INTRODUZIONE

Evoluzione dell'età attuale. - I grandi cambiamenti di incivilimento sono la conseguenza di cambiamenti nel pensiero dei popoli. - La moderna credenza nella potenza delle folle, e com'essa trasforma la politica tradizionale degli Stati. - Come si produce l'avvento delle classi popolari e come si esercita la loro potenza. - Conseguenze necessarie della potenza delle folle. Esse non possono esercitare che un'azione distruttiva. - Come per esse si compie la dissoluzione delle civiltà troppo vecchie. - Ignoranza generale della psicologia delle folle. - Importanza dello studio delle folle: per i legislatori e gli uomini di Stato.

 

I grandi sovvertimenti che precedono i cambiamenti di civiltà, sembrano, di primo acchito, determinati da trasformazioni politiche considerevoli : invasioni di popoli o rovesciamento di dinastie. Ma uno studio attento di tali avvenimenti rivela, più comunemente, come causa reale, dietro le cause apparenti, una modificazione profonda nelle idee dei popoli. I veri sconvolgimenti storici non sono quelli che ci stupiscono con la loro grandiosità e violenza. Gli unici mutamenti importanti, quelli da cui scaturiscono rinnovamenti di civiltà, si operano nelle opinioni, nelle concezioni e credenze. Gli avvenimenti memorabili sono gli effetti visibili degli invisibili cambiamenti dei sentimenti degli uomini. Se essi raramente si manifestano, si è che il fondo ereditario dei sentimenti di una razza è il suo elemento più stabile.

L'epoca attuale costituisce uno dei momenti critici in cui il pensiero umano è in via di trasformazione.


Due fattori fondamentali sono alla base di questa trasformazione. Il primo è la distruzione delle credenze religiose, politiche e sociali da cui derivano tutti gli elementi della nostra civiltà. Il secondo, la creazione di condizioni d'esistenza e di pensiero interamente nuovi creati dalle moderne esigenze delle scienze e dell'industria.

Le idee del passato, benchè scosse, essendo ancora potentissime, e quelle che dovranno sostituirle non essendo che in via di trasformazione, l'età moderna rappresenta un periodo di transizione e d'anarchia.
Da un tal periodo, necessariamente un po' caotico, non è facile dire per ora ciò che un giorno potrà scaturire. Su quali idee fondamentali si edificheranno le società che seguiranno alla nostra ? Lo ignoriamo ancora. Ma, fin da ora, si può prevedere che, nella loro organizzazione, esse avranno a che fare con una nuova potenza, ultima sovrana dell'età moderna: la potenza delle folle.
Sulle rovine di molte idee, già tenute per vere e oggi morte, sulle rovine di molti poteri, via via spezzati dalle rivoluzioni, questa forza è l'unica che si sia innalzata, e par voglia assorbire ben presto le altre. Mentre le nostre antiche credenze vacillano e scompaiono, e le vecchie colonne a mano a mano sprofondano, l'azione delle folle è l'unica forza non minacciata e il cui prestigio ogni giorno si accresce. L'epoca in cui entriamo, sarà veramente l' Era delle folle.
Or è appena un secolo, la politica tradizionale degli Stati e le rivalità dei principi costituivano i capitali fattori degli avvenimenti. Quasi sempre, l'opinione delle folle non contava. Oggi le tradizioni politiche, le tendenze individuali dei sovrani, le loro rivalità, pesano poco. La voce delle folle è diventata preponderante. Detta ai re la loro condotta; e non più nei consigli dei principi, ma nell'anima delle folle, si preparano i destini delle nazioni.

L'assunzione delle classi popolari alla vita politica, la loro progressiva trasformazione in classi dirigenti è una delle caratteristiche più profonde della nostra epoca di transizione. Tale avvento non è stato veramente portato dal suffragio universale che tanto poco ha influito per lungo tempo e in senso tanto facile agli inizi.

L'origine della potenza delle folle si è dapprima verificata per il propagarsi di certe idee lentamente radicatesi negli spiriti, poi per la graduale associazione degli individui che porta alla realizzazione di concezioni un tempo teoriche. L'associazione ha permesso alle folle la formazione di idee, se non giustissime, per lo meno ben decise nei loro interessi e di assumere coscienza della loro forza. Esse fondano dei sindacati dinanzi ai quali tutti i poteri capitolano, borse del lavoro che, a dispetto delle leggi economiche, tendono a governare le condizioni del lavoro e del salario. Inviano nelle assemblee governative rappresentanze prive di ogni iniziativa, di ogni indipendenza, e ridotte, il più delle volte, a essere semplici portavoce dei comitati che le hanno scelte.

Oggi le rivendicazioni delle folle si fanno sempre più precise, e tendono a distruggere dalle basi la società attuale, per ricondurla a quel comunismo primitivo che fu lo stato normale di tutti gli aggregati umani prima dell'aurora della civiltà. Limitazione delle ore di lavoro, espropriazione delle miniere, delle ferrovie, delle officine e della terra; ripartizione equanime dei prodotti, eliminazione delle classi superiori a vantaggio delle classi popolari, ecc. Tali sono queste rivendicazioni.

Poco atte al ragionamento, le folle si mostrano invece adattissime all'azione. L'attuale organizzazione conferisce ad esse una forza immensa. I dogmi che noi vediamo nascere acquisteranno ben presto la potenza dei vecchi dogmi, vale a dire la forza tirannica e sovrana che mette al sicuro dalla discussione. Il diritto divino delle folle sostituisce il diritto divino dei re.

Gli scrittori favoriti della nostra borghesia, e che meglio rappresentano le sue idee un po' anguste, le sue vedute un po' corte, il suo scetticismo un po' sommario, il suo egoismo a volte eccessivo, si impauriscono dinanzi al nuovo potere che essi vedono aumentare, e, per combattere il disordine degli spiriti, rivolgono i loro disperati richiami alle forze morali della Chiesa, un tempo da loro disdegnata. Parlano del fallimento della scienza, e ci rammentano gli insegnamenti delle verità rivelate. Ma questi nuovi convertiti dimenticano che se la grazia li ha veramente toccati, essa non potrebbe avere la stessa potenza su anime poco preoccupate dell'altra vita. Oggi le folle non vogliono più gli dei che i loro vecchi maestri avevano già rinnegato e infranto. I fiumi non risalgono verso la sorgente.

La scienza non é incorsa in nessuna bancarotta e nulla teme dall'attuale anarchia degli spiriti né dalla nuova potenza la quale, in mezzo a questa anarchia, si accresce. Essa ci ha promesso la verità, o almeno la conoscenza delle relazioni accessibili alla nostra intelligenza; non ci ha mai promesso né la pace, né la tranquillità. Sovranamente indifferente ai nostri sentimenti, non ode le nostre suppliche e nulla varrebbe a far rivivere le illusioni che essa ha fatto dileguare.

Sintomi universali mostrano in tutte le nazioni il rapido accrescersi della potenza delle folle. Qualunque cosa ci apporti, dobbiamo subirla. Le recriminazioni non sarebbero che vane parole. L'avvento delle folle segnerà forse una delle ultime tappe delle civiltà occidentali, un ritorno verso quei periodi di incerta anarchia che preludono al sorgere delle nuove società. Ma come impedirlo ?

Fino a qui le grandi distruzioni di vecchie civiltà hanno costituito il compito più chiaro delle folle. La storia insegna che nel momento in cui le forze morali, impalcatura di una società, hanno perduto la loro efficacia, la finale dissoluzione é effettuata da quelle moltitudini incoscienti e brutali giustamente qualificate barbariche. Le civiltà sono state, fin qui, create e guidate da una piccola aristocrazia intellettuale, mai dalle folle. Queste non hanno che la forza di distruggere. La loro dominazione rappresenta sempre una fase di disordine. Una civiltà implica regole fisse, disciplina, passaggio dall'istintivo al razionale, previdenza dell'avvenire, un grado elevato di cultura, condizioni totalmente inaccessibili alle folle abbandonate a se stesse. Per la loro potenza unicamente distruttiva, esse operano come quei microbi che aiutano la dissoluzione dei corpi debilitati o dei cadaveri. Quando l'edificio di una civiltà é infestato di vermi, le folle compiono la distruzione. Allora si rivela la loro funzione. Per un istante, la forza cieca del numero diventa la sola filosofia della storia.
Avverrà lo stesso per la nostra civiltà ? C'è da temerlo, ma lo ignoriamo ancora.

Poiché delle mani imprevidenti hanno via via rovesciato tutte le barriere che potevano contenere le folle, rassegniamoci a subire il loro dominio. Gli psicologi professionisti, vissuti lontano da loro, le hanno sempre ignorate, e non se ne sono occupati che dal punto di vista dei delitti che esse possono commettere. Le folle criminali esistono senza dubbio, ma vi sono anche folle virtuose, folle eroiche e anche molte altre. I delitti delle folle non costituiscono che un caso particolare della loro psicologia, e ciò non farebbe conoscer meglio la loro costituzione mentale di quel che si possa conoscere quella di un individuo, descrivendone soltanto i vizi.

A dire il vero, i padroni del mondo, i fondatori di religioni o di imperi, gli apostoli di tutte le credenze, i più grandi uomini di Stato, e, in una sfera più modesta, i semplici capi di piccole collettività umane, sono stati sempre psicologi incoscienti, che avevano dell'anima delle folle una conoscenza istintiva, spesso sicurissima. Conoscendola bene, ne sono facilmente diventati i padroni. Napoleone penetrava meravigliosamente la psicologia delle folle francesi, ma a volte disconobbe completamente quella delle folle di razze differenti (*).
(*) I suoi più sottili consiglieri, non la compresero di più. Talleyrand gli scriveva che « la Spagna avrebbe accolto come liberatori i suoi soldati ». Invece li accolse come bestie feroci. Uno psicologo, edotto degli istinti ereditari della razza, avrebbe potuto facilmente prevederlo.


Questa ignoranza gli fece intraprendere, specialmente in Spagna e in Russia, delle guerre che prepararono la sua caduta.
La conoscenza della psicologia delle folle costituisce la risorsa dell'uomo di Stato che vuole non governarle - ciò é diventato assai difficile - ma per lo meno non essere troppo governato da esse.

La psicologia delle folle mostra a qual punto le leggi e le istituzioni esercitano scarsa azione sulla loro natura impulsiva e come esse siano incapaci d'avere qualsiasi opinione al di fuori di quelle che sono loro suggerite. Delle regole derivate dalla pura equità teorica, non saprebbero condurle. Soltanto le impressioni fatte nascere dalla loro anima, possono sedurle. Se un legislatore vuole stabilire, ad esempio, una nuova imposta, dovrà scegliere la più giusta teoricamente? Niente affatto. La più ingiusta potrà essere praticamente la migliore per esse, se tale imposta é in apparenza meno visibile e onerosa.
E così, che un'imposta indiretta, anche esorbitante, sarà sempre accettata dalla folla. Essendo giornalmente prelevata su oggetti di consumazione, a frazione di centesimo, non preoccupa le sue abitudini e suscita poca apprensione. Sostituitela con un'imposta proporzionale sui salari o altri redditi, da pagarsi in un unico versamento, foss'anche dieci volte meno oneroso dell'altro, essa solleverà unanimi proteste.

Ai centesimi invisibili di ogni giorno si sostituisce, infatti, una somma totale relativamente elevata, destinata a impressionare. Essa passerebbe inosservata se fosse stata messa da parte soldo per soldo; ma questo procedimento economico rappresenta una dose di previdenza del quale le folle sono incapaci.

L'esempio citato mostra in modo lampante la loro mentalità. Essa non era sfuggita a uno psicologo come Napoleone; ma i legislatori, ignorando l'anima delle folle, non saprebbero comprenderla. L'esperienza non ha loro ancora abbastanza insegnato che gli uomini non si guidano mai con le prescrizioni della pura ragione.

Molte applicazioni potrebbero essere fatte in proposito. La conoscenza della psicologia delle folle getta una viva luce su una quantità di fenomeni storici ed economici totalmente incomprensibili senza di essa. Non foss'altro che per pura curiosità, lo studio di tale psicologia meriterebbe di essere tentato. Investigare i moventi delle azioni degli uomini é interessante quanto studiare un minerale, una pianta.

Il nostro studio dell'anima delle folle non potrà essere che una breve sintesi, un semplice riassunto delle nostre ricerche. Bisogna accontentarsi soltanto di qualche suggestivo aspetto della questione. Altri scaveranno di più il solco. Per intanto noi non faremo che tracciarlo su un terreno ancora inesplorato (*).

(*) I rari autori che si sono occupati dello studio psicologico della folla, l'hanno esaminata - lo dicevo più sopra - unicamente dal punto di vista criminale. Non avendo consacrato a quest'ultimo soggetto che un breve capitolo, rimanderò i lettori agli studi del Tarde e all'opuscolo dei Sighele: "Le folle criminali". Quest'ultimo lavoro non contiene un'idea soda dell'autore, ma é una compilazione di fatti preziosi per gli psicologi. Le mie conclusioni sulla delinquenza e la moralità della folla sono, del resto, completamente contrarie a quelle dei due scrittori or ora citati.
Nelle mie opere, e specialmente ne La psicologia del Socialismo, si troverà qualche conseguenza delle leggi che governano la psicologia delle folle. Tali conseguenze possono, del resto, essere utilizzate nei soggetti più disparati. Gevaert, direttore del Conservatorio reale di Bruxelles, ha trovato recentemente una notevole applicazione delle leggi da noi esposte in un lavoro sulla musica, assai giustamente da lui qualificata «arte della folla». « Sono state le vostre due opere - mi scriveva quell'eminente professore, inviandomi il suo lavoro - a darmi la soluzione di un problema considerato fin qui come insolubile: l'attitudine grandissima di ogni folla a sentire un'opera musicale recente o antica, indigena o straniera, semplice o complicata, purché essa sia prodotta da una esecuzione e da esecutori diretti da un capo entusiasta". Il Gevaert dimostra ammirevolmente perché "un'opera rimasta incompresa (perchè poco estetica) a musicisti emeriti che lessero lo spartito nella solitudine del loro studio, é poi afferrata di colpo da un uditorio privo di ogni cultura tecnica". Egli spiega inoltre assai bene perché queste impressioni estetiche non lasciano alcuna traccia.


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