ANNO 1986

CRONOLOGIA DELL'ANNO ( 2a parte )

 
IL TERRORE CORRE IN EUROPA

E' ESPLOSO IL REATTORE NUCLEARE DI CERNOBYL

E' esploso il 26 aprile, ma solo il 30 la notizia è sui giornali, con le assicurazioni di Zamberletti:
"Non c'è pericolo, non c'è da avere paura, la gente non deve fare assolutamente niente"


La nube tossica irradia il 70% del territorio dell'odierna Repubblica Bielorussa creando il più grande disastro ecologico del nostro secolo. La Regione di Gomel subisce le maggiori conseguenze; essa vanterà il triste primato di tumori infantili, di patologie quali la leucemia, il diabete, l'insufficienza cardiovascolare, l'ipotiroidismo, l'asma bronchiale, l'immunodeficienza, ecc.

I titoli dei giornali in Italia

"CI SFUGGE FORSE IL CONTROLLO DELLA GRANDE FORZA DELLA NATURA, la più tremenda, l'atomo, questo ancora sconosciuto?" - 
"Il progresso dovrà abituarsi a pagare questi prezzi?"- 

Un altro giornale risponde:
"Il progresso non può pagare questi prezzi". 

"Si parla di progresso mentre la casa (o il cervello) brucia".

Sono le domande ricorrenti sui giornali dove molti "specialisti (sic!) danno delle risposte vaghe, anzi chiedono a noi di rispondere;  e si capisce subito che non conoscono la materia. Ed è inquietante che fra questi uomini privi di sapere ci sono quelli addetti a prendere seri provvedimenti di prevenzione alla salute. Il mattino dicono una cosa rassicurante, che forse hanno letto per la prima volta su una enciclopedia stampata quando non c'era l'atomo, poi alla sera ne dicono un'altra inquietante, e ci parlano di catastrofe, di disastro, di terreni contaminati per migliaia di anni. Cose da brivido.

Solo il 30 aprile (il giorno dopo) sapremo un pochino come stanno le cose. "La nube radioattiva arriverà sull'Italia il 2 maggio", ci dicono.
E dal giornale (il titolo lo vediamo nell'immagine di inizio anno), il capo della protezione civile ha assicurato "Per l'Italia non c'è rischio di conseguenze. Non c'è pericolo, non c'è da avere paura e la gente non deve fare assolutamente niente", era Zamberletti, un "profondo conoscitori delle reazioni nucleari", forse studiate quando c'era ancora l'energia dei quadrupedi. (Vatti a fidare!! Ndr.).

Il 3 maggio invece, ecco i titoli dei giornali. 

* "Cresce l'allarme nucleare in Europa". 
* "Il ministro della sanità vieta da oggi in tutta Italia,  la vendita di ortaggi e la somministrazione di latte ai bambini". 
* "La nube radioattiva sull'Italia continua (ma allora anche prima) a depositare iodio e cesio sul territorio". 
* "Degan il ministro della sanità ha adottato misure drastiche". (ma allora!)
* "Il gioco dei venti smentisce ministri e metereologhi. La nube non arriverà da noi". 

* "Gli scienziati riuniti da Zamberletti alla conferenza stampa non hanno voluto dire 
quali sono le zone in cui il tasso di radioattività è maggiore: Sono stati generici". (hanno paura di perdere il posto se si azzardano a dire una verità scomoda"

"Il Centro Studi Radiochimici dell'Universita di Bologna afferma invece che è necessario astenersi dal consumo di tutti i prodotti dell'orticoltura, fra questi i  pomodori, smentendo clamorosamente Zamberletti e Degan". 

Che alla fine cedono pure loro.... rinsaviscono, hanno letto qualche enciclopedia più aggiornata, e invitano a non alimentarsi con verdure e latte.
Ma i più ignoranti si chiedono ma se il pomodoro è contaminato, perchè non lo è anche un'albicocca, una fragola, una ciliegia, una pera.

"Ridda di valutazioni difformi e spesso del tutto opposte"; titola il giornale più sincero. Così ci sappiamo regolare, e nel dubbio evitiamo tutto. Ma non è un raffreddore che basta mettersi la sciarpa al collo, le calosce ai piedi o chiudere gli spifferi. Qui si parla di radiazioni. Di atomo!

Insomma si registra un caos generale nell'alimentazione con corse all'accaparramento, divieti di vendere e raccogliere verdure, di non bere il latte, di non mangiare erbivori, conigli ecc. Impotenti facciamo ciò che ci dicono, ma in realtà abbiamo saputo ben poco che cosa è veramente accaduto in Russia e che cosa veramente dobbiamo fare, e come comportarci.

Solo dopo tanti anni vedremo nella zona, e su un vasto territorio tanta desolazione. Una grande città interamente abbandonata. Campagne trascurate, senza anima viva e lasciate abbandonate per sempre. Bambini nati deformi e altri condannati a una morte lenta. E vedremo anche molti inviati davanti alle telecamere che minimizzano le conseguenze, ma poi nel momento di mangiare una mela a loro offerta si rifiutano decisamente perfino di assaggiarla . Quanta ipocrisia!

"Ridda di valutazioni difformi e spesso del tutto opposte"

Insomma bisogna arrangiarsi da soli. Ma in certe emergenze come questa non è facile. 

Mentre è una manna per gli ambientalisti, gli antinucleari, ma soprattutto per i pochi petrolieri che d'ora in avanti (stavano già temendo una recessione pari a quella verificatasi in Francia dopo aver adottato l'atomo) sull'onda emotiva si faranno promotori di campagne contro la costruzione di centrali nucleari in Italia, incentivando quelle termoelettriche che bruciano petrolio. Il "loro" petrolio.

Il paradosso è che l'Italia importa il 10% della sua energia (pari a tutta l'illuminazione delle case italiane) da elettricità prodotta in Francia con il nucleare, la cui produzione è pari al 75 %  del totale generata. Accendiamo la luce, ma non vogliamo vederci chiaro da dove ci arriva.

Manna anche per i produttori di surgelati di verdure, che oltre che svuotare  tutti i magazzini (di prodotti reclamizzati sicuri perchè di raccolti antecendenti), hanno beneficiato di un smisurato abbattimento di prezzi, per congelarne delle enormi quantità. Che nessuno ha poi in seguito mai controllato.
Affidiamoci tutti alla nostra buona stella. Altro noi non possiamo fare.

22 GIUGNO - Si svolgono nel clima del maxiprocesso le elezioni in Sicilia per il rinnovo dell'amministrazione regionale.
Viene confermato alla guida della Regione Sicilia il democristiano RINO NICOLOSI, ma alle elezioni c'è stata una scarsa affluenza; il 25 per cento non è andato a votare.

I risultati confermano la DC come il primo partito con un 38,8 %, il PCI 19,4%,  il PSI 15%, il MSI 9,2%, il PRI 5,1 %, il PSDI 4,3%, PLI 2,8%.

Fra le altre iniziative elettorali della DC, c'è quella proprio di Nicolosi contro il progettato decreto del Condono Edilizio (legge 47) che consentirebbe di sanare le situazioni abusive pagando una multa. Che in Sicilia non vuole pagare nessuno. Ci sono rivolte, blocchi di strade e ferrovie, nascono perfino Associazioni Abusivi per condurre la lotta, ben orchestrata da chi ha l'interesse.
Nicolosi afferma che "si è abusivi per necessità", accorre a Roma con il prefetto e fa affermazioni inquietanti "La protesta è una tanica di benzina, e c'è chi ha il fiammifero in mano già acceso per darle fuoco"... "bisogna decongestionare la situazione" ( La Nazione, 21 marzo 1996, prima pagina). 
 

26 GIUGNO - Mentre si fanno i conteggi in Sicilia, a Roma c'è già una pesante aria di crisi di governo. Da mesi questa si sta aggirando nelle aule, nei corridoi e nelle segreterie. Ad ogni piccolo scoglio - le varie proposte presentate dal governo in carica- spuntano i franchi tiratori. Come quello di gennaio sull'insegnamento della religione, superato solo perchè fu chiesto (su una materia dove molti non vogliono essere additati atei pur essendo cattolici) il voto palese.

Poi quella al varo dell'IRPEF, in marzo, che passa con una votazione al cardiopalma e solo con i voti dei missini che non sono al governo; 80 sono stati i franchi tiratori. Con un Forlani che non ha nascosto di "volere un confronto", e un Craxi che ha minimizzato quel voto missino (di salvataggio) attribuendolo a "un esame dei principi generali e delle regole democratiche". Chiaro !!!

Ma ecco in giugno un altro scoglio, puntuale, dove si infrange la fiducia su un piccolo decreto sulla finanza locale. Craxi è costretto a rassegnare le dimissioni dopo aver guidato il governo per oltre 1000 giorni.
La crisi sarà lunga, per tutto il mese di luglio i vari incontri dei segretari dei partiti non trovano un accordo. Invano Andreotti e Fanfani  dopo aver ricevuto l'incarico tenteranno di fare delle esplorazioni;  non riusciranno nemmeno a formare un governo balneare.

La DC il 26-30 maggio, al suo XVII Congresso, aveva riconfermato per la terza volta De Mita segretario con una buona votazione, il 74,5 per cento. Ha quindi l'"uomo nuovo" avellinese un buon mandato per essere il principale interlocutore con Craxi, che però sembra non voler cedere facilmente il premierato.

Come vedremo tornerà proprio Craxi - in agosto- a formare un nuovo governo  con un accordo singolare con De Mita: con "La staffetta". 

CRISI  E ACCORDI

28 LUGLIO - Tutto il mese di luglio, con il governo vacante, è impiegato dai politici a discutere come e con chi formare il governo. Ma soprattutto chi lo deve guidare; questo sembra l'ostacolo più grosso da superare. I bracci di ferro non si contano.

I due veterani, Fanfani e Andreotti hanno fallito gli incarichi esplorativi, mentre Craxi con incontri vari ha deciso di riunire in un vertice i cinque partiti della maggioranza per concordare un programma ben preciso, della durata di venti mesi, e di proporre un patto con De Mita.

Il premierato lo vuole lui, Craxi, ma è disposto al termine dei venti mesi, a farsi da parte e passare la presidenza del consiglio a De Mita. E' il "patto" che sarà definito della "staffetta" (che prima ancora della scadenza inizia a provocare le prime polemiche e l'intenzione di non rispettare l'accordo).

L'uscente ministro socialista Signorile anche lui si è dato da fare su un altro settore, in quello del lavoro, cercando di concludere degli accordi con i sindacati confederati e autonomi, come quello dei trasporti, stipulando un codice di autoregolamentazione degli scioperi. 
Un accordo che sarà poi esteso anche in altri settori del pubblico impiego.

1-8 AGOSTO - Craxi vara il suo governo senza molte novità, con le solite alleanze. E' dunque una riedizione di quello precedente, un pentapartito, come quello del 4 agosto del 1983, durato il maggior tempo nella storia della repubblica (1060 giorni).

Nonostante tante longevità sembra però a molti un vero e proprio governo balneare, una "pezza" messa per qualche mese nello strappo di giugno, perchè all'interno continuano i malumori fra i ministri.
Questo prima ancora di ritrovarsi a discutere al ritorno dalle ferie, a fine agosto,  sulla grande manovra finanziaria gia anticipata nel programma di governo; per definire i grandi obiettivi e approvare lo scenario del prossimo 1987, a cominciare dal limite di 100 mila miliardi al fabbisogno pubblico.

Dopo aver Craxi presentato il suo programma, al Senato ottiene la fiducia con 181 sì e 114 no, mentre alla Camera, l'8 agosto, 352 sì contro 227 no.  Si parte per il mare, ma molti sono scontenti.

27 AGOSTO - Si riuniscono a palazzo Chigi i ministri economici  con il sottosegretario Amato per esaminare la situazione economica italiana, e per definire gli obiettivi della manovra finanziaria.
Sulla situazione migliorano i conti con l'estero (ridotti di tre quarti il deficit) ma l'inflazione non scende più. Nei primi sette mesi di quest'anno il disavanzo della bilancia dei pagamenti è sceso a 1089 miliardi di lire contro 4.514 dell'85.
Ma luglio non è stato d'oro, ci si aspettava maggiori entrate dal turismo, mentre invece queste sono diminuite.
Sul costo della vita i primi dati di agosto sull'inflazione fanno prevedere un arresto al 5,9 per cento, che è lo stesso dei mesi precedenti. Quindi nessuna discesa dei prezzi nel corso dell'anno, anche se nel 1985 ha dominato l' 8,6 per cento,  nell'84  il 10,5%, e nell'83 quando era nato il primo governo Craxi era del 15,0 %.

Migliori sono invece i dati sulla disoccupazione, diminuita dell'1,1 per cento, e questo mentre nel resto d'Europa i disoccupati sono aumentati.

19 LUGLIO -  Già in maggio, il 26, alla Borsa di Milano si era registrato un forte calo del 4,22% che aveva concluso un periodo di grande euforia a partire dal 1985.
Sembrò un assestamento dopo aver toccato i massimi storici, una semplice battuta d'arresto, invece in questo settembre la situazione peggiora quando a New York un crollo trascina nella caduta tutte le borse mondiali, compresa quella italiana.
Rimedi non ce ne sono, salvo migrare sugli appetitosi titoli di stato che stanno indebitando sempre di più il paese. A investire sui titoli di stato sono le stesse grandi società industriali private, che nei loro pacchetti ne hanno sempre dentro una buona percentuale che normalmente è quasi sempre un buon 10 per cento. Non fa correre rischi, ma toglie al mercato del risparmio e quindi dell'investimento, i capitali.

La soluzione che adotta il nuovo governo il 19 settembre è quella di tassarli i titoli di Stato, istituendo una tassa del 6,25 per cento.

23 SETTEMBRE - Dopo i fatti libici, dopo le sanzioni e gli embarchi, è diventata imbarazzante la quota investita da Gheddafi alla Fiat, ancora nel 1976. 
L'azienda torinese sarà (costretta?) a cercarsi un altro azionista e a rimborsare al colonnello libico la bella somma di 3 miliardi di dollari. A tanto ammontava la quota azionaria di Gheddafi nell'azienda torinese.

 

LA "SCALATA" DEL "CORSARO"  GARDINI
ALLA "MONTE EDISON"

poi "la valanga"

9 OTTOBRE - E' di quest'anno e di questo mese l'inizio della grande operazione finanziaria che avrà poi in seguito non solo uno strascico politico e giudiziario negli anni '90 con Tangentopoli, ma avrà anche un epilogo tragico quando il protagonista di questa operazione "scalata" si farà saltare le cervella, poche ore prima di essere inquisito e forse arrestato, assieme a tanti altri comprimari, finanzieri, politici, e altri oscuri personaggi. Dietro il dramma la retroscena di questa colossale operazione.

RAUL GARDINI fino ad ora leader del maggior gruppo alimentare d'Italia - quello della famiglia Ferruzzi di Ravenna - diventa azionista di maggioranza con il 14,5 per cento della Montedison, il grande gruppo petrolchimico nazionale.

E' il primo passo verso la grande scalata che lo porterà - con un discreto rastrellamento in borsa - ad acquisire il 40 per cento dei titoli del colosso chimico. 
L'appoggio in questa iniziale operazione gli viene dato dallo stesso presidente della Montedison Schimberni, ma una volta assunto il controllo del gruppo il prossimo novembre '87, è lo stesso Gardini ad allontanarlo e assumere lui la carica. 
Il suo obiettivo è di creare un unico polo italiano della chimica. E, giunto a questa sua prima scalata, a Gardini sembra giunto il momento per realizzare un altro più ambizioso programma; creare l'Enimont, cioè la fusione tra Eni e Montedison.
Senza falsa modestia Gardini affermerà in seguito "la chimica sono io!"

Ma si scatenano in Italia le polemiche e si manifestano le due scuole di pensiero: la chimica deve essere in mano pubblica o privata? 
Può lo stato permettere a un privato di avere in mano un'azienda che da molti è ritenuta strategica?

Fra tanta demagogia e ipocrisia, tutti sanno che in questa operazione stanno correndo molti moltissimi soldi e tutti chi più chi meno vuole metterci le mani.
Inizia dunque un lungo percorso  (fino agli anni '90) ostacolato da tanti pretesti ma anche molta (con la stampa) seduzione del popolo, il progetto di Gardini. Infatti dopo scontri e polemiche e la non collaborazione di molti personaggi. Si muovono occulte forze politiche, bancarie e finanziarie con da una parte Cagliari (presidente dell'Eni - nominato al vertice nel 1989, su designazione di Bettino Craxi e Claudio Martelli) e Gardini dall'altra.  Al dunque, constatano l'impossibilità a proseguire nel progetto. 

Gardini vuole alla fine mollare tutto. Vuole (o è sollecitato a farlo, visto che gli mettono i bastoni fra le ruote) cedere all'ENI con tutte le sue quote. Vuole dimettersi da tutte le società in cui riveste cariche e perfino uscire dalla Confindustria.
Esprime l'intenzione di non volersi più occupare dell'industria italiana; e in un amareggiato e sdegnato sfogo - anche quello voler di emigrare all'estero - perchè "Qui in Italia non si può lavorare!"

Finita una polemica (il boicottaggio che sembra dunque riuscito), ne inizia però un'altra. A quanto deve essere valutata quella quota che Gardini viene spinto a cedere?
Questo viene deciso in "alto", molto in alto. 

Proprio a fine anno 1990, la vicenda si chiude con la cessione della quota di Gardini (della Montedison) all'ENI. Gardini esce di scena portandosi a casa un bel "malloppo" che ad attenti osservatori sembra però un po' troppo. E stato superpagato dicono in molti.

Tutta la vicenda finirà in un tribunale, nel primo grande processo di quella che sarà chiamata "tangentopoli" o "mani pulite". Che ci fosse in quella cessione di quote uno scandalo di allettanti tangenti (sono corsi fiumi di denaro - circa 540 miliardi)  i due suicidi ne chiariranno il senso, tragicamente: quello dei due protagonisti, che entrambi si suicideranno uno in carcere il 20 luglio, soffocandosi uno con un sacchetto di plastica infilato nella testa, l'altro tre giorni più tardi sparandosi un colpo alla testa. 
( vedi poi l'anno 1993 )

Ma a chi sono andati questi soldi?

Sul piano giudiziario, la vicenda inizia con il processo a un solo imputato: Sergio Cusani, finanziere "d'affari" (cioè, in pratica, il mediatore). Il processo condotto dal PM Di Pietro, durerà sei mesi, con il "triste" spettacolo offerto anche alla Tv in prima serata. Sfileranno personaggi importanti, come testimoni; alcuni ammettendo di aver ricevuto soldi di quella "tangente", altri invece sfrontatamente giustificandosi che "così hanno fatto tutti, e quindi non fate i moralisti", e altri goffamente e ostinatamente negando ma per poi subito dopo essere smentiti con prove schiaccianti. "Si abbiamo preso dei soldi, ma io non ne sapevo nulla, se ne occupava il mio segretario".
Perfino il grottesco alibi "Si li abbiamo presi ma durante la notte ci sono stati rubati"

Carlo Sama, vicepresidente della Montedison di Gardini, e marito di Alessandra Ferruzzi e quindi cognato di Gardini, al processo davanti ai magistrati chiarisce la maxitangente (oltre 500 miliardi) che ha dato il via al "grande scandalo". "Le tangenti ai partiti e agli uomini politici servivano per "rendere più facile" al gruppo Ferruzzi la vendita all'Eni della sua quota. Un po' di soldi - dirà Sama - sono andati anche a qualche giornalista, per "garantire una buona immagine" del gruppo.

In pratica nel trasferimento delle quote allo Stato, venne gonfiato il prezzo, onde ricavarne una buona fetta per i propri affari;  "un finanziamento ai partiti", diranno alcuni, "un arricchimento personale" diranno altri. Ma hanno ragione entrambi.
(Lo Stato avrebbe pagato su 2.805 miliardi, mille miliardi in più del dovuto).
A conclusione del processo - terminato con la condanna di Sergio Cusani - i giornali pubblicheranno le "fette" della "torta" andate ai vari partiti. In pratica a quasi tutti: DC, PSI, PRI, PLI, PSDI, LEGA.

 

6 NOVEMBRE - Se alla Montedison inizia ora quella che sarà la lunga e scandalosa "questione"  della chimica in mano privata, ritenuta una operazione strategicamente scorretta per il Paese, perchè demagogicamente si teme il monopolio di un intero settore primario, termina invece in ben altro modo quello altrettanto primario del settore automobilistico, che si avvia invece verso il monopolio.

La "questione auto" in Italia non è nuova. Ancora nell' "Era Fascista", l'americana Ford dopo aver messo alcune centinaia di concessionari in Italia per la vendita delle sue auto, e dopo aver iniziato una campagna pubblicitaria (vedi Le Vie d'Italia del 1924-1926 - e fra i premi dei soci metteva in palio proprio delle auto Ford), era intenzionata a costruire alcuni stabilimenti nella penisola per la costruzione di auto, veicoli industriali e trattori per l'agricoltura. 
Al salone del Mappamondo, ci furono vivaci discussioni dei rappresentanti della casa torinese, tutti allarmati per questo sbarco in Italia di una delle più grandi fabbriche del mondo di auto, camion, trattori.
Non si sa con quali pressioni, ma alla fine Mussolini pose il veto al colosso americano.
La Ford rimase con le pive nel sacco, e dovette rinunciare al suo grande progetto.
(chissà quanto si sarebbe avvantaggiata l'agricoltura italiana, visto che per decine di anni, anche nello stesso secondo dopoguerra, nessuno in italia fabbricava trattori e macchine agricole, ormai già molto diffuse - oltre che necessarie - in America, ma anche in Francia, Germania, Olanda.

La "questione", auto straniere in Italia,  ritornò sul tappeto con tutta la virulenza del caso nel 1980 (VEDI) : quando l'IRI volendosi sbarazzarsi di un'azienda che da anni non decollava per l'inefficienza del management, decise di mettere in vendita l'Alfa Romeo.
Avanzarono questa volta delle proposte di acquisto i giapponesi della Nissan, che non solo rilevavano l'azienda di Pomigliano d'Arco, ma erano intenzionati - con una società mista- a costruire ex novo un altro stabilimento.
Al governo c'era Cossiga, che autorizzò l'accordo tra le parti il 20 settembre. Ma in giro c'era già aria di "guerra". 
La Fiat sosteneva che il mercato dell'auto in Italia era arrivato alla saturazione, e che non c'era posto per altre iniziative, salvo compromettere l'occupazione. 
(però ancora negli anni '80 poca attenzione era rivolta ai mezzi di trasporto e ai trattori. E prima degli anni '80 era del tutto assente.

Il 31 Luglio si era dimesso Umberto Agnelli da amministratore delegato, gli era subentrato Cesare Romiti. Che prese in mano le redini del management, poi al rientro dalle ferie delle maestranze, fece trovare una lettera di licenziamento a 14.469 lavoratori del settore auto. Sotto la minaccia dei sindacati lo sostituì con un altro provvedimento: 23.000 lavoratori in cassa d'integrazione a zero ore. (sembrò un ricatto belle e buono).
Vi rimandiamo ai gravi fatti che poi accaddero in settembre, in ottobre, e nel novembre del 1980: l'occupazione della fabbrica per 35 giorni, la marcia dei 40.000 quadri intermedi, l'invito al governo a tutelare (anche con la forza pubblica e con l'esercito) chi voleva lavorare.
Il Governo Cossiga fu liquidato con i franchi tiratori, battuto per un voto, e fu rimpiazzato quattro giorni dopo da Forlani che appianò tutto, bocciando la finanziaria che comprendeva l'introito della vendita Alfa ai giapponesi.
La Fiat tornò a produrre abbondantemente auto senza più alcun timore di "stranieri in Italia" e ogni tanto a suo piacimento a far svalutare la lira per poter esportare auto all'estero, e nel contempo a far mettere il 40% di dazio alle importazioni in Italia di auto straniere.

Poi per coerenza con quanto aveva detto ( l'auto in Italia era alla saturazione) la Fiat snobbò l'acquisto dell'Alfa; del resto per la casa torinese questa azienda non rappresentava un pericolo come concorrente, visto che le auto che uscivano da Pomigliano D'Arco, per lo spreco e l'inefficienza, non conveniva certo allo Stato produrle perchè si vendeva a cento quello che costava alla produzione 200. La si teneva in piedi solo per fare dell'assistenzialismo locale, per creare occupazione.
Per alcuni anni (6) in queste condizioni l'Alfa non causò di sicuro a Torino dei nervosismi.

Ma quest'anno 1986, la "questione" torna a interessare i politici e anche ovviamente  l'azienda torinese. Infatti la volontà dello Stato di vendere l'azienda perchè sempre in deficit torna sul tappeto, e le offerte arrivano un'altra volta dalla Ford.
Questo causa fibrillazione a Torino, che inizia con il governo degli incontri a maggio; ci sono poi delle trattative, si fanno offerte e infine il 6 novembre viene preferita l'azienda torinese. L'Alfa è sua, e la Ford torna - per la seconda volta- a fare le valigie per tornarsene a casa.  
In questo caso (diversamente dalla Montedison o Enimont) l'azienda automobilistica privata Fiat, che è ormai un monopolio, non è per i politici un settore strategico. 
Anzi si da la "benedizione" al liberismo e anche al monopolio privato.

 

22 DICEMBRE - Se in Sicilia ci sono rivolte per non pagare il Condono edilizio perchè come va dicendo il presidente della Regione l' "abusivismo è una necessità", a Milano il comune si può permettere di pagare molto di più alcune aree del "piano casa" varato dall'amministrazione, ma che solo qualche anno prima aveva rifiutato di acquistare a un prezzo molto molto più basso.
Scoppia lo scandalo delle "aree d'oro". Quelle aree sono state acquistate da una società, e la stessa società ha poi rivenduto a un prezzo di molto maggiorato quelle stesse aree al Comune.

Il sindaco di Milano il socialista Carlo Tognoli, in carica da dieci anni e l'amministrazione milanese sono investiti dallo scandalo. Devono dimettersi.
(ma poi Tognoli diventerà ( chi meglio di lui ! ) ministro addirittura delle Aree Urbane il prossimo anno) e in Comune come sindaco gli subentra il 22 dicembre il socialista Pillitteri (che è il cognato di Craxi). Tutto lo scandalo finisce in una bolla di sapone; amici e parenti possono brindare al nuovo anno 1987 con casse e casse di champagne.

FINE

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