L'IRRESISTIBILE ASCESA  DI
HITLER


 Quel Reich che doveva dominare il mondo per 1000 anni

 


 
di FERRUCCIO GATTUSO 

Quando Adolf Hitler prese il potere in Germania, il 30 gennaio 1933, non lo fece come dittatore ma seguendo un percorso, nella forma costituzionale, perfettamente democratico. L'ex imbianchino e caporale decorato al valore della Prima guerra mondiale, l'ipnotico retore austriaco che tra i tavoli delle birrerie di Monaco aveva infiammato i reduci umiliati, i disoccupati, i perdenti di una Storia rivoltatasi contro il destino tedesco, aveva ottenuto la carica di capo del governo come ogni abile politico prima di lui: conquistando il favore della gente, raccogliendo voti. 
Il primo governo Hitler fu infatti un governo di coalizione, nel quale il Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori possedeva soltanto tre ministeri su undici. 

La storiografia non ha smesso di interrogarsi sulle responsabilità oggettive del popolo tedesco nella scalata al potere di una delle più grandi figure criminali di questo secolo, quel che è certo però è che - benché per avvicinarsi alla massima carica del governo tedesco Hitler avesse blandito con astuzia ogni ceto sociale, minimizzando gli aspetti estremistici del suo progetto politico - la Germania degli anni Trenta conosceva perfettamente il percorso di questo carismatico personaggio venuto dal nulla. Un libro, il Mein Kampf, stava ad attestare dove si dirigesse l'utopia del programma hitleriano, e ciascun tedesco poteva cancellare ogni dubbio sulle intenzioni del nazismo semplicemente andando ad acquistarne una copia in libreria. (quello era ormai il Vangelo!)

La Germania, quindi, non voleva vedere. Troppo profonde le ferite dalle quali stava cercando di guarire, troppa la paura che un fantasma, "innaturale" per la tradizione culturale e mentale tedesca, si impossessasse del paese: il disordine. La Germania di Weimar era infatti un territorio attraversato da continue incertezze politiche, economiche e sociali, un humus pericoloso dal quale, dopo la crisi del 1929 germogliata in America e dilagata in Europa, gli estremismi politici trovavano una straordinaria capacità di fioritura. Gli scontri tra simpatizzanti comunisti e nazisti, e tra questi e le forze dell'ordine, erano infatti cronaca quotidiana. Ultimamente, solo un storico attento (e contestato) come Ernst Nolte ha riportato alla memoria storiografica la responsabilità che, in quegli anni, ebbero entrambi gli estremismi, rosso e nero, e come quest'ultimo seppe sfruttare la paura della piccola e grande borghesia per la Rivoluzione che sembrava alle porte anche in Europa.

Il vento del leninismo soffiava sul continente, e la stessa socialdemocrazia ne sembrava travolta. Quello che i nazisti offrivano al popolo tedesco era ciò che esso anelava di sentirsi dire: il recupero dell'orgoglio nazionale, il ritorno all'ordine e alla stabilità, la difesa di determinati privilegi di corporazione. È erroneo, però, definire il nazismo un movimento conservatore. Esso fu, piuttosto, un incoerente miscuglio di reazione e rivoluzione, e questo secondo aspetto - che potremmo tranquillamente definire "di sinistra", basti considerare la forte carica anticapitalista, e socialista del movimento delle SA  (formazione paramilitare) ebbe una non secondaria importanza. Il colore scelto dallo stesso Hitler, con intento provocatorio, per i vessilli nazisti fu proprio il rosso nel quale campeggiava un cerchio bianco contenente la svastica, simbolo del partito. Un deliberato proposito di vaghezza ideologica caratterizzò quindi i primi passi del partito nazista, che intendeva così blandire il maggior numero di tedeschi. Mentre le forze politiche concorrenti rappresentavano un preciso blocco sociale e determinati interessi, i propagandisti nazisti arrivavano a modificare il proprio messaggio a seconda dell'uditorio che si trovavano di fronte. 

Alcuni attivisti non si fecero scrupolo a cantare vecchie canzoni socialiste, modificandone il testo, e in qualche occasione, tra affiliati, si chiamavano "compagni", come era d'uso tra gli attivisti di sinistra. Agli agricoltori, i nazisti promettevano un ritorno alle felici tradizioni rurali della vecchia Germania; agli Junker (i grossi possidenti terrieri prussiani) assicuravano il mantenimento dei vecchi privilegi e dei rigidi rapporti tra grandi e piccoli proprietari di terra; ai commercianti e piccoli borghesi promettevano una politica dura verso i grandi monopoli economici e capitalisti, così come sarebbero stati inflessibili contro il marxismo che minacciava la libera impresa e la proprietà privata; agli operai, infine, i nazisti promettevano una politica sociale attenta al popolo lavoratore (non dimentichiamo che la dicitura completa del partito era Partito Nazionalsocialista dei lavoratori, ndr).

Un aspetto "programmatico", però, non subiva adattamenti di sorta: era il razzismo. Nei cosiddetti Venticinque Punti del programma hitleriano, infatti, questo elemento, insieme al disprezzo per la Repubblica di Weimar e un nazionalismo intransigente, assurgeva a vero e proprio segno distintivo dalle altre forze politiche. Alle elezioni nazionali del settembre 1930, i nazisti ottennero sei milioni e mezzo di voti e risultarono il partito più votato dopo i socialdemocratici. È proprio nella caotica situazione politica dei primi anni Trenta che il partito nazista riesce a sfruttare la situazione e a raccogliere un consenso sempre maggiore nelle frequenti consultazioni elettorali, conseguenza di un'instabilità politica che, oggi, definiremmo "all'italiana". Ancora nel 1932, il governo tedesco indisse nuove elezioni nazionali nel tentativo di creare uno straccio di maggioranza in grado di garantire una normale legislatura. 

In questa occasione i nazisti eseguirono un autentico capolavoro propagandistico e "di convincimento", bilanciando astutamente un'abile campagna di attivismo (parate, dimostrazioni, convegni) a veri e propri atti di squadrismo per zittire la voce degli avversari. Entrambi questi comportamenti diedero ai tedeschi una duplice sensazione: che i nazisti fossero dotati di uno slancio idealistico superiore agli altri attivisti (ogni strada era coperta da manifestini, volantini, i marciapiedi erano dipinti con svastiche) e che - come conseguenza - il futuro fosse ineluttabilmente loro. Nei piccoli centri, in occasione di queste lezioni, il partito nazista raccolse i maggiori consensi. Pur non diventando la maggioranza assoluta, i nazisti divennero però il classico ago della bilancia, una forza dalla quale non si poteva più prescindere. Conservatori e nazionalisti si rassegnarono quindi ad assistere alla scalata alla carica di Cancelliere di Hitler, nominato nel gennaio 1933 dal presidente Hindenburg. 

L'inverno che fece da cornice a questo simbolico "passaggio di consegne" tra una Germania e l'altra, quella tradizionalista e austera del vecchio eroe di guerra Hindenburg e quella esaltata ed aggressiva di Hitler, fu premonitore di un inverno della ragione che sarebbe calato sul paese. Hitler non perse tempo nel costruire a veloci tappe le fondamenta di un sistema totalitario senza precedenti nella storia europea (al di là degli Urali, peraltro, il totalitarismo era già realtà, e quello stesso anno avrebbe ricevuto la definitiva consacrazione con il consolidamento del potere di Stalin, ndr): ogni elemento fu sfruttato, nulla fu lasciato al caso, e diversi pretesti permisero a Hitler di impossessarsi del potere assoluto. Il primo passo avvenne nel febbraio di quell'anno: il giorno 27 un giovane anarchico olandese appiccò il fuoco al Reichstag di Berlino. Questo atto servì di pretesto a Hitler per sostenere che la Germania era sul punto di cadere sotto il maglio della rivoluzione comunista.

Il giorno seguente ottenne dal presidente Hindenburg l'approvazione di un decreto che va ricordato come il primo mattone del regime nazista: le "Leggi per la Difesa del Popolo tedesco". Ossia, fuor da ogni eufemismo politico, la sospensione "temporanea" dei diritti civili. Sfruttando un'emergenza, quindi, Hitler otteneva il nulla osta per scatenarsi contro i propri nemici, sicuro di non pagarne le conseguenze. Le formazioni paramilitari delle SA e delle SS ne approfittarono immediatamente per scatenarsi contro ebrei, comunisti, oppositori in genere. 40.000 uomini agli ordini del Führer ottennero la completa immunità e non ebbero problemi a distruggere le sedi dei partiti avversari, bruciare il loro materiale propagandistico, arrestare i nemici, chiudere le tipografie "sgradite", interrompere i raduni socialdemocratici. 

In questo clima allucinante, a marzo, si tennero nuove elezioni, che diedero ai nazisti la maggioranza tanto agognata: insieme agli alleati nazionalisti, essi ottennero il 52 % dei voti. Nasceva così un "legittimo" governo di coalizione. Due settimane dopo Hitler strappava da un Reichstag obbediente una "Legge sui pieni poteri" (Ermächtigungsgesetz), che dava al gabinetto governativo (al Führer, cioè) il potere di promulgare leggi, stabilire il bilancio, firmare trattati con paesi stranieri e attuare emendamenti alla Costituzione. La libertà era morta definitivamente. Il progetto di nazificazione della Germania partì senza indugi e prese l'asettico nome di Gleichschaltung (coordinamento, allineamento).

Come prima cosa i partiti che non fossero quello nazista (anche gli alleati nazionalisti) vennero sciolti, in secondo luogo i sindacati vennero aboliti. Il "coordinamento" significava, d'ora in poi, una sola cosa: ogni istituzione, organizzazione, associazione, ogni entità che si proponessero di riunire individui doveva passare sotto il controllo del partito nazista. "Questa fu la rivoluzione nazista - scrive Alan Bullock, tra i migliori storici dell'hitlerismo - prodotto di tre elementi. Il primo fu l'utilizzazione dell'autorità legalmente ottenuta per impadronirsi delle risorse dello stato e del suo apparato amministrativo. I nazisti si garantirono così il controllo della polizia, la neutralità delle forze armate e il potere (che esercitarono senza scrupoli) di liquidare ogni funzionario sospetto non diciamo di opposizione ma di semplice indifferenza nei confronti del nuovo regime.

 Il secondo elemento fu il terrorismo, che consisteva non nella violazione della legge e dell'ordine ma in qualcosa di ancor più sconvolgente, cioè nella deliberata ignoranza della loro esistenza. […] Al potere coattivo del terrorismo si aggiunse il potere di attrazione di una martellante propaganda condotta per mezzo della radio, della stampa e del cinema per annunciare la rinascita nazionale della Germania. E questo fu il terzo elemento". Hilter, la cui autorità era ovviamente assoluta, puntò alla costruzione di un sistema di potere dove qualsiasi carica sotto di lui avesse uno o più corrispettivi e concorrenti in altre sezioni. Questa particolare sovrapposizione burocratica, benché potesse sembrare autolesionista e assurda ai fini dell'efficienza amministrativa, permetteva ad Hitler di mantenere saldo il potere, senza far apparire all'orizzonte scomodi rivali. Gauleiter, ufficiali, presidenti di varie associazioni si videro assegnare poteri i cui confini non erano perfettamente definiti. Le sovrapposizioni tra gli organismi del partito e quelli tradizionali dell'amministrazione, poi, era totale, causando continui conflitti di competenza. Il risultato era che nessuno sapeva di chi fosse superiore: l'unica cosa certa era che, sopra tutto e tutti, ci fosse il Führer.

La tanto decantata efficienza teutonica, quindi, risultò nel regime nazista un falso mito: l'organizzazione del partito e dello stato, in continua concorrenza, subirono gravissimi rallentamenti ed inefficienze. Sempre secondo questa logica del "divide et impera", gli stessi uomini vicini al Führer ottennero onorificenze e potere, ma per tutta la durata del regime vissero in continua competizione e odio reciproco. Hermann Göring divenne primo ministro e ministro degli Interni della Prussia, commissario del Reich per l'Aviazione, commissario per il Patrimonio Forestale del Reich. Questi poteri gli permisero di controllare, in concorrenza con i generali competenti, la Luftwaffe, e di agire a livello internazionale, in concorrenza con il Ministeri. Rudolf Hess, il fido compagno di cella che scrisse sotto dettatura il Mein Kampf, divenne "vice-Führer", ed ottenne un grosso potere nel partito, ma quasi subito Hitler conferì a Robert Ley, capo del Fronte Tedesco dei Lavoratori (il sindacato di regime) la carica parallela di capo dell'organizzazione del partito. Hess e Ley per tutti gli anni trenta si ostacolarono e avversarono vicendevolmente.

Questo caos, ai livelli più alti come a quelli inferiori, divenne un triste epitaffio della mitica amministrazione pubblica tedesca che, sin dai tempi di Federico il Grande, pretendeva dai "servitori dello stato" un'eccezionale preparazione professionale e altrettanto eccellenti studi, oltre che l'obbligo a passare esami di dura selezione. Ovviamente i peggiori scontri tra funzionari pubblici e membri del partito si ebbe nell'ambito del ministero degli Interni. Il titolare del ministero fu Wilhelm Frick, ex ufficiale di polizia a Monaco, collaboratore di Hitler sin dai giorni del Putsch fallito del 1923. Nell'aprile 1933 Frick introdusse la "Legge per la ricostruzione dell'Amministrazione Pubblica": essa causò l'espulsione dagli uffici pubblici di ebrei, comunisti, socialdemocratici, ma riuscì a mantenere nei ranghi coloro che semplicemente non erano iscritti al partito. Abilmente, Frick riuscì così a mantenere una decorosa struttura di base all'amministrazione, più di un milione e mezzo di funzionari che, altrimenti, avrebbero perso il posto. 

La nazificazione della Germania continuò inarrestabile nei due anni a seguire. Il 1935 si rivela una anno fondamentale sulla strada dell'edificazione totalitaria. A quel tempo risalgono infatti le "Leggi di Norimberga", con le quali il regime cominciava a dare una struttura ed un rigore al progetto razzista di discriminazione prima e annientamento poi degli ebrei e delle altre "razze inferiori" (slavi, ad esempio). Con queste leggi Hitler assecondava le spinte di quella frangia di partito che vedeva nell'adottamento di misure razziste un elemento fondante della rivoluzione nazista. La persecuzione, quindi, veniva regolamentata, e avrebbe raggiunto il culmine (ovviamente, prima della scientifica adozione delle misure riguardanti la "Soluzione Finale", quindi la barbarie di Auschwitz) con la famigerata Krsitallnacht, la Notte dei Cristalli tra il 9 e il 10 novembre del 1938 quando SA, SS e simpatizzanti nazisti si scatenarono (la stampa parlò di "attacco spontaneo del popolo tedesco") contro i negozi e i luoghi di culto degli ebrei. "Gli aggressori - scrive Bullock - restarono impuniti, mentre gli ebrei furono multati di un miliardo e duecentocinquanta milioni di marchi e si videro confiscate dallo stato tutte le somme che le società di assicurazione avrebbero dovuto pagare per risarcirli dei danni.

A questa cosiddetta notte dei cristalli seguì la vendita coatta di imprese e di beni mentre gli ebrei venivano sfrattati, arrestati in massa e mandati ai lavori forzati". Riguardo la nascita delle Leggi di Norimberga, la leggenda narra che il 14 settembre 1935, il giorno prima di pronunciare il discorso annuale al raduno del partito a Norimberga, Hitler decise di rendere più duro il proprio testo. Per questo motivo convocò Frick e, insieme a lui, stabilì nella notte i punti cardinali che avrebbero stroncato per sempre lo stesso concetto di cittadinanza per gli ebrei. Il giorno seguente, i cittadini tedeschi di origine ebraica si sentirono dire che non erano più tali. Non solo: la "Legge per la difesa del sangue tedesco e dell'onore tedesco" proibiva i matrimoni tra cittadini tedeschi ed ebrei, vietava agli ebrei di impiegare personale femminile non ebreo di età inferiore ai 45 anni, e di esporre la bandiera del Reich. Questi provvedimenti, che potremmo ben definire epocali e che sono passati alla storia come il paradigma della persecuzione razziale, nacquero quindi in modo casuale. Ovviamente, per reagire all'adozione di queste abominevoli armi legislative, gli ebrei (e qualsiasi cittadino tedesco non nazista) non potevano trovare aiuto nel potere giudiziario.

La nazificazione, infatti, agì con straordinaria efficacia anche nei confronti della Magistratura. Come nel caso dell'amministrazione pubblica, Hitler puntò a inserire elementi fedeli al partito tra i magistrati. Bisogna anche dire che, a quel tempo, la Magistratura tedesca era caratterizzata da convinzioni sicuramente conservatrice autoritarie, e quindi accettò la "colonizzazione" nazista come il minore dei mali. Oltre ai magistrati, anche avvocati e giudici finirono nelle maglie del regime. Gli avvocati furono obbligati ad iscriversi all'unico Ordine possibile, l'Associazione Nazista degli Avvocati, che intimava ai propri membri di fare il saluto nazista in tribunale e "svolgere il proprio dovere di elettori" in occasione delle consultazioni. 

La stessa procedura giudiziaria subiva una sorta di rivoluzione ideologica: ad esempio, un avvocato diventava responsabile dello spergiuro del proprio assistito, ed un giudice che non "avesse agito nell'interesse dello stato nazionalsocialista" era passibile di dimissioni coatte. Ovviamente, come in ogni sistema totalitario (basti confrontare l'esperienza sovietica nel periodo delle purghe staliniane) il potere del pubblico ministero accrebbe a dismisura, usurpando molti poteri del giudice (visione di lettere scritte all'imputato e al suo avvocato, vaglio delle richieste di grazia, etc…). "Poiché il nazionalsocialismo e la giustizia sono una cosa sola, non vi dovrebbero essere distinzioni tra il giudice ed il pubblico ministero": questa era una delle considerazioni assolutamente normali durante gli anni del regime hitleriano. 

La nazificazione dell'ordine giudiziario portò ad un aumento incredibile dei reati: se nel 1933 i reati punibili con la pena di morte erano solo tre, dieci anni dopo erano quarantasei. La pena capitale non era sempre vincolata al tipo di reato, ma ai presupposti di "redenzione" dell'imputato. Accadeva che si fosse condannati a morte anche per semplice truffa, se non si riusciva a dimostrare alla corte la propria capacità di diventare un elemento utile al popolo tedesco. Nuovi reati minori si affacciarono sul codice civile e penale: scarso entusiasmo verso Hitler, aspetto semitico, lamentele nei confronti del governo. La sospensione del principio dell'habeas corpus, poi, decretò che ogni cittadino tedesco poteva essere arrestato senza processo: ciò permise ad SS e Gestapo - che dal 17 giugno 1936 finirono entrambe sotto il ferreo controllo di Heinrich Himmler - di agire indisturbate nei confronti di chi giudicavano "sospetto". "Nacque così - scrive Alan Bullock - quello che gli storici tedeschi chiamano l'esecutivo illegale, un apparato con cui il Führer, verso nessuno responsabile tranne che verso se stesso, poteva spazzare via ogni ostacolo al suo potere di agire al di fuori della legge o addirittura contro di essa. Il terrorismo e la polizia segreta, come la propaganda e la censura, erano componenti essenziali della società totalitaria che i nazisti stavano creando e produssero il consueto accompagnamento di delazioni, persecuzioni e corruzioni".

Qualcuno cercò di opporsi a questo stato di cose, ma fu una netta minoranza. Che fosse annichilito dal controllo soffocante del regime su ogni individuo, o sinceramente entusiasta per la "nuova Germania" che andava profilandosi all'orizzonte, il popolo tedesco cessò di essere protagonista dei destini del proprio paese. Un esempio di come il regime potesse soffocare il dissenso intellettuale fu quello del coraggioso giornalista Carl von Ossietzky, insignito del premio Nobel per la pace, direttore del giornale di sinistra berlinese Die Weltbühne, e feroce accusatore dei nazisti e delle Forze armate. Von Ossietzky fu boicottato dal regime, impedito a recarsi a Stoccolma per ricevere l'onorificenza, arrestato e deportato nel campo di concentramento di Esterwegen, dove fu torturato e minato per sempre nella salute. La propaganda nazista, per compromettere la sua immagine, diffuse a più riprese la notizia che si era convertito al nazismo. 

Il 14 maggio 1938 Von Ossietzky, nonostante le pressioni internazionali per la soluzione dell'esilio e l'intervento di personaggi carismatici come Albert Einstein, moriva in un ospedale tedesco, all'età di 48 anni. Da quell'occasione la Germania non riconobbe più il Premio Nobel. "Quando un avversario mi dice: io non mi schiererò con te, io gli rispondo calmo: tuo figlio è già con noi… Tu passerai, ma i tuoi discendenti sono già adesso nel campo nuovo. Tra non molto conosceranno solo questa nuova comunità". Queste inquietanti parole pronunciate da Hitler fanno ben comprendere come il Terzo Reich puntasse ad un dominio millenario, e desse molta importanza a "seminare" le proprie idee in quelli che sarebbero stati i cittadini tedeschi del futuro: i giovani. Questo millenarismo, la convinzione di stare creando non solo una nuova Germania, ma una nuova comunità prima all'interno dei confini tedeschi, poi in tutto il mondo, rese il regime nazista estremamente sensibile in due campi, in effetti tra loro complementari: l'educazione scolastica (di cui parleremo nella seconda puntata, ndr) e la religione.

Agendo sulla cultura, e quindi sulla memoria del paese, e minando alla base le chiese cristiane (un contro-potere che il regime faceva bene a temere), i nazisti puntarono a creare una nuova società dove i giovani non avrebbero avuto altro dio all'infuori del Führer, e il normale anelito alla trascendenza sarebbe stato sostituito da una vaga mistione di cristianesimo e paganesimo. Il controllo delle Chiese ebbe il via con un alleanza con la Chiesa luterana per indebolire e delegittimare la Chiesa cattolica, anche se in seguito gli stessi luterani si resero conto che i nazisti puntavano al controllo assoluto del pensiero religioso. 

Nacque così il Movimento Cristiano tedesco, un gruppo di ispirazione nazista, che velocemente si allargò fino a inglobare qualsiasi associazione di attivismo religioso. Una sorta di culto pagano intorno alla figura del Führer e alle ricorrenze della storia nazista venne sostituito alle tradizionali festività religiose. Il vero Natale nazista divenne quindi il 20 aprile, compleanno di Hitler, una delle festività più importanti. Il 30 gennaio, anniversario della presa del potere, era un'altra festività importante; il Primo Maggio, il 21 giugno, Solstizio d'Estate; in settembre, il raduno di Norimberga; il 9 novembre anniversario del Putsch fallito a Monaco nel 1923; la Festa del Raccolto in ottobre; il 21 dicembre, Solstizio d'Inverno (la Julfest), si assumeva il compito di sostituire e sminuire il Natale cristiano. Il rito matrimoniale assunse modalità paganeggianti: accanto ai voti religiosi le coppie dovevano sottostare a giuramenti alla Germania e a Hitler. Le SS addirittura compivano riti nazisti per il battesimo dei propri figli e ogni altro sacramento. 

I nazisti dapprima sostennero quello che chiamarono "cristianesimo positivo", nel quale, ovviamente, l'opposizione all'ateismo marxista e al giudaismo erano punti fondamentali. Durante la sua scalata al potere Hitler evitò qualsiasi scontro con l'autorità religiosa (la Germania era per due terzi protestante e per un terzo cattolica, ma quest'ultima Chiesa deteneva maggiore potere organizzativo), anzi cercò di ottenerne i favori stimolando i suoi rappresentanti a partecipare agli affari di stato, e attaccando in continuazione il materialismo marxista. Hitler aveva ricevuto un'educazione cattolica, ma da sempre avversava il Vaticano, rappresentato politicamente in Germania dal Partito Cattolico del Centro. Nei luterani, la cui organizzazione era maggiormente decentralizzata e, non dimentichiamolo, priva di una netta gerarchia ecclesiastica, Hitler riconosceva un avversario molto più malleabile.

Gli stessi luterani, poi, erano di idee molto conservatrici e diffidenti verso le nuove forme democratiche della Repubblica di Weimar: questo li portò, dapprincipio, a tifare per Hitler. Il Führer sfruttò questa simpatia iniziale per aumentare la presenza nazista tra i protestanti. Nacquero così associazioni come il Movimento per la Fede dei Cristiani tedeschi che, dall'interno, avrebbero dovuto lentamente erodere e infine annientare i valori che, apparentemente, sostenevano: una sorta di quinta colonna, quindi, all'interno del mondo religioso. Il Movimento venne affidato alla guida del reverendo Joachim Hossenfelder, consigliere per le questioni religiose. Hossenfelder definì i Cristiani Tedeschi "le SA di Gesù Cristo", e questo può bastare a definire l'uomo e le sue finalità. Nelle comunità protestanti, i Cristiani tedeschi avevano il "sacro" compito di instillare nei credenti un acceso nazionalismo e un feroce antisemitismo, oltre a sentimenti fortemente anti-cattolici. 

Per limitare la capacità di interferenza dei cattolici Hitler chiese al vice-cancelliere Franz Von Papen (ex membro del Partito cattolico del Centro) di avvicinare il Vaticano per una sorta di "compromesso": tolleranza in cambio di desistenza dall'opposizione. L'uomo di Roma deputato a rispondere all'approccio fu il cardinale Eugenio Pacelli che di lì a poco sarebbe diventato Papa Pio XII. Il Vaticano, timoroso per possibili persecuzioni nei confronti dei cattolici e, allo stesso tempo, che il nuovo regime considerasse il protestantesimo religione di stato, non tardò ad accettare. Nelle chiese cattoliche entrarono così vessilli nazisti, nelle prediche non erano inusuali riferimenti e lodi a Hitler e venivano cantate canzoni naziste durante il rito.

Il Sindacato Cattolico e la Lega Cattolica si auto-sciolsero. Il "concordato", poi, valse la parola di Hitler, cioè nulla: nel 1934 i Giovani Hitleriani cominciarono ad assaltare le sedi delle associazioni cattoliche, le SS e la Gestapo perseguitarono le figure dell'associazionismo cattolico più rappresentative e le proprietà della Chiesa cattolica vennero in parte confiscate. La Chiesa luterana, intanto, veniva fagocitata inesorabilmente dai nazisti: la riorganizzazione in 28 chiese provinciali all'interno della cosiddetta Chiesa del Reich, sotto un unico vescovo, permetteva ai nazisti un controllo pressoché assoluto. A questa alta carica fu nominato un oscuro cappellano di nome Ludwig Müller, ovviamente filo-nazista. 

Müller puntò con decisione a cancellare l'autorità del Vecchio testamento ("con la sua morale ebraica della ricompensa e le sue storie di mercanti e concubine") e a "ripulire" il Nuovo testamento dall'apporto del "rabbino Paolo". Poco tempo dopo, si tennero curiose "elezioni ecclesiastiche", che diedero ai Cristiani tedeschi il potere assoluto. Il Sinodo dei pastori Cristiani Tedeschi che si tenne di lì a poco impressionò l'opinione pubblica di tutto il mondo: tutti e duecento i pastori vestivano uniforme bruna, stivali militareschi e distintivi nazisti, e nei loro sermoni non si esitava ad affermare che "Cristo è venuto a noi attraverso Adolf Hitler". Al termine del sinodo i pastori cantarono la "Canzone di Horst Wessel", inno del partito dedicato ad un giovane (e propagandisticamente costruito) martire della causa nazista. 

Una figura importante per i luterani che si erano avevano inizialmente sostenuto il regime hitleriano, ma che non volevano esserne fagocitati, fu quella di Martin Niemöller, pastore berlinese che, quando avvertì le intenzioni reali di Hitler, diede vita alla Lega di Emergenza dei Pastori. Essa nel 1934 arrivò a raccogliere 7000 sostenitori, spaventati dalle operazioni dei nazisti. La repressione attuata dalla Gestapo non tardò a farsi sentire: delazioni, intimidazioni e boicottaggi portarono allo smembramento della Lega e all'accusa di tradimento dello stato nei confronti di Niemöller. Il pastore, e tutti i suoi più stretti collaboratori, finirono in campo di concentramento: i fedeli e gli attivisti si divisero terrorizzati. L'ultimo sermone di Niemöller intimò ai tedeschi queste parole: "Non siamo più disposti a tacere per ordine di un uomo, quando è Dio che ci ordina di parlare". Una volta ottenuto il potere assoluto, Hitler non avrebbe esitato a sostenere lo "sradicamento del cristianesimo dalla Germania. Perché non si può essere tedeschi e al tempo stesso cristiani!".

di FERRUCCIO GATTUSO 

Storiologia ringrazia per l'articolo 
FRANCO GIANOLA, 
direttore di Storia in Network

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