-------------------------------------- STORIA UNIVERSALE --------------------------------------

IL NUOVO PREDOMINIO E LA NASCITA DEI RANCORI


224. 33) - IL PERIODO 1870-1880 IN EUROPA
* IN SPAGNA, IN PORTOGALLO E IN ALTRI STATI MINORI

 

IN SPAGNA
Gli Stati della penisola pirenaica avevano per l'insurrezione delle loro più importanti colonie perduto, al principio del XIX secolo, l'antica potenza.
Alla loro vita statale interna dava un'impronta caratteristica l'infruttuosa lotta delle poco numerose classi colte contro la potenza della Chiesa e della nobiltà fondiaria con essa alleata.
Ciò portava a continue rivoluzioni e controrivoluzioni, che non lasciavano mai in pace questi paesi. In Spagna, dopo la cacciata della Regina Isabella (1868) si combattevano il partito repubblicano e il monarchico; il quale mantenne il sopravvento, ma non poté per lungo tempo trovare un sovrano adatto. Pretendenti ce ne furono a sufficienza; fra costoro stava in prima linea, fervidamente appoggiato dai clericali, Don Carlos, cugino d'Isabella, ma di tutti queste personaggi, già implicati nelle lotte partigiane, non si voleva saper nulla.

Dopo il rifiuto del principe Leopoldo di Hohenzollern, alla fine un figlio del Re Vittorio Emanuele d'Italia, il duca Amedeo d'Aosta, si lasciò indurre ad accettare la corona; ma il suo breve Governo (1870-1873) non riuscì a stabilire l'ordine. Davanti alla violenta opposizione del clero e dei carlisti il Re fu impotente, poiché i liberali erano divisi e le truppe malsicure. Alla fine Amedeo rinunziò alla corona.
Così ebbero subito il sopravvento i repubblicani; fu proclamata la repubblica ed eletta una assemblea nazionale costituente; ma il contrasto fra i seguaci della repubblica unitaria e coloro che volevano spartire la Spagna in una serie di comuni indipendenti, spezzò questo partito.

A ciò s'aggiunse la ripugnanza dell'esercito nei confronti degli oratori parlamentare; e da ultimo il generale Martinez Campos proclamò Re il figlio d'Isabella, divenuto allora maggiorenne, Alfonso XII (dicembre 1874).
Allorché questi ebbe dichiarato con abile calcolo che era Spagnolo, cattolico e liberale, e intendeva governare secondo le massime costituzionali, la maggioranza del paese ovviamente gli si avvicinò.

Il nuovo Re annientò in una lotta durissima di due anni la rivolta dei carlisti e costrinse Don Carlos stesso a fuggire in Francia. Indi guadagnò il favore del clero con ricche donativi alla Chiesa, con l'abolizione della libertà di culto e del matrimonio civile e con la promessa di voler regolare i rapporti fra lo Stato e la Chiesa solo con l'assenso papale.

La sua nuova costituzione del 1876 dichiarò il cattolicesimo religione dello Stato e garantì tolleranza agli eterodossi, ma non l'esercizio del loro culto diretto al pubblico.
Nel resto lo Statuto creò una monarchia costituzionale nelle forme consuete; il diritto elettorale fu anche qui - come in Italia - congiunto con il censo; ma con una forte pressione elettorale (a lui tutta servile) il Sovrano era sempre in grado di formare la composizione delle due Camere conforme al suo desiderio.

Alfonso XII favorì i conservatori, il partito dei clero e dei grandi, che fu diretto dal Canovas del Castillo; talvolta affidò anche ai costituzionali sotto il Sagasta il Governo, per non lasciarlo diventare troppo potente.
I carlisti e i repubblicane scaddero sempre più; e una maggiore relativa stabilità si verificò nella Spagna. Ma siccome la posizione signoreggiante del clero in tutti i territori dell'esistenza rimase inalterata, non c'era da attendersi una evoluzione spirituale, economica o politica della nazione.

Anche dopo la fine delle lotte interne la Spagna rimase un paese chiuso, e senza efficacia all'estero. Soltanto a fatica poté conservare il resto dei suoi possessi coloniali di fronte al malcontento degli indigeni. Cuba fu in rivolta dal 1868 al 1878, e anche nelle Filippine fu un'agitazione continua. Sempre nuovi impieghi di denaro e di uomini occorrevano per impedire il distacco di questi territori. Ma non era in grado la Spagna di fare questi sacrifici.

IN PORTOGALLO
Nel Portogallo governava dal 1853 la casa de Sassonia-Coburgo-Cohary; i Sovrani furono interamente insignificanti. Il paese soffriva molto sotto il peso dei debiti, derivanti dalle precedenti lotte per il trono; ma era economicamente e politicamente del tutto dipendente dall'influenza inglese.
Anche qui il partito liberale combatteva senza molto successo contro la potenza del clero e della nobiltà; inoltre dall'inizio del periodo fra il 1880 e il 1890 cresceva sempre più il partito repubblicano.

Le colonie d'Africa furono trascurate, poiché alla madre patria mancavano i denari per renderle accessibili, sfruttarle e dominarle militarmente.

Il Portogallo insomma, rimase ai margini delle successive grandi lotte, lasciando alle Grandi Potenze europee il "gioco della guerra" nei loro vari "cortili", e che poi fra vendette, livori e rivincite, con le stesse loro mani fecero crollare i tre imperi storici. Dallo sfacelo nacquero nuovi stati, risorsero vecchie nazioni, ma da un altro punto di vista tutti i belligeranti europei nell'incapacità di mettersi d'accordo, uscirono dal "Grande Conflitto" tutti sconfitti, in quanto la guerra segnò - se non la causò direttamente - uno spostamento della potenza internazionale dall'Europa all'America da un lato, alla Russia sovietica dall'altro. Per rimanere da questo momento in avanti (i 2 blocchi) padroni assoluti dell'Europa. Quanto alla seconda guerra mondiale, questa fu null'altro che la prosecuzione della prima, che rafforzò ancora di più i due blocchi.

GLI ALTRI STATI MINORI
Sulla condizione degli altri minore Stati europee qui possiamo solo gettare un breve sguardo.
Nel BELGIO la vita statale era dominata dal contrasto della nazionalità vallona e fiamminga e anche qui dalla lotta fra clericali e liberali. I Fiamminghi ottennero un po' alla volta per le province, in cui avevano la maggioranza, il diritto di usare la propria lingua negli affari pubblici.

Nel parlamento i liberali avevano avuto fino al 1870 la maggioranza; ma, in seguito alla divisione del partito per la questione dell'allargamento del suffragio elettorale alle masse privi di cognizioni, salirono al potere i clericali e cercarono immediatamente di impadronirsi dell'insegnamento scolastico (e del resto qui che si formano le menti della gioventù per formare poi tanti "eserciti della fede" e in seguito perchè timorati di Dio, degli ubbidienti sudditi)
Essi infatti protestarono subito contro la lotta per la civiltà (come abbiamo già letto in atto in Germania) e contro l'occupazione di Roma da parte degli Italiani.

Ma dopo l'introduzione della votazione segreta nel 1878 i liberali ottennero ancora una volta la maggioranza e cercarono mediante una nuova legge scolastica di strappare alla Chiesa l'insegnamento.
Dovunque furono fondate scuole comunali sotto la vigilanza statale; fu fissata una determinata istruzione per l'impiego dei maestri; furono posti sotto il controllo del Governo i libri scolastici; l'insegnamento religioso fu tolto dai programmi governativi.
Papa e clero opposero vivace resistenza; vennero addirittura rotte le relazioni diplomatiche fra Roma e il Belgio. Dovunque ancora in piena autonomia sorsero capillarmente scuole private cattoliche accanto a quelle pubbliche, e i genitori cattolici vennero costretti con la minaccia della scomunica a mandarvi i loro figli.

Per disgrazia dei liberali la fondazione delle scuole laiche costava molto denaro; dovettero di conseguenza introdursi nuove imposte, e, quando i clericali promisero demagogicamente di togliere via questo carico finanziario, fecero breccia e ottennero di nuovo nel 1884 la maggioranza.

Essi ovviamente immediatamente abolirono subito le leggi scolastiche e dettero ai Comuni il diritto di chiudere le loro scuole, quando esistesse una scuola privata. Qui insegnavano i frati a titolo gratuito, ed era quindi assicurata di nuovo per un più lungo periodo l'educazione della generazione futura secondo lo spirito clericale.

Nei PAESI BASSI la lotta per la scuola costituiva egualmente il problema fondamentale della vita pubblica.
I liberali all'inizio si avvantaggiarono della discordia dei loro avversari ortodossi; gli inflessibili delle province nordiche e gli inflessibili cattolici delle province meridionali potevano difficilmente intendersi fra loro.

Poiché i calvinisti erano più forti, i cattolici inizialmente fecero causa comune con i liberali; d'accordo con questi fecero approvare nel 1857 una legge scolastica che obbligava i Comuni a mantenere scuole laiche con l'esclusione dell'insegnamento religioso.
In queste scuole non si doveva insegnar niente che potesse offendere i sentimenti degli alunni; inoltre furono permesse scuole private confessionali.

Ma quando il partito cattolico si rafforzò, modificò la sua tattica e chiese una trasformazione delle leggi scolastiche. I liberali mantennero ferma la scuola frequentata da ragazzi di diversa confessione e addossarono nel 1879 una parte delle spese scolastiche alla cassa dello Stato.
Inoltre fino dal 1872 il problema dell'allargamento del suffragio anche qui cominciò a farsi sentire; esso giunse ad una soluzione provvisoria solo nel 1887, in quanto il diritto elettorale fu consentito a tutti coloro che pagavano una pigione o una imposta fondiaria di un determinato importo. Il numero degli elettori aumentò quindi a circa 350.000.

Negli STATI SCANDINAVI il contrasto fra la borghesia delle maggiori città e la popolazione, di gran lunga superiore per numero del contado formava lo sfondo di tutta la vita politica.
La borghesia era politicamente liberale con un carattere aristocratico; la campagna, per la prevalenza della popolazione contadina, democratica; questo carattere democratico della popolazione rurale risaltava il più fortemente possibile in NORVEGIA, dove i liberi contadini formano il fondo del popolo.

La borghesia propendeva nella politica estera, per una partecipazione più intensa ai commerci mondiali, a cui essa stessa era interessata con i suoi traffici, e per una solida organizzazione dell'esercito e dell'armata, mentre i democratici rurali non volevano curarsi che della semplice difesa del paese e combattevano ogni aspirazione militare oltrepassante quei limiti.

Anche sulla configurazione dell'ordinamento delle imposte fra città e campagna vi erano notevoli differenze. I Governi cercavano da per tutto d'affermarsi mantenendosi superiori ai partiti, ma, in sostanza, si appoggiavano su i liberali; appena però i partiti democratici ottennero la maggioranza nelle Camere, sorse il problema, se il Re fosse obbligato a scegliere i suoi ministri nella maggioranza.

In Danimarca il conflitto, suscitato da questi contrasti, condusse a una lunga battaglia fra la prima Camera (Landthing), da un lato, e la seconda Camera (Folkthing), dall'altro. La Corona governò senza un bilancio regolarmente approvato e restrinse temporaneamente la libertà di stampa e di riunione.

Le elezioni del 1892 spezzarono la maggioranza democratica e portarono per la prima volta dopo tanto tempo ad una tranquilla approvazione del bilancio, e con ciò il conflitto fu per il momento risolto a favore della Corona; d'altra parte però la pace durò solo breve tempo.

Anche nella SVEZIA la Corona conservava una posizione salda, mentre nella Norvegia, congiunta con essa, per unione personale, la democrazia conquistò sempre maggiore potenza. Siccome là si aggiungeva la propensione del popolo norvegese contro la egemonia svedese, così risaltò sempre più evidente nel corso delle lotte parlamentari la tendenza della Norvegia a un completo distacco dall'unione.

Che nei Regni nordici gli ultimi decenni del XIX secolo sono stati un periodo di grande sviluppo della vita spirituale, che qui per la prima volta sono sorti artisti e scrittori di fama europea e d'influsso europeo, come Ibsen e il Bjórnson, lo possiamo ricordare solo velocemente.

La vita politica della SVIZZERA ha un particolare interesse, perché qui per la prima volta fu fatto il tentativo di attuare la legislazione diretta per opera del popolo, e così di soffocare il principio democratico, che contiene tuttavia elementi aristocratici, in favore della pura democrazia.
Prncipalmente fu riconosciuto in parecchi cantoni, e dal 1848 anche nella costituzione federale, la massima che doveva avvenire un plebiscito sulla questione, se si doveva modificare la costituzione, quando 50.000 cittadini di ogni ceto lo chiedevano; questa cifra in seguito fu ridotta a 30.000.

Poi in singoli Stati fu riservato al popolo il diritto di reclamare contro ogni dichiarazione uscita dal potere legislativo: mentre in altri fu introdotto il plebiscito obbligatorio anche nelle questioni finanziarie.
Nel cantone di Basilea tutte le leggi e modifiche dal 1863 in poi furono sottoposte al popolo due volte l'anno per l'accettazione.
Nella nuova costituzione del 1874 fu introdotto il referendum intorno ad ogni legge federale, quando lo richiedevano 30.000 persone, e nel 1891 fu concesso al popolo anche il diritto di proporre nuove leggi; necessari 50.000 cittadini per decidere un plebiscito.

Anche la Svizzera, come paese confessionalmente misto, fu sfiorato dalle inclinazioni alla lotta per la civiltà nel periodo fra il settanta e l'ottanta (come stava avvenendo nella nuova Germania). In base alla costituzione federale del 1874, fu affidata alla confederazione la cura dell'insegnamento pubblico e della libertà di coscienza e imposto ad ogni cantone l'obbligo di istituire scuole aconfessionali esclusivamente laiche. Si formò così nella Svizzera un saldo riparo contro il tentato predominio del clericalismo.

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Chiudiamo ora con gli Stati minori
e occupiamoci invece di una grande Potenza

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