HITLER INVADE L'AUSTRIA

QUEL 25 OTTOBRE ! (1938) DI MUSSOLINI

3 MAGGIO 1938. Sono passati solo pochi giorni dall'invasione e annessione dell'Austria.  Hitler fa la sua visita ufficiale a Mussolini in Roma. La capitale lo accoglie con una parata memorabile. La città in una coreografia da Mille e una Notte viene illuminata a giorno, la folla é oceanica in tutte le manifestazioni che si fanno in suo onore, e Mussolini in ogni suo discorso esalta le tante affinità che lo legano a Hitler, soprattutto quelle che legano il nazismo al fascismo e conferma la determinazione a marciare fino in fondo con lui e... "come" lui (il come lo sta però pensando da solo senza chiedere al "caporale").

Infatti diciotto giorni dopo l'invasione dell'Austria condotta personalmente da Hitler, Mussolini deve aver provato invidia per questo "nuovo condottiero" alla testa del suo esercito, e dalla Camera, poi dal Senato e perfino dal Consiglio di Stato, fa approvare un nuovo ordinamento che modifica lo Statuto Albertino.
Cosa che fa mandare su tutte le furie il "piccolo" Vittorio Emanuele III (terzo), che cosi' diventa pure sulla scena politica piccolo, e di fatto anche il "terzo" incomodo alla grande parata del "primo" e del "secondo" attore. Insomma una nullità, e molti, ai ricevimenti e alle sfilate notano la sua insofferenza. Come si nota anche l'assenza plateale da Roma del Papa, partito tre giorni prima per Castelgandolfo per non dover subire il fastidioso incontro con chi sta portando avanti e sta trapiantando anche in Italia le leggi razziali antiebraiche; tanto che la Santa Sede prenderà contatti perfino con gli antifascisti comunisti.

Davanti al Colosseo, il Duce, questa volta è lui emulo di Hitler che ha inventato il suo "passo dell'oca", fa sfilare le truppe nella nuova "Via dell'Impero" con il nuovo "passo romano". Ma non basta la parata dei soldatini per far cessare l'inquietudine che cresce e con la palese tensione che sta aumentando: sta avviando l'Italia - questo tutti lo capiscono-  verso un conflitto generale, visto che dopo l'Austria sorge subito la questione della Cecoslovacchia.

La giustificazione ufficiale di Hitler era la necessità di difendere la minoranza tedesca che abitava in territorio cecoslovacco dalle continue angherie e soprusi di cui era fatta oggetto, ma l'obiettivo primario restava la distruzione dello stato cecoslovacco, un paese evoluto dal punto di vista industriale e militare. Per raggiungere il suo scopo Hitler fornì aiuti concreti al leader filonazista della minoranza tedesca dei Sudeti, Konrad Henlein, fondatore del Partito tedesco dei Sudeti, che cercò di mettere in crisi il governo ceco avanzando pretese di autonomia e facendo leva su un sempre più diffuso sentimento pangermanista, espresso nel grido di battaglia " Ein Volk, ein Reich, ein Führer! ".

La "storia" dei Sudeti  in breve è questa: Piccoli  gruppi  di miseri contadini di origine tedesca si erano stanziati fin dal periodo della Riforma, nelle regioni montuose di frontiera della Boemia Cecoslovacca. Poi a partire dal XVIII secolo, assecondati dagli Asburgo, su questo territorio, ininterrottamente,  vi emigrarono in massa, e da  minoranza che erano, presto divennero una maggioranza col nome non di Boemi (la regione) o Cechi (la nazione), ma si scelsero un nome: Sudeti (come la zona montuosa del territorio occupato con l'emigrazione - un'area  di circa 300  per 60 km, con monti, valli e altipiani, sede di alcune miniere). Da etnicamente mista, la zona si trasformò presto  etnicamente tedesca, fino al punto di influenzare e poi  avere la padronanza  locale, spodestando così gli amministratori, le tradizioni, la lingua e la  cultura ceca. Questa incessante migrazione e conseguente modificazione etnico-culturale del territorio,  alla fine causò attriti, e nella seconda metà del Novecento divamparono violente lotte nazionaliste ceche, che però si spensero durante il conflitto della prima guerra mondiale con l'impero asbugico smembrato.
A Versailles, il 28 giugno 1919, le Potenze vincitrici della Grande Guerra decisero di punire la Germania, imponendole, oltre a sanzioni economiche e al disarmo quasi totale, pesanti perdite territoriali. Il "trattato" (subito definito dai tedeschi "diktat" - imposizione) prevedeva che passassero alla ricostituita Polonia l'alta Slesia, la Posnania ed una striscia della Pomerania: quest'ultimo territorio, chiamato Corridoio Polacco, aveva lo scopo di garantire alla Polonia uno sbocco sul Mar Baltico e di unirla alla città libera di Danzica, dividendo così la Germania in due parti tra le quali non c'era più continuità territoriale. A trarre vantaggio dalla costituzione di un nuovo ordine europeo oltre alla Polonia fu anche il nuovo stato federale della Repubblica di Cecoslovacchia che raccolse al suo interno insieme ai Boemi e agli Slovacchi anche una minoranza composta da circa tre milioni di Tedeschi, che abitavano appunto la regione dei Sudeti.
La Cecoslovacchia  ottenne così una notevole autonomia, che fece ulteriormente crescere l'immigrazione tedesca. Poi questi sudeti  non si accontentarono solo dell'autonomia, pretesero di più, volevano il distacco dalla Cecoslovacchia, ed iniziarono a combattere per l'indipendenza.

A erigersi paladino di queste pretese  irruppe poi Hitler  intervenendo a difesa del  diritto  del popolo Sudeto.

"Sono pronto a scatenare una guerra pur di liberare i Sudeti". La scatenò!  Morirono così per i Sudeti e per Danzica tanti tedeschi.  Ma  non per dar loro l'indipendenza ma per annettere il territorio alla Germania, e di già che c'era  Hitler  invase l'intera Boemia e la Moravia, per poi proseguire la sua "Guerra Umanitaria" per liberare i tedeschi  a Danzica, un altro pretesto per prendersi  la Polonia, dividerla con gli alleati, che in quella circostanza erano i russi.
 Hitler poi alla fine -come sappiamo- perse tutto. La regione dei Sudeti alla fine della seconda guerra mondiale, venne reincorporata  nella Cecoslovacchia, e in base alle decisioni delle potenze vittoriose, i Sudeti (3 milioni)  furono tutti espulsi  in massa in Germania. Persero tutto. I vincitori per nulla "umani" anche loro, non lasciarono nemmeno quelli che vi erano arrivati quattro secoli prima.
Così i Sudeti furono beffati con il primo intervento  "umanitario", e nuovamente truffati con  il secondo intervento "filantropico".
Si ritrovarono senza la capra e il cavolo! Gli invasori e i liberatori, entrambi li avevano solo usati!

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Hitler riteneva indispensabile un attacco militare alla Repubblica Cecoslovacca, ma temeva la reazione delle potenze occidentali e dell'Unione Sovietica. Infatti la Cecoslovacchia era legata alla Francia e alla Russia da precisi accordi militari che avrebbero imposto alle due nazioni di intervenire in caso di aggressione. Per questo il Führer incaricò il generale Keitel di predisporre un piano di aggressione nei confronti della Cecoslovacchia, valutandone le possibilità di successo: l'intera operazione avrebbe preso il nome di "Piano Verde". Keitel, fedelissimo del Führer, non avrebbe mai osato dare un parere contrario alla sua volontà; osarono invece altri, come il capo di stato maggiore dell'esercito, il generale Ludwig Beck, che sottolineò la temerarietà dell'azione ed il pericolo di scatenare un nuovo conflitto mondiale nel caso in cui la Francia fosse intervenuta, coinvolgendo anche Russia e Inghilterra.

 Intanto la Cecoslovacchia si preparava al peggio e raccoglieva truppe al confine con la Germania, godendo in questa fase dell'appoggio, seppur solo verbale, franco - inglese. La sicurezza mostrata dall'avversario indusse il Führer a sospendere l'attuazione dei propri piani, cosa che spinse la stampa a parlare di un vero e proprio smacco, lo "smacco di Maggio". In realtà Hitler, mentre parlava di pace con l'ambasciatore ceco, attendeva che si chiarisse la posizione effettiva di Francia e Inghilterra, e proseguiva parallelamente i colloqui con i propri generali affermando: "E' mia ferma e irrevocabile intenzione annientare al più presto la Cecoslovacchia con un'azione militare".

Il dissenso del generale Beck, di cui accennavamo sopra, si tradusse addirittura nella proposta di riformare lo stato in senso più liberale pur restando fedele al Führer, ma quando si rese conto di non avere alcuna possibilità contro il carisma ed il potere di Hitler decise di rassegnare le proprie dimissioni per motivi di coscienza. L'opera di Beck produsse comunque qualche frutto perché si venne a creare in seno alle gerarchie militari un fronte occulto contrario al capo supremo della Germania, che poteva annoverare tra le sue fila il tenente colonnello Hans Oster, capo del servizio informazioni della Wehrmacht, il generale Ewald von Kleist e il generale Franz Halder, oltre ad alcuni civili, tra i quali il più importante era l'ex borgomastro di Lipsia Carl Goerdeler, e uomini di chiesa. Questi personaggi diedero vita ad una cospirazione, ritenendo che l'aggressione ormai imminente della Cecoslovacchia avrebbe scatenato la reazione delle potenze occidentali; ciò avrebbe determinato un progressivo indebolimento del consenso popolare nei confronti di quel Führer che aveva trascinato una impreparata Germania in guerra e avrebbe consentito loro di portarlo incatenato davanti ad un tribunale popolare, che lo avrebbe condannato. In realtà i piani dei congiurati erano destinati ad essere resi inattuabili proprio dal comportamento tenuto dalle grandi potenze europee.

L'ambasciatore tedesco a Mosca von der Schulenburg faceva sapere che secondo lui l'Unione Sovietica non sarebbe mai intervenuta a sostegno di uno "stato borghese" come quello cecoslovacco. Inoltre l'URSS riteneva di non essere tenuta a soccorrere la federazione cecoslovacca in base all'accordo militare che legava le due nazioni se non in presenza di un contestuale intervento francese. Dal canto suo la Francia non se la sentiva di imbarcarsi in un'avventura della quale non si potevano conoscere le conseguenze senza che le fosse assicurato il sostegno militare della Gran Bretagna. Qui il primo ministro Neville Chamberlain aveva già da tempo adottato la politica dell'appeasement, in forza della quale cercava di evitare uno scontro aperto con Hitler, accontentandolo in quelle che erano le sue richieste più ragionevoli, anche alla luce del duro trattamento riservato alla Germania a Versailles.
In occasione della crisi cecoslovacca dunque Chamberlain cercò la strada del negoziato a oltranza e dichiarò, mentendo sul fatto che vi fosse una richiesta del governo ceco in tal senso, di voler inviare a Praga un proprio negoziatore nella persona di lord Walter Runciman. Era una mossa che fece chiaramente comprendere ai Francesi che l'Inghilterra non aveva alcuna intenzione di farsi coinvolgere in un conflitto con la Germania. 

Non solo, ma il 13 Settembre 1938 Chamberlain dichiarò, cogliendo di sorpresa lo stesso Hitler, di essere pronto ad incontrare il Führer per trovare una soluzione pacifica alla questione dei Sudeti. L'incontro si svolse il 15 Settembre a Monaco e nel corso del colloquio Hitler, dopo avere affermato di non poter tollerare oltre la tracotanza della Cecoslovacchia e di essere pronto ad affrontare un conflitto mondiale se ciò era inevitabile, si dichiarò disposto ad accettare la mediazione dell'Inghilterra per il passaggio del territorio dei Sudeti alla Germania sancito da un plebiscito. Se da un lato però Hitler ammaliava il primo ministro inglese, convincendolo a soddisfare quella che sarebbe stata "l'ultima rivendicazione" tedesca, dall'altro lato proseguiva nel suo subdolo piano di conquista affidando al capo del Partito tedesco dei Sudeti, Henlein, il compito di organizzare un vero e proprio esercito di sobillatori che provocò vari disordini con diversi morti e feriti. Questi scontri furono il pretesto che la Germania aspettava per schierare ben cinque armate sul confine cecoslovacco.
In questa situazione di grave tensione proseguivano gli sforzi diplomatici con un incontro a Londra tra Edouard Daladier e Georges Bonnet, rispettivamente primo ministro e ministro degli esteri della Francia, ed i loro colleghi inglesi, durante il quale anche i Francesi constatarono che il passaggio dei Sudeti alla Germania era indispensabile per salvaguardare la pace. 

Il tutto era stato deciso senza neppure consultare il presidente della Repubblica di Cecoslovacchia, Edvard Beneš, che, ovviamente, fu costretto ad accettare il sacrificio, pur sentendosi tradito dalle potenze occidentali.
Il 22 Settembre Hitler e Chamberlain si incontrarono nuovamente e il premier inglese rese noto che tutte le nazioni interpellate, Cecoslovacchia compresa, avevano accettato la cessione dei Sudeti alla Germania. Tuttavia, il Führer ora non si accontentava più e dichiarava, di fronte ai nuovi soprusi perpetrati ai danni del popolo tedesco, di avere deciso di occupare immediatamente il territorio dei Sudeti. Il giorno successivo Chamberlain riuscì a strappare al leader tedesco soltanto la concessione di un termine di cinque giorni entro i quali il territorio conteso doveva essere ceduto. Mentre ancora la discussione era in corso, giunse la notizia che, di fronte alle assurde pretese tedesche, Beneš aveva ordinato la mobilitazione generale delle truppe cecoslovacche.

 Indignato, Hitler dichiarò che avrebbe atteso ancora fino al 1° Ottobre, (VEDI IL VIOLENTO DISCORSO CHE ABBIAMO MESSO A INIZIO ANNO) dopodiché avrebbe scatenato l'attacco. La situazione era dunque precipitata improvvisamente proprio quando il più sembrava fatto. Nella sua "partita a carte truccate" il Führer aveva poi ottenuto da parte di Polonia e Ungheria, paesi confinanti con la Cecoslovacchia, l'assicurazione che non sarebbero intervenute in caso di attacco tedesco. Anzi, la Polonia arrivò addirittura a presentare a sua volta un ultimatum alla Repubblica Cecoslovacca, in forza del quale ottenne verso la fine di settembre l'annessione al proprio territorio del distretto di Teschen, contribuendo ad accrescere la tensione e la pressione sui governanti cecoslovacchi.


Il 26 Settembre
Hitler fa la sua seconda mossa. Manda un ultimatum alla Cecoslovacchia rivendicando l'annessione alla Germania della zona Sudeta, minacciando in caso negativo una invasione militare del paese, come in Austria.
Francia (che ha un patto con la Cecoslovacchia) e Gran Bretagna temporeggiano, si sfiorano i limiti della legalità alla luce del buon senso, ma tergiversano tutti, esitano e promuovono inutili incontri; un disimpegno non senza motivo, forse dettato dalla prudenza; infatti intervenire significherebbe aprire un conflitto senza precedenti, visto che quasi tutte le nazioni europee ormai formano due blocchi in contrapposizione e la scintilla di uno solo incendierebbe l'intera Europa.
A stemperare la tensione e a fare da paciere viene incaricato Mussolini per le sue buone relazioni con Hitler, che..........

il 29 Settembre a Monaco alla conferenza dove sono presenti quasi tutte le nazioni interessate riesce a far stipulare delle intese ai due litiganti; la Cecoslovacchia alla fine cede una fetta di territorio alla Germania. La questione sembra finita.
Ma la conferenza di Monaco non aveva assolutamente risolto i problemi europei, li aveva semplicemente solo occultati sotto il velo di una falsa pace che aveva illuso i più. Non si illuse invece Winston Churchill che commentò così i patti di Monaco: "Potevano scegliere fra il disonore e la guerra. Hanno scelto il disonore e avranno la guerra ". Ma ancora più grave fu la totale indifferenza mostrata dalle democrazie di fronte alla successiva dissoluzione della Repubblica di Cecoslovacchia organizzata dal Reich. Infatti essa ebbe gravi conseguenze non solo dal punto di vista dell'immagine e del morale, ma anche e soprattutto dal punto di vista militare, visto che la Germania poté appropriarsi dei moderni armamenti cecoslovacchi e di importanti risorse di materie prime, rafforzandosi notevolmente. Se prima, forse, era ancora possibile rallentare l'azione del Führer, l'iniezione di fiducia derivante dal successo ottenuto in Cecoslovacchia rese l'intervento delle altre nazioni praticamente impossibile. Del grave errore si resero conto gli stessi Chamberlain e Daladier, abbandonando la politica dell'appeasement fino ad allora seguita. Ma ormai era tardi: Hitler aveva iniziato la programmata espansione verso est, che sarebbe stata fermata soltanto con la più tragica e sanguinosa guerra mondiale.

Mussolini alla fine della conferenza si era guadagnato davanti ai capi di stato europei, il titolo di "uomo della pace". In Italia il suo rientro fu fatto oggetto di grandi ovazioni, però dalla folla sola, perchè ben altro era il clima in altri ambienti dove si avvertiva che qualche crepa nel regime si stava verificando; il primo ad avvertirla é proprio Mussolini.

QUEL 25 OTTOBRE !

25 Ottobre - Che il consenso alla politica estera italiana e quindi allo stesso fascismo stia calando in una grande fascia della borghesia italiana che appare ora molto preoccupata,  deve essere ben evidente, visto che  Mussolini si scaglia contro di loro;  senza tanti preamboli e morbidezze grida : "quel mezzo milione di vigliacchi borghesi che si annidano nel nostro Paese" (In Italia i borghesi sono appunto circa mezzo milione! Non ci sono dunque errori!)
In settembre di questi discorsi ne aveva già fatti nel Veneto, e anche qui si era scagliato contro la borghesia "colpevole di restare fredda e indifferente di fronte al grande rinnovamento morale e ai sacrifici imposti dal regime al paese", e confermò il pieno appoggio a Hitler, giustificando in qualche modo  il suo comportamento sull'Austria e sulla Cecoslovacchia.
Ai borghesi sta bene anche questo: una guerra porta distruzioni, e queste nel dopoguerra spesso sono affari più grossi della stessa produzione bellica che in questo periodo è in piena attività nelle grandi industrie. L'esperienza positiva (molto lucrativa) le grandi industrie l'hanno già fatta due decenni prima.

Oltralpe i rifugiati antifascisti "sentono" l'opportunità di aggregarsi, intervenire, fare una unità di forze, convinti che questo é il momento piu' debole del fascismo nella sua storia. ANGELO TASCA dei socialisti é quello che capisce meglio di tutti la situazione in Italia; tasta il polso al Paese e misura la febbre di un male che sta diffondendosi in certi ambienti (che dalle parole di Mussolini lette sopra non ci sono più dubbi quali sono); tanto che avanza l'idea (quindi ha capito benissimo) di collaborare con le forze anti borghesi (!) e con quell'antifascismo rimasto latente ma che in questa fase negativa sta ora riemergendo. NENNI e SARAGAT sono contrari, seguono la tradizione, quella popolare (sembra di essere ritornati a Carlo Alberto)  che invece non può far proprio nulla, l'ideologia fa appannare al popolo la realtà, che invece Tasca con molto realismo ha  intuito.

E' forse questo il momento dove vediamo alle spalle di Mussolini, uno strisciante tradimento, un voltafaccia di quelli che nel Paese contavano, vediamo tutta la situazione precipitare davanti a una realtà che dimostrava quanto effimeri, artificiali (come dovettero suonare falsi gli accenti eroici),  la pompa magna, i toni di sfida, la propaganda, la millantata efficienza; che, se aveva galvanizzato le folle, non aveva per nulla trovato degli entusiasmi su chi aveva in mano il potere economico, che si era vista fra l'altro, il 1° Giugno, bloccare i prezzi per altri due anni, calare le esportazioni dopo che le importazioni erano a zero. Salvo quelli che nella guerra vedevano grandi affari, gli altri - in un ora che vedono grigia- iniziano già a portare i capitali all'estero. E Mussolini questo lo aveva già fiutato, non per nulla ha detto "quei vigliacchi...".

Era stato introdotto il passo romano "alto e solenne", ma l'economia stava invece andando paradossalmente a un passo "basso e modesto", si scimmiottò il "passo dell'oca", ma si era già al passo del gambero. Si era abolita la stretta di mano, ma non ce n'era bisogno, perché nelle contrattazioni dei mercati questa atavica usanza era diventata solo un ricordo perché le contrattazioni non avvenivano nemmeno più nei mercati rionali. Possedeva ora l'Italia i fori imperiali con i pomposi reggimenti di bipedi marcianti, ma nei fori boari mancavano i reggimenti di quadrupedi, mancava cioè il bestiame; già gira la battuta "con questo passo arriveremo non ai fori Imperiali ma al "foro Mussolini", per indicare l'ultimo buco della cinghia dei pantaloni.

Arriveremo fra non molto a una distribuzione di carne di 400 grammi al mese-persona! Insomma un popolo di miserabili stava appena appena vivacchiando, ed era una fase che alcuni avevano previsto: con i rottami (che si raccoglievano) e  gli stracci addosso -che cominciavano, per la magrezza, ad andare anche questi  molto larghi-  non si poteva andare molto lontano. 

Non c'era più produzione, e neppure qualcosa da contrattare. L'autarchia era una buffonata;  non si potevano fabbricare di certo aerei, navi, armi, munizioni e macchine per costruirle senza avere materie prime, carbone, acciaio, minerali e scambio tecnologico con altri paesi; e soprattutto senza avere denaro.

Chiudersi con gli altri Stati significava chiudere l'intera economia di mercato, chiudersi alla tecnologia francese, inglese, americana. Chiudersi alla cultura di ogni settore. Andare incontro insomma   all'isolamento. Restare fermi. E ferma l'Italia rimase fino al 1940, quando venne il giorno fatale, senza avere nei magazzini nulla, e poco più di 1300 calorie disponibili al giorno per i "guerrieri" che dovevano conquistare il mondo, dalle Piramidi agli Urali; nel sole infuocato del deserto - dove scoppiavano le gomme e non c'erano ricambi -, o al gelo delle steppe dove invece scoppiavano in mano ai poveri soldati i cannoni del 1918 e i fucili restavano attaccati alle mani scorticandole. Ci volevano i reparti corazzati, si mandarono i reparti con i muli dove i conducenti stavano peggio dei muli stessi con le scarpe con i chiodi invece che con il pelo, le mantelle di lanital invece che i cappotti di pelo, la bustina sul capo invece dei colbacchi.
Non c'erano automezzi e si mandarono i muli, ma dove? In Africa nel deserto, e in Russia nelle tundre, dove in entrambe non cresceva nemmeno un filo d'erba

Non di meno tanta chiusura mentale c'era in quel mondo militare (vecchio, antiquato, becero e ignorante della guerra moderna) dove albergava l'inquietudine, il disfattismo, le gelosie che si riveleranno drammatiche, visto che all'interno c'erano elementi che remavano contro quell'organizzazione militare che Mussolini vorrebbe invece efficiente, coordinata (lo vedremo a suo tempo). Un generale guiderà (!)  le armate in Russia, poi lo ritroveremo in Africa , infine dopo l'8 settembre a guidare il CLN.
Badoglio seguitava a dire che le guerre si fanno "...con l'om, il mul el canon". Non era al corrente che si stavano costruendo mezzi e armi altamente tecnologiche; aerei, navi, razzi, e bombe atomiche!

Ma anche Mussolini non capiva nulla (e non era il solo) di guerra, di strategie e di mezzi militari, gli fu presentato un aereo da turismo come un caccia. Mentre quelli che potevano fare i bombardieri gli SM 79, 80, 81, 82 (il migliore aereo che aveva l'Italia - un potente trimotore che volava a 4-5.000 metri) furono impiegati per i trasporti e a volare a pelo d'acqua. L'Italia aveva inventato la radio ma sugli aerei non c'era, volavano a vista, e cadevano come zanzare quando trovarono gli Spitfire inglesi non solo con la radio a bordo ma con le armi automatiche manovrate dal pilota che sparava in mezzo all'elica, quelli italiani invece avevano i mitraglieri nella coda, nel vano toilette e sparavano solo a vista.
La radio ai nemici inoltre non serviva solo per i contatti tra aereo e aereo, ma erano in contatto con la base che avevano già i radar che comunicavano le infallibili coordinate per i micidiali appuntamenti.

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(Il RADAR "radio detection and ranging", dopo sedici anni di studi, era stato presentato alle autorità inglesi, nel massimo segreto, dal fisico scozzese sir ROBERT ALEXANDER WATSON-WATT, il 26 febbraio del 1935. Il principio era ed è concettualmente semplice, poichè è nota la velocità di propagazione delle onde elettromagnetiche; e calcolando in tempo in cui un impulso viene inviato verso un ostacolo e da questo viene riflesso verso la sorgente è possibile stabilire la sua distanza dalla sorgente. Alla base del dispositivo c'è un magnetron, un diodo, che era stato inventato fin dal 1921 dall'americano Albert Wallace Hull (1880-1966).
Watson Watt diede alla data sopra riportata, una dimostrazione al National Physics Laboratories inglese, che già nel 1940, ha installato una rete di stazioni di avvistamento sulle coste inglesi; e che sarà l'elemento decisivo per assicurare alla Royal Air Force, la vittoria nella battaglia d'Inghilterra contro i tedeschi - Sugli studi di Marconi, presto racconteremo i retroscena di quegli esperimenti, di cui abbiamo molte immagini del tempo. E per quanto riguarda il Radar tedesco, abbiamo scovato una rara fotografia della Graf Speed, mentre si autoaffondatava a Montevideo, per non far scoprire proprio questo "segreto", dove si vede inequivocabilmente un'antenna rotante Radar - Era il 13 dicembre del 1939).

L'aviazione? Doveva essere di supporto (!) alla Marina, dicevano i vecchi ammiragli.
I carri armati?  dovevano essere di supporto (!)  alla fanteria affermavano i generali, che erano ancora quelli del Piave e del Carso del 1917; una fanteria con gli stessi fucili e le stesse ghette ai piedi sia nel deserto a 50 sopra zero che in Russia a 50 sotto zero.

Ma Mussolini forse sapeva già tutto questo; e sapeva anche quanto indifferenza c'era sia in Francia che in Inghilterra. In Spagna i due Paesi lasciarono fare. In Austria fecero addirittura finta di nulla. E in Cecoslovacchia dimostrarono tutta la loro debolezza contro Hitler.
Quanto  proprio a Hitler, ora Mussolini l'aveva al Brennero, e schierarsi contro di lui c'era solo una prospettiva quello di rimanere solo di fronte a un uomo che poteva svegliarsi un mattino e decidere di scendere dal Brennero e da Tarvisio, dove c'erano le sue 57 armate non molto lontano; fatti i cento chilometri poteva tranquillamente arrivare a Verona in poche ore, poi sull'Adriatico prima di sera.

Se questo accadeva, Francia e Inghilterra non avrebbero mosso un solo soldato. Di questo Mussolini ne era più che sicuro (e non si sbagliava affatto, per come vedremo andarono le cose)

Patto o non Patto d'Acciaio, Mussolini sarebbe stato comunque costretto a scendere in guerra.

Nel discorso del 25 ottobre (quello dei "vigliacchi") ascoltiamo già un Mussolini che sa di essere ormai solo e se analizziamo bene le parole; è già sconfitto prima di iniziare.


IL 3 Agosto
Mussolini, più plagiato che antagonista di Hitler, emana le leggi razziali sugli Ebrei. Studenti e insegnanti sono espulsi dalle scuole, uffici pubblici, servizio militare, cariche direttive; vietato rilascio o rinnovo licenze di commercio, di vendita e acquisto immobili, e in caso di processi di qualsiasi tipo non possono essere assistiti da un avvocato. All'anagrafe i nati sono tutti bollati con il distinguo, "di razza ariana" per affermare che gli altri sono ebrei . - Proibiti  i matrimoni fra le due razze. Alcuni vengono esiliati; i beni sequestrati. 

Altri a Roma (ma questo avvenne dopo la caduta del fascismo, con la capitale in mano ai tedeschi) ghettizzati, fatti lavorare con piccone e pala come schiavi sugli argini del Tevere. E fra questi ci sono notabili, personaggi di cultura, professori che hanno dovuto smettere l'insegnamento nelle scuole e nelle università.  Poi la persecuzione si fece drastica e dei 47.252 ebrei che vivevano in Italia, 8369 furono deportati in Germania. Ne tornarono indietro a fine guerra  980.

Il 10 Dicembre
ENRICO FERMI (con la moglie ebrea) sta prendendo il Nobel in Svezia, ne approfitta e scappa in America. Quel che fa orrore é che un gruppo di scienziati italiani, patologi, psichiatri, antropologi, biologi e fior di intellettuali, firmarono un manifesto che confermava con autorevoli tesi accademiche, quella distanza razziale che esisteva fra i due mondi umani, l'ariano e l'ebreo. Il
Manifesto che Starace fece pubblicare sui giornali e mettere sui muri in ogni angolo del Paese additava appunto al generale disprezzo gli ebrei, che erano "scientificamente" inferiori. Era un'altra vergogna dell'Italia civile che stava perdendo i senso della misura, che stava diventando irrazionale per non dire folle.

Una follia Mussolini l'aveva già fatta in Spagna, mandando un contingente in aiuto ai franchisti, che lo stesso Franco non aveva per nulla richiesto. Stessa cosa fece Hitler che inviò in Spagna delle squadriglie di aerei da caccia e dei bombardieri che si trasformarono in giustizieri senza scrupoli. Aprirono un capitolo nuovo nella guerra "moderna" !

Gli italiani erano 50.000 uomini (alla fine saranno 74.285 e 5699 aviatori militari e 312 piloti civili) con 763 aeroplani, 141 motori di aerei, 1672 tonnellate di bombe, 9.250.000 cartucce, 1930 cannoni, 10.135 mitragliatori, 240.747 fucili, 7.514.537 proiettili di cannone, 7663 automezzi e 91 unità navali. Dalla stampa di allora apprendiamo anche che furono fatte 5.318 incursioni aeree.
Il tutto costò all'Italia (che stava facendo l'autarchia) la bellezza di 14 miliardi e mezzo di lire che Mussolini fatturò a Franco, ma solo quando non volle schierarsi con lui a fianco di Hitler nel 1940. La Spagna di Franco non pagò mai questo debito.

Dopo la cocente sconfitta a Guadajara, Mussolini e Hitler erano decisi di farla pagare; terrorizzando i governativi e gli italiani antifascisti che erano andati volontari, causando così una guerra di italiani contro italiani su un suolo straniero. Non trovarono di meglio i due dittatori che coordinare una alleanza per fare......
il primo bombardamento della storia su una città e su una popolazione civile, a Guernica il 27 aprile 1937. Fu rasa al suolo; dei 7000 abitanti 1650 morirono innocentemente. Il mondo inorridì, i tedeschi negarono, mentre gli italiani dissero che non vi avevano partecipato, che le case erano saltate in aria da sole perché avevano dentro delle munizioni.

Falsi entrambi. Goring al processo di Norimberga nel 1946, confermò che era stato lui a fare il bombardamento, dicendo "che era stato un esperimento"  e cinicamente aggiunse "perfettamente riuscito". Anche gli italiani non erano affatto estranei: tre aerei italiani avevano partecipato al grande crimine ed erano tre bombardieri S. Marchetti 79, comandati dal Capitano Castellani, Tenente Porro, Tenente Fracasso. E altri che scopriamo più avanti.
Poi leggendo un documento che Ciano mandò a Mussolini pochi giorni dopo, abbiamo una conferma in una nota dove troviamo sia gli attriti e le insofferenze delle tre Armi, e la conferma all'eccidio. "Bene in Spagna. Grande vittoria quella odierna. Un colpo duro per la Spagna rossa. L'offensiva continua. Nell'impresa trovo la costante opposizione della marina che fa resistenza passiva. L'esercito, con regolarita'. La Milizia con slancio. Ma é l'aeronautica che va benissimo. Ma io e te Duce ne siamo i responsabili, coloro che ne hanno il merito. Ho dato ordine di bombardare stanotte anche Valenza. Bisogna cogliere il momento per terrorizzare il nemico".

Mussolini si convince e si fa prendere la mano, ordina ai piloti il bombardamento di Barcellona e lo vuole sistematico fatto a tappeto. Proteste in tutto il mondo, dal Vaticano e persino lo stesso Franco e i tedeschi chiedono al Duce meno efferatezza. Ma Ciano non demorde "i nostri nove S.79 in un minuto e mezzo su Barcellona hanno polverizzato palazzi, ponti, seminato il panico che diveniva follia; 500 morti, 1500 feriti; era tutto cosi' realisticamente terrorizzante. E' una buona lezione per il futuro".
E' insomma la prova generale della Seconda Guerra Mondiale.
Non servono altri commenti! Anche se su questi bombardamenti valgono le considerazioni fatte nel precedente anno (folli lo diventarono tutti)

Con una nota stonata in coda a questa guerra che finirà con la vittoria dei fascisti il 28 marzo del '39 con la capitolazione di Madrid. Infatti dopo che é morto Pio XI il 10 febbraio del '39, il nuovo Papa, eletto poi il 2 marzo, Pio XII Eugenio Pacelli, riceve il 18 marzo '39 in visita ufficiale proprio Galeazzo Ciano. Il "bombardiere" che ".con 500 morti ...dava lezioni per il futuro su Barcellona"!
Pio XII, plaude alla conclusione della guerra in Spagna dove "ora risplende nuovamente la grande tradizione cattolica", "baluardo inespugnabile della fede". Il plauso lo fa personalmente a Ciano e lo fa anche con il Radiomessaggio alla nazione il 16 aprile '39, poi riportato su tutti i giornali.

Ciano fra poco però comincerà anche lui a rendersi conto di che "razza" sono gli alleati; inizia fra le quinte a costituire un fronte antitedesco, in seguito anche anti mussoliniano, lui che é il genero; fino a votare la sua destituzione, che gli costerà la fucilazione per tradimento. Anche se nel concludere la lettera di sopra (quella da Barcellona) aveva scritto "Un giorno si riconoscerà che sei grande". (!!!)
In quel momento non immaginava certo di fare "lui", la fine che ha poi fatto!

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