-------------------------------------- STORIA UNIVERSALE --------------------------------------

109. GLI STATI EUROPEI DEL NORD


Gli stati del Nord verso la metà del secolo XIV


Dei "popoli nordici", ossia dei "Normanni", ovvero dei "Vichinghi" (da Vich= fiordo o anche una provincia che portava questo nome), o dei "russi-Variaghi" o Varieghi ("popoli del nord") abbiamo già accennato nei capitoli dedicati all'Italia, all'Inghilterra, e nel precedente in quello Russo. Ma non abbiamo ancora accennato alla loro origine, mentre con questo capitolo la iniziamo ripercorrendo l'intera loro storia e nel farne la sintesi ritorneremo su alcuni fatti già esposti, come la loro presenza in vari luoghi d'Europa.

Nell'alto Medio-Evo il Mar Baltico era un mare completamente chiuso, forse per le sue gelide acque anche più del Mar Nero, e non rappresentò nella vita politica ed economica dell'Europa una parte simile a quella che assunse poi a datare dal XVI secolo, quando le flotte olandesi lo presero a meta dei loro traffici in misura molto maggiore che non le Indie o l'America e scoppiarono lunghe lotte per la conquista dell'egemonia in questo mare baltico fra Danesi, Svedesi, Prussiani, Polacchi e Russi.

Al contrario nell'alto Medio-Evo esso sembrava destinato immancabilmente a divenire dominio esclusivo di un solo padrone; il mar Baltico poteva allora piuttosto chiamarsi un mare «scandinavo» o «nordico». Il tipo infatti della civiltà «nordica» regnava ugualmente su tutte le sue coste; anzi questa civiltà, se si risale all'età della pietra e del bronzo, e persino agli inizi dell'età del ferro, si estendeva anche al di là del margine orientale e meridionale del bacino baltico, giacchè per lo meno la preistoria della Pomerania e del Mecklenburg ci mostra per quelle epoche una civiltà strettamente affine alla nordica, specialmente sulle coste, mentre l'entroterra più lontano dal mare presenta un tipo di civiltà completamente diverso che ci fa pensare ad origini meridionali.

Anche le più antiche memorie storiche attribuiscono ai popoli scandinavi l'illimitato dominio di tutto il bacino baltico e veramente ci inducono nella persuasione che essi vi si sentissero esclusivi padroni.
Questi popoli peraltro li vediamo già allora divisi in vari gruppi, per quanto conservassero una grande uniformità di lingua e di costumi. All'estremo nord, in Norvegia, dimoravano da tempo immemorabile i Normanni (uomini del settentrione da north=nord, man=uomo) e ad oriente principalmente attorno al lago Molar, gli Sveoni (Svedesi); più a sud, sino alla Scania, i Goti del Gotland (continente ed isola); ad ovest, nelle grandi isole, i Danesi, i quali insieme agli Juti invasero la penisola cimbrica, respingendo verso mezzogiorno gli Angli, Frisi e Sassoni che l'occupavano.

Ciascuna di queste popolazioni, pur essendo suddivisa in piccoli cantoni retti da regole, possedeva un centro comune, all'inizio religioso e poi politico; esso era per gli Svedesi ed i Goti il tempio di Sigtuna e poi quello di Upsala, per i Danesi il tempio di Letra in Zelanda. L'antico paganesimo germanico, con il suo culto di Odino e di Thor, con i suoi canti epici ricevuti in eredità dagli antenati e con i nuovi canti degli scaldi e con le sue rune (cose tutte di un pezzo cadute in oblio sul continente) fioriva in questi centri in tutta la sua forza, trasformandosi ed affinandosi sino a raggiungere un grado di sviluppo incomparabilmente superiore a quello mai raggiunto dalla stessa religione sul continente, il che mostra quanto sarebbe arbitrario sostituire alla mitologia germanica la mitologia scandinava, la quale per di più non è neppure esente da influenze cristiane. Essendo la scrittura ancora sconosciuta sappiamo ovviamente poco o nulla nè dei Paesi scandinavi nè degli stessi Germani. Il primo che ci parla di questi luoghi (oltre Cesare) è Tacito (55-120 d.C.), riportando nel suo "De origine et situ Germanorum" quanto aveva appreso da suo suocero il generale Agricola nelle sue campagne militari dell'impero Romano nei Paesi nordici (Germania, Britannia ecc.). Quelli che incontrarono li chiamarono tutti germani senza distinzione (mentre questi erano una della tante tribù - circa 60), e così in seguito i goti, sensa soffermarsi sul temperamento.

Mentre invece è importante il carattere che differenzia questi popoli Nordici dai loro fratelli Germani del continente; essi cioè, soprattutto nella rocciosa Norvegia (fiordi), dove le coste sembrano scavate e rosicchiate dal mare, divennero marinai nati, e questo conferì loro una mobilità ed una audacia che non si arretrarono di fronte ad alcuna distanza e ad alcun pericolo, e infatti quando si mossero approdando sul continente, questo parve rivivere la furia temeraria delle antiche invasioni di barbari che dalla Crimea si spinsero fin nella Spagna e dalla Pannonia sino all'Africa.
Era questo il periodo in cui si stava ampliando il cristianesimo, e quelli che ne reggevano le sorti, il papato e tutti i suoi vescovi, con sempre maggiore potere, all'inizio solo spirituale poi anche temporale, per loro tutti questi popoli erano "selvaggi", "barbari", "infedeli". Queste gratuite nomine erano e rimarranno sempre degli infami e indelebili marchi fino ad oggi; e se non li chiamano più così i cattolici è solo per motivi di correttezza diplomatica dei governi nei rapporti civili, oggi così stretti con tutti gli Stati. La civiltà come invece sappiamo si è sviluppata anche in questi popoli, senza essere necessariamente cristiani. Le metropoli, i commerci, la cultura che sono sorte non sono inferiori a quella ritenuta dai latini superiore alle altre. Nessuno si sognerebbe oggi di chiamare infedeli o selvaggi i giapponesi solo perchè essi hanno altre certe credenze che la cristianità del medioevo chiamava "pagane".

Nell'VIII secolo pertanto cominciarono le migrazioni dei popoli scandinavi a grandi distanze: ad oriente essi arrivarono sino al Caspio ed in carovane di mercanti (via mare, via fluviale e via terra) fino a Costantinopoli, anzi fino a Bagdad, mettendosi a contatto con il commercio arabo. Ma anche gli arabi risalendo il Volga poi fino al lago Ladoga facevano affari con i nordici del mar Baltico.

Verso occidente le loro imprese assunsero dapprima la forma di spedizioni temporanee a scopo di preda e di bottino, poi in seguito iniziarono a mettere stanziamenti permanenti in Inghilterra, Francia (Normandia), Danimarca, Polonia, Russia, e da ultimo alla creazione di nuovi regni e principati fino in Sicilia, nella Bassa Italia ed anche in Grecia.

Ad un periodo di raccoglimento era dunque seguito un nuovo periodo di espansione dal nord delle esuberanti energie della stirpe nordica: ad emigrare in cerca di avventura e di preda furono spinti precipalmente coloro che come cadetti non si appagavano dello scarso retaggio loro spettante in famiglia, coloro che mal tolleravano il crescente dispotismo dei capi, coloro che alla ingloriosa, codarda morte nel proprio letto, che escludeva dalla Walhalla, preferivano la morte nelle onde o nel furore della battaglia.

Guidati da «re del mare», pirati in sostanza, schiere di tali avventurieri dentro esili e rapidi battelli privi di coperta in ogni giorno dell'anno, iniziarono ad attraversare mari, deprendando le coste o risalendo corsi di fiumi i villaggi sulle sponde adagiati, seminando il terrore nei paesi della cristianità occidentale, in quelli ancora pagani, in quelli cristiani ortodossi.


Questo spreco di energie non tornò in definitiva di alcuna utilità alla loro patria d'origine, giacché i "Variaghi" a Novgorod, o a Kiev sulle sponde del Rus' si slavizzarono e gli slavi già residenti si normannizzarono; quelli che sbarcarono in Normandia si fancesizzarono, in Inghilterra si anglizzarono, in Sicilia si italianizzarono; solo una parte minima delle conquiste di questi figli del nord, come ad es. l'Islanda o le terre conquistate dalla Svezia in Finlandia, andarono permanentemente ad accrescere il territorio della loro patria originaria.

Tutto al contrario i popoli scandinavi fallirono in quella che doveva essere la loro meta più prossima; essi perdettero cioè il dominio del Baltico. Nel XIV e XV secolo Danesi e Svedesi si videro soppiantati da stranieri nella signoria del proprio mare, ed a stranieri doveva toccare di decidere delle sorti della razza scandinava.
Il IX ed il X secolo avrebbero potuto far pensare a tutt'altro esito. All'inizio del IX secolo vediamo re Goffredo distruggere il porto fortificato degli Obotriti; nell'852 e nell'853 i Danesi prima e gli Svedesi poi, devastarono le coste della Curlandia, ed inoltre abbiamo notizia che le popolazioni di questo paese già da un pezzo erano tributarie degli Svedesi. Più tardi troviamo ancora i Danesi padroni della Costa dell'Ambra nel Samland; un nido di pirati sorse sulle sponde dell'Oder e divenne un grave flagello per le regioni circostanti. Le relazioni, ostili ma anche pacifiche, degli Svedesi e Danesi, non solo con i Prussiani, Pomerani ed Obotriti, ma persino con i popoli più lontani delle coste fino ad arrivare in Polonia, furono molto attive; il porto di Birca, nei pressi di Sigtuna, assurse ad importanza primaria ed accentrò tutto il commercio scandinavo.

Della stretta parentela e coesione esistente allora fra i tre popoli nordici ci é indice non solo la leggenda che favoleggia di grandi Stati scandinavi, ma una serie di fatti storici: in Norvegia vediamo regnare gli Ynglingi, cioè una stirpe di origine divina che aveva dato alla Svezia i suoi re mitici; gli stessi norvegesi regnarono per un certo tempo in Danimarca, e nel X secolo abbiamo spesso notizia di Svedesi regnanti sui Danesi. Ma nonostante tutto ciò è certo che da quest'epoca in poi ciascuno dei tre popoli batte una via diversa; avviene un distacco che si rispecchia persino nella lingua, che perde l'originario carattere omogeneo.

Come era naturale accadesse, furono per i primi i Danesi a venire in conflitto con i Franchi, per l'appoggio che essi, pagani, prestarono ai Sassoni pagani contro Carlo Magno. Allo scopo di premunirsi contro eventuali sorprese dei Franchi, re Goffredo eresse il così detto «Danewerk» tra il golfo di Schlei e l'Eider ; molto attivi furono pure i suoi rapporti politici con gli Slavi (egli riuscì ad avere alleati i Lutizi contro gli Obotriti) e non meno notevoli le reciproche relazioni commerciali.

Già in quest'epoca il cristianesimo fa la sua prima e timida apparizione fra i Danesi; il suo trionfo sembrò poi certo allorché un successore di Goffredo, Harald, prese con i suoi il battesimo a Magonza (826). Tornando in patria egli condusse con sé l'ardente missionario Ansgar, il futuro «apostolo del nord». Ansgar diffuse il cristianesimo fin nella Svezia (già nell'829); ad agevolare la sua opera di conversione venne nell'831 istituito il vescovado di Amburgo (che nell'834 fu elevato ad arcivescovado). Ma i trionfi di Ansgar furono passeggeri ed il suo seggio arcivescovile rimase tanto esposto agli assalti di Danesi e Slavi pagani che fu costretto a trasferirlo a Brema.

I popoli scandinavi restavano altrettanto tenacemente attaccati alla loro religione pagana, quanto i loro prossimi vicini, gli Slavi del Baltico. Anche i semi di una più compatta organizzazione politica gettati da Goffredo furono distrutti dalle guerre intestine successive, finché nel X secolo l'opera organizzatrice fu ripresa da Gorm, il vero e proprio fondatore del regno di Danimarca, vale a dire quello che pose fine alla dispersione della sovranità instaurando la monarchia; tuttavia egli stesso ed il suo successore non furono in grado di resistere alla potenza dei re sassoni Enrico I ed Ottone II (che fecero dello Schleswig una «marca danese») e dovettero riconoscersi loro vassalli.

Missionari inglesi intanto avevano ripreso a tentare l'opera di conversione. Il figlio di Gorm, Harald, indottovi dalla spedizione di Ottone I, prese il battesimo nel 965 con la moglie ed i figli, fece distruggere il tempio di Letra ed istituire i vescova di Schleswig, Rugen, Aarhus; ma trovò poi il suo più acerbo avversario nel proprio figlio Sven Gabelbart, detto Ottone per il nome ricevuto in battesimo; egli si macchiò del sangue di suo padre ed il popolo plaudì al parricidio perché aspettava dal nuovo re il ritorno al paganesimo.
Ma questa euforia da lui instaurata in tal senso fu di breve durata; Sven, anche per influenza della moglie che era una polacca cristiana, desistette ben presto dal progetto di estirpare il cristianesimo; il loro figlio, il grande Knut (Lamberto secondo il nome avuto a battesimo) fece definitivamente della Danimarca un paese cristiano.

Con Knut si ebbe pure il primo esempio di un fenomeno, che doveva poi ripetersi più volte nella storia danese; lo spettacolo cioè di una notevole, improvvisa ascesa della Danimarca, seguita a breve intervallo da una precipitosa decadenza; la grandezza della Danimarca non é stata mai duratura.

All'Inghilterra, già conquistata da suo padre, Knut aggiunse la Norvegia e riebbe la marca danese dall'imperatore Corrado in ricompensa dell'aiuto prestatogli contro suo nipote, il re di Polonia; né mancò di rivolgere le sue cure all'organizzazione interna, per quanto a tale riguardo la sua attività sia stata addirittura assorbita dall'ordinamento dei nuovi paesi inglobati e soprattutto dall'Inghilterra. A lui risale l'istituzione della «Hauskarle», una specie di «comitatus» regio, dotato di foro speciale e di privilegi, che costituì il primo nucleo della futura nobiltà.

Alla morte di Knut (1036) seguì un periodo burrascoso nel regno danese, che soltanto con suo nipote Sven Estridson (re fino al 1075), il capostipite degli Ulfingi che tennero lo scettro per più di tre secoli, vide aprirsi un'era più tranquilla.
Questo primo re «per grazia di Dio» si fece premuroso campione degli interessi della Chiesa, in cui era convinto di trovare il suo più saldo sostegno. La Danimarca dipendeva allora tuttavia da Brema, il cui ambizioso arcivescovo Adalberto aspirava alla creazione di un patriarcato scandinavo, mentre al re di Danimarca mancava ancora la sacra unzione da parte della Chiesa. Sven, e più ancora suo figlio, Knut (poi detto il Santo), mentre entrambi si impegnavano col più ardente zelo nell'osservare le pratiche ecclesiastiche sgradite all'orgoglio nazionale, parvero dover rendere la Danimarca vassalla della Chiesa, disponendosi a pagare l'obolo di S. Pietro e le decime alla curia.

Ma essi non fecero che eccitare il popolo alla resistenza e Knut ci rimise la vita: un altro figlio se ne andò a peregrinare in Terra Santa. A questa estrema religiosità fanno aspro contrasto i misfatti e gli assassinii che in ogni tempo macchiarono la famiglia reale danese; Amleto é una invenzione, ma gli orrori della tragedia di Helsingór furono spesso superati di gran lunga dagli orrori realmente commessi.
Per fortuna della Danimarca, Norvegesi e Svedesi, Sassoni e Slavi erano così indeboliti e dilaniati da lotte intestine che non furono in grado di intraprendere contro i danesi nulla di serio; anzi sembrò per un momento che la Danimarca si sarebbe accresciuta mediante l'acquisto del ducato obotritico di Enrico, un nipote di Sven.

All'estinzione della dinastia di Enrico elevò infatti pretese su quel ducato Kunt, quel figlio sopra ricordato come pellegrino in Terra Santa, cui lo zio, re Niels, lo aveva concesso. Egli comprò dall'imperatore Lotario l'investitura di quel territorio e costrinse gli Slavi a riconoscerlo come proprio « knes », ma questo favorito del popolo danese fu ucciso nel 1131 dall'ambizioso e sospettoso Magno, e la Danimarca scontò il misfatto col vedere il suo re costretto a riconoscersi vassallo e tributario di Lotario.

Da questa nuova fase di decadenza il paese si risollevò soltanto ad opera del figlio di Knut, il « Laward » (vale a dire il « knes »), VALDEMARO I (1157-1182), ma non prima che quest'ultimo fosse riuscito ad unificare il regno che era andato spezzato in tre parti.
Egli non era stato più eletto, come i suoi predecessori, da tutto il popolo, ma era stato proclamato re dalla dieta dei nobili a Roeskilde; con maggior fortuna e criterio dei primi egli intraprese la via delle conquiste, assistito dal suo saggio consigliere e validissimo campione Axel (Assalonne), un figlio di contadini zelandesi, vescovo di Roeskild ed in seguito arcivescovo di Lund (nella Scania, giacché la Danimarca era già divenuta una provincia ecclesiastica a parte), il fondatore di Copenaghen.

Valdemaro non rivolse le armi contro la Norvegia e la Svezia, ma contro gli Slavi di Rugen e della Pomerania, i quali, dopo essersi educati alla pirateria alla scuola dei «re del mare», avevano al tempo delle discordie intestine della Danimarca funestato terribilmente la penisola e le isole danesi persino con flotte di 500 navi, ed avevano fatto tale bottino e catturati così tanti uomini da poter spesso vendere in un solo giorno al mercato 700 Danesi.

Re Niels era ancora riuscito a contrastarli combattendoli d'accordo con Bollavo III di Polonia, ma re Sven non vi era più riuscito ed aveva invano pagato dei contributi ad Enrico il Leone per essere aiutato in questa sua impresa; anzi il principe guelfo, benché cristiano, non si era vergognato di ottenere con preghiere e con un prezioso donativo il favore degli idoli di Arcona.

A Valdemaro soltanto fu riservata la fortuna di vendicare tutti i torti passati ; nella sua ottava spedizione contro gli Slavi, egli riuscì a conquistare e distruggere Arcona e ad assoggettare così l'isola di Rugen. E quantunque non abbia potuto mantenere di fronte ad Enrico il Leone tutte le conquiste territoriali procuratisi, pur tuttavia egli aveva indicato la via da seguire, via che infatti tennero i suoi grandi figli. Così fece anzitutto KNUT VI, che era stato consacrato re ancor vivo il padre, atto col quale fu abolita definitivamente la monarchia elettiva.

Già nel 1185 Knut VI lo troviamo signore feudale della Pomerania e dei principi degli Obotriti (del Mecklenburg); vediamo l'isola di Rugen completamente annessa e che egli assume il titolo di re dei Danesi e degli Slavi. Risultati ancor maggiori seppe ottenere suo fratello e successore Valdemaro II il Vittorioso (1202-1241) che al titolo detto sopra aggiunse quelli di duca del Jutland e di signore di Nordalbingien. Già il suo predecessore negli ultimi tempi di sua vita, intervenendo nella lotta tra i Guelfi e gli Svevi, aveva sottomesso Adolfo di Holstein. Ora poi scomparve per sempre l'ultima traccia di alta sovranità dell'impero tedesco, quale era quella esercitata ancora dall'imperatore Federico I su Valdemaro I; il re danese approfittò infatti delle serie questioni che aveva il giovane Federico II ed ottenne da lui nel 1215 la cessione solenne di tutti i dominii tedeschi d'oltre Elba e d'oltre Elda.

L'Holstein, Amburgo, Lubecca, Lauenburg e Schwerin caddero sotto la signoria danese. Né basta, perché Valdemaro si spinse fin sulle coste orientali del Baltico; la sua flotta nel 1206 raggiunse l'isola di Oesel, nido dei pirati dell'Estonia che prendevano di là le mosse per saccheggiare specialmente le isole della Svezia, e nel 1215 il vescovo Alberto di Livonia chiese aiuto al re danese allorché la Livonia si trovò minacciata da pericolosi attacchi da parte dei Russi, e contemporaneamente l'arcivescovo di Brema per estorcere il riconoscimento delle sue pretese di supremazia sulla chiesa livoniana fece chiudere il porto di Lubecca, da dove costantemente partivano i crociati diretti in Terra Santa.

Re Valdemaro nel 1219 approdò con un numeroso esercito (1400 navi, 160.000 soldati) in vicinanza della città estone di Lindanissa, che venne abbattuta ed in suo luogo fondata Reval ; fu sorpreso da un repentino attacco degli Estoni, ma dopo gravi combattimenti - durante i quali (narrano le leggende create ad arte) cadde dal cielo il « Danebrog », la futura bandiera danese, con la croce bianca in campo rosso - lo respinse vittoriosamente.
Una parte decisiva in questa vittoria - più che alla bandiera caduta dal cielo. spetta al decisivo intervento del principe di Rugen, Vislavo.

Ben presto Valdemaro elevò pretese non solo sul territorio da poco strappato ai pagani, ma anche su tutta l'Estonia e la Livonia; a quest'ultima peraltro rinunziò di fronte all'energica resistenza del paese, mentre tutto faceva prevedere che avrebbe potuto conservare l'Estonia ad onta della grande ostile insurrezione che vi era scoppiata nel 1223 col programma di spazzar via completamente dalla regione l'odiato cristianesimo. Era una specie di restaurazione dei confini dello Stato danese quali erano indicati dal titolo a suo tempo assunto da Knut il Grande (re anche della costa del Samland).

Malauguratamente non tardò a verificarsi la consueta repentina discesa da tanta altezza. Un vassallo di Valdemaro, conte Enrico di Schwerin, prese prigioniero nel 1223 il re con il figlio durante una partita di caccia e lo rinchiuse nel castello di Dannenberg; qui egli fu costretto per riacquistare la libertà non solo a pagare un grosso riscatto in denaro, ma anche a rinunziare a tutti i territori tedeschi e slavi. Ridivenuto libero il re tentò ancora la sorte delle armi, ma nel 1227 nella battaglia di Bornhóved nell'Holstein fu sopraffatto dalle forze della confederazione dei suoi avversari tedeschi. Da questo momento egli rinunziò ad ogni progetto di conquista, pur riuscendo, in grazia soprattutto dell'energico appoggio del papa, a conservare almeno la parte settentrionale dell'Estonia alla Danimarca ed all'arcivescovado di Lund; così per più di un secolo Reval, Harrien e Wirland rimasero soggette alla Danimarca sotto il titolo di ducato di Estonia, amministrato da un luogotenente regio, conservandosi tuttavia straniere alla madre-patria.

Nello stesso Schleswig cominciò a penetrare e diffondersi sempre più dal vicino Holstein l'influenza dell'elemento tedesco.
Il ferro della spada, il veleno, e le proscrizioni fecero rapidamente strage fra i successori di Valdemaro II. L'autorità della corona si ridusse ad una vaga ombra; la nobiltà prepotente non rispettò più i diritti di nessuno ed il paese cadde in preda all'arbitrio ed al disordine.
Le cose furono alla meglio ricondotte ad un certo ordine da uno straniero, il conte Gerardo di Rendsburg, dell'Holstein, il quale invece del re proscritto (Cristoforo II) riuscì a far salire al trono il suo pupillo, duca di Schleswig, Valdemaro III; in questo Schleswig, cioè nel paese situato a sud della Kónigsau, erano riusciti a mantenersi a galla i discendenti del duca di Schleswig e vi si mantennero poi quelli del re Abele (figlio di Valdemaro III) ad onta di tutte le contestazioni della famiglia reale, consolidando così la posizione autonoma della regione.

Tuttavia il regno di Valdemaro III fu di brevissima durata, ed il conte Gerardo rimase di fatto al governo dopo aver battuto nei pressi del Danewerk, Cristoforo III; ciò gli fruttò l'acquisto in feudo ereditario dello Schleswig che era destinato a non ritornar più alla corona danese; Gerardo lo restituì a Valdemaro quando questi perdette la Danimarca col patto che lo avrebbe ereditato la sua famiglia all'estinzione della stirpe regia.

Dal giogo del conte di Rendsburg la Danimarca fu liberata dal cavaliere Nils Ebbeson che lo sconfisse in battaglia il 1° aprile 1340; il figlio di Cristoforo, Valdemaro IV, divenne re. Per poter meglio dominare la situazione interna, egli si decise ad abbandonare talune posizioni diventate insostenibili, e così vendette nel 1343 Skàne, Halland, Bleckingen alla Svezia e poi l'Estonia all'Ordine Teutonico.
Tuttavia la fortuna gli porse l'occasione di riacquistare parte del perduto e nel 1360 egli si trovò nuovamente in possesso dei vecchi dominii danesi in Svezia (Scania, Halland, Bleckingen) ; e così pure riuscì a ripristinare l'unità del regno e l'autorità della corona. A questi successi si accompagnò la speranza di risultati anche più notevoli per l'avvenire, giacché sua figlia Margherita, l'erede del trono, andò sposa nel 1363 all'erede delle corone di Svezia e Norvegia. Ma tutto fu ancora pregiudicato dalla sfortunata guerra anseatica in cui egli si impigliò.

Con la decadenza degli Stati scandinavi aveva proceduto in parallelo l'incremento dell'egemonia dell'Hansa sul Baltico. Questa lega fra città aveva di gran lunga superato per potenza tutte le altre del genere; suddivisa da ultimo in quatto quartieri (il prussiano, il vendico, il sassone ed il vestfalico), con a capo Lubecca, dove si tenevano le assemblee della lega, essa abbracciava quasi cento città. Lubecca si era arricchita specialmente in grazia dei suoi traffici con la Russia, l'Hansa aveva infatti monopolizzato questo commercio nel suo porto di Nowgorod, soppiantando interamente il commercio gotlandese. Ciò aveva considerevolmente diminuito l'antica importanza del grande emporio mercantile di Wisby nell'isola di Gotland, ma la ricchezza della città e la situazione strategica dominante dell'isola di Gotland incitarono re Valdemaro a tentare contro di essa un colpo.

Questo colpo riuscì, e nel 1361 Wisby fu costretta a capitolare ed a pagare una grossa taglia in denaro; da questa catastrofe la città non si risollevò mai più e lentamente si ridusse ad una rovina. Ma l'Hansa non intese lasciar correre una simile improvvisa aggressione in piena pace, chiuse i porti e nel 1362 cominciò la guerra, la quale però finì con la distruzione della sua flotta.

Questi successi aumentarono l'orgoglio del re e fecero moltiplicare i suoi atti arbitrari, e gli anseatici dovettero ben presto convincersi che soltanto con le armi avrebbero potuto ottenere un trattamento più tollerabile. Nel 1367 essi si confederarono a Colonia obbligandosi a reciproca assistenza, e poco dopo prese il mare una flotta di 40 navi equipaggiate da circa 2000 uomini. La guerra fu così tanto sfortunata per i Danesi (tra altro si ebbe la capitolazione di Copenaghen) che a loro non rimase altra via, in assenza del re occupato in un viaggio all'estero, se non di concludere nel 1370 la pace di Stralsulda, la quale si risolse in un vero assoggettamento all'egemonia dell'Hansa; questa pose infatti come condizioni: piena libertà di commercio per i suoi membri in tutto il regno, cessione di piazzeforti a garanzia dell'esecuzione dei patti, ratifica del trattato da parte di re Valdemaro se preferiva conservare il trono; in ogni caso elezione del re di Danimarca legata al consenso dell'Hansa.

Il re, abbandonato da tutti, dovette nel 1371 ratificare il vergognoso trattato; poco dopo, nel 1375, morì e con lui si estinse la linea maschile dei discendenti di Sven Estridson. Contemporaneamente si estinse pure la linea maschile di re Abele nello Schleswig, ed il ducato fu secondo il vecchio patto occupato dai discendenti del conte di Rendsbovrg dell'Holstein; nel 1386 la regina Margherita finì per dover riconoscere il fatto compiuto.

Alla morte di Valdemaro seguì in Danimarca una duplice elezione a re, accompagnata da lotte intestine; il figlio minorenne di Hakon e di Margherita, OLAF, per il quale governò sino al 1487 (epoca della sua morte) l'energica Margherita, riuscì peraltro ad aver ragione in confronto ad Alberto di Mecklenburg, re di Svezia. Non solo; ma quando gli Svedesi si liberarono (nel 1389) di re Alberto, che aveva suscitato il loro malcontento per i suoi aperti favoritismi a vantaggio dei tedeschi e perché minacciava di incamerare i demani della corona, Margherita fu da loro elevata al trono svedese, e così essa riunì per la prima volta nelle sue mani le tre corone scandinave.

Margherita infatti, dopo la morte di Hakon VIII (1380) aveva già riunito la Norvegia alla Danimarca; cosa questa che invece non accadeva per la prima volta, sebbene l'unione fosse stata sempre transitoria. L'opera di unificazione interna, che in Danimarca era stata compiuta da Gorm, era stata in Norvegia effettuata da Harald Harfagar; OLAF il Grasso (in seguito il Santo) vi introdusse e vi fece trionfare il cristianesimo, ma poi perdette la corona e la vita contro Knut il Grande.

Da questa catastrofe però i Norvegesi si risollevarono, ed il loro nuovo re, MAGNO, figlio di Olaf, divenne a sua volta re anche di Danimarca, e pose fine alle piraterie degli Slavi e Vichingi, distruggendo nel 1043 la Jomsburg e sconfiggendo nel 1044 ad Addeby quindicimila Slavi (in maggioranza Obotriti) che avevano devastato il Jutland. Ma nel 1047 Magno cadde combattendo contro il suo luogotenente in Danimarca Sven Estridson e la Norvegia perdette per sempre ogni avvenire politico. Qui nessun re era riuscito mai, come ad es. in Danimarca, ad imporre completamente la sua autorità ed a compiere un'opera unificatrice; si ebbero quindi persino smembramenti del paese, la corte fu costretta a trasferirsi da Drontheim nel settentrione verso il mezzogiorno, dove più tardi sorse Cristiania, e soprattutto non ebbero mai fine le guerre civili, la più sanguinosa e lunga delle quali fu quella che il partito nazionale dei così detti « Birkebeiner » (dal fatto che si erano ridotti a servirsi per coprirsi delle betulle delle foreste) combatté contro i « Bagler », vale a dire i partigiani della Chiesa, fautori dalle sue pretese alla piena autonomia.

Il commercio norvegese subì ben presto la stessa sorte di quello danese e gotlandese; l'Hansa si era insediata a Bergen con una numerosissima colonia mercantile e con una agguerrita guarnigione per difenderla, e aveva finito per dominare la stessa città, accentrando nelle sue mani tutto il commercio. Così la Norvegia corse letteralmente alla rovina; la spada, il veleno, l'intrusione di falsi pretendenti al trono turbarono ed interruppero perennemente la continuità della successione dei re, finché nel 1319 la linea maschile della dinastia norvegese si estinse del tutto.
La corona passò al nipote di Hakon V per, parte della figlia, al re di Svezia Magno Erikson. Questi la conferì a suo figlio Hakon VI, e con la morte di Hakon VIII (1380) la Novegia finì annessa alla Danimarca.

Fra tutti i popoli scandinavi i Norvegesi furono quelli che più tenacemente conservarono le vecchie caratteristiche della razza, lo spirito di libertà e l'insofferenza di una autorità superiore; cosicché i malcontenti non esitarono mai un istante ad abbandonare la patria. Ancora nel corso del IX secolo vediamo infatti schiere di costoro stabilirsi nell'Islanda in una serie di gruppi completamente indipendenti l'uno dall'altro, come dimostrano le differenze del culto gentilizio di ciascuno; finché nel 930 l'aumento della popolazione li obbligò a stringersi in un'organizzazione comune che ebbe la sua espressione nell' «allthing» abbracciante l'intera isola.

Così sorse nell'estremo nord d'Europa una repubblica; ma anch'essa fu funestata da continue discordie e lotte intestine che fecero decadere sempre di più il paese e in ultimo, nel 1260, esso, esaurito, cadde in potere della Norvegia.
Per noi l'Islanda ha importanza principalmente per il fatto che qui si perpetuarono e conservarono più puri gli originari costumi, la religione e la lingua originarie della razza scandinava. Il Cristianesimo non vi penetrò che assai lentamente verso la metà dell'XI secolo, né inoltre la nuova chiesa arrivò mai ad estirpare qui l'attaccamento alla memoria dell'antichità pagana, come il latino non riuscì mai a scalzare l'uso della lingua nazionale nella scrittura. Questo ha valso a conservarci intatto un modello genuino dell'antica società scandinava con le sue istituzioni, le sue leggi e le sue epopee.

Muovendo dall'Islanda arditi navigatori scoprirono già nel X secolo la Groenlandia, vi fondarono colonie e centri cittadini (si ebbero persino dei vescovi groenlandesi). Dalla Groenlandia costoro si spinsero verso il continente nuovo, ma ad un certo punto il movimento si arrestò. Le sfavorevoli condizioni climatiche, gli attacchi degli indigeni fecero andare in rovina, anzi sparire dalla memoria le loro colonie e l'America dovette essere scoperta nuovamente da un altro lato e da altri navigatori.

Più tardi rispetto ad ogni altro popolo scandinavo il cristianesimo e la monarchia riuscirono a farsi strada fra gli Svedesi. I re di Upsala non abbandonarono i loro Dei che alla vigilia dell'estinzione della dinastia; ancora Erich il Vittorioso, che sposò una sorella di Boleslavo I di Polonia, donna celebrata nelle leggende per il suo indomito orgoglio e coraggio, fu fervente pagano, benché fosse stato in tempi precedenti battezzato ed avesse per moglie una cristiana, che dopo la sua morte (995) sposò Sven di Danimarca; si può ritenere dovuto alla sua influenza se Sven, prima acerbo persecutore dei cristianesimo, ed il figlio da lei avuto con Erich, Olaf di Svezia, divennero ferventi cristiani.

Ma né la stirpe di Olaf durò a lungo, perché si estinse col suo secondo figlio, Edmondo il Buono, né il suo cristianesimo riuscì a metter radici; il tempio di Upsala venne dato alle fiamme soltanto sulla fine dell'XI secolo ed i sacrifici pagani non sparirono definitivamente dalla Svezia che verso la metà del XII secolo; ad ogni modo già nel 1152 vi fu tenuto il primo concilio ecclesiastico; nel 1164 Upsala divenne arcivescovado, ma la riforma gregoriana non vi poté trovare consenso che nel XIII secolo insieme col trasferimento dell'elezione dei vescovi dal popolo ai capitoli.
Anche più lento e incerto fu lo sviluppo di un potere monarchico unitario, ostacolato oltre tutto dall'antagonismo che divideva la popolazione meridionale gota, cristiana, dalla popolazione settentrionale svedese, pagana, e dai continui e rapidi mutamenti delle dinastie.

Così dopo la morte del vecchio Inge i Goti elessero a re nel 1129 il figlio del re di Danimarca, Magno (l'uccisore di Knut Laward), mentre gli Svedesi nel 1133 eleggevano un altro re, Swerker; costoro ebbero l'uno dopo l'altro in moglie ancora una polacca, la figlia di Boleslavo III (Magno infatti morì nel 1134). Il ferro delle spade e le proscrizioni fecero anche qui strage fra i re, e la signoria svedese, specialmente nel XIII secolo che in genere é quello in cui furono portati i più energici colpi contro il paganesimo in Europa, riuscì ad estendersi soltanto al di là del golfo di Botnia, dapprima fra i Tavasti e poi anche fra i Careli di Finlandia; contro costoro gli Svedesi intrapresero delle crociate, nel corso delle quali finirono però per accapigliarsi anche coi Russi di Nowgorod. Un esercito crociato degli Svedesi fu nel 1240 completamente sconfitto dai Russi sulla Neva.

Il comandante di questo esercito, che rimase egli stesso ferito nella battaglia, era il Jarl Birger, maggiordomo alla corte del re, il quale, come già i suoi predecessori, godeva in paese maggiore autorità ed influenza dello stesso re; alla fine egli ottenne che fosse eletto re il proprio figlio VALDEMARO, in nome del quale governò sino al 1266. Così giunsero al trono i Folcungi. Ma nessuno di loro mostrò più di possedere le qualità del capo-stipite della dinastia, che aveva saputo ricondurre l'ordine all'interno, aveva fatto cessare l'uso delle faide, ed aboliti i riflussi pagani; a lui pure é dovuta la fondazione di Stoccolma che era destinata a soppiantare Upsala.

Di abietta ingratitudine macchiò il suo nome il secondo Birger, che fece decapitare il proprio tutore, il valoroso Torkel Knutson, cui la Svezia andava debitrice del consolidamento del suo dominio in Finlandia, ascoltando le sobillazione dei propri fratelli che glielo misero in sospetto; ma i fratelli scontarono il loro misfatto con la prigionia e lo stesso Birger con la perdita del trono. In suo posto fu eletto re il nipote, Magno ERIKSON. A lui si trasferì nel 1319 anche il trono di Norvegia rimasto vacante, ed acquistò dai Danesi la Scania con Blekingen ed Halland; ma l'insubordinazione della nobiltà e del clero aumentarono a vista d'occhio, ed il ricco balivo del regno divenne immensamente più potente del re. Alla fine quest'ultimo fu deposto dal trono nel 1363 insieme con suo figlio, e venne eletto re un nipote per parte della sorella, ALBERTO di Meklemburgo, il quale dopo una vittoria riportata nel 1365 su Magno, ottenne di essere riconosciuto in tutto il regno.

Magno fu preso prigioniero, suo figlio, Hakon di Norvegia, riuscì a fuggire, ma nel 1371 dovette definitivamente rinunziare ad ogni pretesa sulla Svezia; come si vede gli Svedesi non ci mettevano molto a far divorzio con le loro dinastie. Inoltre pure il nuovo re tedesco non tardò a perdere ogni autorità ed ogni seguito in paese, e i soli tedeschi, specialmente numerosi a Stoccolma, gli rimasero fedeli anche quando la nobiltà nel 1389 lo depose dal trono e proclamò regina Margherita di Danimarca e di Norvegia. Alberto fu poi sconfitto nel 1389 a Folkóping e preso prigioniero con suo figlio; i suoi parenti proseguirono per lui la guerra contro Margherita e soprattutto cercarono di rifornire per mare Stoccolma strettamente assediata, dove i tedeschi amici di Alberto resistettero per sei anni.
A tale scopo impiegarono degli avventurieri che cominciarono a solcare il mare su navi corsare e ben presto ne approfittarono per aspettare al varco tutte le navi mercantili e depredarle; Visby, l'emporio mercantile di un tempo, divenne il covo di questi pirati. Però gli anseatici si impegnarono a disturbarli continuamente in modo che essi abbandonarono il luogo ed emigrarono verso il Mare del Nord.

Solo nel 1395 Alberto venne liberato dalla prigionia con l'appoggio dell'Hansa, e siccome allo scadere del triennio stabilito egli non fu in grado di far onore agli impegni assunti, gli anseatici consegnarono Stoccolma alla regina.
Con l'accortezza, l'energia, e il favore della fortuna Margherita riuscì a superare tutti gli ostacoli, fino al punto che gli Svedesi le offrirono spontaneamente quanto avevano negato ad Alberto (l'incamerazione dei demani regi), e non fu che un naturale corollario della sua opera se essa si accinse a trasformare quella riunione delle tre corone nelle sue mani che era una bassa imitazione accidentale in un principio di diritto costituzionale permanente. Ed il principio fu infatti consacrato unanimemente nella dieta di Calmar del 1397, dove fu stabilita per sempre l'unione personale dei tre regni; essi si impegnavano a non farsi mai guerra tra loro, ad aver comuni gli amici ed i nemici, ma nel resto conservavano ciascuno i propri ordinamenti e la propria autonomia.

L'unione di Calmar rimase in vigore fra gli Scandinavi per più d'un secolo; ma non funzionò mai regolarmente, per quanto si sia sempre fatto di tutto per conservarla in vita. Ben presto infatti cominciò ad esser mal tollerata come una catena gravosa, soprattutto in Norvegia ed in Svezia, ed i numerosi tentativi di scioglimento dell'Unione trovarono dei solerti ed attivi favoreggiatori negli anseatici per i quali ogni rafforzamento della monarchia scandinava era una spina negli occhi.

Soltanto nelle sue mire sul ducato di Schleswig, Margherita non fu assistita dalla sperimentata buona fortuna. Nel 1404 Gerardo VI cadde combattendo contro i Dithmarsch; allora Margherita si immischiò nelle cose interne del ducato e pretese di imporre la propria tutela ai figli minorenni del duca defunto, ed anche più energicamente sostenne lo stesso punto di vista suo nipote e successore ERICH di Pomerania (1412-1439), anzi pretese di incamerare il ducato come feudo della corona divenuto vacante.

La lotta durò venti anni; lo Schleswig la sostenne prima da solo e poi con l'aiuto dell'Hansa. Due volte re Sigismondo, chiamato a decidere come arbitro la contesa, sentenziò invano a favore del re Erich; alla fine trionfò l'ostinata resistenza dei suoi avversari e dal 1432 Erich si adattò a riconoscere almeno di fatto l'indipendenza del ducato. Le gravi spese di guerra così inutilmente sperperate fecero crescere minaccioso il malcontento, soprattutto nella Svezia; l'autorità del monarca perse sempre più importanza e proporzionalmente aumentò invece la potenza del consiglio della corona; la già critica situazione economica divenne poi ancora peggiore allorché la principale fonte della ricchezza della Scania, l'aringa, emigrò dal Baltico verso il Mare del Nord.

La conseguenza di tutta questa crisi fu che al momento in cui il minatore Engelbrecht diede il segnale della rivolta generale, tutto concorse a facilitargli la riuscita, e così egli poté al primo colpo liberare metà del paese dalle guarnigioni regie. Il nuovo vicario del regno di Svezia, Carlo KNUTSON, esercitò di fatto poteri reali; alla fine re Erich, il quale era circondato dall'odio generale, venne deposto anche in Danimarca (1439). Qui fu eletto re il nipote Cristoforo di Baviera (era figlio di una sua sorella) e gli Svedesi lo accettarono in seguito anch'essi; ma la sua autorità, specialmente in Svezia, fu anche più debole di quella dei predecessori; di fatto rimase re Carlo Knutson.

Morto Cristoforo nel 1448, i Danesi gli elessero a successore CRISTIANO I di Oldenburg che aveva sposato la vedova del defunto re; ed anche i Norvegesi lo riconobbero, ma in tale occasione (1450), pur aderendo al principio che d'ora in poi il re dovesse essere sempre comune ai due Stati, stabilirono pure che nessuno di questi Stati doveva mai arrogarsi supremazia di sorta sull'altro. In Svezia poi l'invidia e la discordia nel seno stesso degli oligarchi questi riuscirono a cacciare Carlo Knutson; di modo che nel 1457 l'Unione scandinava fu restaurata.

Quasi contemporaneamente (1459) si estinse la linea maschile della casa di Rendsburg e Cristiano seppe fare in modo da essere eletto duca di Schleswig e conte di Holstein, a dispetto delle pretese di altri aspiranti; da questo momento lo Schleswig-Holstein rimase unito alla corona di Danimarca mediante unione personale. Così non solo l'Unione di Calmar era restaurata, ma aveva acquistato una estensione maggiore di quella che aveva potuto ottenere Margherita.

Non tardò molto però e si ripetè il vecchio spettacolo di disgregazione; tuttavia la ribellione quasi immediata della Svezia fu impedita unicamente dalle gelosie reciproche degli oligarchi laici ed ecclesiastici; alla fine nel 1470 la Svezia elesse reggente e vicario del regno STEN STURE. Quando poi morì Cristiano, suo figlio Giovanni (1481-1512) non fu riconosciuto all'inizio che dai Danesi; con qualche ritardo ebbe poi il riconoscimento dei Norvegesi, i quali ora perdettero gli ultimi residui della loro antica potenza marittima; le Orcadi, le Ebridi e le isole Shetland cessarono di essere a loro soggette per non averne potuto riscattare i tributi che avevano pignorato.
E finalmente Giovanni fu riconosciuto persino nella Svezia dopo una riconciliazione con Sten Sture, il quale per altro conservò anche in seguito la reggenza vicaria, in sostanza il potere, giacché l'unica cosa che i Vasa e gli altri oligarchi non vollero mai concedere agli Sture fu l'assunzione del titolo regio.

Con questi ultimi avvenimenti poteva dirsi ripristinata dopo un secolo (1497) ancora l'Unione di Calmar, la quale però era e rimase più nominale che reale, in quanto anche dopo la morte di Sture la Svezia non si volle allontanare dal sistema del vicariato che continuò nella famiglia degli Sture (Svante Sture e dopo di lui un omonimo junior).

Il Medio-Evo nei paesi nordici si chiude qui, come nella Borgogna di Carlo il Temerario, con una catastrofe, di conseguenze tuttavia assai meno gravi; la gran disfatta subita nel 1500 ad Hemmingstedt dagli eserciti feudali ad opera degli agguerriti contadini della Dithmarschen; essa rivelò che la condizione dei contadini non era discesa nel nord a quel grado di avvilimento che nell'Europa centrale poteva ormai dirsi diventata la regola (vedi la Germania di Lutero).
Non così in Svezia per l'appunto con gli Sture che presero sempre a cuore la sorte dei contadini, e la Svezia ne fu ricompensata perché il contadino svedese doveva ben presto diventare il salvatore della propria patria. Soltanto in Danimarca la condizione dei contadini si era fatta misera in seguito all'avvilimento della loro classe perseguito da re Cristoforo.

Il processo di differenziazione in classi sociali, caratteristico degli Stati feudali d'Europa, si verificò in modo molto più lento negli Stati scandinavi, e qui si arrivò molto tardi ad una predominanza della nobiltà e del clero; anzi, se si eccettua la Danimarca, può dirsi che non vi si arrivò mai. L'antichità scandinava non conosceva caste rigorosamente chiuse; se si prescinde dagli schiavi, che solo lentamente e solo grazie al cristianesimo giunsero ad una posizione degna della personalità umana, il popolo scandinavo si componeva di liberi agricoltori, una generazione gagliarda, e di un ceto superiore, i «jarl», i più ricchi e nobili che non avevano bisogno di vivere col lavoro delle proprie braccia.

Secondo la mitologia nordica così nacquero le tre classi della società vichinga : i servi, i contadini e i nobili:
Il dio Heimdall decise un giorno di lasciare la sua dimora per fare una capatina nel mondo degli uomini.
Giunto ad una misera capanna e dalla porta semiaperta, il dio vide due figure, un uomo ed una donna sempre in ozio, dopo essere stato con loro tre giorni e altrettante notti, il dio se ne andò. Nove mesi dopo la donna ebbe un figlio che chiamò servo.
Il dio proseguendo il suo viaggio giunse davanti ad una casa solida e dentro vi trovò Atti e Amma, intenti sempre al lavoro. Heimdall dopo essere stato con loro tre giorni e altrettante notti continuò il suo viaggio. Nove mesi dopo Amma diede alla luce un figlio che chiamò contadino.
Il dio giunse infine davanti ad una grande dimora, dentro moglie e marito intente ad amministrare altri uomini, dopo essere stato anche qui con loro tre giorni e altrettante notti, il dio se ne andò. Nove mesi dopo il frutto in questa casa fu un bel giovine che dalla madre venne chiamato Jarl (“nobile”).

Ma a parte la mitologia, al di sopra di tutti, non escluso il re, stava il «thing», l'assemblea degli uomini liberi, che eleggeva il re e deliberava. Questa massa di liberi agricoltori, che si eleggeva il proprio «lagmann», era suddivisa in «harden», che abbracciavano a loro volta minori distretti, «syssel»; il giudice regio girava per queste circoscrizioni rendendo giustizia a norma delle antiche consuetudini redatte in versi.

In questo ordinamento così schiettamente democratico, che si perpetuò specialmente integro in Islanda, aprirono delle brecce le lunghe guerre e l'impoverimento del contadino a causa delle divisioni d'eredità che gli resero impossibile l'esercizio del vecchio mestiere delle armi, divenuto ora sempre più costoso. Altre brecce vi arrecarono talune istituzioni speciali, ad es. la creazione della «huskarle» da parte di Knut il Grande, che formò il primo nucleo di una nobiltà militare e feudale. Questa s'ingrossò poi dei discendenti degli antichi regoli e dei parenti delle stesse famiglie reali che specialmente in Svezia non salirono al di sopra dell'ordinaria nobiltà. E ben presto tale nobiltà reclamò privilegi d'ogni genere, esenzione da censi ed imposte, foro speciale, esclusiva partecipazione all'elezione dei re, subordinazione della validità di qualsiasi delibera alla sua preventiva approvazione, ricompensa dei suoi servigi mediante distribuzione dei demani della corona; specialmente nella Svezia lo strapotere della nobiltà soffocò completamente l'autorità regia.

A questa caccia ai privilegi si associò con zelo il clero, che del resto, le sue più alte cariche le reclutava in massima parte sempre nel seno della stessa nobiltà, e che specialmente in Norvegia si fece di una invadenza addirittura eccessiva, finché il «nemico dei preti», frenò questa sua tracotanza. Nulla meglio caratterizza questa condizione di cose quanto la «capitolazione» che gli Stati danesi estorsero a Cristoforo nel 1320 all'atto della sua elezione; conferma con atto autentico di tutti i loro diritti ed esenzioni, impegno di non imporre nuovi oneri di qualsiasi specie.
In questo documento si accennava a dire il vero, anche alla parola di borghesia e di contadini, ma alle condizioni dette sopra una vera e propria borghesia dotata di notevole agiatezza non poté formarsi nè nelle campagne nè nei commerci anche per il fatto che l'Hansa aveva monopolizzato tutto il commercio. Di conseguenza la classe dei contadini decadde a vista d'occhio.

L'evoluzione della potenza della nobiltà fu quasi identica in Danimarca ed in Svezia, salvo in quest'utlima il potere regio pur andando completamente in frantumi, i contadini, specialmente nel nord, non si lasciarono asservire.
In Norvegia invece non si ebbe per nulla la formazione di una nobiltà, perché nonostante la repressione dell'invadenza clericale, né la monarchia riuscì ad acquistare maggiore autorità, né il comitatus regio pretese di sostituirsi al clero; la povertà del suolo in maggior parte roccioso e la scarsità della popolazione impedirono il formarsi di latifondi e protessero la conservazione del ceto dei liberi agricoltori, pescatori e marinai.

Anche l'incivilimento dei popoli scandinavi conservò molti tratti comuni. Per la Svezia e la Norvegia si deve però prescindere a tal riguardo delle regioni più settentrionali, dove ad onta di tutto si era perpetuata la vecchia popolazione lapponica con la sua lingua, i suoi rozzi costumi ed il suo sciamanesimo.
In questi due Stati soltanto le regioni centrali e meridionali presentano i caratteri della vera e propria civiltà scandinava; ma in compenso occorre aggiungervi l'Islanda, il vero museo delle antichità nordiche, che conservò più a lungo il tipo della civiltà arcaica scandinava, in tutte le sue tradizioni.

Abbiamo qui un esemplare della vita nordica preistorica, i cui primordi risalgono a molto tempo prima di Tacito e di Procopio che ci danno tante informazioni interessanti sugli scridefinni della Scandinavia, sulla loro rozzezza, sulla notte polare e simili; il suolo dell'Islanda, è un vero archivio di documenti autentici, così chiari e pur così difficili a decifrare, ci ha rivelato i più sorprendenti dettagli sullo sviluppo di questa vita sociale primitiva scandinava.

Anzi l'archeologia, per lo meno l'archeologia preistorica, é stata per un certo tempo una scienza prevalentemente nordica, danese. È con lo studio di questo materiale nordico che si é giunti per la prima volta a distinguere un'età della pietra più antica da una recente, di cui conservano ancora tracce i monti di rifiuti di cucina che si rinvengono in Danimarca e che un tempo furono ritenuti sedimenti marittimi, due periodi dell'età del bronzo di durata diversa, e finalmente un'età del ferro più antica ed una più recente in cui da ultimo si riscontrano influenze romane.

Queste epoche rappresentano la successione dei periodi dell'incivilimento umano caratterizzati dal materiale di cui l'uomo preistorico progressivamente si servì per fabbricare le sue armi, i suoi arredi ed i suoi monili; parallelamente procedono poi i sistemi di sepoltura che progredirono dal semplice sotterramento alla cremazione, alla costruzione di tombe in muratura con urne cinerarie, armi e suppellettile funeraria d'ogni sorta. I passaggi da un tipo di incivilimento all'altro non sono bruschi, repentini; l'uso del bronzo e poi del ferro non s'introdusse che lentamente, e questi metalli cominciarono a servire per fabbricare ornamenti prima di diventare un materiale d'uso generale.

Non é che, come falsamente si é ritenuto in altri tempi, il passaggio da un'epoca all'altra sia dovuto al sovrapporsi di nuovi popoli forniti di armi superiori ai vecchi abitanti; i nuovi materiali, o almeno i modelli, furono lentamente importati tramite il commercio, commercio che ci conduce fino in oriente. Si pensi che il traffico mercantile ha portato perfino numerose monete dei Sassanidi e delle monete arabe fin nell'isola di Gotland.

Oltre a questi documenti materiali dell'incivilimento preistorico abbiamo anche dei documenti scritti, di epoca relativamente più recente, in varie lingue e tipi di scritture. I più antichi sono i monumenti runici, infinitamente più numerosi nei paesi scandinavi che non ad es. in Inghilterra; nei primi l'uso dei caratteri runici si perpetuò per molto tempo e anche nell'epoca cristiana. Anzi l'uso di questi caratteri venne dal sud, dal continente, dove tale scrittura germanica si era venuta formando su modelli stranieri, mettendo capo a due alfabeti; uno più antico e più lungo, l'altro più recente e più breve, detto «futhark» dal suono delle prime lettere.

Questi segni runici vennero incisi sulla pietra, sul metallo, sul legno, su oggetti d'uso giornaliero e persino su pettini ed anelli. Naturalmente si trattava di indicazioni brevissime che spesso si riducevano al solo nome del possessore dell'oggetto o di colui che l'aveva fabbricato. Alquanto più estese si presentano invece queste iscrizioni sulle numerose croci sepolcrali, colonne, pietre che venivano erette sulle tombe e collocate entro le tombe. Anch'esse per lo più non indicano che il nome di chi ve le ha poste e di colui al quale sono dedicate, ma aggiungono talora dei particolari relativi alle circostanze in cui avvenne la morte, come: «Egli cadde in Grecia», oppure «egli fu divorato dai lupi», altri ancora esprimono il voto: «Thor santifichi queste rune», che ha un significato come quello cristiano: «Dio salvi l'anima sua».

Documenti scritti d'altro genere sono i canti, le leggende e le cronache in antico norvegese e in latino, in prosa ed in versi. Gli scaldi, sopra tutto norvegesi ed olandesi, celebrarono nei loro canti i re e gli eroi, le loro gesta e le loro navigazioni, in una lingua artificiosa il cui principale ornamento era costituito dal parlar figurato; sono arrivati a noi anche delle poesie di contenuto mitico, come la Vólupsa, o di contenuto didattico, come l'Havamal. Non sono che raccolte di questi canti, conservati in versi o messi in prosa, la più antica e la più recente Edda (vale a dire poetica), ambedue sorte nel XIII secolo in Islanda.
Il loro valore storico, specialmente quando si occupano di regioni lontane, é scarso, perché spesso fanno confusioni e sono sempre poco esatte, ma nella loro ingenuità sono tanto più interessanti perché in esse vibra schiettamente l'anima nordica; i più importanti sono i canti mitici.

Oltre a questa letteratura scandinava più arcaica, la quale del resto trattò pure leggende continentali, ciascuno dei regni scandinavi produsse a datare dal XIII secolo una letteratura propria nella lingua nazionale nonché in latino. Il frutto più notevole di questa attività letteraria è la storia dei Danesi (in latino) di Saxo Grammaticus, opera di cui fu patrocinatore l'arcivescovo Assalonne e che attinge alle leggende mitiche (di Odino), trasformandole in fatti umani, ed alle antiche tradizioni.

Autori più recenti si servirono anche della forma poetica per esporre la storia nazionale, scrivendo cronache in versi. Specialmente copiosa fu la letteratura giuridica che riproduce documenti del diritto nazionale, spesso in forma riammodernata, ma di origine assai più remota, e non solo porta la sua attenzione a leggi di indole generale (non esclusa una versione delle leggi canoniche), ma anche a leggi speciali, come ad es. quella concernente la huskarle di Knut il Grande, gli statuti delle città e delle corporazioni, le consuetudini dei minatori svedesi.

Salvo ciò, la letteratura norvegese, svedese e danese, si ridusse in sostanza a traduzioni, e non soltanto non si elevò al disopra della letteratura slava contemporanea, ma neppure la eguagliò, per lo meno paragonandola alla letteratura boema. Si tradussero le stesse opere, cioè, oltre alla sacra scrittura, libri didattici e di letteratura amena, come lo specchio dei principi ed il romanzo d'Alessandro, e soprattutto scritti di carattere ascetico, quindi di contenuto leggendario o mistico.
In questo campo é da rilevare anche un'opera originale notevole, le Rivelazioni di S. Brigida, una nobile svedese datasi all'ascetismo, che scrisse le sue visioni in lingua svedese o con l'aiuto del suo confessore in latino, prorompendo in severe lamentele per la depravazione mondana della chiesa e porgendo fra l'altro particolari nuovi della passione di Cristo da lei appresi durante visioni e colloqui con Maria: il tutto spira un profondo sentimento di contrizione e di pentimento ed attesta un animo profondamente religioso.

Varie produzioni letterarie poi emigrarono da una letteratura nordica nell'altra, come ad es. la leggenda norvegese di Thidrek, chiamata così perché tratta fra altro di Teodorico (Dietrich) di Bern, facendo conoscere in tal modo in Norvegia una leggenda continentale.
I canti popolari svedesi e danesi della fine del Medio-Evo portano lo stampo della loro derivazione della letteratura tedesca (meridionale); sono ballate che trattano argomenti leggendari, cavallereschi, ecc.
La letteratura e la cultura tedesca si diffusero sempre più rapidamente nei paesi scandinavi, le cui lingue, specialmente la danese e la svedese, si impregnarono di elementi teutonici; quanto alla lingua norvegese, essa dal XIV secolo in poi rinunziò come lo stesso popolo alla sua individualità indipendente e si fece soppiantare dal danese. Gli Stati scandinavi non ebbero scuole superiori sino agli ultimissimi tempi del Medio-Evo, quando sorsero le università di Lund e di Upsala, le quali peraltro rimasero anch'esse per il momento delle scuole esclusivamente ecclesiastiche.

Come nei riguardi politici, così sotto l'aspetto della cultura sembrava che i paesi scandinavi corressero verso la completa dissoluzione; tutto, persino l'Hansa, vi era in piena decadenza: non per nulla i re danesi favorirono in tutti i modi il commercio olandese; le flotte olandesi erano infatti destinate a soppiantare quelle anseatiche. Solo lentamente si andarono formando i germi ed i fattori di una nuova rinascenza.

E a proposito di Rinascenza, qui terminiamo il Medio Evo
e iniziamo i capitoli del nuovo periodo.

Qui facciamo una breve parentesi ancora sui NORMANNI:
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