CAPITOLO 16
Dalla Guerra Fredda alla nuova Jihad. (A.D. 1947-2001)
La Guerra fredda - La Lega Araba e lo stato d’Israele - La crisi del 1956
La fine del colonialismo in Asia - La fine del colonialismo in Africa
Pacem in terris - La fine del Saladino - Guerra santa e petrolio
Altre guerre sante: Cipro, Timor, Iran. - Jihad e Crociata
La fine della Guerra fredda - Le guerre di Saddam - La nuova Jihad.

I
La Guerra fredda

Può essere santa una “Guerra fredda”?
Perché no?
Dopotutto anche tra Europa e Impero ottomano ci sono stati lunghi periodi di “quasi pace”: solo qualche scaramuccia, e tante incursioni piratesche!

Dopo la Seconda Guerra Mondiale in Europa era calata la “cortina di ferro”.
I paesi dell’Europa Orientale erano diventati “satelliti” dell’Unione Sovietica: comprese la luterana Germania orientale, le cattoliche Cecoslovacchia e Ungheria, e la cattolicissima Polonia.
Le persecuzioni religiose erano all’ordine del giorno: in Polonia, la chiesa cattolica era divenuta la principale forza d’opposizione.
Erano diventate comuniste anche le ortodosse Bulgaria e Romania. La chiesa ortodossa aveva dovuto, come in Russia, completamente asservirsi al regime ateo dominante.
In Iugoslavia e Albania non c’erano più differenze tra cristiani e mussulmani: il regime comunista sembrava avere cancellato ogni religione.
Anche l’Italia aveva rischiato di essere governata dai comunisti, e, per sconfiggere i "senza Dio", Papa Pio XII era perfino ricorso all’arma medioevale della scomunica oltre che con gli “eserciti della Fede” guidati da Gedda: 1.800.000 di giovani nelle adunate oceaniche, al canto di
"...Siamo arditi della fede, / siamo araldi della Croce, / a un tuo cenno, alla tua voce, / un esercito ha l’altar». Gli "arditi" oltre l'inno recitavano nelle preghiere "... questa fede che abbiamo radicata in noi é fino al punto di dare per essa se necessario il sangue". Si invocava quasi il martirio, pur di vincere la competizione elettorale, che si svolse in un'atmosfera appassionata e fervente di crociata contro il "male", impiegando armi temporali e spirituali, preannunciando premi e sventure in cielo in terra e in ogni luogo).
Non sappiamo quanto ciò abbia influito, per far vincere la Democrazia Cristiana alle elezioni, ma il papa, allora in Italia, contava ancora qualcosa.

In ASIA c’era la “cortina di bambù”.
In CINA i comunisti di Mao Tze Tung avevano preso il potere, e i cristiani avevano ripreso ad essere perseguitati. Il comunismo si era esteso anche in Corea del Nord e al Vietnam del Nord...

La RUSSIA di Stalin si era messa alla guida di un movimento che doveva rovesciare i regimi capitalisti dell’Ovest e instaurare un nuovo ordine mondiale dove i poveri e i diseredati avrebbero finalmente avuto giustizia. Anche in Italia era divenuta popolare la frase:

Adda venì Baffone!

Il comunismo non é mai stato una religione, ma molti l’hanno vissuto con questo spirito.
La “religione comunista” ha avuto anche i suoi eretici.
Nelle prigioni di Stalin i “dissidenti” hanno avuto un “trattamento” simile a quello inflitto secoli prima dalla famigerata Inquisizione spagnola, ma più raffinato ed efficace.
Agli accusatori non bastava che il condannato confessasse e accusasse amici e parenti.
Volevano che veramente si “pentisse”!. Nella maggior parte dei casi, il “reo” si pentiva sinceramente!
Chi sopravviveva, nei “gulag” della Siberia, spesso era convinto di stare scontando la giusta pena.

Come nel Rinascimento, anche molte “eresie” sono nate per permettere l’autonomia di uno stato “satellite” nei confronti dello stato dominante.
Così Tito creò il “suo” comunismo (un tantino più “liberale”) in Iugoslavia, Mao il “comunismo contadino” in Cina, Dubcek il “comunismo dal volto umano” in Cecoslovacchia.
Perfino la piccola Albania trovò con la Cina la sua “via nazionale al socialismo”! ("La Cina è vicina, è già in Albania" gridavano i plagiati.

Cristiani e democratici laici, in Europa Occidentale e in America, si erano uniti contro “L’Impero del Male”. I comunisti erano indicati come servi dell’Unione Sovietica: talvolta lo erano!
Adesso tutto questo è storia. Ai più giovani sembra addirittura storia antica!

Lo storico del XXI secolo tende ora a considerare il periodo dei regimi comunisti solo come una lunga parentesi, e a dare più rilievo al risveglio, dei paesi africani e asiatici, dal 1946 in poi, soprattutto di quelli di religione mussulmana.
Questi paesi allora erano chiamati “terzo mondo” ed erano considerati solo delle pedine nella lotta tra capitalismo e comunismo.
In molte ex-colonie i russi subentrarono ad inglesi e francesi, o almeno ci provarono.
L’Unione Sovietica (dove gli islamici avevano ancora meno diritti dei cristiani) si proclamò paladina dei popoli oppressi, offrendosi di “guidarli” nella via del socialismo.
Molti stati africani ed asiatici fecero finta di crederci, e accettarono i finanziamenti sovietici, pur di sganciarsi, almeno in parte, dai vecchi colonizzatori.
I paesi mussulmani, quando accettarono “ l’amicizia” sovietica, furono attenti a mantenere le distanze.
I credenti sapevano bene che Comunismo e Islam non potevano andare d’accordo.
Gli “integralisti” cominciarono a proporre una “terza via” che non era nient’altro che un ritorno al passato, alle tradizioni islamiche, alla Jihad...
Sembrava un’assurdità, eppure...

II
La Lega Araba e lo stato d’Israele

La Nuova Jihad é cominciata in Palestina.
Nel 1946, la Francia fu costretta a concedere la piena indipendenza a Siria e Libano.
In Libano Cristiani e mussulmani trovarono un accordo per creare uno stato multiconfessionale, con una Costituzione complicatissima che avrebbe dovuto mantenere l’equilibrio tra le tante religioni del paese (cattolici maroniti, cristiani ortodossi, mussulmani sunniti, sciiti, drusi...).
Per circa trent’anni sembrò che il sistema potesse funzionare, e il Libano fu citato come esempio di “coesistenza pacifica” tra gente di religione diversa.
Siria e Libano aderirono alla nuova “Lega Araba” insieme agli altri stati arabi allora indipendenti: Arabia Saudita, Trangiordania, Irak ed Egitto.
La Lega Araba doveva essere il primo passo per un grande stato mussulmano che ritrovasse lo splendore e la gloria degli antiche califfati.
In realtà l’unica cosa che univa gli arabi era la religione mussulmana, e proprio l’Islam venne da molti invocato come forza d’aggregazione, contro gli “infedeli”.
Ma chi erano gli infedeli?
Innanzitutto gli Inglesi ed i Francesi, colonialisti e cristiani, ma soprattutto gli Ebrei che avevano avuto “la faccia tosta” di creare nella Palestina araba un loro stato nazionale!

Fino al 1918, anche la gran maggioranza degli ebrei considerava il Sionismo un’utopia, perfino quelli che lo finanziavano.
Le persecuzioni naziste, culminate nell’Olocausto, fecero diventare per molti l’emigrazione, una necessità.
Quelli che poterono, andarono ad accrescere la ormai numerosa (e potente) comunità ebraica americana. Altri trovarono solo l’aiuto delle organizzazioni sioniste, e partirono con entusiasmo verso la “Terra Promessa”.
Nel 1946 i sionisti erano, circa, seicentomila. Poco importava, a chi aveva conosciuto il nazismo, che quella terra fosse già abitata, da altri.
Anche agli Ebrei che erano giunti in Palestina circa 3000 anni prima, importava poco dei Filistei e dei Cananei. Questa volta però i loro avversari non erano “idolatri” ma fedeli di un’altra grande religione monoteista, derivata proprio dall’Ebraismo, pronti a combattere non solo per la propria terra, ma anche per il proprio Dio.
Dicono che lo stesso Ben Gourion abbia, una volta, detto: “Se fossi arabo io stesso mi opporrei all’arrivo degli ebrei in Palestina!”.
Forse...ma lui non era arabo: era il capo di una nazione di profughi incattiviti dalle avversità, che avevano imparato a combattere.
Gli ebrei d’Israele non volevano più essere una minoranza “tollerata”: volevano un loro stato!
Era veramente possibile la convivenza tra Ebrei e Arabi?
Già prima della fine della Seconda Guerra mondiale gli inglesi si erano resi conto che il loro “Mandato” sul territorio palestinese era impossibile da mantenere, e avevano cominciato a studiare una soluzione di compromesso tra Ebrei e Arabi.
Nel 1947 fu approvata, a larga maggioranza, una risoluzione delle Nazioni Unite che divideva la Palestina in due stati: uno a maggioranza ebrea, e l’altro a maggioranza araba. Gerusalemme (inclusa la “la città nuova”dove abitavano gli ebrei immigrati) avrebbe dovuto avere uno statuto internazionale.
I due stati avevano frontiere complicatissime. La risoluzione dell’ONU prevedeva che i due stati avessero legami politici ed economici molto stretti: perfino la stessa moneta!
Se ci fosse stata la buona volontà, da entrambe le parti, il sistema poteva anche funzionare...ma la buona volontà non c’era!
Gli ebrei accettarono la risoluzione dell’ONU, anche se con molte esitazioni.
Gli arabi rifiutarono con sdegno: non solo i Palestinesi, ma anche gli stati della Lega Araba, che si dichiararono tutti pronti a combattere per i “fratelli palestinesi”.
Così, 850 anni dopo la caduta della città franca di San Giovanni d’Acri, la “guerra santa” tornò ad infiammare il suolo della Palestina.
Una notte del 1948 Ben Gourion proclamò la nascita del nuovo stato d’Israele. I confini non furono dichiarati.
Sarebbero stati fissati sui campi di battaglia...sempre che lo Stato d’Israele fosse riuscito a sopravvivere!
Ci riuscì!
Nessuno riesce ancora oggi a spiegarsi come.
Volontà divina?
O forse incapacità degli arabi di fare un’efficace azione comune?

Gli scontri tra le comunità ebree e quelle mussulmane furono feroci.
Fecero molto scalpore i morti di Deir Yassin, (un villaggio palestinese vicino a Gerusalemme) ad opera degli estremisti “Maccabei”, noti anche come “Stern gang”. Forse vi fu implicato anche l’“Irgun” del futuro primo ministro israeliano Begin.
Gli arabi cercarono di trarne il massimo vantaggio, in termini di propaganda, cercando di far passare tutti gli israeliani come dei mostri...
Ci riuscirono fin troppo bene!
Centinaia di migliaia d’arabi lasciarono le città di Giaffa, di Haifa, e di tutto il territorio controllato da Israele. I fratelli arabi d’Egitto e Siria li incoraggiarono a lasciare le loro case: "tanto sarebbero ritornati presto!"
All’inizio, gli ebrei se la videro veramente brutta.
Furono cacciati da Gerusalemme vecchia. Poco mancò che perdessero anche Gerusalemme nuova, completamente circondata.
Tutti gli stati arabi avevano mandato i loro eserciti in Palestina: Egitto Siria, Trangiordania...perfino il Libano!
Il re dell’Egitto, Faruk, sperava di approfittare di questa guerra per diventare il leader del mondo arabo, ma i fatti dimostrarono che non era all’altezza di questo compito.
In realtà, tutti i capi di stato arabi volevano sfruttare la Jihad a proprio beneficio.
Gelosie e le diffidenze reciproche impedirono anche un’effettiva collaborazione tra gli eserciti arabi e i reparti palestinesi.
Re Abdhallah di Giordania ebbe anche degli incontri segreti con gli Israeliani, per annettersi un pezzo di Palestina. Ci riuscì!
La Transgiordania s'ingrandì oltre il Giordano, e cambiò il nome in Giordania.
Il confine tra Israele e Giordania attraversava la città di Gerusalemme, lasciando a re Abdhallah la città vecchia, e agli israeliani i quartieri ebrei nuovi.
L’Egitto ottenne solo la striscia di Gaza, con un buon numero di profughi.
I confini tra Israele e i paesi arabi furono fissati con un armistizio, a cui non fece seguito nessun trattato di pace. Gli arabi si rifiutarono di riconoscere l’esistenza stessa dello stato d’Israele.
Intanto però gli ebrei festeggiavano: avevano vinto!

Gli israeliani, grazie alla loro determinazione, (ma anche all’appoggio finanziario degli ebrei europei e americani) erano riusciti finalmente ad ottenere il loro stato nazionale.
Nel 1948 erano ancora in pochi, e quindi incoraggiarono gli ebrei di tutto il mondo a stabilirsi in Israele. Ne arrivarono tanti, dall’Europa orientale ma anche dai paesi del nord-africa dove ormai gli arabi odiavano tutti gli ebrei, sionisti e non!

E i palestinesi?
I più fortunati, forse, sono stati proprio i pochi rimasti in territorio israeliano. Almeno loro salvarono le loro case, anche se dovettero subire l’umiliazione di subire il governo degli infedeli ebrei, che per secoli, i mussulmani avevano appena “tollerato”.
Gli altri (allora già più di un milione) rimasero nei campi profughi dove erano stati provvisoriamente” alloggiati.
Così e’ cominciata la “questione palestinese...
Oggi si può senz’altro affermare che con tutti i soldi che sono stati spesi per le guerre da ebrei e mussulmani, si sarebbe potuto trovare una sistemazione più che dignitosa sia per gli israeliani che per i palestinesi (in Palestina o in altri luoghi di loro gradimento)...
Vero! Ma ancora una volta non è solo questione di soldi!
Non quando si tratta di “guerre sante”!

L’Europa, nello stesso periodo, era piena di profughi: italiani dall’Istria e della Dalmazia, tedeschi dai Sudeti e dalla Prussia, polacchi dall’Ucraina ...
Più tardi dall’Africa sono stati espulsi milioni d’europei: il caso più eclatante è stato quello dei “pieds noirs” francesi!
Dopo un periodo di sbandamento, tutti i profughi europei sono stati riassorbiti dai paesi ospiti. Perché i palestinesi no?
Eppure sono arabi e mussulmani come i loro vicini Egiziani e Siriani.
Molti di loro sono colti, industriosi, ottimi lavoratori.
Il fatto è che senza di loro non ci poteva essere la “guerra santa”, la “Jihad”.
Egiziani e Siriani avevano bisogno di loro per continuare la guerra contro Israele.
Ormai era una questione di principio: gli ebrei dovevano essere ricacciati in mare, come gli antichi crociati.
Dai campi profughi della striscia di Gaza, del Libano, della Giordania, le incursioni di palestinesi in territorio israeliano continuarono.
I coloni ebrei rispondevano con determinazione: disperati contro disperati.
Gli ebrei erano più forti e meglio organizzati, ma anche per loro la vita nella Terra Promessa era una lotta continua.

Vale la pena di fare notare che, in questa prima fase della lotta tra arabi ed ebrei l’Unione Sovietica non intervenne in nessun modo.
In quel periodo Stalin era già abbastanza occupato ad allargare l’influenza sovietica in Europa.
Forse i russi avranno anche pensato che una situazione instabile in Palestina avrebbe potuto, in futuro, creare delle condizioni favorevoli per un intervento sovietico...e così fu!
Nel 1954 in Egitto salì al potere un generale di nome Abdel Gamar Nasser...

III
La crisi del 1956

La crisi di Suez, nel 1956, a molti sembrò solo un capitolo della “guerra fredda” tra Unione Sovietica e Occidente. Solo oggi, che l’Unione Sovietica non esiste più, cominciamo a vedere questa guerra con l’ottica della Jihad.
In realtà la “guerra del Canale” fu una guerra “laica” tra europei (inclusi i “sionisti” Israeliani) e arabi, in cui Unione Sovietica e Stati Uniti intervennero solo in un secondo tempo.

Nel 1956, gli occhi di tutto il mondo erano puntati sull’Ungheria dove la popolazione era insorta contro i Russi.
Il cardinale Jòzsef Mindszenty, Primate d'Ungheria era alla testa della rivolta: libertà di religione e democrazia erano al primo posto, alla pari, nelle aspirazioni degli insorti...

Contemporaneamente in Egitto iniziò un’altra guerra che, per gli europei, era tutt’altro che santa.
Inghilterra e Francia stavano perdendo i loro imperi coloniali, ma non si erano ancora rassegnate.
La Francia era stata costretta a dare l’indipendenza a Tunisia e Marocco, ma resisteva ancora in Algeria. L’Inghilterra aveva lasciato l’India, ma sperava di trasformare il suo ex impero in un “Commonwelth” in cui avrebbe conservato la supremazia economica: anche in Egitto.
L’Egitto non era mai stato, formalmente, una colonia inglese, ma sin dall’apertura del Canale di Suez gli inglesi (con i francesi) vi avevano fatto dai padroni.
La situazione cambiò quando, dopo la caduta del regime di re Faruk, salì al potere Abdel Gamar Nasser.
Per gli Arabi Nasser è ancora una figura carismatica, e da molti é stato paragonato al Saladino.
Anche lui era d’umili origini, aveva un grande carisma, e voleva liberare la nazione araba dai suoi nemici europei...ma le analogie finiscono qui!
Nasser aveva un’educazione europea, ed era mussulmano solo per tradizione, e per convenienza.
Voleva l’indipendenza economica del proprio paese. Per finanziare i suoi progetti, cominciò a nazionalizzare le banche e le società inglesi e francesi.
Il suo progetto più importante fu la costruzione della diga d’Assuan: un’opera “faraonica” che le banche europee e americane si rifiutarono di finanziare, almeno fino a che uno statista “poco affidabile” come lui era al potere. Più generosi furono i russi, che aprirono la borsa per mirare ad altro..

Nasser allora nazionalizzò pure la Compagnia del Canale di Suez, di proprietà anglo-francese, guadagnandosi il plauso di tutto il modo arabo, la simpatia dell’Unione Sovietica, e naturalmente l’ostilità d’Inghilterra e Francia.
Per l’ultima volta nella storia moderna, la Gran Bretagna prese, un’iniziativa senza consultarsi con gli Stati Uniti, ed elaborò, colla Francia, un piano per l’occupazione del Canale.
L’ alleato naturale per quest’operazione era il nuovo stato d’Israele.

Da quando avevano ottenuto il loro stato nazionale, gli ebrei non avevano fatto altro che combattere: contro la natura, dissodando e irrigando il deserto, e soprattutto con i vicini arabi.
Ai confini d’Israele, dai campi profughi, i palestinesi facevano incursioni contro le colonie ebraiche, colpendo e fuggendo.
Nella striscia di Gaza (già sovrappopolata) la vita era insostenibile.
Quelli che potevano scappavano in paesi più ricchi come Kuwait e Arabia. Talvolta ottenevano una vita migliore, ma mai la cittadinanza: restavano sempre solo “palestinesi” senza patria, anche i loro figli e i loro nipoti!
Gli israeliani si difendevano, ma l’Egitto restava il loro principale nemico.
Quando Inglesi e Francesi li invitarono ad attaccare, gli ebrei non se lo fecero dire due volte.
In pochi giorni gli Israeliani occuparono Gaza, attraversarono il Sinai, e arrivarono nei pressi del canale di Suez.
L’eroe israeliano fu un uomo con l’occhio bendato: il generale Moshe Dayan che, novello Sansone, sconfisse i discendenti dei Filistei e dei Faraoni.
Subito dopo arrivarono sul Canale i paracadutisti inglesi e francesi, con la scusa di separare i contendenti.
Questo pretesto non ingannò nessuno.
Non l’ONU in cui già molti erano stati afroasiatici (ex colonie).
Non l’Unione Sovietica che minacciò addirittura di usare armi nucleari contro Londra e Parigi.
E nemmeno gli Stati Uniti: il presidente Eisenower, prese le distanze dai “bambini cattivi” inglesi e francesi, e diffidò anche gli israeliani.
Inglesi, Francesi dovettero ritirarsi, con una perdita di prestigio enorme.
Gli israeliani si ritirarono, sui confini precedenti, ma almeno ottennero di poter di usare il loro porto di Eilat, sul Mar Rosso (prima bloccato dai cannoni di Sharm el Sheik).
Nasser ebbe tutto: le società nazionalizzate, il Canale di Suez e anche la diga di Assuan, costruita poi con i soldi russi.
Come contropartita l’Egitto entrò nella zona di influenza sovietica.
Gli americani preferirono non forzare la mano.
Inglesi e francesi - forse in ritardo - capirono che le grandi potenze, ormai, erano solo due!

L’Unione Sovietica approfittò del momento favorevole per liquidare in pochi giorni anche la rivolta Ungherese. Ci furono grandi proteste in Europa e America, ma niente di più.
Le guerre sante non interessavano gli europei: a loro bastava che il Canale fosse riaperto al più presto per avere benzina a costi più bassi.
Nasser invece capì la debolezza dell’Occidente.
Il richiamo all’Islam aveva funzionato, e il nuovo Saladino si autonominò capo della nazione araba, pronto a guidare nuove Jihad.
Nasser si credeva invincibile... eppure la facilità con cui l’esercito israeliano aveva occupato il Sinai avrebbe dovuto insegnargli qualcosa!

Riprenderò più tardi la storia del Medio Oriente.
Prima devo parlare delle “guerre quasi sante” nel resto del mondo, dove il colonialismo è ormai finito.

IV
La fine del colonialismo in Asia

Durante la Durante la Seconda Guerra mondiale ancora una volta gli indiani si erano schierati dalla parte degli inglesi.
Le truppe “sepoy” furono spesso decisive, nelle battaglie contro tedeschi e giapponesi, ma con la pace gli indiani “presentarono il conto”...e stavolta gli inglesi furono costretti a pagarlo.
Furono avviate trattative per l’immediata indipendenza del paese, ma a questo punto i mussulmani reclamarono un loro stato che vollero chiamare “Pakistan”. Il nome sembra che sia nato unendo le iniziali delle varie province del paese (Punjab, Afganistan, Kashmir), ma in lingua urdu vuol dire “terra dei puri”
I “puri” non volevano vivere accanto agli “impuri” indù. L’avevano fatto al tempo dell’Impero Moghol, ma allora comandavano loro!
Invano Gandhi cercò di convincerli a confluire in un unico stato multiconfessionale. Una divisione del paese, dove indù e mussulmani vivevano da secoli gli uni accanto agli altri, non sarebbe stata indolore.
Infatti, fu la guerra...anzi guerra santa!
Nel 1947 l’India e Pakistan diventarono indipendenti: i confini che indù e mussulmani avevano studiato sulla carta furono immediatamente contestati.
Mussulmani e indù ricordavano ancora la battaglia di Panipat, di due secoli prima: per i primi era un ricordo glorioso, per i secondi era una tragedia che si sarebbe potuta ripetere!
E infatti...
La “guerra santa divampò su tutta la frontiera, dal Punjab al Bengala orientale.
Anche Calcutta, divenuta città di frontiera, fu teatro di sanguinosi scontri tra indù e musulmani, che solo Gandhi, a fatica, riuscì a far cessare.
I morti furono centinaia di migliaia. Milioni di profughi si spostarono da Pakistan ad India, e viceversa...
Nel 1948 Gandhi si recò a Delhi, capitale della nuova India, dove la maggioranza indù si scontrava con la minoranza mussulmana.
Il “Mahatma” cercò di utilizzare il suo prestigio per mettere pace, ma morì assassinato, da un integralista” indù.
Quando morì Gandhi aveva 79 anni. La sua tragica morte mise fine ad ogni speranza di pace tra mussulmani e indù che continuarono la guerra per il possesso del Kashmir, tuttora diviso in due.

Dopo il 1948 ci sono state altre guerre tra mussulmani e indù.
Le più importanti sono state quelle del 1965 (che lasciò i confini tra India e Pakistan praticamente invariati), e quella del 1971 in cui gli indiani hanno favorito l’indipendenza del Bagladesh (ex Pakistan orientale) a maggioranza mussulmana, ma meno oltranzista dell’attuale Pakistan.
Ancora oggi Indiani e Pakistani non hanno trovato un accordo sul Kashmir, ma si può ragionevolmente sperare che gli attuali contrasti non sfocino in una nuova guerra.
Oltretutto, ora, India e Pakistan dispongono entrambi di armi nucleari: una “guerra santa” nucleare non avrebbe molto senso!
Gli integralisti indù ci sono ancora: l’integralismo islamico li ha rafforzati e scontri tra comunità indù e mussulmana, per un tempio o una moschea, sono tutt’altro che rari.
Tuttavia l’India rimane, uno stato laico dove i mussulmani (sono ancora tanti) hanno pieni diritti, come pure i pochi cristiani.
In Pakistan, invece, i “puri” hanno preso la via dell’integralismo. La legge islamica è rigidamente applicata. Cristiani e indù rischiano, ogni giorno, la vita…
Oggi gli estremisti pakistani hanno esteso il loro raggio di azione, ben oltre il subcontinente indiano…ma questa non è più storia: è cronaca!

***

Durante la Seconda Guerra mondiale, l’Islam si risvegliò anche in Asia Orientale.
Le truppe giapponesi avevano occupato anche l’Indonesia, ultima grande colonia olandese, dove avevano creato un governo locale.
Quando i giapponesi furono cacciati da inglesi e americani, gli indipendentisti continuarono a governare il paese, e alla fine anche l’Olanda dovette riconoscere l’indipendenza del più popoloso stato mussulmano del mondo...

Negli anni successivi, anche le altre “colonie” dell’Asia divennero indipendenti: le cattolicissime Filippine, la mussulmana Malaysia, e gli stati dell’ex Indocina francese (Laos, Cambogia e Vietnam).
In Vietnam i francesi restarono finché poterono. L’ultima base a cadere nelle mani dei comunisti di Ho Chi Min fu la famosa Dien Bien Phu...
Il Vietnam del Nord, buddista, ma con una forte minoranza cattolica, divenne una Repubblica Popolare, dove non ci poteva essere posto per nessuna religione.
La maggior parte dei cristiani preferì emigrare nel Vietnam del Sud dove resisteva un regime “neo coloniale”, con l’appoggio americano...ma non durò a lungo!
Il Vietnam (dopo la Corea) fu per molti anni il principale terreno di scontro tra Unione Sovietica e Stati Uniti. Sembrava che destino del mondo si dovesse giocare nelle risaie del Mekong!
Adesso tutto il Vietnam ha un regime comunista (almeno di nome!) ma la cosa non interessa più a nessuno!
Saigon si chiama Ho Chi Min City, ma i vietnamiti hanno ripreso gli affari con gli USA.
Anche i monaci buddisti (i “bonzi”) che, per protesta, si facevano bruciare vivi, e la persecuzione dei cattolici dell’indocina, per molti sono solo “fastidiosi ricordi”, da cancellare...

V
La fine del colonialismo in Africa

Tra il 1952 e il 1964, quasi tutte le “colonie” africane sono diventate stati indipendenti.
La prima fu la Libia, poi Tunisia e Egitto, poi Sudan (ex anglo-egiziano) poi tutte le altre colonie inglesi e francesi.
La carta geografica dell’Africa cambiò completamente, i libri di geografia ogni anno erano ritoccati, ma pochi si rendevano conto di quelle che erano le conseguenze per le popolazioni.
In realtà i confini degli stati erano stati fissati dagli Europei senza tenere affatto conto delle etnie, delle tribù e delle tradizioni africane.

Gli europei erano convinti che i nuovi stati avrebbero continuato a subire l’egemonia della nazione che aveva “graziosamente” concesso l’indipendenza. Dopo tutto la classe dirigente dei nuovi paesi aveva studiato in Inghilterra o in Francia, e aveva interesse a mantenere lo status quo.
In realtà il cosiddetto “neocolonialismo” durò solo pochissimi anni. Questo sia per i vari colpi di stato, che in ogni paese facevano salire al potere uomini nuovi, sia per il desiderio di molti “colonizzati” di rompere completamente col passato.
Alcuni stati chiesero (e ottennero!) la protezione dell’Unione Sovietica.
Altri paesi, a maggioranza islamica, pensarono di rifarsi alle tradizioni preesistenti all’arrivo dei colonizzatori.
Poco importava che anche arabi e turchi avevano “colonizzato” tutta l’Africa Settentrionale nei secoli precedenti, che proprio i mussulmani avevano iniziato a dominare (e spesso schiavizzare) le popolazioni africane di pelle scura...
Dal Marocco alla Nigeria, dal Sudan al Somalia, l’Islam rialzò la testa, anche nei paesi in cui sembrava essere stato messo in disparte...come l’Algeria!
***
In 130 anni di dominazione, gli Algerini avevano preso molto dai francesi: la loro tiepida religiosità, il senso della laicità dello stato, e soprattutto il loro nazionalismo.
Molti algerini si sentivano francesi, volevano diventare veramente francesi.
Soldati algerini avevano combattuto accanto ai francesi, nelle due guerre mondiali, e anche in Vietnam.
In Francia molti erano disponibili a dare agli Algerini pari diritti. In Algeria no!
I coloni francesi, i “pieds noirs” difendevano con le unghie e con i denti i loro privilegi.
Quando il governo centrale francese decise di dare anche agli algerini mussulmani la piena cittadinanza era troppo tardi.
Gli indipendentisti avevano scatenato una guerriglia, che metteva dura prova l’esercito francese e la Legione Straniera.
Il sentimento religioso islamico si era risvegliato. Chi prima era tiepido o agnostico si riscopriva mussulmano, per poter essere un vero algerino.
Una nazione algerina allora non esisteva nemmeno. I capi algerini decisero di crearla appigliandosi alla religione mussulmana, e anche alla cultura araba...anche se ben pochi in Algeria parlavano l’arabo classico.

Nel 1958 tornò al potere in Francia il generale Charles de Gaulle.
Era stato richiamato per risolvere la crisi algerina.
Dopo pochi anni il generale si rese conto, suo malgrado, che l’unico modo di uscirne era di dare la piena indipendenza al paese.
Nel 1962 L’Algeria é divenne indipendente e “i pieds noirs” si imbarcarono per la Francia.
L’Algeria si è islamizzata in fretta, e nelle scuole ora si studia l’arabo.
La cultura francese però è rimasta.
Molti, nelle classi più colte, ancora oggi rimpiangono un’Algeria che non è mai esistita (ma forse un giorno potrebbe diventare!): islamica nello stesso modo in cui la Francia e cattolica, di lingua mista araba e francese, e completamente integrata nella Comunità Europea.

***

Vale qui la pena di accennare ad altri due grandi paesi africani dove convivono (e combattono) cristiani e mussulmani.: Nigeria e Sudan.
In entrambi gli stati esiste una maggioranza mussulmana a nord, cristiana a sud.
Le analogie però finiscono qui.
La Nigeria è una nazione creata dagli inglesi mettendo insieme province di tradizioni diverse.
La scoperta del petrolio ha creato ricchezza per pochi, e disordine e violenza per tutti.
Nelle province del nord di recente i governi regionali hanno voluto introdurre la legge islamica, (la Sharia) per punire più severamente i criminali comuni. Troppo tardi si sono resi conto che la Sharia impone anche pene oggi inaccettabili, come la lapidazione delle donne che hanno un figlio fuori del matrimonio...
Adesso i Nigeriani mussulmani moderati non sanno più come comportarsi.
Ogni volta che l’opinione pubblica internazionale segnala il caso di una donna accusata d’adulterio, le autorità nigeriane cercano di trovare un “interpretazione” (o un inghippo!) per salvarla. Nessuno però ha il coraggio di ammettere che la Sharia oggi è inapplicabile, o almeno di dare direttive precise per la sua ”interpretazione”.

Diverso è il caso del Sudan (ex anglo-egiziano) dove per secoli i mussulmani del nord hanno imposto il loro giogo ai cristiani e agli animisti del Sud.
La rivolta del Mahdi fu domata dagli inglesi anche per l’appoggio dei mussulmani moderati contro gli integralisti di allora.
Partiti gli inglesi (nel 1956) il potere è tornato agli arabi del nord, i più integralisti, e i cristiani sono tornati ad essere perseguitati.
Il problema è oggi molto più grave del passato, perché il Sudan comprende anche alcune regioni mai toccate dall’Islam, dove i missionari hanno convertito al cristianesimo la maggior parte della popolazione.
Come se non bastasse, da pochi anni si è scoperto che le regioni del Sud sono ricchissime di petrolio.
Il passato dimostra che una “guerra santa” può essere alimentata anche da motivi tutt’altro che santi.
Intanto in Sudan la Jihad continua, nella quasi indifferenza del resto del mondo!


VI
Pacem in terris


Pio XII, il papa della guerra fredda, morì nel 1958.
Nel conclave che seguì, dicono che il dibattito tra conservatori e riformisti fu molto acceso.
Alla fine, come é spesso successo in passato, si decise di eleggere un cardinale anziano, Angelo Roncalli, che sembrava ideale come “papa di transizione”.
Giovanni XXIII fu eletto papa a 77 anni. Il suo pontificato fu breve (come previsto) ma sufficiente a dare una svolta alla storia della Chiesa Cattolica.
Papa Giovanni fu il primo papa a scoprire, e utilizzare, la potenza dei “mas media”. Fu il primo a fare conferenze stampa, a viaggiare, a rendersi visibile a tutti, a sfruttare la sua immagine di “papa buono”. In breve divenne popolarissimo in tutto il mondo.
Le sue encicliche erano tradotte in tutte le lingue, e ampiamente pubblicizzate.
La più famosa, la “Pacem in terris” fu scritta nel 1961.
Era un invito alla fine di tutte le guerre, sante e laiche, fredde e calde.
Memorabile fu anche l’invito del papa al “laicissimo” Kruscev a ritirare i missili russi da Cuba, in nome della Pace.
Questo monito, appunto perché non politico, potrebbe avere avuto il suo peso per la decisione finale del premier russo. Vale la pena di notare che, allora, la maggior parte dei “pacifisti” dava la colpa della crisi al solo presidente Kennedy.

Papa Giovanni riuscì a ricevere consensi anche di molti cristiani non cattolici: ortodossi e protestanti. Perfino dagli ebrei, e da molti islamici, era guardato con simpatia.
In compenso fortissime furono le contestazioni da parte del mondo cattolico conservatore.
Giovanni XXIII mantenne la condanna al materialismo ateo, ma senza espliciti riferimenti al comunismo, in quanto tale.
In ogni caso la scomunica ai comunisti di Pio XII fu lasciata cadere.
Lo scrivente, che all’epoca era un ragazzo, ricorda di essere rimasto molto perplesso davanti al “papa buono”, giudicato da molti “troppo buono”. Faceva pensare ad un nonno benevolo, non al padre autorevole (e autoritario) che era stato Pio XII.
Adesso so che mi sbagliavo. Del resto quel papa “pacioccone” aveva tratto in inganno anche molti cardinali che lo avevano votato.
Sembra che Papa Giovanni abbia detto.

“La Chiesa deve essere un giardino da coltivare, non un museo d’antiquariato”

Giovanni XXIII fece una scelta irreversibile convocando il Concilio.
Forse Giovanni ci aveva già pensato, quando ha scelto il suo nome: lo stesso dell’antipapa del concilio di Costanza.
Facendosi chiamare Giovanni XXIII il papa chiaramente negava la legittimità del suo predecessore, ma si richiamava ad un Concilio, da cui doveva partire una Riforma della Chiesa poi bloccata.
Nel 1962 si aprì il Concilio Ecumenico Vaticano Secondo.
Vi parteciparono come osservatori anche sacerdoti ortodossi e pastori protestanti.
I protestanti allora furono chiamati “fratelli separati”.
Separati erano, e separati rimasero.
Quello che cambiò, da allora, fu il loro atteggiamento nei confronti della Chiesa Cattolica: più morbido, più tollerante...fatta eccezione per pochi “integralisti” come i nord-irlandesi!
Con gli ortodossi molti sperarono addirittura in una riconciliazione clamorosa.
Ci fu la revoca delle scomuniche dei secoli passati, e molti sperarono, addirittura, in una riunificazione.
Lo scisma d’Oriente rimase, ma il clima divenne più sereno.
Giovanni XXIII morì nel 1963 e subito il popolo lo proclamò santo.
La beatificazione ufficiale arrivò quasi 40 anni dopo.
Il ritardo non fu solo dovuto a “motivi tecnici”. Il fatto era che non si voleva dare alla beatificazione una valenza politica.
Per dare “un colpo al cerchio, e un colpo alla botte” si pensò di beatificare insieme con lui Pio XII.
Poi si preferì Pio IX, ma su questo argomento ho già espresso la mia opinione!

Il suo successore, Paolo VI, mantenne la linea riformatrice del suo predecessore, ma con molta più prudenza. Il concilio si chiuse nel 1965 con molte novità liturgiche, ma con risultati inferiori alle attese.
Paolo VI è rimasto famoso soprattutto per i suoi viaggi, primo papa a visitare i fedeli di tutti i continenti, nell’intento palese di proclamare che il papa non era solo il vescovo di Roma ma il capo di tutta Cristianità.
Il suo primo viaggio fu a Gerusalemme, allora divisa tra Giordania e Israele.
A Gerusalemme Paolo VI incontrò anche Atenagora, patriarca di Costantinopoli.
Più tardi il papa andò anche in Turchia, e i due si riabbracciarono anche a Costantinopoli.
Alla riconciliazione, non seguì nessuna riunificazione. Anche se Atenagora fosse stato favorevole (e avesse deciso di dimenticare la “crociata della vergogna” del 1204), il patriarca di Costantinopoli aveva un’autorità solo nominale sulla chiesa greca...e nessuna su quella serba, romena, bulgara, e russa!
Le chiese ortodosse erano (e sono) gelosissime della loro autonomia. Oltretutto, allora, molte erano anche condizionate dai regimi comunisti.
Il papa fece un gesto fin troppo conciliante col governo turco, restituendo le bandiere conquistate a Lepanto.
Sarebbe stato giusto aspettarsi dai turchi un gesto altrettanto conciliante. Non potevano certo restituire la pelle scuoiata di Marcantonio Bragadin, ma la Turchia é piena di trofei strappati ai cristiani...
Niente di tutto questo!
Più tardi anzi (nel 1974), i turchi invasero per l’ennesima volta Cipro: la guerra santa, tra Turchia e Cristianità, non era ancora finita!

Paolo VI sperava in una riconciliazione con tutti, anche con gli islamici, anche con i “senza dio”.
A far la pace però bisogna essere in due.
Un pacifismo ad oltranza di solito non porta non alla pace ma, più semplicemente...alla sconfitta!
E’ successo agli spagnoli, nella prima invasione islamica, ai cristiani nelle ultime crociate...fino agli europei, con Hitler, e agli americani, in Vietnam!
Intanto l’Islam si riarmava.
Allora il bersaglio principale era lo Stato d’Israele, e il nuovo Saladino si preparava a ributtare gli ebrei in mare.

VII
La fine del Saladino

Nel 1958 il prestigio di Nasser aveva raggiunto il punto più alto.
L’Egitto aveva riavuto il Canale e l’indipendenza economica. Anche la diga d’Assuan era al termine della costruzione.
In più, come un tempo il Saladino, Nasser era riuscito ad unire la Siria all’Egitto in una Repubblica Araba Unita. La bandiera del nuovo stato aveva due stelle.
Nasser sperava di aggiungere che altri stati arabi si sarebbero uniti ad Egitto e Siria aggiungendo altre stelle alla bandiera.
Non fu così. Nel 1961 la Siria uscì dall’Unione, e il nome di Repubblica Araba Unita rimase solo all’Egitto (fino al 1971).
Nasser avrebbe potuto utilizzare i proventi del Canale, e le ricchezze confiscate agli Europei, per risollevare le sorti del suo paese, come del resto aveva promesso da quando era salito al potere. Invece spese tutto in armi (gentilmente fornite dall’Unione Sovietica) convinto che per convincere gli altri arabi a unirsi sotto la sua autorità ci voleva solo una bella guerra: una guerra santa!
Israele era sempre lì, a dividere l’Egitto dalla Siria.
I profughi di palestinesi di Gaza erano esaltati dalla propaganda contro gli infedeli.
Ben poco potevano le truppe delle Nazioni Unite che erano state mandate proprio in quella zona, a mantenere la pace.
In Cisgiordania la situazione non era molto migliore. I profughi palestinesi reclamavano la guerra, acclamando Nasser, e forzando la mano a re Hussein di Giordania che (come il nonno Abdallah) faceva negoziati segreti con Israele, ma ufficialmente continuava a schierarsi con gli altri paesi arabi.
In Siria, dalle alture di Golam, i cannoni bombardavano i kibbutz Israeliani presso il lago di Tiberiade.
In Libano i palestinesi dei campi profughi (rimasti sempre esclusi dalla “Svizzera del Medio Oriente”) continuavano a fare incursioni in Galilea.
Gli arabi non nascondevano affatto di prepararsi ad una guerra...alla Guerra Santa.
Lo dicevano a chiare lettere le radio e televisioni di Egitto, Siria, e Giordania.
Nel 1967, Nasser chiese, e ottenne immediatamente, il ritiro delle truppe ONU da Gaza.
Poi impedì agli israeliani di usare il loro porto di Eilat, bloccando l’accesso del golfo con i cannoni del forte di Sharm El Sheik.
La sproporzione di forze tra Israele e gli arabi era enorme. Nasser però voleva che fosse Israele ad attaccare per primo. Fu accontentato!
Subito dopo l’attacco israeliano le radio arabe cominciarono a proclamare:

"Il nemico é caduto nella trappola! Colpite! Uccidete!”.

Non sapevano che gli israeliani avevano già vinto!
La “Guerra del Sei Giorni” è stata la più umiliante sconfitta subita dagli islamici in tutta la loro storia! Nelle prime ore di guerra gli israeliani distrussero completamente l’aviazione egiziana, siriana e giordana. La maggior parte degli aerei non ebbe neanche il modo di alzarsi in volo.
La sconfitta era senza giustificazioni, né attenuanti.
L’attacco degli israeliani era stato a sorpresa, ma era ampiamente prevedibile: gli arabi l’avevano addirittura volontariamente provocato!
Quello che successe dopo era inevitabile. Le truppe arabe, senza più copertura aerea, crollarono sotto la pressione del galvanizzato esercito israeliano.
In meno di tre giorni gli israeliani occuparono Gaza e il Sinai, giungendo al canale di Suez. Contemporaneamente gli israeliani avevano occupato anche Gerusalemme e tutta a Palestina, fino al fiume Giordano.
Gli ultimi tre giorni di guerra furono utilizzati da Israele per respingere anche l’esercito siriano, occupando le alture di Golam. A questo punto gli ebrei potevano tranquillamente accettare l’invito, tardivo, dell’ONU a fermare i combattimenti: la guerra era vinta, anzi stravinta!

Egiziani, Siriani, Giordani, e tutti gli arabi accolsero la notizia con incredulità.
La folla egiziana inferocita circondò le ambasciate di Stati Uniti e Gran Bretagna presunte alleate di Israele.
In realtà gli Israeliani avevano fatto tutto da soli, con l’aiuto solo con i loro aerei Mirage, comprati dalla Francia, con denaro contante.
Gli israeliani diffusero perfino un nastro con una conversazione telefonica, in cui Nasser e re Hussein discutevano su come dare la colpa di tutto agli Stati Uniti.
Che importava? La gente crede solo a quello a cui vuole credere!
Anche Arabia Saudita, Kuwait, Irak ...tutti i paesi arabi, e mussulmani si schierarono contro Israele, Stati Uniti e Europa.
Furono anche bloccati per un breve periodo di tempo i rifornimenti di petrolio, e la chiusura del canale di Suez fece aumentare il costo della benzina.
Fu solo un anticipo di quello che sarebbe successo negli anni successivi, ma già allora gli arabi cominciarono ad accorgersi che la loro arma più potente era il "gran dono" fatto a loro da Allah: il petrolio.

Alla notizia della sconfitta, Nasser fece finta di dare le dimissioni, salvo poi ritirarle immediatamente quando dimostrazioni popolari, abilmente orchestrate, lo “supplicarono” di restare...
Gli arabi avevano ancora bisogno di un capo carismatico, e non volevano accettare la sconfitta.

Intanto i profughi palestinesi erano diventati milioni. Quelli che poterono si rifugiarono negli stati arabi ricchi (Arabia Saudita, Kwait, Emirati del Golfo). Gli altri s’insediarono in campi profughi sul canale di Suez, sulle rive del Giordano, e in Libano.
Tra loro si affermò un nuovo capo carismatico, Yasser Arafat, che diventò il capo indiscusso (o quasi!) dei Palestinesi.
Molti lo riconobbero come presidente dello Stato Palestinese, allora solo virtuale.

Qualcuno si sarà senz’altro chiesto cosa sarebbe potuto succedere se l’attacco a sorpresa d’Israele non fosse riuscito, se gli ebrei fossero stati effettivamente ributtati a mare.
Qualche “pacifista” europeo l’avrà anche sperato. Magari avrà anche pensato che, eliminato il problema d’Israele, sarebbero finite anche le ragioni della Jihad islamica... e l’Europa avrebbe potuto continuare a prosperare col petrolio arabo!
A smentirli basterebbe forse ricordare quello che é successo dopo le Crociate.
I mussulmani, hanno iniziato l’attacco a Costantinopoli, e all’Europa Orientale, poco dopo la caduta di S. Giovanni d’Acri!

Nasser rimase al potere fino al Novembre 1970 quando morì di un attacco cardiaco.
Aveva mandato in rovina il suo paese, tolto ogni speranza a milioni di profughi, mandato in crisi tutto il mondo arabo...eppure da morto fu onorato come il Saladino!
Lo piansero in Egitto, nella Siria che aveva rifiutato il suo governo, e anche nella Giordania, invasa dai profughi. Le immagini del suo funerale furono trasmesse anche a Gerusalemme e negli altri territori occupati da Israele.
Perfino in Europa molti lo compiansero come “promotore della pace”!
Molti lo consideravano addirittura un “moderato”, paragonato ad altri, come il capo palestinese Arafat.
Solo in Israele, parlando del futuro capo dell’Egitto, ci fu chi ebbe il coraggio di dire:

Peggio di Nasser non può essere...e deve essere diverso!

VIII
Guerra santa e petrolio

Il successore di Nasser fu il suo vice, Anwar as-Sadat, allora considerato una figura di secondo piano.
Dicevano che lo stesso Nasser lo aveva definito “ un paio di baffi sul nulla”
I fatti hanno dimostrato che Nasser non era capace di giudicare le persone...
In breve tempo Sadat liquidò i suoi oppositori interni, e iniziò le manovre per risollevare le sorti di un Egitto demoralizzato, senza più i proventi del Canale, e pieno di debiti.
In Europa subito lo considerarono un “moderato”. Più semplicemente era una persona ragionevole. Sadat sapeva che, anche se Israele fosse stato disponibile a restituire pacificamente tutti i territori che aveva occupato, al suo popolo non sarebbe bastato.
Per risollevare il morale degli egiziani ci voleva un’altra Jihad ...ma stavolta bisognava vincere!
Sadat ottenne armi dall’Unione Sovietica, e finanziamenti da Arabia Saudita, Kwait, Emirati Del Golfo. La Siria era pronta ad entrare in guerra a fianco dell’’Egitto. Anche l’Irak promise di mandare un contingente contro Israele.
Solo Re Hussein di Giordania esitava, memore del disastroso esito dell’ultima guerra, e, soprattutto, della sua lotta contro i palestinesi durante il “Settembre nero”

L’alleato più scomodo di Sadat era proprio Yasser Arafat.
Dopo il “Settembre Nero” il capo dell’OLP si era trasferito in Libano, ospite tutt’altro che gradito, soprattutto per i cristiano maroniti.
Inoltre Arafat aveva iniziato la serie degli attentati terroristici. Il più clamoroso fu quello contro gli atleti Israeliani alle Olimpiadi di Monaco del 1972.
All’inizio l’obiettivo degli attentati erano gli israeliani, e i loro simpatizzanti, ma poi il raggio d’azione si era esteso, in sostanza, contro di tutti.
Sadat era sinceramente contrario al terrorismo, soprattutto perché gli allontanava le simpatie di tanti possibili sostenitori (e finanziatori!).

Nel Novembre 1973 tutti erano pronti per la guerra. Anche gli israeliani se l’aspettavano, ma stavolta non potevano essere loro a fare un attacco preventivo...
Sadat attaccò di sorpresa durante la festività ebraica del kippur, periodo in cui la vigilanza israeliana era, per forza di cose, ridotta.
Il console romano Pompeo, duemila anni prima, era riuscito a vincere gli antichi ebrei con lo stesso stratagemma, attaccando di sabato.
Sadat non vinse la guerra, ma, almeno, nei primi giorni, mise in gravi difficoltà Israele.
Gli egiziani varcarono il Canale, e avanzarono nel Sinai. I siriani avanzarono nelle alture del Golam, con l’aiuto di reparti Irakeni.
Intanto i paesi arabi avevano bloccato le esportazioni di petrolio. L’economia dell’Europa entrò in crisi. In Italia - con le auto ferme - girava una canzoncina che diceva:

Sadat, Arafatte
ma che guaio avite fatte!

Quando i rifornimenti finalmente ripresero, il prezzo del petrolio era salito alle stelle, e da allora é sempre rimasto ad alti livelli.
Più saliva il prezzo del petrolio, e più aumentavano in Europa gli estimatori dell’Islam.
Emiri e Sceicchi si trovarono con una quantità incredibile di “petrodollari” da investire. Li utilizzarono per palazzi di sogno, grandi moschee (anche a Roma!)... e anche per qualche piccola “jihad”:
Ben pochi di quei dollari andarono al popolo arabo, e ancora meno ai popoli mussulmani più poveri!

Nella prima settimana Israele rischiò veramente di cessare di esistere.
Poi la situazione si capovolse, e un commando israeliano riuscì a superare il Canale, isolare l’armata egiziana nel Sinai, e portare la guerra in pieno territorio egiziano, a meno di 100 chilometri dal Cairo.
Oggi sappiamo che gli Israeliani sono stati salvati solo dall’afflusso massiccio di aiuti americani, tramite un ponte aereo.
L’aiuto del presidente Nixon non fu dovuto solo all’intercessione degli ebrei americani.
Oggi si dice che Israele abbia minacciato di usare, contro gli arabi, armi nucleari.
Era un bluff? Forse, ma funzionò!
Il fronte egiziano si stabilizzò, e iniziarono i negoziati di pace.
Il protagonista delle trattative fu il segretario di stato americano (d’origine ebrea) Henry Kissinger che riuscì a farsi benvolere anche dagli Egiziani.
Le trattative furono lunghe ma portarono, nel 1979, ad un vero trattato di pace tra Egitto e Israele.
Sadat riebbe il Sinai, il Canale di Suez...e tanti aiuti economici dagli Stati Uniti.

Le reazioni degli altri paesi arabi furono immediate.
I Siriani, gli Iracheni, e soprattutto i palestinesi di Arafat, dicevano che Sadat era un traditore, che aveva barattato Gerusalemme per un pezzo di deserto.
Come Sadat era stato paragonato al Saladino, così Sadat fu paragonato al sultano egiziano Elkamil, che aveva ceduto, senza combattere, Gerusalemme a Federico II.
Il paragone non regge.
Era stato Nasser, non Sadat, a far perdere, agli Arabi, Gerusalemme.
Sadat, invece, era riuscito a far riaprire il canale di Suez, e a recuperare il Sinai, in cui gli Israeliani avevano scoperto pozzi di petrolio, e, soprattutto, enormi potenzialità turistiche.
Oggi Sharm El Sheich é nota per le sue spiagge, i suoi alberghi, e il suo mare che attira i sub di tutto il mondo... terroristi permettendo!

L’unica cosa che avevano veramente in comune Sadat ed Elkamil era un sincero desiderio di pace.
La pace con Israele fece avere a Sadat un premio Nobel, ma gli costò la vita...
Un integralista islamico lo uccise, nel 1981.
Molti mussulmani esultarono: lo piansero solo i suoi ex-nemici!
Nel 1995 anche il presidente Rabin, sarà ucciso da un “integralista ebreo”, per avere cercato la pace con i palestinesi.
La pace in Palestina é ancora lontana...


IX
Altre guerre sante: Cipro, Timor, Iran.

Intanto la Nuova Jihad si era estesa fuori della Palestina.
Nel 1974 si aprì un nuovo focolaio di guerra in un’isola da sempre contesa tra Islam e Cristianità.
L’isola di Cipro, nel 1960, era diventata uno stato indipendente.
La maggior parte della popolazione é sempre stata greca, ma, negli ultimi tre secoli, si era formata nell’isola una forte minoranza, di lingua turca e religione mussulmana.
I turchi garantivano ben pochi diritti alle minoranze. Gli inglesi, più agnostici che cristiani, vollero dare ai mussulmani tutte le garanzie possibili. La costituzione della nuova repubblica di Cipro faceva dei turchi una minoranza ampiamente tutelata, quasi privilegiata.
Il primo presidente della repubblica di Cipro fu l’arcivescovo greco-ortodosso Makarios.
Era una strana scelta per uno stato laico multiconfessionale, ma i mussulmani lo accettarono, sia pure affiancato da un “vice” di etnia turca. Questo non impedì vari scontri tra greci e turchi, in varie località dell’isola.
Forse la situazione si sarebbe stabilizzata se i greci, nel 1974 non avessero fatto un tragico errore.
In quel periodo in Grecia c’era una dittatura militare, nota come “il regime dei colonnelli”.
Sembra che furono i “colonnelli” ad aizzare alcuni rappresentanti della maggioranza greca a fare il colpo di stato che depose l’arcivescovo Makarios. Forse ci fu anche lo zampino della CIA americana.
In ogni caso il colpo di stato fu immediatamente bloccato dall’arrivo dei turchi, che invasero tutto il nord dell’isola.
Ci furono massacri, e centinaia di miglia di profughi, greci e turchi...ma molti più greci che turchi!
Europa e Stati Uniti li lasciarono fare.
L’Europa occidentale era ostile ai “colonnelli greci”, e sempre più dipendente dal petrolio islamico.
Gli Americani tenevano troppo all’amicizia dei turchi, loro alleati, nella NATO, contro la sempre più aggressiva Unione Sovietica...

La guerra tra Islam e cristianità era ricominciata, e, ancora una volta, le discordie tra i paesi di tradizione cristiana avevano favorito i mussulmani.
I turchi, che erano il 20 % della popolazione cipriota, si trovarono a controllare il 40 % dell’isola.
Trent’anni dopo, la situazione é ancora la stessa: una repubblica greco-cipriota a sud (ora integrata nella comunità europea), e una repubblica turco-cipriota a nord.
Adesso tutti i turchi vorrebbero unirsi all’Europa...ma a quali condizioni?

***
Nel 1975 ci fu un’altra guerra tra Cristiani e mussulmani, praticamente ignorata dal resto del mondo. Successe nella parte orientale dell’isola di Timor, per secoli colonia portoghese, di religione cattolica, circondata dall’Indonesia mussulmana.
I portoghesi erano stati gli ultimi liquidare il loro impero coloniale. Anche Timor doveva diventare indipendente ma fu occupata dalle truppe indonesiane, nella completa indifferenza delle grandi potenze.
Gli americani, appena usciti dalla disastrosa esperienza del Vietnam, consideravano l’Indonesia un alleato.
In più, c’era anche il non trascurabile fatto che l’Indonesia é un importante produttore di petrolio!

La dominazione indonesiana, e il tentativo di imporre l’Islam a tutta l’isola, provocò una guerriglia che costò centinaia di miglia di morti, sempre nell’indifferenza generale.
Incredibilmente, alla fine i cristiani hanno vinto, almeno per ora, anche se a un prezzo altissimo!.
Nel 1999 gli abitanti di Timor est sono riusciti ad avere il loro piccolo stato indipendente, il secondo stato asiatico a maggioranza cattolica.
L’ONU garantisce la sua sovranità. Almeno dovrebbe!

***
Nel 1979 é iniziata un’altra guerra santa, all’inizio solo civile, in un paese mussulmano a cui Europa e Stati Uniti erano molto più interessati.
Nell’Iran regnava lo scià Reza Pahlevi, noto, in Europa, soprattutto come marito della bella Soraya, poi sostituita dalla più giovane, e prolifica, Farah Diba.
Invece di preoccuparsi tanto di avere un erede, lo scià avrebbe fatto meglio a consolidare il suo regno, in modo da poterlo veramente lasciare in eredità a qualcuno!
Così non é stato.
Reza Pahlevi aveva continuato la politica del padre Reza Khan nell’occidentalizzazione del paese, e aveva fatto costruire grandi opere pubbliche.
Tehran era diventata una città moderna, dove gli occidentali, e gli iraniani abbienti, conducevano una vita piacevole...gli altri no!
I proventi del petrolio che non finivano nelle tasche di pochi privilegiati, erano usati per comprare, dagli Stati Uniti, le armi più sofisticate.
Reza Pahlevi era il più grande alleato dell’America nella regione.
Lo scià era chiamato il “gendarme dell’Asia” e gli americani contavano sul suo esercito per tenere a freno i più inquieti Irak, e Siria, oltre, naturalmente, la confinante Unione Sovietica.
Oggi sappiamo che Reza Pahlevi fece molti errori.
Più difficile é cercare di ipotizzare, anche col senno di poi, come lo scià avrebbe potuto trasformare il suo paese in uno stato con un minimo di democrazia e, soprattutto, giustizia sociale.
Lo scià aveva a disposizione gli enormi profitti del petrolio, ma aveva al suo fianco dei “nobili” che, come desiderio di lusso, non avevano nulla da invidiare ai loro “colleghi” francesi nel 1789!
Il “clero”, invece, in Iran, si schierò col popolo, e preparò la “rivoluzione islamica”.

Nel 1979 l’ahiatollah Khomeini prese il posto dello scià.
Poco tempo dopo l’ambasciata americana fu invasa da “studenti” inferociti che presero in ostaggio i diplomatici, con l’esplicito appoggio del nuovo governo iraniano.
Questa umiliazione costò il posto al presidente americano Carter. Gli iraniani ritardarono di proposito il rilascio dei prigionieri, favorendo la clamorosa elezione del “falco” Reagan.
Intanto l’Iran aveva cambiato completamente rotta.
L’opposizione laica allo scià, che aveva appoggiato Khomeini, vide con sgomento il ritorno alla legge islamica più intransigente, all’obbligo dello "chador" per le donne, al ritorno ad un passato che credevano dimenticato.
I proventi del petrolio crollarono... e in ogni caso i religiosi si rivelarono non meno avidi dei laici!
Nel 1980, il presidente dell’Irak pensò di approfittare dello stato di caos in cui si trovava l’Iran, per annettersi alcune regioni confinanti, ricche di petrolio.
Il suo nome era Saddam Hussein...

X
Jihad e Crociata in Libano

Beirut fu l’ultima città abbandonata dai crociati, nel 1291, poco dopo la caduta di S. Giovanni D’Acri. Proprio a Beirut si riaccese, nel 1975, la guerra santa tra cristiani e mussulmani.
All’inizio i cristiani orientali (di tutte le confessioni) erano completamente solidali con i mussulmani contro gli ebrei. Anche i cristiani di Gerusalemme erano per lo più dalla parte dei palestinesi...anzi si sentivano palestinesi.
Clamoroso fu il caso di un vescovo melchita condannato da Israele per favoreggiamento al terrorismo.
Il Libano, la situazione cambiò quando i profughi palestinesi divennero tanti da cambiare completamente il fragile equilibrio del paese.
Nel 1970 anche Arafat, dopo il Settembre Nero, si trasferì in Libano...e a questo punto l’ostilità tra cristiani maroniti e palestinesi divenne guerra aperta.
I maroniti sono la più numerosa comunità cristiana del Libano.
Sono cattolici (riconoscono la sovranità del papa) ma hanno i loro riti e le loro tradizioni: molti loro preti, tra l’altro, sono sposati!
Molti maroniti si vantano di discendere dagli antichi fenici, e anche dai crociati.
In parte é vero. Sono sopravissuti anche grazie a Francesco I, che mentre combatteva Carlo V, si era fatto nominare dal Sultano ottomano “protettore” dei cristiani di Siria e Libano, ponendo così le basi per la dominazione francese di 400 anni dopo.
In ogni caso, già prima del 1918, molti in Libano parlavano francese.
Il potere politico ed economico, era in mano a poche famiglie, per lo più di confessione maronita.
I maggiorenti locali si tenevano il loro potere ben stretto: non volevano cederlo a nessuno, cristiano o mussulmano.
Anche i mussulmani del resto erano divisi, tra sunniti, sciiti, e drusi.
Poi c’erano i palestinesi, quasi tutti mussulmani, che in ogni caso facevano partito a sé. Gli altri mussulmani li consideravano intrusi, perché erano uno stato nello stato.

Come é incominciata la guerra civile? Chi ha fatto il primo massacro?
Da quanto mi risulta, tutto sarebbe iniziato, nell’Aprile 1975, da una raffica di mitra sparata contro una folla di fedeli che assistevano alla consacrazione di una Chiesa, ad Ain Remmaneh, un quartiere di Beirut.
Ci furono 4 morti e 7 feriti. Gli assassini avrebbero gridato "Siamo combattenti palestinesi”.
Ci furono immediate ritorsioni dei “falangisti” maroniti, e altri assalti palestinesi a comunità cristiane.
Il più importante (ma pochissimo pubblicizzato) fu il massacro palestinese nel villaggio cristiano di Damour, nel Gennaio 1976.
Le vittime cristiane furono probabilmente migliaia. Quello che più sconvolge sono i dettagli del massacro: famiglie intere sterminate, donne e bambini smembrati, uomini mutilati ritrovati con i genitali in bocca. Tra i morti ci furono i familiari, e la fidanzata del capo falangista Elias Hobeika, che giurò vendetta.
La guerra civile in Libano, tra le cento fazioni cristiane e mussulmane, continuò sempre più aspra.
La stessa Beirut era divisa in due : Beirut est cristiana, Beirut ovest mussulmana.
Europa e Stati Uniti assistevano impotenti.

Gli europei erano sempre sotto il ricatto petrolifero arabo, gli americani erano timorosi di un intervento sovietico, e in ogni caso erano più interessati al destino d’Israele.
Nel 1978 anche le truppe siriane entrarono in Libano, occupando buona parte del paese.
Alcuni falangisti arrivarono alla conclusione che l’unico modo di vincere la guerra contro i palestinesi fosse proprio l’alleanza con Israele.
Gli israeliani, da molto tempo, combattevano contro i palestinesi in Libano, da dove partivano continui attacchi dei Palestinesi contro la Galilea.
Nel Libano meridionale Israele si era già alleata ad alcune milizie cristiane, nell’intento di creare una "zona cuscinetto” tra Libano e Israele.
Nel 1982 scattò l’operazione “pace in Galilea” che portò le truppe Israeliane a Tiro, a Sidone e infine a Beirut Ovest dove si fermarono, proprio al confine della zona cristiana.
Iniziarono le trattative per un formale trattato di pace tra Israele il presidente Libanese cristiano Bechir Gemayel.
Bechir fu assassinato poco tempo dopo, e sostituito dal fratello Amin. In realtà anche all’interno della falange maronita c’erano discordie.
Il leader falangista più legato ad Israele era Elias Hobeika che colse l’occasione di vendicare il massacro di Damour con la strage di Sabra e Chatila (feroce come di quella di Damour, ma molto più pubblicizzata) eseguita dai maroniti, ma con la connivenza dell’esercito israeliano.
Finalmente Europa e Stati uniti intervennero: fu inviata una forza di pace “composta di americani, francesi, e, per la prima volta, italiani.
Il contingente italiano era l’unico venuto solo per fare la pace (oltre, naturalmente, che per i soliti motivi di prestigio!). Forse per questo gli italiani furono (quasi) risparmiati dai continui attentati che colpirono invece americani e francesi, che invece erano venuti per difendere i loro interessi!
Ho fatto varie ricerche su Internet.
Moltissimi siti parlano di Sabra e Chatila, pochissimi di Damour.
Io personalmente sono incline a credere sia ai palestinesi che ai maroniti , quando denunciano i crimini dei loro avversari...il che, naturalmente non giustifica quelli fatti da loro stessi!

La guerra in Libano è stata forse l’unica “guerra santa”che ha visto la strana alleanza di ebrei e cristiani contro mussulmani.
In realtà i motivi politici e economici erano talmente intrecciati con quelli religiosi che ci furono molti cristiani, mussulmani, drusi che si schierarono contro i loro correligionari, o cambiarono spesso bandiera.
Nel 1982, Arafat fu costretto a lasciare il Libano, per trasferirsi in Tunisia.
Tre anni dopo gli Israeliani lasciarono definitivamente il Libano.
I Siriani sono rimasti.
All’inizio tanti (cristiani e mussulmani) accettarono la presenza militare della Siria come il male minore, visto che la “pax siriana” aveva fatto cessare guerra civile, e massacri indiscriminati.
Oggi (2005) mussulmani e cristiani chiedono, insieme, il ritiro completo della Siria dal Libano. Qualunque sarà lo sviluppo degli eventi, la situazione della comunità cristiana (almeno di quello che ne rimane!) resta molto precaria.
Forse un giorno il Libano potrà anche tornare “la Svizzera del Medio Oriente”...ma solo quelli che hanno molta fede osano sperarlo!

XI
La fine della Guerra fredda

Nel 1978 finì il pontificato di Paolo VI, iniziato con tante speranze ma concluso con una riforma lasciata a metà, lasciando scontenti, dentro e fuori la Chiesa Cattolica, sia i conservatori che i progressisti.
Il suo successore, Giovanni Paolo I, é rimasto in carica solo per un mese, e sarà probabilmente ricordato solo per avere usato il doppio nome di Giovanni Paolo, dichiarando di volere essere un riformatore come papa Giovanni, ma prudente come papa Paolo.
Alla sua morte il conclave elesse, a sorpresa, l’arcivescovo di Cracovia Karol Woityla, che scelse di essere chiamato col nome di Giovanni Paolo II.
Sembra chiaro oggi che i cardinali, scegliendo un polacco, avevano voluto affermare che la Chiesa Cattolica non era solo italiana, e non si voleva più disinteressare dei cristiani dell’Est.
Papa Giovanni Paolo II si dimostrò una vera spina nel fianco del comunismo europeo.
Nel 1981, Giovanni Paolo II subì un clamoroso attentato, proprio in Piazza S. Pietro, per mano del turco Ali Agca, che solo per un caso (o un miracolo!) non ferì mortalmente il papa.
Molti accusarono l’onnipotente KGB, allora comandato da Yuri Andropov, futuro leader dell’Unione Sovietica. Le prove del coinvolgimento diretto del KGB non sono state trovate (e non si troveranno mai!), ma oggi ben pochi hanno il minimo dubbio su chi sono stati i veri mandanti.

Papa Giovanni Paolo II (come i suoi predecessori) non aveva “divisioni” ma aveva il carisma di Giovanni XXIII, e la grinta di Pio XII.
In ogni caso il papa diede speranza ai polacchi che si ribellavano (con Lech Valesa e “Solidarnosc“), e fece ritrovare a molti la fede perduta.
Giovanni Paolo II fece il suo primo viaggio nella natia Polonia, e poi visitò tutto il resto del mondo incontrando ovunque un accoglienza trionfale, che nessun papa aveva mai avuto.
Karol Woityla trovò consensi anche tra ebrei e mussulmani.
La visita del papa alla sinagoga romana, è stata un evento storico.
Più complicati sono stati i rapporti con lo Stato d’Israele, per il tentativo di Giovanni Paolo II di arrivare ad una riconciliazione anche con i mussulmani, che dopo la rivoluzione iraniana, assumevano un atteggiamento sempre più integralista.
L’atteggiamento del papa era probabilmente dovuto alla consapevolezza che, nell’età moderna, il pericolo più grande per la Chiesa Cattolica non sono le altre religioni, ma il materialismo ateo, ampiamente diffuso ad Oriente e ad Occidente.

Difficile dire fino a che punto l’opera di Karol Woityla sia stata decisiva, nella caduta del Comunismo Europeo.
Tutti fanno notare che la crisi dell’Unione Sovietica è avvenuta soprattutto per ragioni economiche.
L’enormi spese militari non permettevano alla Russia di essere un paese potente come gli Stati Uniti, e nello stesso tempo, permettere ai propri cittadini di mantenere un decoroso tenore di vita.
Il fatto era che il comunismo sembrava capace di dare il pane...ma non il companatico!
Una volta raggiunti i limiti minimi di sussistenza, la gente ha cominciato da un lato a cercare il benessere promesso dalle televisioni europee e americane, dall’altro a dare più importanza ad esigenze di carattere spirituale.
Mi piacerebbe poter dire con sicurezza che religione e libertà sono stati più importanti di Coca Cola e TV a colori...ma purtroppo non ci posso mettere la mano sul fuoco!

Poco é mancato, (quando al potere c’era Yuri Andropov) che l’Unione Sovietica, prima di soccombere, scatenasse la III Guerra Mondiale.
Forse l’avrebbe fatto, se non ci fossero stati i missili nucleari americani, che sotto il presidente Reagan si erano moltiplicati.
In ogni caso, nel 1985, salì al potere Michail Gorbaciov che promosse la distensione con l’Occidente, e tentò qualche riforma interna.
I suoi oppositori sostenevano che qualunque tentativo di riforma avrebbe mandato in rovina l’Impero Sovietico. I fatti hanno dimostrato che avevano ragione!
Nel 1990, tutte le nazioni dell’est Europee avevano liquidato i regimi comunisti, il muro di Berlino era crollato, e la Germania era stata riunificata.
Anche all’interno dell’Unione, le Repubbliche Sovietiche reclamavano, prima una maggiore autonomia, poi l’indipendenza. Un fallito colpo di stato militare fece precipitare la situazione, e tutte le repubbliche (ex) sovietiche divennero indipendenti.

Nel mondo tutti si erano resi conto che di Superpotenza ormai ce n’era una sola.
Michail Gorbaciov aveva lasciato mano libera all’America su tutte le principali questioni internazionali, e non si era opposto neanche quando il presidente George Bush (Senior) aveva fatto approvare la prima risoluzione contro l’Irak, da dove Saddam Hussein aveva lanciato un’ennesima guerra, stavolta contro il Kwait.

XII
Le guerre di Saddam

Il “rais” Saddam Hussein era diventato presidente dell’Irak nel 1979, dopo un ennesimo colpo di stato. Saddam poteva limitarsi a godersi, con la famiglia le ricchezze petrolifere del suo paese (come del resto avevano fatto i suoi predecessori).
Nel 1979 l’Irak era un paese moderno relativamente ricco, e con un‘economia in espansione.
Saddam Hussein veniva da una famiglia di religione mussulmana sunnita, come tutti i governanti iracheni del XX secolo. In realtà Saddam si atteggiava a mussulmano solo quando gli faceva comodo.
Uno dei principali collaboratori di Saddam era Tarek Aziz, di famiglia cristiana.
Probabilmente Tarek Aziz non era più cristiano di quanto Saddam Hussein era mussulmano, ma finché il ministro cristiano fu al potere i suoi correligionari furono, almeno, lasciati in pace.

Le guerre di Saddam furono combattute per i due classici motivi: denaro e potere.
Di denaro Saddam ne aveva già tantissimo, e ne avrebbe avuto ancora di più se avesse sfruttato adeguatamente le sue riserve petrolifere. Il potere invece non é mai abbastanza.
Siccome l’Irak non era abbastanza grande per lui, Saddam cercò di occupare alcune regioni dell’Iran appena oltre il Tigri e lo Shatt el Arab, ricchissime di petrolio.
Oltretutto, quelle regioni erano anche abitate da popolazioni di lingua araba. Il caos in cui trovava l’Iran, nel 1979, indusse il “rais” a credere che la guerra sarebbe stata breve e facile.
In realtà proprio la guerra con l’Irak finì per rafforzare il regime di Khomeini, trascinando l’intero paese in una guerra nazionale, e anche religiosa.
Per gli Iraniani, sciiti, la guerra con gli iracheni divenne una Jihad, la continuazione delle lunghe guerre che gli scià degli ultimi secoli avevano condotto contro l’impero ottomano sunnita.
Gli iraniani erano in difficoltà. Avevano le armi che aveva comprato lo scia, e naturalmente gli americani si guardavano bene da fornire assistenza, e parti di ricambio!
Negli anni dal 1980 al 1986 gli iracheni furono all’attacco, ma gli iraniani resistettero.
Dopo cinque anni, e migliaia di morti le sorti della guerra Saddam Hussein propose all’Iran di fare la pace, tornando ai confini del 1979.
Troppo tardi!
Adesso era l’Iran che voleva continuare la “guerra santa”.
Dicevano che volevano arrivare fino a Gerusalemme, passando per Bagdad!
Il rais allora si cosparse il capo di cenere e chiese aiuto ad Arabia Saudita, Emirati, Kwait...perfino agli Stati Uniti.
Tutti lo aiutarono. L’Iran integralista e sciita di Kohmeini faceva paura a tutti.

Gli anni dal 1986 al 1989 videro alleanze trasversali che non si erano mai viste durante le Crociate.
Gli Americani fornivano armi e mezzi a Saddam Hussein...e alcune di queste finivano a Yasser Arafat, di cui Saddam era diventato il principale alleato.
Israele, nemico di Iran e Irak, non faceva sconti a nessuno: clamoroso fu il raid israeliano sulla prima centrale nucleare irachena, prima che fosse troppo tardi!
Nel 1989 Iran e Irak firmarono la pace.
Tutto come prima! Non era “successo niente”...a parte centinaia di migliaia di morti, e l’economia di Iran e Irak allo sfascio.

Saddam Hussein avrebbe dovuto aver imparato la lezione. Almeno così pensava, nel Luglio 1990 l’ambasciatrice americana a Bagdad, prima di partire per le ferie.
Pochi giorni dopo l’esercito iracheno aveva invaso il Kuwait.
Così iniziò la “Guerra del Golfo”: Irak contro il resto del mondo.
Persino l’Italia di Andreotti mandò dieci aerei: é stata l'unica azione di guerra condotta dall’Italia dopo la seconda Guerra mondiale.
Saddam cercò di farsi passare come alfiere dell’Islam contro gli infedeli...ma quasi tutti gli stati mussulmani si schierarono contro di lui: Arabia, Emirati, Siria...
L’Iran rimase neutrale, ma non nascose la propria soddisfazione quando gli americani cominciarono a bombardare l'Irak...
L’unico a schierarsi a favore di Saddam fu Yasser Arafat.
Chi ci rimise furono, come al solito, i Palestinesi.
La comunità palestinese in Kuwait era molto numerosa. Come gli altri emigrati mandavano avanti l’economia del paese, ma senza avere diritti politici. Molti di loro pensarono che Saddam e Arafat potevano dare loro la possibilità di un riscatto...
Quando gli americani liberarono il Kuwait, tutti i palestinesi (a ragione o a torto) furono accusati di collaborazionismo, e tornarono ad essere profughi.
La vittoria di Gorge Bush (senior) fu “facile facile”...ma il presidente non ebbe il coraggio di completare il lavoro, eliminando Saddam Hussein.
Ci penserà suo figlio!

XIII
La nuova Jihad

Arrivato a questo punto mi rendo conto quanto è difficile raccontare avvenimenti troppo recenti, mantenendo il distacco che uno storico dovrebbe avere.
Dal 1990 in poi ci sono state molte guerre, e altre sono in corso mentre scrivo.
Cercherò di riassumere gli ultimi avvenimenti che si possono ricondurre a questa storia delle “guerre sante”: antichi conflitti che sembravano sepolti ed invece ora riaffiorano.

***
Lo sfasciamento dell’Unione Sovietica ha fatto nascere molti nuovi stati, alcuni di lingua turca e religione mussulmana (Turkmenistan, Usbekistan...).
Settant’anni di comunismo ateo avevano quasi annullato le differenze religiose tra le varie comunità, ma adesso sono riesplose. In tutte le repubbliche ex-sovietiche sono nati movimenti mussulmani integralisti.
La Repubblica Federale Russa comprende molte piccole i “repubbliche autonome” a maggioranza mussulmana. La più nota é la Cecenia occupata dai Russi più di duecento anni fa.
Il primo presidente russo, Boris Eltsin, aveva finito per concedere alla regione una notevole autonomia, quasi l’indipendenza.
Ai governanti ceceni non é bastato, anzi avevano cominciato a diffondere la Jihad nelle regioni vicine, a cominciare dal Daghestan.
Il risultato é stata la reazione armata dell’esercito della nuova Russia, di Vladimir Putin.
Gli americani hanno cercato di fare pressioni sul governo russo per aprire trattative con gli insorti. Forse sarebbe stato possibile giungere ad un nuovo compromesso, ma poi gli integralisti hanno incominciato una campagna d’attentati, di una tale ferocia, da fare passare, anche al pacifista più ostinato, ogni simpatia per la causa cecena.
Dopo la strage (ripresa in diretta TV) di centinaia di bambini, in una scuola dell’Ossezia, i Russi hanno avuto mano libera in Cecenia. Il resto del mondo non sa: non vuole sapere!

***

Nel 1991 c’é stata anche la dissoluzione della Jugoslavia.
La nascita dei nuovi stati di Croazia e Bosnia ha riaperto vecchie ferite, e fatto rinascere secolari conflitti.
Serbi, e Croati, Bosniaci, parlano la stessa lingua: fino a pochissimo tempo fa era chiamata serbo-croata. A dividerli, apparentemente, c’era solo la religione.
Possibile che le differenze religiose siano ancora importanti, dopo quarant’anni di comunismo ateo?
In un certo senso sì!
I Serbi sono di religione ortodossa. Credenti o no, si sentono diversi dai croati cattolici, e ancora di più dai bosniaci mussulmani.
I serbi avevano combattuto per secoli contro i turchi: erano stati sconfitti ma mai domati.
La Jugoslavia era un loro stato: vivere come minoranza, in Croazia e in Bosnia, era, per loro, inaccettabile.
Le guerre nell’ex- Jugoslavia sono state le prime in Europa, dal 1945.
I mussulmani bosniaci, chiesero aiuto ai fratelli asiatici. Ne arrivarono fin troppi: Arabi, Afgani, Pakistani...
I nuovi arrivati erano tutti integralisti, ansiosi di combattere per la Nuova Jihad, ma anche di “convertire” i troppo tiepidi (e per loro rammolliti!) “fratellastri” europei.
In Bosnia sono stati più pubblicizzati i massacri fatti dai Serbi e Croati di quelli dei mussulmani.
Sicuramente hanno incominciato i Serbi.
Il massacro di Srebenica ha, giustamente, scosso le coscienze di tutto il mondo, ma ha anche mobilitato i combattenti della Jihad.
Le conseguenze non si sono fatte attendere.
Nell’ultima fase della guerra ci sono stati scontri anche tra mussulmani e croati cattolici (prima alleati!). Ricordo bene che molti croati preferirono consegnarsi ai nemici serbi, piuttosto che cadere nelle mani degli “alleati” mussulmani!

***

La questione palestinese é ben lontana dall’essere risolta.
Nel 2000 l’israeliano Barak e il palestinese Arafat sembravano essere quasi arrivati ad un accordo. Quando i confini tra la nuova Palestina e Israele erano quasi stati tracciati, (e si discuteva anche dello status di Gerusalemme) Arafat ha tirato fuori la vecchia questione dei profughi palestinesi.
I discendenti dei profughi (dispersi in tutto il mondo) erano ormai milioni: secondo Arafat sarebbero dovuti tornare tutti nel territorio ora israeliano.
Il negoziato si é immediatamente bloccato.
Gli Israeliani accusarono Arafat di non avere mai voluto la pace: probabilmente avevano ragione!
Nel 2005, l'11 novembre Arafat ha trovato la pace eterna in un ospedale militare parigino,

Lo scrivente ha avuto modo di osservare di persona la situazione in Palestina nel Dicembre 2005.
In quel momento la situazione era “relativamente calma”. Si parlava di nuovo di Pace, ma nessuno si faceva molte illusioni.
Particolarmente pesante é la situazione dei cristiani palestinesi. Ormai sono rimasti in pochi, stretti tra gli occupante israeliani e gli integralisti islamici.
A Gerusalemme e’ diventato difficile perfino fare la “Via Crucis” lungo la tradizionale “Via Dolorosa”, ora affollata di bancarelle, e di mussulmani che lanciano spesso frasi irriverenti, o veri e propri insulti. La frase che più mi ha colpito é stata:

“ Quattro crocefissi cinque euro!”

Un padre francescano mi ha detto che lui sopporta con cristiana rassegnazione. Dopotutto Cristo ne ha passate di molto peggio!
Ma come se non bastasse i cristiani sono ancora divisi tra loro.
La Chiesa del Santo Sepolcro contiene vari settori amministrati da greci ortodossi (la maggioranza), latini, armeni e copti.
Nella parte greca sono state perfino eliminate le lapidi (e i resti) di Goffredo di Buglione e dei re crociati.
I discendenti degli antichi bizantini hanno cercato di cancellare anche il ricordo del regno “latino” di Gerusalemme: l’unico periodo storico in cui la Cristianità é stata all’offensiva!

***

Ormai la lotta per Gerusalemme é solo una delle tante Jihad, oggi in corso.
Perfino in estremo oriente i mussulmani dell’Indonesia hanno cominciato a perseguitare i Cristiani: prima a Timor Est, poi nelle Molucche, a maggioranza cattolica.
Nelle isole meridionali delle Filippine i mussulmani sono in minoranza, ma si sono ribellati chiedendo un loro stato: integralista islamico naturalmente!
Piccole “guerre sante” sono in corso anche in Sudan, in Armenia, in Somalia, in Afganistan...e naturalmente in Irak!

***

Nei primi secoli della Jihad avevamo individuato tre fronti tra Islam e Cristianità.
Il “fronte ovest” ha cessato di esistere con la “Reconquista” di Granada, nel 1492.
Il “fronte sud” é finito con l’occupazione dell’intera Africa, da parte delle potenze europee.
Unico “fronte storico” rimasto é il “fronte est” che ora parte dalla Turchia Europea, corre ad est delle isole del mar Egeo, e taglia in due Cipro.
Oggi questo é il “fronte” più tranquillo, ma resta il ricordo di massacri antichi e recenti:

Mamma li turchi!

Gli altri conflitti non avvengono più lungo determinati fronti.
Cristiani, ebrei e mussulmani convivono in molti paesi del mondo. Dovunque ci sono incontri...e scontri!
***

Gli americani hanno sempre avuto una cultura laica. Dicono di confidare in Dio...ma l’hanno scritto sui biglietti da un dollaro!
Tutto é cambiato nel fatidico 11 Settembre 2001, quando due aerei “kamikaze” hanno trasformato le “Twin Towers” di New York in “Ground Zero”.
L’organizzatore degli attentati fu presto identificato in Osama Bin Laden, rampollo cadetto di una ricchissima famiglia araba.
Osama, dopo avere fatto per lungo tempo il playboy, si era poi convertito alla causa della Jihad: una specie di S. Francesco alla rovescia!
Da qui le guerre “quasi sante” in Afghanistan e Irak. Ma questa non è ancora storia: é cronaca!

Oggi gli americani sono considerati da molti islamici come gli antichi crociati.
Molti statunitensi si comportano veramente come se stessero combattendo una crociata: non in nome del Cristianesimo ma di valori come libertà e democrazia.
Il fronte ovest é rinato, in America!

FINE


"CRONOLOGIA" RINGRAZIA L’AUTORE
Francesco Dessolis

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