LA MORTE DI ALI' - OMAYYADI AL POTERE
INIZIA LA GRANDE  LOTTA

(ANNI 660-750)

 

ARABIA - Ormai erano falliti  tutti i tentativi di risolvere prima con l'arbitrato ad Adruh, e poi con due battaglie (del Cammello e del Corano) la successione del califfato fra Alì (che califfo lo era già perché era stato nominato dopo l'assassinio di Othman) e Mu-Hawiya il bravo generale che fin da quel giorno al califfato invece ha posto la sua candidatura accusando il genero di Maometto di connivenza con gli assassini di Othman, anche perchè Mu-Hawiya era della stessa tribù di Othman, dei Omayyadi, quelli  in eterna lotta con i Quarayshiti di Alì e prima ancora dello stesso Maometto quando il Profeta prima a Medina poi alla Mecca aveva fortemente contrastato la potente famiglia meccana.

Alì pur vincendo gli avversari nelle due battaglia accennate sopra, aveva abbandonato la capitale Medina, luogo di sepoltura di Maometto e dov'era nato con i medinesi  l'Islam, e si era spostato in Iraq ad Al-Kufa.
Mentre Mu-Hawiya forte del suo esercito in Siria e contando anche sull'appoggio dell'Egitto caduto in mano del suo collega generale Amr,  nel luglio dello scorso anno a Gerusalemme si era già fatto proclamare Califfo.

Alì in parte aveva vinto, ma si ritrovava con metà impero, aveva contro la vedova di Maometto A-isha, e aveva contro perfino suo figlio Asar. Quest'ultimo considerando il padre ormai fuori gioco dal califfato, si era fatto convincere da Mu-Hawiya ad accettare un congruo indennizzo se rinunciava a quella che si presentava come una successione per nulla certa e ad alto rischio. 
Inoltre Alì anche nel suo stesso gruppo aveva membri della setta dei KHARAGTI (*), gruppo estremistico musulmano che accusavano gli ultimi quattro califfi (compreso Alì) di essersi allontanati e avere snaturati gli insegnamenti del Corano. 
E fu proprio un seguace di questo gruppo, a colpire con una sciabola avvelenata Alì mentre si recava a pregare alla moschea  di Al-Kufa.
Alì muore così assassinato quasi allo stesso modo del suo predecessore Othman.

E se prima gli Omayyadi covavano rancori e vendette nei confronti dei Quarayshiti considerati gli assassini di Othman, ora di rimando sono i Quarayshiti  a covare rancori e vendette per l'assassinio di Alì.
La sciabolata quindi non provocò solo la morte di Alì, ma provocò la divisione del mondo islamico in due grandi correnti, i
SUNNITI e gli SCIITI. Da allora sempre  in conflitto. 

SUNNITI = ortodossi che si attengono ai precetti della Sunna  ossia quella raccolta di precetti legali di regole e di leggende supplementari orale del Profeta Maometto, dei suoi Compagni e dei primi quattro califfi. I sunniti sostengono che solo questi quattro sono i legittimi successori di Maometto e che gli Omayyadi e gli Abbasidi erano califfi di fatto ma non di diritto.

SCIITI = corrente che riconosce soltanto Alì e i suoi discendenti (Alidi) come legittimi califfi. A sua volta la setta si divise in vari rami, il principale dei quali è quello degli Imanii

Più tardi prima ancora dello sfacelo dell'impero arabo (tuttavia più tardi il Corano diventò la religione ufficiale dell''Iran) gli stessi Iranici (quasi totalmente di corrente Sciita) pur restando come religione islamizzati, si allontanarono dall'arabismo, tornando a usare l'antico idioma persiano, caratteristico della terra degli Arii. Creando così una frattura maggiore con il mondo arabo, arabico-siriano, ma anche all'interno della stessa ex Persia con gli esasperati nazionalismi di una miriade di minoranze etniche.
 
Ricordiamo che il nome Iran è recente fu introdotto solo nel 1935 - E i Persiani in senso stretto vanno considerati gli abitanti originari del Fars, la regione sudoccidentale dell'attuale Iran con capoluogo Shiraz, presenti attualmente in tutta l'area centrale del paese. Parlano il neopersiano o farsi che appartiene alla famiglia linguistica indoeuropea ed è la lingua ufficiale dello stato, anche se è libero l'uso delle lingue autoctone. 
Vengono poi gli Azeri nell'Iran nordoccidentali e turcofoni; i Curdi stanziati lungo il confine dell'Iraq e la Turchia; i Baluci lungo i confini con il Pakistan e l'Afghanistan meridionale;  gli Armeni presenti nelle principali città e nella regione nordoccidentale; e altri gruppi che vanno dallo 0,9 al 1,9 per cento in "isole" dentro in territorio o presenti dentro i territori sopra accennati
Come religione l'Iran rimase sempre di religione islamica Sciita, e nel 1979 la nuova Costituzione la definiva religione di stato, anche se, per la prima volta nella storia del paese, i diritti dei credenti Sunniti erano ufficialmente riconosciuti.

Dunque, dopo la morte di Alì, Mu-Hawiya viene proclamato califfo e sposta definitivamente la capitale in Siria, a  Damasco. Governerà per venti anni, come ottimo principe, e con tanta saggezza nel tenere unite le varie tribù. I problemi inizieranno a sorgere dopo la sua morte, avvenuta il 18 aprile 680, quando l'attrazione delle ex regioni persiane, attireranno ancora di più a oriente il cuore dell'islam, creando dopo alcuni decenni (nel 750) la potente dinastia degli ABBASIDI che inizialmente aiutati dagli Alidi, governeranno l'Islam da Baghad la loro nuova capitale, fino alla fine dell'impero arabo (1258).

E se l'epoca degli Abbasidi segnò l'affermarsi ai vertici della società islamica dell'elemento iranico sul piano culturale e di quello turco a livello militare, il predominio dell'arabismo andò gradualmente attenuandosi fino quasi a estinguersi quando cadde l'ultima testa di quella potente dinastia degli Abbasidi, che aveva dato 37 califfi all'Islam. 
Poi venne il definitivo colpo di grazia con i mongoli.

(*) KHARAGITI - Il movimento era già nato nel conflitto tra Alì e Mu-Hawiya dopo l'uccisione di Othman. Ma dall'uccisione dello stesso Alì sboccò ben presto in un intransigente estremismo politico-religioso; a un severo rigorismo morale e a una concezione schiettamente democratica della società musulmana, esso univa un odio fanatico contro l'autorità costituita e la maggioranza tutta ortodossa, fondatasi a suo giudizio sull'errore teologico e sul peccato, la considerava perciò alla stregua degli infedeli, da combattere e sterminare senza pietà. Lo stesso Mu-Hawiya si faceva definire khalifat Allah, "califfo di Dio" e di essere depositario del "vicariato di Dio" in Terra.

Tuttavia Damasco con Mu-Hawiya, e i novant'anni che seguirono degli OMAYYADI, rappresentano la massima affermazione del popolo arabo nella storia dell'Islam, la massima unità politica da esso fondata e diretta, la maggiore espansione culturale entro i quadri della propria compagine etnica, destinati però a essere rotti e superati, in una islamizzazione culturale di più stirpi, nell'età seguente con gli Abbasidi. La schietta arabicità della dinastia Omayyadi soerta a Damasco è orgogliosa di essere Araba pura, anche se iniziano a tuffarsi nelle irrequiete discordie, nelle lotte fra tribù, nelle gare fra individui, nelle lotte civili.

La prima è stata questa di ALI' contro MU-HAWIYA; la seconda la troveremo nel 680 quando morirà  lo stesso Mu-Hawiya; prenderà il califfato suo figlio adottivo YAZID, ma dovrà subito combattere e sarà ucciso. Nasceranno due califfati arabi.
La terza nel 693 con ABD-AL-MALIK contro ABDALLAH quando nella stessa Medina e alla Mecca la dinastia di Maometto e Ali cessa di esistere.

Lotte ma anche un certo equilibrio -frutto di sofferti compromessi- fra la libera, anarchica  vita della società preislamica e la monarchia assoluta già a carattere orientale. Un equilibrio che non durò a lungo;  travolto dall' irriducibile particolarismo tribale interno non seppe poi l'egemonia araba-siriana difendersi dai nemici esterni che non attendevano altro che un loro indebolimento per abbatterli.

Con la caduta degli Omayyadi, fu la libera vita politica degli stessi Arabi a essere spazzata via. E più che i fatti storici -non sempre fedeli perchè riportati dai vincitori- ci resta la poesia e la letteratura araba di questo periodo, e poi quella successiva degli Abbasidi, che rispetto alla prima non esprimerà più certe passioni nella vita pubblica.

Per tutto il secolo omayyade (periodo dei califfi di Damasco) il Kharigismo fu quindi una piaga della vita civile soprattutto in Siria, in Arabia e nell'Iraq, in un incessante pullulare di rivolte, di atti terroristici, che misero talvolta a dura prova le capacità politiche e militari dei governatori. Gesta di incredibile audacia, sprezzo della morte, eroismo, si mescolavano a crudeltà efferate, sino al massacro indiscriminato di donne e bambini "infedeli".

(Non nuove anche nella storia storia occidentale. Sono quei fenomeni di mistico fanatismo religioso con tutti quegli oscuri enigmi di un non tanto remoto passato. Mistica e fanatismo, sete di martirio, animavano quegli uomini - asceti, guerriglieri, re, principi e papi- dalle  mani insanguinate,  con lo spirito proteso verso un ideale celeste - vedi le Crociate, le Notti di San Bartolomeo ecc. ecc.).
Quelli, come questi arabi, cosa davano in cambio del fanatismo e del martirio? I premi eterni, non i beni di questo mondo. I papi rimbrottavano i re, gli imperatori e i principi di poco attivismo, spronavano i pavidi, e indicavano come esempio da seguire i caduti nelle battaglie della fede, e la giustificazione era "Dio lo vuole!" oppure la "guerra contro gli infedeli è santa!".

Anche nella poesia araba di questo periodo scrivevano le stesse cose "... Di giorno, sono leoni della macchia in battaglia, ma al cadere della notte, vegliano ritti in preghiera...".

Ma prima del crollo degli omayyadi, gli appelli dei poeti attenti agli eventi non mancavano nel vedere nelle discordie una follia e un suicidio dell'Islam-arabico, e lanciavano profetici appelli:
"In nome di Dio vi scongiuro dal suscitar guerre intestine, che si levan torreggiando come monti, e poi si abbattono/ L'umanità è stanca del vostro dominio: afferratevi al pilastro della fede, e sappiate frenarvi! / Non date in pasto voi stessi ai lupi tra il popolo; i lupi cui si offre carne in pasto vi si gettano su./ Non vi sventrate con le vostre stesse mani: dopo, nessun cordoglio, nessun disperarsi servirà più!" ( Abbas ibn al-Walid).

E pochi anni dopo un altro grido di allarme dal fedele governatore  del Khorasan, Nasr ibn Sayyar: "Veggo tra le ceneri un lampeggiar di brace, vicina ormai divampare./ Con i due legnetti si accende il fuoco, e semplici parole sono il principio della guerra./ Se non spegnete quel fuoco, frutterà una guerra feroce, da far incanutire l'adolescente./ Dico sbalordito -potessi io sapere, se dormono i Banu Umayya (gli omayyadi) o se son desti!/ Che se i nostri si sono addormentati, "sorgete, grida, è l'ora di sorgere"./ E tu fuggi, o donna, dalle tue case, e proclama: è finita per l'Islam, è finita per gli Arabi!".

E se non per l'Islam, per gli Arabi come direttiva forza politica fu finita davvero con l'avvento della dinastia Abbaside. Tuttavia dalla loro sede di Baghdad (e, per alcuni decenni, da quella di Samarra) fra il 750 e il 1258, ressero il mondo islamico. Non tennero in alcun conto le pretese "legittimistiche" della Famiglia del Profeta che si era illusa di governare con l' Umma islamica.
La rottura era inevitabile e saranno gli abbasidi a far nascere il movimento islamico alternativo che sarà definito "sciita".

Primo organizzatore fu Abu Ja-far (al-Man-ur), a lui (754-775) si deve la fondazione di Baghdad (Madinat al-Salam, "Citttà della pace") nell'area mesopotamica. I cinque secoli della dinastia abbaside nell'Iraq coincidono con la maggior fioritura della civiltà arabo-musulmana. A Baghdad nacquero le prime università, i policlinici di stato, "La casa della scienza", le grandi biblioteche con la raccolta di testi dell'antichità in tutte le lingue (quindi latine e greche, mesopotamiche, egizie). I crociati, cioè gli occidentali, quando scoprirono questo mondo ("degli infedeli") ci scoprirono tutto "l'oro della sapienza, della scienza e della filosofia" di 3000 anni di scrittura. Al ritorno furono quesi testi antichi a far cambiare l'occidente, da mille anni immerso nell'oscutità dei "secoli bui").

Gli eventi li vedremo nei prossimi anni. Gli omayyadi hanno appena iniziato a governare. Daranno quattordici califfi Arabi. 
Abd al-Malik (che "sorse" come voleva il poeta) riuscì a vincere i kharigiti e gli sciiti riconquistando l'Iran e lo Higiaz restaurando l'impero islamico. Poderosa fu poi la campagna di conquiste; l'espansione arabo-islamica raggiunse a oriente le rive dell'Indo e a occidente la Spagna.
Ma ben presto cominciò a manifestarsi una certa reazione dei popoli sottomessi contro l'eccessivo potere goduto dall'elemento arabo, e che dopo la conversione della maggior parte dei conquistati all'Islam, non lo giustificavano più dal punto di vista religioso.

La rapida decadenza degli omayyadi fu favorita dalla mediocrità dei successivi califfi e da un continuo inasprirsi delle discordie interne. In breve in tutto il vasto dominio serpeggiò la rivolta, che trovò il suo esito risolutivo quando Marwan II non riuscì a impedire che Abu l'Abbas ("il sanguinario") si proclamasse califfo (anno 750). Oltre che uccidere Marwan , Abu massacrò tutti gli omayyadi superstiti.

Con l'ascesa degli Abbasidi l'elemento iranico dell'impero islamico assume il predominio a scapito di quello arabo-siriano omayyadi.
La Siria -compresa Damasco- si sottometterà agli Abbasidi; ma non riconosceranno il nuovo califfo gli arabi in Spagna e in 'Africa Settentrionale. Durante le grandi dispute in oriente, quelli in occidente si erano resi indipendenti e proclamati califfi.

Tutta la storia islamica dalla caduta degli omayyadi, prenderà un corso diverso nei successivi cinque secoli. Fin quando la stessa situazione di lotte interne e di decadenza che si era creata ora con gli omayyadi, si presenterà agli Abbasidi, quando a imporsi e a tagliar a loro le teste furono poi i Turchi.

FINE

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