Darwin teorizzò che, analogamente alla selezione artificiale operata dall'uomo, anche in natura dovesse agire un meccanismo simile per effetto di un fattore selettivo che doveva essere individuato nella lotta incessante per la sopravvivenza all'interno di un dato ambiente.

Osservando piante e animali Darwin rilevò che due individui di una popolazione sono perfettamente identici: gli organismi differiscono per dimensioni, colori e molti altri caratteri. Lo scienziato iniziò ad intuire che sono in realtà le variazioni, piuttosto che i caratteri acquisiti, a essere trasmesse alla discendenza. Erano le basi della sua teoria della "selezione naturale": un meccanismo, responsabile dei cambiamenti riscontrabili nelle popolazioni, che interviene quando gli individui con le variazioni più favorevoli per un determinato ambiente sopravvivono e trasmettono questi caratteri alla progenie.

Darwin concluse che gli organismi che non hanno successo nella competizione per le risorse hanno minori probabilità di sopravvivere in quell'ambiente. Solo gli organismi che sopravvivono possono trasmettere i propri caratteri alla generazione successiva, e dunque in ogni nuova generazione i figli degli individui più adatti saranno più numerosi.

LOTTA PER LA VITA E "DARWINISMO SOCIALE"

Darwin rivoluzionò la concezione tradizionale dell'origine delle specie viventi e diede un aspetto organico e definitivo alla concezione deterministica. Egli sosteneva che il numero degli organismi viventi che nasce è superiore a quello che può sopravvivere con le risorse disponibili. Quindi esiste tra i vari individui una lotta continua per sopravvivere. In questa lotta prevalgono i più adatti alle condizioni di vita in cui si trovano e trasmettono i loro caratteri ai discendenti.

Questa sopravvivenza del più adatto è la «selezione naturale»: come l'uomo seleziona artificialmente le specie animali e vegetali più utili ai suoi bisogni, modificandone le caratteristiche, così opera la natura, scegliendo per la riproduzione degli individui che nella lotta per l'esistenza hanno dei vantaggi sopra i concorrenti.

La dottrina darwiniana ebbe un'influenza enorme su tutto lo sviluppo scientifico e filosofico del secondo Ottocento, ed ebbe peso notevole anche nelle scienze sociali, dando origine a quel filone del pensiero sociologico che si definisce appunto "darwinismo sociale".

Tale dottrina tende a vedere la società umana regolata dalle stesse leggi del mondo animale e naturale, quindi dominata anch'essa dalla lotta per la vita, che assicura la sopravvivenza e il dominio al più forte. In effetti la società umana nella sua storia millenaria è sempre stata caratterizzata da conflitti tra le varie classi sociali. Tuttavia il darwinismo sociale non analizza la lotta per la vita come un dato legato a forme specifiche, storicamente definite di società, ma la pone come legge assoluta di ogni forma di società possibile.

Le tendenze di pensiero più reazionarie ne ricavano la conclusione che l'assetto sociale vigente fondato sul dominio di una classe sulle altre, corrisponde alle leggi stesse di natura e non potrà mai essere modificato, o addirittura affermano la legittimità e la necessità del predominio del più forte sui più deboli, respingendo le nozioni di uguaglianza e di democrazia maturate nel corso moderno della storia borghese, dall'Illuminismo alla Rivoluzione francese in poi.

Queste teorie sono la manifestazione della profonda crisi attraversata dalla coscienza borghese nella seconda metà dell'Ottocento: viene meno la sicurezza di poter dominare concettualmente e praticamente tutta la realtà, la serena certezza in futuro di pace, di equilibrio, di giustizia e di benessere illimitato, che erano i punti fondamentali della concezione della borghesia nel periodo eroico della sua ascesa. 
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SALVATORE LAZZARA
(TUTTO SU DARWIN - link esterno)

I risvolti antropologici e politici della teoria dell'evoluzione darwiniana nell'ultimo libro di Patrick Tort, "L'antropologia di Darwin", edito da manifestolibri. Una riflessione strettamente laica sul "posto dell'uomo" nella natura e sul senso stesso del suo esistere

La spiegazione dei fenomeni della materia vivente, dal livello molecolare a quello sociale, è un chiodo fisso della biologia, un'ossessione che rivela una sorta di "morale nascosta".
E' come se la natura delle domande che la biologia si pone la portassero sempre a cercare l'essenza o il perché delle cose, spingendola così più lontano dello scopo che le è dato di attendere, descrivere il come dei fenomeni vitali, cioè le condizioni di esistenza dei fenomeni stessi. La questione, come si può immaginare affonda le sue radici nel passato della biologia, ma anche della filosofia.
Il libro di Patrick Tort, L'antropologia di Darwin (manifestolibri, pp. 175, L. . 26.000) ha il merito di affrontare il cuore e l'essenza di questa continua ricerca, partendo da alcuni ambiti della teoria dell'evoluzione che spesso vengono considerati, a torto, meno importanti ed accessori, ma nei quali lo stesso Darwin cercò di strutturare una riflessione che provasse a dare una risposta alla domanda circa il "posto dell'uomo" nella natura e il senso del suo esistere, da un punto di vista strettamente laico e, per certi aspetti, fortemente politico. Ci stiamo riferendo ai tentativi di costruire un'antropologia condotta, nell'Origine dell'uomo, attraverso una critica (in senso quasi kantiano) della stessa teoria dell'evoluzione.
Su questi risvolti antropologici e politici, si è del resto giocata, come bene afferma Tort, anche la fortuna della teoria dell'evoluzione, sul piano di uno scontro fra culture, di una dialettica interna ad un tessuto sociale. E la sua mistificazione.

Pubblicata il 24 novembre del 1859, presso l'editore Murray di Londra, L'origine delle specie per opera della selezione naturale esaurì l'intera tiratura iniziale di 1250 copie in un solo giorno; un successo enorme. E un vero e proprio scandalo.
Le teorie di Darwin erano un attacco ai fondamenti della morale di quel tempo, imbevuta di religiosità bigotta. Darwin affermava che non solo nessun dio era mai intervenuto a determinare il numero e la qualità delle specie viventi così come le conosciamo, ma che queste erano il risultato della modificazione di antichi progenitori, vissuti millenni prima, in ere geologiche lontane. Ne conseguiva che le specie animali e vegetali soggiacevano ad un movimento di cambiamento ed evoluzione. Da lì ad affermare la discendenza dell'uomo dai primati il passo fu breve, e non privo di conseguenze.
Per molti fu uno shock, ma per altri una liberazione: con Darwin finalmente si allontanavano i fantasmi della metafisica, la teoria dell'evoluzione era in tutto e per tutto scientifica, razionale e, entro certi limiti, materialistica. L'evoluzionismo trovò così numerosi sostenitori, soprattutto fra i giovani, e molti detrattori, soprattutto tra la buona borghesia inglese, di cui pure Darwin era degno rampollo. Del resto era assai consolatorio considerare l'uomo come il discendente di un angelo decaduto, piuttosto che pronipote di uno scimmione irsuto. Ad ogni modo la fama di Darwin si diffuse anche fuori dagli angusti confini dell'Inghilterra ed egli divenne un eroe della scienza.

La biologia mosse così verso una laicizzazione delle risposte ai suoi quesiti fondamentali. Essa sembrò aver trovato una nuova chiave interpretativa, il concetto di adattamento, che divenne in breve tempo un deus ex machina per la spiegazione dei fenomeni della materia vivente. Tutto questo successo non salvò certo Darwin dal pericolo di fraintendimenti, distorsioni del significato delle proprie affermazioni, generalizzazioni e ambiguità. Anzi. La volgarizzazione dello schema darwiniano e il piegamento dei meccanismi della selezione e dell'evoluzione a scopi non del tutto scientifici non tardarono ad arrivare.
Va detto però che queste "interpretazioni" affondavano le radici in alcuni presupposti della teoria. Tort ci ricorda infatti che Darwin fu assai colpito dalla lettura del libro di Malthus Saggio sui principi della popolazione (1796) dove si teorizzava una sorta di lotta per la sopravvivenza dell'individuo più forte, in un mondo visto come ostile. Questa tesi era con ogni probabilità la stessa che si specchiava, banalizzata e distorta, nelle discussioni che in quegli stessi anni sviluppavano un'altra rivoluzione, quella delle forme della produzione, del lavoro e del mercato, oltre che delle modalità del vivere sociale, già in marcia da un secolo.

La teoria dell'evoluzione quindi non si salvò dalla banalizzazione; la nascente economia liberista, che rileggeva attraverso uno specchio deformante Lamarck e osannava Spencer e l'ineluttabilità del progresso lesse, deformandolo, anche Darwin, in una chiave di opportunismo sociale. Chi proclama un'idea nuova non la fa mai franca, afferma Tort nel suo libro, e mostra di seguito come il fraintendimento della teoria dell'evoluzione sia legato alla leggerezza, spesso strumentale, con cui il senso comune si appropriò di essa, e all'ignoranza diffusa e anch'essa strumentale, su un altro testo fondamentale di Darwin, per l'appunto L'origine dell'uomo (1871).

In quel testo Darwin mostrava come fosse possibile sottoporre a critica l'idea di selezione naturale, non per affermare un suo superamento, ma piuttosto per completare il quadro concettuale in cui essa si sviluppava. Per Darwin il principio di selezione non poteva essere banalizzato nella sua applicazione al comportamento sociale oppure essere letto come semplice risultato di una pressione dell'ambiente sull'uomo. Esisteva invece un'evoluzione della teoria dell'evoluzione.
Ed è qui che il libro di Tort fornisce il contributo di chiarimento più interessante.
La nascita nell'uomo di un senso morale è la riprova di come la selezione agisca anche in deroga ai propri aspetti istintuali, portando il meccanismo di adattamento a livelli di maggiore complessità, in parte anche sovvertendone i presupposti.
La presenza di un istinto sociale è la prova dell'esistenza di un effetto reversivo dell'evoluzione, che per Tort va inteso come rottura rispetto ad una supposta continuità fra biologico e sociale, ma non come frattura epistemologica, piuttosto come una relazione circolare, una ricorsività. La teoria si piega su se stessa, divenendo una metafora dell'atto con cui si definisce un ambiente sociale, oltre che esplorazione e riproduzione individuale.

Tort afferma quindi una alterità delle teorie darwiniane rispetto alla semplificazione di queste condotta dal liberismo economico. E' interessante a questo proposito la lettura del rapporto fra Darwin e Wallace. E' con questi che Darwin avverte una consonanza, riguardo alla pressione evolutiva applicata al tessuto sociale. La compassione, che è tipica dell'uomo, fa in qualche modo da controspinta alla bruta pressione selettiva, e dà a Darwin l'esempio giusto per dimostrare la capacità della teoria evolutiva di criticare se stessa, proprio sul campo del sociale (e del politico, diremmo noi). Questo anche perché l'uomo non ha più bisogno di mettere in atto mutazioni fisiche per rispondere alle pressioni dell'ambiente, ma piuttosto agisce con cambiamenti nel proprio abito mentale e categoriale, attraverso l'apprendimento di nuovi modelli di conoscenza. Con Wallace invece Darwin non concorderà mai riguardo alla questione dell'origine plurima o unica dell'uomo.
E'qui che si innesca l'altro grande tema affrontato da Tort, l'interpretazione del concetto di razza in Darwin.

Pur radicandolo nel presupposto teorico della discendenza con modificazioni, Darwin contestualizza in maniera davvero interessante il concetto di razza affermando che la simpatia, istinto sociale che sostituisce nell'uomo l'istinto selettivo, permette ad ogni essere umano di sentirsi coinvolto in una relazione di similitudine con altri, diversi per aspetto da lui, in una sorta di riconoscimento dell'alterità. Partendo da qui, Tort dimostra come ogni tentativo di giustificare il razzismo su basi biologiche si rivela privo di fondamento, pura ideologia; per Darwin anzi esistono meccanismi dell'interazione sociale che permettono all'uomo di agire in deroga all'opportunismo ed all'istinto del vantaggio individuale e biologico. Sono quegli effetti reversivi dell'evoluzione sui quali Tort basa la critica al concetto di razza come metafora discriminatoria, rifiutando la necessità di un legame, nel contesto sociale, fra competizione ed eliminazione, affermato invece dalle teorie liberiste radicali, per le quali non c'era differenza fra contesto sociale e biologico, e innestando sulla riflessione di Darwin la dialettica fra natura e cultura. E' su questo piano inoltre che viene affrontata e chiarita la questione dell'interpretazione/mistificazione compiuta nel tempo su Darwin, la sua riduzione ad epigono di Malthus, non solo ad opera dei liberisti radicali ma anche del materialismo di Marx ed Engels.

Per Tort nel suo sconfinare sul piano del sociale la legge dell'evoluzione subisce un'evoluzione senza per questo sconfessare i propri presupposti. Tutto il chiacchiericcio fatto attorno alle pretese del darwinismo sociale, che del resto è creatura di Spencer e non di Darwin, e sulla giustificazione biologica del razzismo sono, afferma Tort, il frutto di una mistificazione operata su tre piani: il fraintendimento della teoria dell'evoluzione nel suo complesso, l'incomprensione della portata epistemologica dell'Origine dell'uomo, che a torto viene considerata semplice estensione dell'Origine della specie, e la riduzione del pensiero sociale di Darwin a quello di Malthus, complici forse le pericolose suggestioni portate dall'eugenetica di Galton, cugino di Darwin.
Tutto ciò ha contribuito a generare errori di interpretazione, approssimazioni mediocri, in un clima di non sempre specchiata onestà intellettuale.
Lo stesso clima che, in questi nostri tempi confusi, permette a molti di vivere in maniera pericolosa e spregiudicata, non solo sul piano della scienza ma anche della vita sociale, della politica, il sottile equilibrio fra senso comune e menzogna.

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VEDI qui "Le fonti  delle critiche" : CONTRO DARWIN

 

altri riferimenti sull'evoluzionismo in

 

Vedi qui l'Opera integrale di Darwin :
"L'Origine dell'Uomo"

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" Sulla origine delle specie"

 

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