IL MEDIOEVO
Un periodo storico che non pochi considerano oscuro, rozzo, culturalmente regressivo. Eppure…

 

L'UNIONE  EUROPEA......

NACQUE
AI TEMPI DI CARLO MAGNO

 

 

di ELENA BELLOMO

 

 

I periodi storici altro non sono che il ritmo del respiro dello Spirito che pensa la Storia, affermava Benedetto Croce ed in effetti è impossibile sostenere che la scansione della vicenda umana in epoche sia un elemento intrinseco ad essa e non invece una mera invenzione di coloro che hanno votato le proprie energie a studiare l'evoluzione della civiltà sul nostro pianeta. Con questo non vogliamo dire che in alcuni momenti gli uomini del passato e del presente non abbiano avvertito di vivere eventi straordinari, che avrebbero per sempre mutato il cammino dell'Umanità, ma che in realtà ben poche volte tali avvenimenti sono stati considerati come determinanti nello schematico susseguirsi dei periodi storici che ci viene insegnato a scuola. Questa osservazione vale per la stessa nascita dell'Età medievale che nei manuali viene fatta risalire al 476 d. C., anno in cui Odoacre rispedì a Costantinopoli le insegne dell'impero romano d'Occidente e questo istituzionalmente cessò di esistere. Nelle coscienze dei contemporanei tale fatto aveva però suscitato particolare apprensione o addirittura sgomento? 

Era davvero stato percepito come una pietra miliare della storia? In realtà non ci pare che in quell'anno esatto nessuno fosse indotto dagli eventi a decretare la fine dell'Età antica. I cambiamenti in atto erano già cominciati da tempo con la crescente assimilazione dei popoli barbarici all'interno dell'impero e poi con il loro straripare oltre i suoi confini. Ben più decisivo appariva il sacco di Roma perpetrato dai Vandali, che per sempre aveva infranto il mito dell'intangibilità della Città Eterna ed aveva impressionato grandi ingegni come quello di sant'Agostino o di san Gerolamo. Spesso dunque la chiara coscienza della nascita di una nuova epoca è presente solo nella mente degli storici e non in quella dei contemporanei. A volte però anche gli stessi studiosi non sono molto d'accordo gli uni con gli altri. Proprio perché semplice frutto del pensiero, il confine di un'epoca può essere facilmente spostato. Chi valuta infatti principalmente il Medioevo come epoca cristiana pone il 313, anno dell'editto di Costantino che liberalizza questa confessione, come data d'inizio di una nuova era.

Chi invece ritiene elemento caratterizzante dell'Età antica l'unità del Mediterraneo scorge l'inizio di un nuovo periodo solo nel VI secolo, quando l'invasione araba distrugge un'unitarietà culturale e commerciale che nemmeno i barbari avevano definitivamente intaccato. Chi considera invece indispensabile l'apporto dato dalle popolazioni germaniche alla creazione di una originale civiltà medievale, pone come spartiacque il 406, anno in cui esse fecero il loro decisivo ingresso nell'impero. Il limite iniziale del Medioevo fluttua così a seconda del problema che più ci sta a cuore. Lo stesso vale per quello finale, dato che molti ravvisano in diversi eventi, il Grande Scisma d'Occidente (1404-1414), nel Giubileo del 1300, nei mutamenti culturali del XIV secolo, e non nella scoperta dell'America, una precoce fine dell'epoca medievale e la nascita di una nuova sensibilità. 

Unico dato incontrovertibile rimane l'esistenza all'interno di questi due limiti opinabili di una particolare età storica, dotata di precise caratteristiche che la diversificano ed individuano rispetto a qualsiasi altro momento della storia dell'Umanità. Ma chi per primo l'ha scoperta o inventata? Chi le ha dato un nome? Fu Cristoforo Keller, il cui nome latinizzato era quello di Cellarius, nel 1688 a scrivere per primo una Historia Medii Aevi.

Il Medioevo appare quindi nato diversi secoli dopo la propria morte! Keller nella sua opera ci parla dell'epoca compresa tra il 326 (trasferimento della capitale imperiale a Costantinopoli) e il 1453 (caduta di Bisanzio in mano ai Turchi), considerandola chiaramente come quel periodo che si era trovato tra lo sviluppo della civiltà classica e la nuova età che egli stesso stava vivendo. Il Medioevo non pareva avere quindi caratteri propri di un qualche rilievo, ma era semplicemente un intermezzo, forse non troppo felice, tra due periodi determinanti della storia.
L'idea del Keller in realtà non era del tutto nuova.

La presenza di questa epoca intermedia, uno strano ibrido di ragione e superstizione, di brutalità e inesperienza, era già apparsa chiara agli umanisti italiani, che al di là di essa guardavano con riverente ammirazione allo splendore dell'arte classica. Una simile sensazione avevano avvertito anche i riformatori protestanti che nell'Età di Mezzo avevano riconosciuto quel momento di credulità e abbandono, di corruzione e vizio, che separava la loro Chiesa rinnovata da quella primitiva delle origini cristiane. In base a questi giudizi il Medioevo pare definirsi solo per le sue caratteristiche negative, solo per quello che non è stato capace di essere. 

Nasce qui il luogo comune, ormai da tempo sfatato, di un'epoca buia, retriva ed oscurantista, inutilmente violenta ed incapace di qualsiasi forma di reale bellezza. Invero già da un primo sguardo questa certezza comincia a vacillare. Davvero la civiltà medievale corrispose solamente ad un lungo e reiterato errore? I pinnacoli scolpiti delle cattedrali gotiche sembrano suggerirci però un'altra risposta. I vivaci colori miniati dei codici di dimenticate abbazie, i vigorosi versi dei trovatori provenzali, la grazia amorevole di s. Francesco di Assisi confermano i nostri sospetti. In realtà ciò che dobbiamo fare è abbandonare ogni nostro preconcetto ed ogni nozione moderna per calarci in questa epoca così lontana e dotata di irresistibile fascino. È difficile e pericoloso ritornare alla propria infanzia, ma è anche un viaggio esaltante alla riscoperta di noi stessi, delle nostre fantasie e crudeltà inconsapevoli, delle brillanti intuizioni e delle ingenuità, denso di risposte su chi noi in realtà siamo.

Il Medioevo nasce dunque da un complesso miscuglio di elementi romani, cristiani e germanici. La raffinatezza e superbia di Roma, le sue lettere e l'eccellenza della sua arte si fondono con una nuova fede, capace di catalizzarne ulteriormente lo sviluppo. Ad essa si unisce poi la forza dei giovani popoli germanici, spesso intimiditi dalla sapienza romana e impauriti da essa fino alla violenza, ma comunque portatori di nuova linfa all'interno dell'impero. Di questi il Medioevo fa propri la venerazione per i valori guerrieri, le compagnie di combattenti cementate da forti legami di fedeltà personale, suggellati da un giuramento. Da questa farragine nasce l'Europa dei primi secoli del Medioevo, impegnata a trovare una propria stabilità attraverso le continue lotte per dominare la spezzata eredità di Roma.

È questa l'Europa, spesso ancora pagana nel cuore e cristiana nelle superstizioni, su cui regnerà Carlo Magno.

Incredibilmente a questo condottiero analfabeta vissuto tra VIII e IX secolo è riuscito quello che presidenti e ministri si affannano oggi a raggiungere da decenni: l'unità d'Europa. 


(È proprio durante il Medioevo, infatti, che il nostro continente vive la sua prima esperienza unitaria.
(E i germanici sanno benissimo questa storia.
Vedi il loro dominio (guerriero) dopo la sconfitta della Francia nel 1870.
Vedi il loro precipitoso intervento (guerriero) nella Prima G.M. poi uscita sconfitta.
Vedi il voler prendersi la rivalsa (guerriera) da quest'ultima con Hitler.
Vedi i nuovo dominio (ma questa volta economico) della Germania odierna. (NdR)

Governata attraverso un sistema feudale, derivato proprio dai vincoli giurati dei guerrieri germanici, che sono compensati con terre in usufrutto per la loro fedeltà ed opera, l'Europa commercia con le stesse monete, rispetta le medesime leggi, pratica le stessa liturgia, scrive con la stessa scrittura (la carolina appunto). È questa però una creazione fragile destinata ad infrangersi dopo la morte del proprio artefice. Comincia quello che è stato definito il secolo di ferro perché sono solo le armi e la forza militare a dettare legge. Attraverso di esse un feudatario impone la propria protezione, o meglio il proprio dominio, a chi non è in grado di difendersi da solo. I piccoli proprietari (allodieri), caratteristici della tradizione germanica, scompaiono rapidamente. Preferiscono dare i loro terreni ai signori per riottenerli semplicemente in usufrutto. Solo con esasperante lentezza i rapporti di forza e di potere sul territorio riusciranno a trovare un proprio equilibrio. 

Non si tratta in questo caso di un periodo di deliberata e gratuita violenza, ma del necessario tempo di gestazione di un nuovo modulo di governo e gestione del potere che deve formarsi nell'instabilità e nella lotta. Ne uscirà un'Europa dominata da un ceto feudale, che si contraddistingue grazie alla professione delle armi, che garantisce ad essa anche la prerogativa di amministrare la giustizia ed altre funzioni pubbliche e che, in poche parole, garantisce ad essa ricchezza e potere. Domina questa classe l'imperatore, governante supremo, figura ammantata di un alone sacrale di invincibilità germanica e di difensore della fede cristiana. L'altro supremo potere che regge l'Europa medievale è quello della Chiesa, guida del gregge di Cristo in cammino verso la salvezza eterna. Eppure questa Chiesa è una realtà pienamente mondana, preda continua di passioni terrene.

Chiamata a difendere i suoi fedeli, quando l'impero romano è ormai impotente, vede i suoi vescovi diventare oculati amministratori cittadini e comandanti militari, osserva i propri abati mentre conservano i cimeli della civiltà classica e nel contempo ammassano immensi patrimoni, fornendo la loro autorevole protezione ai contadini. Cupidigia e corruzione aspettano però i chierici al varco e, mano a mano che i loro interessi si fanno sempre più mondani, li assalgono e ne fanno preda, facendo scordare loro i voti professati, facendoli vivere come se fossero ancora laici. La Chiesa cade nello scandalo e non sono solo gli imperatori ed i baroni a gettarvela, ma gli stessi pontefici ed i chierici di qualsiasi condizione. Il potere che essi gestiscono ha finito con lo snaturare i caratteri stessi della Chiesa, divenuta un'istituzione quasi laica dove sono i laici a deciderà chi sarà papa, abate o vescovo.

È nell'XI secolo che nasce la ribellione a questo stato di cose sotto l'incentivo di una rinnovata libertas ecclesiae. Ricomincia la lotta, anche questa volta senza esclusioni di colpi. La Chiesa può contare su un nutritissimo esercito, migliaia e migliaia di fedeli, ansiosi di raggiungere la perfezione evangelica, di essere puri e rendenti quando la fine del Mondo, che nel Medioevo si crede sempre imminente, ponga termine alla storia. Questo afflato di fede percorrerà tutta la storia medievale, assumendo le forme più diverse, dalla ferocia dei crociati, alla rassegnata solitudine degli eremiti, dall'abnegazione degli ospitalieri, alle sottili disquisizioni dei dotti domenicani, dalla furia dei flagellanti al languore appassionato dei mistici.

Spesso la Chiesa non saprà comprenderlo e lo bollerà come pura eresia e credulità, ma esso costituisce uno degli elementi più genuini dello spirito medievale, a volte forse ingenuo come quello di un bambino, ma dotato di vigore, forza e convinzione straordinari. Se dalla lotta contro i laici e l'impero per riacquisire la propria indipendenza la Chiesa esce sostanzialmente vincitrice, è però fatale che l'antico nemico le lasci attaccato qualcosa di sé. È infatti proprio con questa decisiva vittoria che la Chiesa romana viene ad assumere definitivamente i caratteri di una monarchia le cui pretese di potere sono però universali. Questo segnerà la continuazione degli scontri con l'impero per guadagnarsi il dominio della cristianità e il crescente allontanamento dai fedeli dalla loro spiritualità, così semplice immediata, dal loro desiderio di essere guidati da una Chiesa lontana da influenze terrene. 

Quell'XI secolo in cui comincia il rinnovamento della Chiesa è in realtà un periodo di florido sviluppo per l'Europa intera. La popolazione cresce, migliorano le tecniche di coltivazione, aumenta la produzione. Le città riprendono a popolarsi, nuove terre sono messe a coltura. Prepotentemente la civiltà occidentale si espande. Ad Occidente comincia la Reconquista, ad Oriente nascono i principati latini di Terrasanta e i territori slavi vengono colonizzati. Il languire del commercio a vasto raggio nei primi secoli del Medioevo (la cui effettiva portata è stata ridimensionata da studi recenti) è ormai solo un ricordo. Le fiere della Champagne sono sempre più affollate, mentre intraprendenti mercanti delle repubbliche marinare italiane armano nuove flotte.
Nascono le lettere di cambio ed i primi istituti di credito.

Il progresso porta però anche crescente povertà, rinnovate disuguaglianze, mentre i nuovi ricchi si organizzano per governarsi da soli. Oltralpe sono i borghesi, mercanti divenuti ricchi che con le loro associazioni o gilde, mirano a rendersi indipendenti dal governo feudale o a sostituirlo. In Italia sono nobili feudatari che si sono inurbati e che si vogliono sottrarre al potere vescovile.
L'Età del Comune è alle porte. Alcuni vi hanno rintracciato il primo germoglio di una società egualitaria in lotta per la propria affermazione, si tratta in realtà della presa di coscienza di classi che vogliono essere ammesse alla gestione del potere. La dialettica storica si fa quindi ancora più complessa ed è fatale che ne nasca un nuovo conflitto. Saranno i comuni a riuscirne vincitori, ottenendo il riconoscimento della propria autonomia dall'impero, supremo principio di ogni potere temporale.
Dopo la vittoria la storia dei comuni sarà però sempre più travagliata. Martoriati da continue lotte interne, essi dovranno infatti fare fronte al crescente allargamento della partecipazione alla vita politica chiesto da ceti una volta subalterni. 

Rivolte, espulsioni e congiure apriranno infine la strada al governo di uno solo, alla signoria, spesso salutata non come dittatura, ma come novità foriera di pace e concordia. Lo sguardo che abbiamo gettato fino ad ora sul Medioevo ci ha presentato forse un'epoca non buia e retrograda, ma sicuramente un mondo in affannosa lotta, consumato dalle discordie e dagli intrighi, capace di impegnare la propria prorompente vitalità solo nell'aggressione e nel conflitto. Esiste però anche un altro Medioevo, quello dell'inviolato silenzio dei chiostri, della gioiosa danza delle corti. Il Medioevo del bianco manto di chiese di cui un cronista monastico vede l'Europa lentamente ricoprirsi. Il Medioevo delle complesse melodie gregoriane e della poderosa solidità del Romanico. Il Medioevo delle slanciate cattedrali gotiche e delle eroiche chansons de gestes.
È anche il Medioevo delle affollate lezioni universitarie, dove si dibatte sino al di là del dogma, rischiando la scomunica. Anche nel mondo della cultura romanità, cristianesimo e valori germanici si uniscono per costituire un insieme armonioso e unico, raffinato nelle propria ascendenza romanza, ma vivificato dalla fede e dal vigore germanico. 

E se la disperata ricerca di un proprio equilibrio politico ed istituzionale ci ha forse mostrato il lato più bellicoso del Medioevo, qui ne scopriamo l'anima duttile e delicata, capace di prestare ascolto a tutte le suggestioni dell'animo senza il timore di alcun biasimo.
A questo punto riuscire a condensare quanto detto in una definizione dell'Età medievale sembra quanto mai arduo. In realtà è impossibile imprigionare i caratteri tanto compositi e dissimili di questa epoca in una semplice frase o in un aggettivo. Forse, seguendo uno studioso contemporaneo, la soluzione sta nel definire il Medioevo proprio in base alla sua mutevolezza.

L'epoca di mezzo è quindi "l'età della sperimentazione", in campo "politico-sociale: spregiudicata, senza principi, o meglio con principi travisati, ma sempre esuberante. È una lunga fase storica in cui non si crede fideisticamente nella ragione ma neppure esclusivamente nel magico. Non si crede nello Stato ma si evocano continuamente ideali di res publica o di Sacro romano impero. Si teorizza un ordine celeste che si riflette sulla Terra, in una specie di algida immobilità, ma è normale trovare un vescovo del Mille che racconta di carriere che conducono, in tre generazioni, una famiglia a diventare, da famiglia di servi, a una famiglia di cavalieri. La Rivoluzione francese, abbattendo il feudalesimo, pensava di aver dato il colpo di grazia al Medioevo. In realtà aveva abbattuto la caricatura del Medioevo: una società immobile, quella sì piramidale." Questo sembra quindi essere il vero carattere del Medioevo: la capacità di rielaborare gli elementi che gli sono stati trasmessi dal passato in soluzioni inedite ed originali in modo da rispondere alle necessità contingenti del presente, senza alcun senso di inferiorità rispetto al passato, ma con la fiduciosa speranza di riprodurre in terra il perfetto ordine forgiato dalla volontà divina.


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Problemi di storia medievale, di A. Ambrosioni e P. Zerbi, - Edizioni Vita e Pensiero, Milano 1994 (IV edizione)
L'idea di Medioevo. Tra senso comune e pratica storica
, di G. Sergi - Donizelli Editore, Roma 1998

di ELENA BELLOMO

Ringrazio per l'articolo
concessomi gratuitamente
dal direttore GIANOLA
di Storia in Rete


Un intervento di LUCA MOLINARI

IL PERCHE' DELL'EUROPA: PAX EUROPEA


La caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 d. C.) segna la fine dell’unità geopolitica della maggior parte dei territori dell’Europa occidentale. Gli spostamenti delle popolazioni barbariche e la loro unione con le popolazioni autoctone contribuirono alla formazione dei regni romano-barbarici, propedeutici alla nascita delle moderne nazioni. Nei secoli IX e X si ricostituì un’ampia unità statuale sotto la guida dei Franchi di Carlo Magno: il Sacro Romano Impero.
 
La morte di Carlo il Grande e la divisione dell’Impero tra i figli segnarono la definitiva spaccatura dei territori dell’Europa continentale: da un lato quelli abitati dai Franchi (gli odierni Belgio e Francia) e quelli controllati dalle popolazioni di lingua tedesca (Deutschland, ossia gli attuali Germania, Austria, Olanda e Lussemburgo) che controllavano anche la maggior parte della penisola italica che, divisa e frazionata, tornerà a trovare una propria unità e indipendenza solo nel 1861 ad opera di Camillo Benso conte di Cavour e Vittorio Emanuele II di Savoia.

La divisione del S. R. I. segna una data significativa nella nostra storia comune europea. Si tratta di uno spartiacque da cui scaturirono alcune dinamiche che hanno influenzato i successivi mille anni di storia. Infatti, per quasi dieci secoli l’elemento caratterizzante della vita politica europea in quest’area del continente è stata determinata dalla competizione e dallo scontro tra i due popoli discendenti dei figli di Carlo Magno: francesi e tedeschi che hanno continuamente cercato di affermare una propria supremazia gli uni sugli altri per l’egemonia nell’Europa continentale.

Foriera di guerre intestine nel cuore del continente, questa frattura nel tessuto geopolitico è stata acutizzata da una condizione di disequilibrio esistente tra i due contendenti: da un lato una nazione meno estesa e meno popolata come la Francia che, però, ha raggiunto bene presto una propria unità territoriale e politica dotandosi di un forte ed efficiente governo centrale (sono francesi sia la monarchia assolutista illuminata, sia lo stato giacobino accentrato), dall’altro un’area geografica più ampia e con maggior numero di abitanti, la Germania, ma divisi da un punto di vista politico-territoriale con alcune sue componenti (Renania, Baviera) sotto l’influenza straniera (francese con Napoleone, austriaca nel XIX secolo). L’unità tedesca, infatti, è datata 1870 ad opera di Otto von Bismarck e di Guglielmo I di Prussia.

Lo scontro per l’egemonia ha, quindi, caratterizzato i rapporti franco-tedeschi avendo ripercussioni sull’intera storia politica continentale segnata da conflitti sanguinari che hanno avuto il loro culmine nelle due guerre mondiali (1914-’18; 1939-’45) al termine delle quali, soprattutto grazie alla lotta e al sacrificio di tutti coloro che hanno combattuto per sconfiggere la tirannide nazifascista nei vari movimenti di Resistenza e Liberazione nazionali, si è andata affermando una coscienza civile comune per una pace europea tra europei proprio nel momento in cui.....
l’Europa, distrutta e straziata dal conflitto, perdeva la propria centralità a favore delle due superpotenze (Usa e Urss) vincitrici della II Guerra Mondiale.

Le matrici di quest’azione pacificatrice e integrazionista sono essenzialmente tre: quella cristiano-democratica dei padri fondatori (il tedesco Adenauer, l’italiano De Gasperi e il francese Schuman), quella laico-liberaldemocratica, “storicamente europeista” (da Kant a Altiero Spinelli passando per Giuseppe Mazzini) e quella socialista collegata al movimento operaio internazionale. Matrici diverse, ma accomunate da una comune aspirazione ad una convivenza reciproca e democratica che le opponeva alle vecchie (e nuove) dottrine della destra reazionaria nazionalista.
La fondazione delle istituzioni comunitarie europee (opera del trio Adenauer-De Gasperi-Schuma) e il successivo sviluppo ad opera dei vari Mollet, Spaak, Brandt, Mitterand, Giscard, Kohl, Delors e Prodi hanno assicurato ai popoli del vecchi continente decenni di sviluppo economico e di benessere sociale tanto da far si che quasi tutti gli stati europei (sia dell’est, sia dell’ovest) facciano oggi parte, o abbiano chiesto di entrarvi a far parte entro breve, dell’Unione Europea.
 
Il bene più prezioso della creazione dell’Unione Europea ha dato ai suoi cittadini è stato l’aver assicurato (e l’assicurare per il presente e per il futuro) un cinquantennio di Pace tra i popoli e gli stati dell’Europa. Questo storico risultato è stato ottenuto grazie alla creazione di un equilibrio tra francesi e tedeschi che ha risolto le antiche frizioni e gli ancestrali dissapori.
Proprio la costruzione e la difesa della Pace come presupposto di uno sviluppo sociale, economico e culturale contraddistinguono l’Unione Europea facendone un porto di approdo sicuro desiderato anche per chi ancora non vi fa parte. È proprio questa la nuova sfida che la leadership e i cittadini tutti dell’Unione hanno di fronte: riuscire a integrarsi anche con gli altri Paesi e popoli europei (e non, viste le domande di adesione della Turchia e di Israele) che premono ai nostri confini.
 
Per fare ciò occorre, tra l’altro, dotarsi di istituzioni comunitarie funzionali ed efficienti per la cui realizzazione esistono diverse e contrapposte proposte. Nell’operare questa delicata scelta istituzionale e costituzionale è bene ricordarsi che qualsiasi opzione che sia adottata deve preservare l’equilibrio tra le varie realtà geografiche componenti (vecchie nuove che siano) l’Unione, in primis tra tedeschi e francesi, in modo da estendere e mantenere la Pace che, regnando sulla nostra “casa comune europea” (M. S. Gorbaciov), è foriera di libertà, democrazia e giustizia sociale, unici elementi in grado di assicurare reale benessere e diffuso sviluppo. 

 Luca Molinari

 

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