PIANETA ISLAM
IL TERRORISMO VISTO DA AL QAEDA
MEZZI ALTERNATIVI NELLA LOTTA AL TERRORISMO
di GIOVANNI DE SIO CESARI
http://www.giovannidesio.it/
INDICE:
MESSAGGIO DI BIN LADEN AGLI IRACHENI
RIVENDICAZIONE DELL'ATTENTATO DI ATOCHA IN MADRID
COMUNICATO PER LA DECAPITAZIONE DI N. BERG
11 SETTEMBRE: UN COLPO DI GENIO ?
Generalmente la rivendicazione di un attentato non viene esaminato dai mass media e viene dichiarato folle, delirante, manifestazione di fanatismo. Invece si tratta, in genere, di una esposizione logica e coerente almeno su un piano culturale islamico che va quindi valutata attentamente.
Gli Occidentali conoscono pochissimo il resto del mondo mentre il resto dl mondo conosce bene la civiltà europea allo stesso modo in cui tutti conoscono l’inglese ma i madre-lingua inglese difficilmente parlano altre lingue. Conseguentemente tendiamo a interpretare gli "altri" con le nostre categorie mentali facendo gravi errori di prospettiva. E’ davvero singolare partire dalle categorie mentali occidentali, di destra o di
sinistra, non importa, per spiegare un fenomeno tutto interno al mondo islamico che ha come aspetto caratterizzante proprio il rifiuto delle categorie mentali occidentali. In questo errore di prospettiva tendiamo poi a considerare i dirigenti di al Qaeda come se fossero beduini del deserto o pastori afgani: si tratta invece di persone tutte non solo dotate di ampia cultura islamica ma che conoscono molto bene il mondo occidentale. Se il mullah Omar era in effetti un limitato "prete di campagna" bin Laden ha studiato nelle scuole migliori, le stesse frequentate dai principi sauditi, trascorreva le vacanze in Svezia e a quanto pare da giovane vestiva casual ed era appassionato di musica rock come un qualunque teen-agers americano.
Il suo vice, al Zawahri era brillante medico, nipote dell'Iman della università Al Azhar e quel tale Atta che ha guidato l'attacco alle torri gemelle aveva avuto tutte e due i nonni rettori della stessa prestigiosa università.Intendiamo in questo lavoro con il termine di al Qaeda non solo la organizzazione propria di bin Laden ma tutti i gruppi che si ispirano al modello da esso rappresentato.
Cercheremo quindi di comprendere il mondo del terrorismo islamico esaminando attentamente alcuni documenti di rivendicazioni fatti pervenire da essi
MESSAGGIO DI BIN LADEN AGLI IRACHENI
Nel novembre del 2002 bin Laden fece pervenire alla TV satellitare Al Jazeera una cassetta, in seguito considerata autentica dagli esperti della CIA. In essa erano contenuti due distinti messaggi, uno rivolto agli Iracheni e l’altro al popolo americano. In questo ultimo bin Laden ha minacciato nuovi attentati suicidi contro i “crociati”. Nelle minacce sono compresi anche gli alleati degli Stati Uniti in Iraq, riservandosi “il diritto di rispondere nel momento e nel luogo più opportuni a tutti i paesi che partecipano a questa guerra ingiusta, in particolare la Gran Bretagna, la Spagna, l'Australia, la Polonia, il Giappone e l'Italia”
In seguito le minacce si sono concretizzate solo per la Spagna l’11 marzo 2004.
Noi esamineremo pero in questa sede solo il primo messaggio, quello rivolto agli Iracheni
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IL NOSTRO COMMENTO
Si inizia con indicare come martire chi combatte senza danaro in cambio. La frase di per se appare poco chiara e direi anche poco felice: forse si voleva indicare i combattenti islamici in contrasto con i giovani che si arruolano nella rinascente polizia
irachena che invece sono spinti dal bisogno di guadagnare. Il termine arabo tradotto con “martire “ in italiano è, come è noto, “shaid” : esso significa” testimone” (come in greco “martire”) e viene usato per indicare il combattente islamico che cade in combattimento e in questo modo dà testimonianza della sua fede
Il Jihad nel Corano ha due significati: uno di guerra agli infedeli e l’altra di sforzo personale nel cammino della fede. Nel linguaggio di al Qaeda viene usato solo nel primo significato.
La terra dell’Iraq viene qualificata come quella di “Salahuddin” (grafia italiana più comune: Salah ad-Din ), noto in Occidente con il nome latinizzato di Saladino e questa indicazione ha una valenza altamente emblematica per un musulmano iracheno. Saladino infatti, di stirpe Curda, nacque proprio a Tigritt , governò Egitto e Siria e soprattutto pose fino al regno cristiano di Gerusalemme sconfiggendo i Crociati nella battaglia di Hattin nel 1187. Viene quindi considerato l’eroe nazionale arabo nelle guerre medioevali contro i crociati: un esempio che sembra attuale, tagliato su misura ai fini di bin Laden. Certamente a nessuno occidentale verrebbe in mente di ricordare Goffredo di Buglione ma, si sa, viviamo in mondi spirituali diversi
Dopo un accenno più o meno fuggevole al petrolio viene il punto più interessante. Parla di voci (propaganda ) che parlano di governi democratici e pacifici che cooperino con i governi rinnegati: si deducono allora elementi importanti delle concezione dei fondamentalisti:
- essi considerano l’idea della democrazia e della collaborazione con gli Occidentali (“crociati” nel loro linguaggio) e anche della pace (in contrapposto al Jihad che non può essere vietato) come cose contrarie all’Islam.
- I governi rinnegati sono quelli che intrattengono buoni rapporti con l’Occidente, praticamente tutti i regimi arabi e mussulmani (l’unica eccezione era l’Afganistan )
- fra gli asserviti all’Occidente include non solo, comprensibilmente, Garzai (presidente dell’Afganistan ) e i partiti democratici curdi che appoggiarono l’intervento americano ma anche i partiti Baath e Abu Mazen. Ora un partito bath (socialisti ) era quello di Saddam Hussein e l’altro ancora governa attualmente in Siria : non sono stati mai amici dell’Occidente e tanto meno di Israele ma piuttosto guardarono all’URSS e alla sinistra europea. Tuttavia per la mentalità fondamentalista si tratta sempre di tendenze che guardano fuori dell’Islam e quindi assolutamente inaccettabili. Per quanto riguarda Abu Mazen , presidente del consiglio palestinese, è espressione della corrente che accetta la divisione della Palestina in due stati il che appare un tradimento della causa mussulmana che non transige sulla totale distruzione di Israele.
Si parla inoltre di “Jahiliya”: letteralmente tale termine indica le tenebre che erano sulla terra prima che Dio si rivelasse a Muhammad: quindi si tratterebbe del paganesimo pre-islamico, adoratore degli idoli. Tuttavia è comune nel lessico degli estremisti indicare con questo termine tutto ciò che si allontana dall’islam mettendo dei feticci ( il danaro, la democrazia, la libertà sessuale) al posto di Dio e della Shari’ah: in effetti corrisponde a nostre espressioni come “ dio-danaro” o “ idolo del successo”
In sintesi il comunicato sostiene una guerra santa che, in effetti, se ha come primo obbiettivo gli USA in realtà è rivolta contro tutti i governi arabi e tutte le tendenze della comunità islamiche che muovano verso la democrazia e più in generale verso il mondo moderno considerato espressione diabolica e contro il quale è doveroso solo il Jihad, “la guerra sul sentiero di Allah” come recita il comunicato .
LA RIVENDICAZIONE DEGLI ATTENTATI DI ATOCHA
l’11 marzo 2004 avveniva in Madrid l'attentato più sanguinoso e anche in effetti l'unico in Occidente dopo quello delle Torri Gemelle. Esaminiamo brevemente il documento di rivendicazione degli attentati ai treni di Atocha che riportiamo
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IL NOSTRO COMMENTO
La concezione fondamentale che ispira lo scritto è la divisione del mondo in due parti nettamente distinte: la terra dall’Islam e la terra degli infedeli. Secondo la tradizione islamica infatti si distingue: “dar al islam” (terra dei credenti) da “dar al harbi”, letteralmente “terra della guerra” , cioè dove è lecito portare la “jihad”, la guerra santa.
Non si parla però ORA di portare la guerra agli infedeli nelle loro terre MA di cacciarli via dalle terre dell’Islam: una guerra difensiva insomma, non offensiva. Va notato che la “umma” (cioè la comunità dei credenti) non coincide con “ dar al islam: (terra dell’islam). Infatti le “genti del libro” (cioè cristiani e ebrei) sono accettati in terre islamiche come “dhimmis” ( cioè protetti) in cambio di un tributo detto “gizyàh” che sostituisce il tributo coranico imposto ai mussulmani detto “zakat” e questo è avvenuto da sempre. D’altra parte gli islamici possono trovarsi in “dar al-kufr” (nella terre degli infedeli, termine più benevole di “dar al harbi” ) come gli emigrati nel mondo moderno. Ciò che non viene ammesso è che gli infedeli si trovino in terra dell’Islam in armi o comunque con un potere politico: se questo avviene TUTTI i credenti hanno il dovere di combatterli per scacciarli. Non importa se essi sono stati chiamati da nazioni islamiche: per questo non tengono conto, per esempio, che gli Americani hanno combattuto la prima Guerra del Golfo perchè chiamati da paesi islamici come Arabia Saudita o Queit, che in Afganistan hanno trovati alleati fra i popoli del nord e consenzienti tutti i paesi islamici ecc. Non pensano cioè come noi occidentali in termini mondiali: i mussulmani non entrano nei contrasti fra gli infedeli e gli infedeli non debbono entrare nei contrasti fra musulmani.
Gli occidentali vengono definiti CROCIATI: il termine è stato avvalorato anche da una famosa gaffe di Bush (a ulteriore dimostrazione della nessuna conoscenza degli occidentali del mondo arabo). Nel nostro linguaggio comune infatti “crociata” sta per lotta contro il male in generale (crociata contro la droga, il lavoro minorile, la prostituzione ecc. ) ma nel mondo arabo esso conserva il suo significato originario di aggressione cristiana contro l’Islam. Per questo i fondamentalisti vedono gli occidentali come “Kafir”, cioè “miscredenti” secondo il termine coranico, espressione del cristianesimo, e anche dell’ateismo, della non-fede comunque e le vicende medio orientali come lotta fra civiltà cristiana e civiltà islamica, concezione assolutamente estranea al nostra modo di pensare che ormai ha archiviato da secoli ogni idea di guerra di religione
Pertanto essi richiedono semplicemente che i “Kafir” (infedeli) escano dal “dar al islam” ( terre dei fedeli) considerando “terre dei fedeli” anche TUTTA la Palestina e il Kashmir, e che comunque gli infedeli lascino ogni ruolo politico e militare nella terre islamiche.
Interessante è la giustificazione del terrorismo. ”L’uccisione di civili non deve rattristare gli islamici”, in quanto essa sarebbe giustificata dal principio coranico “e a chi vi ATTACCA rispondete nello stesso modo” che in effetti riecheggia il biblico “occhio per occhio” Non vi è alcun riferimento alle convenzioni internazionali e all’ONU considerate come estranei allo spirito dell’islam ma solo all’Islam stesso che se da una parte proibisce inutili crudeltà e quindi anche la uccisione di civili ma dall’altra , tuttavia secondo la interpretazione prima ricordata lo permetterebbe. Essi si considerano quindi legittimi combattenti e non terroristi.
Ricordano insieme le vittime civili in Iraq, Afganistan, Israele e Kashmir: non si distingue fra Americani, Israeliani e, da notare, nemmeno Indu (stranamente non vengono ricordate la Cecenia e la Russia), si tratta comunque di ” infedeli” che uccidono dei “credenti.”
Non si distingue fra uccisioni di civili non deliberate da altre che invece sono deliberate (cioè il terrorismo)
Gli attentati hanno lo scopo di impaurire i popoli affinchè facciano pressioni sui governi. Essi ritengono che gli occidentali siano troppo legati alla vita: il concetto costituisce un leit-motiv di molti comunicati
Si minacciano attentati devastanti contro gli Usa e gli altri paesi occidentali: il fatto che essi non si siano verificati non dipende certamente dalla volontà di al Qaeda ma solo evidentemente dalla impossibilità di attuarli ma è chiaro che essi non si fermeranno spontaneamente
Vi è il richiamo continua ad Allah. Essi infatti ritengono di combattere una guerra religiosa e per questo non contano le forze in campo in modo realistico ma fanno affidamento soprattutto sull’aiuto di Dio che è certamente piu potente degli infedeli (Allah akbar, Dio è grande , cioe onnipotente, infatti , è la affermazione fondamentale)
Infine notiamo che si usa la datazione islamica, sia pur tradotta in quella internazionale, per segnalare ancora il loro riferimento alla comunità islamica
COMUNICATO PER L’ESECUZIONE DI N. BERG
Il filmato della decapitazione di Berg ha scosso il mondo intero: tuttavia quasi mai è stata data la traduzione del comunicato che veniva letto. Generalmente si crede che
esso sia la lettura della sentenza di morte per Berg ma ciò non è affatto vero. Il comunicato infatti, sorprendentemente, non parla affatto né di Berg né dell’imminente decapitazione e questo, a nostro parere, ci sembra avvalorare i dubbi su quella esecuzione che potrebbe essere stata fatta in altro momento o su un uomo già ucciso. D’altra parte tutta la vicenda di Berg appare poco chiara, sembra più un oscuro affare di spie che di un occasionale ostaggio.
Tale problema però ora non ci interessa particolarmente. Esaminiamo invece il testo letto che è soprattutto una esortazione propagandistica per il Jihad e come tale rivolto non agli Occidentali ma ai mussulmani
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IL NOSTRO COMMENTO
Viene ricordata la battaglia di Badr. Evidentemente si rivolge ai mussulmani perchè difficilmente un Occidentale coglierebbe il senso di questo richiamo. Nel 634, 3° anno dell’Egira, presso i pozzi di Sadr, circa 300 mussulmani affrontarono quasi mille soldati provenienti dalla Mecca che avevano avuto il compito di proteggere una carovana. I seguaci di Maometto rimasero vincitori. Si trattò di un piccolo scontro ma nella storia dell’Islam ebbe una grande importanza e si parlò anche di visioni di Maometto, di intervento di angeli, di atti eccezionali di eroismo: è considerata comunque la prima battaglia del jihad.
(così come noi occidentali ricordiamo quella di Costantino e la visione della croce. Ndr.)
La sorte dei superstite viene variamente descritta: alcuni vennero poi rilasciati ma altri furono decapitati per ordine diretto di Maometto. Il comunicato, ricordando l’episodio vuole legalizzare e giustificare l’uso della decapitazione per i nemici dell’Islam visto che già nella prima battaglia Maometto stesso dispose in tal modo.Tutto lo scritto è soffuso di uno spirito religioso con i continui richiami alla fede, al Corano, agli haidith, in tono drammatico ed escatologico: essi sentono di avere la verità e la vittoria, non c‘è spazio per ogni compromesso che sarebbe un tradimento della Santa Causa.
Viene cosi, senza alcuna esitazione, affermato il netto, inequivocabile rifiuto dell’Onu e di qualsiasi mediazione, del confronto culturale, del pacifismo e il conseguente richiamo alla guerra “vera” , combattuta e sanguinosa, l’unica in grado di liberare l’Islam dai suoi nemici.
Si richiama la “umiliazione” dei mussulmani nelle carceri che ha colpito particolarmente il mondo islamico, soprattutto per i suoi risvolti sessuali.
Gli avvenimenti di Falluja sono sentiti come una vittoria: nel momento in cui gli americani si fermano per evitare ulteriori massacri e per tentare un accordo questo atto viene sentito di per se come una vittoria.
Si allude a una richiesta di scambio di prigionieri ma le autorità americane invece hanno sempre smentito: non sapremo se tale richiesta è stata realmente avanzata o meno ma, come abbiamo notato, tutta la vicenda è poco chiara.
L’impressione generale che ne ricaviamo è quella della impossibilità del dialogo fra Occidentali e fondamentalisti. Il linguaggio stesso del comunicato pare quello di mille anni fa: nessun moderno ( non solo europeo ma anche cinese, giapponese o indiano ) si esprimerebbe in questi termini o peggio trasmetterebbe una tale cassetta.
Il fondamentalismo arabo pare uscito fuori da un romanzo di storia medioevale.
L’ultima parte del comunicato è rivolto invece agli occidentali che vengono definiti “crociati” e ai quali viene minacciata una serie infinita di lutti non solo per l’invasione dell’Iraq ma per avere aggredito i mussulmani che la causa propria del jihad.
Ci si è chiesto anche perchè l’uccisione è avvenuto tramite la decapitazione. Probabilmente essa è stata sentita come la più conforme alla tradizione islamica. Veramente in Iraq era in uso la impiccagione e anche la fucilazione ma evidentemente sono sembrate troppo moderne e occidentalizzanti. La decapitazione tuttavia avrebbe bisogno di persone particolarmente esperte nell’uso della spada che, evidentemente, sono difficili da reperire: per questo l’esecuzione è stata particolarmente straziante.
Noteremmo che la sensibilità araba è diversa, almeno per gli integralisti, che ritengono che la punizione degli colpevoli debba essere eseguita in pubblico per ammonimento a tutti .
Teniamo presente che qualche secolo fa anche la sensibilità occidentale era molto diversa. Nella Rivoluzione Francese davanti alla ghigliottina stavano le donne che applaudivano a ogni testa caduta: e la ghigliottina era già un fatto altamente umanitario perchè prima le pene erano molto più terribili : non solo decapitazione, ma torture come mezzo giudiziario ordinario, e squartamenti e altri orrori, tutto davanti a folle plaudenti per non parlare dei roghi della "Santa" Inquisizione o delle croci erette lungo le strade dai civili romani. Dall' '800 in poi invece, queste pratiche sono diventate insostenibili. Questo spiega la impossibilità di noi moderni di guardare l'esecuzione di Berg : in altri tempi da noi o nei paesi arabi tuttora, invece l'esecuzione deve essere "esemplare", cioè deve essere fatta vedere e infatti l’esecuzione di Berg viene registrata proprio perchè essa venga vista: il fine di quella cassetta è quella di dare un esempio cioè di atterrire gli occidentali: forse riescono nel loro scopo.
(Harris, il comandante del "Bomber Command" dell'ultima guerra mondiale, se avesse avuto a disposizione la TV avrebbe fatto vedere a tutto il mondo le ceneri fumanti di Dresda, con l'unico scopo di terrorizzare)
La televisione del Qatar al Jazeera ha trasmesso il giorno 9 settembre 2004 un video con immagini del numero due della rete terroristica di Al Qaeda, al Zawahri. Nel video afferma che i movimenti delle forze militari americane in Afghanistan sono "limitati", e la vittoria vicina.
Alcuni passaggi sono stati letti in realtà dallo speaker di Al-Jazeera, che ha riassunto alcuni punti, mentre altri sono stati trasmessi interamente,
Riportiamo i passaggi salienti del messaggio video:
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IL NOSTRO COMMENTO
Tutto il messaggio ha l'evidente scopo di rincuorare i combattenti islamici prospettando un vittoria che, anche se non è immediata, la ritengono comunque certa. Naturalmente dare una prospettiva certa di vittoria è elemento fondamentale in ogni guerra: nessuno esercito combatte se non crede più di poter vincere. Anzi si sa bene che la convinzione della vittoria conta più ancora che l'effettiva potenza militare. A Waterloo i francesi non furono materialmente sconfitti anzi ormai erano vincitori: ma quando videro apparire le avanguardie prussiane alle loro spalle fuggirono disordinatamente perchè pensarono (probabilmente a torto) che non avrebbero potuto fronteggiare il nuovo nemico. Per i combattenti islamici la situazione è però diversa. Le sorti della guerra non dipendono dagli uomini e dalle loro armi ma solo e sempre da Allah che è onnipotente ( Allah Akbar ) e che ogni cosa decide: quindi ogni insuccesso può venire interpretato non come un segno del profilarsi di una sconfitta finale ma solo di un prova inviata loro da Allah che comunque darà la vittoria finale agli islamici appena essi se ne renderanno degni.
Diciamo usando un terminologia della epistemologia moderna che il fondamentalista islamico è "impermeabile all'esperienza": ha già una sua verità assoluta : ogni fatto viene inquadrato in quella prospettiva e in un modo o nell'altro la conferma: manca cioè di quello che Popper definirebbe la possibilità della falsificazione delle ipotesi, del confronto critico con i fatti.
Da quanto si sa della personalità di al Zarawri dobbiamo presumere che egli effettivamente crede in quello che dice, il suo discorso non è affatto un inganno propagandistico tanto comune nel laico occidente.
Tuttavia egli sente il bisogno di mostrare effettivamente che la vittoria si profila come segno della volontà di Allah.
E' da notare che il quadro che egli traccia ha scarsi riferimenti religiosi: egli vuol mostrare come la realtà delle operazioni convalidi la certezza della vittoria finale. Mostra quindi che solo apparentemente i crociati hanno conquistato terre islamiche ma che in effetti la maggior parte delle territorio sfugge al loro controllo (e in parte è proprio così). Essi sono asserragliati, assediati dai combattenti islamici, in disperata e inutile difesa e non all'attacco.
Il punto essenziale del discorso è che i crociati in un modo o nell'altro sono destinati alla sconfitta: se andranno via saranno sconfitti e se resteranno saranno sconfitti lo stesso perchè sanguineranno sempre di più. Non sembra minimamente impressionare il fatto che le perdite dei crociati siano ben minori di quelle islamiche: nella prospettiva della jihad ogni caduto è uno shaid ( un martire) che gode delle gioie del paradiso e non va pianto ma invidiato. emulato: la morte di uno shaid ne suscita altri cento. Invece i crociati non sopportano le perdite, non possono sanguinare all'infinito perchè essi non hanno la consolazione della fede: questo è il vero e profondo motivo della sconfitta finale degli infedeli: la fede vince le armi.
In particolare egli poi si rivolge a quei mussulmani che collaborano con i "crociati": i crociati andranno via, fuggiranno e allora chi salverà i collaborazionisti dalla giusta ira di Allah che si abbatterà su di essi per mano dei mujadin vittoriosi?
A nostro parere questa pare la parte più inquietante del messaggio : quale bagno spaventoso di sangue si preparerebbe in Iraq se mai gli occidentali dovessero veramente ritirarsi?
CHI E' AL ZAWAHRI
Ayman al Zawahri, nato nel 1951, medico e chirurgo, proviene da una illustre famiglia egiziana: suo nonno fu imam dell’università Al Azhar del Cairo. Fin dall'adolescenza
aderì alla setta dei "Fratelli mussulmani mussulmani," Fu arrestato e scontò tre anni di carcere per il suo coinvolgimento nell’omicidio del presidente Anwar Sadat. Fu anche in Afghanistan negli anni Settanta e Ottanta, durante l’occupazione sovietica del paese. Più tardi, cercò di costituire una base della Jihad egiziana in Cecenia e Daghestan.
Confluito in Al Qaida, Zawahri ne è considerato l'ideologo. Scomparve dalla circolazione con l’inizio dell’intervento militare in Afghanistan, nell’ottobre 2001.
Al Zawahri, è stato più volte ripreso accanto a bin Laden in fotografie e video fra cui il più noto è quello del 10 settembre 2003 nel quale i due camminavano in una zona montana. Al Zawahri in quell’occasione promise all’Occidente una risposta «epocale» nel caso di una «nuova aggressione» contro i musulmani ed esortò i combattenti islamici a seppellire gli americani «nel cimitero dell’Iraq».
11 SETTEMBRE 2001 : UN COLPO DI GENIO ?
Ci poniamo innanzi tutto il problema di quali fossero i motivi profondi, non occasionali che spinsero un gruppo di islamici all’attacco all’America del 11 settembre 2001
Possiamo attribuire l’azione a una reazione contro la politica USA ma solo a livello generale cioè non a particolari atti politici ma alla presenza stessa degli USA e degli Occidentali nel mondo islamico.
Negli anni precedenti infatti gli Usa erano stati alleati dei movimenti più religiosi in
funzione anticomunista mentre i movimenti laici guardavano in genere alla Russia, e anzi gli USA aveva appoggiato lo stesso bin Laden in Afganistan. Non a caso il più fedele alleato degli Usa è stata la monarchia wahabita dell'Arabia ( i wahabiti sono il movimento di riferimento di bin Laden), l'unica ad avere osservata sempre la shari'ah.
La politica Usa era fortemente sbilanciata verso l'Islam più integralista e di questo infatti viene giustamente accusata .
Perchè mai allora l'incredibile attacco alle Torre Gemelle e al Pentagono?
Bisogna partire dal mondo arabo per spiegare un fenomeno tutto interno al mondo arabo- islamico
DA MODELLO A “SATANA”
Prima degli anni 80 prevalsero nel mondo arabo correnti che più o meno esplicitamente si ispirarono alla cultura occidentale, in genere al modello socialista. Basterà ricordare il Nasserimo ma anche i Morabitum del Libano, gli stessi Palestinesi di al Fatah, i partiti Bath di Siria ed Iraq (il partito baath era un partito socialista). Ma questa opera di modernizzazione non ha dato i frutti sperati per motivi che qui non esaminiamo. Correnti allora integraliste islamiche che qui indichiamo con il temine generico e improprio di "fondamentalismo" hanno preso consistenza e rilievo, ed é nata quindi una lotta tutta interna al mondo arabo-musulmano fra coloro che intendevano portare avanti l'opera di modernizzazione in senso occidentale e coloro che invece ritenevano che il rinnovamento poteva venire solo da un ritorno integrale all'Islam. In particolare Khomeini definì l'America il "grande Satana". Il termine "Satana " più ancora che "nemico" può essere inteso come "tentatore" . Infatti l'Occidente con il suo benessere, con le sue vetrine scintillanti, con la sua potenza economica può essere considerata la tentazione di seguire una via diversa da quella indicata da Allah. L'Occidente, da un punto di vista del rigorismo islamico è il "male": è egoismo eretto a sistema, immoralità contrabbandata come libertà, prostituzione come costume abituale. Bisogna allora contrapporre a tanto male il ritorno integrale al Corano, la purificazione da ogni influsso occidentale. Come è stato autorevolmente affermato il fondamentalismo avversa l'America e l'Occidente non per quello che " FA" ma per quello che "È" e che potrebbe contagiare anche l'Islam : questo è il punto fondamentale.
SI ALZA IL TIRO
Il conflitto fra le due fazioni arabe, come era forse inevitabile in un mondo come quello arabo non democratico, è passato dal piano puramente culturale al confronto politico e militare. In Iran esplose la rivoluzione scita, una vera rivoluzione popolare, come concordano tutti gli osservatori. In qualche altro paese prevalse qualche regime integralista ma nel complesso le élites rivolte all'occidente hanno mantenuto il potere. Anche nei paesi dove il fondamentalismo si era affermato i frutti non erano stati quelli sperati e alla fine degli anni 90 l'integralismo politico ispirato all'Islam sembrava in declino. L'Iran si era impantanata in una guerra inutile contro l'Iraq costata un milione di morti, Il FIS in Algeria si era ridotto a puro terrorismo, in Afganistan i Talebani avevano superato ogni misura (si arrivò alla distruzione dei televisori !). A questo punto alcuni gruppi hanno ritenuto che il vero nemico da colpire non fossero i regimi arabi laici ma gli occidentali considerati loro protettori. Gruppi come quelli di al Qaeda hanno cioè alzato il tiro colpendo gli USA nella speranza di unire tutti il mondo arabo musulmano in una guerra comune contro l'Occidente e fare apparire cosi i regimi arabi non islamici come una emanazione dell'Occidente, del grande Satana, regimi collaborazionisti.
Il conflitto è tutto interno al mondo mussulmano ed è debordato al di fuori di esso quando la parte soccombente ha tentato di riprendere vigore coinvolgendo gli Occidentali in un conflitto che non li riguardava e che essi difficilmente riescono anche a comprendere.
Il fondamentalismo ha conseguito cosi il risultato che si era prefisso: l’America ha portato la guerra in Medio Oriente e il fondamentalismo, che ormai andava spegnendosi ha ritrovato nuova forza e vigore, si è potuto congiungere al nazionalismo arabo ( che è movimento diverso e per molti tratti antagonista), ha innalzato la bandiera della resistenza all’invasione, della lotta contro i “crociati” (secondo la incauta definizione suggerita proprio da Bush), ha perfino trovato ampia comprensione nella sinistra occidentale (che invece per essi è il “male” in assoluto).
L’invasione dell’Iraq ha coronato il sogno di ogni fondamentalista: una guerra grande e generale di resistenza del popolo islamico contro l’invasore cristiano senza perdersi in guerre inconcludenti e fratricide nell’ambito stesso della Umma (comunità dei fedeli). I pasdaran iraniani morivano lottando contro l’esercito iracheno anche esso islamico cosi come i talebani Pashtun lottavano contro Tagiki e Usbeki, anche essi fervidi mussulmani: potevano questi fatti essere considerati jihad? Era poco convincente ma lottare contro un esercito crociato marciante in “dar al islam “ (terra dell’Islam) questo si che è facile dichiararlo “ jihad.”
In questa prospettiva l’11 settembre può essere considerato una grande vittoria del radicalismo islamico, un vero colpo di genio che ha trasformato una guerra interna in una grande guerra religiosa e nazionale.
E’ impossibile riuscire a prevedere gli esiti di un conflitto quando esso è in corso: si rimane colpiti dagli avvenimenti particolari più recenti ma il corso delle operazioni può rovesciarsi e spesso si possono vincere molte battaglie e perdere la guerra. Tuttavia possiamo prendere in esame gli elementi fondamentali in gioco e valutarli al di là degli avvenimenti immediati . Alla fine 1940 si poteva essere colpiti dalla serie impressionanti di vittorie della Germania e pensare che essa aveva ormai vinta la guerra (errore che fece Mussolini) ma se si fosse analizzato le immense risorse industriali degli Usa e le immense risorse umane dell’ URSS e della Cina si poteva prevedere quale sarebbe stato l’esito finale della guerra.
Prescindiamo allora dalle operazioni militari in corso in Iraq, in Afganistan e in qualche altra parte del mondo e vediamo le prospettive e le forze in campo
Non ci poniamo il problema se gli USA potevano reagire all’attacco dell 11 settembre in un modo diverso da come hanno fatto: hanno reagito con campagne militare e questo è un dato di fatto da cui non si può prescindere.
Parimenti ci sembra inutile discutere all’infinito se l’intervento militare sia stato e in quale misura condizionato da interessi petroliferi, di potenza, magari personali: tutto ciò è ininfluente: la guerra purtroppo è una realtà, non conta se si poteva evitare o se essa copra altri interessi.
Un prima domanda che ci poniamo è se se è possibile una mediazione, una composizione più o meno pacifica della controversia.
Ma quali sono le richieste del fondamentalismo? Sono chiare, inequivocabili ripetute in tutti i comunicati: l’Occidente deve uscire fuori dal “dar al islam “ (terre dell’Islam) come premessa alla instaurazione di un una repubblica (meglio: emirato) islamico (cioe alla conquista del potere da parte del fondamentalismo ) L’Occidente può aderire a questa richiesta?
Noi crediamo che sia assolutamente impossibile. Innanzi tutto va considerato che un passo fondamentale sarebbe la sparizione di Israele ( che occupa terre islamiche): gli occidentali non lo permetterebbero mai e d’altra parte gli arabi non sembrano nemmeno in grado di farlo. Non varrebbe a nulla la formazione di uno stato autonomo palestinese: anzi esso sarebbe visto solo come un primo passo e una vittoria per una seconda guerra di annientamento.
In una prospettiva poi più ampia, in un mondo tanto globalizzato non è realistico pensare che gli occidentali si disinteressino di una parte tanto importante del mondo. La visione di un mondo diviso in due parti distinte ( musulmana e non mussulmana) è al di fuori di ogni realtà moderna e d’altronde non lo è mai stato se si considera che l’islam nel corso della sua storia ha incessantemente combattuto contro gli infedeli.
Si consideri poi che il medio oriente contiene le maggiori riserve di petrolio del mondo: non solo l’America (come spesso superficialmente si dice) ma tutto il mondo ha interessi vitali in quelle terre che invece sono politicamente oltremodo instabili. Di fronte a una crisi petrolifera i paesi MOLTO ricchi (USA) avrebbero DELLE difficoltà, i paesi pure industrializzati (Italia) avrebbero GROSSE difficoltà, i paesi EMERGENTI (est asiatico) RICADREBBERO miseramente nel sottosviluppo, e per ultimo per i paesi sottosviluppati sarebbe la CATASTROFE.
Si pensi poi alle decine di milioni di mussulmani che vivono in occidente. Si consideri poi che l’Occidente non ha mai imposto le proprie civiltà agli arabi ma essi si sono avvicinati all’Occidente (come tutto il resto del mondo, d’altronde). Se al Cairo o a ad Algeri le donne non vanno velate questo non è una imposizione dell’Occidente ma una loro scelta: questo discorso per noi ovvio non viene inteso dal fondamentalismo che vorrebbe stendere intorno all’islam un specie di nuova cortina di ferro.
Non essendo i possibile quindi un compromesso vediamo quali sono le forze in campo.
Da parte del fondamentalismo abbiamo poche organizzazioni fra di loro poco coordinate (non esiste nemmeno alcuno con il quale eventualmente trattare) riescono ad aver vaste simpatie nelle masse arabe, in certi ambienti particolari ma in realtà restano pur sempre isolati: un iracheno può anche ballare sui soldati americani uccisi ma accettare come propri governanti gli uccisori sarebbe tutta altra cosa.
Tuttavia anche in pochi possono costituire un gravissimo pericolo. La civiltà moderna infatti è molto complessa ma proprio per questo molto vulnerabile. Solo qualche migliaio di shaid (cioe Kamikaze) potrebbero portare il caos in Occidente e mettere in crisi l’economia moderna che ha bisogno soprattutto della fiducia nel futuro. L’uso di armi non convenzionali potrebbe poi portare a disastri incalcolabili.
Dall’altra parte vi è la enorme potenza industriale economica e militare degli USA. Il resto del mondo dalla Russia alla Cina, dall’India all’Europa per il momento fa molti distinguo e riserve ma in sostanza dovendo scegliere il campo è dalla parte dell’America: il disaccordo riguarda il modo di combattere il fondamentalismo non il fatto che esso va combattuto. In queste condizione qualunque azione di successo del fondamentalismo si ritorcerebbe contro di essi stessi. In realtà è quello che è avvenuto dopo l’11 settembre: l’azione è stata spettacolare ma la conseguenza è stato che l’unico governo fondamentalista (in Afganistan) è stato abbattuto, al Qaeda è stata dispersa, i fondamentalisti vengono vigorosamente perseguiti in tutti i paesi arabi e non, e soprattutto è tramontata la possibilità che essi possano assumere il potere in qualunque paese.
In queste condizione certamente il fondamentalismo uscirà distrutto: il problema però è quanto migliaia o milioni di esseri umani debbono ancora morire per una guerra persa in partenza.
Ma perché i fondamentalisti non si rendono conto di ciò? Il fatto è che essi fanno affidamento sull’aiuto e la volontà di Allah.
Una prescrizione biblica vietava agli ebrei di fare un censimento perchè essi non dovevano contare sul loro numero ma sulla volontà di Dio: i ferventi islamici fanno lo stesso ragionamento.
Sono sempre esistiti nel passato movimenti “millenaristi” pronti a imprese impossibili fidando sull’aiuto divino: le loro imprese sono sempre finite in un disastro: lo stesso avverrà presumibilmente anche per il fondamentalismo
Aggiornato al 14 settembre 2004
di GIOVANNI DE SIO CESARI http://www.giovannidesio.it/
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NELLA LOTTA AL TERRORISMO
Giovanni De Sio Cesari
(www.giovannidesio.it )Indice:
Introduzione Giustizia internazionale La via politica Dialogo culturale ONU.
Molto sentita è l’esigenza di trovare forme alternative di lotta al terrorismo sia in generale sia in particolare a quello cosi detto “islamico” che non siano le operazioni militari, che appaiono contrarie ai nostri principi di pace e collaborazioni fra i popoli da tante volte proclamati solennemente. A molti poi gli interventi militari appaiono non solo illegittimi ma ancora più controproducenti: si ritiene che facciano il gioco dei terroristi, perchè esasperando gli animi spingono sempre più gente ad aderire ad organizzazioni terroristiche. Cosi, si argomenta, l’intervento in Iraq ha finito con l’ingrossare oltre misura le file del terrorismo stesso che appare ora incontenibile in un paese nel quale non si era mai manifestato prima dell’intervento americano.
Si ritiene anche che anche legislazioni speciali che vanno al di la della legalità democratica finiscono con spingere alla illegalità quelli ai quali viene impedita la libertà di espressione e di pensiero e inoltre, cosa ancora più grave, finiscono con il colpire nel mucchio, anche persone del tutto estranee e innocenti provocando risentimenti e odi, un clima di guerra che è l’alimento fondamentale di ogni estremismo e di ogni terrorismo.
Nel presente lavoro cercheremo allora di indicare quali possano essere i mezzi alternativi che la attuale politica dell’Amministrazione americana (e non solo essa) ha tralasciato per analizzarne oggettivamente i limiti, le possibilità le applicabilità.
Teniamo presente tuttavia un punto essenziale: si tratta di combattere un terrorismo gia in atto, qualunque ne sia il motivo, e non di creare una situazione mondiale diversa dalla nostra nella quale guerre, estremismi e terrorismo non possano più esistere: i mezzi hanno diverso valore se indirizzati a fini immediati o a fini perseguibili in un indeterminato numero di anni non quantificabile e comunque ampio.
Per chiarezza metodologica precisiamo cosa intendiamo in questo articolo per terrorismo. Ci riferiamo al fenomeno per il quale gruppi politici religiosi, etnici, o di altro tipo cercano di raggiungere propri fini con attentati che colpiscono soprattutto e deliberatamente dei civili (Baschi, Ceceni, moros delle filippine, Palestinesi). Per terrorismo islamico poi intendiamo quello particolare che viene esemplificato da bin Laden (anche se in genere bin Laden un certi casi non c’entra per niente)
Tale terrorismo in realtà è una forma di guerra: poichè tali gruppi non sono in grado di affrontare gli eserciti regolari essi ritengono che possano raggiungere i propri fini politici creando il terrore nelle popolazioni civili per indurre quindi i governi ad accettare le loro richieste.
Si ritiene generalmente che la causa prima e generale delle guerre e quindi anche del terrorismo vada ricercata essenzialmente nelle ingiustizie politiche e sociali che esistono nel mondo. Se non ci fossero ingiustizie non ci sarebbero nemmeno i conflitti. Possiamo dire cioè che se vogliamo la guerra dobbiamo operare per le giustizia: la pace si fonda sulla giustizia .
Il concetto appare teoricamente ineccepibile e quindi ha un larghissimo seguito nella opinione pubblica.
In realtà però bisogna chiedersi cosa che cosa sia il “giusto” e l’ “ingiusto”. Se due popoli, due parti politiche sono in conflitto armato fra di loro avranno anche idee diverse su quale debba essere la “ giusta” soluzione del problema, crederanno ambedue di essere nel “giusto”.
I Baschi dell’ETA riterranno giusto che si crei uno stato basco, l’IRA crederà giusto che anche l’Irlanda del nord faccia parte della Repubblica Irlandese, i Ceceni che la Cecenia sia Stato indipendente mentre gli avversari ( Spagnoli, Inglesi Russi) saranno convinti del contrario.
Ebrei e palestinesi arabi ritengono ambedue che “secondo giustizia” la Palestina appartenga ad essi: noi occidentali riteniamo che sia giusto invece dividerla in due stati distinti e indipendenti.
Anche il “terrorismo islamico” ritiene di combattere per una causa tanto giusta che si aspettano che i combattenti che cadono vengano direttamente assunti in Paradiso mentre gli americani parlano di una crociata contro la barbarie e il fanatismo per la libertà e la democrazia
Non importa niente ora sapere dove sia la “vera” giustizia, ammesso poi che questo concetto significhi veramente qualcosa: importante è che i contendenti non siano d’accordo su di essa.
Se noi vogliamo affermare la giustizia è più facile allora che esacerbiamo i conflitti più che dirimerli.
In realtà la pace non si fa affermando la “ giustizia” ma arrivando a dei compromessi per cui ciascuno cede una parte di quello che egli ritiene e proclama giusto.
Si tenga poi conto che pensare che il terrorismo nasca dalla ingiustizia significa in realtà fornire ad esso una giustificazione. In altri termini ogni gruppo che pratichi il terrorismo si sentirà nel giusto e quindi legittimato. Il risultato sarebbe quello di incrementare a dismisura il fenomeno: ogni gruppo finirebbe con il convincersi che dal momento che il terrorismo è effetto della ingiustizia allora esso è lecito e alla fine risulterebbe anche vincente.
Pertanto anche se in generale un ordinamento più “giusto” nel mondo potrebbe ridurre i conflitti, in realtà “concretamente” non si può dirimere un conflitto in atto muovendosi in direzione della “giustizia”: si rischia invece di esasperarlo e allargarlo.
Non è sempre chiaro che si intenda con questo termine che spesso viene usato genericamente come “qualcosa altro“ dall’intervento militare. Noi intendiamo il termine come “trattative". Esse in realtà non escludono l’intervento militare, anzi la “carta” più forte in mano ai negoziatori è proprio la minaccia dell’intervento militare che deve essere quindi anche credibile. Non a torto il Clausewitz parlava della guerra come continuazione della politica con altri mezzi. Entrano però nelle trattative anche corrispettivi economici e commerciali, principi internazionalmente accettati, pressioni delle opinioni pubbliche nazionali e internazionali. Certamente la trattativa è indubbiamente il mezzo fondamentale ( se non l’unico) per risolvere i conflitti senza far ricorso alla guerra. D’altra parte anche la stessa guerra poi ha sempre bisogno delle trattative per risolversi in qualche modo: dopo ogni guerra si debbono firmano i trattati di pace.
Come abbiano notato sopra l’idea della giustizia di per se non può dirimere i conflitti perchè ciascuno dei contendenti ha, almeno nel caso specifico, una idea diversa di quello che sia giusto o meno, altrimenti probabilmente non ci sarebbe nemmeno il conflitto stesso
La pace si fa quindi come si fa un accordo commerciale: non si cerca il “giusto” prezzo (e quale sarebbe poi?) ma bisogna in qualche modo accontentare tutte le parti in causa, dando a tutti qualcosa anche a quelli che hanno “ torto” ( ma chi lo stabilisce poi il “torto”?). Dopo una guerra per avere la pace bisogna che il vinto abbia qualcosa che abbia perduto, che il vincitore mantenga una parte di quello che ha conquistato, si deve venire incontro a tutte le esigenze come meglio si può.
Alla fine della Prima Guerra Mondiale si vollero punire i presunti responsabili della catastrofe (la Germania e l’Austria) e si preparò in realtà una nuova e più terribile guerra: alla fine della Seconda Guerra Mondiale invece i presunti responsabili (Germania Italia e Giappone) furono aiutati generosamente (meglio dire: accortamente) al pari dei vincitori (Francia e Inghilterra ) e si è giunti a una pace stabile e duratura.
E quindi è il compromesso trovato faticosamente dalla diplomazia a ristabilire la pace.
Tuttavia questo criterio trova non poche difficoltà ad essere applicato nel caso del terrorismo .
Innanzi tutto c’ è un problema di base: venire incontro alle richieste dei terroristi significa in realtà legittimarlo e amplificare il fenomeno: si rischierebbe che altri gruppi, sarebbero poi incoraggiati a percorrere la stessa strada. Se invece per principio, a prescindere che le richieste siano fondate, legittime o giuste non si accede mai a richieste portate avanti con il terrorismo evidentemente si scoraggeranno tutti a ricorrere a questo metodo e quindi il terrorismo alla lunga sparirà. E’ quello che avviene per i sequestri di persone: se, per principio, si impedisce alla famiglia di pagare il riscatto evidentemente finiranno anche i sequestri di persona. Pertanto, si può argomentare, se questo terribile tipo di guerra che è il terrorismo non ottiene nessun risultato esso tenderà a sparire; se invece si va incontro alle sue richieste avremo sempre più gruppi che ricorreranno ad esso. E’ il criterio adottato per esempio per le BR al tempo del rapimento di Moro: se il governo avesse aderito a trattative di qualsiasi genere con i “brigatisti” avremmo avuto una sequela di rapimenti: il fermo rifiuto ad ogni trattativa invece troncò il fenomeno anche se costò la vita all’on. Moro.
Un altro elemento importante che limita la via politica della trattativa è che in genere il terrorismo si pone fini irrealistici. Se noi non parliamo di giustizia tuttavia possiamo parlare di ragionevolezza delle richieste nel senso che esse possono effettivamente essere accettate.
Ad esempio nel conflitto arabo-israeliano è “ragionevole” cioè realistico pensare che gli arabi debbano avere una propria nazione indipendente ma non è ragionevole (cioè è irrealistico) ritenere che Israele debba essere cancellata: sono possibili negoziati sulla formazione di uno stato palestinese ma non sulla distruzione di Israele. Ora i movimenti terroristici (come hamas) si pongono proprio tale fine assolutamente irrealistico per cui è impossibile avere un negoziato su queste basi.
Cosi anche la formazione di uno stato Basco indipendente o la annessione dell’Irlanda del nord alla repubblica di Irlanda sono obbiettivi del tutto fuori dalla realtà. Non diciamo che tali obbiettivi siano o meno “giusti”: diciamo che sono irragionevoli in quanto non realizzabili.Se poi osserviamo il terrorismo islamico in realtà noi non solo non abbiamo nessuna richiesta ragionevolmente sia pure irrealizzabile (come nel caso di Hamas e dell’ETA basca ) ma non abbiamo nemmeno nessuna richiesta concretamente definita.
Il tradizionalista islamico infatti combatte per difendere quel mondo di valori e di usi che egli sente come il fondamento della sua civiltà e che egli vede insidiato dal contagio con la civiltà occidentale ed ha, badate bene, perfettamente ragione.
Una donna pashtun nel remoto Afganistan porta il burqa ed esce di casa raramente solo con il permesso del marito a cui la famiglia l'ha destinata: pensa che sia cosa naturale, credo che sia giusto e santo, inch’allah, sia fatta la volontà di Allah: sarà anche contenta e serena e forse felice: poi vede in TV un film in cui donne europee vanno in discoteca, scelgono il marito da sole, vanno in ufficio, si stendono sulle spiagge a prendere il sole. E allora di improvviso il burqa le sembra una prigione, il marito un tiranno, nasce l’inquetitutine, l‘insoddisfazione. Non che la donna afgana non vuol essere buona moglie e buona madre ma ha scoperto che vi è anche un modo diverso di esserlo, un modo che le pare tanto più desiderabile. Ecco come l’universo tradizionale cade in frantumi di fronte al contagio dell’Occidente ed è questo che il tradizionalista islamico combatte.
Ma cosa potrebbe fare l’Occidente? In realtà egli non impone affatto i propri modelli di vita perchè lo vuole: sono i modelli stessi che si diffondono con una dinamica propria, non controllabile dallo stesso Occidente.
Le richieste di ritirare i propri eserciti dall’Iraq e dall’Afganistan in realtà sono successive al terrorismo stesso: prima vi è stato l’11 settembre e poi gli interventi militari: accedere a queste richieste o trattare su di esse darebbe al terrorismo un immenso credito nel mondo mussulmano, senza peraltro diminuirne la aggressività anzi la incrementerebbe in quanto apparirebbe vincente. Il fine reale del terrorismo islamico è quello di rovesciare i governi dei paesi islamici che non siano fondamentalisti, (praticamente tutti o quasi) per sostituirli con emirati islamici. Essi colpiscono l’Occidente perchè lo ritengono la fonte del male (il grande satana ), per “quello che è non per quello che fa” come è stato detto. Anzi fino a qualche decennio fa l’integralismo e l’Occidente si incontravano in funzione di contrasto al comunismo ateo: bin Laden allora era finanziato dagli Americani come tutti sanno.
Bisogna infine tener conto che il terrorismo islamico è un fenomeno non gerarchicamente organizzato: non ci sarebbe nemmeno una controparte credibile con la quale intavolare trattative.
E' certamente giusto dire che lo sviluppo dei rapporti culturali, la comprensione fra i popoli, la compenetrazione fra le civiltà prevengono e dirimono i conflitti. Ma deve tenersi presente che questi mezzi agiscono su un lungo periodo. Possiamo pensare di disarmare il terrorismo con la comprensione fra le civiltà: ammesso che sia possibile, ma quanti anni o decine di anni o secoli ci vorranno? Il rapporto con gli islamici è cominciato ormai da secoli, e tuttavia le incomprensioni restano: non si può ragionevolmente pensare di contrastare il terrorismo o una guerra in atto promuovendo una maggior comprensione: ci vorrebbero generazioni e comunque il perdurare delle ostilità renderebbero sempre difficile il dialogo stesso.
Ad esempio si può pensare che Arabi e Israeliani possano riconoscersi, comprendersi collaborare e creare magari un unico stato laico e tollerante. Ma certo non sarà per questa generazione e nemmeno per la prossima; cinquanta anni di aspra lotta hanno creato troppo odio.
Non è poi nemmeno vero che i conflitti nascono sempre fra gruppi che non si conoscono abbastanza, anzi al contrario. Baschi e Irlandesi hanno sempre convissuto con Spagnoli e Inglesi e non si può certo dire che non si conoscano abbastanza: questo però non impedisce affatto che sorga un terrorismo basco o irlandese.
Per quanto riguarda poi il terrorismo islamico bisogna tener conto che esso è proprio rivolto “contro” il dialogo, vuole rescindere ogni legame con l’Occidente considerato il grande satana, il corruttore della purezza dell’islam.
Spesso si parla di intensificare il rapporti con l’islam moderato: ma esso è il vero nemico del fondamentalismo: in realtà il terrorismo islamico è rivolto non contro l’Occidente in sè ma proprio contro l’Occidente in quanto sostenitore dell’islam moderato. Si tenga inoltre presente che le elittes culturali moderate al governo in quasi tutti i paesi islamici, sono generalmente corrotte: il sostegno ad esse si traduce spesso presso le masse islamiche con un identificazione fra Occidente e corruzione. Inoltre l’appoggio troppo aperto alle elittes moderate al potere finisce con lo squalificare le elittes stesse che appaiono come i fiduciari dell’Occidente, come appunto li dipinge il fondamentalismo.
La lotta fra moderati e fondamentalisti nel modo islamico è una lotta armata che ha provocato milioni di morti, combattuta con mezzi crudeli, fra repressioni e attentati: possiamo appoggiare i moderati ma questo in realtà significa intervenire in uno scontro sanguinoso. Non per niente quello che maggiormente temono i fondamentalisti arrestati in Occidente è quello di esser consegnati alle autorità di paesi di origine. Persino a Guantanamo il peggio che può accadere ai prigionieri è di essere estradati nei paesi di origine.
Pensare che l’Islam moderato possa essere invocato come mediatore è idea assolutamente fuori della realtà.
Spesso si pensa che nel rapporto con il terrorismo occorre fare riferimenti all’ONU che darebbe garanzie di legalità internazionale e alle mediazione degli arabi stessi che non sarebbero percepiti come forze di invasioni come avviene per gli eserciti occidentali. Le due opzioni sono state particolarmente invocate nel caso della invasione dell’ Iraq ed dell’Afganistan. Esaminiamole brevemente:
La realtà evidente è che l'ONU non è stata in grado di impedire agli USA di attaccare l'Iraq nella stessa misura in cui non sarebbe certamente stata in grado di difendere gli USA dal terrorismo o dalle paventate armi di sterminio che l'Iraq avrebbe potuto procurarsi.
L'ONU non è riuscita a impedire nessuna guerra, nessuna delle sue risoluzione ha avuto attuazione senza che convenisse alle parti in contesa.
Di più: le truppe dell'ONU non hanno impedito mai nessun massacro: Solo qualche esempio. Sbrenika era una città difesa (si fa per dire) da truppe dell'ONU che garantivano gli abitanti: quando arrivarono le milizie serbe non fecero nulla (un gruppo fu messo in mutande per umiliazione) : gli occupanti presero tutti gli uomini di Sbrenika (che si erano fidati dell'autorità dell'ONU) e li fucilarono nei boschi.
In Ruanda sotto gli occhi spaventati dei Caschi Blu furono massacrati gli Hutu a centinaia di migliaia: gli europei furono salvati da reparti europei che sbarcarono all'aeroporto: e chi non era europeo restava fuori dei cancelli.
Pensare che truppe ONU (per altro inesistenti) possano fronteggiare le bande irachene o gruppi terroristici in qualunque paese è del tutto privo di qualsiasi fondamento.
Bisogna anche considerare in particolare che i fondamentalisti islamici ritengono l'ONU espressione dei valori europei contro i quali si sentono in lotta mortale, che accusano l'ONU di essere la maggior responsabile della nascita di Israele: e dal loro punto di vista hanno perfettamente ragione. Quelli che all’ONU sono definiti “diritti umani” e “principi dei rapporti intenzionale” sono considerati aberrazioni anti islamiche contro cui si deve combattere con ogni mezzo.Non certo a caso l'ONU è stata la prima ad essere attaccata in Iraq dai terroristi islamici e la prima, in verità, pure a fuggire: seguita poi a distanza e più dignitosamente da tante organizzazioni umanitarie
D’altra parte la figura stessa dell’ONU non è una autorità super partes che possa erigersi a giudice supremo: in realtà è costituita semplicemente da tutti gli stati e riflette nel suo interno le tensioni internazionali.
Ciò non toglie che L’ONU possa assumere una importante funzione nello svolgesi delle trattative, aver propri rappresentanti come testimoni (peacekeeper e non peacemaker ): ma siamo nell’ambito delle trattative di cui abbiamo trattato sopra e alle quali rimandiamo.
Può darsi che un giorno l’ONU abbia la autorità e la forza di dirimere veramente i conflitti internazionali. Speriamolo, ma certamente anche questo non sarà per questa generazione e nemmeno per la prossima.
Spesso si invoca l'intervento di truppe arabe o comunque islamiche in sostituzione degli Occidentali, Innanzi tutto nessun paese arabo è disposto a partecipare e anche se fosse disposto non avrebbe forze sufficienti.
Ma c'è un problema più profondo: in tutto il medio oriente si combatte una guerra civile tutta interna fra moderati e integralisti: un esercito arabo sarebbe necessariamente subito identificato come appartenente a una delle fazioni: certamente dei moderati, perchè non esistono regimi integralisti e sono propri contro questi che i terroristi islamici sono in lotta. In realtà gli arabi sono gia in guerra con i terroristi molto prima e molto di più che gli Occidentali: sono essi che possono avere bisogno dell’aiuto Occidentale e correndo il rischio di apparire come truppe ausiliare degli Occidentali stessi.
Si può pensare che la lotta al terrorismo possa esser condotta applicando rigorosamente le leggi da parte della magistratura: per alcuni non occorre nemmeno una legislazione speciale che comporterebbe un colpo allo stato democratico e di diritto, altri invece ammettono leggi specifiche ma sempre nell’ambito generale dei principi democratici. Molto affidamento inoltre si fa sulle operazioni di intelligence.
Esaminiamo la concreta validità di tali strumenti.
Nel diritto penale vige il principio "in dubio pro reo" (nel dubbio bisogna assolvere il reo): quando una giuria dichiara NON colpevole un imputato non afferma affatto che esso è realmente non colpevole ma semplicemente che nel corso del dibattimento non sono emerse prove certe ( beyond reasonable doubt : al di la di ogni ragionevole dubbio, come si dice nella common law) che esso è colpevole. I giuristi dicono anche che il codice penale non è concepito per limitare il crimine ma per limitare l'azione contro di esso. In parole semplici questo significa che i cittadini nello stato di diritto sono tutelati da eventuali arbitri dell'autorità: nello stato non di diritto (teocratico) invece il giudice è arbitro supremo e condanna chi ritiene colpevole alla pena che ritiene adeguata. Il sistema è concepito per perseguire il ladro, lo scippatore, l'assassino (e nemmeno poi tanto bene, a quanto sembra) ma il terrorista islamico non è assimilabile al comune delinquente.
E' stato osservato che se la polizia avesse fermato gli attentatori dell’11 settembre probabilmente questi sarebbero stati poi rilasciati in pochi giorni. La legge infatti non può punire chi non ha commesso un reato ma potrebbe commetterlo, non può intervenire nel campo delle opinioni personali, del libero pensiero. La famosa decisione del giudice italiano Forleo poi non era destituita di fondamento su un piano propriamente giuridico.
Soprattutto però è la sanzione del sistema giudiziario che è del tutto inadeguate. Esse innanzi tutto sono erogate "dopo" che è stato compiuto l’atto e non "prima" per prevenirlo: ma non è tanto importante punire gli attentatori dopo l’attentato: occorre fermarli prima. Poi il loro effetto dissuasorio è minimo rispetto al terrorista. L’ergastolo può essere un grave minaccia per un rapinatore, ad esempio, che valuta costi, rischi benefici: ma che valore potrebbe avere per persone che mettono nel conto la morte ed anzi sono pronti al suicidio.
Libertà provvisoria, misure alternative, funzione riabilitativa della pena sono tutti istituti non applicabili sostanzialmente ai terroristi. Si aggiunga poi che le connessioni intenzionali, le basi in altri paesi sono difficilmente perseguibile. Nessun giudice avrebbe potuto ad esempio fare arrestare bin Laden e se questo fosse processato probabilmente verrebbe assolto per mancanza di prove e se fosse condannato questo certo non spaventerebbe minimamente i suoi seguaci anzi. Il terrorismo è un atto di guerra e non può essere perseguito come un crimine comune.
Anche la “intelligence” in realtà non può fare molto specie se poi si pretende che essa resti su un piano di legalità. Non bisogna pensare infatti a scenari resi popolari dai film di 007. In realtà i servizi di sicurezza agiscono essenzialmente comprando informazioni. Per ottenere le ricompense si presenta una folla di personaggi che per la massima parte sono pataccari e millantatori: bisogna distinguere poi i veri informatori i quali solo eccezionalmente sono mossi da motivi ideali e quasi sempre invece dalla avidità di danaro e in genere poi fanno anche il doppio gioco. Spesso l’opinione pubblica è scossa dal fatto che le autorità erano state informate di atti di terrorismo e non hanno preso provvedimenti: ma in realtà è difficile distinguere in un mare di informazioni fasulle quelle vere.
A queste difficoltà si aggiunge la quasi impossibilità di infiltrare informatori in ambienti cosi esclusivi come quelli del fondamentalismo religioso Anche la lingua araba diviene un grossa difficoltà, difficile anche reperire interpreti, soprattutto interpreti fidati.
Un altro problema è che le organizzazioni terroristiche islamiche (a differenza di altre) non costituiscono un tutto organico con una sola direzione nella quale infiltrarsi .
Ad esempio "al qaeda", che significa "il covo, la base" era struttura nella quale gli estremisti islamici arrivavano da tutto il mondo mussulmano e per addestrarsi, organizzarsi, soprattutto direi per un supporto psicologico, una copertura politica religiosa, un indottrinamento. Ma bin Laden non controllava affatto le loro azioni. Le organizzazioni terroristiche nascono per spontanea imitazione, come si dice, per "franchising". Ogni gruppo opera un attentato, poi i membri muoiono, vengono scoperti, si disperdono, praticamente si scioglie e ne nascerà poi un altro in qualche altra parte.
Le indagini di polizia, l’opera della magistratura, l’intelligence sono certamente elementi a cui non si può rinunciare ma per la loro stessa natura non possono considerasi risolutivi nella lotta al terrorismo: esso infatti non è un fatto di ordine pubblico ma un atto di guerra.
Dopo l’11 settembre gli USA aveva due possibilità : o considerare l’accaduto un fatto gravissimo ma isolato e concretamente non fare nulla oppure considerare quell’atto una dichiarazione di guerra del terrorismo islamico internazionale: in questo ultimo caso l’unica reazione credibile era l’intervento militare. La scelta quindi non è mai stata fra guerra o altre opzione (che in realtà non esistono) ma nell’interpretazione dell’11 settembre. Non sappiamo quali sarebbero state le conseguenze di una diversa interpretazione e non lo sapremo mai perché con i “se” e con i “ma” non si fa storia. Non importa nemmeno concretamente saperlo: ormai gli interventi militari sono stati operati e da essi potrà solo uscire un vincitore e un vinto: non ci si può ritirare da una guerra una volta iniziata senza uscirne sconfitti.
Folle oceaniche inneggianti alla pace in tutto il mondo non hanno fermato l’invasione dell’iraq perché in realtà esse non presentavano una alternativa credibile e praticabile. Il problema di attaccare l’Iraq era semplicemente una decisione tecnica (magari poteva essere più vantaggiosa invadere l’iran o la Siria). La scelta politica delle armi era stata gia fatta, opportuna o errata che fosse, non si poteva tornare indietro.
I mezzi alternativi (giustizia, politica, dialogo, mediazioni, via giudiziaria) possono essere essere presi in considerazione solo sui tempi lunghi, non possono avere alcuna efficacia nel momento in cui la guerra è gia in atto.
La causa prima dell'affermarsi del nazismo può essere rintracciata negli errori della pace di Versailles e poi si potevano fare molte cose perchè Hitler non si affermasse al potere in Germania: da un trattato di pace più equo ad aiuti economici ad alleanze politiche, al dialogo, a un maggiore impegno della cultura : ma quando le armate del III Reich si mossero solo la guerra poteva fermarle. Analogamente ora gli eserciti dei terroristi e degli Occidentali si sono mossi: non importa di chi sia la colpa (ammesso che abbia senso parlare di"colpa" ): purtroppo la parola è alle armi.
Giovanni De Sio Cesari