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Le fonti scritte indirette su

SOCRATE

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PROCESSO E MORTE DI SOCRATE
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Prof. Giovanni Pellegrino
Prof.ssa Mariangela Mangieri

POI A META' PAGINA SEMPRE DEL PROF. PELLEGRINO
I PRINCIPALI ELEMENTI DEL PENSIERO DI SOCRATE

Come tutti sanno Socrate non ha lasciato nessuna opera ragion per cui non è facile ricostruire gli elementi fondamentali del pensiero socratico.

Gli storici della filosofia hanno cercato di ricostruire il pensiero socratico utilizzando le cosiddette fonti indirette che parlano delle principali dottrine di Socrate. La prima fonte indiretta è rappresentata dalla commedia di Aristofane: “le Nuvole”.

Vogliamo mettere in evidenza che in tale commedia Socrate viene rappresentato secondo il modello dei peggiori sofisti e gli vengono attribuiti interessi naturalistici di scarsa importanza, tipici degli studiosi dei fenomeni naturali. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che Aristofane abbia frainteso gli insegnamenti di Socrate, mentre altri studiosi hanno pensato che Aristofane abbia voluto intenzionalmente mettere in cattiva luce il filosofo ateniese dando un’immagine distorta di lui. Infatti Socrate era uno dei personaggi preso in considerazione da Aristofane nella sua commedia.

Tuttavia anche se consideriamo attendibile l’ipotesi che Aristofane abbia voluto calunniare Socrate, esistono altri dati che fanno pensare che le affermazioni di Aristofane rispecchiavano le idee che la maggior parte degli ateniesi contemporanei avevano su Socrate dal momento che con tutta probabilità Socrate non appariva una figura nettamente diversa da quella dei sofisti.

Esistono vari dati di fatto che fanno pensare che molti contemporanei consideravano Socrate un sofista, come Isocrate e il suo discepolo Androzione ed Eupoli. Non dobbiamo dimenticare che anche tra i socratici minori i modi di intendere gli insegnamenti di Socrate erano tutt’altro che uniformi. Inoltre molte testimonianze relative al processo che causò la condanna a morte di Socrate fanno pensare che i “conservatori “ateniesi consideravano Socrate un pericoloso sofista.

Detto ciò prenderemo in considerzione il secondo gruppo di fonti scritte su Socrate ovvero i testi platonici. Tali testi costituiscono la testimonianza più importante in quanto PLATONE fu amico e discepolo di Socrate e pertanto ebbe modo di conoscerlo a fondo. Tuttavia come fonti del pensiero socratico le opere platoniche non possono essere prese alla lettera per almeno due motivi.
In primo luogo Platone tende sempre ad esaltare Socrate al di sopra di tutti i suoi contemporanei.
In secondo luogo tende ad accentuare le differenze che separano Socrate dalla cultura contemporanea ateniese.

Dobbiamo mettere in evidenza che per tali ragioni di non trascurabile importanza Platone ci fornisce un’immagine di Socrate fortemente curvata secondo una particolare prospettiva e di conseguenza attendibile fino a un certo punto anche dal momento che Platone quando ci parla di Socrate ce lo presenta in un’ottica condizionata da intenti apologetici.
Infine dobbiamo anche mettere in evidenza che spesso Platone utilizza la figura di Socrate come portavoce di dottrine che Socrate non può avere sostenuto e che sono da attribuire a Platone stesso.

In definitiva quindi se da un lato bisogna privilegiare gli scritti di Platone e ricostruire il pensiero di Socrate, dall’altro bisogna tenere conto delle difficoltà che abbiamo messo ora in evidenza relative all’utilizzazione degli scritti di Platone come fonti per conoscere il pensiero socratico.

Il terzo gruppo di fonti indirette è costituito dalle relazioni contenute in alcuni scritti di Senofonte quali i “Memorabili, l’Apologia di Socrate, il Simposio”.
Nella prima di queste opere lo scrittore ateniese riproduce anch’egli come Platone stralci di conversazioni che hanno Socrate come protagonista. In tale opera Socrate viene presentato come un benpensante che mira al bene dei suoi concittadini. Dobbiamo tenere presente che Senofonte non era un filosofo. Tale fatto in teoria dovrebbe essere un vantaggio per gli storici della filosofia perché da’ la certezza che Senofonte a differenza di Platone non ha contaminato le dottrine di Socrate con la propria visione filosofica.
In realtà il modesto acume speculativo di Senofonte danneggia l’attendibilità della sua testimonianza. Socrate viene descritto come un sapiente di limitato respiro e anche le sue tesi più rilevanti da lui conosciute attraverso altre fonti vengono spesso ridotte nei limiti angusti di una saggezza piuttosto spicciola e priva di brillantezza intellettuale. Inoltre siamo a conoscenza del fatto che Senofonte ebbe la possibilità di frequentare Socrate per pochissimo tempo e pertanto il valore delle sue testimonianze risulta ulteriormente indebolito.

Il quarto gruppo di fonti indirette relative al pensiero socratico è costituito da alcune brevi informazioni che ci vengono fornite da Aristotele. Tali informazioni sono state per molto tempo ritenute particolarmente attendibili e degne di fede. Tuttavia gli studi più recenti hanno ridimensionato il valore di esse, sia perché Aristotele aveva l’abitudine di reinterpretare le dottrine di altri filosofi delle quali discuteva, sia perché la sua testimonianza può basarsi solamente sul sentito dire.
Infatti Aristotele era nato quasi vent’anni dopo la morte di Socrate.

Il quinto gruppo di testimonianze su Socrate è costituito dalle affermazioni dei “ socratici minori” ovvero di quei discepoli di Socrate che continuarono l’opera del maestro interpretandola diversamente dall’allievo più famoso ovvero Patone. Purtroppo le informazioni che possediamo su tali filosofi sono particolarmrnte scarse, inoltre essi si contraddicono a vicenda e presentano un’immagine del filosofo molto unilaterale.
Come può orientarsi lo storico della filosofia in questo vero e proprio labirinto?

Non è facile scegliere il criterio più ragionevole ma a nostro avviso è opportuno tener conto di tutte le testimonianze privilegiando, entro certi limiti quella di Platone ( dobbiamo dire che è opportuno fare più affidamento sui dialoghi giovanili platonici nei quali la raffigurazione di Socrate è più degna di fede). Resta comunque evidente che qualsiasi ricostruzine del pensiero socratico non può non contenere una considerevole dose di arbitrio e non dipendere almeno in parte da punto di vista soggettivo dei singoli storici della filosofia. Purtroppo il fatto che non abbiamo a disposizione un’esposizione sistematica delle dottrine di Socrate, non permette una ricostruzione oggettiva del suo pensiero. Pertanto sarà sempre molto problematico ogni tentativo di fare piena luce sul pensiero di Socrate.

Per far comprendere al lettore fino a che punto sia difficile fare chiarezza sulla sua personalità e sulle sue dottrine faremo due esempi: la dottrina del demone e il significato politico- filosofico del processo contro Socrate. Per quanto riguarda la teoria del demone dobbiamo dire che essa è stata interpretata dagli stoici della filosofia in modi molto diversi tra loro. Alcuni la considerano un’immaginosa rappresentazione della coscienza, altri una semplice metafora del dovere morale, mentre altri hanno pensato che il filosofo vedesse in essa l’espressione di una vera e propria presenza divina.

Come si vede le interpretazioni di tale dottrina socratica non solo sono molto diverse tra loro ma risulta impossibile stabilire quale sia quella veritiera proprio perché non possediamo nessun opera redatta da Socrate. Optare per una di queste tre interpretazioni è solamente dipendente dal punto di vista soggettivo dei singoli storici della filosofia. Per quanto riguarda il processo che portò alla condanna a morte, potrebbe sembrare in apparenza facile individuare le cause politiche di tale processo e di tale condannaa. Infatti molti storici della filosofia hanno messo in evidenza che la condanna a morte di Socrate sia stata conseguenza del fatto che il nuovo regime democratico voleva regolare i conti con tutti quei personaggi, ivi compreso Socrate, che avevano criticato le istituzioni assembleari.

In sintesi secondo alcuni Socrate sarebbe stato condannato dai demobtatici ateniesi, dal momento che essi lo consideravano un simpatizzante delle forze conservatrici (tra l’altro il filosofo era stato amico di Crizia, uno dei Trenta Tiranni). Tale interpretazione benchè contenga una parte di verità appare tuttavia molto problematica e di conseguenza convincente fino a un cert punto. In primo luogo tutti sapevano che Socrate si era apertamente dissociato dall’operato di Crizia e dal governo dei Trenta Tiranni. In secondo luogo le testimonianze che possediamo intorno al processo sembrano avvalorare una tesi esttamente opposta a quella che sostiene che Socrate fu condannato a morte dai democratici ateniesi.

Dalle testimonianze in nostro possesso sembra che il filosofo greco venne accusato dai” conservatori” che lo consideravano un pericoloso sofista che corrompeva i giovani. In sintesi il processo contro Socrate sembrerebbe seguire la stessa logica che aveva determinato quelli contro Anassagora e Protagora.
In effetti i capi di accusa mossi a Socrate rispecchiano l’immagine che Aristofane aveva dato di Socrate nella commedia che abbiamo citato in precedenza. Tuttavia anche tale interpretazione del processo suscita molte perplessità e risulta convincente fino ad un certo punto. Infatti era davvero possibile ignorare il fatto che Socrate non era un sofista e che aveva molte volte confutato in pubblico importanti esponenti di tale scuola filosofica.

Concludiamo tale articolo mettendo in evidenza che purtroppo non conosceremo mai a fondo le dinamiche storiche, politiche e filosofiche che hanno determinato il processo contro Socrate e la sua ingiusta condanna a morte. Come pure non risulta facile comprendere perché molti ateniesi anche importanti dal punto di vista intellettuale considerarono Socrate un sofista.

Prof. Giovanni Pellegrino
Prof.ssa Mariangela Mangieri

I PRINCIPALI ELEMENTI
DEL PENSIERO DI SOCRATE

(Prof. Giovanni Pellegrino)

La personalità di Socrate segna un momento fondamentale non solo della filosofia greca ma dell’intera storia intellettuale dell’Occidente .
Infatti la vita e la parola di Socrate hanno avuto un eco profonda che è stata paragonata talora a quella di Cristo o di Budda .

Per comprendere adeguatamente la figura di Socrate è indispensabile centrarne l’esatta collocazione storica e filosofica .
Socrate è legato alla sofistica da una rete complessa di rapporti .
* In primo luogo l’ interesse per l’uomo e il disinteresse per le indagini intorno al cosmo .
* In secondo luogo la tendenza a cercare dell’uomo non fuori dell’uomo i criteri del pensiero e dell’azione .
* In terzo luogo l’atteggiamento spregiudicato e la mentalità razionalistica , anticonformistica e antitradizionalistica portata a mettere tutto in discussione e non accettare nulla se non attraverso il vaglio critico e la discussione.
* In quarto luogo l’inclinazione verso la dialettica e il paradosso .

Esistono tuttavia delle differenze importanti che allontanano nettamente Socrate dai sofisti.
* In primo luogo la volontà di non fare della cultura una professione .
* In secondo luogo un più sofferto amore della verità nonché il rifiuto di ridurre la filosofia a retorica o a esibizionismo verbale fine a se stesso .
* In terzo luogo il tentativo di andare oltre lo sterile relativismo conoscitivo e morale in cui si era avviluppata la sofistica post protagorea .

Tutto quello che abbiamo detto finora significa che Socrate è indissolubilmente figlio e avversario della sofistica e come tale deve essere studiato.
Infatti accentuare troppo il distacco di Socrate dai sofisti significa perdere le radici ambientali e mentali del suo pensiero così come sottolineare troppo il legame di Socrate con i sofisti significherebbe smarrirne l’originalità .
Sembra quasi certo che Socrate in un primo periodo della sua vita abbia seguito con interesse le ricerche degli ultimi naturalisti in particolare di quelli della scuola di Anassagora .
Tuttavia deluso da tali indagini si convinse ben presto, anche sotto evidenti suggestioni sofistiche che alla mente umana sfuggono inevitabilmente i perché ultimi delle cose e che ad essa non è dato di conoscere con certezza l’essere ed i principi del mondo.

Perciò abbandonati gli studi cosmologici Socrate cominciò a considerare la filosofia come una indagine in cui l’uomo facendosi problema a se medesimo tenta con la ragione di chiarire se a se stesso, rintracciando il significato profondo del suo esser uomo.
Per questo Socrate fece suo il motto dell’Oracolo delfico “conosci te stesso" vedendo in esso la motivazione ultima della filosofia e la missione stessa del filosofo .
La sua filosofia assunse i caratteri di un dialogo interpersonale in cui ognuno filosofando con il prossimo affronta e discute le questioni relative alla propria umanità .
Ed è proprio in questo colloquio continuo in questa ricerca senza fine che Socrate ha posto il valore stesso dell’esistenza .
Ma quali sono i momenti del dialogo socratico?
Per Socrate la prima condizione della ricerca e del dialogo filosofico è la coscienza della propria ignoranza.
Quando Socrate conobbe la risposta dell’oracolo di Delfi che lo proclamava il più sapiente tra gli uomini interpretò il responso divino come se esso avesse voluto dire che sapiente è soltanto chi sa di non sapere .
In questa affermazione è senza dubbio un eco dell’agnosticismo metafisico di Protagora o di Gorgia e una polemica evidente contro i filosofi della natura .
Questa importante rivelazione non equivale tuttavia a una interpretazione di Socrate in chiave scettica .
Infatti agnostico per quanto riguarda le questioni cosmologiche ed ontologiche Socrate non lo è altrettanto sui problemi etico-esistenziali .

Di conseguenza la tesi socratica del non sapere non si identifica con la professione di scetticismo poiché se da una lato funge da richiamo ai limiti della ricerca dall’altro lato funziona come un invito o uno stimolo ad indagare entro i limiti dell’esperienza i problemi fondamentali dell’uomo.
Per dirla in altro modo la coscienza socratica del non sapere non conduce a un soffocamento della ricerca .
Tale coscienza socratica si configura piuttosto come un monito o una fruttuosa scintilla capace di accendere il grande dialogo interumano della filosofia .
Di conseguenza nell’esame in cui Socrate sottopone gli altri coinvolgendo anche se stesso la sua prima preoccupazione è di renderli consapevoli della loro ignoranza .
A tale scopo egli si avvale dell’ironia intesa come dissimulazione .

L’ironia è dunque il metodo usato da Socrate .
Per svelare all’uomo la sua ignoranza e per gettarlo nel dubbio nell’inquietudine impiegandolo nella ricerca.
Utilizzando l’arma del dubbio e manovrando l’abile tecnica della confutazione delle deboli avventate risposte ottenute Socrate riesce a dimostrare alla persona che gli sta difronte l’inconsistenza delle sue convinzioni provocando in lui vergogna e rabbia .
In questo modo il filosofo può raggiugere il suo scopo principale ovvero invogliare alla ricerca del vero.

Tutto ciò non significa che Socrate dopo aver fatto il vuoto nella mente del discepolo si proponga di riempirla immediatamente con una sua verità quasi che lo scopo dell’ironia socratica fosse una sorta di “lavaggio del cervello” operato da qualcuno interessato ad imporre dal di fuori un determinato sistema di idee .
Infatti Socrate non vuole comunicare dall’esterno una propria dottrina ma soltanto stimolare l’ascoltatore a ricercarne dall’interno una sua propria .

Da ciò la celebre maieutica o arte di far partorire idee di cui parla Platone .
Per Socrate la vera educazione è sempre auto-educazione ossia un processo in cui il discepolo grazie all’opera del maestro viene aiutato a maturare autonomamente dal proprio interno.

Ma che cosa faceva “partorire” Socrate dai propri interlocutori ?
Su questo punto è soprattutto Platone a rispondere presentando Socrate impegnato a far generare delle definizioni .
Ai lunghi discorsi ammaliatori dei sofisti ( le cosiddette “ macrologie “ ) Socrate contrappose dunque i discorsi brevi ( le cosiddette “ brachilogie”) fatti di battute corti e veloci finalizzate ad obbligare l’avversario a risposte precise .

Ovviamente questa dialettica stringente demoliva l’antagonista che scopriva la vacuità e superficialità delle proprie convinzioni e si disponeva a una più sentita ricerca.
La classica domanda socratica “che cos’è” .....rivela dunque un duplice volto: uno negativo indirizzato a mettere in crisi il dialogante e a privarlo delle formule acriticamente accettate; l’altro positivo teso a condurlo verso una definizione soddisfacente dell’argomento trattato su cui possa esserci un ’accordo linguistico e concettuale tra le menti .
Non dobbiamo dimenticarci che Aristotele con una testimonianza che ha fatto testo nella storiografia tradizionale abbia attribuito a Socrate la scoperta del concetto .

Quello di Aristotele è dunque un altro modo per dire che Socrate avrebbe scoperto l’esigenza della definizione .
Con la scoperta del concetto con Socrate comincia a delinearsi quella reazione al relativismo linguistico conoscitivo e morale della peggiore sofistica .
Tuttavia Socrate a differenza di Platone e di Aristotele non ha costruito una scienza delle definizioni o elaborato un concetto del concetto e tantomeno ha inteso la definizione come una forma di sapere capace di rispecchiare entità metafisiche eterne come faranno Platone e Aristotele.

Anche l’etica socratica presentata talora come una specie di miracolo spirituale rispetto al proprio tempo e ai sofisti affonda le sue radici nel tessuto culturale dell’Atene del V secolo a. C. pur giungendo ad esiti nuovi e originali .
La tesi chiave della morale di Socrate è la virtù come ricerca e scienza.
Riferito alla persona il concetto di virtù indica la maniera ottimale di essere uomo e quindi il modo migliore di comportarsi nella vita .
Tradizionalmente la virtù veniva considerata come qualcosa di dato ossia di garantito dalla nascita o dagli dei .

Invece i sofisti avevano sostenuto che la virtù non è un dono che si possieda per natura o per dono divino ma un valore e un fine che devono essere umanamente ricercati e conquistati con sforzo ed impegno .
Come tale essa dipende dall’educazione in quanto virtuosi non si nasce ma si diventa attraverso la paideia o cultura .
Socrate che si colloca in questo universo mentale sostiene anch’egli in primo luogo che la virtù non è un dono gratuito ma una faticosa conquista, una ricerca incessante in quanto l’essere uomo è il frutto di un’arte che è la più difficile e la più importante di tutte .

In secondo luogo Socrate ritiene che la virtù intesa come arte del ben vivere e del ben comportarsi è sempre una forma di sapere ossia un prodotto della mente ( intellettualismo etico).
Socrate condividendo lo spirito essenziale dell’Illuminismo greco del V secolo a. C. tenta di sottoporre la vita al dominio dell’intelletto .
Infatti secondo Socrate per essere uomini nel modo migliore è indispensabile riflettere, cercare e ragionare
Per dirla in altro modo è indispensabile far filosofia nel modo più vasto del termine ovvero riflettere criticamente sulla vita .
Inoltre secondo Socrate non esistono il Bene e la Giustizia come entità metafisiche già costituite poiché il bene giusto sono valori umani che derivano di volta in volta dal nostro ragionare .

Per Socrate è importantissimo aver coscienza di sé, conoscere se stesso e nel contempo conoscenza dei propri limiti e dunque delle proprie possibilità.
La vita intesa come avventura disciplinata della ragione è alla base della morale di Socrate
Ecco il senso profondo del razionalismo morale del filosofo greco e della sua affermazione della virtù intesa come scienza .
Tra l’altro per Socrate lo stesso sapere non è un sapere che si può apprendere dai libri o dai maestri ma è un sapere che deriva da quel ragionare, da quel rendersi consapevoli ragionando .
Intesa come sapere razionale la virtù socratica può essere insegnata e comunicata a tutti, e deve costituire un patrimonio di ogni uomo .
Infatti secondo Socrate non basta che ciascuno conosca il proprio mestiere sia esperto in una delle tecniche particolari dal momento che bisogna che ognuno impari bene anche il mestiere di vivere .
Inoltre per Socrate la virtù è unica in quanto ciò che gli uomini chiamano le virtù sono nient ’altro che modi di essere al plurale di quell’unica virtù al singolare che è la scienza del bene .

La virtù socratica non è una negazione ascetica dell’esistenza ma un suo potenziamento tramite la ragione ossia un calcolo intelligente finalizzato a rendere migliore e più felice la nostra vita .
Dal punto di vista socratico solo il virtuoso che segue i dettami della ragione è felice mentre il non virtuoso non ragionando a sufficiente sulla vita si abbandona ad istinti che alla lunga lo rendono infelice .
Di conseguenza Socrate non ha voluto “uccidere la vita” dal momento che di fronte alla confusione degli istinti egli ha voluto semplicemente proporre all’uomo l’ordine della ragione .

Inoltre la virtù di cui parla Socrate tende a risolversi nella politicità poiché l’arte del saper vivere essendo l’uomo un essere sociale si identifica e concretizza nell’arte del saper vivere con gli altri .
Ovviamente una politica così intesa non è una tecnica di dominio del prossimo come la intendevano Gorgia e taluni sofisti bensì quel ragionare insieme sulle cose della Città da cui deve scaturire il bene comune .
Dalla teoria della virtù come scienza Socrate deriva i paradossi rimasti famosi nella storia del pensiero morale secondo cui “ nessuno pecca volontariamente “ e nessuno fa il male volontariamente ma chi fa il male lo fa per ignoranza del bene .

Un altro paradosso del pensiero socratico almeno nei confronti della mentalità greca contemporanea è la massima secondo cui è preferibile subire il male piuttosto che commetterlo .
Questo principio che è sembrato di sapore precristiano si concedette in realtà al “ Vangelo laico” di Socrate basato sulla convinzione che solo la virtù e la giustizia rendano l’uomo felice.

Socrate come appare dai Dialoghi platonici tende a dare alla sua opera un carattere religioso .
Egli considera il filosofare come una missione e un compito che gli è stato affidato dalla divinità .
Egli parla di un demone che lo consiglia in tutti i momenti decisivi della vita .
Questo demone è stato interpretato più spesso come la voce della coscienza il comando morale che risuona nell’intimità della persona .
Ma esse probabilmente più di un imperativo morale più della semplice voce della coscienza.
Essa è il sentimento di ciò che trascende l’uomo , è la guida trascendente e divina del comportamento umano .
È pertanto il demone è un concetto religioso non semplicemente morale .

Certamente Socrate aveva oltrepassato le credenze religiose antropomorfiche dei greci che già Senofane aveva criticato.
Egli prestava agli dei della religione popolare un rispetto formale perché ciò rientrava negli obblighi di un buon cittadino .
Ma egli ammetteva gli dei poiché ammetteva la divinità della quale gli dei erano manifestazione Socrate è alla divinità che fa appello ovvero alla divinità che egli riteneva garante nell’ordine del mondo e che considerava intelligenza e bene .
La divinità è per Socrate la custode del destino degli uomini il presidio dei valori morali .

Concludiamo tale articolo dicendo qualcosa sul processo subito da Socrate .
Ma quali erano le accuse rivolte a Socrate in tale processo ?
Socrate era accusato di non riconoscere come dei quelli tradizionali della città ma di introdurre divinità nuove ed era altresì accusato di corrompere i giovani .
Con una piccola maggioranza Socrate fu ritenuto colpevole .

Poteva allora andarsene in esilio o proporre una pena che fosse adeguata al verdetto e non la condanna a morte .
Socrate dichiarò orgogliosamente che si riteneva meritevole di essere nutrito a spese pubbliche dallo Stato come si faceva con i benemeriti della città .
Ne seguiva allora a più forte maggioranza la condanna a morte che era stata chiesta dagli accusatori .

Ma quali sono le cause storiche e politiche del processo contro Socrate?
In realtà sappiamo oggi che il processo e la morte del filosofo non sono per nulla indecifrabili in quanto si collocano in un ben preciso contesto storico politico della Grecia antica .
L’accusa ufficiale che il nuovo governo democratico rivolse a Socrate ( quella di corrompere i giovani insegnando dottrine contrarie alla religione di stato) va posta in relazione alla fisionomia conservatrice assunta dalla rinata democrazia ateniese .

Per il nuovo governo ateniese l’antica religione tradizionale era un baluardo di coesione sociale e ideale .
Di conseguenza un uomo come Socrate indipendente in fatto di religione poteva apparire un elemento politicamente pericoloso .

Tuttavia gli studiosi attuali tendono a considerare l’accusa ufficiale come un pretesto giuridico dietro cui si nascondeva un più remoto motivo di ostilità del governo democratico verso il filosofo greco .
Infatti sembra in primo luogo che Socrate fosse fautore di una aristocraticismo politico antitetico all’ideologia democratica teorizzata da Protagora e concepisce il governo come arte e competenza da affidare a poche persone preparate in materia.
Per cui pare che egli criticasse aspramente talune procedure politiche della costituzione democratica soprattutto quelle che riconoscevano il diritto di accedere alle cariche pubbliche per sorteggio o per elezione popolare .
In secondo luogo Socrate era legato da rapporto di amicizia con taluni esponenti di quella gioventù ultra aristocratica di Atene che aveva ordito il colpo di stato dei Trenta Tiranni .

A parte questi retroscena del processo che forniscono un quadro sufficientemente verosimile del perché politico dell’accusa a Socrate il processo riveste pure un altro significato ideale ed esistenziale poiché testimonia la piena fedeltà di Socrate a se stesso e a suoi principi teorici .
Socrate muore perché si rifiuta di violare le leggi dello stato ateniese pur essendo la condanna a morte assolutamente ingiusta .
Per non violare le leggi Socrate scelse di morire piuttosto che fuggire rimanendo fedele alle leggi a tutti i costi.
Concludiamo l’articolo dicendo che davanti a Socrate non si può cancellare l’impressione di trovarsi di difronte uno di coloro che conserveranno la loro importanza finché esisteranno gli uomini.

Prof. Giovanni Pellegrino


 

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