La figura del filosofo nel pensiero
PLATONICO

 

Prof. Giovanni Pellegrino
Prof.ssa Mariangela Mangieri

In questo articolo prenderemo in considerazione la figura del filosofo presente nel pensiero platonico.
Nella “Repubblica” il grande capolavoro della maturità, Platone cercò di ricucire la drammatica frattura etico-politica che si era venuta a creare con la morte di Socrate nella polis di Atene.

Come tutti sanno Platone prese le distanze, rispetto alla situazione morale e politica del suo tempo: Atene, pur essendo la città più colta e civile della Grecia, aveva condannato Socrate e questo per Platone non era altro che l’ultimo di una lunga serie di azioni compiute dagli ateniesi al di fuori di qualsiasi criterio razionale e morale.

Per comprendere chiaramente il significato della filosofia di Platone bisogna tenere presente che egli da giovane desiderava soprattutto dedicarsi alla vita politica ma il modo in cui era governata Atene gli impedì di attuare questo suo desiderio.

A tale riguardo Platone nella Lettera VII affermò che le leggi e i costumi si corrompevano nella città di Atene in maniera rapidissima. Platone osservando la situazione politica esistente nella città, benchè desiderasse moltissimo dedicarsi alla vita politica, abbandonò completamente tale progetto. Egli si rese conto che i problemi e le sciagure degli esseri umani non sarebbero mai finiti se prima non fossero giunti al potere uomini veramente filosofi che potessero opporsi al governo degli uomini malvagi. (Platone, Lettera VII)

In estrema sintesi possiamo dire che Platone giunse alla convinzione che per risolvere tutti i problemi delle città greche esisteva una sola soluzione: affidare il governo delle città ai filosofi. (Platone, Lettera VII).
Possiamo dire che la riflessione platonica riscontrabile nella Repubblica si muove lungo due binari per molti aspetti paralleli e simmetrici: sia la polis che l’anima sono giusti se sono guidati dalla ragione.
Al contrario nelle anime e nelle polis ingiuste dominano l’irrazionalità e la corruzione. Platone mise in evidenza che nel mondo greco tutte le città avevano importanti problemi etici e morali, perché non esistevano uomini giusti che detenevano il potere.

Di conseguenza in sede antropologico-politica si profilano nella filosofia platonica due ideali opposti e antitetici, ovvero il filosofo ed il tiranno. Platone era consapevole che il filosofo nella mentalità dominante era schernito molto spesso per la sua vita povera e per molti versi in contrasto con la forma mentis della maggior parte degli individui: al contrario il tiranno era considerato l’uomo più felice esistente al mondo dal momento che era in grado di ottenere beni materiali e piaceri di ogni tipo in misura molto maggiore degli altri uomini, violando senza nessuna difficoltà le norme morali e giuridiche.

Tale idea presente nella mentalità dominante al tempo di Platone risultava inaccettabile per il filosofo. Cercheremo ora di spiegare perché secondo Platone gli unici in grado di governare in maniera ottimale le città erano i filosofi. Platone parte dalla convinzione che gli unici in grado di accedere al sapere supremo sono i filosofi dal momento che le conoscenze filosofiche sono verità universali e perfette in quanto restano sul mondo degli archetipi. (l’edologia platonica è il fulcro sia della gnoseologia, sia dell’ontologia del filosofo ateniese nonché dell’assiologia).

La conoscenza suprema alla quale deve giungere il filosofo è costituita dall’idea del Bene: tale idea è il fondamento ultimo della verità eterna ed immutabile poiché sta al vertice della gerarchia degli archetipi. La teoria della dialettica e dell’idea del bene è senza dubbio la parte più difficile del pensiero platonico ( il sapere “ dialettico” si identifica con il "sapere supremo" al quale possono giungere solamente i filosofi).

In sintesi i filosofi sono gli unici in grado di governare poiché la conoscenza dell’Idea del Bene li mette in grado di fare delle scelte politiche tali da assicurare il bene e la salvezza dello Stato. Inoltre con il governo dei filosofi era possibile secondo Platone eliminare tutte le forme possibili di corruzione riscontrabili nelle città greche.
Negli ultimi libri della Repubblica Platone descrive cosa accade nelle città se esse non sono governate dai filosofi. In un primo momento le città sono governate dagli uomini dominati dal desiderio di potere e di fama che costituiscono un governo oligarchico che sfrutta i sudditi al fine di perseguire gli interessi di quel ristretto numero di persone che detengono il potere.

Tuttavia inevitabilmente tale comportamento scatena la reazione degli oppressi che abbattono il regime oligarchico, costituendo un governo di tipo democratico. A dire di Platone il regime democratico è caratterizzato da una perfetta anarchia dove ognuno si arroga il diritto di fare ciò che vuole in spregio agli interessi dello Sato. Inoltre per Platone il regime democratico è intrinsecamente debole e instabile.

Di tale situazione ne approfitterà prima o poi il tiranno che promettendo al popolo di realizzare ogni suo desiderio finirà per renderlo schiavo in maniera totale ed assoluta.

In definitiva alla resa dei conti per Platone esistono solo due alternative: o governano i tiranni o governano i filosofi. Platone era consapevole che il governo dei filosofi era difficile da realizzare e ancor più difficile da mantenere a causa della fragilità strutturale della natura umana.

Concludiamo il nostro discorso su Platone mettendo in evidenza che nell’ultimo dialogo da lui scritto ( Le leggi ) il filosofo sembra rendersi conto che lo Stato perfetto governato dai filosofi teorizzato nella Repubblica non è realizzabile a causa della debolezza della natura umana.

Per tale ragione Platone nelle Leggi propone un modello di Stato meno perfetto ma più calato nella realtà. In sintesi in tale dialogo Platone afferma che la costituzione perfetta è quella che è in grado di contemperare prendendone gli aspetti migliori, i vari regimi esistenti.

In conclusione possiamo dire che i filosofi sono per Platone le uniche persone in grado di evitare che la corruzione e la malvagità prendano potere nelle città. I filosofi sono le uniche persone in grado di garantire che la pace, la prosperità e il bene siano presenti nelle città. Di conseguenza per Platone i filosofi sono gli unici che meritano di governare gli stati.

Platone dalla tragica morte di Socrate imparò che nessun tipo di costituzione politica esistente nella Grecia del suo tempo poteva opporsi al dominio del male e della corruzione che era il problema principale riscontrabile nelle polis greche

 

Prof. Giovanni Pellegrino
Prof.ssa Mariangela Mangieri

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