(P46)  GLI ANNI PIU' RECENTI DOPO IL  1945


Gli anni più recenti

Il 1945, anno della fine della seconda guerra mondiale, ha segnato l'inizio di un'epoca, definita "l'eta' delle superpotenze", dominata dalla presenza e dalla concorrenza di due grandi blocchi politico-militari, entrambi in grado di distruggere l'avversario e con esso la vita su tutto il pianeta. Ma la stessa epoca e' stata contrassegnata anche da una relativa stabilita' politica nei paesi appartenenti ai due schieramenti contrapposti.

Piu' difficile e' riconoscere quando questo periodo si sia concluso, e quando sia maturato, nell'economia, nella societa', nella cultura, un assetto diverso. Certo e' che tra la fine degli anni sessanta e l'inizio degli anni settanta si sono verificate, a poca distanza di tempo l'una dall'altra, una serie di crisi dalle forme e dagli esiti diversi, che hanno posto fine alla relativa stabilita' generata dalla divisione in blocchi politico-ideologici.

Prima di tutto si e' prodotta una grande crisi a carattere culturale e politico, con la grande ribellione giovanile dei tardi anni sessanta, esplosa simultaneamente in molti paesi; poi, nel 1971, alcuni processi di indebolimento dell'ordine economico internazionale hanno indotto la potenza-guida dell'Occidente, gli USA, ad abbattere uno dei pilastri della stabilita' postbellica, il sistema monetario internazionale stabilito a Bretton Woods nel 1944; infine, nel 1973, la crisi petrolifera, la riduzione cioe' della disponibilita' di petrolio accompagnata dall'impennata del prezzo di questa e altre materie prime, ha provocato un'ondata inflazionistica e recessiva in tutti i paesi industrializzati, determinando una forte instabilita' sociale.

Tra il 1968 e il 1973 si e' quindi esaurito il dopoguerra, e' giunta al termine l'"eta' delle superpotenze", e si e' aperta una nuova fase di forte instabilita' politica e sociale sia all'interno dei paesi sviluppati sia nei rapporti internazionali. La scelta di fissare come data di inizio del nostro tempo il 1971, anno della fine del sistema monetario internazionale nato con il dopoguerra, ha carattere convenzionale. L'abbandono del sistema di Bretton Woods e' esattamente databile e le sue conseguenze sono state immediatamente visibili.

A partire dalla meta' degli anni settanta, il mondo occidentale ha attraversato una fase di trasformazione profonda sul piano economico, paragonabile, per l'intensita' e per le conseguenze, alle due rivoluzioni industriali avvenute tra il XVIII e il XIX secolo e tra il XIX e il XX secolo.

Non a caso si parla, infatti, di una "terza rivoluzione industriale", fondata soprattutto sullo sviluppo della tecnologia informatica e sulla sua applicazione alla produzione industriale e a molti sevizi.

E insieme all'informatica va ricordato lo sviluppo della bioingegneria, cioe' l'attivazione nel campo dell'agricoltura e dell'allevamento di tecnologie quali finora erano state applicate solo alla materia inerte.

Il periodo che va dalla fine del sistema Bretton Woods (agosto 1971) alla caduta del muro di Berlino (novembre 1989) e' stato caratterizzato da un processo inverso rispetto a quello che aveva avuto luogo nel periodo 1929-1940. Allora, l'intervento dello Stato in economia si era presentato come la sola possibile soluzione a una crisi irreversibile dei meccanismi di mercato.

Negli ultimi due decenni, al contrario, l'intervento statale e' stato presentato all'opinione pubblica come il vero problema da risolvere, in quanto fonte di inefficienza e di sperpero, mentre e' stata fortemente rivalutata la capacita' del mercato, non piu' guidato da interventi politici, di agire quale efficace meccanismo regolatore. Il prevalere di questo nuovo "senso comune" ha accompagnato, alla fine degli anni settanta, l'avvento di nuovi gruppi di potere di orientamento conservatore ("neoliberista") in molti paesi occidentali, a cominciare dagli USA, e, in alcune zone, ha portato allo smantellamento dell'apparato di intervento pubblico che aveva caratterizzato il WELFARE STATE.

Il mutamento del ruolo dell'intervento pubblico e' stato accompagnato, in quasi tutte le maggiori potenze, da quello che i politologi chiamano un "riallineamento", cioe' un cambiamento delle relazioni fra forze politiche e societa', una ridefinizione delle basi sociali dei maggiori partiti, e di conseguenza un cambiamento delle coalizioni di governo.

Cio' e' avvenuto nei paesi anglosassoni, dove alla crisi prolungata dei vecchi sistemi di partito e' seguita l'ascesa di gruppi "neoconservatori" che hanno conquistato il potere all'inizio degli anni ottanta; ma fenomeni simili si sono registrati anche in Francia, Spagna e Portogallo, dove la caduta del sistema di potere conservatore ha lasciato il posto a partiti socialdemocratici.

I soli paesi di rilievo dove non e' avvenuto avvicendamento sono il Giappone e l'Italia: qui pero' si e' verificato nell'ultimo decennio una crisi strisciante del sistema di potere che sembra portare negli anni novanta a un significativo "riallineamento" elettorale, e all'esigenza di un riordino complessivo delle istituzioni.

Dalla meta' degli anni ottanta, l'ondata di instabilita' e di riorganizzazione che gia' aveva attraversato il mondo occidentale ha toccato, sconvolgendolo, il "blocco orientale" costituito dall'Unione Sovietica e dai paesi dell'Europa dell'Est. Nel 1989 questo processo ha portato alla fine dei regimi comunisti in tutti i paesi dell'Europa orientale e ha minacciato anche l'assetto politico del paese piu' popolato del mondo, la Repubblica popolare cinese; due anni dopo, nel 1991, ha condotto alla dissoluzione di fatto dell'Unione Sovietica.

Il periodo che va dal 1971 al 1991 puo' essere quindi visto come l'epoca della fine dell'equilibrio bipolare e della nascita di un complesso, e per il momento ancora informe, equilibrio multipolare; come un'epoca caratterizzata dalla profonda organizzazione delle strutture produttive e dei sistemi politici dei paesi sviluppati, e dell'accentuarsi progressivo del divario tra le aree mondiali economicamente forti e quelle afflitte da un cronico sottosviluppo; come un'epoca nella quale sembra entrato in una crisi profonda, e forse irreversibile, quel movimento socialista la cui ascesa e la cui potenza avevano caratterizzato la vita politica internazionale per un secolo circa.

Negli ultimi anni del secolo abbiamo assistito alla crescita dell'unione Europea ed anche alla decisione di impiegare un unica moneta: l'Euro.
All'unità monetaria non ha partecipato il Regno Unito, conservando la sua sterlina.
Se da una parte hanno aderito altri Stati, dall'altra, altri Stati ne sono usciti. Per alcuni l'Euromoneta rappresenta la salvezza della loro economia, per altri (in precedenza con una moneta forte) sono nati grossi problemi.

Nel nuovo secolo questi problemi non sono ancora stati risolti. La tanto invocata globalizzazione (liberalizzazione dei mercati) ora una divenuta realtà, ha coinvolto Paesi emergenti; avanzano le economie orientali, in prima fila la Cina, l'India, il Giappone e l'Africa

FINE


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