GEORGIJ ZHUKOV


Il figlio di un ciabattino, salvò la Russia

GEORGIJ KOSTANTINOVIC ZHUKOV nasce a Strelkovka il 19 novembre 1896, da una famiglia poverissima. Il padre Kostantin calzolaio ha sposato Galina Alexandrovna; hanno altre due figlie, e come abitazione un'unica misera stanza, con il pavimento in terra battuta.

Georgij, all'età di otto anni, mentre già lavora come raschiatore di pelli in una conceria, inizia ad alfabetizzarsi alla sera in una scuola elementare, che frequenta fino a 13 anni. Poi ancora tanto lavoro e le solite misere condizioni.

Quando scoppia la prima guerra mondiale, Georgij ha diciotto anni. La sua è la prima leva che lo zar in anticipo chiama per destinare al fronte. Entra in cavalleria, e lui che è un ragazzo molto robusto e dimostra molto coraggio viene scelto a far parte del "reggimento polacco di Novgorod", il famoso reggimento cosacco dei dragoni dello zar.

Tre anni dopo, alla Rivoluzione d'ottobre, lo troviamo sergente; il suo reggimento dovrebbe reprimere i ribelli contadini e operai. Ma nel corso dei tumulti gli stessi dragoni fanno causa comune con i rivoltosi che sventolano la bandiera rossa; ed è proprio Zhukov l'anima di questa presa di posizione all'interno del reggimento che non ha nessuna intenzione di sparare sui propri fratelli.
Ed infatti, alla fine, è proprio Zhukov ad essere eletto dai suoi commilitoni "delegato del soviet reggimentale".
Partecipa alla guerra civile contro i "cosacchi bianchi". Conosce Totzki e tanti altri dei soviet. Si politicizza, anche se resta un comunista di fatto più che di ideologia.

Si costituisce intanto l'Armata Rossa. Nel 1921 Zhukov entra nella 1° divisione di cavalleria e qui inizia la sua carriera, prima come comandante di reggimento, poi di Brigata.

La sua, se continuasse, potrebbe essere una veloce scalata ai vertici solo perchè è abile e coraggioso; Zhukov stesso sa di avere solo queste qualità, e anche se possiede una buona cultura militare che ha appreso direttamente sul campo, in quella politica è molto carente.
Del Capitale di Marx anche se ci perde notti intere a leggerlo ci capisce poco, dei vari scritti politici- filosofici di Lenin meno ancora. Decide così di interrompere per qualche anno la carriera militare per tornare a studiare e procurarsi la preparazione culturale e militare necessaria ad affrontare i difficili problemi in cui si dibatte la nuova repubblica socialista voluta da Lenin e morto lui, guidata ora da Stalin.

Gli studi ne fanno un "signor" militare. Torna in servizio nel 1935 e sale nel giro di tre anni a comandante di divisione, comandante del 3° Cosacchi, ed infine comandante di corpo d'armata. Nel 1938 è vicecomandante di tutte le Forze Armate della Bielorussia.
Nel 1939 Hitler dopo aver fatto il famigerato patto con i Russi, muove contro la Polonia, che divide poi con Stalin. Zhukov non ha mai creduto a quel patto, ma quello che pensa tiene tutto per sé, anche per non far la fine di tanti suoi colleghi che osano contraddire Stalin.
Quando i timori si riveleranno fondati e Hitler il 22 giugno 1941 a "sorpresa" scatena l'invasione della Russia, Zhukov va a difendere (e bene) l'avanzata e l'assedio delle armate tedesche a Leningrado. Lui impara bene due cose, come fanno gli assedi i tedeschi, e come si difende una grande città assediata.

A Mosca intanto con le panzerdivision naziste già in vista del Cremlino, Stalin era ormai alla disperazione. Aveva uomini, disponeva di armi migliori dei tedeschi, aveva un micidiale carro armato (in incognita dall' ex alleato, la "sopresa" la farà lui a Hitler, con il T 34 - vedi > > > ), ma non aveva buoni generali, tutti i primi giorni, le prime settimane, avevano perso la testa, tutti erano stati travolti dalla superiorità dei comandanti nazisti. Fuori sul petto i generali russi avevano tante medaglie-patacche, ma dentro poco coraggio, perfino nel parlare.
Ciò che mancava a Stalin era quindi del personale militare capace ed efficiente; ma questo lo aveva lui stesso purgato, liquidato, deportato in Siberia; solo perché lo contraddicevano. Nell'esercito voleva comandare solo lui, con i Commissari politici messi in tutti i gangli.
Ma il 3 luglio era con l'acqua alla gola, parlando preoccupato alla radio, nel chiamare a raccolta tutti i russi per la difesa della patria, Stalin ha smesso di indossare i panni del dittatore e del demagogo, fa discorsi patriottici, il popolo non lo chiama più "compagni" ma " “...cittadini, fratelli, sorelle, parlo a voi, amici miei!...”.
L'uomo delle "purghe", delle fucilazioni, della deportazione dei suoi migliori generali, non li chiama "Compagni" e "Popolo", ma cittadini, fratelli, sorelle, e amici miei.
E si richiama all’invasione di Napoleone, ricordando - proprio lui Stalin - le eroiche gesta dei generali zaristi del passato, li nomina uno per uno, e rammenta perfino agli "amici" La Battaglia di Poltava del 1709, quando i russi di Pietro il Grande iniziarono la tattica di bruciare città e paesi e ogni cosa prima di ritirarsi; poi rammenta ai suoi concittadini la stessa sconfitta di Napoleone con  il "miracolo" di  Kutuzov (il maresciallo che memore di un glorioso passato usò anche lui la stessa tecnica di Pietro il Grande).

Stalin assume personalmente il comando delle forze armate. Ma non ha soluzioni, strategie, e le iniziative dei suoi generali non essendo coordinate da un cervello superiore al suo, non concludono nulla. Ben presto Stalin è piuttosto depresso, fino al punto che butterà il bastone di comando, e prenderà una decisione storica.
Un mattino di ottobre manderà a chiamare il quasi a lui sconosciuto giovane generale nella lontana Leningrado dove costui ha già salvato la città dall'occupazione tedesca organizzando una ottima difesa. Stalin, vuole chiedergli dei pareri.
Il tipo che gli si presenta davanti ha carattere, ha la sua opinione sulla guerra, che è del tutto diversa dai suoi colleghi e da quella dello stesso Stalin, anzi si permette perfino di contraddirlo quando gli propone dei piani strategici, secondo lui inefficaci.
ZHUKOV è lucido, razionale, convincente. Stalin forse per la prima volta capitola davanti a un suo subalterno, che quasi nemmeno conosce. E porende una grande decisione, gli affida il comando generale di tutte le operazioni, come fece lo Zar con Kutzov contro Napoleone, che gli è quasi omonimo.
Zhukov illustrò un suo piano per la difesa della capitale; Stalin gli chiese se fosse realmente convinto di poter "tenere". Lui gli rispose "Non ho il minimo dubbio, Terremo, compreo Mosca!".
C'è da dire che accanto, pure questo ripescato nell'anonimità, troviamo Rokossovskij, che al comando della sedicesima armata sarà lui a fare veri miracoli e a difendere Mosca.
Per Stalin, Zhukov era la sua ultima speranza, inoltre sperava anche in un altro alleato: il "generale inverno". Stalin fu sfacciatamente fortunato!

Zhukov salverà la situazione, e l'"alleato inverno" piombando con molto anticipo sulla Russia con neve e gelo, inesorabilmente ributerrà indietro i tedeschi giunti quasi alle porte della capitale. (Napoleone c'era invece entrato!)
Su Mosca iniziavano già a volare i primi bombardieri tedeschi sganciando le prime bombe e le artiglierie le sentivano già nella Piazza Rossa. A questo punto anche i più ottimisti ormai vedevano nero.
Ma l'uomo nuovo, che non aveva dubbi, dopo aver lasciato Stalin e ricevuto l'incarico, vola con un aeroplano a fare una veloce ricognizione sui campi di battaglia, e quando nella stessa tarda serata dal cielo scende l'aereo di Zhukov sull'aeroporto, con lui sta scendendo dal cielo la prima neve sui campi di battaglia e su Mosca.
Saranno i due protagonisti della "Battaglia di Mosca". Zhukov organizza la sua battaglia, e la neve e il gelo disorganizza quella di Hitler.
(vedi per questi episodi nel link T 34 > >

Stalin, dopo la liberazione di Mosca, lo apprezza, lo festeggia, lo premia come eroe, ma come al solito il "Narciso" teme la sua fama. Invece di ascoltare altri suoi preziosi consigli, non lo ascolta né lo impiega nel punto più critico (settore di Stalingrado), ma nuovamente si mette ad ascoltare altri pareri che erano poi quelli di una forte azione locale; che non poteva che essere fallimentare. Infatti, assediata da Von Paulus, Stalingrado divenne un problema grosso quanto quello di Mosca. Anzi se Hitler vinceva a Stalingrado, per Mosca era finita.
E fu solo allora, un'altra volta con l'acqua alla gola, che Stalin richiamò Zhukov; che invece di intraprendere un'azione locale (dove bastava all'interno il leggendario Cujkov, e l'altrettanto leggendario Rokossowskij che vi giunse in seguito) preparò la vasta "controffensiva del Don".
La colossale impresa di Zhukov riuscì senza che il nemico ne avesse il minimo sentore.
Zhukov dall'1 al 19 novembre, fece traghettare oltre il Volga 170.000 soldati, 7000 tonnellate di munizioni, 27.000 automezzi, 1300 vagoni ferroviari di rifornimenti vari, migliaia di cavalli, carri armati, artiglierie.
Quando iniziò l'attacco a sorpresa, per la prima volta i tedeschi caddero nel panico, e gli assedianti divennero gli assediati. A dare una mano alla strategia di Zhukov, fu lo stesso Hitler, che aveva proibito a Von Paulus (con 250.000 uomini, 7000 cannoni, 800 carri) - anche il più piccolo ripiegamento.
Caduti i tedeschi nell'inesorabile immensa sacca, la partita si chiudeva il 31 gennaio, quando Zhukov liberò Stalingrado dopo aver prima accerchiato e poi lentamente distrutto le armate tedesche.
Nella controffensiva scatenata dall'ex figlio del ciabattino, sull'intero fronte del Don, i tedeschi ebbero perdite di 1.500.000 di uomini, 3500 carri armati, 12.000 cannoni, 3000 aerei.
Significò l'inizio della disfatta definitiva per le armate di Hitler, che iniziarono a perdere il controllo della situazione, e senza più iniziative incominciarono poi a indietreggiare palmo a palmo... fino a Berlino.

Ma per Zhukov dopo Stalingrado c'erano altri salvataggi da fare. Iniziarono a chiamarlo "Spasitel" , il "salvatore". Ma non era il solo soprannome: lui era anche l'"Ariete", l'"Uragano", l'"Invincibile". Arrivava, vedeva e vinceva. Divenne un maestro degli attacchi avvolgenti che via via seguitò a perfezionare.
Piomba a Kursk nella "battaglia dei giganti", poi a Orel, poi a Kharkov, poi in Ucraina.

Quando ormai in Russia le armate tedesche non preoccupavano più Stalin, il dittatore iniziò a pensare all'ultima sua mossa, quella di avanzare e occupare Berlino prima che vi giungessero gli anglo-americani.
E' una sfida contro il tempo. Ovviamente affida il compito all'uomo sempre vincente, ma come dopo Mosca, teme la popolarità di Zhukov, una figura che poteva diventare troppo pericolosa dopo la fine della guerra ormai imminente.
L'"Operazione Berlino", sì l'affida a Zhukov ma gli affianca Rokossovskij, inoltre la direzione del fronte la trasferirisce al Comando supremo, che è poi Stalin stesso. Se Zhukov vince, non ha vinto Zhukov, ma Stalin.

Zhukov capisce, tuttavia fa il suo dovere di "Ariete" fino in fondo. Hitler nella disperazione ammassa un milione di uomini per sbarrare il passo a Zhukov, altri 200.000 li tiene per difendere la capitale.
Ma quando il 16 aprile, Zhukov inizia a muoversi, lanciando il suo grido-promessa ai suoi soldati "Avanti! non ci fermeremo fino a Berlino!", i primi li travolge tutti in cinque giorni soltanto, poi travolge nei giorni successivi gli stessi difensori di Berlino; il 30 aprile entra a Berlino, la bandiera rossa sventola sul Reichstag, e Hitler si suicida. Sarà Zhukov a presenziare e a firmare l'atto di capitolazione della Germania.

Zhukov a Mosca si guadagna la terza stella d'oro. Ha appena cinquant'anni. L'ex figlio del calzolaio che ha salvato Mosca, liberata Stalingrado, espugnata Berlino, è così popolare, che la sua fama è superiore a Stalin.
Quindi un suo avversario molto pericoloso.
Zhukov che ha la forza dell'esercito, efficiente e a lui devoto, potrebbe tentare la più pericolosa azione, quella del colpo di stato per eliminare il dispotismo staliniano. Non tenta, perché l'esercito sarà anche forte come uomini, ma ai vertici dei vari comandi c'è la polizia segreta, ci sono i commissari politici.
L'anno dopo Stalin lo mette in disparte, infine gli rivolge una pretestuosa accusa politica "di non avere assolto bene i doveri di membro del partito comunista" e lo esilia in una cittadina degli Urali, per cinque anni a ricoprire un piccolo incarico; che ha tutta l'aria di essere un esilio, infatti è anche sorvegliato.
Stalin poi lo richiama nel 1951 - ma lo usa solo come facciata per mobilitare l'opinione pubblica- nella guerra in Corea.
Stalin muore nel 1953. Si scatena la lotta per il potere. Malenkov uno dei pretendenti, chiama accanto a sé e si appoggia alla intelligenza e alla popolarità di Zhukov.
Ma Beria è un altro pretendente, con l'aria di fare il dittatore. Zhukov fa bene anche qui il suo dovere; arresterà Beria prima che combini danni simili a quelli di Stalin.
Ma anche Malenkov, ha certe idee dittatoriali; l'amico Zhukov, che ha lui nominato ministro della Difesa, lo diffida: "Attenzione, se sorge un altro aspirante dittatore, sarò io il primo a torcegli il collo".
Malenkov pur in declino, aveva fatto nel frattempo un decreto che poneva tutte le truppe della polizia segreta sotto l'autorità del Ministero della Difesa. Quindi l'esercito tornava ad essere la chiave di volta del potere, ed ora era in mano a Zhukov

Entrato
Malenkov nella fase calante, sale invece il tandem Kruscev-Bulganin (1956-1967). Il primo (forse con qualche intimidazione) tenta di restare solo. Zhukov minaccia anche questo, non con la minaccia di torcergli il collo, ma questa volta con il suo esercito.
Poi, piuttosto imprudente, fece alcune dichiarazioni pubbliche criticando certe velleità dittatoriali di Kruscev.
Kruscev - mentre Zhukov è in viaggio a Belgrado - riunisce il Comitato Centrale del PCUS, e lo fa mettere sotto accusa di aver "tentato di sottrarre l'esercito dal controllo del Partito".
Al ritorno Zhukov viene esonerato dalle sue funzioni.

Kruscev davanti alla masse popolari diventa "l'uomo della pace", della "coesistenza", mentre Zhukov l'uomo che "gli piace fare la guerra".
E' certo invece che Zhukov era favorevole a una politica non solo pacifista interna, ma anche di distensione con gli Stati Uniti. Lo dimostra che un giorno volle incontrarsi con il "vecchio compagno d'armi" Eisenhower e con Montgomery.
Brindarono come vecchi camerati. Un incontro che fu molto criticato al Cremlino.

Quando suonerà l'ora per Kruscev (1966 - dimissioni forzate) i nuovi uomini del Cremlino offrono un contentino a Zhukov, decorandolo con l'"Ordine di Lenin". Ma più nessuno ha, né avrà voglia in seguito, di appoggiarsi a Zhukov.
Messo in disparte. Inizia a fare la vita di anonimo pensionato. Per alcuni anni non si hanno nemmeno più notizie di lui. Nel 1969 si fa vivo con il libro autobiografico "Memorie e battaglie".

Nel 1974 quasi dimenticato da tutti, muore a Mosca il figlio del ciabattino di Strelkovka, il soldato che prima distrusse le armate di Hitler, poi le rincorse fino a Berlino e lo stesso Hitler fin quasi dentro il suo bunker, dove poco prima del suo arrivo il Furher piuttosto che incontrarlo, si fece saltare le cervella.
Con Hitler o senza Hitler, fu Zhukov a suggellare la capitolazione della Germania.



Hanno detto di lui:
Generale Guderian:
« Ogni volta che l'esercito tedesco in Russia veniva a trovarsi in una situazione di pericolo, che ci disorganizzava e poteva sembrare senza uscita, io cercavo subito la mano abile che poteva averla prodotta: quella di Zhukov... »


Generale Eisenhower:
" Una volta chiesi a Zhukov come si regolava nell'avanzata incontrando un campo minato. Mi rispose, senza battere ciglio: "La fanteria attacca come se il campo minato non vi fosse" " -

Stalin (in una conversazione con Kruscev nel 1943): "Quello Zhukov non è che un idiota superstizioso. Prima dell'attacco ha l'abitudine di raccogliere un pugno di terra, annusarlo e poi decidere, dall'odore, se l'operazione deve o no aver luogo... ".

Bibliografia
La seconda guerra mondiale di A. Petacco - 8 volume
I generali alleati, Ist. Geog. De Agostini

 

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