DISCORSO DI CHAMBERLAIN* A BIRMINGHAM

17 Marzo 1939

Questa sera avevo intenzione di affrontare una serie di argomenti che riguardavano il mercato e l’occupazione, i servizi sociali e la finanza, ma i tremendi eventi accaduti questa settimana in Europa hanno posto in secondo piano tutto ciò. Credo che voi e tutti coloro che pur non essendo in quest’aula mi stanno ascoltando, vogliate conoscere la posizione del Governo di Sua Maestà in merito a questi eventi.

Una cosa è certa; l’Opinione Pubblica del mondo intero ha subito uno shock più forte di quanto ci si potesse aspettare, perfino dall’attuale regime Tedesco. Non si può ancora prevedere quali potranno essere gli esiti finali di questa crisi, ma sono sicuro che saranno di vasta portata. Mercoledì scorso, giorno in cui le truppe Tedesche sono entrate in Cecoslovacchia, abbiamo discusso in quest’aula la situazione e tutti noi, compreso il Governo, eravamo disorientati dalle informazioni frammentarie e non ufficiali di cui disponevamo. Non abbiamo avuto il tempo necessario per valutarle e quindi di formarci un opinione su quanto stava accadendo. Di conseguenza, dovendo parlare a nome del Governo, sono stato necessariamente obbligato ad assumere un atteggiamento estremamente cauto nel commentare gli avvenimenti. Ed è stato proprio questo mio freddo ma giustificato atteggiamento a creare in molti di voi qualche dubbio sull’effettiva gravità dei fatti. Cercherò di essere più chiaro e circostanziato stasera.

Prima però, vorrei affrontare un argomento direttamente correlato a questi eventi, che è stato oggetto di discussione in quest’aula mercoledì scorso e che è stato riportato da vari organi di stampa. È stata avanzata l’ipotesi che l’occupazione della Cecoslovacchia possa essere stata la diretta conseguenza dei miei viaggi in Germania lo scorso Autunno, conclusi con la firma dell’Accordo di Monaco. Tale ipotesi è alimentata dagli avvenimenti di questi giorni che dimostrerebbero come quell’Accordo sia stato disatteso e sia stato quindi un errore sottoscriverlo. È stato anche affermato che poiché ciò che è accaduto è stato il frutto della politica personale del Primo Ministro, la responsabilità per il destino della Cecoslovacchia deve necessariamente e interamente ricadere sulle sue spalle. Questa tesi conclusiva è assolutamente ingiustificata!

I fatti per come sono oggi, non possono modificare quelli esistenti lo scorso Settembre. Se avevo ragione allora, ho ragione anche oggi. C’è qualcuno che dice: “Noi sostenevamo che lo scorso Settembre hai sbagliato e oggi alla luce dei fatti possiamo dire che avevamo ragione”! Esaminiamo per un momento la situazione. Quando decisi di andare in Germania sapevo benissimo che sarei stato criticato. Non sono certo andato là per ottenere popolarità! Sono andato perché in quella che appariva una situazione disperata, mi sembrava l’ultima possibilità per evitare una guerra in Europa. E devo anche ricordare che quando fu annunciato che sarei andato non fu avanzata alcuna critica nei confronti di quella decisione, ma vi fu una generale approvazione. Fu solo più tardi, quando le conclusioni dei negoziati delusero le aspettative di qualcuno, che cominciarono le critiche rivolte però solo ai termini dell’accordo e non al fatto di avervi partecipato.

Non ho mai negato che i termini di quell’accordo furono diversi da quelli che io stesso desideravo che fossero, ma come spiegai allora il problema da affrontare non era nuovo ma risaliva al giorno in cui fu firmato il Trattato di Versailles. Un problema che avrebbe dovuto essere risolto diverso tempo fa se gli statisti degli ultimi vent’anni fossero stati più illuminati e previdenti. Esso era diventato come una malattia troppo a lungo trascurata che richiedeva l’intervento del chirurgo per poter salvare la vita del paziente.

Dopo tutto, il primo e più immediato obbiettivo dell’Accordo di Monaco fu raggiunto; quello cioè di salvare la pace in Europa. Se così non fosse stato, oggi centinaia di migliaia di famiglie sarebbero in lutto. Vorrei ancora una volta ringraziare tutti coloro che mi hanno scritto da ogni parte del mondo per esprimermi la loro gratitudine per quello che ho fatto allora e per ciò che ho tentato di fare da allora.

Francamente non ritengo sia necessario difendere la mia decisione di essere andato in Germania lo scorso Settembre, poiché in quel momento non esistevano alternative. Non c’era null’altro che potevamo o avremmo potuto fare, che la Francia o la Russia potevano o avrebbero potuto fare per salvare dall’invasione la Cecoslovacchia. Anche se fossimo entrati in guerra contro la Germania e fossimo usciti alla fine vincitori, pagando il prezzo di spaventose perdite, non avremmo mai potuto ricostituire la Cecoslovacchia così come era stato stabilito dal Trattato di Versailles.

Ma c’era anche un altro obbiettivo da raggiungere andando in Germania. Era quello di sostenere ed incoraggiare la politica che ho sempre perseguito da quando sono Primo Ministro; una politica chiamata di Pacificazione Europea, sebbene io consideri questo termine non adeguato a definirne appropriatamente le finalità. Affinché questa politica abbia successo è essenziale che nessuna Potenza miri ad ottenere il dominio dell’Europa. Ogni Nazione dovrebbe tendere a sviluppare le proprie risorse, ad assicurarsi una adeguata quota di mercato internazionale e a migliorare le condizioni di vita della propria gente.

Sebbene ciò crei talvolta dei conflitti di interesse tra Stati, sono convinto che esercitando la buona volontà e la comprensione reciproca sia possibile risolvere le eventuali divergenze attraverso il dialogo, senza ricorrere alle armi. Andando a Monaco speravo di scoprire con contatti personali diretti, quali fossero le reali intenzioni di Hitler e verificare se esisteva la possibilità di cooperare con la Germania per sviluppare insieme un programma politico di quel tipo.

L’atmosfera nella quale i colloqui si svolsero non era certo la più favorevole, dato che eravamo al centro di una grave crisi internazionale, ma approfittando delle pause tra i vari incontri ufficiali, ebbi l’opportunità di parlare con il Cancelliere Tedesco e conoscere il suo punto di vista su vari temi. Ebbi l’impressione che i risultati ottenuti durante quei colloqui informali non fossero stati del tutto insoddisfacenti. Quando tornai dal mio secondo viaggio, riferii alla Camera dei Comuni una conversazione avuta con Hitler il quale, parlando con grande sincerità, ripeté ciò che aveva già dichiarato a Berchtesgaden e cioè che quella era l’ultima sua ambizione territoriale in Europa e che non aveva alcun desiderio di includere nel Reich altri popoli che non fossero di razza Germanica.

Hitler stesso confermò il contenuto della nostra conversazione nel discorso che pronunciò allo Sportpalast di Berlino, quando disse: "Questa è l’ultima richiesta territoriale che avanzo in Europa." E più avanti nello stesso discorso affermò: "Ho assicurato al sig. Chamberlain, e lo ribadisco ora, che quando questo problema sarà risolto, la Germania non avrà più alcuna pretesa territoriale in Europa." E aggiunse: "Posso garantire che non sono più interessato allo Stato Cecoslovacco. Noi non vogliamo alcun Ceco nel Reich."

Nell’Accordo di Monaco, che reca anche la firma di Hitler, appare questa clausola: "La delimitazione definitiva delle frontiere sarà stabilita da una commissione internazionale". Infine, nella dichiarazione che lui ed io abbiamo firmato a Monaco, è stabilito che ogni futura questione riguardante i nostri due Paesi avrebbe dovuto essere affrontata consultandoci preventivamente.

In seguito a queste ripetute assicurazioni date spontaneamente, ho ritenuto più che giustificato sperare che una volta risolta la questione Cecoslovacca, come a Monaco sembrava che fosse, sarebbe stato possibile portare avanti quella politica di pace che ho appena descritto. Contemporaneamente però, decisi di continuare ad adottare delle precauzioni fino a quando non fossi stato certo che quella politica di pace venisse realmente accettata e applicata anche dagli altri. Ed è stato proprio per precauzione che dopo Monaco, la realizzazione del nostro programma di difesa è stato accelerato e ulteriormente sviluppato per rimediare a certi punti deboli evidenziatisi durante la crisi. Sono convinto che dopo la firma dell’Accordo, la maggioranza del popolo Britannico condivideva le mie speranze e l’ardente desiderio che quella politica venisse ulteriormente sostenuta. Ma oggi condivido il suo disappunto e la sua indignazione per quelle speranze che sono state così deliberatamente e immotivatamente distrutte.

Come possono quelle assicurazioni date giustificare gli eventi di questa settimana? Come firmatario dell’Accordo, Hitler, qualora avesse voluto denunciarlo, avrebbe dovuto preventivamente consultarmi, come prevedeva la Dichiarazione congiunta allegata all’Accordo stesso. Ma egli ha voluto decidere ed agire autonomamente, venendo meno agli impegni sottoscritti e prima che il Presidente Ceco fosse ricevuto e potesse esaminare le richieste alle quali peraltro non poteva opporsi, le truppe Tedesche erano già a Praga.

Secondo il proclama letto ieri nella capitale Cecoslovacca, si apprende che la Boemia e la Moravia sono state annesse al Reich Tedesco; tutti gli abitanti non di etnia tedesca, compresi naturalmente i cittadini Cechi, sono stati posti sotto Protettorato Tedesco e soggetti alle decisioni politiche, militari ed economiche del Governo del Reich. Questi due territori sono stati definiti Stati Autonomi, ma in realtà non lo sono affatto perché la loro politica estera, le dogane e i relativi dazi, le riserve bancarie e l’equipaggiamento del disarmato esercito Ceco sono sotto controllo Tedesco. Forse la notizia più sinistra è che ha fatto la sua comparsa la Gestapo che sta arrestando tutte le personalità più eminenti del paese adottando quei metodi che noi tutti ben conosciamo.

Ogni uomo e donna di questo nostro paese, ricordando il destino riservato agli ebrei e ai prigionieri politici in Austria, sarà oggi pieno d’angoscia e di cattivi presentimenti. Chi può non sentire simpatia ed affetto per un popolo la cui terra è stata improvvisamente invasa rimanendo così privato della propria libertà e indipendenza? Cosa ne è stato della dichiarazione: "Nessuna ulteriore ambizione territoriale"? o della famosa assicurazione: "Non vogliamo i Cechi nel Reich"? Quale considerazione è stata riservata al principio dell’autodeterminazione così veementemente difeso e sostenuto da Hitler a Berchtesgaden e in base al quale mi chiese la separazione dei Sudeti dalla Cecoslovacchia e la loro annessione al Reich?

Ora ci viene detto che l’invasione si è resa necessaria a causa dei disordini scoppiati in Cecoslovacchia e che la proclamazione di questo nuovo Protettorato Tedesco era inevitabile per difendere la pace e la sicurezza della confinante Germania. E questi presunti disordini non potrebbero essere stati fomentati dall’esterno? È mai possibile credere seriamente che tali disordini fossero per la Germania talmente pericolosi da giustificare ciò che è successo?

L’interrogativo che ci dobbiamo porre è se sia realisticamente possibile ipotizzare motivi così gravi da giustificare il mancato rispetto di promesse così solennemente e ripetutamente pronunciate. E dobbiamo anche domandarci quale fiducia si possa mai riporre in altre promesse provenienti dalla stessa fonte.

La Germania, sotto l’attuale regime, ci ha riservato una serie di spiacevoli sorprese; la Renania, l’annessione dell’Austria e quella dei Sudeti hanno sorpreso e offeso l’opinione pubblica di tutto il mondo. Né possiamo trascurare i metodi che in questi casi sono stati adottati e che ci impongono di affrontare il problema alla radice.

Gli eventi che si sono succeduti in questa settimana con azioni compiute nel più completo disprezzo dei principi sottoscritti dalla stessa Germania, devono farci riflettere e dobbiamo chiederci se ciò rappresenti la fine di una vecchia avventura o l’inizio di una nuova.
Dobbiamo domandarci se ciò che è successo si possa considerare l’ultimo attacco ad un piccolo Stato o se invece dobbiamo aspettarcene altri, ma soprattutto se non sia stato il primo passo per arrivare a dominare il mondo con la forza.

Sono domande gravi ed importanti alle quali non intendo rispondere stasera perché sono convinto che esse richiedano una attenta e seria riflessione non solo da parte dei Paesi confinanti con la Germania, ma anche di quelli oltre i confini dell’Europa. Non mancano evidenze che indicano che lo sviluppo del progetto Tedesco è già iniziato e che probabilmente d’ora in poi subirà una pericolosa accelerazione.
Ci rivolgeremo ai nostri partner del Commonwealth Britannico e alla Francia, ai quali siamo strettamente legati, e non ho dubbi che anche altri desidereranno collaborare con noi alla luce di ciò che sta accadendo nel sud-est dell’Europa.

Dobbiamo affrontare la situazione con il senso di responsabilità che la gravità del momento richiede. Nulla deve essere escluso o sottovalutato perché è in gioco la nostra sicurezza nazionale. Il Governo come sempre, ha la responsabilità maggiore, ma so che tutti i cittadini di questo paese faranno il possibile per offrire allo Stato il proprio contributo.

Credo che non ci sia nessuno che possa mettere in dubbio la mia sincerità quando affermo che non vi è nulla che non possa essere sacrificato per la pace, eccetto la libertà di cui abbiamo goduto per centinaia di anni e alla quale non potremo mai rinunciare.
Sono passate solo sei settimane dall’ultimo discorso che ho pronunciato in questa città; quando sostenni che ogni democrazia deve opporsi e resistere con tutti i mezzi disponibili a qualsiasi tentativo che miri a dominare il mondo con la forza e aggiunsi che non potevo credere che un Governo che avesse realmente a cuore gli interessi del suo popolo, potesse esporre quello stesso popolo agli orrori di una guerra.

Sembra davvero incredibile che nonostante gli insegnamenti della Storia ci si trovi ad affrontare una tale situazione. Sento comunque il dovere di ribadire che non coinvolgerò questo Paese in alcun impegno che non sia chiaramente definito da condizioni ora difficilmente prevedibili. Tuttavia non potrebbe essere commesso errore più grave di quello di supporre che poiché la guerra è qualcosa di crudele e priva di senso, questa Nazione non farà tutto ciò che è in suo potere per raccogliere la sfida qualora questa venisse lanciata. Nel caso in cui ci dovessimo trovare in una tale deprecabile situazione, sono assolutamente convinto che non avrò solo la simpatia, il supporto e la fiducia dei miei conterranei ma anche l’approvazione dell’intero Impero Britannico e di tutte le altre Nazioni che hanno a cuore la libertà ancor più della pace.

*Primo Ministro del Governo di Sua Maestà Britannica.

Fonte del documento:
THE BRITISH WAR BLUEBOOK
Reso pubblico dal Governo Britannico nel 1997

© 1996 The Avalon Project

Traduzione di UGO PERSIANI

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