FILOSOFIA

LA PRESENZA DELLE PROFEZIE
nel mondo greco e romano

Prof. Giovanni Pellegrino

Sia nel mondo greco sia in quello romano le profezie esercitavano una forte influenza, tanto su chi apparteneva alle classi sottoposte quanto su chi deteneva i vari tipi di potere; a Roma perfino gli imperatori subivano l’influenza degli oracoli e dei sacerdoti addetti alla formulazione delle profezie. Cominceremo col prendere in considerazione l’importanza delle profezie nel mondo greco per poi passare a interessarci del modo in cui esse influenzavano gli antichi romani, sia al tempo della Repubblica sia a quello dell’Impero.

Per quanto riguarda l’antica Grecia, tanto le fonti letterarie e poetiche quanto quelle filosofiche e storiche testimoniano che le profezie giocavano un ruolo di primaria importanza.

Prima di prendere in considerazione alcune fonti poetiche e letterarie riteniamo però opportuno fare qualche considerazione sulla religione greca e sulla concezione che i Greci avevano degli dei, al fine di far comprendere al lettore come tale religione dovette spingere per forza di cose gli individui a dare molta importanza alle profezie.

Una delle principali caratteristiche della religione greca era il forte antropomorfismo: gli antichi greci attribuivano agli dèi sia le migliori qualità degli uomini, sia i loro peggiori difetti. Di conseguenza per i greci gli dei interferivano molto spesso nelle faccende degli uomini – anche in quelle più banali – per cui si può dire che nella religione olimpica le barriere che separavano il mondo degli dei da quello degli uomini erano abbastanza labili (tanto che nei miti capitava spesso che Giove e anche altre divinità si concedessero di avere rapporti sessuali con le donne e di generare figli dalle caratteristiche semidivine).

Il fatto che le barriere tra il mondo degli dèi e quello degli uomini fossero labili è dimostrato dal fatto che sia nella religione greca sia in quella romana, alcuni uomini, dopo la loro morte erano divinizzati (per fare un esempio Romolo, fu divinizzato dopo la morte col nome di dio Quirino) inoltre alcuni uomini, figli di un essere umano e di una divinità, (Dioniso), vennero a loro volta adorati in un secondo momento come divinità nella religione greca.

Sempre nella religione greca Adone, che era un essere umano bello al punto da fare innamorare la dea Venere, fu divinizzato dopo la morte, causata da un cinghiale lanciatogli contro dal dio Marte. Gli studiosi della religione greca definiscono queste divinità, che prima di diventare tali erano esseri umani, col termine tecnico di “dei vicenda”. D’altra parte, anche le dee non disdegnavano di avere rapporti sessuali con gli uomini, tanto è vero che il famosissimo eroe Achille era figlio di un uomo (Peleo) e di una dea del mare, in altre parole Teti.

Altre volte, invece, le divinità assumevano atteggiamenti duri e vendicativi nei confronti degli esseri umani. Tali atteggiamenti erano talvolta giustificati da gravi colpe morali e religiose commesse dagli uomini o dalle donne, oppure dal fatto che gli esseri umani diventavano troppo superbi a causa dei successi che avevano ottenuto dimenticando la propria natura umana. Tale superbia, denominata dagli antichi greci hybris, faceva scatenare la vendetta divina, che nell’antica lingua greca era denominata nemesis. Altre volte invece potevano accadere che uomini o donne che non avevano commesso gravi colpe erano colpiti dalle punizioni divine per motivi che nemmeno loro riuscivano a comprendere.

Di conseguenza nel mondo greco una delle questioni religiose più complesse era proprio quella di capire se un individuo godesse dell’appoggio degli dèi o se fosse inviso alle divinità, in quanto i criteri della giustizia divina non erano sempre molto chiari e ben definiti come in altre religioni. Per fare un esempio tratto dalla letteratura greca, nelle tragedie i personaggi che venivano colpiti dalla vendetta divina non sempre avevano commesso colpe per loro libere scelte, ma anzi a volte erano stati gli stessi dei a creare delle situazioni tali da indurre i protagonisti a compiere azioni moralmente sbagliate al solo scopo poi di poterli colpire. A volte poi capitava che il protagonista di una tragedia compisse un’azione moralmente sbagliata perché ignaro della situazione nella quale si trovava ad agire (ad esempio, Edipo ha rapporti incestuosi con propria madre perché ignora tale legame di parentela).

Se poi al problema che agli individui riusciva difficile comprendere quale atteggiamento gli dèi avevano assunto nei loro riguardi aggiungiamo che gli uomini non dovevano solo fare i conti con gli dèi ma anche con il Fato, comprendiamo il motivo per cui gli individui appartenenti a tutte le classi sociali ricorrevano agli oracoli e alle profezie per cercare di saper che cosa il futuro riservassero loro.
Non dobbiamo infatti dimenticare che la credenza nell’esistenza del Fato giocava un ruolo di grandissima importanza nella religione greca. In sintesi, il Fato era una forza cosmica davanti alla quale si dovevano piegare non solo gli uomini ma anche gli dèi compreso lo stesso Zeus che era il capo degli dèi nella religione olimpica.
Nell’Iliade, per esempio, lo stesso Achille (che non era un uomo come tutti gli altri essendo figlio di un uomo e di una dea) non può sfuggire al volere del Fato che aveva deciso che l’eroe greco morisse durante la guerra di Troia. Anche la madre di Achille, la dea Teti, non può far niente per salvare il figlio e deve piegarsi al volere del Fato.
La religione olimpica greca spingeva gli uomini a ricorrere agli oracoli, alle profezie, ai veggenti e agli astrologi. Inoltre, nei periodi particolarmente difficili per il singolo individuo o per la collettività (in caso di guerre particolarmente lunghe e violente oppure in caso di epidemie di malattie quali la peste) era inevitabile che gli uomini cercassero qualcuno che dicesse loro cosa, riservava il futuro.

Fatte queste premesse non ci devono sorprendere se tra le funzioni che i templi, dedicati alle varie divinità svolgevano nell’antica Grecia c’era anche quella di fornire oracoli. A dire il vero, nella religione greca i templi svolgevano varie funzioni: assicurare lo svolgimento di determinati riti e sacrifici, detenere beni e denaro in notevole quantità, essere luoghi dove venivano decise alleanze politiche, fornire oracoli e in alcuni casi assicurare agli individui rapporti sessuali mediante la prostituzione sacra.
Per quanto riguarda la prima funzione appare evidente che nei templi di ogni religione vi devono essere sacerdoti che diano la possibilità di assistere a riti religiosi e di chiedere l’esecuzione di sacrifici in onore degli dèi. Nella religione greca olimpica i templi dedicati a quasi tutte le divinità svolgevano tale funzione ritualistica, e in essi avvenivano spesso sacrifici agli dèi per attirarsi la loro protezione.

Oltre a tale funzione ritualistica i templi nell’antica Grecia svolgevano spesso anche un ruolo importante a livello economico, poiché detenevano notevoli quantità di denaro e possedevano anche beni immobili. Per quanto riguarda la funzione politica che alcuni templi esercitavano, faremo un esempio molto espressivo: la Lega Delo-Attica che era sottoposta al dominio ateniese aveva come suo punto di riferimento il tempio di Delo, che conteneva anche notevoli quantità di denaro derivante dai tributi che gli ateniesi imponevano alle città che facevano parte di tale lega. Come noto, la Lega Delo-Attica controllata da Atene ebbe una notevole importanza nello scoppio della guerra del Peloponneso. In tale guerra alla Lega Delo-Attica si oppose la lega che si trovava sotto il controllo di Sparta: tale lega era costituita, oltre che da Sparta, dalle principali città del Peloponneso.
Esistevano poi alcuni templi che svolgevano la funzione di fornire oracoli. Soprattutto le sacerdotesse dei templi dedicati ad Apollo avevano questo potere: particolarmente famoso per gli oracoli era il tempio di Delfi. Accadeva spesso anche che le donne in preda alla “mania” dionisiaca ricevessero dal dio Dioniso il potere di fare profezie.

Infine, in alcuni templi (soprattutto dedicati alla dea Venere) si svolgeva la prostituzione sacra, basata sul fatto che le sacerdotesse accettavano di concedersi sessualmente alle persone che vi si recavano a condizione che costoro facessero offerte di denaro al tempio in onore della divinità alla quale era dedicato.

Dopo tali considerazioni riguardanti alcune delle caratteristiche della religione greca si prenderanno in considerazione alcune fonti provenienti dalla letteratura greca che dimostrano quale importanza avesse nel mondo greco le profezie, in tutti i periodi della storia dell’antica Grecia. La prima opera che prenderemo in considerazione è uno dei due poemi omerici che abbiamo già citato di sfuggita: ci riferiamo all’ILIADE, che deve essere considerato il più antico dei due poemi epici attribuiti ad Omero. Vogliamo premettere che il mondo che viene descritto nell’Iliade è un mondo molto diverso da quello che viene descritto nei poemi di Esiodo ma è anche diverso dal mondo che viene descritto nell’ODISSEA, in quanto nell’Iliade le virtù più importanti sono quelle che tradizionalmente venivano attribuite ai guerrieri.
I due principali eroi dell’Iliade sono Achille, il più forte e valoroso degli eroi greci, ed Ettore, il più valoroso tra i figli di Priamo re di Troia. Nell’Iliade appare chiaro che esistono delle profezie che riguardano anche Achille ed Ettore, la cui sorella Cassandra era dotata di un notevolissimo potere mantico (la mantica nell’antica Grecia era la capacità di formulare profezie sotto l’influenza di alcune delle divinità olimpiche: soprattutto, Dioniso e Apollo).

Cominceremo a prendere in considerazione la profezia che riguarda Achille, alla quale fu predetto che se fosse partito per Troia non sarebbe tornato vivo nella sua città. Achille cercò in vari modi di non partire per la guerra ma Agamennone lo costrinse ricordandogli che Paride rapendo Elena non ne aveva offeso solo il marito, ma tutti i re greci che dovevano quindi vendicare l’offesa distruggendo Troia. Una volta giunto a Troia Achille si dimostrò subito il più valoroso tra gli eroi greci, al punto tale che uccise in duello Ettore per vendicare l’amico Patroclo, i quali era stato a sua volta ucciso da Ettore che lo aveva scambiato per Achille poiché ne indossava le armi.

Priamo, re di Troia e padre di Ettore, si recò da Achille di nascosto per pregarlo di restituirgli il corpo di suo figlio Ettore e permettergli così di rendergli gli onori funebri. Questo è uno dei passi più espressivi dell’Iliade per quanto riguarda il discorso sulla profezia (ben conosciuta da Achille) secondo la quale l’eroe greco non sarebbe più tornato vivo in Grecia. Infatti, durante l’incontro notturno con Priamo Achille decise di consegnare al re troiano il corpo di Ettore e disse a Priamo, disperato per la morte del figlio, che egli stesso avrebbe raggiunto Ettore nell’Ade molto presto, per questo motivo i due eroi si sarebbero ben presto incontrati nel mondo dei morti. Come si vede, pronunciando tali parole Achille era consapevole che niente poteva impedire che tale profezia si realizzasse, perché questo era il volere del Fato.

Per quanto riguarda Ettore dobbiamo dire che anche il più valoroso dei guerrieri troiani sapeva che cosa il futuro riservava sia a lui sia alla città di Troia. Per far comprendere al lettore come mai Ettore sapeva che sarebbe stato ucciso da Achille e anche che Troia sarebbe stata distrutta dai Greci dobbiamo parlare di Cassandra, una figlia di Priamo che aveva ricevuto il dono della profezia.

Racconteremo ora in breve le tristi vicende che riguardano proprio CASSANDRA. Lei aveva rifiutato l’amore di Apollo, che si era invaghito di lei. Apollo, per vendicarsi del rifiuto di Cassandra nell’avere rapporti sessuali con lui, le diede il dono della profezia, accompagnato tuttavia dalla maledizione che nessuno avrebbe creduto alle profezie di Cassandra, sebbene tutti tali presagi si siano inevitabilmente realizzati. Cassandra è passata alla storia come la più famosa profetessa di sventure del mondo greco, poiché tutte le sue profezie riguardavano avvenimenti tragici per i troiani.
Ettore aveva quindi saputo dalla sorella che se avesse accettato la sfida di Achille (che voleva vendicare Patroclo) non sarebbe più tornato vivo a Troia, non avrebbe più rivisto il padre, la moglie e il figlio; e inoltre l’eroe troiano era consapevole che la sua morte avrebbe notevolmente indebolito l’esercito troiano, facilitando la vittoria dei greci. Nonostante tutto, il suo onore di guerriero gli imponeva di accettare la non pari sfida con Achille, per non passare per vigliacco. Per questo Ettore affrontò in duello Achille e fu ucciso dall’eroe greco. Anche questa volta le profezie di Cassandra si erano avverate. Dopo la caduta di Troia la profetessa troiana divenne schiava di Agamennone che la portò in Grecia, ma l’infelice Cassandra alla fine fu uccisa da Clitennestra.

Dopo aver visto l’importanza delle profezie nell’Iliade prendiamo ora in considerazione i poemi di ESIODO che si differenziano molto dai poemi omerici, poiché non hanno come protagonisti guerrieri ed eroi ma gente comune che svolge lavori umili e faticosi e non desidera la gloria ma solamente vivere una vita normale. Anche nei poemi di Esiodo si intuisce chiaramente che nel mondo greco le profezie avevano una grande importanza.

Anche nelle tragedie accade spesso che il o i protagonisti di molte di esse ricevano profezie chiaramente sfavorevoli e spiacevoli, cosicché alcuni di questi personaggi fanno il possibile per evitare che tali profezie si realizzino. Poiché gli uomini nulla possono contro la volontà degli dèi, né contro quella del Fato, queste profezie inevitabilmente si realizzano sempre.
Non solo nella letteratura, ma anche nella filosofia si nota l’importanza delle profezie nel mondo greco; sebbene in maniera meno evidente. Citeremo quali esempi di filosofi che secondo la tradizione hanno formulato profezie Empedocle e Pitagora.

EMPEDOCLE è una figura molto particolare nella storia della filosofia greca perché ebbe la fama di essere un filosofo-mago dotato di grandi poteri. Sempre secondo la tradizione Empedocle formulò varie profezie utilizzando i suoi poteri paranormali. Anche PITAGORA deve essere considerato un filosofo molto particolare perché sembrava essere dotato di poteri fuori dal normale. Di conseguenza anche a Pitagora sono attribuite varie profezie e inoltre egli è considerato non solo un filosofo ma un iniziato.
Chiudiamo il discorso sull’importanza delle profezie nel mondo greco mostrando che nel periodo ellenistico anche alcuni storici che s’interessarono alla vita e alle imprese di Alessandro Magno mostrarono che Alessandro aveva dato molto credito agli oracoli e alle profezie. Soprattutto negli ultimi tempi della sua vita, dopo aver conquistato l’impero persiano, Alessandro Magno divenne molto incline a sospetti e diffidenze di ogni tipo, ragione per la quale, secondo alcuni suoi biografi, egli cercava spesso di sapere, consultando gli oracoli o persone che dicevano di essere dotate di questo dono, in altre parole, cosa gli riservava il futuro.

Curzio Rufo, uno storico latino, parlando della vita e delle imprese di ALESSANDRO MAGNO, mostra che nel grande condottiero macedone erano contemporaneamente presenti alcune delle più nobili virtù umane e alcuni dei più gravi difetti riscontrabili nella natura umana. Curzio Rufo e altri storici che s’interessarono delle vicende di Alessandro Magno ci dicono che a un certo punto della sua vita il condottiero macedone affermava pubblicamente che il suo vero padre non era Filippo ma addirittura Zeus che a dire di Alessandro avrebbe avuto un rapporto sessuale con Olimpia (sua madre), dal quale sarebbe nato il grande condottiero macedone.

Detto ciò, si prenderà in considerazione l’importanza delle profezie nel mondo romano, ai tempi della Repubblica e dell’Impero. Dobbiamo premettere che la religione aveva legami molto stretti con lo Stato nel mondo romano. A Roma esistevano sacerdoti che avevano proprio il compito di aiutare il Senato nelle scelte più importanti facendo profezie. Tali sacerdoti erano gli aruspici, che erano considerati molto esperti nell’utilizzare gli animali uccisi durante i sacrifici e gli eventi naturali anomali per fare profezie. Nel mondo romano gli aruspici ebbero problemi quando si passò dalla Repubblica all’Impero, perché alcuni imperatori tentarono di limitare le attività degli aruspici emanando leggi che permettevano a loro di svolgere il compito solo nei templi e non nelle case dei privati cittadini. Infatti, alcuni imperatori particolarmente sospettosi (ad esempio Tiberio negli ultimi anni della sua vita) temevano che gli aruspici potessero formulare in casa di private profezie che li istigassero a organizzare congiure contro gli imperatori stessi.

Un discorso diverso va fatto per COSTANTINO, che come tutti sanno fu il primo imperatore romano a convertirsi alla religione cristiana. Costantino emanò leggi molto severe che proibivano agli aruspici di fabbricare profezie nelle case dei privati cittadini. Costantino, pur essendosi convertito alla religione cristiana (??), era consapevole che la maggioranza dei suoi sudditi erano pagani, cosicché anche se disprezzava gli aruspici ben sapeva di non poter proibire loro di svolgere il loro ruolo nei templi. Infatti, visto il prestigio di cui essi godevano, se Costantino avesse proibito loro di svolgere la loro attività anche nei templi sarebbe quasi certamente scoppiata una rivolta che avrebbe messo in pericolo sia la vita sia il potere imperiale di Costantino. L’imperatore si limitò quindi a punire severamente sia gli aruspici che accettavano di recarsi nelle case private, sia gli individui che li invitavano.
Non dobbiamo tuttavia pensare che a Roma nel periodo imperiale gli aruspici fossero i soli a fare previsioni sul futuro, dal momento che essendosi diffusa nell’impero romano la credenza nell’astrologia il potere degli astrologi era andato sempre più aumentando, e i trattati di astrologia incontravano il favore e l’interesse di molti cittadini. Inoltre, in alcuni templi romani esistevano sacerdotesse famose per avere ricevuto dagli dèi il dono della profezia. La più famosa era la Sibilla Cumana
.
Anche nella letteratura latina si parla di profezie. Per fare un esempio anche nell’ENEIDE, una delle più famose opere della letteratura latina, si parla di profezie. A Enea è fatto sapere che aveva ricevuto la missione di fondare una nuova città nel Lazio e che sarebbe diventato il progenitore di un popolo che avrebbe dominato il mondo, in altre parole il popolo romano. Enea si era innamorato di Didone, regina di Cartagine, e aveva deciso di non continuare il suo viaggio al fine di sposare Didone. Per evitare che Enea restasse a Cartagine Giove ordinò a Mercurio (Mercurio nella mitologia greca e romana era il messaggero degli dèi) di recarsi da Enea per fargli sapere che gli dèi gli avevano affidato la missione di fondare una nuova città nel Lazio: per questo motivo il principe troiano non poteva restare a Cartagine e di conseguenza non poteva sposare Didone. Come si vede, in questo caso sono gli dèi stessi a profetizzare a Enea che egli sarebbe diventato il capostipite di un popolo destinato a dominare il mondo.

Possiamo anche dire che in tutta la storia romana, sia nel periodo repubblicano sia in quello imperiale, gli oracoli e le profezie condizionavano molto il comportamento degli individui, sia appartenenti alle classi dominanti sia a quelle sottoposte. Dobbiamo anche tenere presente che molti romani pensavano che anche attraverso i sogni, gli dèi potessero comunicare informazioni agli uomini sugli eventi futuri. Per fare un esempio molto conosciuto e raccontato da diverse fonti citeremo il sogno profetico della moglie di CESARE la notte che precedette la congiura degli idi di marzo che causò la morte di Cesare.
In quella notte la moglie del condottiero romano fece un sogno spaventoso che le fece capire che il marito rischiava di essere ucciso. Lei la mattina dopo riferì il sogno a Cesare, invitandolo a non recarsi in Senato o almeno a farsi scortare da un numero sufficiente di soldati. Cesare non diede alcun valore alle parole della moglie e considerò il sogno che lei gli aveva raccontato privo d’importanza; cosicché decise di andare in Senato privo di scorta. Questa decisione gli costò la vita.

Nella letteratura latina si trovano autori che affermano che alcune profezie siano state effettuate da fantasmi di persone morte. L’esempio che intendiamo riportare riguarda ancora la morte di Cesare ed è raccontato da varie fonti. Come sappiamo, dopo la morte di Cesare ci fu una parte della popolazione che appoggiò i congiurati e un’altra parte che invece condannò l’uccisione, cosicché la morte di Cesare diede origine a una vera e propria guerra civile. Marcantonio e Ottaviano, pronipote di Cesare, erano a capo dell’esercito che voleva punire i congiurati, mentre Bruto e Cassio comandavano un altro esercito che era deciso a dare battaglia a Marcantonio e Ottaviano.

Lo scontro decisivo tra questi due eserciti si svolse a Filippi. La notte che precedette la battaglia Bruto, che insieme a Cassio comandava l’esercito dei congiurati, non riusciva a dormire e si aggirava nervosamente nella sua tenda camminando continuamente. All’improvviso gli apparve il fantasma di Cesare che (come tutti sanno) aveva adottato Bruto e lo amava come un figlio: ragion per cui, quando si accorse che anche Bruto faceva parte della congiura, smise di difendersi e pronunciò la famosissima frase: Quoque tu Brute fili mi. Il fantasma di Cesare si avvicinò a Bruto e gli rivolse queste parole: “Bruto, sono il tuo cattivo genio. Ci rivedremo a Filippi”. Con questa frase il fantasma di Cesare profetizzò a Bruto il fatto che sarebbe stato sconfitto da Marcantonio e Ottaviano a Filippi e sarebbe morto nel corso della battaglia. Per questo motivo Bruto il giorno dopo avrebbe incontrato Cesare nell’Ade. E così avvenne, poiché Bruto, sconfitto, per non cadere nelle mani di Antonio e Ottaviano si uccise con la propria spada.

Come abbiamo visto, quindi, anche nel mondo romano le profezie provenivano da varie fonti e non solamente dai sacerdoti e dalle sacerdotesse della religione tradizionale romana. Possiamo quindi finire quest’articolo mostrando che finché Roma e la Grecia restarono pagane le profezie, indipendentemente dalla fonte da cui provenivano, condizionarono molto il comportamento degli antichi romani e greci. Quando poi la religione cristiana si affermò nell’impero romano – e conseguentemente anche nella Grecia, diventata molto prima dell’avvento del cristianesimo una provincia appartenente all’impero romano.
Le tradizionali profezie pagane continuarono a esercitare il loro fascino soprattutto nelle campagne, dove la maggior parte degli abitanti restò pagana per molto tempo ancora sebbene la religione cristiana fosse diventata la venerazione ufficiale dell’impero romano, e nonostante che nelle città la popolazione urbana si era convertita interamente al cristianesimo e aveva abbandonato la religione pagana.

Nelle campagne esistevano, infatti, ancora degli individui che affermavano di avere ricevuto dagli dèi della tradizionale religione degli antenati il potere di fare profezie. Dobbiamo infine mostrare che accadeva abbastanza spesso, sia nel mondo greco sia in quello romano, che alcuni individui, che si credeva avessero capacità mantiche finivano per accumulare considerevoli somme di denaro, poiché quanti desideravano ricevere delle profezie, erano disposti a pagare somme di denaro anche di non trascurabile entità per convincerli ad accondiscendere alle richieste.

Riteniamo opportuno chiudere quest’articolo citando un passo tratto dagli ATTI DEGLI APOSTOLI, uno dei libri più importanti del Nuovo Testamento, che è una delle due parti che compongono la Bibbia. Durante uno dei suoi viaggi finalizzati a diffondere la religione cristiana tra i pagani, Pietro venne a sapere che nella città dove egli stava predicando la dottrina cristiana, cercando di convertire quante più persone erano possibili, vi era una giovane schiava che all’improvviso aveva acquistato capacità divinatorie, che le permetteva di conoscere ciò che sarebbe accaduto in futuro. Tale notizia si era rapidamente diffusa nella città, dove Pietro stava predicando, cosicché molte persone si recavano dal padrone della schiava per chiedergli il permesso di avere informazioni su cosa il futuro riservavano loro. Il padrone rispose che se volevano incontrare la schiava e ricevere profezie doveva pagargli una somma di denaro. Adottando questo comportamento il padrone accumulò notevoli somme di denaro sfruttando i poteri mantici della sua schiava.

Come si vede, non accade solo oggi che ci siano individui disposti a dare grandi somme a maghi, ad astrologi, a cartomanti e a persone dotate di capacità paranormali, poiché anche nel mondo classico (come dimostra il passo degli Atti degli Apostoli che abbiamo ora preso in considerazione) esistevano molte persone disposte a pagare notevoli somme di denaro per conoscere il proprio futuro consultando uomini o donne dotate di capacità mantiche e divinatorie.

Prof. Giovanni Pellegrino

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