ANNO 1964

CRONOLOGIA DELL'ANNO

Termina (alcuni dicono) "il folle" "miracolo economico". Il Min. Colombo allarma "se continuiamo così  si va verso il collasso dell'economia italiana".  Tasse sulle auto, disciplina sulle vendite rateali, cedolare secca,   rinuncia alle Regioni, all'Urbanistica, allo statuto dei lavoratori.




La " carica " delle 600.
Tutti al mare !
Sulla nuova  autostrada del Sole.
La Romagna " rossa " decolla !
Nessuno immaginò che il 18 giugno
in Italia si stava attuando un Colpo di Stato.
Lo sapremo solo nel 1968.






E' l'anno dove dopo il "miracolo" appare la prima congiuntura; scoppia la prima crisi; c'e' la fuga dei capitali all'estero che non provoca solo ristagno, ma quasi un collasso, e qualcuno conferma come canta a San Remo Gigliola Cinguetti che l'italiano "non ha l'eta'".

E' l'anno che i contrasti tra i partiti di centrosinistra provocano uno delle piu' gravi crisi della storia della Repubblica. Si è andati molto vicino al Colpo di Stato, all'arresto dei dissidenti (anche fra le file democristiane) e forse scatenato una guerra civile nel Paese. (Piano Solo)

E' l'anno dove scompare TOGLIATTI il cui testamento politico, "Il memoriale di Yalta", ha un forte impatto nel Paese e nello stesso PCI. Una critica liberante all'interno del partito rispetto all'impostazione trionfalistica dei precedenti anni. E mentre prima alcune frange accusavano il partito di silenzi, anche ora, nonostante l'autocritica non è proprio per nulla diminuita; anzi provocano profonde lacerazioni.

E' l'anno che sul piano internazionale vi sono due grandi eventi nei due blocchi, l'allontanamento di KHRUSCEV in Urss e gli americani male consigliati che vanno a imbarcarsi in una guerra in Vietnam che durera' quasi dieci anni, senza ottenere nulla, ma solo sdegno in molti Paesi, compresi quelli della Nato, come l'Italia; e più tardi anche nella stessa America quando inizieranno i genitori a vedere tornare a casa sempre più numerosi i propri figli dentro le bare, ma anche gli altri non toccati dai lutti  nel non vedere alcun risultato, ma solo spese.
(In Vietnam - i bombardamenti furono due-tre volte superiori alla seconda guerra mondiale).

Nell'anno, in ottobre, in quindici giorni, si succedono TRE NOTIZIE che rimescolano tutta la politica mondiale dei prossimi anni. Sullo scena le due grandi potenze Urss (liquidazione di Kruscev) e Usa (elezione di Johnson), ma appare all'orizzonte la terza potenza, la Cina, che annuncia mentre sta divampando il Vietnam:
"Pechino - Importante comunicazione. I cinesi hanno sperimentato la loro prima bomba atomica. Grande successo per il popolo cinese per rafforzare le proprie difese nazionali e contrastare la politica imperialistica degli USA, basata sul ricatto nucleare e le minacce" (Com. Ansa, 16 ottobre, ore 16.03). 

I maoisti che stavano già nascendo in Italia fecero festa cantando  "La Cina è vicina/è già in Albania". Ricordando così agli italiani che il primo gennaio in Albania era stato in visita il primo ministro cinese CHOU EN LAI (dallo scorso anno in lite con l'Urss, e la stessa Albania, che ora è sotto la protezione dei cinesi)
(E se la bomba i cinesi la portano in Albania, cosa succede in Italia e in Europa? Questa era l'inquietante domanda). 

E' l'anno dove sul territorio nazionale, nonostante tante difficoltà, è quasi terminata la galleria del Monte Bianco; si inaugura l'intera Autostrada del Sole Milano Napoli; entra in funzione la Metropolitana Milanese; inizia la produzione il Centro siderurgico di Taranto.
Nell'ambito invece dei grandi gruppi privati, un abile regista, Enrico Cuccia (teorie e analisi alla Keynes sottobraccio - precoce analista di economie geopolitiche - (poi vedremo anche perchè)  che già concepisce la globalizzazione) inizia la grande concentrazione dell'Italia industrializzata.
Secondo le sue concezioni  (molto in anticipo sui tempi, ma aveva un grande maestro che pochi ricordano)  era indispensabile una forte accumulazione di capitali, che poteva essere salda durevole e a dimensioni internazionali solo se almeno in parte fosse stata ben centralizzata.
Una realtà questa di tutto l'Occidente industriale, che già sta correndo verso questa strada: quella delle grandi sfide per il momento europee, poi in quella mondiale che alla fine degli anni '90 diventerà ancora più ardua.

E' anche l'anno 1964 d. C.  quando appare questo articolo in prima pagina sul Giornale di Bergamo. Fotografa una situazione ben precisa; l'articolo porta il titolo "Carta Canta - Mentre i cervelloni del centro-sinistra stanno perfezionando i programmi che dovranno trasformare l'Italia nel paese di  bengodi i sindaci continuano a dibattersi nelle strettoie di bilanci impostati con criteri dell'età della pietra... i servizi pubblici, le cosiddette sovrastrutture che in altri tempi erano considerati sogni avveniristici, capricci voluttuari, conforts superflui, sono ormai esigenze insopprimibili. Però lo Stato lascia i comuni nella tragica situazione che sappiamo". 21 luglio.

Ed è l'anno che per fortuna si pensa anche al frivolo. Escono i primi TOPLESS. Ma è scandalo su tutte le spiagge! Poliziotti e pretori  non arrestano e processano solo le "svergognate", ma a Prato, a Firenze, a Terni gli agenti hanno sequestrato i manichini esposti nei negozi, e denunciato i negozianti con la motivazione "esposizione di oggetti osceni".
Perfino nella liberale Saint Tropez (dove il Topless è stato inaugurato) il sindaco ha minacciato "chiederò che la gendarmeria sorvoli con gli elicotteri gli stabilimenti balneari, ci opporremo con tutti i mezzi"
(Com. Ansa del 28 sett, ore 18.47).
"Parigi_ Con una circolare ai prefetti il ministro francese dell'interno ha vietato in tutto il territorio i topless"
(ib. 23 luglio, ore 23.26).

Una ondata di medioevo sta rispuntando in questi giorni sulle coste marine.
La Cina ha la bomba atomica, in Russia non si sa cosa sta accadendo, in America c'è un nuovo presidente, eppure in Italia accadono queste cose nell'anno 1964.
A non avere "l'età" in Italia ci sono anche molto politici. O ne hanno troppi di anni, sono tutti vecchi.

MA ANDIAMO IN ORDINE CRONOLOGICO

12 GENNAIO - La crisi in casa socialista porta alla definitiva rottura. I ventisei deputati e gli undici senatori ribelli (la sinistra del PSI, contraria alla collaborazione con la DC) che il 17 dicembre avevano abbandonato l'aula nel corso della fiducia al governo MORO, sospesi dal partito, formano il loro nuovo partito, il PSIU. A presiederlo come segretario troviamo TULLIO VECCHIETTI. (abbiamo letto le sue motivazioni lo scorso anno)

26 GENNAIO - Alla DC, dimessosi Moro, che guida ora il governo, diventa segretario del partito MARIANO RUMOR (doroteo) suo vice ARNALDO FORLANI (fanfaniano). Unanime il voto a Rumor, 127 si' e 10 schede bianche. I dorotei insomma fanno il vuoto.

28 GENNAIO - Espulsione anche in casa dei repubblicani, con le stessa motivazione dei socialisti, quella di aver votato contro il governo Moro. E' RANDOLFO PACCIARDI il ribelle, ed anche lui va a formare un nuovo partito, Unione Democratica dove c'e' un po' di tutto: il generale CADORNA comandante del CVR nella Resistenza, ACCAME un ideologo di destra, il missino SBARDELLA, l'antifascista monarchico VINCIGUERRA, il socialdemocratico LOMBARDO e il comunista SMITH. Un assortimento completo che non riuscirà a convivere a lungo, infatti alcuni ne usciranno.

18 FEBBRAIO - Sembra ormai chiaro a tutti che si sta andando verso una grande crisi. In ritardo qualcuno facendo i conti si accorge che da un momento all'altro si potrebbe provocare un collasso economico per quelle ragioni anomale del mercato che abbiamo accennato nel precedente anno. E' lui, UGO LA MALFA, il castigatore dell "euforico quinquennio" che ora sta portando l'Italia - afferma - sull'orlo dell'abisso".

Sono tutte misure le sue che arrivano con un certo ritardo, ma vanno a salvare il salvabile. Sono misure dure da mandare giù in un solo boccone, ma non c'e' altro da fare. Si è quasi all'emergenza.

La Malfa dunque propone una correzione nella politica dei redditi.

1) Contenimento della distribuzione. 2) Divieto di costruzione di abitazioni di lusso. 3) Aumento imposte su auto e barche. 4) Imposta cedolare secca del 30% sulle azioni. 5) Un prestito obbligazionario da offrire agli ex proprietari delle aziende elettriche nazionalizzate. 6) Divieto di costruire nuovi impianti industriali nel triangolo industriale nel Nord gia' intasato. 7) Sospensione della scala mobile. 8) Tutte le rivendicazioni salariali devono essere risolte congiuntamente da sindacati, industriali e governo.

Sono tutte misure che sembrano chiudere la stalla quando i buoi sono scappati. Infatti  gli azionisti (con la cedolare secca) allarmati fuggono subito all'estero con quello che gli era rimasto in tasca.  Ma sono gli ultimi, alcuni che hanno preso i miliardi dall'Enel li hanno già preceduti. Sono tutti sotto l'effetto degli aumenti salariali, quindi con la riduzione dei profitti, o stanno soffrendo per le diminuite esportazioni. Hanno reagito riducendo gli investimenti e la produzione,  portato in salvo (dopo la grande vendemmia) i capitali all'estero. Fuga che crea ulteriori tensioni, ulteriore crisi, mancati investimenti, altra disoccupazione.

Nei grandi gruppi come in quello automobilistico o nella chimica accade che chi produce per l'estero per non perdere i mercati non aumenta i prezzi, e se lo fa è prudente, mentre chi produce per l'interno riversa i maggiori costi nella produzione sui beni prodotti, a causa del maggior costo del lavoro e soprattutto per l'alto costo del denaro delle banche, dove in queste  non ci sono solo le piccole e medie industrie in sofferenza ma anche qualche grosso nome. Il risultato è che ogni aumento salariale viene vanificato dall'inflazione; la spirale ha inizio, si viaggia sul 8% per il momento.

La scure si abbattè su coloro che avuta l'impressione che il miracolo sarebbe continuato all'infinito,  avevano fatto - piccoli, medi e grandi imprenditori - tardivi investimenti; nell'ultimo periodo anche gli scettici si erano lanciati con un po' di ritardo nella mischia. Ma con l'improvviso calo della domanda, quindi calo della produzione si erano ritrovati in mano non solo la mancanza di utili per l'autofinanziamento ma erano entrati nella spirale del crescente indebitamento con l'alto costo degli scoperti in banca. Nel 1959 il costo del denaro, con un'inflazione a 0,42 %, era del 4% o al massimo 6%, in questo 1964 era salito al 14% e anche al 18%.

La Malfa dunque propose una rigorosa "austerità" a tutti, lo abbiamo visto nel suo programma. Un periodo di riflessione e nello stesso tempo degli interventi nella politica dei redditi. Queste erano le proposte, ma non si andò molto lontano quando furono approvate. Erano correttivi in attesa di trovare una seria soluzione (che nessuno sembrava avere) più globale, e con una programmazione economica a lungo termine. Questi provvedimenti adottati, chiudevano una falla a monte ma subito  se ne apriva un'altra a valle.
Li si chiamarono questi provvedimenti della "congiuntura", ma già in alcuni ambienti appare la "disgiuntura", perfino in casa democristiana le liti sono furibonde; in una parte del  mondo cattolico  si avverte un evidente spostamento a sinistra e nell'altra parte vi è un riflusso a destra.

22 FEBBRAIO - Dopo pochi giorni i provvedimenti del governo Moro scattano con qualche variazione; la piu' importante è la disciplina della vendita a rate. Finalmente qualcuno si è accorto che questa era diventata abnorme e stava paralizzando la liquidità. Purtroppo anche questo provvedimento era una pezza che non copriva il buco. I milioni di "bigliettini" i "libretti" i "segni" non è che potevano scomparire all'improvviso nè in un mese nè in un anno.
Altra novità fu la "Cedolare secca", che al suo annuncio già aveva provocato la fuga di capitali. Per trattenerli (ma ormai i buoi dalla stalla erano scappati) fu varato il provvedimento che manteneva il 30% sul possesso dei titoli anonimi, e solo il 5% su quelli nominativi. Per un 5% - si disse- conveniva agli azionisti rimanere in Italia. Si cercò così di chiudere una falla; ma chi aveva già preso il volo non ritornò di sicuro con i capitali in Italia per acquistare titoli nominativi.

Altro provvedimento per fronteggiare la congiuntura, furono le tasse sull'acquisto delle auto e l'aumento della benzina. Un brutto colpo per gli Agnelli.

14 MARZO - L'America nonostante qualcuno veda questo periodo nero, crede ancora nell'Italia, e se ne intende di consumismo e non crede affatto che gli italiani assaggiato l'antipasto si lascino scappare il resto; non solo gli analisti ma anche le banche interessate considerano la crisi solo passeggera, il volano è ormai partito - dicono loro- basta solo correggere alcune linee di rotta (e avevano ragione).
Concedono quindi per fronteggiare la crisi un prestito all'Italia di un miliardo di dollari, mentre il fondo monetario europeo di riflesso a questa fiducia d'oltre Atlantico a sua volta concede all'Italia altri 225 miliardi di dollari. Del resto la CEE stessa ha invitato l'Italia con le proposte di La Malfa a perseverare soprattutto nella spesa di contenimento e proseguire nel controllo dei redditi per uscire presto dalla crisi (anche loro avevano ragione)

27 MAGGIO - In questa crisi immanente dove non sembrano mai abbastanza i provvedimenti, i prestiti e l'assistenza della CEE, ci sono alcuni pessimisti che già suonano le campane a morto. Il primo a inserirsi nella schiera dei disfattisti (senza peraltro proporre nulla) è il ministro del Bilancio: il socialista ANTONIO GIOLITTI. Non è d'accordo sulla bontà degli interventi, ma prevede semmai un aggravamento della situazione, e proprio lui socialista si rivolge ai lavoratori invitandoli a non avanzare richieste di aumenti salariali. 
A dargli man forte scoppia il caso del ministro del Tesoro EMILIO COLOMBO che "ha detto e non ha detto" in una intervista alcune cose che hanno imbarazzato i suoi colleghi di governo e ha tolto credibilità agli stessi interventi governativi. Gli scettici già non mancavano, ma sentire un ministro pessimista,  la fiducia al governo veniva a mancare del tutto. Colombo in una lettera a Moro (poi pubblicata da un giornale) affermava che prevedeva un collasso dell'economia per l'eccessivo aumento dei salari rispetto al reddito. Ma disse anche dell'altro, non voleva più sentire parlare di riforma urbanistica, di Regioni, e ciliegina in fondo alla lettera, non voleva più sentire parlare di Statuto dei Lavoratori.

Colombo smenti l'intervista, il giornale invece confermò punto su punto quello che aveva detto. Ci fu una interrogazione in parlamento, si volle indagare;  ma più sulla forma che nella sostanza, e Moro stroncò la discussione, anche se non fece vedere il resto della lettera di Colombo. 
Quelle affermazioni ormai avevano inquinato un rapporto e allarmato le sinistre comprese quelle socialiste al governo che entrarono in fibrillazione (non lo sapremo mai se fu veramente così, Nenni per quanto accadrà fra poco, mantenne sempre l'assoluto riserbo o si limitò a fare solo delle battute).

In poche parole la crisi, dopo che solo alcuni nel  quinquennio avevano fatto una abbondante vendemmia, la dovevano pagare i lavoratori, quando ancora il pane e la mortadella dominava la loro mensa, e i beni durevoli (auto ed elettrodomestici vari) glieli avevano quasi tirati addosso. Qualcosa dovette serpeggiare nell'aria. E ad aggravarla il....

30 MAGGIO - ....ci si mette anche GUIDO CARLI il governatore della Banca d'Italia. Che arriva a quella conclusione che ogni più sprovveduto bottegaio già sperimentava tutti i giorni, quando constatava senza fare tante analisi astratte: che invece di scendere, i "paghero" aumentavano. Carli  disse che era impossibile andare avanti così e che prima o dopo qualcuno avrebbe pagato, e questo qualcuno era l'intero sistema produttivo (per il momento Carli è dall'altra parte della barricata, quando ne uscirà e sarà presidente della Confindustria, dirà esattamente l'incontrario).

Infatti gli italiani (sollecitati) seguitavano ad acquistare di tutto, ma avevano iniziato a non pagare e a rimandare al mese successivo  una grossa fetta del saldo. Così i fornitori che andavano a incassare le fatture trovavano il negoziante in sofferenza; iniziava il mese successivo con la metà dei libretti che riportavano una buona fetta dell'importo non saldato del mese precedente. Quelli invece dei beni durevoli non avevano i libretti ma una lunga lista di clienti in sofferenza, e a sua volta entravano loro in sofferenza e ai fornitori che sollecitavano i pagamenti facevano vedere pacchi di svolazzanti biglietti e bigliettini di "paghero", tutti inesigibili attraverso i normali canali bancari, perchè tutti fatti sulla fiducia negoziante-consumatore. Era la prassi. La gente aveva ancora il tabù delle cambiali, le evitava, e per il negoziante, quello era l'unico sistema per vendere, se voleva vendere.

Cosa proponeva Carli? Rallentare lo sviluppo della domanda interna per non compromettere la competitività dell'economia italiana sui mercati esteri. Mercati che però erano in buona parte in mano solo ai grandi gruppi industriali (chimica, petrolchimica, automobilistica - che andrà a dirigere poi proprio Carli assumendo la carica di presidente della Confindustria).
Una economia che continuava a ignorare gli investimenti alle media industria a produzione interna, soprattutto alimentare, tessile, agricola (che significava in quest'ultima, carne, cereali, zucchero, formaggi - infatti il 50% del venduto di questi prodotti era di provenienza estera) anzi la si penalizzava con la conseguenza che più la si trascurava più aumentavano le importazioni di prodotti alimentari. Così i grandi gruppi avevano un grosso alibi: e dicevano che per compensare la bilancia dei pagamenti dovevano necessariamente  produrre e vendere ad ogni costo (cioè a basso costo) per l'estero.

Gli economisti al soldo dei grandi gruppi dicevano "è una necessità produrre per l'esportazione per pareggiare le importazioni dei beni di consumo".
I "bifolchi" saggi invece suggerivano "ma  bestie che non siete altro! se ci date anche a noi gli aiuti che invece date solo a chi produce beni durevoli, o al limite ci costruite qualche trattore, camion e attrezzi, noi spianiamo campagne, canalizziamo acque, facciamo allevamenti razionali  e l'Italia non avrà affatto bisogno di importare carne, grano, zucchero e altro". E alla luce del poi avevamo ragione proprio i "bifolchi".

L'economia italiana aveva spinto la domanda sui beni opulenti (abbiamo visto come - con ridicole rate per far nascere il desiderio) e gli italiani si erano così limitati nell'acquisto dei beni di consumo primari pur di avere l'auto, il televisore, il frigorifero mangiando pane e mortadella,  mentre ora gli si diceva non acquistateli più (hanno infatti tassato le auto, non si possono più acquistare altri beni a rate, e hanno aumentato la benzina). 
Ma il male doveva ancora venire, e nessuno ci aveva pensato. Penalizzando gli acquisti dei beni durevoli, disponendo di quella fetta che prima veniva destinata ai beni durevoli e con i redditi di lavoro addirittura in aumento, quando sul mercato si riversò una sostitutiva forte domanda di beni di consumo,  vennero a mancare ... proprio i beni di consumo.

Non ci voleva un economista, ma era lapalissiano. Se una famiglia non acquistava più un auto, una moto, un televisore, dei mobili perchè le rateazioni erano finite, iniziò a riversare quotidianamente le sue entrate nei prodotti di consumo, acquistava  cioè piu' carne e abbandonava la mortadella, ecc. ecc.
Alcuni economisti avevano proprio studiato per nulla. Per capirlo ci misero anni. Carli governava la Banca d'Italia ma non sapeva come si governava una famiglia.

Dunque nella famiglia italiana, esplose la domanda sui beni di consumo. L'italiano per diversi anni li aveva sacrificati pur di poter dire anche lui "mi sono fatto la macchina" (scriveva subito l'immigrato al nord a casa nel sud), o "abbiamo messo la Tivù" (diceva subito alla portiera o al salumiere la padrona di casa o l'impiegato in ufficio ai suoi colleghi).
La programmazione governativa aveva sempre grossolanamente ignorato gli enormi sacrifici che lo sviluppo aveva imposto alle classe lavoratrici, per non parlare dell'immigrato proveniente da quelle sacche povere del paese i cui sacrifici li sopportava solo perchè temprato da generazioni ai disagio, alle carenze, all'ozio forzato, stroncate le sue potenziali capacità, inutilizzate, vanificate, si era  adattato a sopravvivere in una lotta individuale quasi quotidiana non priva di tributi di sangue (dal 1950 al 1963 vi furono per incidenti sul lavoro 43.000 morti e 675.000 inabili - fu anche questo il "miracolo" per chi lo ignora).

Si assisteva ora alla crisi di una economia (ma anche alla gerarchia dei valori) la cui tutela doveva essere affidata allo Stato, rivelatosi subito con dei grossi limiti non solo nel guidare questa economia, ma anche nel seguire il processo di sviluppo di cui ha finito con l'andarci a rimorchio. (Abbiamo visto Saragat lo scorso anno entrare in questioni altamente scientifiche pur non capendoci nulla, nè poteva; non si trattava di produrre o non produrre caciotte, ma energia nucleare!)

Quindi finita la facilità ad acquistare i beni durevoli gli italiani iniziarono proprio da quest'anno a indirizzarsi verso i prodotti di consumo, ad alimentarsi decentemente. A far più ricca la mensa, a iniziare ad acquistare prodotti per la casa e per la persona. A spendere qualcosa nel tempo libero e nel vestiario.

Ma l'Italia non era in grado di farvi fronte, da anni e anni  si era preferito (o furono costretti i politici) a dare impulso e protezioni  solo a chi produceva per l'estero e non per il mercato interno. I grandi gruppi premevano e i politici che non ci capivano nulla rimasero a fare i subalterni, a firmare le carte sbagliate o a non firmare quelle giuste (Lo disse Bassetti, che abbiamo già citato, che era contemporaneamente senatore e industriale. "Non capendoci nulla la cosa migliore era non far nulla"). Invece qualcuno parlava di reattori nucleari e non sapeva nemmeno come funzionava una dinamo della bicicletta.

Cosicchè non avendo sviluppato le piccole aziende che producevano beni di consumo, questi ultimi ora massicciamente richiesti, l'Italia non li produceva, aveva ancora all'angolo della strada il piccolo artigiano, o in campagna il contadino che usava la zappa per provvedere a quel minimo necessario che occorreva al Paese. 
Gli affari veramente d'oro le fecero alcune ditte estere piazzandosi in Italia. Un classico esempio: Ogni casa, ogni massaia d'Italia aveva iniziato a usare i detersivi. La chimica italiana ignorò del tutto questo settore.
Due ditte, una americana, la Proctle Gamble, e l'altra tedesca, la Henkel si divisero l'intero mercato italiano. Dominarono incontrastate. Nelle case (tanto per citare nomi che tutti ricordano) c'era  Dash o Dixan, per non parlare degli altri numerosi prodotti, compresi quelli chimici industriali, o quelli usati nelle grandi comunità. Tutti gli ospedali, istituti, case di riposo ecc. per le pulizie usavano prodotti tedeschi. Un mercato colossale, di uso quotidiano. Provate a chiedere a una massaia quanto spende di detersivi in un mese poi moltiplicate per 28 milioni di famiglie. Questo era il mercato del tutto "dimenticato".
Purtroppo andò tutto in mano estera, i nostri politici (e gli esperti di economia) di questi anni non erano mai entrati nel tinello della propria casa. Si occupavano del sesso degli angeli.

Per quanto riguarda tutto il resto è  la prova generale del '69. Alterando i preesistenti equilibri, le grandi  imprese ora risparmiano sugli investimenti, sulla manodopera e ricorrono sempre di più all'intermediazione decentrando alcune produzioni all'esterno, e non solo la produzione ma anche le vendite; cioè creano nel primo caso i terzisti e nel secondo i concessionari.

Finanza,  grande industria -Cuccia, Agnelli, Pirelli ecc.
Il " BENEDUCE"  CUCCIA E  L'IDEA SOCIALISTA (!?)


 

*** IL CONSORTE DI "IDEA SOCIALISTA" 
*** COLPO DI STATO "Piano Solo" 
con "colpo apoplettico"

Avvenne che autonomamente partì la piccola industria dei prodotti vari. Esplose l'artigiano lavorando notte e giorno. Quell'artigiano  che si trasformò in pochi anni in piccolo industriale.
Nel commercio l'antiquato bottegaio con un po' di coraggio iniziò ad aprire i primi modesti supermercati. E le piccole aziende locali e nazionali iniziarono la Tentata Vendita con una miriade di viaggiatori con furgoni che setacciavano dalle valli al piano i punti vendita al galoppo. Quaranta cinquanta visite al giorno, la merce non bastava mai. Chi scrive - ispettore commerciale- guidava 174 venditori sparsi nelle cento città d'Italia, alcuni fatturavano dai dieci ai quindici milioni (di allora) al mese.
Cinque  milioni al mese solo di prodotti per la casa (detersivi, saponi, prodotti di bellezza ecc. Sono gli anni del boom delle due ditte già citate, la Gamble e la Henkel, subito imitate localmente dalle piccole fabbrichette locali, fornite però di materia prima dalle stesse ditte estere. In Italia di perborati e di silicati non c'era nemmeno l'ombra. Assenti del tutto. Ma non solo sui detersivi.

In tanti altri settori ci fu il boom delle vendite, con profitti per i piccoli intraprendenti imprenditori, strabilianti, mai più verificatesi negli anni che vennero dopo. Paradossalmente fu proprio la crisi della grande industria a creare la Terza Italia.
Con queste prospettive di guadagni facili e immediati (spesso nel sommerso) nacquero migliaia e migliaia di imprenditori. E se a Trento il venditore di liscivia metteva la sua prima fabbrichetta locale di detersivi e con la pala riempiva sacchetti di detersivo, a Thiene l'agricoltore metteva il suo primo allevamento di polli.
E se dopo soli due anni le fabbrichette del primo erano diventate cento, altrettanti allevatori di polli si contavano a Thiene. Così a Carpi con la maglieria, nelle Marche con le scarpe, nel vicentino con le pelli, in Liguria con i fiori, in Romagna con gli alberghi; la genialità degli italiani creò delle nicchie in alcuni paesi impensabili; in uno, a Maniago si misero a fare tutti gli abitanti coltelli, in un altro in Friuli  ogni abitazione nello scantinato fabbricava sedie, a Colonnata si specializzarono nel lardo, ecc. ecc.

I dipendenti delle piccole aziende di questi settori dopo qualche mese si licenziavano e andavano loro stessi a creare altre strutture, altri laboratori, altre fabbrichette, altri allevamenti, altre pensioni e alberghi. Si moltiplicarono in una forma esponenziale davanti a un mercato con la domanda impazzita. Dove fra l'altro il consumatore non capiva ancora nè la qualità, e neppure faceva tanto caso al servizio.

Ad esempio in tre valli bolzanine esistevano tre caseifici che producevano formaggi e burro da decenni con i metodi antiquati, tradizionali. Ma ne producevano pochi chili, e la domanda (soprattutto gli alberghi pieni di ospiti) era venti volte superiore. Prima iniziarono a sopperire acquistando piccole quantità nelle grandi aziende padane come ad esempio alla Galbani, poi alla fine si arresero, smisero di produrre e acquistarono l'intero fabbisogno  moltiplicando così le loro vendite locali.
Il milanese o il romano che soggiornava da quelle parti, Val Gardena, Campiglio, Siusi ecc. prima di ritornare a casa si faceva la scorta di quel "burro tanto buono" o di quel "formaggio tipico, tanto saporito di montagna", che altro non era che il formaggio e il burro riconfezionato che veniva da Milano, dalla Galbani, che a sua volta buona parte lo importava dall'Olanda o dalla Germania a metà del prezzo di quello che veniva prodotto in Italia.
Paradossale fu quando piccoli negozianti della stessa Milano iniziarono a rifornirsi di "queste bontà" a Bolzano quando gli stessi prodotti erano fabbricati ed erano a disposizione a pochi chilometri dallo loro città, a Melzo.

Fu una cuccagna anche per alcune aziende estere che arrivarono in Italia a mettere la loro prima struttura o la prima fabbrichetta e a interessarsi a un mercato che politici e molti industriali ciechi non vedevano.
La Henkel il colosso tedesco (produttrice del Dixan - ma anche di altri 600 prodotti) sbarcò in Italia in questi anni, dove c'era un mercato di prodotti della casa e della persona del tutto ancora inesistente. In pochi anni la Henkel arrivò nei primi dieci posti delle aziende italiane come fatturato. Non fatturando solo ai negozi ma rifornendo italianissimi ospedali, alberghi, comunità, e una miriade di piccole aziende locali che si misero a fare i sottoprodotti con le materie prime importate da Dusseldorf. La chimica italiana era rimasta a guardare quello che era un mercato gigantesco, pari a quello alimentare, ben presto superiore addirittura a quello della carne.

Con questa forte domanda, con molto ritardo, si deviarono alcune sovvenzioni anche nell'arcaica agricoltura, ma anche questi andarono ai capitalisti più avanzati che così potevano trarre i vantaggi del massiccio intervento pubblico nell'agricoltura.
Cioé anche qui l'impresa capitalistica si fece largo a gomitate fra le piccole nascenti aziende dell'agricoltura italiana e portò via quegli investimenti erogati inizialmente proprio per sostenere le piccole aziende.
Dal 1961 al '71 ci sara' una certa evoluzione nell'agricoltura ma effimera e solo settoriale, cioè dove conveniva, collegata alle esigenze dello sviluppo monopolistico che diventò il migliore fruitore dei fondi pubblici destinati a questo settore.

Grande efficienza in alcune aziende agricole capitalistiche ma solo in quelle dove si arava, si seminava, si raccoglieva e si trasformavano i prodotti con l'uso di costose macchine operatrici, che resero incompetitive tutte le altre piccole e medie aziende, dove si verificò una paurosa emarginazione, una fuga dalle campagne, nonostante la recessione, nelle aree metropolitane.
In poche parole l'agricoltura, soprattutto quella meridionale se prima era stata messa ko emarginandola, dal 1961 al 1971 gli si fece in questi anni il definitivo funerale. Fino al 1975 l'agricoltura italiana rimarrà il fanalino di coda dei paesi europei. In compenso aveva più moto e auto più di tutti. Ma meno trattori e camion rispetto agli altri.

Nei Paesi Bassi 11 milioni di abitanti con un decimo rispetto al territorio italiano avevano 3.400.000 bovini e 2.600.000 suini. Produceva 1.000.000 di qli di burro e 2.000.000 di qli di formaggi.

L'Italia 50 milioni di abitanti con un territorio dieci volte piu' grande aveva 9.000.000 di bovini e 4.000.000 di suini, burro 660.000 qli, 3.600.000 qli di formaggi.

La Francia 44 milioni di abitanti quindi meno dell'Italia, 18.500.000 bovini, 8.750.000 suini, 3.500.000 quintali di burro (sei volte di più), 5.500.000 quintali di formaggi.

La Germania 72 milioni di abitanti, quasi la stessa superficie dell'Italia aveva 16.500.000 di bovini, 23.000.000 di suini, zucchero il doppio rispetto all'Italia e aveva solo 3 milioni di addetti all'agricoltura intensiva, contro i 4,5 milioni dell'Italia agricola, dell'ortolano però.

Nel 1970 i bovini in Italia erano sempre 9 milioni, nel frattempo l'italiano era passato da un consumo di carne da 9 kg del 1960 ai 24 del 1970. Nessuno ma proprio nessuno in questo 1964 e nei seguenti anni si accorse che gli italiani stavano spendendo di più in carne che in tutto il resto. I politici non frequentavano i negozi e pur avendola in tavola la carne, loro pensavano di essere i soli privilegiati.

Questa era l'Italia dove Carli voleva rallentarne il tasso di sviluppo della domanda per non compromettere la competitività dell'economia italiana sui mercati internazionali. E quando parlava di economia italiana aveva davanti a sè solo un paio di gruppi, auto (Fiat) e chimica di base (Montecatini). Tutto il resto ignoto, indubbiamente non aveva mai fatto la spesa quotidiana.

Il modello c'era nel resto d'Europa, e chi non voleva andare molto lontano bastava osservare l'economia dell'Alto Adige dove alla vocazione agricola non abiurarono mai, nè si dichiararono eretici della dottrina dello sviluppo del turismo, dell'artigianato, del commercio, pur non rinunciando ai benefici di una grande industria, tenuta però sotto controllo nella sua tipologia, nella sua espansione e ubicazione, per non sovvertire un territorio, modificarlo e fagocitare quelle risorse umane che erano invece diversificate nei vari settori; forse più modesti ma indubbiamente piu' aggreganti per la società.

Risultato: nel 1997 l'Alto Adige con questa filosofia avra' una disoccupazione 0 (zero), il piu' alto reddito d'Italia e si troverà nei primi posti nella qualità della vita, nei servizi, sanità, sociale, scuola, cultura, turismo, urbanesimo.
E saldissimi alcuni valori come la famiglia, la religione, i rapporti interpersonali, ma soprattutto inossidabile una certa etica e filosofia della vita. Nel resto d'Italia il sabato era (ed è) celebrato come il giorno degli acquisti, in Alto Adige i negozianti il sabato chiudono; o vanno in gita in montagna, oppure vanno a curare il sabato e la domenica il loro maso, di cui non si sono mai separati anche se sono diventati industriali, grandi negozianti o grandi albergatori.

25 GIUGNO . Per solo 149 milioni di lire che dovrebbero andare a finanziare le scuole private, cade il governo Moro per 7 voti, pur essendo una questione di principio più che di sostanza. Ma è solo il pretesto per far cadere un governo che ha preso alcuni provvedimenti che a molti non piace, non solo ai partiti del centrosinistra ma nemmeno a molti laici della stessa DC. Se andiamo a rivedere i provvedimenti, si sono colpite alcune fasce deboli e nello stesso tempo si sono penalizzati gli interessi della grande industria automobilistica. La tassa sulle auto, l'aumento della benzina e la disciplina sulle vendite rateali hanno preso di mira proprio il maggior gruppo capitalistico italiano e naturalmente quello parallelo (gomma, metalmeccanico ecc.). E se i deboli non avevano la forza, per gli altri non era la stessa cosa. Non solo condizionavano la politica, ma la guidavano.

E fra questi motivi c'era un'altra questione scottante di cui abbiamo già parlato lo scorso anno. Dopo mesi dalla proposta di SULLO (DC, finito in disgrazia, infilzato dalla stessa DC) il Ministro dei lavori pubblici PIERACCINI (socialista) aveva ripresentato un nuovo Piano Urbanistico. Alla concessione del diritto di superficie sui terreni espropriati e urbanizzati Sullo proponeva una vendita all'asta e su questi terreni disciplinare le costruzioni dei privati.

Ne venne fuori una disputa tesissima, Moro comunicò pacatamente - sdegnando perfino SARAGAT- che il presidente della Repubblica SEGNI non avrebbe mai firmato quella che sembrava la "nazionalizzazione della casa". Poi c'erano le affermazioni di Giolitti, e quelle di Colombo che nessuno aveva dimenticato. La disfatta pretestuosa fu totale.

"Roma. Ecco il risultato dello scrutinio segreto sul capitolo 88 del bilancio della pubblica istruzione: presenti 505, votanti 449; maggioranza 225: sì 221; no 228; astenuti 56. La Camera ha così respinto il mantenimento nel bilancio dello stato del capitolo 88 riguardante lo stanziamento di 149 milioni a favore della scuola media non statale" (Comun. Ansa,del 25 giugno, ore 21.36)
"Noi  socialdemocratici non potevamo votare per un bilancio quando lo stesso ministro del bilancio GIOLITTI, del Psi non lo votava"
(Ib. ore 21.45)

Ma i conti non tornano! La legge l'8 giugno era già passata al Senato, i socialisti si erano astenuti ma avevano poi dato l'approvazione. Alla Camera le cose presero un'altra piega. I socialisti si astenevano, e i repubblicani pure.
"Nonostante ciò i democristiano sarebbero dovuti essere teoricamente in grado con i loro soli voti, a far superare al capitolo 88 anche lo scoglio della Camera. Invece, conti alla mano, una decina di parlamentari DC devono essere venuti meno alla disciplina di gruppo, votando contro.
(Ib. ore 20.15)

E' un momento in cui non si capisce da che parte sta in questo momento Moro, di sinistra lo era, ma qui pende a destra. Da qui lo sdegno di SARAGAT. Moro stava nuovamente salvando i palazzinari, e non ha dimenticato che alle ultime elezioni i liberali che avevano inveito contro la legge Sullo usando pressappoco la stessa frase ("è la fine della proprietà privata della casa") dieci giorni dopo alle urne presero il doppio dei voti (un opportunistico atteggiamento quello di Moro che sembra dar fuoco alle polveri degli scontenti e di quelli che temono le sterzate brusche nel paese).

Inoltre Moro sa che SEGNI è ossessionato dallo spettro di una specie di bolscevismo edilizio. E il Presidente della repubblica, non ha certo simpatie per la sinistra, abbiamo visto con quali appoggi è salito al Quirinale, con i determinanti voti del MSI e dei monarchici; e a mandarcelo fu proprio Moro, bocciando la proposta avanzata da Saragat, di ritirarsi dalla competizione.

26 GIUGNO dopo il no alla fiducia alla Camera, Moro si dimette. "Il segretario del Psdi, MARIO TANASSI, al termine di un incontro con Moro, ha dichiarato ai giornalisti "In questa situazione il governo non può stare in piedi" (Com. Ansa, ore 11.30)

Cosa succede in queste ore resta un mistero della Repubblica Italiana. Una cosa è certa, Moro viene a sapere che Segni stava interpellando continuamente il Presidente del Senato CESARE MERZAGORA (nominato proprio lo scorso anno da Segni, senatore a vita).  Sta andando quindi in fumo tutto il suo lavoro di due anni. Infatti il giorno dopo, il 

27 GIUGNO..... Merzagora fa già alcune ammissioni dopo i colloqui: monta in cattedra ed invoca "é necessario un governo di emergenza"; 
Ma di emergenza cosa? - si chiede forse Moro - che sta per essere messo da parte. Nello stesso tempo ANTONIO GIOLITTI (PSI) sta portando a conoscenza il suo piano di sviluppo economico che ha una durata di cinque anni; vi si contemplano varie riforme che a Moro indubbiamente non piacciono proprio per niente. Ma non piacciono nemmeno a Segni e non sono gradite a tutta la corrente democristiana dorotea, perfino dentro il PSI e a una parte degli autonomisti socialisti. Quindi Giolitti con le sue riforme ha solo un virtuale appoggio dei fanfaniani e dei lombardiani. Ma come vedremo riceverà una bella spallata.

29 GIUGNO - Un grosso "altolà"  ai socialisti (ma sembra un vero e proprio ricatto) arriva dalla direzione della DC (quasi tutta dorotea). E' una guerra totale dichiarata ai comunisti e pregiudizialmente ai socialisti. Infatti li si minaccia affermando perentoriamente che la loro collaborazione a un futuro governo potrà esserci solo se il PSI si ritira da tutte le giunte d'Italia dove governa assieme al PCI. Che non sono poche e sono distribuite nel Paese in alcune grandi città. 
Questo significa che la riforma della scuola statale, l'attuazione delle regioni, e la riforma urbanistica, se si farà, i comunisti in giro non avranno nemmeno una sedia dentro le giunte. Liquidati! 
(Questa stessa proposta la farà molti anni dopo anche a CRAXI; fu lui a opporsi  di "liquidare"  i comunisti con il "ricatto" di ZACCAGNINI - vedi luglio 1979).

2 LUGLIO - Dall'estero intanto, più precisamente dalla Germania , Der Spiegel e altri giornali, pubblicano alcune impressioni del governo tedesco (ministro dell'economia) dove si afferma che "...in Italia ci sono nel "Palazzo" idee politiche stravaganti alle quali  bisogna saper rinunciare" e che alcuni prestiti che dovrebbero andare all'Italia non hanno nessuna garanzia". Non è ben visto insomma un governo di centrosinistra.

3 LUGLIO - "Il Presidente della Repubblica Segni ha conferito all'on. Aldo Moro l'incarico di formare il nuovo governo" (Com. Ansa, ore 21.41)

5 LUGLIO - Si registrano dissensi all'interno del PSI; si discutono alcune posizioni sul piano programmatico presentato da Giolitti. SANDRO PERTINI, riguardo all'appoggio, sostiene che questo deve essere fatto solo con un appoggio esterno. Mentre ci sono punti fermissimi per quanto riguarda la riforma della Scuola, l'attuazione delle Regioni e la solita spina nel fianco: la tanto discussa Riforma Urbanistica.

13 LUGLIO - Ma l'incomprensione è totale, tutti gli incontri e le trattative fra DC, PSI, PSDI, PRI falliscono proprio sulle Regioni, sulla riforma della Scuola e sull' Urbanistica; a condizionare il tutto ci sono le ossessioni e gli spettri di Segni. Che ad ogni accenno di queste cose è furibondo, ha dei veri e propri scatti d'ira.

14 LUGLIO - Merzagora si reca un'altra volta da Segni. E'' una emergenza? E di che genere? Si teme qualcosa?- Forse. Infatti i  personaggi che salgono al Quirinale non sono più politici ma colonnelli e generali).

15 LUGLIO -  "Roma - Il presidente della repubblica ha avuto un colloquio col capo di stato maggiore dell'esercito, generale ALDO ROSSI". (Com. Ansa, ore 12,15)
( " "  ) - "Roma -  Il presidente della repubblica Segni ha ricevuto al Quirinale il comandante dell'Arma dei Carabinieri, Generale GIOVANNI DE LORENZO"
(Ib. ore 14.35).

I comunicati stampa di sopra dimostrano che non erano poi tanto un mistero questi incontri.
De Lorenzo ricordiamo era a capo del SIFAR dal 1955 fino al 1962 quando fu messo a capo delle tre divisioni dell'Arma. 

Per questi strani movimenti  Segni dirà dopo, che era preoccupato per la crisi economica e aveva timori per l'ordine pubblico. Mentre gli italiani in questi giorni sapevano ben poco cosa stava accadendo nel Palazzo. Nel dibattito del 19 luglio un giornale come Il Giorno, in prima pagina gli riservava  16 righe in una sola colonna in fondo, tutte le prime pagine erano dedicate al calcio dei mondiali. 
Nel pomeriggio del 15 si tiene una riunione in una casa privata dei dirigenti della DC, Moro, Rumor, i due capogruppo del Senato e della Camera Zaccagnini e Gava. Fuori non trapela nulla.

16 LUGLIO - "Roma - Aldo Moro è stato ricevuto dal presidente della repubblica al Quirinale" (Com. Ansa, ore 12,45)

16 LUGLIO Altro incontro segreto di MORO, ZACCAGNINI, RUMOR e GAVA con il generale DE LORENZO e il capo della Polizia ANGELO VICARI. Compreso il governatore della Banca d'Italia GUIDO CARLI. Indubbiamente una emergenza doveva esserci nell'aria. (vedi giorno 23) Ma venne la notte, che portò consiglio. A chi, non lo sapremo mai.

18 LUGLIO - Improvvisamente come per incanto, per la formazione del nuovo governo fra gli esponenti della DC e quelli del centrosinistra (PSI, PSDI, PR) viene trovato un accordo, soprattutto con i socialisti di NENNI; la direzione della DC subito il mattino dopo ratifica:

"Roma - Abbiamo avuto i necessari chiarimenti e approfondimenti. La ricostituzione della coalizione intende contrastare la tendenza alla radicalizzazione della vita politica italiana ed evitare il rischio della dissociazione e dell'impotenza degli istituti democratici" (Com. Ansa, ore 11.13)

18 LUGLIO - In casa PSI, alla direzione, invece si litiga ancora, ci sono baruffe proprio su quel programma che ha in mano ora la DC. Lombardi  non e' per niente d'accordo. Ma contro di lui c'è la corrente autonomista con a capo GIACOMO MANCINI (lui il capo corrente di un gruppo di autonomisti) che con la DC è pienamente d'accordo sul programma. Fra l'altro gli hanno offerto di fare il Ministro dei lavori pubblici e a NENNI gli si e' offerta la vicepresidenza del consiglio(!).
MANCINI non ha certo le stesse idee di LOMBARDI che rifiuta con i suoi seguaci di entrare in quel governo e perfino di appoggiarlo. E'  rottura e si devono (e lo fanno) dimettere. L'insofferenza reciproca e la baruffa che segue porta alla definitiva rottura.

22 LUGLIO - Moro e' gia' pronto con il suo governo. C'e' dentro una buona schiera di dorotei,  non mancano  gli andreottiani, e sono del tutto scomparsi i fanfaniani e insieme i lombardiani del PSI. Scomparso e con nessuno incarico addirittura GIOLITTI. Liquidati tutti coloro che volevano riforme ritenute bolsceviche e troppo drastiche; vincono invece i moderati che sono per una politica economica deflazionistica (in effetti non vogliono alienarsi i grandi proprietari terrieri, i "baroni" della scuola, nè vogliono decentralizzare creando le regioni).

Ed ecco che arriva il consorte di  IDEA SOCIALISTA che fa "bene come quando col Duce" c'era BENEDUCE. (non è un bisticcio di parole, ma la realtà)

Infatti, non erano d'accordo i grandi gruppi privati, che invece volevano una stabilita' monetaria senza deflazione, e affermavano che in una economia moderna l'essenziale era di garantire i bilanci in ordine.

Alcuni grandi gruppi industriali chiedevano in pratica un comportamento morbido. Un atteggiamento diverso verso chi stava guidando i grandi complessi dell'economia del Paese. Stavano infatti operando con grande abilita' finanziaria nel concentrare aziende, per poi creare delle grandi strutture che - sostenevano loro - solo queste potranno tamponare le varie crisi.


Nell'aria c'e' gia' qualcosa in tal senso. Spuntano gia' i primi grandi affari, IMI, IRI, BIN, (tutte cose Mussoliniane, di Beneduce), Mediobanca, Fiat, Pirelli, La Centrale, infine  sul "piatto Italia" compare anche l'appetitosa grande azienda del momento: la Olivetti. Ma siamo ancora nell'alta borghesia padronale, quella che ha solide personalistiche tradizioni finanziarie alle spalle e un management qualificato, con dei grandi registi al suo interno e all'esterno.

Ma i nomi delle famiglie di alcune di queste grandi aziende iniziano a essere privi di significato. Dietro non hanno piu' un proprietario, ma diventano aziende che iniziano a passare da una società e da una finanziaria all'altra, spesso create a doc. Un realistico grande Monopoli, dove c'e' un grande regista con buon senso e con tanto freddo coraggio: ENRICO CUCCIA, un vero imperatore dentro la storia del capitalismo italiano di questi anni, con un ruolo molto importante nella sua crescita e nel suo sviluppo.
Uno dei primi a conoscere e ad approfondire le teorie di Keynes, quindi ottimi, preziosi e spesso decisivi i suoi suggerimenti, quando inizia i rapporti con il grande capitalismo italiano; quello ancora efficiente, solido con grossi capitali nella propria cassaforte e soprattutto ancora altamente produttivo; e Cuccia li conosce tutti, e sa anche come sono partite queste che sono ora grandi aziende, cosa hanno avuto in un passato recente, ma anche cosa non hanno dato o restituito..

(Ancora nel 1950, non esisteva una lista delle aziende che avevano ricevuto i forti contributi delle partecipazioni finanziarie del fascismo (Iri, Imi, ecc.- Vedi LA GRANDE ABBUFFATA )
Per Cuccia il proprio ideale è sempre stato quello di fare il finanziere puro (apolitico come lo era un tempo suo suocero) ma la sua grande vocazione era e rimase (come il suocero) quella di "giocare" (inteso alla Neumann - vedi Teorie dei giochi) a Monopoli, cioe' costruire grandi aziende, garantire i bilanci in ordine, col pieno impiego e non con la disoccupazione, ed infine con la stabilita' monetaria senza deflazione (operando con grande onestà come il suocero che non prese mai una lira dall'amministrazione pubblica ma solo dalle partecipazioni a società private - che ovviamente si sdebitavano con qualche regalo).
Non dobbiamo dimenticare che Cuccia ha sposato Idea Socialista Beneduce, che non è un bisticcio di parole, ma la sua consorte si chiama proprio così, ed è la figlia di ALBERTO BENEDUCE (di forte  "Fede Socialista" (fino al punto di dare dopo il primo anche quest'altro nome ad un'altra figlia) mai stato fascista, pur essendo l'abile economista di Mussolini, che salvò l'Italia dal caos. Lui a inventarsi, l'IMI, l'IRI, le Partecipazioni Statali e la BIN (il gruppo di Banche d'Interesse Nazionale).

Ma stavano nascendo nel frattempo tutto intorno e all'improvviso i gineprai delle scatole cinesi, le finanziarie, le società più varie, dove c'erano in certi casi solo "aziende assistite" e dentro ad ognuna c'era di tutto: biscotti fusi nell'alluminio, gelati sciolti nel cemento, petrolio con dentro il granoturco, giornali inzuppati nei pomodori pelati ecc. ecc.
Un caleidoscopio dove si mischiavano gli specchietti colorati, quelli che mettevano dentro gli improvvisati rampanti per vederci dentro il loro straordinario colorato mondo narcisistico, la loro potenza in terra.
Alcuni si illuderanno per anni, altri per mesi e altri ancora solo per un attimo voleranno in alto e poi cadranno subito travolti dalla lava uscente dei vulcanici crateri bancari, o fuggiranno all'estero, o assaggeranno le galere, o si impiccheranno sotto un ponte o si spareranno un colpo alla tempia dentro i loro dorati palazzi, si sveneranno o infileranno la testa dentro un sacchetto di plastica in qualche cella (Tangentopoli '92). Uomini forti fuori, tutti deboli dentro.

Avventurieri che giocano con i grandi capitali, assorbono o cedono aziende ma senza una lira in tasca, ma solo con montagne di carte. Carte che spesso giocano sui tavoli della finanza facendo dei grandi bluff.
I migliori, la selezione naturale, li risparmia, ma perchè hanno come consigliere Cuccia che opera in un modo molto diverso. Finirà il capo di Mediobanca col diventare l'uomo che cercherà di dare una dignità tecnica (come il suocero) agli affari del grande capitalismo. Ma davanti ai "rampanti", ai megalomani, va cauto, lui non perdona certi avventurieri, li lascia nel loro brodo, e come vedremo, alcuni,  in questo brodo ci annegheranno.

Personaggi come Cefis, Schimberni, prima si faranno aiutare da Cuccia, poi con una cupidigia mal dissimulata credettero di essere diventati onnipotenti e di poter camminare con le loro gambe, alimentando le loro manie di grandezze e, ......in una posizione di comodo... senza rischiare nulla.
Usando sempre lo Stato faranno assistere col denaro pubblico le loro scatole cinesi, le società fantasma, le cattedrali nel deserto. Poi si creeranno prima un impero dentro lo Stato rifilando ai privati le aziende peggiori e assorbendo con l'acqua alla gola le migliori, poi creati i propri personali imperi fuori dallo Stato, ne uscirono e agirono all'incontrario: le migliori se le terranno strette loro e le peggiori le rifileranno allo Stato.
(a un'azienda prospera si toglievano le commesse dello Stato e i salvataggi, mentre a un'azienda in crisi svenduta a un privato, dopo all'improvviso, questa riceveva tutte le commesse delle altre aziende, private, dello stato e anche le sovvenzioni per gli investimenti). 

Cuccia in quelle occasioni fece capire a tutti il cancro che stava nascendo; che la corruzione pubblica si sarebbe diffusa. "Attenzione - disse -  il management sceglie gli azionisti, che sono poi i clienti, così il management diventa onnipotente e non risponderà più a nessuno; i partiti poi li ungerà e avrà tutte le coperture politiche e finanziarie che vuole, prima dentro, e poi fuori dallo Stato".

Che profeta!

Muore il 21 Agosto Palmiro Togliatti

Togliatti

La voce di Palmiro Togliatti
(Anno 1960 - Ricordando il 1945)
(richiede plug-in RealAudio® o RealPlayer®)

Dalla descrizione che ne abbiamo fatta nella precedente pagina, dentro lo stato italiano stava nascendo quella che verrà chiamata  la "razza padrona", la "borghesia di stato". Nessuno ascoltò Cuccia. Abile, stravagante fin che si vuole, ma come abbiamo accennato riservato e con una dignità tecnica come pochi in questi anni.. I più grandi gruppi industriali italiani se sono oggi internazionali e possono competere ad armi pari lo devono proprio a lui. Come lo Stato deve a suo suocero i bellissimi gioielli che ha ereditato.

Scrive LEO VALIANI (che non è certo un industriale) che cosa voleva Cuccia: "Man mano che l'Italia si fosse industrializzata, diventava indispensabile una forte accumulazione di capitali, che poteva essere salda durevole e a dimensioni internazionali solo se almeno in parte fosse stata ben centralizzata. Cuccia trasse con grande abilità e ampia visione le conseguenze pratiche di questo svolgimento che era nella realtà di tutto l'Occidente industriale. Lo fece egregiamente con risultati nell'insieme eccellenti per il Paese. Un giorno l'Italia, da settima potenza industriale del mondo e da socio fondatore dell'Europa economicamente unita, lo onorerà come merita". (dal Corriere 10 Non '97) (Il 24 novembre 1997, Cuccia compie 90 anni).

23 LUGLIO - Ma cosa è accaduto in questo famoso giorno 18 luglio? Sapremo molti anni dopo che in questo giorno doveva scattare il Piano Solo, qualora la grave crisi politica avesse richiesto misure straordinarie. Questa la versione che ne venne fuori, mentre più tardi si seppe che era un vero e proprio colpo di Stato (o almeno tutto era pronto per farlo)

In quel giorno - verrà rivelato - De Lorenzo convocò a Roma i capi delle tre divisioni dell'Arma e consegnò loro le disposizioni del Piano e li pose all'erta. Avrebbe comunicato tempestivamente l'ora e il giorno per intervenire. Nei documenti del progetto antisovversivo era previsto l'arresto e la deportazione in Sardegna di alcuni "enucleandi" (una lista che non venne mai fuori - cosa curiosa nemmeno quando salirà al potere la sinistra - e un motivo c'era) nonché l'occupazione delle prefetture, della Rai-Tv, delle centrali telefoniche e delle sedi di alcuni partiti. Le rivelazioni vennero poi  fuori al processo intentato da De Lorenzo all'Espresso, che aveva rivelato - scatenando un putiferio- il golpe, nel maggio del prossimo 1967. Naturalmente quelli che in quella famosa notte furono allertati non dovevano certo aspettare l'uscita dell' Espresso. Per tre anni silenzio.

Quello che si seppe in quell'occasione, fu che il Piano Solo era un colpo di forza per arrestare quello che era stato definito un definitivo slittamento a sinistra dell'asse politico italiano. La vicenda non fu mai chiarita, Moro chiamato in causa quando ci fu un'inchiesta, non rivelò nulla, si avvalse della  formula "per la sicurezza dello Stato" con tanti omissis, che anche se furono poi tolti dopo la sua morte alla fine del 1990, non hanno mai chiarito del tutto i legami del piano Solo con un'altra vicenda che fece altrettanto scalpore: la struttura Gladio.

Nonostante le polemiche, le controversie giudiziarie ed anche l'inchiesta parlamentare sugli eventi di questo 1964, si è rimasti ben lungi dalla verità. La commissione parlamentare comunque concluse che le iniziative del generale De Lorenzo e dei servizi segreti "assunsero carattere di assoluta gravità, di piena illegittimità, di rilevante pericolosità per le istituzioni del nostro paese, tendendo esse ad intervenire, al di fuori di ogni normativa esistente e di ogni disposizione di governo, con l'uso della forza, nello svolgimento della vita politica e istituzionale del nostro paese in un momento delicato di essa, con misure che ne venivano ad alterare irrimediabilmente l'equilibrio e a colpire e ad annullare le libertà costituzionali dei cittadini, delle organizzazioni politiche e le strutture istituzionali su cui si fonda la democrazia del nostro paese" (Dagli atti Parlamentari Senato della Repubblica, Legislatura V, Documenti, doc.XXIII, n.1. Commissione parlamentare d'inchiesta sugli eventi del giugno-luglio 1964, vol II: relazioni di minoranza p. 272.)

Sono rimaste anche  molte ombre su alcuni aspetti della vicenda; cioè il ruolo svolto dal governo, dall'ambiente militare e soprattutto da Segni (che era un presidente della Repubblica) che oltre a incontrarsi con De Lorenzo, era salito al Quirinale il 15 luglio pure il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito. (Non era un mistero, i due comunicati Ansa li abbiamo letti nella pagina precedente)

(Aggiornamento del  3 aprile 2000 - al processo di Velletri per diffamazione intentato da Alessandro De Lorenzo, figlio del defunto generale, nei confronti del settimanale "Avvenimenti", il sottosegretario agli interni Massimo Brutti, intervenuto in qualità di persona informata dei fatti come ex presidente del Comitato parlamentare sui servizi di informazione e sicurezza, dice che il generale Giovanni De Lorenzo, "stando in un circuito istituzionale, partecipò con responsabilità di primo piano all'approntamento di uno strumento illegittimo". Riferendosi al piano Solo, Brutti ha parlato di "una vicenda in continuità con altre vicende degli anni 50" sottolineando che le liste di persone da fermare e arrestare di cui si parla nel Piano Solo sono altra cosa rispetto ai fascicoli anch'essi illegittimi realizzati dai servizi segreti sulla vita di esponenti pubblici. De Lorenzo, infatti, fu a capo del Sifar prima di passare al vertice dell' Arma. "Nel 1964 - ha detto Brutti - ci fu una stretta, un aggiornamento delle liste perchè potessero diventare operative immediatamente". Il motivo di tale iniziativa per Brutti sarebbe stata la formazione del primo Governo di centrosinistra. Il sottosegretario ha parlato di due giudizi, storico e politico: "Lo scopo era bloccare gli uomini dell' opposizione ed i capi comunisti, una iniziativa che contraddiceva i principi della Costituzione ma che storicamente costituiva un atto di sottomissione alla 'ragion di Stato' nell'epoca della guerra fredda". Una parziale giustificazione quest'ultima "per gli anni '50 ma non per il 1964 quando la pressione della guerra fredda era diminuita; la novità allora era il centrosinistra".
Per Brutti, De Lorenzo non agì da solo. Il giornalista Eugenio Scalfari ha fornito dettagli sul Piano Solo sostenendo che in una certa situazione di allarme, di tensione, c'era la preoccupazione che il partito comunista ed i suoi alleati prendessero l'iniziativa per assicurarsi il potere. Il piano era controreazione preventiva a questa iniziativa. Il piano prevedeva che per un centinaio di nominativi - ha ricordato Scalfari - tra i quali dirigenti e sindacalisti di sinistra, giornalisti e funzionari pubblici di un certo tipo venissero prelevati a mezzanotte dalle loro case, portati in luoghi di concentrazione e da lì con aerei e navi in Sardegna per essere trattenuti". I carabinieri, da soli, avrebbero preso possesso delle stazioni televisive e radio, delle Ferrovie. Per attuare una operazione di questo tipo Scalfari ha sottolineato che occorreva sorvegliare queste persone, "conoscere dove abitavano, sapere come erano fatti i loro portoni, ecc". Scalfari, e prima di lui il giornalista Lino Jannuzzi, furono gli autori, rispettivamente in qualità di direttore e di inviato dell'Espresso, di un'inchiesta giornalistica che nel 1966 portò alla conoscenza del Piano Solo. Scalfari ha detto che l'esistenza del piano fu resa nota dal parlamentare socialista Pasquale Schiano, e fu successivamente confermata da alti ufficiali dei carabinieri, in particolare dall'allora vicecomandante Giorgio Manes e dal comandante della legione di Milano Zinza. Iannuzzi ha sottolineato che l'irregolarità del piano stava nel fatto che il presidente della Repubblica Segni, scavalcando il Governo, aveva avuto colloqui privati con De Lorenzo proprio su questo progetto.)))

Il nuovo governo abbiamo visto era la "forza" e la "colonna" della DC dorotea assieme a quella corrente di destra andreottiana. Era una forza per sottomettere il PSI mezzo decapitato dai suoi stessi deliri di grandezza. (Nenni diventò vice presidente del consiglio, ma Lombardi dovette fare fagotto). Inoltre la DC aveva l'appoggio servile di Saragat (disegni di grandezza anche lui prima e dopo). Lui non dobbiamo dimenticare fu subito dopo eletto Presidente della Repubblica, paradossalmente senza i voti del suo stesso partito ma con i voti della DC e per ripicca (implorandoli) quelli del PCI. Grande regista sempre Moro, che mise da parte Leone e Fanfani, due uomini che credevano entrambi proprio di meritarsi in premio il Quirinale.

La fase critica comunque di questo 16 luglio, la si può intuire: fu quella dove si volle con forti pressioni (e chissà come) neutralizzare le aspettative del PSI e portarlo fra i moderati (Farlo spaccare al suo interno. E ci riuscirono) e quindi ottenere così meno intransigenze sul programma di governo e sulla politica estera. Un'altra carta buona nel giocare questa partita fu poi quella di mettere sul tavolo, la "carta" Saragat.
Il regista Moro sapeva che così operando in entrambi i due partiti socialisti faceva diminuire la coesione e l'unità della classe operaia, com'era successo nel 1947 quando Saragat aveva abbandonato il PSI. Anzi Saragat nei confronti di Moro lo troviamo in questa fase ancora più disposto a collaborare che non allora con De Gasperi. Un servilismo,  premiato subito dopo, mandandolo al Quirinale dopo pochi mesi.

Nenni anche dopo anni non si espose mai nel raccontare quanto avvenne quella notte. Si limitò sempre nel dire che quel governo che piaceva a pochi era nato così, ed "era la sola alternativa, altrimenti sarebbe stato un governo di destra come non se ne era mai visti prima. Il golpe? Solo un rumore di sciabole". Quel "mai visti prima" è la chiave del mistero, e le "sciabole" abbastanza inquietante.

Segni invece ne venne fuori distrutto, non sappiamo perchè e per cosa. Il 6 agosto si era già votato la fiducia alla Camera del nuovo governo, e Moro con Saragat il giorno dopo si recarono al Quirinale per conferire con Segni.
In una accesa discussione (dove probabilmente Moro o Saragat gli fecero trangugiare qualche rospo indigesto) il Presidente della Repubblica, nell'agitazione della discussione o preso dall'ira, gli salì il sangue alla testa, e si accasciò, colpito da una trombosi; non fu più capace di intendere e volere. Al colpo di Stato non riuscito o solo paventato si sostituì il colpo aploplettico che non perdonò - lo dissero in alcuni ambienti -  l'occulto  regista di tutta l'operazione (però fallita).

"Roma- A quanto si è appreso, il presidente Segni è stato colto da malore mentre stava ricevendo il presidente del consiglio Moro e il ministro degli esteri Saragat. I due sono rimasti molto impressionati dall'accaduto". (Com. Ansa del 7 agosto, ore 21.55)

In sostanza - proviamo a fare una ipotesi - si temette che la sinistra volesse prendere il potere con la forza della piazza dopo i recenti fallimenti (quell'intenzione di "non più parlarne" - come si era espresso molto bene Colombo) su casa, scuola, regioni, riforme, Nato, sindacati, e statuto dei lavoratori.
Una volta preparato il Piano Solo si ha la sensazione che NENNI fu persuaso fra il 18 luglio a recedere da ogni pregiudiziale programmatica, pena una minaccia (*)  per la democrazia contro la quale egli stesso con le "ali tagliate" non avrebbe (nel caso migliore - nel peggiore lui era uno di probabili "enucleati") potuto fare proprio nulla.
Varato il governo infatti, non si parlerà più di questi problemi e Moro inizierà il suo lungo cammino per concluderlo drammaticamente nel  1978.

(*) Alla mattina del 19 gli allertati in tutte le città italiane se ne andarono tutti a dormire, e anche Nenni & C.  Gli italiani  tre anni dopo sapranno qualcosa, ma cosa accadde di preciso nessuno lo ha mai scoperto.

((((((((Per la cronaca, quattordici anni dopo (in un contesto politico molto simile a quello di quest'anno, con correnti di partito fortemente determinate sulla linea politica da seguire. Non sappiamo fino a che punto Moro fosse libero di farlo, visto che era stato fortemente contestato dentro il suo stesso partito, fu "liquidato, non so da chi, dove, quando e perchè";  lo sentiremo dire con la sua stessa voce). Moro fece il suo tentativo estremo in quel 28 febbraio 1978 quando preparò quella che doveva essere la sua operazione più ardita: l'ingresso del PCI nella maggioranza, esternando accorati appelli alla DC per il nuovo governo Andreotti che verrà costituito dopo undici giorni, l'11 marzo, sostenuto dal PCI.
Ma proprio il giorno 16 marzo, poche ore prima che Andreotti si presentasse in Parlamento a fare le dichiarazioni programmatiche del nuovo governo per ottenerne la fiducia, non ci sarà questa volta un tentativo di un colpo di Stato, Moro verrà rapito mentre si recava alla Camera, dalle Brigate "Rosse" (!?) . In poche ore - cosa che non era mai avvenuta nella storia della Repubblica - si votò, con lui assente, la fiducia al "suo" governo Andreotti. Nasceva cosi il primo governo DC sostenuto dal PCI. - Ma il 9 maggio Moro verrà assassinato. E' curioso che in entrambe le due occasioni che avevano lo stesso obiettivo (sinistra al governo) si siano verificate due colpi di scena di cui l'ultimo molto più tragico. Ma ne riparleremo)))))))

1° AGOSTO - Il Senato vota la fiducia al governo Moro con 163 sì (DC, PSI, PSDI, PRI) e 120 no (PCI, MSI, PDIUM, PLI) 1 astenuto.
Alla Camera come già accennato la fiducia gli venne data il 6 agosto con 344 sì, 238 no e 3 astenuti con lo stesso schieramento del Senato.
Ma alla Camera, il 2 agosto, Moro  nell'iniziare il dibattito sulla programmazione ebbe paura. Nel timore di affrontare il voto segreto, improvvisamente  chiese quello palese, allo scoperto. Non voleva correre i rischi. Colti di sorpresa i deputati del PLI, PSIUP, MSI, PDIUM, PCI, sono usciti dall'aula per far mancare il numero legale. Le votazioni avvenute in un caos, furono annullate. Moro ebbe paura dei franchi tiratori dopo l'intervento del liberale  Bozzi, che parlando perfino di incostituzionalità del disegno di legge, aveva creato delle incrinature nella compattezza dell'appoggio al governo.

7 AGOSTO - Moro e Saragat ottenuta il giorno prima la fiducia alla Camera, salgono al Quirinale a incontrare il Presidente della Repubblica Segni. Forse i due  portando qualche brutta notizia, o sovvertendo alcuni patti fatti in precedenza lo fanno infuriare, ci fu una arrabbiatura che portò il suo stato di tensione a livelli tali che Segni fu preso da un attacco di trombosi cerebrale. Rimarrà al suo posto fino al 6 dicembre, poi le accertate sue pessime condizioni di salute lo portarono alle dimissioni.

13 AGOSTO - Mentre si trovava in vacanza in Crimea anche il segretario del Partito Comunista Italiano PALMIRO TOGLIATTI subisce un attacco di trombosi. Una emorragia cerebrale che si trasforma in pochi giorni in un embolo letale. 

21 AGOSTO - "Roma - Con profondo dolore la segreteria del PCI annuncia la morte del compagno Palmiro Togliatti, avvenuta oggi a Jalta alle ore 13.20" Cosi dice un comunicato del Pci emesso alle 15,10" (Com. Ansa, ore 15.12)

25 AGOSTO - Rientrata la salma a Roma si svolgono i funerali a Piazza San Giovanni. Vi partecipano un milione di persone provenienti da ogni parte d'Italia.
LUIGI LONGO (nuovo segretario del PCI) nel discorso di commiato annuncia la pubblicazione integrale su Rinascita, degli ultimi appunti di Togliatti. Subito soprannominato  Memoriale detto di Yalta. Una revisione totale di alcuni principi del comunismo dei paesi socialisti e nello stesso tempo una "onesta" (ma molti dissero tardiva) critica sulla conduzione dell'economia in Russia. Fu pubblicato e ripreso poi con grande risalto su tutti i giornali esteri, in America in prima pagina, mentre in Russia.....
"Londra - Il Times scrive che il memorandum di Palmiro Togliatti spiega l'irritazione sovietica per la decisione del PC Italiano non solo di pubblicare il documento ma anche di adottarne il contenuto"
(Com. Ansa, ore 20.40) 

Scriveva profeticamente in anticipo nel 1956 Paolo Spriano "Togliatti indicava nell'Urss di Stalin forme di degenerazione, invitava ad approfondire le cause di tali fenomeni nella trasformazione involuzione vissuta dal PCUS all'inizio degli anni trenta, conduceva a una critica per tanti aspetti liberante rispetto all'impostazione trionfalistica precedente. Si arrestava sulla soglia delle questioni più importanti: la natura del sistema politico sovietico; le corresponsabilità di chi stava attorno a Stalin; il rapporto tra degenerazione interna e politica estera dell'Unione Sovietica, e più in generale tra democrazia politica rappresentativa e sostanza democratica. Quella del potere socialista era da lui considerata sempre superiore a quella democratico-borghese" (P.Spriano. La Passione di un decennio (1946-1956)

I commenti sul Memoriale, scatenarono gli opinionisti politici, gli storici e gli aderenti;  molti dissero "io lo dicevo da sempre", e altri invece (nello stesso Pci) non vollero accettare questi severi giudizi  espressi da un Togliatti postumo. 
Polemiche che fecero scorrere solo fiumi d'inchiostro -ancora oggi anno 2000 al centro di controversie storiografiche- che furono inutili,  ormai il paese sovietico era un pianeta lontano dall'Italia. La Romagna tutta rossa, ad esempio, ha scoperto la proprietà privata, il mondo del benessere, "l'impegno sociale" di dare a tutti (anche agli altri "rossi", quelli delle fabbriche torinesi e milanesi) un pezzo di mare. In pochi anni questa "missione" li farà diventare miliardari, mentre di fronte, nello stesso mare,  la Iugoslavia vivrà sempre  nel limbo della collettivizzazione, col modello bolscevico; e i pessimi risultati gli italiani li hanno visti tutti.
 Tanti gli errori dell'Italia, ma indubbiamente meno degli altri. Il volume edilizio sulla costa romagnola costruito in dieci anni sarà pari a quello costruito in 2000 anni. Il reddito raddoppiato, poi quadruplicato in pochi anni.

Di fronte, l'Italia ha un altro Paese,  l'Albania. Dopo aver abbandonato il comunismo sovietico, entrano quest' anno i nuovi "consiglieri" i cinesi di Mao. Un altro clamoroso fallimento. Non fu abbastanza sventolare il libretto della saggezza del "timoniere", ci voleva ben altro. Eppure in Italia alcuni levarono grida di gioia: "la Cina di Mao e vicina, è già in Albania". Durò poco, i "saggi" cinesi, fecero l'unica cosa saggia: se ne  tornarono in Cina.   

 SETTEMBRE - Il segretario della DC MARIANO RUMOR al IX Congresso del partito a Roma sostiene la necessità di collaborare con il PSI. Ma aggiunge anche che non si parlerà più di riforma urbanistica (come se fosse una conquista il non parlarne!), non si parlerà nemmeno più di Regioni e che non si faranno più nazionalizzazioni.

Ma la corrente dorotea sta perdendo lungo l'accidentata strada molti fedelissimi (che tali non erano) sostenitori. Ognuno dice la sua, altri invece tramano in tante fronde.
ARNALDO FORLANI fanfaniano afferma che il centrosinistra ha perso "lo spirito innovatore", mentre DONAT CATTIN si lamenta dell'atteggiamento troppo moderato (!? ma non precisa) di una parte consistente della DC (suo figlio diventerà un terrorista rosso, forse nero, o forse rossonero, non si è mai saputo). 
Si cominciano così a vedere le prime spaccature dentro la più forte corrente democristiana; ognuno vuole ritagliarsi un suo spazio di potere "forte", attraverso i propri sostenitori che ogni parlamentare sta creando (con le tessere) nel proprio seggio elettorale. Ma anche in questi "pollai" , dove ci sono "due galli" non vengono risparmiati i colpi bassi, e alcuni delfini irriconoscenti appioppando vere e proprie spallate scavalcheranno il proprio leader, spesso soffiandogli anche la leadership.
Infatti al congresso i dorotei perdono consensi e non hanno più la maggioranza assoluta;  avanzano i quarantenni, gli ambiziosi, i ribelli: Forze Nuove di CATTIN; Fanfani manda invece avanti FORLANI; ANDREOTTI non sta a guardare; e RUMOR stesso si sta allevando (ma non lo sa ancora) in casa le sue serpi; il giovane BISAGLIA  nel vicentino e nel padovano dove Rumor domina, comincia il suo giro negli istituti religiosi (dove Rumor proprio lì ha la sua forza) a lasciare a preti e monache il suo "santino" "protettore". Purtroppo più tardi, quando stava già scalando le alte vette, gli venne a mancare a lui il santo protettore: finì affogato su un panfilo in circostanze misteriose.
Alla fine di questo Congresso RUMOR viene ancora rieletto segretario del partito, ma solo con i voti dei dorotei e quelli di forze nuove.

4 OTTOBRE - Ora gli Italiani in Fiat 600 (queste sono le macchine più diffuse che si vedono in giro - a 1000 al giorno prodotte dal 1957 sfiorano quest'anno sulle strade i due milioni di esemplari) possono andare da Milano a Napoli, ma soprattutto vanno "tutte al mare"; sulla costa adriatica romagnola, dove in una modesta pensione si paga meno di 1000 lire al giorno e ci si illude di fare la vita  come i ricchi che vanno in Versilia.
Rimini, Riccione e Cattolica  sono affollati di impiegati del triangolo industriale, mentre a Bellaria e dintorni, con delle attrezzature ancora modeste, l'80% della clientela sono operai della Fiat. All'Hotel Firenze si paga 1200 lire al giorno, alla Pensione Villa Tonetti 1000 lire, mangiare, dormire e con l'ombrellone e la sdraio gratis. Più Ige 6%, che però nessuno paga perché nessuno fattura.
Lo stipendio di un operaio è già a 86.000 lire. Qualcosa quindi indubbiamente non funzionava. O che gli stipendi erano troppo alti o che gli albergatori lavoravano per nulla. Infatti il mensile di un operaio, in questo agosto 1964, poteva saldare l'intero conto in un albergo dove era stato per l'intero mese con la sua famiglia di 3 persone.
(dati: Annuario Ufficiale Alberghi d'Italia a cura dell' Enit, - e vedi stipendi dell'epoca)

Nell'annuario, ancora nel 1973 (quindi dopo nove anni, le Pensioni non andavano oltre le 2000 lire. Una stanza al Grand Hotel di Rimini, costava lire 3000. Quando lo stipendio di un operaio era già nel 1973 a 150.000 lire. Cioè avanzava 2000 lire al giorno se alloggiava al prestigioso Hotel. Qualcosa non andava o a monte o a valle.
Comunque MORO inaugura il 4 ottobre la intera Autostrada del Sole. A Napoli all'entrata, c'è sempre folla; si chiedono passaggi ai numerosi camion di verdura diretti verso il Nord, o a una qualsiasi macchina targata Milano. Molti partono senza neppure una valigia, alla ventura, alla scoperta del pianeta settentrione, dove gli operai, si favoleggia, fanno anche le vacanze e "si sono fatti" tutti "la macchina". Perfino chi scrive facendo spesso la spola Milano-Napoli ne ha caricati in auto-stop, alla ventura, almeno una ventina, scaricandoli a Roma o nel Settentrione senza che avessero una meta.

E' un Settentrione che ha bisogno di comune manodopera, uomini di fatica, agricoltori, ma senza minimamente attuare i Comuni invasi da questo fiume in piena, strutture di accoglimento né tanto meno un decentramento delle unità produttive (la riforma urbanistica, lo abbiamo letto, nel corso dell'anno fu buttata nelle ortiche e non se ne parlerà più).
Si dorme dunque nelle stazioni, o in 10 dentro una fatiscente stanza concessa sempre con tanti pregiudizi dai piemontesi, un pò meno dai lombardi, questi sono molto più pragmatici perché più diversificato il mondo del lavoro locale. C'è la grande fabbrica, ma anche la piccola, c'è l'artigianato, l'agricoltura e il relativo indotto di questi settori non legati a una unica vocazione industriale come quella di Torino dove poi la crisi attanaglierà l'intera città (un incubo il Natale del prossimo '69) quando la sua unica grande fabbrica e i suoi satelliti (12.000 aziendine) entreranno in una drammatica crisi.

La grande e unica azienda, metterà più tardi la citta di Torino in un'altra crisi permanente, quando introdurrà la tecnologia dei robot, lasciando a spasso una enorme quantità di manodopera non qualificata e con poche possibilità di rioccupazione in altri settori, che a Torino sono quasi inesistenti. La città ha in pratica una sola fabbrica, affiancata da quelle sussidiarie, e quando il prodotto lo produce  una macchina che non ha uno stipendio, non spende e non mangia; il prodotto che sforna in continuazione non lo acquista, né il robot e neppure l'operaio che quel prodotto non produce più. La città insomma iniziò a morire. Ci sono oggi palazzi nel lungo Corso V. Emanuele, imponenti ma fatiscenti, grigi e sporchi, e tanta amarezza in quelli che ricordano i tempi d'oro.

15 OTTOBRE - In quindici giorni, si succedono TRE NOTIZIE che rimescolano le carte di tutta  la politica mondiale.
"Mosca - L'agenzia Tass alle ore 22.02 ha pubblicato il seguente comunicato: Nikita KRUSCEV è stato esonerato dalle sue funzioni di primo segretario del comitato centrale del Pcus e di presidente del Consiglio dei ministri dell'Urss. Leonide BREZNEV è stato eletto primo segretario del C.C. del Pcus. Aleksiei KOSSYGHIN presidente del Consiglio" (Com. Ansa, ore 22.08).

4 NOVEMBRE - New York - Il candidato democratico Lyndon Johnson ha ottenuto una schiacciante vittoria sul suo avversario, il repubblicano GODWATER, dopo essere riuscito a batterlo in tutti gli stati dell'Unione, ad eccezione di cinque stati del sud. 41.688.410 voti (61,3%) contro 26.269.391 (38,7%). (Com. Ansa, ore 11.15)
"Godwater lo sconfitto ha fatto le felicitazioni a Johnson, ma ha messo in guardia il nuovo presidente sul fatto che il comunismo "rimane il principale ostacolo alla pace" (Ib. ore 19.30)

La Terza sorpresa quella del 16 ottobre che abbiamo già accennato all'apertura dell'anno. La Cina possedeva la Bomba Atomica, e lanciava i suoi messaggi contro l'imperialismo degli Usa.

IL 28 DICEMBRE - Dopo le dimissioni di Segni per le sue cattive condizioni di salute,  elezione del Presidente della Repubblica. Una partita lunga costellata da colpi di scena. Dopo 21 sofferte votazioni, viene nominato GIUSEPPE SARAGAT . Per la prima volta entra al Quirinale un uomo della sinistra (PSDI) con l'appoggio molto anomalo di quasi tutti i partiti laici, cattolici e marxisti: furono 646 i voti; Martino, 56, Marsanich 40, Rossi Paolo 7, dispersi 20, bianche 150, nulle 4, FANFANI 4 (!!).

FANFANI ci contava a questa carica, era un uomo che non dispiaceva nemmeno alla sinistra democristiana, ai socialisti, ad alcuni del MSI, e neppure al comunista Longo e Ingrao. Erano questi ultimi, avversari ma anche leali amici.
Fanfani i nemici li aveva invece dentro il suo stesso partito cattolico, e impietosamente Moro lo mise all'angolo e per sei giorni con l'ordine di scuderia alle prime votazioni non andò oltre i 130 voti, quelli appunto che non controllava. Infine venne a Fanfani dalla Chiesa l'invito ad abbandonare il duello per non compromettere l'unità del partito e si ritirò. Il regista Moro poteva dichiararsi soddisfatto. Come contentino gli si darà a marzo del prossimo anno proprio il ministero degli Esteri che ricopriva Saragat. Ma eletto Presidente dell' ONU in settembre, a dicembre si dimetterà, ma per altri motivi: per una polemica (ma fu un attacco) su un giornale.

L'elezione di Saragat lasciò uno strascico di polemiche e di risentimenti fra tutti i partiti soprattutto all'interno della DC, dove molti in venti votazioni avevano scoperto le loro carte. Infatti Saragat venne eletto con i voti determinanti dei comunisti che erano all'opposizione, mentre molti dissidenti si registrarono nella maggioranza, soprattutto nella DC dove 150 saranno infatti le schede bianche. Paradossale fu che si astennero molti  dello stesso partito di Saragat. La sua ambizione non era piaciuta affatto.

Saragat aveva chiesto esplicitamente l'appoggio dei comunisti e dei socialisti che lui aveva sempre osteggiato palesemente, e quelli lo punirono votandogli contro.
Sarà poi proprio lui con la sua carica a innescare
un governo di centrosinistra. (spesso con più di un risvolto ambiguo - ma la sua elezione era del resto tutto un programma) Infatti apparentemente vincolò in seguito (specie dal luglio '68 con il paese sull'orlo di nuovi e drammatici fermenti) i mandati per la costituzione dei governi di quel periodo, contribuendo a far realizzare coalizioni di centrosinistra.

Coltiverà anche il sogno ambizioso di creare in Italia una socialdemocrazia di massa di tipo europeo. Ma non aveva la statura di farlo, e fu un bene, perché la sua ingerenza presidenziale non fu come negli anni precedenti come quella dei predecessori, ma fu molto blanda, anche se abbiamo detto ambigua. Se ne rimase buono a fare solo il Presidente, contribuendo a far lavorare un po' meglio di prima i rappresentanti del governo. E fu (secondo molti osservatori) la cosa più utile che fece nel suo settennale.

STORIA MONDIALE -Il fatto principale di quest'anno è l'intervento massiccio degli americani in Vietnam. Una escalation.

Amintore Fanfani

LA GUERRA IN VIETNAM

Il territorio della Repubblica Democratica vietnamita viene bombardato per la prima volta dall'aviazione statunitense il 7 febbraio. Contemporaneamente ingenti truppe sbarcarono a Da Nang, nel Vietnam del Sud, per presidiare la grande base aerea.

In questa circostanza nelle acque del golfo del Tonchino si verificò il 2 agosto un incidente fra alcune imbarcazioni nord vietnamite e una nave americana. L'incidente fu determinante per il Senato americano per concedere al Presidente JOHNSON la facoltà di intervenire con un grande spiegamento militare. Va ad iniziare da questo momento un trasferimento di grandi contingenti di truppe e si da' l'avvio a un sistematico bombardamento del Vietnam del Nord colpendo basi militari, installazioni industriali ma anche paesi e città.

Sta scoppiando con tutta la sua virulenza una delle più inutili guerre della storia moderna, che coinvolse tutto il mondo occidentale nell'osteggiarla e paradossalmente anche negli stessi Stati Uniti. I giovani della generazione beat, la prima generazione che non aveva conosciuto la guerra, furono scaraventati all'improvviso su un territorio che prima di allora non avevano mai sentito nominare,  una guerra di fronte a un nemico determinato e sfuggente, nonostante lo spiegamento di grandi mezzi militari e le migliori tecnologie. 
Gli Usa non otterranno nei lunghissimi dieci anni alcun risultato.

Dovettero gli Usa, a furore di popolo, ritornare a casa dopo decine di migliaia di morti. Un'avventura iniziata già male, finita in peggio. Grandi armi e grandi tecnologie nel fango o nella polvere. Grandi unità navali e portaerei contro piccoli battelli. Imponenti forze terrestri contro una lotta partigiana in una boscaglia micidiale, dove c'era sempre un nemico inafferrabile e risoluto che mise in crisi tutte le strategie americane. (furono fra l'altro per la prima volta impiegati dagli americani gli elicotteri da combattimento).
Uno scontro di Davide e Golia. 

Alla fine fu una sconsolata sconfitta di una decennale politica estera totalmente sbagliata, quando dopo tante lacrime e sangue, l'opinione pubblica americana volle nel 1975 ad ogni costo che si abbandonassero al loro destino i vietnamiti. Una guerra che non "sentiva" nessuno, nonostante gli appelli di "guerra giusta";  anzi il Cardinale Spellman, nel benedire le truppe che partivano per il Vietnam, la considerava "una guerra santa".

Ne vedremo gli sviluppi nei successivi anni; il coinvolgimento dell'Italia nelle varie manifestazioni, quelle che si svolsero poi in America, e infine la disfatta. Che rimase nella coscienza collettiva americana come uno "spettro" da allontanare.

Fu del resto la prima guerra persa dagli Stati Uniti nella sua storia.
Ne' servirono le munizioni impiegate, che alla fine furono superiori addirittura a quelle usate nei cinque anni della Seconda Guerra Mondiale.


vedi anche una approfondita analisi qui
"Le origini del coinvolgimento degli Stati Uniti 
nella guerra del Vietnam, 1955-60".

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