RUSSIA

1918-1920 - I PRIMI ANNI DIFFICILI
GOVERNO BOLSCEVICO
QUASI GUERRA CIVILE


Collettivizzazione forzata. Un "esercito" di donne contadine in un kolchoz

Il nuovo governo bolscevico s'insedio' a Pietrogrado il 9 novembre 1917, LENIN n'era a capo, TROCKIJ il responsabile degli affari esteri, mentre il "commissario del popolo per gli affari interni" fu RIKOV. Tra i nuovi governanti c'era anche l'allora semi sconosciuto STALIN come responsabile dei rapporti con le minoranze nazionali.

C'era ora da ricostruire un paese uscito prostrato dalla guerra, da ricreare il settore industriale ed agricolo e da risollevare tutta l'economia. Non a caso, Lenin aveva preso il potere nella ferma convinzione che di li a poco lo scoppio di una rivoluzione a livello europeo, a partire soprattutto dalla Germania, avrebbe consentito una sorta di cooperazione internazionale fra Russia ed Occidente.

Ma la convinzione dominante ovunque, in parte anche fra gli stessi bolscevichi, era che difficilmente il nuovo governo avrebbe potuto durare e che la sua caduta sarebbe stata al massimo, questione di mesi.

Verso la fine del 1917 si voto' per la creazione dell'assemblea costituente, una questione che Lenin aveva rimandato, come abbiamo visto, a dopo la presa del potere (mentre alcuni bolscevichi ne chiedevano la nascita quando ancora era in vita il governo provvisorio). L'assemblea si riuni' per la prima volta il 18 gennaio 1918, ma essa a dispetto delle speranze bolsceviche, segno' una netta maggioranza per i socialrivoluzionari, che ottennero, nelle loro varie componenti, 410 seggi su 707. I bolscevichi n'ebbero solo 170, ma i partiti moderati, praticamente scomparvero (i cadetti ebbero solo 16 seggi). Certo, si era votato in condizioni particolari, ma cio' testimoniava quando la situazione si fosse radicalizzata nel corso della guerra.

I socialrivoluzionari, partito comunque con connotati marxisti, e i bolscevichi insieme avevano 590 seggi ai quali si dovevano aggiungere gli ulteriori 16 dei menscevichi. La maggioranza per i partiti di sinistra era schiacciante. Ma ai bolscevichi non basto'. Il voto contadino era andato in massa ai socialrivoluzionari, ma Lenin sostenne che era diritto del proletariato urbano delle fabbriche, roccaforte bolscevica, di decidere la vera forma di governo. Cosi' il 19 gennaio, truppe bolsceviche sciolsero l'assemblea con la forza. Da quel momento iniziava a tutti gli effetti, il dominio bolscevico in Russia. Sarebbe terminato 72 anni dopo.

Tuttavia in quel frangente il popolo, ceti contadini compresi, non reagi' con particolari proteste allo scioglimento dell'assemblea. Infatti, nelle campagne i contadini cominciavano a vedersi assegnare le terre degli odiatissimi padroni e cio', unito alle promesse di imminente fine della guerra bastava a contentarli.

Ed infatti, il primo vero provvedimento del governo bolscevico fu l'uscita dalla guerra, attraverso l'armistizio con la Germania. Il protagonista delle trattative fu Trockij, ma arrivare alla pace fu molto difficile. Le condizioni che la Germania voleva imporre alla Russia erano tremende sotto il punto di vista territoriale ed economico. Nello stesso partito bolscevico, molti esitavano davanti alle pretese tedesche, che rischiavano di annichilire definitivamente la Russia, anche se ancora confidavano che presto anche in Germania la rivoluzione avrebbe risolto tutto. Fu Lenin che decise di tagliare la testa al toro, fondamentale disse che era l'ora di "uscire dalla guerra", perche' lo voleva il popolo, che cosi' anche piu' in fretta avrebbe dimenticato lo scioglimento dell'assemblea costituente. Si arrivo' allora alla pace di Brest-Litovsk. Le condizioni imposte alla Russia furono davvero terribili. Essa perse: Finlandia, Lettonia, Estonia, Lituania, Ucraina e Polonia, quasi 1/4 del suo territorio. In piu' dovette cedere un numero enorme di zone agricole oltre a fabbriche e miniere.

Era una vera catastrofe, che pero' venne parzialmente attenuata quando la Germania fu irrimediabilmente sconfitta nella guerra dalle forze dell'intesa (ed, ironia della sorte, tocco' allora alla Germania subire una pace punitiva di dimensioni enormi, voluta soprattutto dalla Francia, cioe' la pace di Versailles).

In politica interna intanto i bolscevichi avevano cominciato a dare ai contadini gran parte delle terre disponibili, iniziando una collaborazione col mondo rurale, destinata ben presto ad incrinarsi.
(E' di questo periodo -1918- la nascita dei primi KOLKHOZ. Cooperative volontarie di contadini, proprietari dei mezzi di produzione usati, mentre la terra rimaneva  di proprietà dello stato che la cedeva gratuitamente in uso al kolchoz. Questa istituzione divenne dal 1927 il fulcro della collettivizzazione agricola forzata.

Comitati di operai si formarono nelle fabbriche dove i lavoratori potevano controllare la produzione ed avevano ottenuto le auspicate otto ore lavorative. Nella primavera del 1918 il governo decise poi di avviare un'ampia opera di nazionalizzazioni e fu cosi' che banche, industrie e l'intero commercio fini' nelle mani dello Stato.

Naturalmente adesso si doveva trovare il personale in grado di gestire tutto cio', e la creazione di un apparato statale valido fu uno dei piu' grandi problemi dei primi mesi di governo bolscevico. Ed inoltre ben presto i rapporti con le masse contadine peggiorarono. La nazionalizzazione delle terre imponeva che i contadini consegnassero parte delle eccedenze della loro produzione allo Stato, che li avrebbe indennizzati per quanto ceduto.

Ma la cosa era assolutamente improponibile, perche' la quantita' di cereali, grano, mais o altro ancora che lo stato comincio' a richiedere era ben superiore alle capacita' di produzione del mondo rurale e gli indennizzi erano ben poca cosa. Fu cosi' che la risposta dei bolscevichi per garantire l'approvvigionamento dello stato fu quella di creare le cosidette "squadre annonarie" che si sarebbero occupate di requisire ai contadini i beni in eccesso. Inoltre in questo compito furono coadiuvati dalla polizia politica creata dai bolscevichi fin dai primi mesi di governo: la CEKA.. L'esigenza di avere una sorta di "guardiano della rivoluzione" era infatti nata fin da subito. I poteri della Ceka, formata da nuclei di bolscevichi fedeli, erano molto estesi, essa doveva snidare i "controrivoluzionari" e i "nemici del popolo". Poteva incarcerare e procedere ad esecuzioni sommarie qualora lo ritenesse necessario. Fu presieduta da DZERZINSKIJ ed ebbe la sua sede nel famigerato palazzo della Lubjanka. Il ruolo delle squadre annonarie e della Ceka divenne ancora piu' importante, come vedremo, nell'era del "comunismo di guerra".

Qui preme sottolineare un'altra questione centrale che fini' col lacerare in lunghe discussioni il partito bolscevico. Come accennato le nazionalizzazioni rendevano necessario creare un apparato burocratico ed amministrativo efficiente. Uno degli slogan che aveva dominato negli anni della rivolta era: " potere alle masse" .

Ma le masse erano davvero in grado di gestire il potere? Ben presto Lenin capi', che la risposta a quella domanda era no. Nelle fabbriche ad esempio gli operai esercitavano il controllo operaio, il piu' delle volte divertendosi ad ingiuriare e malmenare gli ex-proprietari declassati, col rischio che alla fine a rimetterci era la produttivita'. Lenin, indubbiamente con lucidita', capi' che non era possibile dare il potere in mano a persone che avevano contribuito alla vittoria bolscevica, ma che non avevano nessuna esperienza, ne' tantomeno conoscevano l'economia.

Nacque cosi' il dibattito sui cosiddetti specialisti borghesi, in altre parole sul ruolo da assegnare alle persone formatesi al tempo degli zar, ma in possesso delle adeguate competenze per gestire l'apparato statale. Ed il loro ruolo fu di grande importanza per lo sviluppo della futura societa' russa. Cosi' Lenin riconobbe che nelle fabbriche gli operai dovevano controllare la produzione e non essere sfruttati, ma che era ugualmente necessario che vi fosse qualcuno che conosceva i mezzi per produrre e che coordinasse gli operai nel loro lavoro. E questo qualcuno era quasi sempre un ex- funzionario zarista.

Naturalmente la base operai non accetto' queste decisioni, loro odiavano profondamente i vecchi padroni, ma dovette adeguarsi. Lenin fu infatti irremovibile, per incentivare l'economia ed aumentare la produzione il ricorso a chi gia' conosceva il mestiere era fondamentale. Per cui stimo' necessario che, per esempio, medici, ingegneri, professori, formatisi nelle scuole zariste venissero tutelati e ben pagati pur essendo afflitti da "una mentalita' borghese" .

Naturalmente pero', per evitare che creassero problemi, che facessero propaganda antibolscevica vennero anche pesantemente controllati in tutte le loro azioni. Ma anche per esempio nella costruzione dell'armata rossa, il ruolo degli ex-ufficiali zaristi fu fondamentale per sviluppare un esercito forte ed addestrato; i nuclei proletari avevano entusiasmo, ma scarsissime conoscenze dell'arte militare.

Se parte degli specialisti borghesi vennero costretti a collaborare, bisogna riconoscere che molti lo fecero davvero con convinzione. D'altronde trovare un'intesa era nell'interesse sia del partito sia degli stessi specialisti. E' pero' vero che essi spesso rischiavano di essere i capri espiatori di qualsiasi problema venisse a crearsi, e questo specialmente nelle fabbriche piu' lontane dalla capitale.

IL COMUNISMO DI GUERRA

Abbiamo visto che l'iniziale accordo tra Stato e ceto contadino, si era andato incrinando con la nascita delle prime squadre annonarie che avevano il compito di requisire il surplus agricolo. Presto il conflitto divenne una vera e propria guerra, quando cioe' venne instaurato il cosiddetto "comunismo di guerra". Per garantire la produzione e gli approvvigionamenti si creo' una vera e propria militarizzazione della societa' dal 1918 al 1920. In quegli anni il partito fu per lungo periodo isolato dal paese e resto' in sella spesso grazie solo al pugno di ferro.
Il lavoro divenne obbligatorio, si era pagati (spesso in natura) in base a quanto si produceva, i sindacati vennero scavalcati, i lavoratori non potevano lasciare il posto di lavoro ne' tantomeno scioperare. In caso contrario la Ceka reagiva con estrema brutalita'. Fu introdotto un rigoroso razionamento ed aumentarono a dismisura le "missioni" delle squadre annonarie nelle campagne.

Ma nelle zone rurali, e poi anche nelle fabbriche, la reazione fu dura. Cominciarono ben presto a scoppiare una lunga e violenta serie di scioperi di protesta e di insurrezioni contadine col risultato che il paese fini' nel caos totale. La rivolta piu' celebre fu quella della regione di Tambov, all'inizio del 1920, quando un uomo, ANTONOV, riuni' sotto di sè un vero e proprio esercito contadino deciso a lottare contro i soprusi delle squadre annonarie.
Per reprimere quella rivolta dovette intervenire l'esercito guidato dal maresciallo TUHACESVKY, che agi' con una brutalita' estrema riuscendo solo dopo dure battaglie ad averla vinta. Ma rivolte minori si erano diffuse in numerose zone agricole e piu' volte parve che i bolscevichi stessero ormai per capitolare. La risposta fu il "terrore rosso", ovvero lo stroncare sempre e con decisione qualsiasi rivolta. I contadini spesso creavano vere e proprie organizzazioni con programmi politici e proprie rivendicazioni.

Merita pero' di essere sottolineato come spesso i contadini non mettevano in discussione la Rivoluzione d'Ottobre e la caduta dello zar, ma contestavano il dominio bolscevico, volevano che fosse rispettata la maggioranza uscita dall'assemblea costituente. Cioe' non era in discussione il socialismo, ma il modo di attuarlo, si puo' dire, che inizio' qui il dibattito sul "socialismo dal volto umano", che trovo' il suo apice tanti anni dopo nella primavera di Praga.

Tuttavia i bolscevichi non vollero, in quegli anni, alcuna collaborazione da parte dei socialrivoluzionari, forti fra i contadini, che anzi furono tra i maggiori obiettivi delle repressioni.

Ma all'inasprimento degli anni del comunismo di guerra, aveva contribuito anche un altro pericolo che pareva minacciare il potere bolscevico. Truppe controrivoluzionarie si andavano creando nella zona del Don, con la ferma intenzione di dare vita ad una controrivoluzione.

Si era alle soglie della ........

LA GUERRA CIVILE
e le prime difficoltà del governo bolscevico fino al 1921

Per guerra civile si intende il conflitto che dal 1918 al 1920 circa oppose l'Armata Rossa alle forze cosidette bianche controrivoluzionarie, ma anche le battaglie che, all'interno della Russia, continuarono ad opporre il ceto contadino, ma non solo, al potere bolscevico.

Fin dagli ultimi mesi del 1918 i generali KONILOV, DENIKIN e KOLCAK, cominciarono a radunare eserciti di volontari decisi a lottare contro il governo di LENIN. In poco tempo nel sud della Russia sorsero governi antibolscevichi presto estesisi verso le zone orientali. Cosi' importanti citta' come Vladivostok, Samara e Murmansk caddero nelle mani delle forze bianche. Oltretutto varie nazionalita' dell'ex impero zarista presero a chiedere l'indipendenza, come avvenne ad esempio in Crimea, rendendo ancora piu' difficile per i bolscevichi riuscire a resistere.

L'intenzione delle forze bianche era quella di arrivare a stringere d'assedio Mosca e poi Pietrogrado e costringere Lenin alla capitolazione, restaurando la monarchia zarista. Inoltre queste truppe furono rafforzate da soldati che specialmente Francia ed Inghilterra inviarono di supporto. Ma anche Italia, pur in misura ridotta, e Stati Uniti, decisero di sostenere la battaglia delle forze bianche. La loro iniziale avanzata pareva inarrestabile, Denikin riusci' a penetrare in Ucraina ed a marciare verso la citta' di Tula, che in pratica era l'ultimo importante avamposto bolscevico sulla strada per Mosca.

Intanto Kolcak la faceva da padrone in Siberia e da qui si spinse con decisione verso gli Urali. Sicuro della sua imminente vittoria Kolcak assunse il titolo di "capo supremo di tutta la Russia". Ma il pericolo piu' grande per i bolscevichi, lo creo' un altro generale, JUDENIC, che penetrando con le sue truppe in Estonia riusci' ad arrivare a meno di 100 km. da Pietrogrado. L'armata rossa era inizialmente disorientata, troppi erano i fronti contro cui combattere e gli eserciti bianchi parevano nettamente superiori. Il governo bolscevico, alle prese anche con le agitazioni contadine e la penuria di approvvigionamenti, pareva ormai stretto in una morsa implacabile. Nel momento peggiore, con le truppe di Kolcak che premevano sugli Urali, i bolscevichi decisero di giustiziare lo zar deposto NICOLA II e tutta la sua famiglia per evitare che una vittoria "bianca" potesse significare il suo ritorno sul trono.

Dapprima i capi bolscevichi avevano pensato di istitruire  contro lo zar  un processo in cui Trockij avrebbe sostenuto il ruolo di pubblica accusa, ma gli sviluppi della guerra civile fecero precipitare la situazione. Nicola II, la zarina e i loro cinque figli furono barbaramente uccisi, i loro corpi vennero quindi bruciati e i resti furono gettati in un pantano.

Verso la fine del 1918 il governo di Lenin pareva stretto in una morsa implacabile; la sua caduta era ormai considerata certa.

Tuttavia anche le forze bianche fecero male i loro conti. Nelle zone che esse avevano invaso non si erano mai curate di ingraziarsi il favore della popolazione, anzi i loro metodi furono spesso piu' brutali di quelli dei bolscevichi. Abbiamo parlato del terrore rosso, ma esistette anche un terrore detto bianco di altrettanta violenza. Specie in Ucraina, le truppe di Denikin scatenarono furiosi assalti ai lavoratori sospettati di simpatie bolsceviche, cercando di guadagnarsi con la forza il consenso per creare i governi antibolscevichi. Oltretutto i generali "bianchi" si rifiutarono di riconoscere i movimenti di indipendenza nazionale sorti all'inizio della guerra civile.

Cosi' vennero a crearsi delle situazioni paradossali. I contadini, pur essendo nemici del potere bolscevico, ancora di piu' cominciarono a temere le forze bianche. Abbiamo visto come nelle loro rivendicazioni, spesso i contadini non mettessero in discussione la caduta dello zarismo, ma sostanzialmente volessero che venisse attuato il programma social-rivoluzionario e che i bolscevichi non esercitassero piu' il totale monopolio del potere. Cosi' agli occhi dei numerosi eserciti contadini creatisi per lottare contro le squadre annonarie bolsceviche, una eventuale vittoria di Kolcak o Denikin appariva come un possibile pericoloso ritorno al passato. Ovvero all'era di quello che chiamavano "il conservatorismo borghese", si temeva il ritorno del potere nelle campagne degli odiatissimi latifondisti "arcisfruttatori" come venivano definiti negli anni della rivoluzione.

Ed ecco che nacquero cosi' casi come quello, molto celebre, di NESTOR MACHNO. Costui aveva creato una vera milizia, non solo contadina, decisa a lottare contro il potere bolscevico, ma davanti alla possibile vittoria di Kolcak, non esitò a schierarsi dalla parte di Lenin e a combattere a fianco dell'armata rossa. E furono molti i casi simili a quello di Machno; le truppe controrivoluzionarie in larga parte vennero viste come più pericolose della stessa armata rossa, perchè motivate da un livore atavico.

Presto poi, tra le truppe bianche cominciarono a scoppiare rivolte e diserzioni. Quelli erano eserciti giovani e molto etrogenei, uniti davanti alle prime vittorie, ma che quando l'armata rossa cominciò a riorganizzarsi ed a resistere iniziarono a sfaldarsi. Infatti l'esercito bolscevico, sotto l'abile guida di TROCKIJ, compi' notevoli progressi che lo portarono ad infliggere le prime sconfitte alle armate bianche. Fu cosi' che molti soldati di Denikin e di Kolcak cominciarono ad essere sensibili alla propaganda rivoluzionaria dei bolscevichi, che piu' volte lanciarono proclami verso i soldati nemici, perche' non combattessero per i voleri di generali "borghesi e reazionari".

Nel corso del 1919 numerosi soldati di origine popolare rifiutarono di scagliarsi contro l'armata rossa, che definirono composta da "amici". Le diserzioni raggiunsero l'apice nel contingente inglese, formato da persone spesso reduci dalla prima guerra mondiale partite per la Russia convinte di una facile vittoria, ma trovatisi di fronte ad una situazione che col tempo diventava piu' complessa. Si era diffuso insomma quello che FURET ha definito "fascino universale dell'ottobre", ovvero, nonostante tutti gli errori commessi dai bolscevichi nei loro primi anni di governo, essi apparivano pur sempre agli occhi di milioni di operai e non solo, nel mondo, i primi ad aver dato vita ad un governo di popolo.

Cosi' il 1920 segno' la riscossa bolscevica, le truppe rimaste fedeli a Denikin vennero assalite in Ucraina, da dove il generale pensava di attaccare Mosca, e respinte in Crimea. Qui vennero male accolte dagli abitanti del luogo, che nei primi mesi della guerra civile avevano sperato di poter ottenere l'autodeterminazione ed avere un loro stato autonomo, ambizione che venne frustrata proprio dalle forze bianche.

JUDENIC provo' ad attaccare Pietrogrado, ma venne respinto da un'accanita resistenza dell'armata rossa; ma la sorte peggiore tocco' a KOLCAK, il cui restante esercito venne travolto, il generale arrestato e condannato a morte. L'ultima sacca di resistenza bianca era quella del generale VRANGEL, che provo' a scatenare una nuova offensiva proprio verso la Crimea per sostenere l'esercito di DENIKIN ormai in rotta, ma fu inutile.

I bolscevichi attaccarono a loro volta Vrangel e lo respinsero verso la Turchia. La guerra contro le forze "bianche" si stava ormai per concludere con la vittoria dei bolscevichi.

Tuttavia un'altra grande insidia per il governo di Pietrogrado si creo' quando nella primavera del 1920, la Polonia, sperando che le forze bianche riuscissero a resistere almeno qualche altro mese, decise di attaccare la Russia. L'intento polacco era quello di impadronirsi dell'Ucraina, nel tentativo di dare corpo alle antiche aspirazioni di una "grande Polonia" che inglobasse i territori definiti "etnicamente affini". L'esercito polacco era molto ben organizzato e riuscì a penetrare in vaste zone ucraine infliggendo duri colpi ai soldati bolscevichi. Tuttavia la recente vittoria contro le forze bianche permise alla Russia rossa di poter scatenare una controffensiva senza il timore che gli eserciti controrivoluzionari potessero approfittare del nuovo fronte di guerra venutosi a creare.

Alla guida dell'armata rossa contro i polacchi ci fu il maresciallo TUHACESVKIJ, che gia' aveva represso col pugno di ferro vari moti contadini. L'armata rossa scompaginò l'esercito polacco ed iniziò un'avanzata verso Varsavia senza incontrare una vera resistenza. Ma arrivati alle porte della città, dovette scontrarsi con una dura opposizione delle truppe polacche. Ne seguì la battaglia di Varsavia, nella quale l'armata rossa subì una dura sconfitta. Ciò frustrò le ambizioni bolsceviche, nate in seguito alle prime vittorie sui polacchi, di esportare la rivoluzione fino in Germania come Lenin da sempre auspicava.

Polonia e Russia alla fine giunsero alla pace di Riga che consentì ai polacchi di inglobare vasti territori nell'Ucraina.

Tuttavia adesso la guerra contro eserciti stranieri e controrivoluzionari era davvero finita; il nuovo governo bolscevico, piu' volte sull'orlo della caduta, aveva resistito.

Ma la fine di questa dura guerra non significo' certo la pacificazione interna.

 

Le prime difficoltà del governo bolscevico

I mesi di combattimento aggravarono una situazione già molto delicata. Le spese sostenute durante le battaglie contro le forze "bianche" e contro la Polonia aveva avvicinato la Russia al definitivo tracollo economico.
Molte industrie infatti erano devastate e nelle campagne -da tempo senza braccia- già si intravedeva i drammatici effetti della carestia. Molto peggio la situazione nelle città -dove dalle campagne non arrivava più nulla - qui c'era ad ogni angolo lo spettro della fame.

L'unica risposta che il governo bolscevico seppe dare in quei mesi (e lo ritenne necessario) fu l'inasprimento del sistema del "comunismo di guerra". Le requisizioni nelle campagne crebbero a dismisura, sul lavoro si impose una durissima disciplina e si volle cancellare ogni forma di commercio privato (questo perchè ormai la borsa nera - con molti contadini che avevano nascoste le derrate- applicava prezzi da capogiro).

Così tra la fine del 1920 e l'inizio del 1921 si ebbe l'apogeo delle rivolte contadine. La piu' celebre, come detto in precedenza, avvenne nella provincia di Tambov, e fu guidata da un ex socialista-rivoluzionario, ANTONOV, che riuscì a creare una vera e propria milizia contadina formata da oltre quarantamila persone. Contro Antonov fu scagliato lo stesso esercito che aveva cacciato i polacchi dal suolo russo, sotto la guida di TUHACESVKIJ. In pratica adesso la guerra civile si era spostata sul fronte interno, i contadini, che come abbiamo visto, nella lotta contro i "bianchi" in gran parte si erano schierati con i bolscevichi, chiedevano adesso che il governo soddisfacesse i loro bisogni e che soprattutto terminassero le requisizioni forzate.

Ma la politica bolscevica fu quella della sola repressione; chi si rivoltava era un controrivoluzionario, e percio' con lui non si poteva trattare. Ma a preoccupare ancora di piu' il governo di Lenin, furono le proteste che cominciarono a venire in misura sempre maggiore dal ceto operaio, da sempre feudo bolscevico. Anche nelle fabbriche si estesero scioperi, che subito vietati, sfociarono in vere e proprie insurrezioni contro la militarizzazione del lavoro ed i turni massacranti. Cio' spaventava i bolscevichi ancora di piu' della rabbia contadina, perche' gli scioperi nelle fabbriche potevano paralizzare definitivamente la produzione. Percio' la repressione del malcontento operaio fu fulminea: e la si volle esemplare per evitare che potesse estendersi.

Ma il piu' duro colpo per i bolscevichi in quei mesi fu sicuramente l'ammutinamento della base militare di Kronstadt, che nel 1917 era stata uno dei fulcri della rivoluzione. Ora i marinai, delusi dal governo bolscevico, si rivoltarono. Era dunque evidente che i bolscevichi non potevano continuare con quella politica, il regime rischiava il piu' totale isolamento dal grosso della popolazione. Nello stesso governo serpeggiava malumore e cominciarono a formarsi dei gruppi d'opposizione; ma il proibire le correnti nel partito nel 1921 servi' a ben poco.

Come se non bastasse nel corso di tutto il 1921 esplose nelle zone agricole una terribile carestia, che portò alla fame milioni di persone.

LENIN si rese conto che era ora di cambiare politica, non era piu' possibile giustificare la durezza del momento e dare la colpa agli effetti devastanti della guerra mondiale e della guerra civile.
Era pur vero che le guerre avevano contribuito ad immiserire la Russia, ma di certo fino a quel punto, poco o quasi nulla i bolscevichi avevano fatto per risollevarla.

Fino allora la risposta alle lamentele della società era stata la militarizzazione, adesso si doveva cambiare. Ci pensò poi Stalin dopo la morte di Lenin.

 

Seguì il varo della NEP
e i suoi risultati considerando gli effetti che ebbe sulla società
e la discussione che aprì nel partito bolscevico.

 

(by GIACOMO PACINI)

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