(P31)   CONDIZIONI IN ITALIA - DOPO UNITÁ
           LA DESTRA AL GOVERNO  -  1861-1876

Condizioni dell'Italia
dopo l'unità

All'indomani della raggiunta unita', l'Italia si trovo' di fronte a numerosi problemi da risolvere, alcuni anche aggravati dal modo in cui l'unita' era stata raggiunta.

Il problema economico va visto in tutta la sua ampiezza, collegato alla situazione economica europea caratterizzata dal grandioso progresso industriale dei maggiori paesi, come l'Inghilterra, Germania, Francia e Belgio. L'Italia, per mancanza di tecnici, oltre che di materie prime, non era allora in grado di competere con questi paesi. Soltanto in Piemonte e in Lombardia esistevano alcune industrie, per lo piu' tessili e, in definitiva, in Italia l'agricoltura restava l'attivita' principale.

Alla difficile situazione economica si aggiungevano le continue epidemie che decimavano la popolazione e gravi piaghe sociali come l'analfabetismo. Nell'organizzazione dello Stato prevalse l'idea di estendere a tutta Italia le leggi piemontesi affidate a una burocrazia in gran parte formata da funzionari piemontesi. I poteri del clero furono limitati, i possedimenti ecclesiastici furono confiscati.

Il problema piu' grave resto' quello costituito dalla cosiddetta QUESTIONE MERIDIONALE; a parte il breve periodo di Murat, il Mezzogiorno era stato tenuto dai Borbone in una situazione di grande arretratezza e corruzione. Il malcontento contro i passati governi e contro i metodi usati dai Piemontesi nell'unificare il paese alimento' nel sud il fenomeno del brigantaggio, affrontato dal nuovo governo con una violenta repressione che non poteva che peggiorare le cose.


La Destra al governo
dal 1861 al 1876

Dal 1861 al 1876 i governi della Destra storica portarono a compimento i due maggiori problemi rimasti aperti dopo la morte di Cavour: il completamento dell'unita' italiana, con la liberazione di Roma e del Veneto, e l'unificazione amministrativa e legislativa.

Con il primo ministero di Bettino Ricasoli si compi' l'organizzazione amministrativa, che divise il paese in province e comuni retti da funzionari nominati dal re. Il successivo governo Rattazzi per risolvere la questione di Roma favori' di nascosto un'iniziativa di Garibaldi, ma fu costretto dalla reazione di Napoleone III a bloccare con le armi l'avanzata dei garibaldini verso Roma (scontro di Aspromonte, agosto 1862).

L'indignazione sollevata dall'episodio in tutto il paese porto' alle dimissioni di Rattazzi e all'ascesa di Farini e quindi di Minghetti, il quale, ricorrendo alle trattative diplomatiche, stipulo' con Napoleone III la Convenzione di settembre (1864), impegnandosi a trasferire la capitale a Firenze.

La liberazione del Veneto fu resa possibile dalla guerra fra Austria e Prussia, in cui l'Italia pote' inserirsi alleandosi con quest'ultima (terza guerra d'indipendenza).

L'Austria, pur vittoriosa sulle truppe italiane a Custoza e a Lissa fu sconfitta dalla Prussia e costretta a privarsi del Veneto che fu ceduto, con la mediazione della Francia, all'Italia (1866).

Quattro anni dopo, la guerra franco-prussiana, determinando la caduta di Napoleone III, ostinato difensore del potere temporale, consentiva alle truppe italiane di superare le debole resistenza dell'esercito pontificio e di entrare in Roma (20 settembre 1870), mentre il papa si rifugiava in Vaticano.

Il rifiuto di Pio IX di riconoscere il fatto compiuto apri' un grave dissidio fra i cattolici e lo Stato italiano.

Le guerre del Risorgimento avevano stremato le finanze dello Stato; per risanarle, i ministeri Lanza e Minghetti attuarono un'opera di contenimento delle spese pubbliche e di inasprimento fiscale (tassa sul macinato) che, se porto' al pareggio del bilancio, aggravo' le condizioni economiche e sociali del paese e soprattutto delle masse contadine. Il ministero Minghetti, incapace  di affrontare questi problemi, messo in minoranza, dovette dimettersi.

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