La
condotta dei repubblicani disgusta gli abitanti di Rio Grande. - L'eroina.
- Garibaldi brucia le sue navi. - Santa Vittoria. - Anita prigioniera.
- Nascita di Menotti. - Morte di Rossetti. -
Ritirata disastrosa. - Anzani. - L'addio a Rio Grande.
Per le stesse ragioni
di sdegno acceso fra gli abitanti dalla condotta degli eserciti, l'avanguardia
sotto il comando del colonnello Texeira dovette ritirarsi davanti agli
imperiali favoriti dagli indigeni, e Garibaldi tornato alla Laguna ebbe
ordine di trasportare le sue genti e i bagagli dalla sinistra alla destra
riva. Difficile compito, perché, nel punto più stretto dell'imboccatura,
la corrente raddoppia di violenza: ed ecco, in quel mentre, a mezzogiorno
la squadra nemica farsi avanti con ventidue vele, carica di soldati ,
e altri soldati avanzarsi parallelamente per la via di terra.
Garibaldi affida il comando all' Anita e corre sopra un' altura per rilevare
i luoghi circostanti, vede sparare la prima cannonata e scorge che sia
la corrente sia l'essere il nemico padrone del punto ove si restringeva
la foce gli toglievan qualsiasi probabilità di vittoria.
Ritorna al Rio
Pardo dove Anita aveva già incominciato a cannoneggiare, e la manda
a terra a chieder rinforzi al generale. Anita ritorna con la risposta
che egli di rinforzi non ne ha e con l' ingiunzione di salvare le armi
e le munizioni, e di ritirarsi con esse.
Garibaldi obbedisce e Anita fa venti viaggi avanti e indietro, ritta sulla
poppa della barca, mentre il nemico non cessa mai il fuoco, e i ponti
dei bastimenti sono addirittura ingombri di cadaveri e tutti i cannoni
smontati.
Il comandante dell' Itaparika Juan Enrique é ucciso da
una mitraglia, e così pure John Briggs, comandante della Cassapaia.
Di tutti gli ufficiali, Garibaldi soltanto sopravvive, rimasto ultimo
e quasi solo per incendiare i propri legni.
Sceso a terra s'accinge nella notte tenebrosa alla ritirata verso Piratinim,
su quella stessa strada percorsa un mese prima dalla vittoriosa e festeggiata
schiera.
Garibaldi per altro è felice di ritirarsi a cavallo conla sua eroica
Anita, la carabina attraverso la sella e la sciabola al fianco. Giungono
entrambi a La Torres e vi si accampano, ma per brevi ore, poiché,
i montanari rimasti amici dei repubblicani essendo stati assaliti dagli
imperiali, Garibaldi fu mandato in loro soccorso sotto Texeira. A Santa
Vittoria completa vittoria.
Il generale Acunha, il quale aveva unita la propria divisione alla divisione
Andrea, annegò nel fiume Palatas, e gran parte delle sue genti
cadde prigioniera.
Questo positivo
fatto d'armi conquistò alla repubblica i duo dipartimenti di Vaccaria
e di Lages, ma svegliò anche l' attività dei partigiani
del Brasile. Il Texeira fatalmente diviso il suo forzo. Garibaldi, secondo
il suo costume, uso a dormire con un occhio solo, sente avvicinarsi il
nemico, e grida allarmi nell'atto che le sentinelle collocate a guardia
del fiume si danno alla fuga; il nemico lo aveva attraversato. All'aurora,
in ordine di battaglia, invocò di aspettare rinforzi, invece Texeira
procedette all'assalto. Ma il nemico, impossessatosi di una collina elevata
e nascosti i suoi nei boschi che coprivano la vicina valle, finse una
ritirata; i soldati di Texeira lo inseguono, ma sono presi di fronte o
di fianco e da inseguitori si mutarono in inseguiti.
Garibaldi con dodici
valorosi tenne testa, e il Texeira con quanti giunse a raggranellare gli
si congiunse, e bastarono questi pochi per ricacciare il nemico e permettere
ai repubblicani di mettersi al sicuro durante la notte, e nel giorno seguente
di cacciarsi nella selva. La foresta salvatrice si stende dalle alluvioni
del Plata a quelle delle Amazzoni. Nel centro della foresta giacciono
Cima di Serra, Vaccaria e Lages, paesi a cui quelli anelavano di arrivare,
e dove dopo fatiche, pericoli, fame, sete e ripetuti combattimenti con
un nemico che conosceva la foresta, nella quale essi quasi si smarrirono,
ma in ultimo arrivarono, unendosi a Bento Gonzales e Malacasa che qui
faceva da presidente e da generale in capo dell'esercito repubblicano.
Era allora appena
avvenuta la battaglia di Rio Pardo vinta da Gonzeles, e il nemico ritornato
a Porto Allegro si ricomponeva sotto gli ordini del famoso generale Giorgio
sulle rive del Cahe aspettando la cavalleria che condotta al galoppo dal
generale Calderon veniva attraverso la campagna. Gonzales per dargli battaglia
immediata levò l'assedio di Porto Allegro, si mosse alla volta
di Taquari, ove già l'avevano preceduto il generale Canabarro Netto:
«Netto coi suoi stupendi cavalieri, schiavi liberati dai repubblicani,
scelti fra i migliori domatori di cavalli nella provincia, gente mai stata
vinta, vera foresta di lance, terrore del nemico per le robuste membra,
fortificato dagli aspri e faticosi esercizi, e specialmente per la loro
perfetta disciplina. »
Garibaldi e i
suoi, posti nel centro della fanteria, già sentono il palpito della
battaglia. Egli dal punto culminante di una collina abbracciava con lo
sguardo tutto il campo e le amiche e le avverse schiere. Ma il nemico
gioca a mosca cieca; scompare nella notte, e il mattino riappare nelle
forti posizioni di Taqueri, poi ripassa il fiume. E qui, nonostante l'ammirazione
per il suo eroe Bento Gonzales, Garibaldi non può non notare quel
difetto deplorabile dell'esitazione per quasi tutte le sue operazioni.
Tale difetto produsse perdite spaventevoli, perché avendo egli
lasciato trascorrere il momento opportuno per l'attacco, il nemico scelse
il proprio e i repubblicani troppo attendisti furono costretti di abbandonare
al nemico Taquari e il suo territorio e di ritirarsi a San Leopoldo e
Settembrina fino all'antico accampamento di Bel a Vista.
Taquari ricordava
sempre a Garibaldi una delle settimane più dolorose della sua vita,
perchè qui Anita, la quale per tutto il tempo del combattimento
aveva cavalcato avanti e indietro conducendo le munizioni, fu fatta prigioniera.
Ma l'intrepida donna, mentre egli e i suoi andavano errando per le foreste,
nella ritirata, cibandosi di radici, avutane il permesso dal nemico, lo
cercò come morto fra i cadaveri. Non rinvenutolo, lo sperò
ancora vivo perché raccattò il mantello che il consorte
aveva gettato via per essere più libero nel combattere, meditò
la fuga con l' aiuto d'una donna penetrò arditamente nell'immensa
foresta che copre la cima dell'Espinasso, abitata solamente da bestie
feroci e da rettili velenosi; la attraversò cavalcando uno stallone
quasi selvatico, giunse al passaggio del fiume Canavas, ove i quattro
soldati di guardia fuggirono spaventati all'inaspettata visione; passò
a nuoto il torrente gonfio per le piogge, attaccandosi alla criniera del
cavallo. Dopo otto giorni, in cui non si era cibata che di qualche frutta
selvatica e di chicchi di caffé immaturi, si ricongiunse allo sposo,
e la gioia di ambedue è più facilmente immaginabile che
descriverla.
Il 16 settembre
del 1840 essa lo rallegrò col primogenito, a cui il padre pose
nome Menotti; ed egli lo amò con tanta tenerezza come forse nessun
altro essere umano abbia mai amato.
Chi conosceva bene il Generale non può non avere notato come i
suoi occhi gli s'illuminassero, come la sua voce diventasse carezzevole,
quando gli si presentava davanti il piccolo Menotti improvvisamente.
Non é sempre vero il proverbio che "amore d'amor si paga"
ma in questo caso s'avverò, perché l' amore di suo padre,
Menotti lo ha contraccambiato in circostanze difficili e delicate, che
avrebbero messo ad alta prova la devozione di qualunque figlio.
Per fortuna il
parto ebbe luogo in una casa ospitale, cosicchè il cibo necessario
non mancò; ma, come egli stesso narra, non aveva di che regalare
un fazzoletto né alla madre, né al figlio; però si
decise il giorno dopo ad un viaggio fino alla Settembrina per farsi prestare
un po' di danaro da un amico e provvedere ai bisogni più urgenti.
I campi allagati sembravano un mare e ritardarono il ritorno: durante
l'assenza, il nemico attaccò S. Simone. Anita e i marinai rimasti
con essa dovettero rifugiarsi nella foresta, cosicché al ritorno
il povero padre trovò la casa vuota, e la sua ansietà fu
accresciuta dalle fucilate che si udivano a poca distanza. Ma per buona
ventura madre e figlio erano giunti al fiume; lui raggiunse poco dopo,
e insieme a cavallo si ritirarono. Tornarono allora a San Simone trasportando
il campo sulla riva sinistra del Capinari.
La posizione dell'esercito
repubblicano diventava sempre più precaria; la disfatta di Taquari,
seguita da quella di S. José del Norte, che Garibaldi attribuiva
all'irresolutezza dei capi, all'indisciplina dei soldati, aveva fiaccato
la fanteria. Del resto gli abitanti dei paesi, un giorno così tanto
caldi d'entusiasmo per la repubblica, essendo divenuti indifferenti ed
ostili, vi era l' evidenza che fra poco la lotta doveva cessare; e siccome
i capi rifiutavano le proposte degli imperiali, ciò irritava sempre
più il popolo e gli stessi soldati.
Decisa la ritirata, fu stabilito che la divisione di Canabarro, alla quale
apparteneva Garibaldi con i marinai, formasse l'avanguardia, per aprire
il passo al grande Cerro, montagna occupata dal francese Labattue, al
servizio imperiale; che Bento Gonzales seguisse, e ultima la guarnigione
repubblicana di Settembrina, capitano Texeira. Ma intanto Moringue attaccò
e prese la città di Settembrina, e qui morì gloriosamente
Luigi Rossetti, che dopo prodigi di valore, caduto gravemente ferito da
cavallo, non volle arrendersi né cedere la sua spada.
Intanto continuava
la disastrosa ritirata "la più disastrosa e la più
terribile - scrisse Garibaldi - della mia vita"; nel
cuore dell'inverno in un paese di montagna, senza vettovaglie, provvisto
solo del laccio che utilissimo nelle pianure tornava inutilissimo in quelle
dense foreste, asilo di tigri e di leoni. Le piogge a dirotto ingrossarono
i fiumi, la fame incrudeliva perché, mangiati i propri cavalli
di scorta, null'altro cibo restava, le donne e i fanciulli morivano lungo
la strada, e Anita fremeva per il suo Menotti, che il padre nei passaggi
dei fiumi e nei valichi più pericolosi portava sospeso al collo,
avviluppato in un fazzoletto, e lo riscaldava con il suo alito. Si aggiunga
che le guide smarrivano la via; più si camminava e meno sembrava
di avanzare. In ultimo Garibaldi decise di mandare avanti Anita con i
due soli cavalli che rimanevano, restando indietro con due muli che sperava
salvare alimentandoli con canne dette taquara.
Montando or l'uno
or l'altro cavallo, Anita trovò al termine della foresta, provvidenza
inaspettata, dei soldati di suo marito con un bel fuoco acceso, e Garibaldi
ricordava sempre il nome del soldato Manzio, che fu il primo a soccorrere
i suoi cari. Lui poi, arrivato poco dopo a piedi stanco e affranto, confortatosi
con del cibo, i suoi posero piede a Vaccaria dove li aspettava Bento Gonzales
con la sua divisione, già scemata d'un terzo, non avendogli il
terribile Moringue conceduto un istante di respiro.
Allo stesso tempo
il generale Labattue fu inseguito dai Mattos, indiani selvaggi, che pure
risparmiavano i repubblicani. Dirigendosi il resto dell'esercito per la
provincia delle Missioni su Cruz Alta, che ne é il capoluogo, si
accampavano finalmente a San Gabriele e là fu fissato il quartier
generale, ove Garibaldi fece la conoscenza di Anzani, che allora si trovava
anch'egli al servizio della repubblica di Rio Grande in qualità
di comandante della fanteria di Juan Antonio.
ANZANI in quel paese era adorato, e il fatto che gli diede fama vale la
pena di essere narrato. Giunto a San Gabriele, città vicinissima
alla foresta ove abitavano i temuti Mattos, egli dirigeva la
bottega di due negozianti italiani, a cui aveva portato lettere di raccomandazione.
Il capo dei Mattos era il terrore degli abitanti; a lui nulla
si rifiutava, tutto gli si offriva per sottrarsi alle sue vendette. Un
giorno questo capo spalancò le porte e le finestre della bottega
dove Anzani stava facendo i conti della settimana, e domandò un
bicchiere di "agua ardienta".
- Paga prima, e poi avrai l'agua ardienta. - L'indiano
sorrise; e Anzani pacatamente l'ammonì che lo avrebbe cacciato
fuori del magazzino.
L'indiano gettò giù una mezza piastra. Anzani versò
un bicchiere di acquavite, e un secondo e un terzo e via via fin che venne
a pari della moneta; l'indiano ne richiese ancora. - Senza denaro,
niente acquavite.
I cinque o sei bicchieri di acquavite bevuti avevano però ridato
il coraggio all'indiano. - Dell' agua ardienta, disse avvicinando
la mano al calcio di una pistola : - dell' agua ardienta o ti uccido.
Anzani, sapendo che la cosa sarebbe finita in quel modo, stava pronto
all'assalto. Era un uomo di cinque piedi e nove pollici, di una forza
prodigiosa e di ammirabile destrezza. Appoggiò la mano sullo scrittoio
per farne una leva al corpo, e balzò improvviso dall'altra parte
e si lasciò cadere di peso sul malcapitato indiano afferrandogli
conb la mano sinistra il pugno destro.
Non avendo potuto
resistere all'urto, l'indiano cadde a rovescio sul pavimento. Anzani gli
fu sopra e gli mise un ginocchio sul petto. Allora, tenendogli sempre
con la sinistra la mano destra in modo da renderla inoffensiva, con l'altra
gli levò dalla cintura i pugnali che scagliò per il magazzino:
poi gli strappò la pistola, e presala per la canna, a colpi di
calcio gli pestò ben bene la mutria; e quando gli parve che l'indiano
ne avesse avuto abbastanza di quel carpiccio, lo rialzò, e cacciatolo
a suon di calci verso la porta, lo sospinse sino al rigagnolo della strada
in mezzo al quale lo lasciò.
Questo fu l'uomo che a prima vista si guadagnò tutta la stima di
Garibaldi, e che ebbe sopra di lui un'autorità che nessuno dopo
ha mai avuta. Anzani, in quel momento, stanco della guerra guerreggiata
dai così detti repubblicani di Rio Grande, avvedutosi che null'altro
rimaneva da fare per la causa della repubblica, risolse di abbandonare
San Gabriele e andarsene a Salto, città della repubblica orientale
dell'Uruguay.
Garibaldi, già
impensierito per la sua piccola famiglia, privo da sei anni di notizie
dei parenti, nauseato di più ancora di Anzani, del modo con cui
era stata condotta la guerra, decise anche lui di domandare la sue dimissione
e il permesso al presidente di radunare una mandria di buoi per le spese
di viaggio e la residenza della sua famiglia a Montevideo, ove aveva stabilito
di ritornare.
Quei sei anni di
incessante guerreggiare ora per terra ora per mare avevano perfezionato
in Garibaldi tutte le qualità del soldato. Contemporaneamente,
era venuto a mano a mano anche abituandosi al comando sulle navi e in
campo, a vincere i molti con i pochi, e a far cessare, cosa insperabile,
fra i suoi uomini l'insubordinazione e l'ammutinamento.
E già si avvicinava rapidamente l'occasione nella quale tutte queste
sue qualità si sarebbero spiegate a modo di ventaglio.