AVIAZIONE

Dal volante alla cloche
Edward "Eddie" Vernon Rickenbacker

 

di Alessandro Rao

Premessa

“Eddie” Rickenbacker, con le sue 26 vittorie ottenute in gran parte pilotando un biplano “SPAD S.XIII” sul fronte europeo contro i tedeschi durante la Prima guerra mondiale, fu il maggiore asso del Corpo di spedizione statunitense che partecipò al conflitto. Il suo nome fu spesso rievocato dai piloti da caccia delle squadriglie dell’USAAF combattenti nel Secondo conflitto mondiale, soprattutto, per quel significativo numero 26. Esso, difatti, segnò un punto di riferimento, vale a dire, il record da raggiungere in minor tempo possibile. In realtà, fu eguagliato per primo, nel mese di Aprile del 1944 dal cap. Domenic “Don” Gentile.

Rispetto ai piloti di altre nazioni, non fu il maggiore asso come numero di vittorie, basta ricordare il tedesco Manfred von Richtofen (1892-1918), famoso come “Barone Rosso” con 80 vittorie, nonché, il nostro Francesco Baracca con 34 vittorie e molti altri ancora. Autore, fra l’altro, nel 1919 del libro autobiografico “Fighting the Flying Circus” (Combattere il Circo volante) che divenne un bestseller per la descrizione della sua lotta contro quel “circo volante” a cui si riferiva il titolo, formato dalla squadriglia dei piloti tedeschi comandata dallo stesso von Richthofen, con il quale, sembra, si sia scontrato in combattimento un paio di volte. ( Sul web esiste una edizione online alla pag. http://www.richthofen.com/rickenbacker/ )


Nonostante ciò, fra tutti i protagonisti del cielo, nella Prima guerra mondiale, resta una figura eclettica, e più di ogni altra cosa, per la sua intensa attività svolta nei vari settori commerciali, sia prima, sia dopo il periodo bellico. Prima della notorietà acquisita come pilota da caccia, aveva già riscosso una certa popolarità alla guida delle veloci auto da corsa che gareggiavano nelle prime competizioni su pista. Successivamente al 1918, diventò pilota civile in una compagnia aerea executive, mentre nel corso della Seconda guerra mondiale fu nominato consulente militare per l’USAAF e infine, diresse una compagnia aerea nazionale.

 

Biografia

Rickenbacker, nacque l’8 ottobre del 1890 a Columbus nello Stato dell’Ohio da una famiglia d’emigranti provenienti dalla Svizzera tedesca. (In realtà, gli svizzeri a fine ’800, furono molti ad emigrare negli USA dove, fondarono numerosi centri abitati tuttora esistenti, fra i quali, denominati come la loro capitale, Bern nel Kansas e in Pennsylvania e nel North Carolina).
Allorché, gli Stati Uniti entrarono nella Prima guerra mondiale contro la Germania il 6 Aprile del 1917, la famiglia pensò di anglicizzare il suo originario cognome Reichenbacher in Rickenbacker per non incorrere in eventuali pregiudizi che andavano sempre più manifestandosi negli States. In seguito, a causa della morte del padre, all’età di dodici anni, fu costretto ad abbandonare la scuola per aiutare la famiglia. Trovò lavoro come operaio presso la fabbrica di automobili “Car Miller Frayer”, formandosi presto in ottimo tecnico e dopo, collaudatore dei primi modelli di auto con motori di nuova concezione.

Da collaudatore a pilota sportivo il passo fu breve, diventando un campione dell’automobilismo sportivo, attività, che stava nascendo negli USA proprio in quegli anni. Fu pertanto soprannominato "Fast Eddie" per essersi distinto in tre competizioni della “500 Miglia” svoltesi nel circuito d’Indianapolis, guadagnando così, una grande simpatia fra il pubblico. Un particolare riportato dalle cronache di quegli avvenimenti durante l'estate del 1909, evidenziava che l’attenzione del pubblico, più che alle veloci auto in pista, era attratta ancor di più, dalle colorate mongolfiere che si alzavano in volo nelle vicinanze della pista, dato che ormai i cieli iniziavano a popolarsi. E nello stesso tempo, a Rickenbacker, lo spettacolo non poteva passare inosservato, maturando senza indugio, la sua immediata decisione di abbandonare le piste per rivolgersi al mondo aeronautico.

All’inizio del Primo conflitto, già arruolato nell’Aviation Section, U.S. Signal Corps, si fece trasferire in Francia. Aveva allora il grado di sergente di prima classe e avanzò ai responsabili militari una proposta per la quale avrebbe riunito un gruppo di volo costituito di elementi provenienti dal mondo delle corse automobilistiche; l’idea non fu accolta e di conseguenza rimase senza seguito.
Tuttavia, i superiori, non rifiutarono i suoi servizi come semplice autista di alti ufficiali. Rickenbacker accettò ugualmente sempre nella speranza di una fortunosa occasione per diventare pilota e soprattutto di scalare il cielo con uno dei primi caccia biplani che uscivano dalle fabbriche.

All’inizio, ebbe l’incarico di occuparsi a terra solo della parte meccanica dei velivoli basati nel campo di Issoudun (Francia centrale) ma l’irrefrenabile volontà di volare era tale che riusciva ad infilarsi frequentemente nell’angusto abitacolo di un aereo studiandone attentamente tutti i comandi. Tuttavia, il suo desiderio, stava per realizzarsi a seguito di una favorevole coincidenza. Fra le tante precedenti giornate trascorse come autista, in una, ebbe l’incarico di trasportare nientemeno che il gen. Billy Mitchell, (1879-1936) capo dell’Air Service dell’Esercito e precursore dell’USAAF.

Talmente scaltro, Rickenbacker, non ci pensò due volte a sollecitare un aiuto per fare accogliere la sua domanda d’ammissione ad un corso di pilotaggio, considerando la sua età già di 27 anni e privo di un titolo di scuola superiore. Nonostante ciò, la sua richiesta, grazie a Mitchell, fu accettata. Dopo diversi anni, Rickenbacker, non dimenticò mai questo gesto, e lo ricambiò coraggiosamente intervenendo come testimone in difesa dello stesso gen. Mitchell, quando nel 1925, fu ingiustamente sottoposto alla Corte Marziale per le sue idee circa l’importanza strategica degli aerei da bombardamento, in un eventuale conflitto, che poi si avverò.

Finalmente, ottenuto il brevetto, diede prova delle sue qualità fino allora non esibite, di essere un abile pilota al volo acrobatico. Il 24 settembre 1918, con il grado di capitano, assunse il comando del 94th Aero Squadron noto fra i piloti per la sua insegna "Hat-in-the-Ring" (cilindro nell’anello). Proprio in quel giorno, per un senso di abnegazione, scrisse nel suo diario: “Adesso, che sono stato promosso al comando del 94th Squadron, non potrò mai pretendere da qualsiasi dei miei piloti, durante una missione, di volare davanti a me. Per cui, dovrò impegnarmi tenacemente molto più di quanto abbia fatto finora.”

La preoccupazione di Rickenbacker, era veramente giustificata ed il comando di quello Squadron assumeva una rilevanza significativa, che si sarebbe riflessa sul gruppo dei piloti volontari statunitensi. Vale la pena di menzionare alcune informazioni storiche del 94th Aero Squadron:
<< In realtà, antecedentemente alla sua costituzione, prima che gli USA dichiarassero guerra alla Germania, molti piloti statunitensi, dal 18 aprile del 1916, resero il loro apporto arruolandosi volontariamente nella celebre squadriglia “Lafayette” integrata nella “Aviation militaire”. Detto nome fu scelto in memoria del gen. “Gilbert du Motier de La Fayette” combattente nella guerra d’Indipendenza americana.
Nonostante il tempo trascorso, oggi, il 94th Fighter Squadron di stanza a Langley Air Force Base in Virginia, seconda squadriglia da caccia più antica nelle forze aeree degli Stati Uniti, trae origine proprio dallo 94th Aero Squadron formatosi il 20 agosto del 1917. >>

Nel suo curriculum di cacciatore, i velivoli impiegati in combattimento da Rickenbacker, furono il francese “Nieuport 28” in un primo tempo, con il quale distrusse due “Pfalz D.III” e quattro “Albatros D.V” germanici, e poi, l’ottimo “SPAD S.XIII”, sempre di costruzione francese, con il quale annientò tredici “Fokker D.VII”, i migliori caccia che la Luftstreitkräfte avesse messo in linea di combattimento, due “Halberstadt C”, un “Hannover CL.II” ed infine, cinque palloni da osservazione “Buster balloon” di primaria importanza tattica. Per questa specialità, va senz’altro ricordato il pilota belga Willy Francois Coppens (1892-1986) che riuscì a distruggerne ben 34 esemplari.

Cionondimeno, si deve tener conto che Rickenbacker, conquistò tutte le 26 vittorie nell’arco di tempo compreso fra il 29 aprile, quando abbatté il suo primo aereo ed il 30 ottobre del 1918, divenendo così "asso tra gli assi" dei piloti statunitensi in Europa. Da parte dei francesi, fu insignito della “Croix de Guerre” in merito alla combattività dimostrata per le sue prime cinque vittorie ottenute in un solo mese. Nel 1920, trascorsi due anni dalla fine del conflitto, divenuto ormai un personaggio molto popolare, con l’appoggio di tre soci, fondò e diresse a Detroit (Michigan) una fabbrica di auto denominata “Rickenbacker Motor Company” che collocò sul mercato automobili dotate di tutte le novità tecnologiche riprese dalle competizioni sportive.
Per l’occasione, volle mantenere vivo il ricordo del suo trascorso d’aviatore utilizzando come logo della ditta, il suo vecchio simbolo del 94th Aero Squadron raffigurante il cilindro nell’anello, che fu messo su tutte le circa 11.000 auto sportive coupé realizzate durante la sua permanenza nella ditta. Malgrado ciò, in seguito a contrasti interni di carattere economico, si dimise l’anno precedente alla definitiva chiusura della fabbrica nel 1927, causata da una scarsa campagna pubblicitaria. Alla fine dello stesso anno, acquistò nella cittadina di Speedway nello stato dell’indiana, il complesso strutturale di Indianapolis e altre attività imprenditoriali inerenti il settore automobilistico e aeronautico.

All’inizio della Seconda guerra mondiale, fu costretto a rallentare la sua attività. Subì un paio d’incidenti aerei, veramente gravi, dove ebbe molta fortuna ad uscirne fuori. Il primo, a febbraio del 1941, quando il Douglas DC-3 della Eastern Air Lines in cui viaggiava, nei pressi di Atlanta in Georgia, effettuò un disastroso atterraggio, e Rickenbaker, si salvò per miracolo assieme ad altri sopravvissuti dopo una nottata in attesa degli aiuti. Comunque, dovette sottoporsi per molti mesi a particolari terapie mediche che lo spossarono non poco. Nonostante ciò, successivamente, con il grado di maggiore, rientrò nell’USAAF che stava costituendosi come arma indipendente, dove svolse compiti ispettivi come consulente di guerra.
Viaggiò in diversi Paesi alleati, e fra l’altro fu scelto per una missione segreta: recapitare un messaggio da parte del Presidente Roosveelt al gen. Mac Arthur che si trovava nella zona operativa della Nuova Guinea. Sfortunatamente, arrivò il secondo incidente: l’aereo in cui viaggiava, un “B-17 Flying Fortress”, a causa di una avaria al motore, fu costretto ad ammarare nel Pacifico. Rickenbacker riuscì a trarsi in salvo assieme all’equipaggio, nonostante fossero rimasti per una ventina di giorni in balia delle onde sopra i canotti di salvataggio, quando furono poi recuperati dalla Marina. Ancora un incarico di carattere politico-militare gli fu assegnato da parte del Dipartimento della Difesa con l’autorizzazione a compiere una missione in Unione Sovietica che stava subendo l’attacco da parte della Luftwaffe nella fase iniziale del conflitto.
Lo scopo primario era quello di sostenere l’alleato con una qualificata assistenza tecnica in seguito alla fornitura dei caccia Bell P-39 “Airacobra” secondo quanto previsto dalla famosa legge “Affitti e prestiti”. Ancora una volta, in occasione della fine di una guerra, la Seconda, dopo aver ottenuto il grado di colonnello, bensì l’età di 55 anni e nonostante i diversi inconvenienti ostinatamente superati, non esitò a riprendere l’attività imprenditoriale guadagnando ancora larghi successi. Nel settore aeronautico civile, nell’ambito della Eastern Air Lines della quale ne diventò Consigliere e poi Presidente, fu l’anticipatore di molte innovazioni per la maggiore funzionalità dei collegamenti con l’acquisto dei famosi Lockheed “Constellation” e Douglas DC-4. Fra l’altro, fu diretto collaboratore con i più eminenti pionieri dell’aeronautica dell’epoca, fra i quali, Donald Willis Douglas (1892-1981).

Il suo definitivo ritiro avvenne nel dicembre 1963, quando dopo aver meditato a lungo, sentì il richiamo delle sue origini trasferendosi assieme alla moglie Adelaide, nella Svizzera tedesca a Zurigo. E qui vi trascorse l’ultimo periodo della sua vita fino alla morte avvenuta il 23 luglio del 1973 dopo le conseguenze di un ictus subito anteriormente nella sua residenza di Miami in Florida. Un tragico epilogo lo ebbe la moglie, che malata, si suicidò nel 1977 con un’arma da fuoco.

Eddie Rickenbacker, asso della USAAS della Prima guerra mondiale, e che molto si prodigò durante la sua vita civile, è tuttora vivamente ricordato nell’ambiente del volo. Da tenere presente, che gli statunitensi, difficilmente dimenticano i propri eroi di tutte le guerre.

Decorazioni ricevute:
”Croix de Guerre” (Francia)
“Medal of Honor “
“ 7 Distinguished Service Cross “
“Victory Medal World War I”
“Legion of Honor”

Il biplano “SPAD S.XIII”

Generalmente, negli anni 195/16, in tutte le fabbriche aeronautiche mondiali si procedeva preferenzialmente alla costruzione dei velivoli con architettura biplana. Ciò, per superare le difficoltà di stabilità e di resistenza della struttura dovuta all’aumento dei pesi e alle velocità che man mano accrescevano grazie alla motoristica sempre migliorativa. Con queste direttive, all’inizio della Prima guerra mondiale, difatti, i biplani tedeschi della ditta “Fokker” come pure quelli realizzati dall’altra ditta tedesca “Albatross” predominarono i cieli europei contro le squadriglie francesi e inglesi. Queste ultime, in realtà, tecnologicamente inferiori, fino agli ultimi mesi del 1917, subirono inizialmente delle gravi perdite.
A tale proposito, si ricorda il mese di Aprile dello stesso anno, quando la sopravvivenza di un pilota alleato era appena 17 ore. Con l’entrata in linea dei nuovi caccia biplani francesi “SPAD”, ben presto mutarono le sorti delle battaglie aeree. Furono costruiti dalla “Société Anonyme Pour l'Aviation et ses Derivès”, che in realtà, traeva origine dalla fallita “Société Pour les Avions Déperdussin” rilevata nel 1914 da Louis Blériot (1872-1936). Tuttavia, fu la versione “SPAD S. XIII”, l’ultima della serie, impiegata anche dall’USAAS (United States Army Air Service) a riscuotere il maggior favore da parte dei piloti. Si rivelò senza dubbio, il migliore biplano da caccia che prese parte al grande carosello aereo del 1915-18 nei cieli europei, sostituendo in breve tempo i “sesquiplani” Nieuport, velivoli biplani con la tipica architettura delle ali inferiori di minore superficie rispetto a quelle superiori, ideata dal noto ingegnere francese Gustave Delange (1883-1946).

Concretamente, lo SPAD XIII, risultava il prodotto finale di una successione di modelli più volte migliorativi, sia nella struttura, sia soprattutto nell’apparato propulsivo. La prima versione fu lo “SPAD A.2”, che nonostante l’impegno del progettista, l’ingegnere francese Louis Béchereau (1880-1970), si dimostrò tecnicamente insufficiente, specialmente per il motore rotativo “La Rhone” da 110 HP piuttosto scarso. Pertanto, preparò successivamente lo “SPAD S.V” che, a sua volta, sottoposto ad altre modifiche strutturali per accogliere il nuovo tipo di motore H.S. Hispano-Suiza, 8 cilindri in linea disposti a V da 140 HP, ne derivò lo “SPAD S.VII” che diventò presto l’aereo preferito anche dal nostro asso Franceso Baracca e da altri piloti italiani. Dopo il buon risultato verificato in battaglia e sulla base di esperienze e suggerimenti provenienti dagli stessi piloti, l’ingegnere Béchereau, proseguì ancora con ulteriori varianti progettando a dicembre del 1916 la nuova versione denominata “SPAD S.XIII”, che decollò per la prima volta il 4 Aprile del 1917 raggiungendo subito la velocità di oltre 200 km/h, valore elevato per quel periodo.

Certamente, lo “SPAD S.XIII” strutturalmente analogo al precedente “SPAD S.VII” si dimostrò preferibile a tutti gli altri. Era un tipico biplano, con le ali inferiori leggermente più piccole, ma non da essere considerato un “sesquiplano”, unite per mezzo di quattro montanti metallici controventati. Costruito in legno ricoperto di tela, ma dalle dimensioni maggiorate. La struttura realizzata "a guscio", per mezzo di un rivestimento portante di legno compensato senza l’impiego di centine e longheroni. Inoltre, la parte anteriore era protetta mediante pannelli in alluminio rendendolo fortemente solido nonostante un eccesso di peso. Il carrello era normale con gli ammortizzatori. Così modificato, il biplano resisteva abbastanza bene agli strappi aerodinamici generati nelle temerarie picchiate che, altri velivoli di allora, non avrebbero tollerato. Tuttavia, un difetto di stabilità dello “SPAD XIII” alle basse velocità, che poteva essere avvertito e corretto tempestivamente dal pilota, dipendeva dal profilo alare molto sottile, causa di una temporanea interruzione del flusso dell’aria sotto l’ala con conseguente diminuzione di pressione verso l’alto (portanza).

Dotato di eccezionale velocità ascensionale, lo “SPAD S.XIII” generalmente attaccava da una quota di 5/6.000 metri per picchiare ad una velocità di 450 Km/h, intercettare, sparare e risalire in quota quasi in verticale, per ripetere poi la stessa tattica fino all’abbattimento o alla fuga dell’avversario. In realtà la superiorità di questo biplano, era dovuta soprattutto al motore Hispano Suiza da 8 cilindri a V in linea raffreddati a liquido, ancora potenziato fino a 235 HP. Inoltre, la sua collocazione nella fusoliera ne riduceva la sezione, dando origine ad una minore resistenza aerodinamica ed eliminando allo stesso tempo, quelle tipiche vibrazioni prodotte dai motori stellari.
Un buon risultato anche per il pilota, il quale si sarebbe trovato nelle migliori condizioni di stabilità per centrare più facilmente i vari bersagli. In più, era stata risolta la disposizione dell’armamento con la collocazione di una seconda mitragliatrice Vickers, entrambi sincronizzate all’elica, azzerando di fatto, quel divario offensivo che lo distingueva dai caccia germanici progettati da Fokker, fra l’altro, ideatore dello stesso dispositivo di sincronizzazione. Complessivamente, solo per la versione dello “SPAD S.XIII”, gli esemplari costruiti furono oltre 8.000 di cui circa 3800 direttamente dalla Francia. In seguito, furono forniti alle aviazioni di una decina di nazioni fra le quali il Belgio, Cecoslovacchia, Russia, Stati Uniti e Italia dove, furono prodotti su licenza dalla Macchi. Le ultime modifiche al biplano si conclusero con la realizzazione di poche decine di esemplari, tra lo “SPAD XVI” idrocaccia e “SPAD XVII” dalle dimensioni leggermente più grandi, destinato alla ricognizione tattica. Lo storico “SPAD XIII” di Rickenbacker si trova esposto nel grande Museo dell’Air Force a Wright-Patterson (Ohio-USA).

Caratteristiche tecniche dello SPAD S. XIII
Aperture alare: m 8,20
Lunghezza: m 6,30
Altezza: m 2,42
Motore: Hispano Suiza - 8 cilindri a V da 235 HP – raffreddato a liquido
Peso a vuoto: kg 570
Peso al decollo: kg 820
Velocità: km/h 220 a m 2.000 di quota
Salita: a m 2.980 in 8’ e 45’’
Armamento: 2 mitr. Vickers 303 calibro mm 7,7
Quota di tangenza: m 6.650
Autonomia: 2 ore
Equipaggio: pilota

_________________________________

L'AEREO "NEMICO"...........


Il biplano “Fokker D.VII”

Il “Fokker D VII” è stato il migliore nemico di Eddie Rickenbacker, ciò nonostante, ne distrusse in poco tempo tredici esemplari. In realtà, era considerato uno dei velivoli più validi apparso nei cieli nella fase finale della Prima guerra mondiale messo in linea dalla Luftstreitkräfte germanica contro i Sopwith F1“Camel” degli inglesi e gli “SPAD XIII” dei francesi. Il progetto originale fu realizzato da un pioniere dell’imprenditorialità aeronautica olandese, naturalizzato poi statunitense, Hermann Anton Fokker (1890-1939) assieme a Reinhold Platz (1886-1966) ingegnere capo progettista dal 1916 presso l’omonima fabbrica Fokker ubicata a Schwerin in Germania. La produzione ebbe inizio negli ultimi mesi del 1917 a seguito di una richiesta avanzata dagli stessi piloti operativi al fronte.
Tuttavia, riuscì ad essere preferito, fra circa una ventina di prototipi presentati da dieci ditte diverse. Il “Fokker D VII” vinse dopo una valutazione eseguita dagli assi tedeschi, fra i quali Manfred von Richthofen. Ne furono ordinati subito 400 esemplari, che giunsero in linea di combattimento ad Aprile dell’anno successivo. Il primo gruppo ad esserne dotato fu la famosa Jasta JG-1 (JagdStaffeln-Squadriglia da caccia) dove c’era proprio il citato asso von Richthofen, ma presto ne furono munite tutte le altre squadriglie dove c’erano i migliori piloti che fino allora avevano conseguito numerosi abbattimenti in volo.

Il “Fokker D VII”, nella sua struttura presentava alcuni difetti iniziali, come possibili danni all’ala superiore conseguente al cedimento delle centine, difetti ai serbatoi di carburante ed altri inconvenienti dipesi dall’eccessivo riscaldamento del motore; tutti però, furono risolti rapidamente. Nonostante ciò, il biplano ebbe un notevole successo fra i piloti, i quali, con un certo spirito tipicamente teutonico, affermavano che il “Fokker D VII”, era in grado di trasformare un pilota scadente in sufficiente e uno sufficiente in un grande asso. A parte questi difetti iniziali, il velivolo permetteva una facilità di manovra soprattutto alle basse velocità, favorendo il pilota al tiro con la mitragliatrice durante la picchiata. Per questo, si guadagnò un notevole gradimento che pose in seconda piano gli altri caccia germanici del conflitto, altrettanto efficienti, come “Albatros” e “Pfalz”.
La cellula del “Fokker D VII” era costituita dalla fusoliera in tubi di acciaio rivestititi di tela e pannelli di alluminio a protezione della parte anteriore della fusoliera. Le ali ben disegnate aerodinamicamente, erano a sbalzo unite per mezzo di due montanti in acciaio. Il timone era provvisto di superficie fissa contrariamente ad altri biplani. Per la motoristica in un primo momento fu installato il collaudatissimo motore Mercedes D III di 160 HP. Detto motore, era raffreddato a liquido con 6 cilindri in linea, prodotto dall'azienda DMG (Daimler-Motoren-Gesellschaft) durante la Prima guerra mondiale, che fu collocato in diversi velivoli germanici.
Presto, però, venne sostituito dal più potente BMW IIIa da 185 HP, per mezzo del quale, il caccia era in grado di salire fino a 6.000 m, in un tempo dimezzato rispetto al Mercedes. Il pilota aveva, inoltre, la possibilità di sfruttare meglio le due mitragliatrici sincronizzate con il disco dell’elica e carenate opportunamente nella fusoliera in modo di ottenere una maggiore visibilità al tiro, che, fra l’altro, costituiva il requisito basilare di un caccia dell’epoca. In realtà, per questo efficiente velivolo, dopo l’avvenuta resa, come preda di guerra, ne fu preteso il passaggio di tutti gli esemplari reperibili nelle Jasta tedesche, circa 800 esemplari, alle basi delle nazioni vincitrici del conflitto, dove rimasero in servizio per un altro decennio.
Anche la neutrale Svizzera nel 1929, se ne costruì una decina su licenza destinati al proprio esercito. Dalla ditta Fokker, ne uscirono poco meno di 400 esemplari originali, gli altri, fino a raggiungere un totale di circa 1700, furono realizzati su licenza da altre ditte europee di quegli anni. Però, alcuni esperti storici aeronautici hanno stimato, esaminando sempre il periodo successivo al conflitto, un numero totale di circa 3.000 esemplari. Tuttavia, le caratteristiche tecniche e operative del “Fokker D VII” sono state ricostruite scrupolosamente dagli esperti ricercatori nel campo dei velivoli storici, in quanto i disegni originali del progettista Fokker, non sono stati recuperati del tutto. Modelli volanti e statici di questo aereo, si trovano esposti nei maggiori musei aeronautici.

Caratteristiche tecniche del “Fokker D.VII”
(fra parentesi sono relative al motore BMW)

Aperture alare: m 8,90
Lunghezza: m 6,95
Altezza: m 2,75
Motore: Mercedes-DIIIa in linea da 160 HP e (BMW-IIIa da 185 HP)
Peso a vuoto Kg 670
Peso al decollo: kg 960
Velocità: km/h 186 a m 1000 di quota (km/h 200 a bassa quota)
Salita: a m 1000 in 4’ (1’ e 45’’)
Armamento: 2 mitr. LMG 08/15 calibro mm 7,92
Quota di tangenza: m 6.000
Autonomia: 1 h e 30’ (1 h e 30’)
Equipaggio: pilota

FINE

Alessandro Rao

alesrao@hotmail.it

 

 

< ALLA TABELLA AVIAZIONE

HOME PAGE STORIOLOGIA >