Il fisico che ha “spezzato” la luce


Max Karl Ernst Ludwig Planck



con la collaborazione
di Alessandro Rao
alesrao@hotmail.it

“Il mondo esterno è qualcosa d’indipendente dall'uomo, qualcosa di assoluto e la ricerca delle leggi che regolano questo assoluto, mi appare come un sublime impegno della vita“.
(Max Planck)

****La pagina (non di livello avanzato) è unicamente divulgativa di Planck, lo scienziato Premio Nobel per la Fisica nel 1918, considerato il fondatore della Fisica quantistica, la cui opera ha ispirato altrettanti menti eccelse come Einstein, Rutherford, Bohr, de Broglie, Schrödinger, Heisenberg, ed altri non meno importanti, i quali, oltre a confermarne le sue geniali intuizioni, hanno contribuito al sinuoso passaggio dalla Fisica classica newtoniana alla Fisica quantistica. Tutto questo, interpretando la sottile connessione, fra teoria ed esperienza, mediata dalla matematica secondo il principio galileiano, ovvero l’unico processo atto a far svelare i più reconditi enigmi della natura.

Tuttavia, l’Universo mantiene le sue regole molto difficili da spiegare ad una maggioranza di individui che spesse volte rinuncia alla cultura scientifica creandosi, altresì, risposte irrazionali ma seducenti, lontane da quella ricerca che, al contrario, Tito Lucrezio Caro (98-53 a.c.??) con i suoi 6 libri del “De rerum natura” aprì le porte ad una visione epica del cosmo “arta naturae portarum claustra”.

Sono trascorsi ben oltre duemila anni per giungere alla Fisica quantistica dei nostri giorni, e con ciò, per conoscere ancora solo il 4% dell’Universo e poco sul rimanente 23 % di materia oscura e del 73 % d’energia oscura, secondo la Teoria del Big Bang. Nonostante ciò, teniamo presente che è grazie alla fisica quantistica, la quale, regola le dinamiche nella struttura fine della materia, con le cui applicazioni, oggi, si sono raggiunte notevoli innovazioni tecnologiche dal microchip, ai superconduttori, al laser e ad altre innumerevoli strumentazioni utilizzate in ogni settore per giungere ai computer quantistici con i loro potenti “qubit” che sostituiranno i “bit”dalle loro possibilità binarie.

Biorafia e opere

Max Karl Ernst Ludwig Planck nacque in Germania a Kiel vicino Lubecca (Land Schleswig-Holstein) il 23 aprile 1858. Sesto figlio di una famiglia agiata e culturalmente evoluta. Fra i suoi avi vi furono insigni giuristi, nonché pastori protestanti, il suo bisnonno e nonno paterno insegnarono teologia presso l’Università di Göttingen.
Il padre Johann Wilhelm Julius Planck era professore di diritto molto apprezzato presso l'Università di Kiel e di Monaco. La madre Emma Patzig, era la seconda moglie di suo padre, mentre la prima moglie Mathilde Voigt, era la madre di due dei quattro fratelli di Planck. Fu cresciuto con un’educazione fondata su onestà, lealtà, generosità e deferenza verso le istituzioni dello stato e della chiesa, principi che osservò durante tutta la sua vita. Si racconta che da ragazzo, fosse stato propenso ad intraprendere la professione di musicista, coltivando sempre la passione per il pianoforte fino a tarda età, ma alla fine la cultura scientifica prevalse nelle sue decisioni. Il suo insegnante Hermann Müller aveva notato le capacità intellettive della sua mente logica verso lo studio della fisica e della matematica, rendendosi conto di trovarsi davanti ad un futuro scienziato; una previsione correttamente indovinata. Tuttavia, in qualità di musicista, con tutta probabilità, sarebbe diventato egualmente famoso, ma la sua opera, come quella di tanti artisti, sarebbe rimasta fine a se stessa, come scienziato, al contrario, diventò un anello della lunga catena interdipendente dei grandi scrutatori del microcosmo.

Nel 1867, alcuni mesi prima dell’unificazione della Germania, si trasferì con la famiglia a Monaco di Baviera dove frequentò il Maximilian Gymnasium fino al 1874 con profitto degno di nota. I suoi insegnanti lo definirono uno studente dalle idee ben chiare, incline alla contemplazione e alla riflessione dei fenomeni che la natura offre quotidianamente. Infatti, già durante il Liceo, manifestò un interesse verso lo studio della Fisica che mantenne costantemente negli anni seguenti, nonostante gli fosse stato prefigurato il triste futuro in cui attraversava la ricerca scientifica in quel periodo che, nonostante ciò, si rivelò il più creativo di tutti attirando le menti più brillanti.
Successivamente, Planck, avrebbe espresso il motivo della sua scelta nei confronti della scienza con la seguente dichiarazione:
<<Chi è addetto alla costruzione delle scienze, troverà la sua gioia e la sua felicità nell’aver indagato l’indagabile ed onorato l’inosservabile>>

In realtà, si dimostrò molto presto uno studente prodigio: il 21 ottobre del 1874, all’età di soli sedici anni, entrò alla Ludwig Maximilian University di Monaco fino al 1877 per frequentare il corso di Fisica teorica. Durante quella fase accademica, ebbe modo di conoscere due importanti autorità della scienza: il fisico e fisiologo tedesco Hermann von Helmholtz (1821-1894) noto per aver approfondito la conoscenza dell’elettrochimica e formulato un’equazione alle derivate parziali riguardante la risonanza ed il fisico tedesco Gustav Robert Kirchhoff (1824-1887) noto per essere uno dei fondatori dell'elettrotecnica con una serie di equazioni connesse ai circuiti elettrici, inoltre, per aver costruito il primo spettroscopio assieme al fisico-chimico tedesco Robert Wilhelm Bunsen (1811-1899) e, ancora, per altri studi sulla termodinamica riferiti all’energia radiante assorbita dai corpi.

All’epoca, gli studenti tedeschi frequentavano più di una Facoltà universitaria, muovendosi con estrema facilità sul territorio allo scopo di accrescere le proprie cognizioni ed esperienze, per cui anche Planck, seguendo la norma, dal mese di ottobre del 1877, proseguì gli studi trasferendosi presso l'Università di Berlino.
Fin dai primi anni universitari, la termodinamica, fu essenzialmente la parte della Fisica alla quale volle dedicarsi con tutta le sue forze, approfondendo gli studi compiuti dal fisico tedesco Rudolf Julius Clausius (1822-1888).

Quanto ciò, rappresentò la linea di partenza all’attività per la quale il giovane Planck si dedicò decisamente interessato allo studio della termodinamica, tanto è vero, da rimanerne inchiodato al tavolo di lavoro per lungo tempo.
A dimostrazione della valenza scientifica della sua attività, rimane la conferma che ancora ai nostri giorni, l’applicazione della termodinamica è il comune denominatore tra fisica, chimica, biologia, astrofisica e cosmologia, nelle quali discipline, proprio la costante nota con il suo nome, costituisce il reale fulcro al quale sono imperniate.

Planck, rientrò a Monaco ed il 28 luglio 1879, dove, a solo 21 anni, si laureò brillantemente conseguendo “Summa cum laude” il dottorato in Fisica teorica dopo aver discusso la tesi, incentrata proprio sul Secondo principio della termodinamica, dimostrando una notevole conoscenza della materia. Espresse invero, una serie di singolari considerazioni, inerenti il concetto di “aumento dell’entropia” riformulandone un’originale visione più generale e più chiara, facendo sorgere nella commissione, una spiccata curiosità per quelle osservazioni così singolari.
Di seguito, si preparò per guadagnarsi l’abilitazione all’insegnamento che ottenne il 14 giugno 1880 nella stessa Università, con la nomina a “Privatdozent” presentando un secondo elaborato attinente “Gli stati di equilibrio dei corpi isotropi a diverse temperature”.

Ricordiamo sinteticamente, qui di seguito, i tre fondamentali Principi della Termodinamica. In realtà, l’ordine come storicamente sono stati enunciati, non è affatto cronologico, in quanto, è proprio il Secondo principio ad essere enunciato per primo dal fisico francese Sadi Carnot (1792-1832) con il “rendimento e ciclo del calore” e dal fisico irlandese William Thomson, Lord Kelvin (1824-1907) con la “trasformazione del calore in lavoro” e ancora, da Clausius con la sua visione “entropica”. Infine, il Terzo principio che può essere considerato una variante, o per meglio dire, parte integrante del Secondo principio. Quindi, queste tre leggi fondamentali della termodinamica sono, con buona approssimazione, cronologicamente contemporanee.

Per il Primo principio, nello scambio tra lavoro e calore e viceversa, si ha in definitiva, un’equivalenza perfetta tra le due forme di energia. L’esperienza ci dice che trasformando in calore la quantità di lavoro “l” si ottiene invariabilmente una quantità di calore “q” tale che L/q =J dove “J” è una costante alla quale si da il nome “equivalente meccanico della caloria” perché esprime la quantità di lavoro meccanico necessario per sviluppare una caloria. Tale costante calcolata assume il valore di J = 4,186 Joule-caloria. Di conseguenza, il Primo principio ci tranquillizza perché possiamo avere una quantità di energia illimitata nel tempo, in quanto si produrrebbe un meccanismo di recupero continuo. Quindi in qualsiasi sistema chiuso la quantità di energia sarebbe costante.
Nel Secondo principio, in realtà, la situazione non procede affatto come previsto dal Primo, ed è proprio il Secondo a modificarne sostanzialmente il significato. Prendendo in considerazione i processi reversibili, appare l’entropia, solitamente indicata con la lettera S e ottenuta dal rapporto tra il calore scambiato Q e la temperatura assoluta T relativa allo scambio. Questo valore, in un primo tempo fu denominato “Werwandlung” trasformazione o “Aquivalenzwert einer Verwandlung” equivalente valore di una trasformazione. Tuttavia, in seguito, lo stesso Clausius, nel 1854, modificò il termine in “entropia”, vocabolo etimologicamente derivato dal greco “Entropeo” dal significato di cambiamento, trasformazione; entrò nel linguaggio della fisica per la prima volta nel 1864, impiegato dallo stesso Clausius nel suo “Trattato sulla teoria meccanica del calore” (Abhandlungen über die mechanische Wärmetheorie).
Ne scaturiva l’equazione di Clausius, la quale stabilisce che la variazione di entropia in un sistema di trasformazione ciclica reversibile e sistematicamente uguale a zero. In altre parole l’entropia, per i processi reversibili, è una grandezza fisica adeguata a precisare la misura della capacità di un sistema a compiere un lavoro e pertanto, lascerebbe supporre che potenzialmente il sistema rimanga immutato. L’entropia cambia aspetto quando la si considera nei sistemi chiusi irreversibili, cioè, quando si tende a raggiungere la massima quantità di energia non utilizzabile e non disponibile successivamente, determinando così, l’incompleta reversibilità del processo. L’esperienza diretta, conferma l’impossibilità che la trasformazione tra lavoro e calore possa rispettare la legge di conservazione per cui una quantità di lavoro, sarà sempre possibile trasformarla completamente in calore, ma se tentassimo il processo inverso, solo una parte del calore potrà essere trasformata in lavoro, mentre dopo il processo, una quota parte rimarrà sempre sottoforma di calore ma con temperatura più bassa. In altre parole, all’interno di in un sistema chiuso, si determina una certa quantità di energia non più disponibile cioè una grandezza (entropia) sempre maggiore di zero. In ogni modo, l’entropia stabilisce un limite insuperabile di un processo continuo e spiega la tendenza verso uno stato di equilibrio termico. Nell’istante in cui si registra una temperatura costante ed uguale in ogni parte del sistema in esame, si ferma ogni scambio molecolare verificandosi uno stato di equilibrio permanente, ovvero, di morte termica. Ne derivò la nota disequazione (? S > 0) che fra l’altro, rappresentò la migliore espressione analitica del Secondo principio della termodinamica, aprendo tuttavia, fra la comunità degli scienziati, una disamina dei consolidati concetti della Fisica classica, predominante in quegli anni del novecento, creando altresì implicazioni di carattere filosofico; per Clausuis, la natura determina una sola direzione all’evoluzione dei fenomeni reali. Infine il Terzo principio, come summenzionato, strettamente connesso al Secondo derivante da varie interpretazioni. Citiamo quella del fisico chimico tedesco Walther Nernst (1864-1941) premio Nobel 1920, che prevede l’impossibilità di raggiungere lo zero assoluto 0° Kelvin (–273,15°C) mediante un numero finito di trasformazioni termodinamiche fornendo allo stesso tempo, l’esatta definizione dell’entropia. E quella di Planck, la quale enuncia che il limite della “variazione entropica” in un sistema termodinamico interessato a qualsiasi trasformazione reversibile, tra condizioni di equilibrio, tende a zero quando però, la temperatura si avvicina allo zero assoluto, e ciò, indipendentemente dagli altri parametri termodinamici.

In ogni modo, il successo negli studi, non fu sufficiente a rendere Planck del tutto sereno. Egli, trascorse un periodo di circa cinque anni in condizioni economiche disagiate al punto di essere costretto, suo malgrado, alla convivenza con i genitori; in realtà lo stipendio della cattedra non era appagante per le sue esigenze quotidiane.
Con tutto ciò, non ebbe alcuna esitazione sulla strada intrapresa come fervente ricercatore nell’ambito del mondo scientifico. Incontrò Carl David Runge (1856-1927) uno dei grandi matematici e fisici tedeschi, ideatore di alcuni sistemi per il calcolo delle equazioni differenziali mediante interpolazione dei polinomi di grado elevato, fra i due si stabilì una lunga amicizia, fruttuosa anche da interessi accademici.
Con sollievo, il 2 maggio del 1885, fu nominato professore straordinario di Fisica Teorica e ottenne la cattedra presso l'Università di Kiel, dove insegnò dal 1885 fino al 1888, riuscendo, finalmente, a conseguire una discreta indipendenza economica.
Il 31 marzo del 1887, si unì in matrimonio con Marie Merck (1861-1909), figlia di un banchiere di Monaco di Baviera, che conosceva da molti anni dalla quale ebbe due figli, Karl (1888-1916) ed Erwin (1893-1945) e due figlie gemelle, Margarete (1889-1917) ed Emma (1889-1916).
A novembre del 1888, a seguito di un’ottima presentazione dello stesso von Helmholtz, fu invitato dalla prestigiosa Università di Berlino come professore ordinario e a maggio del 1892, fu designato Direttore dell'Istituto di Fisica. L’anno successivo, sostituì Kirchhoff alla cattedra di Fisica Teorica, dove rimase continuando sempre l'attività didattica fino al primo ottobre del 1928, anno del suo pensionamento, divenendo una delle principali personalità ufficiali della cultura scientifica della Germania.

Nonostante ciò, le sue lezioni furono seguite da pochi studenti, forse perchè erano veramente esclusive, tanto è vero che quasi tutti diventarono scienziati di grande rilievo come Max von Laue (1879-1960) Nobel 1914, Gustav Hertz (1887-1975) Nobel 1925, Walther Bothe (1891-1957) Nobel 1954, inoltre, partecipò alle sue lezioni diventandone assistente, Lise Meitner (1878-1968) che scoprì la fissione nucleare assieme ad Otto Hann (1879-1968) ma il Nobel fu assegnato solo a quest’ultimo nel 1944 per la chimica.

Abitò in una casa al n° 21 di Wangenheimstraße (Berlino-Grunewald) dove più tardi si trasformò in un luogo d’ incontro dei maggiori esponenti della fisica.
All’inizio delle sue osservazioni, Planck, fu impegnato a trovare un chiarimento su alcune teorie in essere circa l’emissione e l’assorbimento della radiazione luminosa da parte dei corpi materiali. (S’intende per radiazione, un campo elettromagnetico che cambia il suo stato magnetico un notevole numero di volte al secondo, per mezzo della frequenza o dei cicli al secondo).
In particolare, ogni corpo riscaldato emette radiazioni elettromagnetiche che dipendono sia dalla natura del corpo sia sua temperatura.
Considerando le radiazioni emesse dal corpo stesso, è dimostrabile con le leggi della termodinamica e innanzi tutto con l’esperienza, che la quantità di radiazione emessa dipende esclusivamente dalla temperatura del corpo stesso ed è costituita da uno spettro continuo tendente verso il blu, letto come una successione di frequenze delle quali si possono misurare l’intensità.

Tuttavia, la teoria classica allora esistente, si rivelò insufficiente per calcolare la distribuzione dell’energia su tutta l'estensione dello spettro in quanto per la stessa teoria, tale corpo, avrebbe dovuto emettere una radiazione con potenza illimitata.
Infatti, l’interpretazione di tali fenomeni esistenti nel mondo scientifico fino a quegli anni, si basava sulle leggi dell'elettromagnetismo classico, cioè, che ad un aumento della frequenza (sullo spettro regione dell’ultravioletto) corrispondesse un altrettanto conseguente aumento dell’intensità della radiazione indefinitamente.
Ma ciò, in realtà, come summenzionato, non si verificava e questa particolare circostanza veniva indicata dai fisici con una denominazione piuttosto colorita proprio per segnare una linea di confine oltre alla quale era impossibile inoltrarsi : “Catastrofe dell’ultravioletto”. Più precisamente, questa previsione errata, avanzata a fine ottocento, era conosciuta anche come “catastrofe di Rayleigh-Jeans”, e ciò costituì la giusta direzione per l’evoluzione della meccanica quantistica.
Planck, trascurò le "righe spettrali" di lunghezza d'onda e frequenza ben precisate, emesse dagli atomi dei gas surriscaldati, per decifrare, invece, lo spettro continuo emesso dai corpi solidi caldi, noto ai fisici come spettro del “corpo nero".
Innegabilmente, fu proprio dallo studio del cosiddetto “corpo nero” che aprì la strada alla “Teoria dei quanti”.

In realtà, esistevano già alcune formulazioni sul comportamento della luce del “Corpo nero”, un oggetto ideale in perfetto equilibrio termico, vale a dire, una superficie in grado di assorbire energia derivata da ogni tipo di radiazione incidente proveniente dall’esterno, ritenuta sempre uguale a quella emessa.
***Occorre ricordare che un qualunque corpo che sia nelle condizioni di temperatura superiore a zero gradi Kelvin è sempre sorgente di una radiazione elettromagnetica causata dal moto di agitazione termica degli atomi che lo compongono. Pertanto l'emissione di energia elettromagnetica ha luogo a spese dell'energia termica; perciò, all'interno del “corpo nero” sarà sempre presente una radiazione termica, la quale nel caso in cui la temperatura rimanga costante, vale a dire, in equilibrio termodinamico, la distribuzione di detta radiazione è indicata come “spettro di corpo nero”.***


Vedasi FIGURA A
Il risultato ottenuto in laboratorio circa questo esperimento conduceva però, ad una strana constatazione: l’intensità della radiazione emessa dal “corpo nero” presentava un valore massimo relativo ad una frequenza crescente all’incremento della temperatura, mentre tornava a diminuire per le alte frequenze. A questo punto usando le leggi della meccanica classica e dell’elettromagnetismo fino allora conosciute e ritenute valide, si crearono le condizioni per un evidente contrasto davanti ai risultati sperimentali.
Furono proprio le osservazioni condotte da Planck sulla distribuzione dell’energia emessa dal citato “Corpo nero“ in funzione della temperatura che dimostrarono inconfutabilmente l’inadeguatezza delle teorie ipotizzate fino allora che prevedevano la propagazione delle onde elettromagnetiche descritte nelle quattro equazioni differenziali alle derivate parziali di James Clerk Maxwell (1831-1879) le quali esprimono in maniera particolareggiata la teoria elettromagnetica classica, cioè, l’emissione della radiazione (luce) sottoforma di “onda continua“. Sostanzialmente, Planck, aveva teorizzato che l'energia non si trasmettesse in modo continuo, bensì, fluisse in piccolissime unità discontinue. Infatti, l’interazione fra atomi riscaldati, allora ben conosciuta, indicava che le eventuali vibrazioni, fossero prodotte dalla stessa energia. Sfortunatamente, la teoria suggeriva anche la possibilità di infinite modalità verso lunghezze d'onda decrescenti, vale a dire tendente a frequenze crescenti. In realtà, il processo non avrebbe potuto irradiare energia fino all’infinito. Pertanto si evinceva la inadeguatezza della teoria per la quale sarebbe stata necessaria una variante.

Planck, pertanto, con il suo intuito, avanzò un’ipotesi per la quale l’emissione e l’assorbimento dell'energia della luce e di tutte le altre specie di radiazione elettromagnetiche, fosse resa possibile esclusivamente sotto forma di quantità discrete, denominate “pacchetti d’azione" composti da “quanti“.
Fornì pertanto, lo spunto come pura ipotesi, che esistesse una costante ”h” nota poi come “costante di Planck”, tale che la frequenza “v” in un corpo solido potesse avvenire soltanto se fosse stata fruibile per tale vibrazione, una quantità d’energia “E” uguale ad “h” moltiplicata per “v”. Nasceva quindi, la relazione fondamentale (E = h v) ed in generale, che l’energia relativa ad una frequenza può essere emessa solo per multipli interi “n” della frequenza medesima per la “costante di Planck” (E = n h v).
Nel mese di ottobre del 1900, questa equazione, rappresentò il primo passo significativo sulla via che avrebbe condotto al nuovo edificio della Fisica quantistica.***
In altre parole, la “costante di Planck” ha il valore equivalente alla quantità d'azione fondamentale e definisce l’intervallo tra i valori assunti dai “quanti d’azione”. Inoltre, ha le dimensioni di un'energia per un tempo e rappresenta l'unità di misura del momento angolare o “spin” nel sistema di misura delle unità atomiche, permette poi, il calcolo della distribuzione statistica dell'energia di tali “quanti”.

Planck, considerava l’esistenza delle costanti universali di natura, una verifica della realtà fisica decisamente distinta dalla mente dell’uomo: <<La crescente distanza dell’immagine del mondo fisico dei sensi indica semplicemente un progressivo avvicinamento al mondo reale>>

Per “costante fisica” o “costante universale” s’intende una grandezze fisica indipendente dal tempo e da altre grandezze presenti nelle varie espressioni e differentemente dalla “costante matematica”, fa astrazione dell’unità di misura.

La formula della Costante di Planck è:

Formula 1

 

Viene usata anche la formula:

Formula 2

Dove “h” tagliata, denominata costante di Dirac, ha il valore:

Formula 3


Senza alcun scopo didattico, ma solo informativo, di seguito, sono riportate in modo sintetico, alcune della più note “Unità di Planck” utilizzate in altre differenti equazioni. Le “Unità di misura di Planck” sono delle misure fisiche che formano un sistema di “Unità naturali” previste dallo scienziato che assumono il valore di 1 (solamente nell’ambito del sistema) e hanno il pregio di semplificare le equazioni usate nella meccanica quantistica, perché eliminano i fattori di conversione. (Usando le unità di misura naturali del SI, l'energia è misurata in joule, la frequenza è misurata in hertz, e la costante di Planck è misurata in joule secondi).

***Lunghezza di Planck Lunghezza “l”
La “Lunghezza di Planck”, indicata con “Lp” fa parte del Sistema di misure denominato “Unità di misure di Planck” ed è ricavata da tre costanti fisiche fondamentali: la “Costante di Planck h”, la “Velocità della luce nel vuoto c”, e la “Costante di gravitazione universale G”. E’ considerata la più piccola distanza in natura al di sotto di essa cessa il concetto di dimensione.

Formula 4


***Massa di Planck Massa “m”

*La “Massa di Planck” indicata con “mp” corrisponde alla massa di una particella che assume una lunghezza d’onda “? c” introdotta dallo statunitense Arthur Holly Compton (1892-1962) uguale alla lunghezza di Planck. Vale a dire: lunghezza di Compton “? c” = costante di Planck “h” divisa la massa a riposo della particella per la velocità della luce “c”.
In realtà, l’equazione prevede che il “quanto” incidente assuma un’energia nettamente più bassa rispetto a quella posseduta prima della collisione. Più tardi, dopo questa osservazione si è giunti all’importante concetto di “particella” anche per la radiazione elettromagnetica (fotone).


Formula 5


***Tempo di Planck Tempo “t”

Il “Tempo di Planck” indicato con “t p” è il "quanto di tempo", vale a dire, l'unità naturale di tempo consistente nell’intervallo minimo misurabile. E’ definito come l’intervallo di tempo nel quale un fotone percorre una distanza pari alla “lunghezza di Planck” che viaggia alla velocità della luce:

Formula 6

dove:
h tagliata è la costante di Planck ridotta (o la costante di Dirac)
G è la costante gravitazionale
c è la velocità della luce nel vuoto

 

***Temperatura di Planck temperatura “T”

La “Temperatura di Planck”, indicata con “Tp”, espressa in gradi Kelvin, relativamente alle altre grandezze, vuole significare un limite esprime rappresenta un limite insuperabile ed indica la temperatura massima consentita dalla meccanica quantistica.
Inoltre, Si pensa che a questa temperatura possa evaporare un buco nero e che possa essere stata la temperatura iniziale del Big Bang.

Formula 7

dove:
mP è la massa di Planck
c è la velocità della luce nel vuoto
h tagliata è la costante di Planck ridotta (o costante di Dirac)
k è la costante di Boltzmann
G è la costante gravitazionale


***Carica di Planck Carica elettrica “q”

.La “Carica di Planck” è un'unità di Planck della carica elettrica, denotata da qP

Formula 8

dove:
e0 è la costante dielettrica e C (coulomb) è l'unità di misura della carica elettrica
.

***Era di Planck

La “Era di Planck” è un periodo di tempo compreso tra l'instante zero della storia dell'universo ed il tempo di Planck. In questo intervallo le quattro forze fondamentali della natura (elettromagnetica - nucleare debole - nucleare forte - gravità) possono considerarsi unificate.

Formula 9


Tuttavia, Planck medesimo, inizialmente, non si rese conto di quanto fosse stata rilevante la sua teoria e fra l’altro dimostrò una certa difficoltà al solo pensiero di aver messo in dubbio un aspetto della fisica classica, quasi se ne dispiacesse; ciò, si può apprendere da una sua esternazione: <<Ho cercato subito di riunire, in qualche forma, il quanto elementare d’azione nel quadro della teoria classica.... Ma di fronte a tanti inutili tentativi, questa costante si è dimostrata inflessibile. Ciò per un certo numero di anni durante i quali ho speso tutte le mie energie>>

Ma contrariamente al suo scarso convincimento, fece nascere un’autentica sostanziale rivoluzione nel mondo della Fisica classica, inserendo un nuovo concetto di "discontinuità" responsabile di un totale cambiamento nella spiegazione degli eventi naturali fino allora studiati. Tuttavia, in un discorso del 1894, quando non aveva ancora iniziato lo studio del “corpo nero”, lo scienziato, sottolineava che la sua ricerca nella branca della termodinamica, non sarebbe stata fine a se stessa, ma indirizzata verso una rappresentazione di tutte le forze della natura in un’unica visione. E questo, è ciò che si sta tentando di realizzare ai nostri giorni: una teoria del “Tutto”.
Planck, aveva ormai acceso il concetto fondamentale della Fisica quantistica, per cui una grandezza fisica, è quantizzata quando può assumere una serie di valori che devono essere a loro volta, esclusivamente, multipli interi di un valore minimo al di sotto del quale non può scendere. Necessariamente, una grandezza quantizzata crea uno spettro discreto, vale a dire, in grado di assumere solo insieme di valori discreti. In realtà, il lavoro di Planck anche se accolto con interesse, non ottenne molto credito. Ciò, fu dipeso in parte dalla difficoltà oggettiva di una verifica sperimentale, l’idea, completamente innovativa, poggiava su elementi empirici sebbene matematici ed era considerata una ipotesi tutta da verificare per alcuni fenomeni di difficile interpretazione ancora irrisolti.
Ma il problema di Planck, non era molto diverso da quello che proprio alcuni anni dopo dovette affrontare Albert Einstein (1879-1955), con la sua Teoria della Relatività ristretta, palesemente incompresa dalla comunità scientifica. Tuttavia, nel 1905, fu proprio Einstein, con il suo lavoro incentrato sull’effetto fotoelettrico, che gli valse il premio Nobel nel 1921, a confermare la teoria di Planck.
L’effetto fotoelettrico, pertanto, descrive il comportamento degli elettroni (fotoni) emessi da una superficie metallica osservando che l’energia “E” degli stessi elettroni, non dipende dall’intensità della radiazione luminosa, ma solo dalla sua frequenza “v” in accordo con la relazione E = h v –L , dove “h” è la costante di Planck, “L” è il lavoro che necessita per la separazione dell’elettrone dal metallo conduttore.
Quindi, Einstein, confermava di fatto l’esistenza dei “quanti d’azione” previsti da Planck, per cui essi costituivano una condizione obbligatoria. Ancora un’ulteriore verità svelata: le radiazioni elettromagnetiche (luce) si comportano nello spazio come onde, mentre nei corpi materiali, come corpuscoli, in una duplice realtà. Inoltre, la costante “h” fu inserita da Einstein anche nel campo gravitazionale formulato nella Relatività generale.
Fu, inoltre, attraverso le intuizioni di Planck per quanto riguardava il quid dello spettro del “corpo nero”, che furono applicate nell’anno 1913 da Niels Bohr (1885-1962) premio Nobel 1922, in una nuova figurazione dell’atomo presentata alla comunità scientifica in sostituzione di quella teorizzata da Ernest Rutherford (1871-1937) premio Nobel 1908 per la chimica.
Questo nuovo modello di atomo, prevedeva gli elettroni ruotare in orbite definite, corrispondenti a diversi livelli energetici, attorno al nucleo centrale, e ciò gli fu possibile calcolando le posizioni delle linee spettrali utilizzando la teoria planckiana. Pertanto, Bohr, avanzò l’idea della creazione del quanto d’energia (fotone) prodotta dal salto di un elettrone da una orbita E1 ad energia superiore a quella E2 ad energia inferiore e che tale frequenza fosse formulabile con h = E1 - E2.
Questa nuova visione della struttura atomica, fu alla base della meccanica quantistica comprovando ulteriormente, in modo conclusivo, l’opportunità del quanto d’azione di Planck. Anche la designazione della serie di righe spettrali emesse dagli atomi idrogeno descritte nel 1885 in una equazione empirica dal fisico svizzero Johann Balmer (1825-1896) meglio conosciute come “Serie o righe di Balmer”.
Il fisico francese Louis de Broglie (1892-1987) premio Nobel 1929, dedicatosi tardi allo studio della fisica teorica, presentò una teoria incentrata sulla proprietà ondulatoria delle particelle dove si evince la costante di Planck: ( ? = h / m ? ) dove “?” è la lunghezza d’onda della particella (fotone), “h” è la costante di Planck, “mv” è massa per velocità, in realtà, la quantità di moto dell’elettrone.

Anche per un altro grande fisico austriaco Erwin Schrödinger (1887-1961) premio Nobel 1933, le unità di misura di Planck si prospettarono indispensabili. Le inserì nella sua famosa equazione differenziale formulata nel 1926, forse una delle più complesse, senz'altro fondamentale per il successivo approfondimento all’interpretazione dei fenomeni quantistici. In essa, teorizzò la “Funzione d’onda” come “oggetto quantistico”, interagire con "altri oggetti quantistici" rappresentati da potenziali campi di forza dove si muove una particella. Dal calcolo delle variazioni nello spazio e nel tempo, espresse in un numero complesso, si determina l’ampiezza della “probabilità” di trovare un particella (elettrone) nel tempo e nello spazio, calcolandone anche i livelli energetici all’interno dell’atomo. Inoltre, l’equazione di Schrödinger, fu una conferma delle ben definite “lunghezze d’onda” teorizzate precedentemente da de Broglie, che, in realtà, se non fossero state introdotte da Schrödinger nella sua equazione, non sarebbe stato possibile l’individuazione dell’eventuale particella. Tuttavia, nel 1935, con il famoso paradosso “Il gatto di Schrödinger” lo scienziato, si propose far sapere in modo semplice, con un esperimento mentale, le contraddizioni alle quali giungeva la teoria quantistica. (Si tratta di un esperimento mentale nel quale un gatto viene rinchiuso in una scatola. Il decadimento di un nucleo radioattivo ne causerà la morte in un istante impossibile da determinare).

Ancora, un altro dei creatori della fisica quantistica, fu il fisico tedesco Werner Heisenberg (1901-1976), premio Nobel 1932, già allievo di Bohr, con il suo “principio d’indeterminazione” reso noto alla comunità scientifica nel 1927, teorizzò che il “quanto” di energia (luce) veicolo d’informazione durante l’osservazione di elementi sub-atomici, ne avrebbe modificata la posizione. Di conseguenza, è irrealizzabile definire simultaneamente con precisione, sia la velocità, sia la posizione di una particella, o l’una oppure l’altra, e pertanto, rimane solo l’alternativa di individuare “onde di probabilità”.
Questo principio, introdusse inconfutabilmente l’elemento “probabilità” nella meccanica quantistica. Infine, la costante di Planck, s’inserisce nella legge di Coulomb, nell’Entropia di Boltzmann, nella forma coovariante dell’equazione di Paul Dirac (1902-1984), e nell’Entropia dei Buchi neri teorizzati da fisico israeliano Jacob Beknstein (1947) e dal fisico inglese Stephen Hawking (1942).



Fra l’archivio delle immagini che hanno fatto storia nel mondo della Fisica, senza dubbio, la più significativa e suggestiva per il suo valore simbolico rimane quella del 1929, nella quale appare Planck ormai settantunenne condividere con il cinquantenne Einstein la prima delle medaglie “Max Planck“ istituita per essere assegnata a scienziati che avessero conseguito "risultati notevoli nella fisica teorica". Invero, quella cerimonia rappresentò un atto ufficiale per l’inizio di una nuova era scientifica.

Nel 1930 Planck venne eletto presidente dell'Istituto Kaiser Wilhelm per lo sviluppo della scienza, la principale comunità degli scienziati tedeschi. Con tutto ciò, per aver esternato le proprie idee contrarie nei riguardi del regime nazista, fu espulso dall’Istituto ma fu reinserito alla direzione dello stesso, solo dopo la conclusione della Seconda guerra mondiale. A differenza di molti altri fisici, Planck fu religiosissimo e non ebbe mai certezze positivistiche. A tale proposito così scriveva nel 1938: << Per quanto si voglia guardare, non troviamo da nessuna parte, tra religione e scienza, una contraddizione, ma precisamente, nei punti più decisivi, perfetta concordanza. La religione e le scienze naturali non si escludono a vicenda, come molti oggi credono o temono, ma si completano e si connettono reciprocamente >> E ancora: << La scienza non può svelare il mistero fondamentale della natura. E questo perché in ultima analisi, noi stessi siamo parte dell’enigma che stiamo cercando di risolvere >>

Comunque, Planck ebbe una vita familiare non del tutto serena segnata da molte tragedie: rimasto vedovo il 17 ottobre del 1909 con la scomparsa della moglie Marie, si unì in matrimonio per la seconda volta, il 14 marzo 1911, con Marga von Hösslin (1882-1948), nipote di Marie, dalla quale ebbe un quinto figlio Herrmann (1911-??). Karl, il primo dei figli fu ucciso nel 1916 durante la Prima guerra mondiale. Le due figlie Margarete ed Emma morirono di parto nel 1917 e 1918. Più drammatica fu la morte dell’ultimo figlio Erwin superstite del primo matrimonio. Difatti, nel 1932, era stato nominato sottosegretario di Stato nella Cancelleria del Reich, quando, in occasione della nomina di Hitler a cancelliere avvenuta a gennaio del 1933, fu esonerato dall’incarico per aver manifestato idee prettamente contrarie alla nuova politica che stava instaurandosi in Germania. Nel 1943, dopo un periodo di attività nel settore privato, entrò in contatto con alcuni elementi dell'opposizione militare guidati dal col. Claus von Stauffenberg e finì per prendervi parte. L’organizzazione segreta preparava un colpo di stato (complotto di luglio) che ebbe inizio con il fallito attentato a Hitler del 20 luglio 1944. Erwin, individuato dalla Gestapo, fu arrestato e condannato a morte dal Tribunale del Popolo (Volksgerichtshof). Morì il 23 gennaio del 1945 a Berlino-Plötzensee.

Tuttavia, Planck, contrariamente ad altri numerosi fisici tedeschi che rinunciarono vivere nella Germania nazista emigrando all’estero, volle rimanere in Patria convinto che la scienza tedesca dovesse essere difesa senza abbandonare la propria Patria. Si trasferì a Rogätz, nei pressi di Magdeburgo, nel 1943. La sua casa nei pressi di Berlino a Grunewald fu distrutta da un bombardamento alleato a febbraio del 1944, perdendo fra l’altro una documentazione relativa alle sue ricerche, che dovette ricostruire successivamente con grande disagio. Dopo la fine della Seconda guerra mondiale gli alleati trasferirono lo scienziato nella città di Göttingen dove, bensì l’età avanzata, fu rinominato presidente dell’Istituto Kaiser Wilhelm e pertanto, si prodigò con lo stesso entusiasmo giovanile alla riorganizzazione della scienza tedesca in notevole difficoltà, cercando di contenere, per quanto fosse stato possibile, la diaspora degli scienziati connazionali verso altre nazioni che si verificò tra gli anni ’45 e ’46.
Max Planck, morì il 4 ottobre 1947 all’età di 87 anni, fu sepolto nel Cimitero della città di Göttingen. Le cause del decesso non furono mai rese note.

I più significativi riconoscimenti a Max Planck
(1894) Membro della Reale Accademia Prussiana delle Scienze (Preußische Akademie der Wissenschaften)
(1905-08) - (1915-16) Presidente della Società per il progresso della Scienza “Kaiser Wilhelm
(1918) Premio Nobel per la Fisica.
(1926) Membro straniero della Royal Society di Londra
(1927) Medaglia “Lorentz”
(1929) Medaglia “Max Planck ” (condivisa con Albert Einstein )
(1933) Membro straniero della Società Filosofica Americana
(1930-1937) Membro della Pontificia Accademia delle Scienze (in latino: Pontificia Academia Scientiarum)
(1937) Membro straniero della Royal Society di Edimburgo
(1938) L'asteroide n. 1069 è stato denominato "Stella Planckia" da parte dell'Unione Astronomica Internazionale.
Dopo la Seconda guerra mondiale, la più importante organizzazione scientifica della Germania, il “Kaiser Wilhelm”, fu riorganizzato sotto la nuova denominazione “Max Planck Society”. Inoltre è stato dato il suo eponimo ad un cratere lunare del diametro di 314 km, ubicato nella parte meridionale dell'emisfero lunare.

 

Max Planck fu anche autore di diversi libri:
“Thermodynamik” (Termodinamica) pubblicato nel 1897.
“Theorie der Wärmestrahlung”(Teoria dell’irraggiamento di calore) pubblicato nel 1906.
“Vorträge und Erinnerungen” (Lezioni e solleciti) pubblicato nel 1933.
Erinnerungen” (Memorie) pubblicato nel 1946.
“Akademie-Ansprachen” (Discorsi) pubblicati postumi nel 1948.

Tuttavia, Planck è sempre fra noi. Il suo nome è legato alla sonda spaziale omonima progettata per lo studio di quello che può essere considerato un ”Corpo nero” cioè, l’Universo dal momento del “Big Bang” avvenuto circa 13,7 miliardi di anni fa. Oggi possiamo considerare il Cosmo come l’esempio più sorprendente di uno spettro di “corpo nero” con la sua radiazione emessa dopo l’esplosione quando tutta la materia era contenuta in una "sfera di fuoco primordiale" notevolmente densa e calda. Difatti, la radiazione nell’Universo in espansione può essere paragonata all'incirca a quella di un gas il cui volume espandendosi, si raffredda. Analogamente la radiazione emessa dopo il “Big Bang” è andata sempre più raffreddandosi facendo in modo che la dispersione dei suoi fotoni, all'origine molto energetici, abbiano originato uno spettro di “corpo nero” con una temperatura di soli 2,726 gradi sopra lo zero assoluto, le cui lunghezze d'onda sono disposte nella zona delle microonde. Attualmente, la densità di energia è notevolmente più piccola dal momento iniziale di quando la radiazione fu emessa, tuttavia in conseguenza dell’espansione del volume dell'universo che la contiene, detta energia totale si è conservata.
Di tale scoperta fatta nel 1964, gli autori, furono due statunitensi, Arno Allan Penzias (1933) di origine tedesca e Robert Woodrow Wilson (1936) fisici presso i Laboratori Bell nel New Jersey (USA), i quali individuarono incidentalmente l'esistenza di tale radiazione primordiale ottenendo così entrambi il Nobel nel 1978. Con ciò, si sono avviati negli ultimi due decenni una serie di programmi ad alta tecnologia, sia dagli USA, sia dall’Europa, destinati a confermare ulteriormente e con maggiori dettagli, la radiazione di fondo e svelare l’enigma della materia oscura avvolgente le Galassie.
Il 18 novembre 1989, fu lanciato dalla NASA il satellite scientifico COBE (Cosmic Background Explorer) con il compito di misurare lo spettro della radiazione cosmica di fondo a microonde CMBR (Cosmic microwave background radiation). Nel 1990, dopo diversi tentativi, gli scienziati, riuscirono a leggere i dati trasmessi dalla sonda. La distribuzione dell'energia del fondo primordiale di radiazione cosmica fu misurata dal rivelatore di microonde installato nella sonda, a proposito schermato e raffreddato con elio liquido al fine di neutralizzare eventuali microonde prodotte all’interno dalla temperatura superiore di tre gradi allo zero assoluto; quanto ciò, per evitare eventuali sovrapposizioni sul rilevamento. Sicuramente, il progetto COBE, rappresentò fino allora, la più interessante prova riguardante la teoria del Big Bang. Il progetto, si risolse in una sostanziale vittoria, pervenendo al riscontro di una perfetta armonia con le previsioni teoriche; risultò appunto, che la CMBR avesse uno spettro di “corpo nero” con una temperatura 2,726 gradi Kelvin ed in più, si determinarono le minime variazioni della radiazione (anisotropia). Tuttavia, il risultato finale fu reso pubblico nel 1992 dai due maggiori ideatori e realizzatori del progetto COBE, i fisici statunitensi John C. Mather (1946) e George F. Smoot (1945) ai quali fu assegnato il Nobel nel 2006.
Al successo di COBE fecero seguito una serie d’esperimenti con i progetti BOOMERanG (Balloon Observations Of Millimetric Extragalactic Radiation and Geophysics), WMAP (Wilkinson Microwave Anisotropy Probe) e PLANCK, quest’ultimo attualmente in compimento, tutti finalizzati a misurare con maggiori dettagli le caratteristiche dello spettro angolare e la polarizzazione della CMBR per l’evoluzione della ricerca cosmologica.


L'esperimento BOOMERanG, fu realizzato in collaborazione con l’ENEA di Frascati (Roma), l’IROE-CNR di Firenze, l’INGV di Roma, l’Università “La Sapienza” di Roma, il Queen Mary University di Londra, il CALTECH (California Institute of Technology) e la “Harvard University” del Massachusetts (USA).
Un progetto singolare, perchè fu realizzato per mezzo di un pallone stratosferico lanciato dalla stazione di Mc Murdo nell’Antartide il 29 dicembre 1998, iniziò le osservazioni solo dopo tre ore circa, per tutta la durata del volo di quasi 11 giorni, lungo il 79° parallelo a 38000 metri di quota. I rilevamenti furono eseguiti mediante un telescopio a microonde formato da 16 “bolometri” raffreddati a temperatura vicina allo zero assoluto, il tutto, accuratamente protetto dalle radiazioni terrestri con una sofisticata schermatura. Dopo aver prodotto per la prima volta, una mappa della radiazione fossile ad alta risoluzione determinandone le “anisotropie” presenti nella primitiva formazione della materia, permise inoltre, di stabilire la curvatura spaziale dell'universo.
Nell’anno 2003 furono pubblicati i risultati di nuove misurazioni ancora più risolutive effettuate sempre in Antartide. Responsabili del progetto, gli astrofisici Paolo De Bernardis (1959) dell’Università “La Sapienza” di Roma e Andrew E. Lange (1957-2010) del “California Institute of Technology) ottennero entrambi il premio Balzan per l’Astronomia osservativa nell’anno 2006. Successivamente al COBE, fu messo in orbita il 30 giugno 2001 dalla Florida, il satellite WMAP, suo erede, per calcolare nuovi parametri della radiazione cosmica di fondo con maggiore approssimazione. Il WMAP fu il risultato della collaborazione tra lo “Space Flight Center” della NASA e la “Princeton University” nel New Jersey USA.


Infine, più recentemente, il 14 maggio 2009, un razzo Ariane 5 ECA, ha portato in orbita il satellite Planck dell’ESA (European Space Agency) del peso di circa 2000 kg comprensivi di 50000 lt di elio superfluido per il raffreddamento. Le osservazioni delle microonde sono eseguite in una zona remota del cielo a circa un milione e mezzo di chilometri dalla Terra, lontano da eventuali interferenze emesse dal nostro pianeta, dalla Luna e dal Sole. Planck, include un evoluto telescopio a raggi infrarossi “Herschel” per le microonde e due sofisticate strumentazioni: la prima, a bassa frequenza, realizzata sotto la direzione dell’astroficsico Nazzareno Mandolesi del IASF e CNR di Bologna, la seconda, ad alta frequenza (preamplificatori criogenici) compiuta dall’equipe dei prof. Paolo de Bernardis dell’Università “La Sapienza” di Roma.
Quest’ultima missione nel cosmo, destinata a migliorare la stima dei parametri inerenti la radiazione cosmica di fondo e la sua polarizzazione, nuovi test del modello inflazionario cosmologico, studio e ampliamento delle conoscenze degli ammassi delle galassie, quanto ciò come summenzionato, della materia oscura definita come particelle massive debolmente interagenti (Weakly Interacting massive Particles) e dell’energia oscura (Dark Energy) causa di un effetto antigravitazionale, che fra l’altro, darebbe ragione alla costante cosmologica di Einstein; ma ciò sarà da verificare. Tuttavia, la sonda Planck, continua il suo lavoro per l'acquisizione dei dati scientifici di elevata qualità fino alla fine del 2011 e altri programmi sono in preparazione.

 

Conclusione


Mi rivolgo ai giovani studenti, i quali abbiano avuto la pazienza di leggere questa pagina. Nella foto qui pubblicata, scattata in occasione della più famosa conferenza Solvay, la quinta, tenuta nell’ottobre del 1927, nella quale vi presero parte i ventinove scienziati più famosi del mondo, Einstein, Planck, Bohr, Heisenberg e tanti altri di cui ben diciassette furono successivamente premiati con il Nobel, discussero sulla “Teoria dei Quanti, Neutroni e Fotoni” che proprio in quegli anni stava per instradarsi. Senza dubbio, possiamo considerarli le menti che hanno dato le basi e quindi la possibilità a tutti noi di avere a disposizione quella tecnologia che abitualmente ci consente di vivere meglio sul pianeta. Sono certo che qualcuno di voi, in questa ultima mia affermazione ravveda un certo ottimismo e a tale proposito potrebbe giustamente menzionare Hiroshima e Nagasaki, tragedie delle quali l’umanità spera non possano ripetersi mai più. Robert J. Oppenheimer (1904-1967) uno degli scienziati statunitensi che prese parte al progetto Manhatan, in seguito a tale avvenimento, dichiarò: << Gli scienziati, con Hiroshima e Nagasaki hanno conosciuto il peccato>>

Oggi, tuttavia, resta la speranza che il discendente dall’Homo Sapiens, sia in grado di controllare quel meccanismo binario del bene e del male, risalente alla notte dei tempi e quell’entropia di Clausius, augurandosi che le future generazioni sappiano produrre costantemente una quantità d’entropia negativa, in modo tale, da mantenere in equilibrio l’ecosistema del pianeta.
Infine, un suggerimento per i giovani studenti: <<non ignorate mai tutti coloro che ogni giorno, con notevole dedizione e sacrificio, nei laboratori di ricerca in ogni parte del pianeta, svolgono la loro paziente attività per mezzo della sperimentazione >>

Concludo con una della più significative massime di Albert Einstein che merita una vostra attenta considerazione:
«Cento volte al giorno ricordo a me stesso che la mia vita interiore e esteriore sono basate sulle fatiche di altri uomini, vivi e morti e che io devo fare il massimo sforzo per dare nella stessa misura in cui ho ricevuto»

Bibliografia
“La conoscenza del mondo fisico” di Max Planck – Ed. Boringhieri Torino - 1993
“L' universo in raggi X” di Giacconi Riccardo – Ed. Mondadori - Milano - 2003
“I quanti e la vita” di Niels Bohr - Ed. Bollati Boringhieri - Torino 1965
“La radiazione termica” di Max Planck - Ed. Franco Angeli - Milano - 1999
“La storia della teoria dei quanti” di Gamow George - Ed. Zanichelli - 1966
“Incertezza. Einstein, Heisenberg, Bohr”di Lindley David - Ed. Einaudi - Torino - 2008
“Il danese tranquillo: Niels Bohr” di A. Pais - Ed. Boringhieri - Torino - 1993
“Trent'anni che sconvolsero la fisica” di G. Gamow - Ed. Zanichelli - Bologna - 1966
“L’ universo senza fine” di Tullio Regge – Ed. Mondadori – Milano - 1999
“Personaggi e scoperte della fisica contemporanea” di E. Segrè – Ed. Mondadori – Milano - 1966
“I numeri dell’ universo” di John D. Barrow - Ed. Mondadori – Milano - 2003
“Un Universo piatto da mappe ad alta risoluzione della Radiazione di cosmica di fondo” Articolo pubblicato il 27-4-2000 su “Nature”


Scendendo nelle tenebre, nel cimitero di Gottingen,
è ricordato solo col nome e cognome (come voleva lui)
con una piccola e semplice stele in pietra.
Ed era l'uomo che "ha spezzato la luce" !!!


(al contrario di certi vanitosi/e cafoni/e,
che sulla lapide del loro caro, al nome fanno precedere
anche i tanto effimeri titoli: Arch, Dott. Ing, Avv, Prof.
Non si devono confondere col macellaio, col verduriere, col pizzaiolo, ecc.
Che insulsa vanità.

 

vedi anche ALBERT EINSTEIN > >

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