Il geniale inventore della V2, e la micidiale bomba volante
che avrebbe dovuto sconfiggere l'Inghilterra

un precoce pioniere dello spazio
VON BRAUN

da Hitler a direttore della NASA

SEMINO' LA MORTE PUR DI CONQUISTARE LO SPAZIO COSMICO

Lo scienziato aveva progettato un razzo
per l'esplorazione del sistema extraterrestre. 
Invece si piegò agli ordini di Hitler.
Poi portò gli americani sulla Luna

di PIETRO BREVI

7 settembre 1944: il mondo è occupato a massacrarsi, e i giorni dell'odio sono tutti uguali, segnati dalla monotonia della morte. Ma quel giorno l'orrore scrive un nuovo capitolo per gli abitanti di Londra, la capitale inglese già martellata da tanti bombardamenti. La morte non arriva più dagli aeroplani nemici, che si possono avvistare, contrastare, e dentro i quali vi sono pur sempre degli uomini, in tutto uguali a quegli altri uomini contro cui combattono. La morte arriva dal cielo con una macchina nuova, assolutamente incontrastabile perché piomba sul bersaglio ad oltre duemila chilometri l'ora. E a quella velocità arriva prima del rumore stesso che produce, perché viaggia a velocità "supersonica". Niente può fermare la tonnellata di esplosivo racchiuso nella sua ogiva, ai cui danni si sommano quelli provocati dalle quattro tonnellate della macchina stessa, quando si schianta al suolo.

Questa meraviglia della tecnica si chiama Vergeltungswaffe2 (ossia arma di rappresaglia 2), più nota come V2. E' un razzo lungo 14 metri, ha una velocità massima di cinquemila chilometri l'ora, che le permette di raggiungere quasi cento chilometri di quota, su nei cieli, quasi volesse toccare Dio. Tuttavia non è il Cielo che la chiama, ma solo la tristezza degli uomini, che le impone di tornare verso terra a compiere la missione per cui è stata costruita: uccidere. Questo razzo è un condensato delle principali scoperte di fisica, matematica e chimica. La scienza ha realizzato qualcosa di assolutamente nuovo, ponendolo a disposizione di qualcosa di assolutamente vecchio: la passione dell'uomo per massacrare l'uomo.

21 luglio 1969: è passata solo una generazione, e il mondo è incollato davanti ai televisori, per assistere allo sbarco sulla superficie della Luna degli astronauti americani Neil Alden Armstrong e Edwin Eugene Aldrin. Sono arrivati fin sul nostro satellite spinti dal razzo Saturno, alto sessanta metri, hanno viaggiato ad una velocità di 40.000 chilometri all'ora. Ora sono lassù, lontanissimi eppure così vicini al cuore di tutti gli uomini che hanno ancora bisogno di sognare. La totale eroica inutilità della loro impresa li rende protagonisti di un messaggio di speranza: l'uomo è grande, non si ferma, Icaro è testardo, perché il richiamo del Cielo è troppo forte. La scienza e la tecnica hanno donato all'uomo un'incomparabile pagina di poesia, gli hanno assegnato un pezzetto di azzurro per poter sognare di compiere, un giorno, un altro balzo, e un altro ancora, ad esplorare quelle stelle che nelle notti limpide ci riempiono gli occhi e il cuore.

L'orrore del 1944 e la poesia del 1969 hanno lo stesso padre: è il barone tedesco WERNHER VON BRAUN, dottore in fisica, ragazzo prodigio, padre della missilistica, cittadino americano divenuto tale in modo un po' avventuroso, direttore della NASA, l'ente spaziale americano. Il razzo Saturno non è che il discendente naturale della Vergeltungswaffe2; enormemente più potente di quest'ultima, suddiviso in più stadi, costituisce comunque il punto di arrivo di un lungo cammino che il geniale fisico tedesco aveva iniziato molti anni prima. E nel 1977 von Braun, concludendo una vita intensissima, tutta protesa alla realizzazione dei suoi obiettivi, contrassegnata, come spesso accade per i geni, dalla solitudine e da un'estraneità alle vicende quotidiane, lasciò in eredità non solo un eccezionale bagaglio di conoscenze scientifiche e tecniche, ma anche una serie di interrogativi morali irrisolti.

COMINCIO' CON LE LOCOMOTIVE - L'avventura di Wernher von Braun inizia presto, nel 1930, ad un'età in cui in genere la maggior parte dei giovanotti hanno come occupazione principale quella di correre dietro alle ragazze. A diciotto anni von Braun, studente all'istituto di tecnologia di Charlottenburg, un quartiere di Berlino e apprendista in una fabbrica di locomotive nella parte opposta della città, chiede ed ottiene di diventare assistente del professor Hermann Oberth, direttore della Verein für Raumschiffahrt, "Società per la Navigazione Spaziale", che ha sede alla periferia di Berlino, in un luogo denominato Raketenflugplatz, "campo di volo per razzi". E qui fermiamoci un attimo. Non vorremmo che al lettore venissero in mente le immagini a cui ci ha abituato la televisione: razzi giganteschi che svettano verso il cielo, centri di controllo con interminabili pannelli pieni di comandi, teleschermi e chissà cos'altro di preciso, dove siedono, attenti e silenziosi, decine e decine di tecnici in camice bianco; qua e là, la presenza discreta di militari di guardia... Niente di tutto questo. Il "campo di volo per razzi" si trova in un terreno di proprietà municipale, alla periferia nord di Berlino. Questo terreno è occupato in buona parte da vecchi magazzini in calcestruzzo, che durante la Grande Guerra era stati adibiti a depositi di munizioni, di proprietà del ministero della Guerra. Il terreno è inutilizzato da anni e la "Società per la Navigazione Spaziale" lo ottiene in uso gratuito dal municipio, con l'impegno però a utilizzare solo due di quei fabbricati e a non installare alcuna macchina o apparecchiatura che non sia smontabile e amovibile nell'arco di ventiquattr'ore. Così, tra rottami e baracche sconquassate, inizia l'avventura della conquista dello spazio.

... MA IL SUO SOGNO ERANO I RAZZI - Il giovane von Braun aveva sentito parlare del gruppo di studiosi i quali si erano dati quel nome altisonante che rifletteva, senza dubbio, le loro aspirazioni, ma assai meno la loro reale condizione. Hermann OBERTH, romeno, aveva iniziato a studiare dal 1922, quando era ancora studente di matematica ad Heidelberg, le possibilità di attraversare l'atmosfera terrestre per mezzo di un razzo. A questo proposito si era anche messo in contatto epistolare con uno studioso americano, il professor Robert GODDARD, che lavorava sui razzi dal 1912 e che aveva già dimostrato sperimentalmente che un razzo si muove anche in ambiente privo di atmosfera. Goddard (che nel 1926 avrebbe anche lanciato il primo razzo a carburante liquido - ossigeno liquido e benzina), già schivo di sua natura, aveva mal sopportato i primi inevitabili insuccessi, e le facili ironie su razzi che avrebbero dovuto arrivare sulla Luna e invece superavano a stento la quota di mezzo chilometro; la sfortuna volle anche che lo scienziato americano si trovasse tra i milioni di "vittime" della grande depressione economica che aggredì l'America nel 1929, e che rese impossibile per diversi anni trovare finanziatori per gli esperimenti.

OBERTH, invece, spirito dinamico e geniale, pubblicava già nel 1923 un libretto intitolato Die Rakete zu den Planetenraumen (Il razzo verso gli spazi interplanetari) che, steso in forma divulgativa anziché nelle austere forme scientifiche più care a Goddard, conobbe un successo notevolissimo. Il 1923 in Germania è un anno travagliassimo: l'inflazione ha raggiunto livelli fuori da ogni logica (per acquistare un dollaro bisogna ormai sborsare 4 miliardi di marchi); il 9 novembre di quell'anno la polizia arresta un esagitato, leader di un partito di minoranza, che il giorno prima ha tentato un putsch a Monaco, sequestrando diversi capi militari. Il suo nome è ADOLF HITLER. Tutto sembra scricchiolare nella Repubblica di Weimar; e forse anche per questa atmosfera da naufragio, nasce un entusiasmo inatteso per questo studioso non ancora trentenne che dice che si può andare sulla Luna, e poi su altri mondi, e che ha costituito il gruppo dal nome quantomeno carico di ottimismo di "Società per la Navigazione Spaziale".

I PROGETTISTI CON LA TESTA SULLA LUNA - Col passare degli anni, e con l'acuirsi delle difficoltà in Germania (dopo un'effimera ripresa, subito bloccata dalle ripercussioni mondiali del crollo di Wall Street), continua a crescere l'interesse per i razzi e il volo spaziale. Oberth pubblica un altro volume, mentre i libri dei suoi collaboratori Valier e Ley, pubblicati nel 1926, gli esperimenti dell'industriale Fritz von Opel, di chiara marca pubblicitaria, con auto a razzo e il film di Fritz Lang "Una donna sulla Luna" creano un'atmosfera per cui sembra che ormai il volo spaziale sia cosa fatta: in fondo, basta costruire un razzo e partire... Ma Oberth, che è uno scienziato, si rende conto che in tanti anni non si è andati al di là dell'elaborazione di teorie, che non vanno molto oltre la discussione matematica dei problemi. I primi rudimentali esperimenti con carburanti liquidi, condotti su motori a terra, sono serviti soprattutto per riuscire a trovare ancora finanziamenti. Ma la strada da fare è ancora lunga. Di che utilità potrà essere quel giovane compito, che non dimostra neanche i suoi diciotto anni, che offre i suoi servigi alla "Società per la Navigazione Spaziale"?

Di sicuro col passare dei mesi Oberth resta colpito dalla tenacia dell'aspirante ingegnere von Braun, dalla sua voglia di imparare, sempre disponibile anche alle mansioni più umili, e da un certo metodo innato di affrontare i problemi uno per uno, con fredda calma. E alla diffidenza iniziale si sostituisce una certa tolleranza e poi un'aperta stima.

Von Braun nasce a Wirsitz, in Slesia, il 23 marzo del 1912, secondo figlio del barone Magnus von Braun, appartenente ad un casato aristocratico di cui si trovano le tracce sino al 1245, quando uno di loro combatté i mongoli nella battaglia di Liegnitz. I von Braun da generazioni ricoprono cariche importanti nella politica e nell'amministrazione pubblica. La madre, Emmy von Quistorp, è una donna di grande cultura e si occupa di astronomia da dilettante seria ed impegnata. E' lei che col regalo di un primo telescopio incomincia ad avvicinare le osservazioni e i sogni del giovane allo spazio. E' uno strumento elementare, non certo da osservatorio, ma permette comunque di vedere bene la Luna. E a poco più di dieci anni il ragazzino tedesco che aveva da poco ricevuto i primi calzoni lunghi guarda per la prima volta quelle pianure aride su cui, quarantasette anni dopo, spedirà due uomini.

ALUNNO SCADENTE IN MATEMATICA - A scuola Wernher von Braun non è né svogliato né particolarmente impegnato. Uno studente come tanti altri, che ha solo qualche problema con la matematica; ma la lettura del libretto di Oberth di cui dicevamo sopra, "Il razzo verso gli spazi interplanetari", che fornisce in forma di linguaggio matematico le risposte a tanti perché che gli occupano la mente, lo spinge a diventare uno studente modello di matematica. Von Braun è solo un adolescente ma già dimostra così la sua determinazione e la sua tenacia. In sé stesso sa già che vuole arrivare nello spazio. Se un primo passo da fare è studiare bene la matematica, ebbene, non c'è altro da fare che studiare bene la matematica. Quando approda al gruppo di Oberth, von Braun non è che un giovane neodiplomato il quale chiede con molto garbo di potersi rendere utile per imparare qualcosa. Il gruppo era già impegnato nella sperimentazione del Minimumrakete (razzo minimo), abbreviato in Mirak, il cui scopo principale era quello di giungere, in via sperimentale, alla composizione ottimale del carburante liquido. Le difficoltà maggiori si incontravano nell'utilizzo dell'ossigeno liquido e nelle relative pressioni (e quindi bassissime temperature) a cui deve essere portato questo gas per mantenersi allo stato liquido, peraltro malfido e pericoloso.

Il 17 maggio di quell'anno (siamo nel 1930) uno degli studiosi della "Società per la Navigazione Spaziale", Max Valier, era morto proprio in seguito all'esplosione di un motore ad ossigeno liquido. Quando Oberth riparte per la Romania, dove aveva un incarico di insegnamento, la guida del gruppo viene assunta dal professor Rudolf NEBEL, ed iniziano anche a manifestarsi le prime divisioni tra gli studiosi associati. Nebel è un ottimista, ha doti di praticità immediata. Anche troppa, secondo un altro autorevole membro, Willy LEY. Questo è un rigoroso sperimentatore, quello ha una gran fretta di dimostrare che i razzi si possono fare, che non sono una dispendiosa follia, che possono davvero divenire i veicoli per il volo nello spazio. Fedele "spalla" di Nebel è un giovane ingegnere, Klaus RIEDEL. Insieme i due si accingono al primo lancio del "Mirak", in una fattoria dei nonni di Riedel: siamo ai primi di settembre del 30.

PRIMI ESPERIMENTI, PRIMI FLOP - Alle prime prove a terra il motore genera una spinta tanto debole da non muovere neppure la lancetta del dinamometro. Poi finalmente la spinta cresce, diviene superiore al peso del razzo, e quindi utile per il lancio: è il momento di lasciare libero il razzo. Che esplode. Riedel e Nebel tornano a Berlino per nulla depressi e si rimettono al lavoro con von Braun per cercare di capire le ragioni dell'insuccesso. A Nebel non difetta certo l'entusiasmo, tant'è che riesce ad ottenere, anche con metodi poco ortodossi, materiali, finanziamenti, nonché uno sgravio fiscale sulla benzina da usare per gli esperimenti. Iniziano gli studi sul terzo Mirak: forse la soluzione consiste nel distanziare convenientemente i serbatoi dalla camera di combustione. Si sperimentano anche raffreddamenti ad acqua. Intanto si inaspriscono i rapporti tra Nebel e gli altri membri del gruppo. E il fedelissimo Riedel approfitta di una lunga vacanza del "capo" (che si era deciso a prendere un po' di riposo proprio perché gli pareva che il terzo Mirak fosse ormai a punto) per mettere in cantiere con l'"avversario" Ley un nuovo tipo di razzo con il motore in testa e con i serbatoi non più scaldati dal motore stesso.

Altro non era che la ripresa di un'idea originaria di Oberth: e funziona. Da un primo balzo casuale di una ventina di metri, i loro razzi arrivano a sessanta, poi a cinquecento metri, finché (siamo ormai nell'agosto del 1932) l'altezza di un chilometro e mezzo è diventata abituale. Ma anche i "repulsori" (così Riedel e Ley avevano battezzato i loro razzi, per distinguerli dal Mirak di Nebel) a un certo punto mostrano la corda: non si riesce ad andare al di là dei cinquanta chili di spinta: il principio è giusto ma va sviluppato. E quindi si ritorna all'eterno problema di trovare ulteriori mezzi per continuare gli studi e le prove. Cosa c'è di meglio della pubblicità? Viene allestito un lancio sperimentale di un "repulsore" in occasione della visita al "campo di volo per razzi" degli operatori del cinegiornale, ai quali non si può certo ammannire solo qualche prova a terra del motore. Il razzo parte, ma sembra voglia fare i dispetti: mostra subito una certa instabilità, poi si gira, punta verso terra e va a schiantarsi su un capannone di proprietà della polizia, incendiandolo. Non ci sono fortunatamente vittime, e inoltre il capannone non conteneva nulla.

L'ASCESA DEL GIOVANE WERNHER - Ma la polizia è la polizia: irruzione, fermo delle attività, e ripresa delle stesse solo dopo una severa regolamentazione. Il tutto si risolve in un'ulteriore pubblicità: ma non nella direzione sperata dai membri del gruppo. Perché dopo questo episodio la "Società per la Navigazione Spaziale" cesserà di fatto di esistere, mentre inizierà la sua inarrestabile ascesa il giovanottone biondo, servizievole e silenzioso. Nei due anni presso la Società von Braun aveva sempre mantenuto l'atteggiamento che si conviene ad un giovane che deve imparare: aveva assistito in silenzio alle discussioni che si facevano sempre più aspre tra i membri del gruppo, in particolare dopo che Nebel si era sentito umiliato dal fatto che il "repulsore" era stato costruito senza le sue direttive, praticamente alle sue spalle. Era disponibile a qualsiasi mansione, perché sapeva che era l'unico modo per poter avere una visione di insieme. E aveva maturato (come lui stesso racconterà molti anni dopo) alcune convinzioni:
 
-- la strada per lo spazio era aperta: bisognava avere il veicolo per percorrerla, e questo non poteva essere che il razzo.

-- i calcoli fondamentali di Oberth erano esatti; ma la teoria matematica andava verificata di continuo con gli esperimenti, perché solo in via sperimentale si scoprivano inconvenienti di varia natura e mezzi per correggerli: le difficoltà incontrate per evitare le esplosioni dei motori ad ossigeno liquido erano la miglior dimostrazione della bontà di questo assunto.

-- la ricerca spaziale si mostrava quindi lunga e costosissima, perché erano da mettere comunque in preventivo fallimenti che, visti in chiave pragmatica, non erano tali, ma erano anzi occasioni per apprendere cose nuove.

-- nessun privato, o industria, era quindi in grado di finanziare un serio lavoro di ricerca e sperimentazione per i viaggi nello spazio. Chi esborsa enormi quantità di soldi senza alcuna certezza di un ritorno in tempi ragionevoli?

FINANZIAMENTI IN VISTA. A UNA CONDIZIONE...-  Inoltre von Braun aveva maturato anche un'altra convinzione, che esprimerà sempre molti anni dopo, con garbati giri di parole: Oberth era stato il maestro, il grande teorico che aveva dimostrato, con l'inoppugnabile linguaggio dei numeri, che è possibile costruire un veicolo che abbia una spinta tale da liberarsi dall'attrazione terrestre. Gli altri erano dei buoni tecnici, ma nulla di più. Wernher Von Braun ormai sentiva di poter imboccare la propria strada; non aspettava che l'occasione. E l'occasione gliela diedero una serie curiosa di fatti e avvenimenti: dall'incendio del capannone della polizia, al caratteraccio di Nebel, al trattato di Versailles, sì, proprio quello che nel 1919 era stato stilato con lo scopo di sotterrare qualsiasi velleità di riarmo tedesco.

Cerchiamo di procedere con ordine, e partiamo dal fondo. Il trattato di Versailles. Le potenze vincitrici della Grande Guerra avevano imposto alla Germania, oltre a un debito di guerra di proporzioni mostruose, delle pesanti clausole di disarmo. Praticamente i tedeschi non potevano avere più di centomila uomini sotto le armi, ma si trattava di uomini che non potevano avere né aviazione, né carri armati, né navi da guerra di alto tonnellaggio. Erano chiuse le scuole ufficiali e le scuole cadetti. Nelle intenzioni dei vincitori, se i tedeschi avessero voluto fare ancora la guerra, l'avrebbero dovuta fare con le doppiette da caccia. Ma ovviamente il trattato non poteva prevedere ciò che ancora non esisteva: i razzi. Il trattato non ne faceva menzione perché i razzi a polvere usati nella Grande Guerra per segnalazioni, o per abbattere palloni, erano poco più che fuochi artificiali; non avevano certo le caratteristiche di armi offensive di grande potenza. Ma l'esercito tedesco (i cui ufficiali venivano nel frattempo addestrati alle scuole dell'Unione Sovietica) teneva d'occhio con discrezione il lavoro della "Società per la Navigazione Spaziale": non poteva un razzo sostituire un proiettile di artiglieria o essere addirittura più efficace di questo?

SUL PROGETTO LE MANI DEI MILITARI - L'incendio del capannone della polizia aumentò questo interesse: ai militari piace tutto ciò che è distruttivo e quello, in fondo, era stato un esperimento, seppur involontario, di "bomba volante". Nebel, sempre preso dal problema pratico di mandare avanti il lavoro, e quindi di trovare i quattrini, andò a rispolverare uno dei tanti calcoli teorici fatti da Oberth, per chiedere fondi all'esercito, facendo balenare la possibilità di costruire un razzo capace di colpire un bersaglio del diametro di duecento metri alla distanza di duemila chilometri. E l'esercito promise una visita, senza alcun impegno. Un giorno arrivano in visita al "campo di volo per razzi" tre distinti signori, in abiti borghesi. Sono tre ufficiali del Commissariato Approvvigionamenti dell'Esercito: il colonnello BECKER, il maggior Von Horstig e il capitano Dornberger. Osservano al dinamometro alcune prove statiche dei motori, poi propongono un "contrattino" che Nebel si affretta ad accettare: mille marchi per una prova di lancio da farsi al poligono di tiro dell'esercito, a Kummersdorf, una località a un centinaio di chilometri a sud di Berlino.

Nebel e von Braun partono, non hanno detto nulla agli altri membri del gruppo, contrari a legarsi ai militari, perché ne temono i relativi vincoli, controlli, regolamenti. Nebel però non porta con sé un "repulsore", ossia la creatura di quelli che ormai considerava i suoi rivali. Porta un Mirak, il "suo" razzo, lo monta alla bell'e meglio con von Braun: e il risultato è quello che ci si poteva aspettare, visti i precedenti: il razzo vola per sessanta metri, poi si incurva e si schianta a terra. Gelo dei presenti. Nebel propone subito un'altra prova, ma il colonnello Becker si limita a guardarlo in freddo silenzio: sembra addirittura disgustato, lascia a un subordinato il compito di spiegare a quei signori che "siamo troppo lontani da quello che serve all'esercito". Al ritorno a Berlino Nebel e Von Braun dovranno affrontare anche le ire degli altri membri del gruppo, che non vogliono saperne di dipendenza dall'esercito. Von Braun, come è suo costume, tace. Ormai ha scelto per Nebel anche perchè quest'ultimo è capace di mancare del tutto di realismo, e in questa situazione è proprio quello che ci vuole. Von Braun ha capito che solo le forze armate potranno finanziare la continuazione del lavoro; certo, bisognerebbe presentare loro qualcosa di più valido. Invece Nebel insiste con il Commissariato Approvvigionamenti usando la delicatezza dell'ariete, fino ad autoconvincersi che il colonnello Becker nutra un odio personale contro di lui.

L'ASSO NELLA MANICA DELLO SCIENZIATO - Quello che invece vuole l'alto ufficiale sono tavole analitiche precise, complete di dati sulle traiettorie dei razzi, sui consumi, sulle velocità, sui sistemi di guida. Ma Nebel è ormai accecato dal fatto personale e quindi chiede a von Braun di fare un ultimo tentativo. E von Braun va nella "tana del leone" ad affrontarlo, e a scoprire che il colonnello è in verità un uomo dalla mentalità aperta, di profondo spirito scientifico. Di sicuro von Braun impressiona Becker con la sua personalità di ventenne ben più garbato dell'irruente Nebel e fornito di basi teoriche e di capacità analitiche assolutamente insolite in un giovane di quell'età. Ma è difficile non pensare che il colonnello assuma un atteggiamento più conciliante anche per un altro motivo: il padre di von Braun è, dal primo giugno di quell'anno, ministro nel governo von Papen. E' un governo traballante, questo è vero, d'altra parte nella Germania del 1932 tutta la politica è un traballamento; di lì a pochi mesi l'omino coi baffi, che nove anni prima era stato in carcere, andrà al potere. Ma intanto, un ministro è sempre un ministro e forse anche Becker, simpatizzante del ministro della Guerra, generale von Schleicher, fa parte di quelli che si illudono che proprio il governo von Papen possa servirsi dei nazisti per eliminare i socialdemocratici, dare una decisa svolta autoritaria al paese e, a questo punto, eliminare anche le milizie di straccioni di Hitler.

Ma a von Braun la politica non interessa. Chiunque venga al potere, avrà sempre bisogno di un esercito, e ora il suo scopo è convincere l'esercito, nella persona del colonnello Becker, a finanziare le attività del volo spaziale. Il giovane è convincente, è preparatissimo, è figlio di un ministro. Becker lo fissa a lungo e poi gli propone: "Potremmo assicurarvi un aiuto finanziario a patto che vi impegniate a lavorare per noi in segreto, in una zona militare. Niente razzi da guerra al vostro "campo di volo per razzi". Sarete tenuti alla disciplina e all'obbedienza...". Von Braun ringrazia, si alza e comunica con un inchino che riferirà subito la proposta ai suoi colleghi. Dopo, se il signor colonnello lo consente, tornerà con la risposta. Ma ha già scelto. Uscendo dagli uffici militari, già gli turbinano nella mente una quantità di problemi da risolvere. Un grosso razzo avrà bisogno di giroscopi, di deviatori di getto direzionali, di valvole elettromagnetiche, di controlli della combustione.

VON BRAUN FIRMA E LAVORA PER HITLER

Un programma di ricerche di questa ampiezza, come lo si può realizzare con i mezzi eternamente traballanti del "campo di volo per razzi"? Il denaro e le installazioni dell'esercito offrono la soluzione. La contrarietà dei suoi colleghi alla proposta del colonnello Becker non lo stupisce; salvo Nebel, che peraltro ora che la proposta dell'esercito è concreta fa marcia indietro, tutti gli altri avevano già manifestato la loro opinione: "Quegli ignoranti vogliono impedire il libero sviluppo del nostro lavoro intellettuale!". Bella frase. Forse ha anche un fondo di verità; ma dimostra mancanza di concretezza. E il 1° novembre 1932 Wernher von Braun diventa impiegato civile dell'esercito, lasciando i suoi colleghi del gruppo con vaghe promesse di favorire, ove possibile, l'attività della "Società per la Navigazione Spaziale" grazie alla sua nuova posizione.

Ora von Braun lavora ufficialmente per l'Esercito, seppur senza vestire l'uniforme. Anni dopo dirà che era convinto di riuscire a tenere in pugno la situazione, nè pensava che i razzi potessero divenire mezzi di distruzione. D'altra parte, aggiungerà, era pronto anche a non indietreggiare, se i militari l'avessero costretto a fare razzi che fossero prima di tutto armi. Ma francamente appare difficilmente credibile che questo giovane ventenne, di intelligenza assolutamente superiore, potesse credere più di tanto ad un esercito che lo finanziava per puro amore della scienza. Figlio di un ministro (che già aveva dichiarato "se Hitler prende il potere, sarà la distruzione del Paese"), von Braun era ben conscio della situazione in cui si trovava la Germania. Il governo von Papen era in agonia, l'ascesa di Hitler era sempre più veloce, anche perchè l'esagitato capo nazionalsocialista aveva saputo soffiare sul fuoco dei sentimenti di rivalsa di un popolo che le potenze vincitrici avevano voluto umiliare, dimostrando una notevole miopia politica. Inoltre Hitler parlava apertamente di riarmo, e questo non poteva non suscitare le simpatie di almeno una parte degli ufficiali, che il trattato di Versailles avrebbe voluto ridurre a poco più di caporali istruttori. E la casta militare restava comunque fortissima.

GENIALE. MA SENZA SCRUPOLI - Insomma, pensare di poter separare l'esercito dalle armi, costruendo solo razzi "civili", e pensare che l'esercito potesse mantenersi del tutto estraneo alle vicende politiche che stavano portando Hitler al potere, era assolutamente irrealistico. Von Braun, molto semplicemente, fece le sue scelte. Come una bella donna, dotata di grande fascino ma dal cuore di ghiaccio, sposa l'uomo che non ama, ma che le può procurare gli agi che lei desidera, così il giovane scienziato si accasa con l'esercito. Troppo intelligente per non capire la strada su cui si metteva. Troppo freddo per avvertire qualche scrupolo. Quella luna che aveva osservato al telescopio dieci anni prima, si faceva sempre più vicina. Questo era l'importante. Il resto lo lasciava indifferente, non gli interessava. A Kummersdorf offrono ottime condizioni, migliori di quanto von Braun potesse sperare; e non solo in virtù del padre ministro. In particolare era stato il capitano Dornberger a restare colpito "dall'energia e dalla sagacia con cui questo ragazzo sapeva lavorare, e dalle sue stupefacenti conoscenze teoriche". Il giovanotto viene anche messo nella condizione di completare i suoi studi, iscrivendosi alla facoltà di fisica di Berlino, diretta dal professor Erich Schumann, che coordina anche la sezione ricerche dell'artiglieria, sempre con sede a Kummersdorf.

Von Braun si mette subito al lavoro e già nel gennaio del 1933 è pronto un piccolo motore con raffreddamento ad acqua che fornisce una spinta di ben 140 chili per sessanta secondi. Lo scetticismo di Dornberger e dei suoi superiori sui carburanti liquidi incomincia così ad attenuarsi e si inizia la progettazione del motore da 300 chili di spinta, destinato a quello che sarà il primo razzo della generazione che porterà alle V2: l'Aggregat 1, in breve A1. Nell'A1 viene approntata anche una testata rotante, per assicurarne la stabilità lineare: è lo stesso principio dei proiettili di arma da fuoco, che ruotano sul loro asse per andar dritti. Tutto sembra a posto. Ma alla prova il razzo esplode: un ritardo di una frazione di secondo dell'accensione ha permesso la formazione di un accumulo eccessivo di ossigeno e alcool nella camera di combustione, quanto basta perché tutto vada in mille pezzi. si ricomincia. Al posto della testata rotante viene messo, in corrispondenza del centro di gravità del razzo, un giroscopio; i difetti dell'accensione sono corretti.

IL "MOSTRO" COMINCIA A NASCERE

E' pronto anche un motore da ben 1.000 chili di spinta, ma von Braun segue le norme della prudenza. Ha imparato dagli insuccessi di Nebel a non fare passi più lunghi della gamba. E il nuovo razzo, A2, monterà ancora il motore da 300 chili. Ne vengono costruiti due esemplari, battezzati Max e Moritz, personaggi in voga di una serie di cartoni animati. Von Braun, con Dornberger e gli aiutanti, si trasferiscono sull'isola di Borkum, sul mare del Nord e vi impiantano una base di fortuna: i nuovi razzi sono ormai "mostri" da 150 chili di peso e si pensa che possano raggiungere altezze e velocità tali da portarli fuori dal poligono di Kummersdorf. E' dicembre del 1934, e in mezzo al mare del Nord, battuto dai venti gelidi, nessuno si accorge che in Germania esiste Hitler, non si pensa a cosa possa voler dire guerra, distruzione, bombe volanti. C'è solo un gruppo di scienziati e tecnici, guidati da un ufficiale che è molto più scienziato che soldato, i quali sperimentano dei razzi. E Max e Moritz non tradiscono le aspettative: si innalzano fino a 2400 metri. Von Braun non è propriamente entusiasta, ma un altro passo è compiuto e quei lanci vengono considerati dai militari come un successo. Tanto basta per poter proseguire gli studi.

Nel frattempo von Braun trova anche il tempo per laurearsi; a 22 anni è dottore in fisica e direttore del progetto dei razzi a propellenti liquidi dell'esercito. E' il turno dell' A3, un razzo di 750 chili, che monta il nuovo motore da 1000 chili di spinta: un difetto al sistema giroscopico di stabilizzazione, e il razzo, dopo cinque secondi di salita, precipita. Si ricomincia; si studia di nuovo il sistema di stabilizzazione e si mette in cantiere l' A5: la sigla A4 è infatti riservata ad un progetto particolare, che von Braun e i suoi collaboratori hanno in mente da qualche tempo. E' l'estate del 1937. I primi quattro anni e mezzo di lavoro alle dipendenze dell'esercito erano trascorsi esattamente secondo i desideri di Von Braun: aveva potuto lavorare con metodo, passo dopo passo, circondandosi di collaboratori da lui stesso scelti e incaricati dello studio dei vari settori che componevano quella macchina sempre più complessa che era il razzo a propellente liquido.

E IL FÜHRER GLI MANDA A DIRE....

Tutto procedeva per il meglio, finché un giorno Dornberger, divenuto nel frattempo colonnello, mandò a chiamare von Braun. Doveva fargli una comunicazione molto precisa: "Non possiamo sperare di continuare il nostro lavoro se lanciamo solo razzi sperimentali. Il commissariato degli approvvigionamenti vuole un razzo bellico che superi la portata delle artiglierie a lunga gittata. Se no, soldi non ne arrivano più...".  La Germania era in pieno riarmo. Hitler già da due anni aveva abolito unilateralmente le clausole di Versailles; era giunto il momento in cui anche il gruppo di studiosi dei razzi doveva pagare il proprio tributo. "Una gittata di circa 300 chilometri, un carico bellico di una tonnellata di esplosivo, possono bastare ai generali?". Dornberger dice di sì, e von Braun promette che l' A4 avrà quelle caratteristiche. Ma per costruire qualcosa di simile, bisogna trovare una base di lavoro ben più ampia di Kummersdorf, che non imponga continui spostamenti per effettuare i lanci di prova. E la nuova base viene individuata a Peenemunde, sulla punta di una penisola sulla Baia di Pomerania, sul Baltico, dove si stabilirà una sorta di "vicinato" con la Luftwaffe, l'aviazione militare, che a sua volta vuole sperimentare razzi per suo conto e che ha tentato invano di "appropriarsi" del gruppo di von Braun.

Nella nuova base, con uno stanziamento eccezionale di sei milioni di marchi deliberato dall'esercito per battere la concorrenza dell'aviazione, von Braun si getta nuovamente a capofitto nel lavoro. Ma nel 1939 accade un fatto spiacevole: scoppia la Seconda Guerra Mondiale. Le autorità militari incominciano a disinteressarsi del lavoro di Peenemunde: nella convinzione della "guerra-lampo" le armi che si progettano in quel centro dove lavorano stravaganti scienziati non faranno in tempo ad essere utilizzate. Ed allora è meglio che diano il loro contributo immediato allo sforzo bellico: arrivano le prime cartoline-precetto, sia per scienziati, che per tecnici, che per il semplice personale ausiliario.

UN MOMENTO DI PANICO - Per la prima volta von Braun sente mancargli il terreno sotto i piedi ma Dornberger, nel frattempo divenuto generale, tira fuori il suo asso dalla manica: il maresciallo von Brauchitsch, comandante in capo dell'esercito, e suo amico personale. Non solo il maresciallo fa revocare la chiamata alle armi del personale di Peenemunde, ma assegna anche alla base 3500 uomini, fra soldati ed ufficiali dell'esercito. Von Braun respira, può anche organizzare lui una "chiamata di leva". Ma si tratta di una leva di studiosi, non di soldati. I migliori professori universitari delle più diverse discipline vengono interpellati per dare le loro risposte sui più diversi problemi di ingegneria, di chimica, di fisica. Ad ognuno viene assegnato un "sottoproblema" da risolvere, ed ognuno di loro è ben contento, non solo per motivi professionali, ma perché la collaborazione col gruppo di Peenemunde gli garantisce l'esenzione dal servizio militare.

Von Braun costituisce così uno staff di trentasei "cervelli" con i quali si mantiene in continuo contatto, anche andando a trovarli nelle loro sedi: non ha problemi a muoversi, può disporre come vuole di un agile aereo da turismo dell'esercito, che pilota personalmente. Tutto deve girare come un meccanismo perfettamente oliato per dar vita all' A4, che è ormai la sua ragione di vita.

Nella primavera del 1940 la guerra va a gonfie vele per la Germania: Danimarca, Norvegia, Belgio, Olanda e infine Francia: tutte queste nazioni sono schiacciate dall'avanzata tedesca, che sembra inarrestabile.

NON E' FACILE SCHIACCIARE L'INGHILTERRA......

Nella primavera del 1940 la guerra va a gonfie vele per la Germania: Danimarca, Norvegia, Belgio, Olanda e infine Francia: tutte queste nazioni sono schiacciate dall'avanzata tedesca, che sembra inarrestabile. Di lì a poco, questa è la certezza diffusa, anche gli inglesi dovranno cedere le armi. A questo punto l'Europa sarà conquistata, non ci sarà neanche bisogno delle armi che si stanno studiando a Peenemunde. Ma allora, non c'è di nuovo il rischio di veder vanificati tanti anni di lavoro?

NON E' FACILE SCHIACCIARE L'INGHILTERRA

Tuttavia l'Inghilterra non è affatto facile da schiacciare. Le perdite della Luftwaffe si fanno troppo consistenti, e sempre più appare chiara la mancanza di un piano coerente dell'arma aerea tedesca, che di fronte alle prime sconfitte cambia più e più volte gli obiettivi. Gli inglesi dispongono del radar (che per i tedeschi è ancora in fase sperimentale) e questo aumenta enormemente la loro superiorità tecnica. Tutti gli aerei perduti non sono serviti a nulla: l'Inghilterra non è piegata. A ottobre del 1940 l'offensiva aerea si spegne con una sconfitta bruciante per i tedeschi. Sarebbe esagerato dire che Von Braun brindò alla sconfitta della Luftwaffe. Ma è sicuro che dall'ottobre del 1940 si procede con maggior decisione, con la sicurezza di essere lasciati in pace, a portare avanti il programma dell' A4. Due certezze erano acquisite: la Luftwaffe non era in grado di avere il dominio dei cieli, e la guerra sarebbe durata ancora a lungo.

Esattamente ciò che serviva a von Braun. E l' A4 vedrà la luce l'anno successivo. E' un razzo lungo 14 metri, con un diametro massimo di un metro e settanta, esclusi i timoni stabilizzatori di coda. In assetto di partenza pesa quasi tredici tonnellate, otto e mezzo delle quali sono costituite dai propellenti: ossigeno liquido e alcool. I gas prodotti nella camera del motore raggiungono una temperatura di 2700 gradi, scaricandosi dall'ugello posteriore a una velocità di 7200 chilometri orari. Ne risulta una spinta da 25 a 30.000 chili, che consente al razzo di toccare una velocità di 5000 chilometri orari. Il 3 ottobre del 1942, dopo un paio di insuccessi, il razzo A4 percorre una distanza di 190 chilometri, toccando una quota di 85 chilometri.

E' nato il grande razzo moderno, di fatto è nato il primo veicolo spaziale.

La sua testata, per ora, porta una zavorra, per ragioni di stabilizzazione. Ma è destinata a portare una tonnellata di amatolo, una miscela di tritolo e nitrato di ammonio, che non esplode alle forti temperature cui sarà sottoposto il razzo nella fase di discesa, che avviene in caduta libera a circa duemila chilometri l'ora. E qui facciamo un attimo di sosta, necessaria per una riflessione inevitabile. Abbiamo seguito finora l'avventura di un uomo geniale: in poco più di un decennio von Braun ha saputo trarre dalle prime rudimentali esperienze dei Mirak, con i loro voletti di meno di cento metri, una macchina meravigliosa, frutto della sua genialità e della sua capacità di far operare altre persone, ad ognuna assegnando un problema ben individuato.

LA MORALE SOTTO LE FORCHE CAUDINE

Per raggiungere questo scopo è passato sopra ad ogni altra considerazione. Se la sua macchina meravigliosa porterà nella testata una tonnellata di esplosivo, von Braun ci dirà solo che era una forca caudina necessaria da passare per poter proseguire gli studi del veicolo spaziale. Né lo spinsero considerazioni di seppur distorto patriottismo perché, come vedremo nella seconda parte di questa rievocazione, non ebbe problemi nell'abbandonare precipitosamente la sua patria. Ma probabilmente la sua patria, il luogo dei suoi sentimenti, dei suoi affetti, erano i razzi. 

 

GERMANIA KAPUTT e  VON BRAUN  PASSA AL SERVIZIO DEGLI USA
"ORA VI PORTERO’ SULLA LUNA" 
              

La sera del 3 ottobre 1942 (teniamo a mente questa data) si fa festa, a Peenemunde. Il generale Dornberger, a capotavola, brinda con champagne insieme a VON BRAUN e ad OBERTH, che finalmente aveva potuto raggiungere il gruppo. Lo scienziato romeno è raggiante: il suo ragazzo prodigio ha appena dichiarato che l' A4 è figlio diretto delle astronavi descritte nei suoi libri. 
Dornberger alza il calice e dice: "Sapete cos'è successo oggi? 
" E' nata la nave spaziale!" 

Applausi e nuovi brindisi. Ma il generale fa cenno con la mano che vuole ancora parlare: "Non crediate che con questo siano finiti i nostri mali di testa. Anzi, iniziano davvero adesso...". Il generale sa quello che dice. Ora che il razzo è diventato una realtà, paradossalmente il successo potrebbe trasformarsi in un boomerang. Infatti fino a quel momento si è potuto andare avanti negli studi e nelle prove grazie alla protezione di Von Brauchitsch. Ma ora non sarà più possibile mantenere la cortina di silenzio che ricopriva l'attività di Peenemunde. Dornberger, militare e scienziato, sa bene come sono fatti i militari: ora che il razzo ha volato, basta produrne qualche migliaio e iniziare ad usarlo come arma. Ma lui, come scienziato, è cosciente che quel volo non è che l'inizio di una nuova fase di studi sperimentali per perfezionare una macchina che è completa nelle sue linee essenziali, ma è ben lungi dall'essere perfetta. 

GOERING  e HITLER

Serviranno quindi molti e molti voli di prova per poter costruire un razzo veramente completo e affidabile, perchè solo con i lanci di prova si paleseranno tutti i difetti che, di sicuro, una macchina completamente nuova non può non avere. Ma nel contempo bisogna fare i conti con l'Aviazione, che ha la sua base "in concorrenza" a Peenemunde Ovest, e che sta pure lavorando sulle bombe volanti: il maresciallo GOERING, presuntuoso e arrogante, è disposto a qualsiasi colpo basso per non vedere sminuito il suo potere, tanto più ora che deve rifarsi una faccia dopo la miserevole conclusione della Battaglia d'Inghilterra. Infine c'è anche un problema, incredibile, pazzesco, che rischierà di paralizzare l'attività di tutti gli studiosi di Peenemunde, sia di quelli dipendenti dall'esercito, che di quelli dipendenti dall'aviazione. La Germania è guidata da un uomo che è folle; quando avrà perso di sicuro la guerra, lo diranno tutti, tedeschi compresi. Ma ora è lui che comanda. E HITLER, da sempre, attribuisce una grande importanza ai... sogni! Di recente ha sognato che nessuna bomba volante raggiungerà mai Londra. E' quindi propenso, così corre voce nel suo entourage, a far cessare l'attività di Peenemunde. Tutte queste cose pensava Dornberger, con la sola magra soddisfazione di poter constatare che anche Goering non aveva troppo da star tranquillo: le stravaganze del piccolo dittatore rischiavano di colpire tutti quelli che erano impegnati nello studio di nuove armi volanti.

E proprio GOERING, per dimostrare che l'aviazione faceva qualcosa, aveva messo in cantiere pochi mesi prima, nell'estate del 42, la "sua" bomba volante, dopo che gli iniziali insuccessi dell' A4 l'avevano convinto (ci si convince facilmente di ciò che si desidera) che questo razzo era un fallimento, e che era giunto il momento buono per mostrare la superiorità tecnica dell'aviazione. Ma, a differenza di Dornberger, Goering non aveva nulla dello scienziato, ma tutto del militare e dell'uomo di potere. Ed era convinto che bastasse dare un ordine al subordinato giusto per veder realizzati i propri progetti. Il subordinato in questo caso era l'ingegner GERHARDT FIESELER , un uomo di eccezionale valore (fu una sua creatura, ad esempio, la "Cicogna", l'aereo più maneggevole dell'epoca, capace di atterrare e decollare in spazi brevissimi), al quale venne dato un ordine assurdo: entro la fine dell'anno l'aviazione doveva avere la sua bomba volante. E così, accantonando studi ben più importanti e avanzati sull'aereo a reazione (il Messerschmitt 262), gli scienziati e i tecnici di aviazione di Peenemunde Ovest fecero quello che era possibile fare, in un tempo così breve, per compiacere il loro vice-dittatore.

IL "GIOCATTOLO" DI GOERING 

E nacque, mentre l' A4 faceva il suo primo trionfale volo, quella strana cosa che era l'aereo senza pilota "Fi 103": una fusoliera con ali e timoni e un pulsoreattore sulla testa. Il pulsoreattore era una variante economica dei motori a reazione i cui studi erano a già in fase avanzata. Una variante economica e lenta: il Fi 103 non avrebbe mai superato la velocità di 650 chilometri all'ora e ciò lo avrebbe reso vulnerabile (come dimostreranno poi le esperienze operative) alla contraerea e alla caccia nemiche. La gran fretta imposta ai progettisti aveva creato una macchina lenta e imprecisa: ma nei tempi ristretti imposti da Goering si era fatto quanto era umanamente possibile. Il Fi 103 quando diventerà operativo riceverà il nome, ufficialmente imposto dalla Propaganda, di Vergeltungswaffe (arma di rappresaglia) numero 1, abbreviato in V1.

Tornando alle preoccupazioni di Dornberger (e, come abbiamo visto, anche di Goering), la soluzione verrà dal nemico. Infatti sul finire del 1942 le sorti della guerra iniziano a mutare in peggio: la Germania deve passare alla difensiva in Africa, mentre a Stalingrado il disastro delle armate di Von Paulus inizia a palesarsi in tutta la sua tragicità. Hitler ha bisogno di nuove speranze a cui aggrapparsi; e, lasciando perdere i sogni premonitori, accetta finalmente l'invito del ministro degli Armamenti, Albert Speer, che già da qualche tempo, sollecitato da Dornberger, invitava il dittatore a conoscere meglio il lavoro del gruppo di studio sui razzi. Dornberger e Von Braun vanno alla "tana del lupo", il quartier generale di Hitler nella Prussia Orientale, portandosi dietro il film del lancio del 3 ottobre, che viene subito proiettato, con un commento estemporaneo di Von Braun. Il dittatore è come ipnotizzato. Appena torna la luce nella sala si proiezione, si alza di scatto e si profonde in complimenti per Von Braun e per Dornberger. Ci sono onori e decorazioni per tutti, e la decisione di passare alla produzione di serie dell' A4, con la conseguente gara dei cortigiani di Hitler per mostrarsi uno più zelante dell'altro nell'eseguire gli ordini.

TROPPI MILITARI FRA I PIEDI DI VON BRAUN 

Questo provoca ovviamente un gran via vai di ficcanaso ufficiali a Peenemunde: ognuno deve dire la sua, dare consigli. Il lavoro scientifico ne ricava solo disturbo, ma c'è il vantaggio che vengono realizzate a tempo di record officine per la costruzione di parti essenziali del razzo a Peenemunde, nonchè a Vienna e nei dintorni di Berlino, mentre il generale Dornberger può iniziare ufficialmente l'addestramento del personale militare che sarà addetto all'utilizzo dei razzi.

GOERING però non è un personaggio da mollare con tanta facilità; lui per andare da Hitler non ha bisogno di intermediari, e riesce ad insinuargli il dubbio che la sua bomba volante Fi 103 sia più sicura e meno costosa della complicatissima A4. E così il 26 maggio 1943 arriva a Peenemunde una "Commissione per il bombardamento lontano", composta, guarda caso, solo da ufficiali della Luftwaffe. Ha il compito di decidere, con prove comparative, su quale delle due armi volanti concentrare gli sforzi, date le carenze di mezzi e di tecnici che la Germania inizia a lamentare, e quindi la necessità di sfruttare al meglio le poche risorse disponibili. Gli ufficiali d'aviazione sanno già quale sarà il loro compito: cancellare con un tratto di penna il successo di quello scienziato poco più che trentenne, che forse non si rende ben conto di essersi messo a dar fastidio a uno degli uomini più potenti della Germania: il loro comandante in capo, il maresciallo Goering. Ma, pur con tutta la buona volontà, neanche i sottoposti di Goering possono chiudere gli occhi davanti alla realtà: l'A4 ("V2") è un vero razzo, si alza per diecine di chilometri, copre traiettorie di centinaia. Il Fi 103 ("V1") è instabile, non tiene la rotta, precipita dopo pochi chilometri.

Il loro rapporto finale è così un capolavoro di ipocrisia, per salvare capra e cavoli: gli elementi raccolti non consentono una scelta precisa tra le due armi, meglio quindi continuare a costruirle entrambe, in vista di un eventuale impiego congiunto, in modo che le qualità dell'una possano compensare i difetti dell'altra, e viceversa. Von Braun può, una volta ancora, tranquillizzarsi e continuare il suo lavoro.

Ma Dornberger è preoccupato: si rende conto benissimo che la situazione militare della Germania è precaria: basteranno qualche centinaia di razzi a capovolgere le sorti della guerra? E' curiosa e interessante la vicenda di questo militare-scienziato, sempre più vicino ai comportamenti di un giovanotto, che potrebbe essere suo figlio, e coinvolto nella sua stessa fondamentale ambiguità: a Von Braun interessano i voli spaziali, e l'A4 non è che una tappa, probabilmente la più importante, ma comunque solo una tappa. A Dornberger dovrebbero interessare anche le sorti militari del suo paese, ma anch'egli ormai è coinvolto nel sogno dello spazio, e sa bene che Von Braun non è che uno scienziato che utilizza le strutture dell'esercito. E' giusto aver illuso, di fatto, la direzione della guerra per poter continuare in pace le ricerche? La soluzione di compromesso, per la coscienza del generale, consiste nell'accelerare il più possibile la produzione dei razzi A4. Gli alleati, i tedeschi ne sono ormai certi, preparano lo sbarco sul continente: se si potrà scaraventare contro di loro un'arma nuova e, per ora, inarrestabile, questo potrà forse rallentare la loro avanzata e dare alla Germania un largo periodo di respiro. Per la mano d'opera, non ci sono problemi: nella Germania nazista i prigionieri abbondavano, e alle officine vengono addetti alcune centinaia di prigionieri-schiavi polacchi e russi.

Nel frattempo però qualcosa era trapelato all'esterno, nonostante la cortina di segretezza che circondava tutto ciò che accadeva a Peenemunde. Aerei spia inglesi avevano fotografato quella base dove c'erano impianti strani, mai visti. Poi c'erano le voci raccolte tra alcuni pescatori del Baltico, che avevano parlato di oggetti volanti che si lasciavano dietro una strana striscia infuocata. E qualcosa era arrivato anche dai canali di collegamento con la Resistenza polacca. Alcuni dei loro uomini, fatti prigionieri e spediti come forzati alle costruzioni di officine e impianti per i razzi, erano riusciti a far trapelare qualche notizia. Le informazioni si accumulavano sul tavolo del maggiore DUNCAN SANDYS, incaricato dal governo inglese di un'inchiesta a fondo su quello che era ormai il "mistero" di Peenemunde. Un mistero su cui veniva gettata un po' di luce da quello che resta uno degli enigmi più interessanti della storia "spionistica" della seconda guerra mondiale: le Lettere di Oslo.

GLI OO7 INGLESI NON DORMONO 

Si tratta di lettere inviate nel novembre del 1939 all'addetto navale inglese nella capitale della Norvegia, in cui si parla dei progetti militari tedeschi, con un accenno anche ad esperimenti con razzi compiuti da una piccola isola del Baltico. Il governo inglese mantenne sempre il più assoluto riserbo sul mittente: di sicuro non si trattava di persona che parlava "per sentito dire", ma di un competente, molto competente. Dopo la guerra corse anche la voce che l'autore delle lettere fosse stato lo stesso Von Braun che, tutt'altro che sicuro della vittoria delle armi germaniche, si era prudentemente creato un'uscita di sicurezza per coprirsi le spalle e poter mostrare, ai futuri vincitori, un suo preveggente collaborazionismo. Può darsi: di sicuro il giovane scienziato non agiva per spinte ideali o patriottiche. Ma nulla però ci autorizza a prendere per buona questa ipotesi: il nome del compilatore delle Lettere di Oslo resta tuttora sepolto nel segreto. Sandys mette insieme tanti frammenti, ai quali si aggiunge il timore che la Germania sia in grado di fare uso di armi atomiche. Gli studi sull'utilizzo dell'energia atomica sono già avanzatissimi in America, ma è risaputo che anche i tedeschi avevano dei cervelli al lavoro in questo campo.

Nel febbraio di quell'anno (siamo nel 1943) un gruppo di sabotatori era riuscito a distruggere l'officina per la produzione dell'acqua pesante, installata dai tedeschi in Norvegia. Ma era l'unica? E quanta acqua pesante poteva essere accumulata in depositi segreti? 

(NOTA - In effetti, a SINIGO (vicino a Merano - a 800 metri dalla casa dell'autore che scrive) la principale fabbrica di ossigeno italiana iniziò a produrre grandi quantità di acqua pesante, che serve normalmente per esperimenti di laboratorio ed è l'elemento indispensabile per la disintegrazione atomica.
La fonte principale dei tedeschi era quella dislocata in Norvegia; questi stabilimenti (i servizi segreti americani  funzionarono - divenne questo sabotaggio perfino  una "missione" leggendaria) furono gravemente danneggiati all'inizio del 1944. Ed allora i tedeschi si rivolsero all'unica grande fabbrica di ossigeno ancora esistente, appunto quella di Sinigo.
In Italia pochi capirono che cosa stava accadendo a Merano, quando dalla Germania imposero allo stabilimento italiano di produrre grandi quantità di questa sostanza, che dentro in numerosi vagoni cisterna e tramite la ferrovia del Brennero dovevano essere destinati in Germania.
Se Hitler e i suoi scienziati non riuscirono a portare a termine in tempo questa prima applicazione della fisica teorica atomica che avrebbe (come poi avvenne in America) portato diritto alla costruzione della bomba atomica; se non riuscirono  lo dobbiamo all'intuizione di un bravissimo tecnico responsabile di produzione di quella fabbrica di Sinigo: un ingegnere di Milano, un certo C.O. 
Chiamato in Germania per concordare i piani di produzione, trovò molto strano che importanti scienziati di fisica dessero molta importanza a questa sostanza, ma non riuscì a farsi dire per che  cosa dovesse venire impiegata. 

Comunque trasalì, anche perchè lui era un appassionato di fisica.  Rientrato in Italia le sue intuizioni e la notizia fu subito trasmessa prima al Comando  Generale  del CVL e questi pur non capendoci nulla, la trasmisero agli alleati.
L'informazione seguì fortunatamente la via giusta fin quando giunse a Los Alamos e gli scienziati addetti al progetto Manhattan capirono benissimo di cosa si trattava e risposero immediatamente .
L'ingegnere per prima cosa ebbe l'incarico di boicottare con  mille motivi tecnici la produzione, e qualora non ci fosse riuscito, tutto era pronto per un bombardamento a tappeto dello stabilimento.(Programmato insieme a quello di Peenemunde). Ma non fu necessario. La consegna del liquido continuò ad essere ritardata, gli sforzi  degli scienziati e tecnici  tedeschi  furono frustrati e la guerra  in Europa  giunse alla sua fine  avanti che questa prima applicazione  potesse venire impiegata  per la costruzione e distruzione dell'Europa) (Ndr.)
(MA RIGUARDO  PROGRESSI TEDESCHI RESTA IL MISTERO DI BORMANN)
(NELLE DUE ATOMICHE SGANCIATE IN GIAPPONE C'ERA L'URANIO TEDESCO?) 

Insomma, se due più due fa quattro, esiste il concreto pericolo che i tedeschi siano riusciti a costruire un vero razzo e che questo possa servire a portare delle bombe atomiche. In tal caso, sarebbe la catastrofe, perchè non si può certo sperare che Hitler, tanto più ora che è svanito definitivamente il sogno di conquistare l'Europa con la "guerra lampo", non sia disponibile ad utilizzare ogni mezzo, anche il più devastante, per combattere la sua ultima battaglia. I tedeschi erano forse ben lontani dalla costruzione della bomba atomica, nè l'utilizzo di questa, lo abbiamo visto, rientrava in alcun modo nel programma di lavoro dei razzi. Ma questo timore, peraltro non fantasioso, fu determinante per spingere Churchill a dare l'ordine che ormai il maggiore Sandys sollecitava: l'attacco a Peenemunde.

GLI ALLEATI BOMBARDANO LE V2 

Martedì 17 agosto 1943: luna piena, condizioni del tempo ottime. Quello che l'aviazione inglese aspettava. Una flotta di 45 bombardieri leggeri Mosquito è in volo, direzione di Berlino: sono i pifferai di Hamelin, che si trascinano dietro i caccia notturni della Luftwaffe, in un'inutile passeggiata notturna nel cielo. A mezzanotte, mentre i guardiani del cielo sono caduti nel tranello, su Peenemunde piombano 598 bombardieri inglesi Halifax e Lancaster: hanno volato a quota bassissima, per evitare di essere scoperti dai radar tedeschi e la sorpresa è riuscita perfettamente: per cinquanta minuti possono scatenare l'apocalisse, fino al ritorno dei caccia notturni tedeschi, reduci dall'inutile puntata verso Berlino. Von Braun e il generale Dornberger erano andati da poco a dormire; si scaraventano fuori dagli alloggi e il loro pensiero è uno solo: salvare il salvabile all'ufficio costruzioni. Lì ci sono le carte con tredici anni di studi, e Von Braun, incurante del martellamento dei bombardieri, si trascina dietro il primo gruppo di uomini che è riuscito a mettere insieme, per salvare i disegni, i documenti, i libri, tutto ciò che è indispensabile al proseguimento del lavoro. In fondo, lui è il direttore tecnico, e sta facendo il suo dovere.

Ma non può non lasciare ancora una volta stupiti il fondamentale cinismo dell'uomo che, tracciando all'alba un primo bilancio dell'incursione aerea, può tirare un sospiro di sollievo: i danni materiali sono limitatissimi, la maggior parte delle installazioni tecniche ha subito colpi leggeri, facilmente rimediabili. I bombardieri inglesi hanno sbagliato di qualche centinaio di metri, e la maggior parte delle bombe sono cadute sugli alloggi e sui dormitori dei forzati. In fondo, dei 753 morti nell'incursione (oltre la metà sono prigionieri), solo uno è realmente importante: il tecnico Walther Thiel, progettista di motori-razzo. Con lui sono morti carbonizzati anche la moglie e i quattro figli; un dettaglio, visto che nessuno di questi ultimi sapeva progettare motori-razzo. Il rapporto del direttore tecnico dottor Von Braun sul bombardamento della notte del 17 agosto 1943 a Peenemunde si conclude con la previsione di sei settimane per riprendere a pieno ritmo l'attività.

... E HITLER CORRE AI RIPARI

Ma a questo punto è Hitler stesso a prendere l'iniziativa: appena avuta notizia del bombardamento su Peenemunde decide che l'attività sia decentrata. Se gli inglesi hanno scatenato un bombardamento di tale violenza lo hanno fatto sulla base di informazioni precise, e di sicuro, una volta constatato il danno sostanziale limitato, ci riproveranno. Non si può rischiare che tutto il programma dei razzi venga interrotto: il dittatore è convinto che le Vergeltungswaffe siano il suo asso nella manica. Bisogna salvarle ad ogni costo, impiantare officine segrete, sotterranee, sparpagliarsi sul territorio in modo che eventuali attacchi futuri non possano mai essere risolutivi. E' quindi ora che il programma dei razzi passi sotto il controllo di un corpo serio, affidabile, di sicuro più leale ed efficiente dell'esercito: le SS. E il General SS HANS KAMMLER, un pupillo di HIMMLER, viene incaricato di trasferire la produzione dei razzi A4 da Peenemunde a un'officina sotterranea. Kammler, che è anche architetto, in pochi mesi trasforma un vecchio deposito sotterraneo di petrolio, vicino a Nordhausen, nelle montagne dell'Harz, nella più grande fabbrica sotterranea della Germania; provvede anche al trasferimento nelle Alpi bavaresi della galleria del vento, mentre per i tiri sperimentali si sceglie una zona della Polonia.

KAMMLER è veloce, efficiente e non ha problemi a reperire la mano d'opera: è anche direttore di alcuni campi di concentramento, da cui può trarre i lavoratori necessari, che a pieno ritmo saranno ben ventimila. E' lo stesso Von Braun a fare queste considerazioni, accogliendo inizialmente con favore l'arrivo del Generale SS, se questo vuol dire poter proseguire nel lavoro nel modo migliore. Dornberger invece si rende conto di tutti i pericoli insiti in un controllo diretto delle SS: Himmler, capo delle SS, è l'uomo più potente della Germania, secondo solo a Hitler. E' ministro dell'Interno e direttore di tutti gli organi di polizia del Reich: è, soprattutto, un uomo senza scrupoli, che non si accontenterà certo di svolgere un ruolo di secondo piano nel programma dei razzi. E infatti, mentre Kammler aumenta sempre più la sua ingerenza in tutti i settori, Himmler (siamo ormai nel febbraio del 1944), convoca Von Braun nel suo ufficio a Hochwald, nella Prussia Orientale.

Il capo delle SS manifesta tutto il suo disappunto per i ritardi nel programma di lavoro degli A4: ora che si è passati alla produzione in grande serie, la percentuale dei voli di prova che si risolvono in un fallimento è salita: siamo addirittura all'80 per cento. Von Braun non ne era affatto stupito: i prototipi vengono costruiti uno per uno, la produzione in serie impone invece delle modifiche, degli adattamenti, e questi, in una macchina che vola a velocità eccezionali, che è sottoposta a sollecitazioni enormi, possono causare nuovi problemi da risolvere via via.

"GENTILI" MINACCE DAL CAPO DELLE SS.... 

Ma Himmler, fin troppo gentile e cordiale, espone invece il suo punto di vista: secondo lui il programma va a rilento per colpa degli intralci burocratici imposti da quei pasticcioni dei generali dell'esercito. Se il dottor Von Braun vorrà passare alle dirette dipendenze delle SS, avrà tutto l'appoggio possibile e un "filo diretto" col Fuhrer. Von Braun si limita a ribadire le sue considerazioni tecniche: l' A4 non è ancora perfetto, il problema non è burocratico, anzi, il generale Dornberger è il superiore ideale con cui lavorare, si tratta di problemi tecnici che vanno risolti con pazienza, studio e sperimentazione.

Himmler non aggiunge altro: si limita a congedare Von Braun con grande cortesia. Ma la lotta tra esercito e SS è ormai ai ferri corti: nel crepuscolo del Reich forse sono in molti ad illudersi che l' A4 possa davvero essere l'arma "risolutiva" e quindi se ne vogliono accaparrare a tutti i costi il controllo. O forse, in molti sono ormai fuori della realtà e si smarriscono in lotte di potere, senza capire che ormai tutto è perduto, è solo questione di tempo. Comunque i risultati dell'incontro Von Braun-Himmler non tardano a farsi sentire: Kammler impone a Dornberger l'allontanamento del suo vice, colonnello Zanssen, da sempre avversario delle SS e del partito nazista.

Poi, il 13 marzo, Von Braun viene svegliato, alle due del mattino, da tre signori che lo pregano di vestirsi immediatamente e di seguirlo al comando di polizia a Stettino: sono tre agenti della Gestapo. L'accusa: sabotaggio. Più che sufficiente per una condanna a morte, da emettere sbrigativamente in un processo che non prevede nè avvocato difensore, nè appello. Qualche tempo prima Von Braun si era lasciato andare ingenuamente a discorsi sul futuro dei viaggi spaziali, il suo vero interesse, e sul futuro della guerra, tutt'altro che roseo.

IL GENIALE WERNHER FINISCE IN CELLA

Per molto di meno nella Germania di Hitler e di Himmler si poteva essere consegnati al boia. Von Braun passa due settimane in cella e viene salvato il giorno stesso del "processo" da Dornberger, che ha fatto il diavolo a quattro con Keitel, con Kaltenbrunner, con i principali gerarchi e ufficiali delle SS, mentre Himmler si rifiutava di riceverlo. Ma ora bisogna a tutti i costi essere operativi al più presto. Dornberger è riuscito a ottenere una liberazione "condizionale" di Von Braun: se non è un sabotatore lo dimostri mettendo le A4 in condizioni di diventare delle vere bombe volanti. Ma sappia che ormai è un sorvegliato speciale: le SS non hanno in fondo faticato a capire che al giovane scienziato non interessa nulla della vittoria militare, ormai si gioca a carte scoperte. Ci si rimette anche l'aviazione a dare dispiaceri a Dornberger e a Von Braun: il 12 giugno del 1944 i primi Fi103, ora ribattezzati ufficialmente V1, cadono in territorio britannico, lanciati da rampe mobili in Francia settentrionale.

Fanno scarsissimi danni: sei morti e nove feriti. Gli inglesi tirano un sospiro di sollievo, ma dopo tre giorni di silenzio, in una sola giornata cadono su Londra 77 V1 ed altre 140 sul resto dell'isola. Questa volta fanno uno sconquasso e i morti sono migliaia. Ma è un fuoco di paglia che si spegnerà rapidamente: gli inglesi imparano presto ad intercettare le V1, non è difficile fermare sia con la contraerea che con i caccia Spitfire la bomba volante che viaggia ad una velocità di circa 600 chilometri orari. Tra l'altro gli inglesi non sanno che almeno duecento V1 sono andate perse perchè l'arma di serie non era per nulla a punto e spesso andava fuori rotta, o precipitava dopo pochi chilometri di volo. Ed arriviamo all'agosto del 1944. La guerra è perduta per la Germania, che non riesce a riprendere iniziativa su nessun fronte. Hitler non accetta nessun invito alla ragionevolezza, tanto più dopo il fallito attentato del 20 luglio. Il complotto era stato represso con una ferocia inusuale anche per i nazisti e Himmler aveva visto ancora allargati i suoi poteri. Hitler si era convinto che bisognava suscitare le "nuove forze morali" della Germania, ora che i traditori erano stati eliminati a migliaia; con queste "nuove forze" e con la nuova arma segreta, la V2, la Germania si sarebbe risollevata.

SU LONDRA NUGOLI DI BOMBE VOLANTI 

Kammler era stato nominato commissario speciale per il programma V2 e questo aveva significato la definitiva esautorazione di Dornberger. Kammler urla, incita, sprona, usa fino all'esaurimento i lavoratori-schiavi di cui dispone a migliaia. Il 16 agosto sono entrati in linea i caccia a razzo Messerschmitt 163 e i bimotori a reazione Messerschmitt 262, attaccando con successo una formazione di fortezze volanti americane nel cielo di Lipsia. Ma sono pochi, non sono a punto bene.

E' ora che entri in scena la V2, l'arma inarrestabile. Le proteste di Von Braun e di Dornberger, che vorrebbero completare la messa a punto del razzo, non valgono più nulla. E il 7 settembre 1944 la prima V2 parte da una piattaforma mobile vicino all'Aja, diretta su Londra. E' la prima di un totale di 1359 V2 che saranno lanciate sul territorio britannico (518 sulla capitale). Ma con l'avanzare del tempo e coi progressi degli alleati, le V2 cambiano bersagli: ne verranno lanciate su Anversa, Liegi, Bruxelles, Lussemburgo e alcune anche su Parigi. Ma sono i colpi di coda del drago che ormai è morente: non cambieranno nulla delle sorti della guerra.

Da un punto di vista puramente tecnico Von Braun ha invece di che essere soddisfatto: l' 80 per cento dei razzi lanciati ha raggiunto il bersaglio. Ma lo scienziato sta già sviluppando altri progetti che costituiscono un avanzamento tecnico rispetto all' A4 (come lui continua a chiamare il suo razzo), sempre sotto la maschera di una maggiore efficienza bellica, condizione indispensabile per poter continuare a lavorare, tanto più che Dornberger è stato definitivamente trasferito a Berlino e quindi si deve rispondere direttamente al General SS Kammler. E Von Braun inizia a studiare la possibilità del razzo a più stadi (il progetto avrà il nome ufficiale di A10) e riesce a tener buono Kammler facendogli balenare l'ipotesi di un nuovo razzo in grado di attraversare l'oceano e colpire il territorio degli Stati Uniti: sarebbe un regalo di Natale eccezionale per Hitler e per Himmler! Kammler non è in grado di capire che un progetto del genere richiederebbe anni e anni. Lascia in pace Von Braun per alcuni mesi, e questo è ciò che lo scienziato desidera.

GERMANIA, DISASTRO IN CRESCENDO

Ma intanto il disastro militare della Germania prosegue: quando Von Braun esce dal suo ufficio, dai suoi progetti, dai suoi sogni sempre ben ancorati alla realizzabilità, vede il personale di Peenemunde che fa esercitazioni militari sotto la guida delle SS. Sarebbe uno spettacolo ridicolo, se non avesse avuto un tragico prologo: poche settimane prima alcuni tecnici che avevano espresso l'opinione che fosse meglio abbandonare Peenemunde per non cadere in mano ai sovietici, che avanzavano in Pomerania, erano stati impiccati agli alberi dalle SS, che avevano appuntato su ognuna delle vittime un cartello: "Ero troppo vigliacco per difendere la patria". In questa atmosfera Von Braun e i suoi più fedeli collaboratori si pongono la domanda fondamentale: che senso ha combattere, con la certezza di essere uccisi? Perchè gettare anni di studio? La scelta vera da operare è una sola: a chi consegnarsi.

Nessuno ha il desiderio di "combattere fino all'ultimo uomo"; nessuno d'altra parte desidera aspettare supinamente di essere fatto prigioniero da inglesi, o americani, o sovietici, o francesi. Anche perchè corre la voce, tutt'altro che infondata, che le SS abbiano comunque l'ordine di sopprimere tutto il personale tecnico, appunto per non rischiare che possa cadere in mano nemica. La maggioranza del gruppo desidera consegnarsi agli americani: anche Von Braun è di questo avviso: solo gli americani hanno i mezzi e la mentalità per permettere loro di continuare gli studi sui razzi. Ma tra il dire e il fare c'è di mezzo la pesante tutela delle SS, c'è il chiaro ammonimento costituito dagli sventurati impiccati poche settimane prima. Ma il 31 gennaio succede qualcosa che dimostra quanto sia ormai in disfacimento tutto l'apparato militare tedesco: arriva a Peenemunde l'ordine di Kammler di trasferire tutto il personale tecnico alle officine sotterranee di Nordhausen. Due ore dopo, arriva un contrordine, da parte del comando del gruppo di armate della Pomerania: il personale di Peenemunde dovrà restare al suo posto, inquadrato nella Volkssturm (l'esercito del popolo), per contrastare l'avanzata sovietica.

CINQUECENTO TECNICI IN FUGA

Ovviamente von Braun ha buon gioco a recepire solo l'ordine di Kammler, generale delle SS, e in soli quindici giorni riesce ad organizzare l'evacuazione di Peenemunde: ci sono da trasferire cinquecento tecnici e relative famiglie, e qualcosa come 65.000 disegni esecutivi delle V2. Due treni e un centinaio di autocarri vengono impiegati nell'operazione e von Braun riesce a raggiungere la zona di Nordhausen solo grazie all'estrema confusione che ormai regna ovunque. Ma i timbri delle SS sulle casse di materiale hanno ancora la facoltà di far passare i posti di blocco dell'esercito: se a qualcuno venisse in mente di controllare l'ordine impartito dal comando militare al personale di Peenemunde, la situazione sarebbe drammatica. Ma nel disfacimento generale non c'è nessuno che voglia indagare più di tanto, e l'accenno a operazioni segrete ordinate da Himmler in persona è il tocco finale.

Ci vuole oltre un mese per sistemare tutto il personale nei dintorni di Nordhausen; ma non è che l'inizio di nuove peregrinazioni e macchinazioni. Tutto sta crollando e il generale SS Kammler si rende conto che gli alleati potrebbero considerarlo un criminale di guerra, non solo per il suo lavoro di direttore di campi di concentramento, ma anche per il trattamento disumano a cui sono stati sottoposti i lavoratori forzati delle officine sotterranee. La sua prospettiva è la forca, ma il suo asso nella manica, da barattare con gli alleati, potrebbe proprio essere il gruppo di cervelli che sono sotto la sua "tutela": aver salva la vita e in cambio offrire qualche centinaio tra i migliori tecnici e scienziati tedeschi. Questa è la ragione principale dell'ordine impartito da Kammler il 2 aprile: 500 uomini, von Braun è il primo della lista, si dovranno trasferire "immediatamente" con lui in una località nella Baviera meridionale, nel luogo dove Goebbles farneticava di costituire il "ridotto alpino" da cui sarebbe partita la riscossa della Germania. Kammler era troppo intelligente per credere agli ultimi deliri del regime, e von Braun aveva capito la vera ragione dello spostamento improvviso e apparentemente illogico. E aveva agito in conseguenza: era riuscito a far trasferire, con due autocarri, i disegni fondamentali della V2 in una miniera di ferro abbandonata nelle montagne dell'Harz.

E’ L’ORA. SI SALVI CHI PUO’

Ora restava il problema di liberarsi dalla tutela di Kammler, che alternava momenti di cordialità ad altri in cui appariva ormai chiaro che si sentiva come un animale in trappola, che cercava momenti di conforto con fenomenali sbornie. Finchè la soluzione non la offrì Kammler stesso, nel più semplice dei modi: scomparendo. E lasciando il comando a un ufficiale irresoluto, ormai in preda anch'egli alla sindrome del "si salvi chi può", il maggiore SS Kummer, che non ci mette molto a farsi convincere da von Braun che, per meglio proteggere il trust di cervelli di cui egli ha la responsabilità, è opportuno sparpagliare i cinquecento tecnici in vari villaggi, in modo che un eventuale bombardamento degli alleati non possa distruggere l'intero gruppo. Il maggiore Kummer tentenna appena un poco, ha anche chiaramente soggezione di quel giovane scienziato,e infine dà la sua autorizzazione. E', di fatto, il segnale di fuga per tutti. Von Braun, con il fratello Magnus e un gruppetto di ingegneri di Peenemunde riesce così a riunirsi con il suo vecchio amico, il generale Dornberger nel paesino di Oberjoch, una stazione di sport invernali ai confini col Tirolo.

E una mattina del 2 maggio 1945 una compagnia anticarro della settima armata americana, 324° reggimento, 44a divisione, mentre sale con estrema cautela una strada di montagna stretta e tortuosa vede avvicinarsi un ragazzo in bicicletta. Armi in pugno e dito sul grilletto: c'è da aspettarsi di tutto da questi nazisti fanatici, decisi a morire combattendo. Potrebbe essere una trappola. Ma il ragazzo è proprio solo, a un certo punto ha l'intelligenza di scendere dalla bicicletta, di alzare bene le mani aprendo anche il soprabito: ci tiene a mostrare che è disarmato. I soldati gli fanno cenno di avvicinarsi: ora ha una trentina di mitra puntati contro, alla prima mossa falsa finirebbe a pezzi. Il comandante della compagnia è convinto che il giovanotto sia lì solo per chiedere un po' di viveri, o delle sigarette e quindi non presta molta attenzione a quello che l'interprete gli sta traducendo. Se lo fa ripetere, e resta allibito: "Sono Magnus von Braun, mio fratello è il dottor Wernher von Braun, il progettista delle V2. Siamo in un albergo a un paio di chilometri da qui, con un gruppo di tecnici. Desideriamo arrenderci a voi."

VON BRAUN, IL VOLTAGABBANA

 Inizia una corsa. Perchè Nordhausen è stata da poco occupata dalle truppe americane, che non avevano ancora individuato il deposito delle V2, ma secondo gli accordi di Yalta si trova nella zona di influenza sovietica. Quindi i soldati americani dovranno, di lì a poco, cedere il posto ai colleghi sovietici. E poi, secondo gli accordi, parte del materiale bellico andava consegnato anche agli inglesi... Ma la preda è troppo ambita: a tempo di record le navi Liberty in partenza da Anversa per gli Stati Uniti vengono imbottite di V2 già complete e di casse con centinaia di pezzi da assemblare. E ora l'esercito americano ha in mano anche von Braun, che consegna i documenti che con sana prudenza aveva fatto nascondere nella miniera di ferro. 
In quelle tonnellate di carte è segnata la strada per arrivare nello spazio.

Ci vorranno ancora quasi due mesi per arrivare in America. Gli americani sottopongono a lunghi interrogatori i tecnici di Peenemunde; hanno già un loro piano di massima, che prevede di portare sul territorio degli Stati Uniti un centinaio di tecnici, che diverranno poi 115 su richiesta di Von Braun: il minimo indispensabile, dice lo scienziato, per poter ricominciare a lavorare seriamente. Ma bisogna operare delle cernite, e poi non è certo sopito il sospetto su questi personaggi che fino a qualche settimana prima lavoravano agli ordini diretti di un generale delle SS. Von Braun sa che deve essere accomodante il più possibile. Ha fatto la sua scelta, l'America, e ora i suoi comportamenti sono in conseguenza, come è suo costume dopo una scelta. A ritardare le cose ci si mettono anche gli inglesi: chiedono di poter avere dei "colloqui" coi più importanti scienziati del gruppo di Peenemunde. Gli americani "imprestano" von Braun, Dornberger e quattro direttori in subordine, che si recano a Londra per un giro di colloqui con gli esperti inglesi.

CINICO E TRADITORE. PER LA SCIENZA

E ancora una volta von Braun ha occasione di mettere in mostra la sua determinazione o, per meglio dire, il suo cinismo. Gli inglesi gli propongono di lavorare per loro, ma von Braun rifiuta: ha già scelto per l'America. E allora gli inglesi giocano pesante: arrestano Dornberger come "criminale di guerra", con l'intenzione di farlo processare a Norimberga. Pensano che von Braun non se la senta di abbandonare il suo vecchio protettore ed amico. Ma von Braun non è uomo da tirarsi indietro di fronte a queste cose. Riparte da Londra, lasciando il generale in mano agli inglesi. Dornberger non sarà mai processato: gli inglesi lo rimetteranno in libertà solo nel luglio del 1947, dopo il suo reiterato rifiuto a collaborare con loro e l'ex responsabile di Peenemunde tornerà in Germania e da lì passerà negli Stati Uniti, senza però unirsi al gruppo di von Braun.

Il 29 settembre del 1945 von Braun, con altri sei del gruppo di Peenemunde, sbarca a Fort Banks, un porto vicino a Boston; è praticamente un clandestino, senza documenti, sotto la responsabilità dell'esercito. Ma lui è sereno. La costa americana è raggiunta, ha solo 33 anni e da lì potrà continuare la sua strada: la strada verso la Luna. Il suo "tutore" in terra americana è il maggiore Hamill, l'uomo che ad Anversa è riuscito ad imbarcare un centinaio di V2 "scippandole" agli alleati. Il tempo passa.

Solo col febbraio dell'anno successivo il gruppo richiesto da von Braun viene completato; nel frattempo si è lavoricchiato a riordinare l'imponente massa di documenti e disegni, a rimontare le V2. Ma intanto l'aviazione ha sviluppato il suo "cavallo di battaglia", il bombardiere intercontinentale Convair B36, esamotore, l'aeroplano che, trasportando bombe atomiche, può consentire agli americani di vincere le guerre senza spostare un soldato dal loro territorio. Gli americani hanno l'aviazione più forte del mondo, hanno la bomba atomica. A cosa possono servire i razzi da due-trecento chilometri di gittata? Nuovamente von Braun dovrà far comprendere che i razzi non sono solo un'arma. Come per un oscuro destino, si trova ancora sotto la tutela dell'esercito, e ancora si deve rendere conto che i militari sono interessati a ciò che serve per la guerra. Le cose sembrano complicarsi quando diviene di pubblico dominio il fatto che oltre un centinaio di tecnici e scienziati tedeschi sono alloggiati e stipendiati dall'esercito americano, che aveva mantenuto, fin che aveva potuto, il segreto sul gruppo di Peenemunde, ora gruppo di Fort Bliss.

LOVE STORY DEL "CUORE DI PIETRA"

Un'ondata di indignazione scuote il paese, non solo da parte degli ex-combattenti, ma anche da parte della forte comunità ebraica americana. L'equazione tedesco uguale a nazista è presto fatta, e tanto più difficile da contestare per uomini che erano tutti regolarmente iscritti al partito e che lavoravano, almeno nel loro ultimo anno di attività in Germania, alle dirette dipendenze delle SS. Poi anche l'indignazione si stempera pian piano, ma la vita del gruppo di von Braun sembra comunque precaria, salvo che l'esercito riesca a dimostrare al più presto l'utilità di questa "preda umana" che, per ora, sta solo costando al contribuente americano, senza dargli alcun frutto. 
A marzo del 1947 c'è una novità: von Braun si sposa. Inutile dire che la curiosità è grande: nessun sapeva che lo scienziato avesse una love-story, e chi sarà la prescelta? Quale donna americana avrà saputo spezzare quel cuore che pare blindato? Delusione generale: von Braun sposa una cugina tedesca, tuttora residente in Germania, Maria Luise von Quistorp, di anni diciotto. Lui le ha chiesto per lettera di sposarlo, lei per lettera ha acconsentito. Ed è , a ben guardare, l'unico tipo di storia d'amore che possa adattarsi al personaggio, capace dei più lirici slanci solo quando si parla di razzi e di volo nello spazio. Per il resto, la chiusura è ermetica. A una certa età, e Wernher ha già 35 anni, è più che normale sposarsi. e von Braun vola in Germania, sposa Maria Luise, torna in America con la sposa, di cui il maggiore Hamill dirà: "Sembra una bambola di Dresda". E questo è tutto sulla signora Von Braun. Torniamo ai razzi. A Fort Bliss si susseguono i lanci di V2, ma la cosa sembra senza prospettive dal punto di vista militare. Tuttavia le voci sui questi razzi, che nel frattempo hanno raggiunto altezze superiori ai cento chilometri, inducono diversi scienziati a rivolgersi all'esercito, per poter utilizzare i razzi stessi come mezzi di esplorazione degli strati alti dell'atmosfera.

IL COSMO A PORTATA DI MANO 

E' di questi tempi l'incontro di von Braun con un giovane studioso, James Van Allen, dell'Università dello Iowa, che si è specializzato nella costruzione di apparecchiature ultraminiaturizzate per lo studio dei raggi cosmici. Quale veicolo può, meglio dei razzi, ospitare le apparecchiature di Van Allen? E von Braun subito intuisce che se i grandi razzi sono stati cacciati, nell’esercito, dalla porta, possono rientrare dalla finestra su richiesta degli scienziati, che ora sollecitano macchine ancora più potenti, che possano permettere di raggiungere quote sempre più elevate. Si torna quindi al progetto che von Braun aveva già abbozzato nell'ultimo periodo in Germania, il razzo a più stadi, quello che lui aveva chiamato A10. Il 19 febbraio del 1949 viene lanciato il primo razzo a due stadi, in pratica una V2 sormontata da un piccolo razzo Wac-Corporal: il principio funziona, la quota raggiunta è di 400 chilometri: ora la strada su cui lavorare è indiscutibile. Il razzo a più stadi permette di sfruttare la spinta che il primo stadio imprime ai successivi, spinta che tra l'altro aumenta in virtù della diminuzione degli attriti negli strati più alti dell'atmosfera. Quello stesso anno, finalmente, von Braun e gli altri componenti del gruppo divengono a tutti gli effetti cittadini americani.

E lo scienziato può mettersi "allo scoperto" iniziando anche un'intensa attività di propaganda delle sue idee, con conferenze, dibattiti televisivi, interviste ai giornali. Nel settembre del 1951 von Braun presenterà al congresso di astronautica di Londra una relazione particolareggiata di un viaggio su Marte della durata di 869 giorni. Non è fantascienza. La strada è tracciata, ora non c'è che da seguirla con coerenza e costanza. Ma ancora per diversi anni Von Braun si troverà a dover costruire macchine militari: la contesa fra Marina (che ha ora il suo razzo Vanguard, figlio anch'esso della V2), Aviazione (che sostiene ovviamente l'inutilità dei razzi, date le capacità planetarie delle superfortezze volanti) ed Esercito (che ora ha il Redstone, razzo con testata nucleare, nato sotto lo choc della guerra di Corea) vede sempre von Braun coinvolto nella progettazione o nella consulenza. Ma è un lavoro che in parte gli permette di continuare a sviluppare i suoi progetti, ma in parte è anche dispersivo.

I SOVIETICI VINCONO AI PUNTI

L'America non si decide a darsi un programma spaziale, eppure ormai i mezzi e le conoscenze sono tali da permettere di mettere in orbita un satellite artificiale: il 20 settembre del 1956 un razzo Jupiter-C del gruppo von Braun ha percorso una distanza di 5300 chilometri: i motori con la spinta sufficiente per mandare in orbita un satellite ci sono già. Ci pensano i sovietici a dare una mano a von Braun:

Il 4 ottobre del 1957 il mondo resta scosso dalla notizia che il primo satellite artificiale, denominato Sputnik, sta girando in orbita. Ora sono in gioco il prestigio mondiale e anche la supremazia militare: bisogna mostrare a tutti che anche gli americani dispongono, come i sovietici, di missili balistici intercontinentali, ossia di quei razzi che hanno la potenza per mettere in orbita un satellite e quindi anche la possibilità di spedire una testata nucleare da un continente all'altro. E il 31 gennaio del 1958 von Braun può, col suo razzo Jupiter-C, ristabilire gli equilibri, mettendo in orbita il satellite Explorer I.

Von Braun sta lavorando ancora per l'esercito. Solo nel 1960 il presidente Eisenhower deciderà la costituzione della NASA, un ente civile aerospaziale, di cui von Braun sarà il primo direttore. E sarà come direttore della NASA che von Braun svilupperà via via per gradi, secondo il proprio metodo, il suo progetto, iniziato tanti anni prima, come ventenne impiegato civile dell'esercito tedesco. E il progetto si chiamerà missile Saturno, il "mostro" che svilupperà una spinta complessiva di oltre quattro milioni di chili. Tutto lo sviluppo del Saturno è intercalato da esperienze sui razzi Redstone e Atlas, che porteranno prima in volo suborbitale e poi in orbita gli astronauti americani con le capsule Mercury e Gemini, in una gara più di propaganda che di scienza con i sovietici.

Sono gli anni 60, il maggiore sovietico Yuri Gagarin è andato nello spazio, quindi bisogna ribattere, colpo su colpo. Ma per von Braun sono tutte esperienze in più per migliorare il Saturno. E' il Saturno che dovrà portare la capsula Apollo. E il viaggio sulla Luna è già iniziato l' 8 giugno del 1960, quando nella prova a terra il grappolo di otto motori del primo dei tre stadi del Saturno ha funzionato per 110 secondi, fornendo una spinta complessiva di 680 tonnellate. Da quel giorno al 21 luglio 1969 verrà percorsa metodicamente una strada che prevede un passo per volta, mai un azzardo, un fine ben determinato.

VON BRAUN TOCCA LA LUNA CON UN DITO

E la nostra storia vorremmo concluderla a quella data: 21 luglio 1969, quando tutto il mondo si fermò per assistere in diretta allo sbarco degli uomini sulla Luna. Perchè la storia di Von Braun, in fondo, termina quel giorno. Ci saranno poi diversi altri voli sulla Luna, seguiranno le restrizioni al programma spaziale, i cui costi erano ormai immensi, seguirà anche la fine dell'avventura terrena del barone Wernher von Braun, dottore in fisica, tedesco, americano, genio. Chi era realmente? Potremmo chiudere, un po' pilatescamente, con un manzoniano "ai posteri l'ardua sentenza". Ma i posteri siamo noi. La generazione dei nostri padri (chi scrive ha 48 anni) ha visto l'orrore della seconda guerra mondiale, lo sgretolamento delle coscienze, che in fondo non è mai terminato. E la domanda non è retorica: lo scienziato può rifugiarsi in una specie di "extraterritorialità" morale?

Noi continuiamo a credere che la vita dell'ultimo lavoratore forzato alle catene di montaggio delle V2, dell'ultimo vagabondo di Londra fatto a pezzi da uno di quei razzi, così come dell'ultimo sconosciuto giapponese incenerito dalla bomba atomica, valgano infinitamente più del "progresso" e del bagaglio di conoscenze derivate dagli studi sui razzi, sulla bomba atomica o su chissà che altro il futuro ci riserverà.

FINE

di PIETRO BREVI
concessomi gratuitamente
dal direttore di Storia in Network

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