Analisi e contributi critici allo studio della storia italiana     L’ITALIA DEL 1922-1936     
 e la crisi mondiale in Italia
    Le origini, i debiti, le spese, la realtà della vita economica


* CARATTERISTICHE DELLA CRISI
* ORIGINI DELLA CRISI

Quali sono le caratteristiche della crisi attuale? presenta essa delle analogie con le  precedenti o si differenzia da quelle con una particolare fisionomia? Le due domande sono suggestive e tenteremo di dare loro una risposta che possa sembrare accettabile.
Incominciamo dalla seconda, perché ci riuscirà più facile risalire alla prima. La tragica crisi, che travaglia tutta quanta l'umanità, per quanto si possa considerare sui generis presenta qualche carattere di somiglianza con le crisi anteriori. E' stato dimostrato che, da quasi un secolo e mezzo, le grandi crisi si ripetono a periodi regolari di tempo, oscillanti intorno al decennio. Jevons disegnò questa serie di crisi scoppiate nel secolo scorso: 1815, 1825, 1836, 1847, 1857, 1866, 1874; e noi possiamo completare la serie con queste altre: 1883-85, 1890-92, 1900.01. 1907-08, 1914, 1920.21, 1929....Come si vede, la crisi attuale è un anello di una grande catena: assume una forma titanica di spessore, ma è una fase di un ciclo.
Non è superfluo accennare ad un confronto con la crisi del 1920-21. La guerra aveva arrestato gli scambi e creato dei monopoli di approvvigionamenti; il brusco ritorno all'economia di pace rovesciava questa forzata costituzione dei mercati isolati, e si ebbe la crisi che culminò nel 1921. A questi fattori economici dobbiamo aggiungere la depressione fisica e psichica degli individui, il disordine degli spiriti, che noi ritroviamo nel periodo finale della guerra e all'indomani dell'armistizio in tutte le categorie sociali: è un malessere comune, generato dalle fatiche, dalle privazioni, dalle sofferenze dell'immane conflitto, aggravato dal fatto di una alimentazione insufficiente e da cattive condizioni igieniche generali. Dopo la guerra, nei paesi più profondamente provati è stata accompagnata da fenomeni specifici: nella classe operaia si rileva un disgusto del lavoro, la ripugnanza a chiudersi dentro una officina, la diffidenza verso il padrone, la brama quasi irrequieta di spendere tutto il salario; nella classe industriale e commerciale si afferma un bisogno sempre più acuto, quasi furioso, di guadagnare molto denaro, di speculare, d'interporsi come intermediari lautamente retribuiti fra il produttore e il consumatore, esagerando l'altezza dei prezzi senza misura né pudore.

fra la crisi del 1920-21 e quella attuale abbiamo avuto un periodo di relativo benessere, turbato però da crisi localizzate, come quella del 1923 negli Stati Uniti e l'altra del 1925 in Germania. Nel 1926 si ebbe a lamentare il gravissimo sciopero dei minatori inglesi; nell'Europa continentale si rilevò una produzione aumentata in Germania, nel Belgio, nella Svezia, e una produzione diminuita in Francia, nella Spagna, in Italia; nel 1927 Italia e Francia superano il disagio della deflazione e nel 1928 si afferma dovunque un movimento di espansione industriale e commerciale.

La crisi del 1929 s presenta con un carattere che si è riscontrato in altre precedenti: è una crisi di sovrapproduzione. La statistica documenta che tra il 1921 e il 1929 l'indice mensile della produzione industriale è raddoppiato negli Stati Uniti; e in tutti gli altri Paesi si sono avuti, tranne poche eccezioni di qualche saltuario arresto, aumenti continui nella produzione di molte materie prime, derrate alimentari o prodotti fabbricati. Generale il fenomeno del cumulo di merci presso i produttori, generale la richiesta proporzionalmente scarsa dei consumatori, generale doveva diventare la crisi. Non diciamo che questa abbia colpito nella stessa misura tutti gli Stati e che tutti i prodotti ne abbiamo risentito la eguale ripercussione, ma la scossa si è universalizzata:
La crisi spaventosa attuale si differenzia dalle precedenti per alcune caratteristiche proprie.

Anzitutto, la durata e l'intensità. Quando finirà questa crisi, che è già al sesto anno della sua morbosa esistenza? Non abbiamo ancora gli elementi concreti per dare una risposta risolutiva. La crisi attuale è la più complessa e anche la più diffusa fra quante la statistica ne abbia registrate: nessuna attività umana sfugge al suo tormento, nessun paese del mondo può isolarsi da essa; vi sono fattori politici che s'intrecciano con quelli economici e che danno alla crisi una fisionomia speciale, che assume atteggiamenti nuovi e insospettati da Stato a Stato. Nella Confederazione nord-americana abbiamo due restrizioni, che sono in aperto contrasto con tutta la storia di quel popolo, una demografica e l'altra economica: una legge del 1925 ha limitato l'immigrazione, mentre fino allora la corrente migratoria poteva portare milioni di lavoratori nella Repubblica stellata, e ora l'immigrazione è addirittura annullata per la disoccupazione che la crisi ha generato in quel paese; nel 1930 si è elevata una muraglia doganale quasi insormontabile, con tariffe proibitive che frenano l'importazione delle merci.

In Inghilterra, la gravità della crisi economica è misurata dalla cifra dei disoccupati; è diminuito il movimento commerciale e la politica economica si va ispirando al protezionismo, che urta con quelle tradizioni classiche del libero scambio che hanno segnato pagine gloriose della storia inglese; ha abbandonato la parità aurea, svalutando la propria moneta; si è trovata nella dura necessità di ridurre i salari reali che irrigidivano i costi di produzione.

In Germania, le finanze pubbliche e l'economia privata si sono trovate in una depressione fallimentare: severi provvedimenti adottati dal governo nel 1931 hanno regolato i prezzi del mercato, diminuito gli stipendi di tutti i funzionari e gli impiegati, consentendo una riduzione delle imposte; l'accordo si Losanna, firmato il 9 luglio 1932, sospese il pagamento di tutti i debiti di guerra tra le potenze europee, e la Germania che avrebbe dovuto pagare ancora 37 annualità per una somma complessiva di 76 miliardi 800 milioni di marchi-oro, trasse dall'accordo il prodigioso vantaggio di liquidare le riparazioni così gravose con l'impegno di emettere obbligazioni del Reich, quando le condizioni generali del mercato glielo consentono, per un valore nominale di tre milioni di marchi-oro, che verranno versate a saldo delle sue riparazioni.

In Francia si è preteso fino a tre anni or sono che non vi era crisi economica in quel paese, e si dava all'afflusso d'oro alla banca nazionale il significato che i crediti francesi all'estero sono in misura superiore ai debiti; ma in quest'ultimo triennio la Francia ha visto aumentare la disoccupazione, peggiorare la bilancia commerciale, è stata assillata dagli scioperi e non ha pagato la quota semestrale dei debiti di guerra agli Stato Uniti.
Dell'Italia ne parleremo fra breve.

ORIGINI DELLA CRISI

La determinazione delle cause di una crisi ha fornito materia a diverse teorie e ha dato origine a contestazioni vivaci. Anche la crisi attuale è stata molto discussa fra gli studiosi, perché non tutti si trovano d'accordo nel fissare la causa:
Nei paesi anglo-sassoni prevale il principio della spiegazione monetaria e si fa risalire l'origine della crisi presente all'aumento del saggio di sconto, a quella politica di restrizione dei crediti, applicata dalle banche degli Stati Uniti fino dall'inizio del 1928, politica che andò poi diffondendosi in altri paesi delle due Americhe e della Europa. E' stato però osservato che gli Stato Uniti hanno goduto di una grande prosperità durante tutto il 1928 e nei primi nove mesi del 1929, malgrado l'aumento verificatosi nel saggio di sconto, e non sarebbero caduti nella crisi, se non fosse sopravvenuta la catastrofe di borsa dell'ottobre 1929. E si rileva che il saggio di sconto aumenta normalmente nei periodi floridi per la notevole richiesta di credito che moltiplicata attività economica genera, mentre il malessere economico rallenta le domande di credito e fa abbassare il saggio di sconto.
Qualche scrittore francese ha formulato una nuova teoria monetaria della crisi, e la scorge nella ineguale distribuzione dell'oro nel mondo; ma qui sorge un'altra obbiezione: perché la crisi è scoppiata negli Stati Uniti, che avevano esuberanza di riserve auree e si è diffusa rapidamente e con intensità nei paesi poveri d'oro, mentre è stata in origine meno acuta in Francia, che ha cumulato tanto oro? Sono indubbiamente dei contrasti che non facilitano la risoluzione del problema.
Nel 1930 si attribuiva la crisi che cominciava allora a imperversare nel mondo, alla politica delle tariffe doganali eccessive; nell'aumento del 1931 alle direttive della banca d'Inghilterra; nel giugno del 1932 alle riparazioni tedesche; all'inizio del 1933 ai debiti di guerra, e nell'autunno di quell'anno alla politica monetaria americana; attualmente si fa risalire il perdurare della crisi agli armamenti dei grandi Stati e alla persistente minaccia di una nuova guerra. Possiamo dire che tutte queste cause hanno agito, qua e là in misura diversa, e sono tuttora operanti.
E' sempre il malessere che conduce alla crisi. C'è un disordine nel mercato? una parte del capitale limita la produzione nella fiducia di realizzare un reddito maggiore, un'altra parte si arrischia in nuove imprese con l'illusione di soddisfare nuovi bisogni, ma l'una e l'altra possono trovarsi insoddisfatte, ed ecco la crisi. A volte ci sono dei finanzieri improvvisati che credono di poter sfruttare le incertezze d'un momento e gettano il loro capitale sul mercato con l'intendimento di soffocare i piccoli imprenditori, che vivacchiavano appoggiandosi a vicenda, ma una raffica impetuosa travolge anche quegli ingordi speculatori.
La iperproduzione ha avuto un tracollo perché si è visto innalzare davanti a sé le formidabili barriere doganali; poteva essere esuberante rispetto alle richieste locali, ma calcolava sui mercati aperti di altri paesi; i fenomeni economici non hanno più la vitalità isolata e chiusa di una volta, ma sono diventati universali; se si pongono degli ostacoli insormontabili a questo movimento commerciale la merce rimane ferma, va perduta, il capitale non si rinnova, la vita economica si spegne. Ecco perché, fra i tratti notevoli dello squilibrio economico, si é rilevata la coesistenza di una produzione che non trova sbocchi e di bisogni che non possono essere soddisfatti: il mondo soffre piuttosto di sottoconsumo che di sottoproduzione. 

NEL PROSSIMO CAPITOLO LE RIPERCUSSIONI DELLA GUERRA

PROSEGUI >

RITORNO INDICE ARGOMENTI

HOME PAGE STORIOLOGIA