Analisi e contributi critici allo studio della storia italiana     L’ITALIA DEL 1922-1936     
 e la crisi mondiale in Italia
    Le origini, i debiti, le spese, la realtà della vita economica


* LA CRISI ECONOMICA MONDIALE - QUELLA AMERICANA
* IL CROLLO COMMERCIALE 

PER IL CROLLO DI WALL STREET vedi qui >

(Testi integrali)

La crisi economica che tormenta il mondo intero da sei anni, accenna qua e là a qualche miglioramento, che dovrebbe farci sperare in una prossima risoluzione definitiva. Essa ha richiamato l'attenzione di tutti gli studiosi dei due Continenti, ha destato la preoccupazione di tutti gli uomini di governo; se ne sono ricercate le cause, se n'é fatta l'analisi economica e politica, si è confrontata con le crisi di altri tempi, se ne sono suggeriti i rimedi.
Il fenomeno è stato deplorato da alcuni sensi di disperazione e con la visione dolorosa che possa prolungarsi per tutto il secolo; un vecchio agricoltore italiano, che fu pure un uomo politico, non ha esitato ad affermare che anche le crisi sono provvidenziali, perché  "esse sono lo scotto che l'umanità deve pagare per progredire", ed ha soggiunto, da buon coltivatore, che, "come le arature estirpano la gramigna e tutte le erbacce che infestano le colture redditizie, le crisi eliminano in buona parte i parassiti, i faccendieri, gli inerti, gli arrivisti, i fanfaroni, affinché la buona sementa possa poi germogliare feconda, e possa l'umanità, migliorata, procedere oltre, sul cammino segnato da Dio".
Esaminiamola un po' questa crisi, prendendola alle sue origini e seguendola nelle vicende del suo sviluppo.

QUELLA AMERICANA

Nell'Ottobre 1929 scoppiò la clamorosa perturbazione della Borsa di New York, che sconvolse tutta la vita della grande repubblica e si diffuse nel mondo intero. Essa portò immediatamente a chiusura di banche, a fallimenti disastrosi di grosse industrie, a milioni di disoccupati, a marce di affamati.
La Confederazione americana aveva adottato, nell'immediato dopoguerra, una politica monetaria che doveva portarla fatalmente alla crisi:assorbì ingenti quantità d'oro e, invece di utilizzare questa merce preziosa in imprese produttive e in opere di rendimento, la distribuì largamente in operazioni di prestito senza richiedere quelle garanzie che costituiscono la base di sicurezza dell'economia creditizia. Si ebbe, così, quella inflazione del credito che voleva avere l'aspetto formale di una esuberante prosperità economica, e che era in aperto contrasto con la politica monetaria deflazionistica esercitata sul mercato internazionale.
Che ne derivo? I prezzi all'ingrosso delle materie prime discesero sensibilmente, perché gli Stati Uniti erano divenuti i dominatori del mercato mondiale, o tali si ritenevano, e tutti i paesi erano legati al sistema monetario nord-americano del gold exchange standard; i prezzi al minuto sul mercato interno, a causa della inflazione creditizia che metteva il denaro a disposizione di tutti, erano saliti notevolmente. Si registravano alti profitti, alti dividendi, alti salari e, nella illusione che questa condizione economica dovesse permanere, non si sentiva il peso dell'alto costo della vita.

Scoppiata la crisi di borsa, le banche americane, che sono gli organi del credito, si trovarono con le casse piene di titoli, che erano stati loro consegnati in cambio dell'oro; le società industriali e commerciali ebbero un arresto nel movimento degli affari, e le loro azioni diminuivano di valore; i crediti concessi all'estero in misura insolita, specialmente in Germania, si erano congelati. E fu il tracollo di imprese industriali e di banche.
Anche nella proprietà immobiliare urbana e rustica, si ebbero i sintomi gravi della crisi. Nelle città si era diffuso il facile e comodo sistema di acquistare a credito la casa di abitazione, il quartiere di ritrovo, il fabbricato per l'esercizio del commercio; in campagna si comprava la fattoria a credito; e le banche, le società di assicurazione, altri istituti sovvenzionatori accendevano ipoteche sui fabbricati e sulle fattorie. La crisi generò il malessere dovunque: stipendi e salari ridotti o cessati, guadagni venuti meno, i prezzi delle derrate agricole avviliti resero tutti i debitori morosi, e le banche furono costrette alle esecuzioni immobiliari.
In tutte le classi sociali si ebbe la distruzione di patrimoni, milioni di lavoratori furono gettati sul lastrico. In quell'immenso mercato di 125 milioni di consumatori, che ha la vastità di un continente, si era sognata la vetta del benessere e si precipitò nel baratro del disordine economico.

Le prime conseguenze si riscontrarono nel movimento commerciale d'esportazione. Gli Stati Uniti erano divenuti fornitori dei mercati di tutto il mondo: esportavano oltre la metà del cotone prodotto, oltre il 30 per cento degli olii minerali, tra il 10 e il 50 per cento delle varie categorie di macchine, il 40 del rame, il 20 del frumento, il 40 del tabacco; e tutta questa esportazione si contrasse subito, anche perché la Confederazione Americana credette di poter risolvere la crisi adottando un provvedimento che si è concretato in un grossolano errore: elevò con le tariffe proibitive, una muraglia  doganale quasi insormontabile per porre un freno all'importazione delle merci, e questo provocò una legittima reazione nei vari paesi importatori delle merci americane. La riduzione della esportazione, per un paese che ha un eccesso di produzione, diventa una stasi della produzione, e la crisi, che si credeva di poter attenuare, si aggrava, trascinando nella marea limacciosa le correnti più torbide di tutti gli altri paesi.

IL CROLLO COMMERCIALE

Infatti, la crisi attuale ha frenato il movimento commerciale di tutto il mondo. La Società delle Nazioni ha compiuto una statistica del commercio internazionale nel quinquennio 1929-1933, e ha ottenuto questi risultati, valutati in milioni di dollari-oro.

 

  Import Export Totale
1929 35.601 33.040 68.641
1930 29.087 26.495 55.582
1931 20.818 18.908 39.726
1932 13.996 12.902 26.898
1933 12.485 11.694 24.179

Ne risulta che il 1929 si manteneva ancora una situazione relativamente elevata, perché la crisi scoppiò sulla fine di esso, ma nel 1930 abbiamo avuto il primo crollo della crisi economica con una diminuzione di 6514 milioni di dollari nelle importazioni dei vari Stati del mondo, di 6545 milioni di dollari nelle esportazioni complessivamente una diminuzione di 13 miliardi 59 milioni di dollari nel commercio totale; il che corrisponderebbe a una diminuzione complessiva di 248 miliardi 121 milioni di lire italiane.

Nel 1931 la caduta è stata notevolmente più forte, con un'altra diminuzione di 8 miliardi 269 milioni di dollari nelle importazioni e di 7 miliardi 587 milioni nelle esportazioni, complessivamente di 15 miliardi 856 milioni di dollari che corrispondevano allora a 301 miliardi 264 milioni di lire italiane. Nel 1932 continua la discesa con un'altra diminuzione complessiva di 12 miliardi 829 milioni di dollari; nel 1933 la discesa si sarebbe sensibilmente frenata: il valore delle importazioni calcolato in dollari-oro per l'opportunità e il rigore dei confronti - giacché nell'aprile del 1933 anche il dollaro si è distaccato dalla parità aurea - si è diminuito di 1511 milioni,quello delle esportazioni di 1208, per cui, complessivamente, avremmo avuto una diminuzione di 2 miliardi 719 milioni di dollari-oro corrispondenti a 51 miliardi 661 milione di lire nostre. Che sia questo un primo sintomo di avviamento alla risoluzione economica? Non dobbiamo dimenticare, però, che siamo ridotti al minimo del movimento commerciale, e che il miglioramento si misura da elementi positivi, non da elementi negativi.
Facendo il confronto fra il valore del commercio mondiale del 1929 con quello del 1933 si avrebbe una diminuzione di 23 miliardi 116 milioni di dollari-oro all'importazione e di 21 miliardi 346 milioni all'esportazione, il che rappresenta una diminuzione complessiva nel movimento commerciale di tutto il mondo di 44 miliardi 462 milioni di dollari-oro, una somma che, in moneta italiana, si avvicina agli 845 miliardi di lire.
Non solamente assistiamo a una diminuzione continua, ma ad un ritmo accelerato di discesa nei primi tre anni di crisi; il valore totale del 1930 risulta inferiore del 19 per cento a quello del 1929, degrada ancora del 23 per cento nel 1931, e del 19 per cento nel 1932: il 1933 segnerebbe un regresso del 65 per cento rispetto al commercio mondiale del 1929.

 NEL PROSSIMO CAPITOLO  LE CARATTERISTICHE  DELLA CRISI

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