ANNO 1943

 NEL FRATTEMPO
IN SICILIA
 


In Sicilia la ventata separatista, già pensava di entrare a far parte degli Stati Uniti.
Già giravano le bandiere con il nuovo stemma.
A new York era perfino nata una rivista siciliana con il nuovo simbolo.


( mentre si sta scriovendo l'armistizio corto)
A Pescara cosa succede??

17 AGOSTO - Le truppe anglo americane - con l'entrata del generale Patton a Messina-  hanno occupato l'intera isola siciliana e quindi lo stretto, mentre quelle tedesche - chiamate in Italia sono costrette ad arretrare in Calabria.
Le bellissime relazioni inviate al Duce dai generali italiani in missione che indicavano ottime difese sull'isola si rivelano tutte fasulle.

C'è già nell'aria il disimpegno, che non solo i tedeschi già chiamarono "tradimento", ma anche i Siciliani. Fin dall'11 luglio pomeriggio (14 giorni prima del 25 luglio!)  sull'isola (in Augusta e Priolo- punto chiave dell'intera isola) "gli italiani alleati sono scomparsi"; questo il contenuto del telegramma che il comandante tedesco Schmalz inviava al comando supremo germanico.
E il generale Rintelen il giorno dopo, il 12 luglio, informava e chiedeva spiegazioni a Roma: "Sino ad oggi nessun attacco nemico ha avuto luogo contro Augusta. Gli inglesi non ci sono mai stati. Ciononostante il presidio italiano ha fatto saltare cannoni e munizioni e ha incendiato un grande deposito di carburante. L'artiglieria contraerea in Augusta e Priolo ha gettato in mare tutte le munizioni e poi ha fatto saltare i cannoni. Già il giorno 11 luglio, nel pomeriggio, nessun ufficiale e soldato italiano si trovava nella zona. Molti ufficiali avevano già abbandonato le loro truppe e con ogni mezzo si erano recati a Catania e oltre. Molti soldati isolati o in piccoli gruppi si aggirano per la campagna; taluni hanno gettato le armi, le uniformi e indossato abiti civili".

Ma non solo i tedeschi, scrive il gen Zanussi (Guerra e catastrofe d'Italia, II vol, pag.25) che "nella piazza di Siracusa-Augusta, parecchio tempo prima che gli anglo-americani vi ponessero piede, il presidio faceva saltare i cannoni e le munizioni e incendiava un grande deposito di carburante".
 
Chi ha dato quest'ordine sembra che nessuno ne sia a conoscenza.
Roma (e Mussolini) non aveva dato nessun ordine, e nei quartieri generali non ne sapevano proprio nulla, e l'uno e gli altri promettono di aprire un inchiesta.
Il 14 luglio Mussolini inviò una nota al capo di stato maggiore generale (4 giorni dopo lo sbarco) ponendo molte domande ("inquietanti") su quanto era accaduto. Perchè il tedesco sopra diceva la verità. Il nemico accusava perdite insignificanti, mentre ben 12.000 prigionieri erano caduti nelle sue mani, tutti gli altri nel caos, e nel caos anche i civili.

Ma già il 15 luglio con il promemoria n. 28, Supermarina giustificava l'"anomalia" e ammetteva che lo sgombero era in effetti avvenuto, che era stato "forse" (!?) prematuro...... e anche fatto
"forse" in un modo disordinato (cioè una fuga!).

(Questa la lettera di Mussolini, che riportiamo per intero

MA IN SICILIA COSA SUCCEDE?
LETTERA PIENA DI INTERROGATIVI DI MUSSOLINI

Questa nota fu inviata da Mussolini al capo dello stato maggiore generale il 14 luglio
quattro giorni dopo lo sbarco degli anglo-americani
(vedi Benito Mussolini: « Storia di un anno », Milano, 1944, cap. IV).

14 luglio 1943

SITUAZIONE

A quattro giorni di distanza dallo sbarco nemico in Sicilia, (9 e 10 luglio) ) considero la situazione sommamente delicata, inquietante, ma non ancora del tutto compromessa. Si tratta di fare un primo "punto" della situazione e stabilire che cosa si deve e vuol fare.
La situazione è inquietante

a) perchè dopo lo sbarco, la penetrazione in profondità è avvenuta con un ritmo più che veloce:
b) perchè il nemico dispone di una schiacciante superiorità aerea;
c) perchè dispone di truppe addestrate e specializzate (paracadutisti, aliantisti);
d) perchè ha quasi incontrastato il dominio del mare;
e) perchè i suoi Stati Maggiori dimostrano decisione ed elasticità nel condurre la campagna.

Prima di decidere il da farsi, è assolutamente necessario - per valutare uomini e cose - di conoscere quanto è accaduto. È assolutamente necessario perchè tutte le informazioni del nemico (il quale dice la verità quando vince) e persino passi ufficiali dell'alleato impongono un riesame di quanto è accaduto nelle prime giornate.
i°) Le divisioni costiere hanno resistito il tempo necessario - hanno dato, cioè, quello che si riteneva dovessero dare?

2°) La seconda linea, quella dei cosidetti capisaldi, ha resistito o è stata troppo rapidamente sommersa?
Il nemico accusa perdite del tutto insignificanti, mentre ben 12 mila prigionieri sono già caduti nelle sue mani.

3°) Si può sapere che cosa è accaduto a Siracusa, dove il nemico ha trovato intatte le attrezzature del porto e ad Augusta, dove non fu organizzata nessuna resistenza degna di questo nome e si ebbe l'inganno noto di una rioccupazione di una base che non era ancora stata occupata dal nemico?

4 °) La manovra delle tre divisioni
Goering, Livorno, Napoli, fu condotta con la decisione indispensabile e un non meno indispensabile coordinamento?
Che cosa è accaduto della Napoli e della Livorno?

_5°) Dato che la direzione dell'attacco - logica - è lo stretto, si è predisposta una qualsiasi difesa del medesimo?

6°) Dato che la "penetrazione" è ormai avvenuta, ci sono mezzi e volontà per costituire almeno un « fronte » siciliano, verso il Tirreno, così come fu in altre epoche contemplato e studiato?

7°) Le due divisioni superstiti Assietta e Aosta, hanno ancora un compito verso ovest e sono in grado di assolverlo?

8°) Si è fatto e si vuol fare qualche cosa per reprimere il caos militare, che si sta aggiungendo al caos civile determinato dai bombardamenti in tutta l'isola?

9 °) Nel caso previsto e prevedibile di uno sbarco e di una penetrazione, esiste un piano?
10°) La irregolarità e la miseria dei collegamenti, ha dato luogo a notizie false che hanno determinato una profonda depressione nel paese.

11) Lo scadimento della disciplina formale e sostanziale delle truppe continua, con manifestazioni sempre più gravi, che rivelano la tendenza alla « capitolazione ».

Concludendo, la situazione può ancora essere dominata purché ci siano, oltre ai mezzi, un piano e la capacità di applicarlo. Il piano non può essere sinteticamente che questo:
a) resistere a qualunque costo a terra;
b) ostacolare i rifornimenti del nemico con l'impiego massiccio delle nostre forze di mare e del cielo.

Mussolini



Ma chi lo aveva comandato questo sgombero? Mistero. Eppure un responsabile ci doveva pur essere!
Sembrò la prova generale dell'8 settembre. Dalla Sicilia tutti fuggivano, capi militari, funzionari.
E quando sbarcarono gli americani, quelli che erano rimasti, si spellarono le mani ad applaudire i "liberatori".
Tutta la stampa mondiale apparve sorpresa dalla scarsa opposizione allo sbarco nemico.

Il Times (quindi organo dei "nemici")  così commentava il giorno 18: "Gli eserciti dell'Asse in Sicilia crollano. Non si è verificata nessuna difesa delle truppe italiane, mentre era lecito supporre che avrebbero raddoppiato la loro volontà di resistenza quando si sarebbe trattato di difendere il suolo natio. Questo invece non sembra che si sia verificato. Forse le truppe italiane non vedono alcun scopo nel combattere per affidare il loro paese al dominio tedesco. Gli americani dicono di avere riscontrato una disposizione generale alla resa. Alcuni reparti starebbero ritirandosi disordinatamente verso nord, mentre altri aspettano pacificamente di essere catturati e mandati nei campi alleati per prigionieri".
Jack Belden, corrispondente di guerra della rivista statunitense Life allo sbarco a Pachino così descrisse la scena: " "Attraverso la folla che ci dava il benvenuto, una colonna di soldati italiani che si erano arresi e fatti prigionieri. marciavano su un lato della strada con le braccia alzate sulla testa. Ne vidi uno che ci guardava rabbiosamente. Un altro soldato camminava con le lacrime che gli scorrevano lungo la faccia… Mai avevo visto uno spettacolo più pietoso. Questi soldati italiani, mentre passavano attraverso la folla dei loro connazionali che acclamavano i soldati di un altro paese, fino a poche ore prima "nemici", devono essersi sentiti veramente umiliati. Eravamo a Giacalone, un paesino nei pressi di Monreale. Era il 21 luglio 1943".

(NOTA: Quando questi prigionieri italiani arrivarono ai "Campi di concentramento", li dovettero separare dagli altri, altrimenti finivano linciati, tanto fu il disprezzo degli italiani verso questi "disertori" (così furono poi chiamati dal "Giornale di Sicilia" - Che leggeremo più avanti. Ma questi poveri cristi cos'altro potevano fare, quando i loro stessi capi avevano preso il largo, scappati, lasciati i reparti allo sbando?).

Era la prova generale dell'8 settembre! Il Times era un giornale nemico, ma non aveva affatto esagerato.
Molte relazioni di funzionari testimoni oculari degli avvenimenti (alcuni erano stati inviati apposta da Roma), tornarono nella capitale, portando i rapporti al Re e al Quartier generale, ed erano tutti dello stesso tenore. Cioè, che qualcosa non funzionava. C'erano segni di sfiducia nei reparti delle forze armate, disorientamento, aspettative depresse, mentre i giornali non dicevano la verità di quanto stava effettivamente accadendo. Cioè che gli italiani, e in prima fila gli ufficiali non avevano più fiducia nei tedeschi e preferivano l'invasione dei "nemici"; e molti come racconta il "Giornale di Sicilia" avevano già lasciato il comando e l'isola con mille pretesti, lasciando la Sicilia nel "fango", e a sbrigarsela da sola. Lo stato italiano prima ancora dell'occupazione, si dissolse nella vergogna del "si salvi chi può".

Insomma l'Italia aveva abbandonato la Sicilia, e fino a quando arrivarono effettivamente le truppe americane a occupare l'intera isola, era diventata terra di nessuno. Molti italiani fuggirono, molti furono fatti (facilmente) prigionieri dagli anglo-americani, e se prendiamo atto dell'opinione pubblica e della realtà dell'isola, in Sicilia riemergeva una straripante adesione all'indipendentismo.
Già il 22 LUGLIO, il Giornale di Sicilia, davanti allo squallido spettacolo della mancata difesa, usciva con una domanda inquietante?


Poi il 28 LUGLIO usciva il "MANIFESTO SEPARATISTA", che chiedeva agli Alleati la Sicilia fosse eretta a Stato sovrano indipendente a regime repubblicano.


Questo è invece il "Manifesto" (una durissima protesta) affisso dopo il massacro del 19 ottobre 1944, quando a Palermo le truppe badogliane (del Regno del Sud) spararono sulla folla (30 morti, 150 feriti, numerosi arresti)

Infine ci fu poi il "Memoriale" che il Comitato del M.I.S., firmato da Andrea Finocchiaro Aprile (l'indiscusso leader), inviato alle Grandi Potenze e alle delegazioni degli altri Stati riuniti a San Francisco per la costituzione delle Nazioni Unite.


Va subito precisato che il fermento indipendentista non era monopolio di un solo movimento: era, al contrario, presente in tutte le formazioni politiche che andavano formandosi nell'isola e che non riuscivano a concepire altra soluzione. E va anche smentita la diceria che il separatismo fosse soltanto espressione della mafia e dei latifondisti. In realtà il separatismo coinvolse tutta l'isola; coinvolse giovani e anziani, ricchi e poveri, intellettuali e operai, al punto da superare il numero di 500 mila militanti attivi (nonostante la messa al bando, nel '46 alle elezioni della Costituente e nelle Siciliane del '47 erano ancora 170.000. Di questi 500 mila, neppure il 20% era costituito da piccoli o grandi proprietari agrari. Erano tutti militanti sparsi nei vari partiti non escluso quello socialista e comunista (Ci fu infatti, anche la visita in Sicilia dei Russi (
Andrei Wischinsky, ministro degli Esteri di Stalin) per creare sull'isola uno stato federale di tipo sovietico, forse perché convinti che nel resto d'Italia, in quel periodo, la vittoria comunista era già data per scontata. A Mosca, Stalin, sopravalutò la consistenza. E quando giunse in Italia, a Salerno, lo stesso Togliatti, rimase sorpreso nell'apprendere che il partito contava poco più di 12.000 iscritti).

L'affermazione di Pietro Nenni che definì il separatismo siciliano "un movimento vandeano antiunitario sostenuto da vecchie forze fasciste", fu clamorosamente smentita da Antonino Varvaro nel discorso pronunciato il 6 giugno 1947 davanti all'Assemblea Costituente; disse "Il movimento indipendentista siciliano nacque dal germe e linfa socialisti"; e così Girolamo Li Causi, il 6-8 gennaio 1945, nella sua relazione al congresso costitutivo della federazione regionale del Partito comunista italiano: "Noi comunisti di Sicilia siamo stati e in un certo qual modo continuiamo a essere dei separatisti".
Ma già a questa data (con Teheran, Yalta ecc.) le cose erano poi cambiate, e ben presto da tutti i movimenti separatisti i vari partiti (compresi quelli di sinistra) non solo presero le distanze ma iniziarono aperte ostilità, trasformando ben presto i separatisti - questa volta non più in "briganti" - ma in "banditi".

Per tornare al dopo 25 luglio, già il 28 dello stesso mese si costituiva un Comitato per l'indipendenza siciliana; e con un proclama ufficiale, preannunciava la secessione dall'Italia e chiedeva l'effettuazione di un plebiscito sotto il controllo internazionale.

Dobbiamo qui dire che in Sicilia c'era già da qualche tempo una forte tendenza d'indipendenza dei "separatisti" (Prima di allora in Sicilia preferivano essere chiamati "indipendentisti" (memori della rivolta del 1866 e ai timidi accenni del 1920, e anche durante il fascismo), mentre i più giovani e aggressivi del '43, scelsero di chiamarsi "separatisti"). Il fermento quindi era già presente, ma venne alla superficie a Palermo fra il 23 e il 24 luglio 1943 (cioè poche ore dopo l'ingresso delle truppe americane di Patton).

(DI QUESTA FASE DELL'INDIPENDENZA DELL'ISOLA FAREMO PRESTO UN INTERO CAPITOLO A PARTE - VEDI INTANTO "VENTO DEL SUD")
(Anche se sulla "Questione Siciliana" ci ritorniamo sopra nel capitolo 10)


Nel frattempo nella penisola l'Unità del PCI, parlava fin troppo chiaro, e i suoi titoli dovevano pur arrivare a mettere nel sospetto i tedeschi in Italia, compresi quelli a Berlino; ecco il foglio del 22 agosto:


e quello del 9 settembre, con ancora più aperta ostilità nei confronti dei tedeschi,
ma le cui mani nude degli italiani non erano sufficienti per affrontarli.
Ci volevano armi e unità d'azione, non chiacchiere!


Ma più tardi, in ottobre, oltre che "fuori i tedeschi dall'Italia", l'invito del giornale partigiano "Il Combattente", era piuttosto inequivocabile e radicale nell'azione:
"a morte i fascisti traditori"
. Questa volta il livore era più esplicito, i tedeschi fuori, i fascisti a morte.
Se Churchill voleva che gli italiani si azzannassero tra di loro, era perfettamente riuscito nell'opera.
I padri iniziarono a dare la caccia ai figli che avevano allevato, e i figli a dare la caccia ai padri che li avevano traditi dopo aver loro insegnato contro chi bisognava -per fare l'Italia forte- "combattere e morire".



C'era dunque -se a Roma questo desideravano- tutto il tempo (e uomini sufficienti) per far terminare subito l'"avventura" con i tedeschi (ancora poco numerosi - 2 divisioni contro 8 italiane). Sarebbe bastato solo un segnale chiaro. Che non arrivò mai. E quando arrivò dopo venti giorni (l'8 settembre) fu ancora più ambiguo di quello del 25 luglio, e purtroppo anche più drammatico, e per come evolveranno le cose anche più tragico. Una tragedia che si prolungò purtroppo per quasi due anni.
Resta però a molti un dubbio; ed è quello che qualcuno "volle e favorì questa situazione" per il proprio tornaconto. Gli anglo-americano erano sbarcati in Sicilia, sicuramente non per andare a Berlino.

IL 22 AGOSTO - Come già accennato sopra, con una strana accusa di cospirazione BADOGLIO fa arrestare il suo ex collega generale UGO CAVALLERO (ex Capo di S.M.) ed ETTORE MUTI (nuovo segretario del PNF da pochi mesi prima dello scioglimento). Il primo, l'abbiamo letto sopra la dinamica della sua fine (il memoriale, l'arresto dei tedeschi, il "suicidio" con un colpo di pistola alla tempia destra, lui che era mancino) mentre il secondo non arrivò neppure al carcere di forte Boccea, fu ucciso con un pretesto: nel corso di un incidente si era dato alla fuga durante il trasferimento, ma su una strada che non era quella che conduceva al carcere, ma nei viottoli della pineta di Fregene. E guarda caso, nessun altro ne uscì ferito, ma solo lui morto con due colpi...... sparati a... bruciapelo, in...fronte (piuttosto singolare per uno che fugge).

I due, Cavallero e Muti, erano due potenziali capipopolo, forse capaci e in grado di riunire la piazza; il primo quella militare, il secondo con i compagni di partito; entrambi il carisma l'avevano per ottenere questo risultato, quindi dovevano essere "liquidati". Non dovevano intralciare i piani di Badoglio.
E cosa molto curiosa Badoglio utilizza Senise, il capo della Polizia, ancora per poche ore nelle grazie di Badoglio. E' lui che lo ha reintegrato al suo posto, ma poi è lui a farlo arrestare, e lo rilascia prima di "scappare", e Senise finisce "in braccio" ai tedeschi (lo leggeremo più avanti, e sarà lui a raccontare).


Come e perché fu ucciso Ettore Muti, due volte medaglia d'oro al valor militare, dieci medaglie d'argento, eroe di tre guerre italiane, non lo sapremo mai. Fascista o non fascista, sappiamo che era un uomo di valore. Come il Principe Borghese. Quando un soldato é chiamato a fare il proprio dovere, per lo stato sovrano, chiunque ne sia il capo, lo fa fino in fondo. Questa é l'etica di ogni soldato del mondo. Ci mancherebbe che ogni soldato alzandosi al mattino decidesse lui cosa fare! e contro chi agire!
Un messaggio scritto da Badoglio al nuovo capo della polizia Senise, che però Senise nega di aver mai ricevuto, ma poi ritrovato, è di questo tenore: «Muti è sempre una minaccia, il successo è possibile solo con un meticoloso lavoro di preparazione. Vostra eccellenza mi ha perfettamente compreso».

La carta intestata ma anche lo stile é di Badoglio (scrive come un generale in guerra, «meticoloso nella preparazione»).
Sul significato e la «morale» da trarre da questo avvenuto oscuro omicidio che oggi i cronisti direbbero «eccellente», voluto ed eseguito da uomini che facevano forse riferimento ad un governo che si diceva virtualmente costituzionale (ma non lo era - lo abbiamo visto sopra - non ripristinando la libertà di associazione ai partiti), si potrebbero fare alcune riflessioni, che finora non risulta siano mai state fatte. Il delitto Muti fu chiaramente deliberato e voluto, inaugurando il sistema della eliminazione fisica degli avversari politici che fu poi la caratteristica della guerra civile che inizia proprio con Muti (poi Senise, poi Cavallero e tanti altri fino al 25 aprile 1945 e anche oltre). E' lui la prima vittima di una vendetta personale che si trasformerà poi irrazionalmente in una vendetta collettiva in mezzo alla stessa popolazione (anche se non dobbiamo esagerare; perchè una guerra civile in Italia non ci fu affatto; non come quella avvenuta in Spagna. Perfino il 9 e 10 settembre a Roma alla sera cinema e ritrovi erano tutti aperti).

MUTI era un eroe nazionale, fascista come tutti, ma anche un fascista anomalo, come Borghese e come anche Senise (vedi nelle biografie). Mussolini lo nominò nel 1939 segretario nazionale del partito in sostituzione del "folcloristico" Starace. Ma questo non era un posto per lui. Il Partito fascista, cloroformizzato da una troppo lunga consuetudine di potere dei suoi molti inetti gerarchi, si era «seduto» nella burocrazia, nella retorica, nel conformismo e aveva perfino adottato le pagliacciate di alcuni buffoni che sgomitavano per rimanere in prima fila. Non era certo il posto per il dinamico Muti, che era invece un uomo realista, intelligente, coraggioso, ma non sbruffone e tanto meno ambizioso di mettersi le "patacche" sul petto. Quelle che aveva ricevute erano per atti di coraggio veri, sentiti nel profondo, non fatti per guadagnarsi solo "patacche" (che infatti non metteva nemmeno)

Muti tentò invano di risvegliarlo il partito, sconvolgendo uomini e situazioni, imprimendo alla sua gestione il piglio disinvolto realistico e disadorno che gli era proprio, senza risparmiare brucianti staffilate ironiche ai vanitosi colleghi. Si creò quindi molti nemici, soprattutto fra quelli nati e rimasti per tutta la vita inetti. Conoscendo il suo carattere, i commenti su Badoglio (e le sue onorificenza) li possiamo solo immaginare; e Badoglio non era certo il tipo da dimenticare. Lo abbiamo visto il rancore che nutriva Badoglio per Cavallero! Su Muti non doveva essere molto diverso. Anche perchè Muti osava e non nascondeva il disprezzo per certa gente.
(Aneddoto su Muti: Essendosi accorto che tutti intorno a lui erano perlomeno minimo commendatori, tanto brigò che fece nominare commendatore il proprio attendente e lo chiamava cerimoniosamente con tale titolo quando altri erano presenti; ma questi ultimi erano così idioti che non capivano il senso di questa arguzia. Questo era Muti! Muore con due proiettili ( nella fuga si disse!) uno nella nuca (proprio curioso!) e uno in fronte (ancora più curioso per uno che fuggiva - fra l'altro erano colpi sparati a bruciapelo), il 23 agosto; una data fatidica; lui è la prima vittima di quella mattanza che da questa data inizia a sconvolgere i "fratelli d'Italia"; la data dell'inizio della "guerra civile". "Questi"  italiani inizieranno a massacrarsi a vicenda, dopo essere stati nelle parate per vent'anni ad applaudire, e peggio ancora, a farsi applaudire, a cercare l'applauso ad ogni costo e a sollecitare "patacche" da mettersi nel proprio petto o su quello dei propri figli.

IL 28 AGOSTO In segreto ma non troppo, fu deciso da Badoglio e il Re il trasferimento di Mussolini dall'isola della Maddalena a Campo Imperatore. Questo "strano" trasferimento in questa "strana" località non passò proprio per nulla inosservato. Avvenne nel momento in cui nella zona c'erano turisti di Pescara, di Chieti, de L'Aquila e dintorni, e che con tanto malumore furono fatti sloggiare. Il trasferimento di Mussolini avvenne attraverso le località di Paganica, Tempera, Camarda, Assergi (Mussolini sostò nella villa della contessa Rosa Mascitelli - non è un caso!) alla base del Gran Sasso, poi il 3 settembre il "prigioniero", con la funivia, fu fatto salire al Rifugio-albergo di Campo Imperatore, a quota 2112 metri, costringendo i turisti a sloggiare.
Che Mussolini era a Campo Imperatore, era un segreto di Pulcinella. Non tutti ma quasi tutti a Chieti il giorno 3 settembre sapevano chi c'era all'albergo-rifugio. Negli alti pascoli lo sapevano pure i pecorari, e uno di questi s'intrattenne a parlare perfino con Mussolini.

 Nello stesso giorno Castellano ha davanti a sè il grande dilemma: deve firmare l'armistizio, al buio, incondizionato - prendere o lasciare. (Che non è un armistizio, ma una "resa" senza condizioni)
Ma dal Brennero, a Roma, non arrivano notizie "rassicuranti": le truppe tedesche stanno concentrando ai confini del Brennero 22 divisioni pronte a scendere su Verona e a un segnale convenuto - con KESSELRING responsabile comandante (che ha già collocato il suo quartier generale  a Massa d'Albe Fucense,) pronte a dilagare verso il centro Italia, e portarsi dove? Ma a Chieti e a Pescara per costruire la cosiddetta "Linea Gustav", la "Winter Line" che, seguendo il fiume Sangro, attraverso le montagne tra l'Abruzzo e il Molise, e lungo il Liri e il Garigliano, fino a Cassino, forma un  unico fronte dall'Adriatico al Tirreno.
E se dalla Sicilia fin quasi al Sangro l'avanzata di Montgomery fu abbastanza rapida e facile, su questa linea trovò invece dal settembre un forte ostacolo; i tedeschi crearono un formidabile sbarramento per oltre dieci mesi. Il comando di queste operazioni? Palazzo Mezzanotte, a Chieti. A casa di chi sta scrivendo queste note (altre le leggeremo più avanti).
E dove fuggono i Sovrani, i Nobili, e tutti i generali del Quartier Generale, all'alba del 9 settembre ?
Ma a Chieti, a Palazzo Mezzanotte !!!
E a Roma chi lasciò il Re ? Suo genero Calvi di Bergolo, che dopo neppure 24 ore consegnerà ai Tedeschi Roma e l'esercito (lo leggeremo più avanti).

IL  29 AGOSTO - GIORGIO AMENDOLA, LUIGI LONGO, UMBERTO MASSOLA MAURO SCOCCIMARRO, PIETRO SECCHIA e altri costituiscono a Roma la nuova direzione del PCI. Con il PSIUP e il Pd'A dando vita a una giunta militare antifascista; ne fanno parte SANDRO PERTINI, LONGO e BAUER (il suo posto sarà poi occupato da Saragat). Per Badoglio sono una spina nel fianco e Roatta non scherza con la repressione.

IL 31 AGOSTO - Che qualcosa di grosso stia succedendo appare evidente a tutti gli italiani attenti agli sviluppi. Sia nemici che amici. 
Nello stesso giorno, con un bombardamento a tappeto si ebbe la quasi totale distruzione della città di Pescara, già preceduta dalla distruzione di Sulmona avvenuta quattro giorni prima, il 27 (con 99 morti). Questi due primi due bombardamenti furono poi seguiti da altre 81 incursioni.
Il paese e la città furono quasi rase al suolo. A Pescara, su quel grande viale centrale che congiunge oggi la stazione alla balconata sul mare non esisteva più il muro di un palazzo, ma soltanto enormi cumuli di macerie. Così il grande ponte che divide in due la città nuova dalla vecchia, dove passava sopra l'Adriatica e altrettanto in cenere la vicina stazione, quasi polverizzata. Fu il più distruttivo bombardamento di tutta la guerra.

(QUI RIFLETTIAMO, e FACCIAMO ATTENZIONE ALLE DATE: dopo lo sbarco del 9 luglio in Sicilia e la conquista dell'isola, la divisione tedesca "Goring" viene spostata a nord incalzata dagli anglo-americani, e si ferma all'altezza della cosiddetta "Linea Gustav (o Winter-line) per formare un unico fronte dall'Adriatico al Tirreno.
L'avanzata degli alleati fu abbastanza rapida e facile fino alla valle del Sangro, ma proprio qui in Abruzzo la VIII armata di Montgomery, trovò lo sbarramento della Gustav, e qui dovette fermarsi (e qui rimase poi per dieci mesi! ma senza Montgomery volato in Normandia)).
Con questo grosso ostacolo, gli anglo-americani iniziarono le prime azioni per operare uno sfondamento già a metà agosto.
Il 27 agosto bombardarono Sulmona che è sulla Tiburtina Valeria.
Mentre il 31 agosto un terribile bombardamento ci fu a Pescara (quasi rasa al suolo!!).
Testimonianza: Dal terrazzo di casa mia a Chieti a Palazzo Mezzanotte (che conosceremo meglio più avanti) erano le 13,20, quando prima cominciammo a sentire un rumore di aerei enorme, poi a vedere una grade quantità di Bombardieri B-24, diretti a Pescara. Qui in un caldo pomeriggio, con la spiaggia affollata, successe il finimondo. L'attacco fu devastante. Circa l'80% degli edifici fu distrutto, causando la morte di almeno 3000 persone. Per lo più le bombe caddero nel centro cittadino, risparmiando quella che era il principale obiettivo: la stazione ferroviaria.
Molti degli abitanti sopravvissuti dopo il bombardamento si erano allontanati rifugiandosi nei paesi vicini o a Chieti. Poi venne l'8 settembre; molti decisero di rientrare in città credendo che la guerra era finita con gli americani "liberatori".
Da notare che dal 9 settembre sia Pescara che Chieti erano state occupate dai tedeschi. Il 14 settembre un altro stormo di bombardieri B.24 "Liberator" americani, riversarono sulla città (questa volta centrando in pieno la zona ferroviaria di Porta Nuova) una pioggia di bombe causando oltre 900 morti e la distruzione totale e tutti i palazzi vicini sull'intero corso -dirimpetto la stazione- fino allo sbocco a mare. Un cumolo di macerie impressionante che rimase così fino alla fine del 1945.

(qui a fianco il primo bombardamento di Pescara
del 31 agosto - quasi tutto in centro.
Non colpirono la stazione ferroviaria
nè il ponte Littorio.
Ma con il bombardamento
del 14 settembre, centrarono e rasero al suolo
la stazione di Porta Nuova e tutti
i palazzi che si trovavano vicino.
Il corso dalla stazione fino al mare
era un cumolo di macerie,
non un solo muro era rimsto in piedi.
Come l'immagine vista sopra.

 

 

Negli stessi giorni  dal 31 agosto al 9 settembre, Kesserlin ha già collocato il quartier generale e un comando strategico per rinforzare la Linea Gustav, a Chieti a Palazzo Mezzanotte (ma anche per "prelevare" Mussolini che si trova a Campo Inperatore).

E dove fugge il 9 settembre mattina il Re e tutto lo stato maggiore? A Chieti (non a Pescara, che molti fuggiaschi non videro mai! (lo leggeremo più avanti). Fuggono a Chieti a Palazzo Mezzanotte, A casa di chi sta scrivendo queste memorie (ce ne saranno più avanti delle altre più dettagliate).


IL 7 SETTEMBRE - Il Comitato nazionale delle opposizioni a Roma (immagina già quanto sta per accadere) chiede al governo di distribuire armi alla popolazione per difendere la capitale. La richiesta non viene accolta da BADOGLIO (Qualcosa gli italiani volevano fare!). Badoglio ha altri progetti. I suoi!
Stessa richiesta verrà fatta a Trieste la sera dell'8 subito dopo l'annuncio (anche qui hanno capito cosa accadrà l'indomani). Il comandante del presidio rifiuta dicendo che non ha la chiave dell'armeria.(!!!! Sembra una barzelletta!!) I tedeschi così nella stessa notte e all'indomani dell'8 settembre, disarmarono in poche ore, e catturarono e deportarono in Germania 100.000 italiani.

IL 3 SETTEMBRE - Mentre gli anglo americani stanno risalendo la penisola e sono già quasi in Puglia, il rappresentante del "Governo Badoglio", generale CASTELLANO, a Cassibile, dopo settimane di segrete trattative (ma non molto segrete per Hitler) ha già firmato l'armistizio con gli alleati con una  resa incondizionata dell'Italia e consegna delle tre armi, Esercito, Marina, Aviazione. 
(altro che armistizio, è una resa! Una "Capitolazione"!). 

Castellano la portò poi a Roma con l'anticipata firma del 3 settembre, ma da diffondere l'8 settembre.

Questo il testo in 13 punti dell'ARMISTIZIO "CORTO":

SHORT MILITARY ARMISTICE

Lì 3 settembre 1943
Le seguenti condizioni di armistizio sono presentate dal generale Dwight D. Eisenhower, Generale Comandante delle Forze armate alleate, il quale agisce per delega dei Governi degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, e nell'interesse delle Nazioni Unite, e sono accettate dal Maresciallo Badoglio, Capo del Governo italiano.

1)
Immediata cessazione di ogni attività ostile da parte delle Forze Armate Italiane.

2)
L'Italia farà ogni sforzo per sottrarre ai tedeschi tutti i mezzi che potrebbero essere adoperati contro le Nazioni Unite.

3)
Tutti i prigionieri e gli internati delle Nazioni Unite saranno rilasciati immediatamente nelle mani del Comandante in Capo alleato e nessuno di essi dovrà essere trasferito in territorio tedesco.

4)
Trasferimento immediato in quelle località che saranno designate dal Comandante in Capo alleato, della Flotta e dell'Aviazione italiane con i dettagli del disarmo che saranno fissati da lui.

5)
Il Comandante in Capo alleato potrà requisire la marina mercantile italiana e usarla per le necessità del suo programma militare navale.

6)
Resa immediata agli Alleati della Corsica e di tutto il territorio italiano sia delle isole che del Continente per quell'uso come basi di operazioni e per altri scopi che gli Alleati riterranno necessari.

7)
Immediata garanzia del libero uso di tutti i campi di aviazione e dei porti navali in territorio italiano senza tener conto del progresso dell'evacuazione delle forze tedesche dal territorio italiano. Questi porti navali e campi di aviazione dovranno essere protetti dalle forze armate italiane finché questa funzione non sarà assunta dagli Alleati.

8)
Tutte le forze armate italiane saranno richiamate e ritirate su territorio italiano da ogni partecipazione alla guerra da qualsiasi zona in cui siano attualmente impegnate.

9)
Garanzia da parte del Governo italiano che, se necessario, impiegherà le sue forze armate per assicurare con celerità e precisione l'adempimento di tutte le condizioni di questo armistizio.

10)
Il Comandante in Capo delle forze alleate si riserva il diritto di prendere qualsiasi provvedimento che egli riterrà necessario per proteggere gli interessi delle forze alleate per il proseguimento della guerra; e il Governo italiano s'impegna a prendere quelle misure amministrative e di altro carattere che il Comandante in Capo richiederà, e in particolare il Comandante in Capo stabilirà un Governo militare alleato su quelle parti del territorio italiano che egli giudicherà necessario nell'interesse delle Nazioni alleate.

11)
Il Comandante in Capo delle forze armate alleate avrà il pieno diritto d'imporre misure di disarmo, smobilitazione e demilitarizzazione.

12)
Altre condizioni di carattere politico, economico e finanziario a cui l'Italia dovrà impegnarsi ad eseguire, saranno trasmesse in seguito.
FIRMATARI
Per il Maresciallo Pietro Badoglio Capo del Governo Italiano f.to GIUSEPPE CASTELLANO. Gen. di Brigata addetto al Comando Supremo Italiano
Per Dwight Eisenhower, generale dell'Esercito degli S.U.A., Comandante in Capo delle Forze Alleate f.to WALTER B. SMITH, Magg. Gen. dell'Esercito degli S.U.A. Capo di Stato Maggiore.
PRESENTI
On. HAROLD MACMILLAN, Ministro Residente britannico presso il Quartier Generale delle Forze Alleate - ROBERT MUTPHY, rappresentante personale del Presidente degli Stati Uniti - ROYER DICK, Commodoro della Reale Marina britannica, Capo di Stato Maggiore del Comandante in Capo del Mediterraneo - LOWELL. W. ROOKS, Magg. Gen. dell'Esercito degli S.U.A. Sottocapo di Stato Maggiore, C-3, presso il Quartier Generale delle Forze Alleate.
FRANCO MONTANARI, interprete ufficiale italiano - Brigadiere KENNETH STRONG,
Sottocapo di Stato Maggiore, G-2, presso il Quartier Generale delle Forze Alleate.

Cassibile, 3 Settembre 1943

 Si tiene ancora segreto l'accordo, mentre proprio nello stesso giorno, al mattino, BADOGLIO tranquillizza il preoccupato ambasciatore tedesco RAHN: "Sono il piu' vecchio generale d'Italia, mi chiamo Badoglio, mi riesce incomprensibile la diffidenza di Hitler; vi do' la mia parola d'onore (!!!!) che marceremo con voi fino in fondo, abbiate fiducia". (!!!)

Nel momento che viene firmato l'armistizio, Badoglio e Carboni convincono gli alleati a non fare un grande sbarco su Roma nord; poi s'inventano mille scuse per rimandare l'annuncio della resa, che Eisenhower invece vorrebbe irradiare contemporaneamente al lancio di paracadustisti su gli aeroporti di Roma e lo sbarco di Salerno.
TAYLOR -dopo un viaggio avventuroso- era giunto a Roma il 7, per coordinare l'aviolancio, si trovò però davanti a mille ostacoli ed ebbe il sospetto (!) che sia CARBONI (che non sa ancora bene le intenzioni del maresciallo) che BADOGLIO fossero dei "disfattisti e che stavano cercando di condurre un ignobile doppio gioco". L'ufficiale, non è che si lasciò convincere a non fare l'aviosbarco, ma prese la decisione di non farlo per non mettere a repentaglio i suoi uomini.

La stessa impressione ha poi il giorno dopo, l'8 SETTEMBRE, alle ore 18,30, il gen. Eisenhower
, quando da Algeri rompe il silenzio e comunica al mondo la notizia dell’armistizio intervenuto tra gli Alleati e gli italiani: "non indugiai a rendere pubblico l'armistizio, non mi fidavo più della parola datami da Badoglio". (dalle sue memorie. La crociata in Europa).

Per convincere che si faceva sul serio, nello stesso giorno 8 settembre (quindi dopo 5 giorni dalla firma dell'armistizio) mentre l’operazione "Avalanche” era in pieno svolgimento con i convogli americani in vista di Salerno (Alle 3,30 del mattino del 9, il gen. Mark Clark sbarcava sulla costa italiana presso Salerno) gli anglo-americani bombardarono Frascati...

.

E la difesa di Roma? - Carboni e Badoglio, nell'incontro notturno del 7, segnalarono a Taylor, che le truppe italiane erano senza mezzi e carburante; (ma non era vero, infatti - i depositi pieni - verranno requisiti dai tedeschi solo nella tarda notte dell'8 settembre) e che era impossibile la difesa di Roma (anche questo non era vero, perchè si era rifiutato di armare chi voleva combattere).
Affermava che gli aeroporti erano pieni di tedeschi: ma nemmeno questo era vero! O almeno non era informato. KESSELRING nelle sue memorie scrive: "Noi tedeschi eravamo proprio messi male! E allora giocai d'astuzia. Dissi a tutti gli autisti di  camion, autovetture, autoblindo, moto ecc, di continuare a girare, a fare la spola aeroporti-Roma, e Roma-aeroporti avanti e indietro, continuamente. A quanto pare il trucco riuscì benissimo. Nessuno si accorse che erano sempre gli stessi automezzi".

 Badoglio sconsiglia dunque l'aviosbarco organizzato da Taylor. Insomma secondo Badoglio gli americani se volevano conquistare Roma se la dovevano conquistare da soli. E questo era molto strano per Taylor. Pensava, a ragione, l'ufficiale americano, che anche un modesto sbarco a Roma di paracadutisti avrebbe psicologicamente dato agli italiani quell'entusiasmo necessario per cacciare via da Roma e dal Lazio i tedeschi; se questa era l'intenzione.
Nella capitale, Badoglio e il re fino al mattino del 9 settembre vanno ripetendo "finiremo con la gola tagliata, tutti". Poi indubbiamente i fatti che accadranno fanno intendere che trovarono nella fuga la "strada della salvezza". Chi del resto si mette in viaggio (così lungo) con 30 posti di blocco tedeschi da Roma a Pescara?
I giochi di prestigio fino allora condotti erano finiti, le furberie pure, non rimaneva che un'unica strada mettersi d'accordo con i tedeschi e riuscire a scappare. L'ultima furbizia! Ma anche questa con un doppio gioco, uno subito, e l'altro in un secondo momento; ovviamente secondo le circostanze.

La soluzione era questa: se i pochi tedeschi di Kesserlring fossero riusciti a respingere gli anglo-americani loro erano salvi perchè avevano contribuito alla presa di Roma che Hitler voleva tenere ad ogni costo. Se invece gli anglo americani da soli conquistavano Roma erano salvi lo stesso, anzi potevano rientrare da vincitori per aver firmato con loro l'armistizio e per non aver aiutato i tedeschi. (Piano diabolico perfetto!!!).

Inoltre Badoglio aveva in mano Mussolini e quindi per ingraziarseli, non avrebbe esitato a consegnarlo agli Alleati (questo è del resto quello che c'era scritto nelle condizioni, lo volevano i nuovi alleati) "vivo o morto" (quest'ultima era una delle tante disposizioni date a Gueli il custode di Mussolini al Gran Sasso).
Del resto Churchill, alla Camera dei Comuni, nel corso di una dichiarazione  a proposito della successiva liberazione del Duce ad opera dei tedeschi disse: "Avevamo ogni ragione di credere che Mussolini si trovasse in luogo sicuro e ben custodito, ed era certo nell'interesse del Governo Badoglio di non farselo scappare. Mussolini stesso, a quel che si dice, avrebbe dichiarato che credeva di venir consegnato agli Alleati. Questa era l'intenzione e si sarebbe anche realizzata, se non fossero intervenute circostanze del tutto indipendenti da noi...Il colpo fu molto audace... Non credo che ci fosse trascuratezza da parte del Governo Badoglio il quale, però ( ! ), si era tenuto un'altra carta da giocare: i carabinieri di guardia avevano avuto l'ordine di sparare su Mussolini nel caso si tentasse di liberarlo, ma vennero meno al loro dovere". Vennero meno perchè per tre giorni (il 9 sera e il 10 e l'11) i carcerieri (Gueli e C.) non sapevano più cosa fare, i referenti erano scappati a sud senza lasciare ordini.


Leggiamo il comunicato dell'Agenzia Stefani: "Il Deutsches Nachrichten Bureau ha diramato il seguente comunicato straordinario: "Dal Quartier Generale del Fuehrer. Reparti di paracadutisti e di truppe di sicurezza germanici, unitamente a elementi delle SS, hanno oggi condotto a termine una operazione per liberare il Duce che era tenuto prigioniero dalla cricca dei traditori. L'impresa è riuscita. Il Duce si trova in libertà. In tal modo è stata sventata la progettata sua consegna agli anglo-americani da parte del governo Badoglio". (chiaro? I tedeschi insomma sapevano)

 

Ma torniamo indietro, all'ora dell'Armistizio.........
alla "fuga" e alla difesa di Roma...
  continua > >

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