FILOSOFIA
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EPICURO

Considerazioni sulla sua filosofia
(Prof. Giovanni Pellegrino)

VEDI ANCHE
EPICURO > VITA - ECC. >>>

di Diego Fusaro


In questo articolo prenderemo in considerazione i principali elementi della filosofia di Epicuro.

Epicuro vedeva nella filosofia la via per raggiungere la felicità intesa come liberazione dalle passioni.
Per il filosofo greco la filosofia aveva dunque solo un valore strumentale dal momento che il fine ultimo era il raggiungimento della felicità.
Per mezzo della sua filosofia l’uomo si poteva liberare sia da ogni desiderio molesto sia dalle opinioni irragionevoli che generavano turbamenti di ogni tipo.

Per Epicuro il valore della filosofia risiedeva nel fornire all’uomo un
" quadruplice farmaco "

In primo luogo la filosofia era in grado di liberare gli uomini dalla paura degli dei
dimostrando che essi non si interessano minimamente delle faccende umane.

In secondo luogo la filosofia era in grado di liberare gli uomini dalla paura della
morte dimostrando che essa non è nulla per l’uomo.

In terzo luogo compito della filosofia, dimostrare la facile raggiungibilità del piacere.

In quarto luogo la filosofia può dimostrare la brevità ed il carattere provvisorio del dolore.

Epicuro distinse poi tre parti della filosofia ovvero.....
la Canonica, la Fisica e l’Etica
.

La Canonica Epicuro chiamò la logica o teoria della conoscenza in quanto la considerò finalizzata essenzialmente a fornire il criterio della verità e quindi un canone cioè una regola per guidare l’uomo verso la felicità.
Per Epicuro il criterio della verità è costituito dalle sensazioni, dalle anticipazioni e dalle emozioni.
La sensazione è prodotta nell’uomo dal flusso degli atomi che si staccano dalla superficie delle cose, secondo la teoria di Democrito .
Questo flusso produce immagini che sono in tutto simili alle cose da cui sono prodotte.
Da queste immagini derivano le sensazioni.
Dalle sensazioni ripetute e conservate nella memoria derivano pure i concetti che Epicuro chiamò anticipazioni come gli stoici. Infatti i concetti servono ad anticipare le sensazioni future. Per Epicuro la sensazione è sempre vera ed evidente .
Infatti non può essere confutata da una sensazione omogenea che la conferma né dà una sensazione diversa che provenendo da un altro oggetto non può contraddirla. La sensazione è dunque il criterio fondamentale della verità.
Ma poiché anche i concetti o anticipazioni derivano da sensazioni anche essi sono veri e costituiscono insieme alle sensazioni il criterio della verità. Infine il terzo criterio di verità è l’emozione cioè il piacere o il dolore che costituisce la regola della condotta pratica della vita.

La Fisica ha per Epicuro il fine di escludere dalla spiegazione del mondo ogni causa soprannaturale e di liberare così gli uomini dalla paura di essere sotto il controllo di forze sconosciute e di misteriosi interventi soprannaturali .
Per raggiungere questo scopo la fisica deve essere “materialistica” cioè escludere la presenza nel mondo di ogni principio spirituale.
In secondo luogo la fisica deve essere meccanicistica cioè utilizzare le sue spiegazioni solamente in movimento dei corpi escludendo qualsiasi finalismo .
Poiché la fisica di Democrito rispondeva a queste due condizioni Epicuro la fece propria con alcune modifiche.

Come gli stoici Epicuro sostenne che tutto ciò che esiste è corpo poiché il corpo solamente può agire o subire un’azione.
Epicuro di immateriale ammette solamente il vuoto che non agisce ne subisce alcunché ma solamente permette ai corpi di muoversi attraverso di esso. Nel vuoto infinito gli atomi si muovono eternamente urtandosi e combinandosi tra loro .
Il loro movimento non obbedisce ad alcun disegno provvidenziale ad alcun ordine finalistico.
Pertanto Epicuro esclude esplicitamente la provvidenza stoica e la critica a tale provvidenza costituisce uno dei temi preferiti della sua polemica. Inoltre contro l’azione della divinità nel mondo Epicuro argomentò prendendo spunto dall’esistenza del male. Partendo dall’esistenza del male Epicuro argomentò che gli dei non si interessavano delle faccende degli uomini . Tuttavia Epicuro pur sostenendo che gli dei non si interessavano alle faccende degli uomini ammise l’esistenza degli dei stessi .
Egli ammette l’esistenza degli dei proprio in virtù del suo empirismo : poiché gli uomini hanno l’immagine della divinità e questa immagine non può essere stata in loro prodotta che da flussi di atomi emanati dalle divinità stesse , le divinità devono dunque necessariamente esistere. Per Epicuro gli dei hanno forma umana e intrattengono gli uni con gli altri un’amicizia analoga a quella umana . Essi abitano negli spazi vuoti tra mondo e mondo.
Gli dei non s’interessano degli uomini semplicemente perché tale interesse sarebbe contrario alla loro perfetta beatitudine poiché imporrebbe loro un obbligo ed essi non hanno obblighi ma vivono liberi e beati. Per tale motivo l’uomo saggio onora gli dei , li ammira per la loro eccellenza ma non li teme. Infine l’anima secondo Epicuro è costituita di particelle corporee che sono diffuse in tutto il corpo come un soffio caldo.
Con la morte gli atomi dell’anima si separano e ogni possibilità di sensazione finisce.
Di conseguenza la morte è privazione di sensazioni .

L’Etica riguardo ad essa per Epicuro è in generale una derivazione di quella cirenaica. Dal momento che per il filosofo greco la felicità consiste nel piacere. Dice Epicuro:” il piacere è il principio e il fine della vita beata”.
Infatti il piacere è il criterio della scelta e della pressione poiché si tende al piacere e si sfugge il dolore.
Per Epicuro vi sono due specie di piaceri ovvero il piacere stabile che consiste nella privazione del dolore e il piacere in movimento che consiste nella gioia e nella letizia.
Per Epicuro la felicità consiste soltanto nel piacere stabile o negativo ed è quindi definita come atarassia ( assenza di turbamento ) e aponia ( assenza di dolore). Epicuro dice esplicitamente che il culmine del piacere è la pura e semplice distruzione del dolore .
Questo carattere negativo del piacere impone la scelta e la limitazione dei bisogni. Epicuro distingue i bisogni naturali e quelli vani .
Riguardo i bisogni naturali alcuni sono necessari mentre altri no .

Solo i desideri naturali e necessari devono essere soddisfatti mentre gli altri devono essere abbandonati e rimossi.
Epicuro dunque non voleva l’abbandono al piacere ma il calcolo e la misura dei piaceri. Tuttavia questo calcolo dei piaceri può essere effettuato solo dalla saggezza . Proprio alla saggezza è dovuto il calcolo dei piaceri, la scelta e la limitazione dei bisogni quindi il raggiungimento dell’atarassia e dell’aponia.

Da quando abbiamo detto appare evidente che la dottrina di Epicuro non può essere considerata un volgare edonismo .
Contradirebbe a tale edonismo il culto dell’amicizia che caratterizzò la dottrina e la condotta pratica degli Epicurei .
Contradirebbe pure a tale edonismo volgare che è stato falsamente attribuito ad Epicuro l’esaltazione della saggezza .

Secondo Epicuro sarebbe certamente meglio che la saggezza fosse resa in ogni caso prospera dalla fortuna .
Tuttavia è sempre preferibile la saggezza sfortunata, alla dissennatezza fortunata .
Sebbene la giustizia sia per Epicuro soltanto una convenzione che gli uomini hanno stretto tra loro per la comune utilità è ben difficile che il saggio commetta ingiustizie anche se è sicuro che la sua azione resterà nascosta e pertanto non gli causerà nessun danno.

Per quanto riguarda la vita politica Epicuro riconosceva i vantaggi che essa procurava agli uomini tenendoli obbligati a rispettare leggi che impedivano loro di danneggiarsi a vicenda. Tuttavia Epicuro consigliava al saggio di tenersi lontano dalla vita politica e di vivere nascosto per quanto gli era possibile. Per Epicuro l’ambizione politica non può essere che fonte di turbamento e quindi ostacolo al raggiungimento dell’atarassia.

Concludiamo tale articolo mettendo in evidenza che l’Epicureismo è stato aspramente combattuto dal pensiero cristiano medievale soprattutto per la tesi etica secondo la quale il movente e il fine della condotta umana risiedono nel piacere.

La riabilitazione di Epicuro cominciò solo con gli umanisti del Rinascimento italiano i quali considerarono Epicuro maestro di saggezza per aver insegnato agli uomini la scelta o calcolo razionale dei piaceri.

Infine nel XVII secolo Gassendi ritenne Epicuro conciliabile con il Cristianesimo lo esaltò come pietra miliare di ogni visione scientifica dell’universo e della natura umana .

Ma soprattutto dal 700 in poi è sono stati formulati giudizi positivi sulla filosofia di Epicuro.

Prof. Giovanni Pellegrino

VEDI ANCHE
EPICURO > VITA - ECC. >>>

di Diego Fusaro

 



Di Epicuro alcune
"Lettere a Meneceo"
conosciute come
"Lettere sulla felicità"

,
* Il vero saggio, come non gli dispiace vivere, così non teme di non vivere più. La vita per lui
non è un male, né è un male il non vivere. Ma come dei cibi sceglie i migliori, non la quantità, così
non il tempo più lungo si gode, ma il più dolce. Chi ammonisce poi il giovane a vivere bene e il
vecchio a ben morire è stolto non solo per la dolcezza che c'è sempre nella vita, anche da vecchi,
ma perché una sola è l'arte del ben vivere e del ben morire. Ancora peggio chi va dicendo: bello
non essere mai nato, ma, nato, al più presto varcare la porta dell' Ade.

* Non si è mai troppo giovani o troppo vecchi per la conoscenza della felicità. A qualsiasi età
è bello occuparsi del benessere dell'anima. Chi sostiene che non è ancora giunto il momento
di dedicarsi alla conoscenza di essa, o che ormai è troppo tardi, è come se andasse dicendo
che non è ancora il momento di essere felice, o che ormai è passata l'età. Da giovani come da
vecchi è giusto che noi ci dedichiamo a conoscere la felicità. Per sentirci sempre giovani
quando saremo avanti con gli anni in virtù del grato ricordo della felicità avuta in passato, e da giovani,
irrobustiti in essa, per prepararci a non temere l'avvenire. Cerchiamo di conoscere allora le cose
che fanno la felicità, perché quando essa c'è tutto abbiamo, altrimenti tutto facciamo per averla.


* Ricordiamoci poi che il futuro non è del tutto nostro, ma neanche del tutto non nostro.
Solo così possiamo non aspettarci che assolutamente s'avveri, né allo stesso modo disperare del
contrario. Così pure teniamo presente che per quanto riguarda i desideri, solo alcuni sono naturali,
altri sono inutili, e fra i naturali solo alcuni quelli proprio necessari, altri naturali soltanto. Ma fra i
necessari certi sono fondamentali per la felicità, altri per il benessere fisico, altri per la stessa vita.

* Una ferma conoscenza dei desideri fa ricondurre ogni scelta o rifiuto al benessere del corpo
e alla perfetta serenità dell'animo, perché questo è il compito della vita felice, a questo noi
indirizziamo ogni nostra azione, al fine di allontanarci dalla sofferenza e dall'ansia. Una volta
raggiunto questo stato ogni bufera interna cessa, perché il nostro organismo vitale non è più
bisognoso di alcuna cosa, altro non deve cercare per il bene dell'animo e del corpo. Infatti
proviamo bisogno del piacere quando soffriamo per la mancanza di esso. Quando invece non
soffriamo non ne abbiamo bisogno.

* Per questo noi riteniamo il piacere principio e fine della vita felice, perché lo abbiamo
riconosciuto bene primo e a noi congenito. Ad esso ci ispiriamo per ogni atto di scelta o di rifiuto, e
scegliamo ogni bene in base al sentimento del piacere e del dolore. E' bene primario e naturale per
noi, per questo non scegliamo ogni piacere. Talvolta conviene tralasciarne alcuni da cui può venirci
più male che bene, e giudicare alcune sofferenze preferibili ai piaceri stessi se un piacere più
grande possiamo provare dopo averle sopportate a lungo. Ogni piacere dunque è bene per sua
intima natura, ma noi non li scegliamo tutti. Allo stesso modo ogni dolore è male, ma non tutti
sono sempre da fuggire.

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Vi è gente che nella loro vita accumula, e ostinatamente accumula, 1000 e 1000 beni convinto di vivere 1000 e 1000 anni, ma se é fortunato poi vive solo 1000 mesetti di 30 giorni, poi corre verso una sola meta; con l'ultimo respiro quando gli giunge trova solo il NULLA, ma lui non lo sa cos'è il NULLA, poiché quando lui c'èra la morte non c'èra, e quando la morte gli giunge lui non é più in grado di sapere cos'è questo NULLA. Né potrà capire e scoprire che la sua precedente felicità non veniva dal possesso di tanti beni, ma veniva nel godersi anche i pochi beni che si avevano, e prima di tutto il Sapere.
Epicuro era sempre felice nella sua frugalità, perché era appagato dal sapere. - L'"epicureismo" fu poi tacciato per 1500 anni di menefreghismo, una stolta sciatteria di un "gaudente", che diventò perfino un sinonimo negativo: "epicureista".
Questo perché poi giunsero i sacerdoti che dicevano "se qui soffri" non angustiarti, dopo tu avraì la "felicità eterna" in CIELO. E nel dirlo erano poi proprio loro ad accumulare i 1000 e 1000 beni terreni e a volere anche il potere temporale in TERRA. Una opportunistica impostura per chi ci credeva !!!


e come non ricordare di Epicuro

"sul cielo"

( I MOTI DELLE STELLE - 1800 anni prima di COPERNICO e GALILEO GALILEI )

Scriveva EPICURO """ Le comete si producono - durante determinati tempi - quando si formano negli spazi celesti degli agglomerati, che vagano nel cielo una materia appropriata al loro viluppo, e perché il cielo è sopra la ns. terra, e solo in certi periodi di tempo appaiono tali astri; perché essi in certi tempi, per qualche ragione, si muovono nelle nostre regioni e ricevono visibilità. La loro sparizione poi si produce per le stesse cause rispettivamente contrarie quando avviene questa visibiltà.
Che poi certi astri ruotino sempre nello stesso luogo, non può avvenire solo ammettendo che stiano fermi in quella parte del nostro mondo dove intorno ruota il rimanente cielo con le sue stelle, ma dobbiamo supporre che attorno ad esso si aggiri una potente forza che impedisca di seguir la stessa rotazione delle stelle che noi vediamo. Questo può avvenire, perché gli spazi dove ruotano quelle stelle sono lontani dal luogo in cui noi li vediamo.
Che poi certi astri vadano erranti, rispetto al nostro moto, ed altri no, può avvenire, sia perché essi andando in moto rotatorio fin dall'origine furono costretti alcuni a muoversi in un medesimo moto regolare, e gli altri in qualche altra orbita avente determinati altri moti.
Che certi astri si vedono restare indietro ad altri nel loro corso, può spiegarsi, sia perché, compiendo la medesima orbita, si muovono con un moto più lento, o sia perché muovono in direzione opposta, trascinati in senso contrario da un'altra orbita, o perché, pur seguendo il medesimo moto, gli uni percorrono orbite maggiori e gli altri orbite minori.
E' di riprovevole usanza dare a questi fatti spiegazioni con le stolte dottrine astrologiche, che ad ogni fenomeno dicono che sopraintendono le nature divine. E' da stolti ! Non hanno e non rispettano costoro il "processo conoscitivo" che si dovrebbe invece avere"""

Purtroppo le divine non furono solo quelle dell'Olimpo greco, ma si aggiunsero poi quelle delle successive tre religioni monoteistiche. Ci vollero 1800 anni (!!!) In quella Cristiana accettarono con riserbo e disprezzo (ma anche con estorte abiure) l'"Eppur si muove" di Galileo fedele alla "rivoluzione copernicana", che era contrapposta alla concezione dell'Universo geocentrico.
Più tardi arrivò anche Kant che intese collocare il soggetto umano al centro del "processo conoscitivo".
Ma Epicuro lo aveva già anticipato, chiamando già allora tutti i "creduloni" di "essere degli stolti".

 

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