LETTERATURA

GABRIELE D'ANNUNZIO >>
Il "punto di svolta" della modernità» 
di Maurizio Chatel.
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LA VITA DI D'ANNUNZIO >>>>>>>>

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RIFLESSIONI SU
GABRIELE D'ANNUNZIO
Prof. Giovanni Pellegrino


Lo scrittore che tra i due secoli ebbe la risonanza più vasta di pubblico e che influì sulla letteratura e sul costume del tempo fu Gabriele D’Annunzio.

Egli nacque nel 1863 a Pescara e conseguì nel 1881 la licenza liceale si stabilì a Roma, dove entrò in contatto con gli ambienti letterari giornalistici iniziando un’abile e fortunata attività di giornalista, di scrittore e di uomo di mondo.

Particolarmente notevole fu nei primi anni la collaborazione alla rivista “ Cronaca bizantina”.
A tale rivista collaborarono per alcuni anni i maggiori letterati italiani tra i quali vi era anche il Carducci che in un primo momento apprezzò e incoraggiò D’Annunzio .

Egli divenne lo scrittore preferito dell’alta società romana della quale condivise le mode e della quale esaltò i miti e i riti mondani , svolgendo una febbrile attività di giornalista , di lirico e di narratore che lo mise al centro della vita letteraria italiana .

D’Annunzio compì tanti gesti clamorosi tesi a impressionare tra i quali vi furono una campagna elettorale che lo condusse al parlamento.
Fece anche molta notizia la relazione con la grande attrice Eleonora Duse , relazione che egli descrisse impietosamente nel romanzo “ Il fuoco”.

Nel 1910 oppresso dai debiti contratti per arredare e mantenere sontuosamente una villa presso Firenze si trasferì in Francia in una specie di sdegnoso esilio volontario.
Nel 1915 cominciata in Italia l’agitazione interventista rientrò in patria per propagandarvi la guerra che egli come molti contemporanei propugnò e visse con spirito nazionalistico.


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Alla guerra prese poi parte attiva compiendovi gesti coraggiosi e clamorosi ma ferito in un incidente di volo perdette l’occhio destro.

Alla fine della guerra fu animatore di moti nazionalistici , collaborò a costruire e a diffondere l’idea della “ vittoria mutilata” .
D’Annunzio organizzò anche la cosiddetta “ marcia di Ronchi” che occupò Fiume .
Inoltre D’Annunzio contribuì a formare l’atmosfera che permise la nascita del fascismo e la sua vittoria .

Nel natale del 1920 per l’intervento delle truppe governative dovette lasciare la città e si ritirò in una villa a Gardone Riviera dove costruì una specie di Museo della sua vita e della sua opera.
Nei primi anni seguenti partecipò ancora alla vita politica accanto al fascismo poi si ritrasse in un isolamento sempre più sdegnoso e superbo .

Morì nel 1938 dopo aver fortemente inciso sulla letteratura e sul costume del suo tempo .
A tanta varietà e di vicende biografiche corrispose una varietà altrettanto ricca di atteggiamenti e di opere .
Tuttavia dietro a questa varietà di atteggiamenti e di opere vi è una unità sostanziale di spiriti e di forme .
D’Annunzio da chiunque abbia attinto i suoi temi e quali che siano stati i suoi modelli diede sempre la sua impronta alle sue opere .

In un certo senso possiamo dire che D’ Annunzio pur modificandosi con gli anni e passando per fasi diverse non si è evoluto realmente quasi che egli giunto giovanissimo alla scoperta di sé non abbia fatto altro che variare un suo motivo di fondo anche quando pareva volesse evaderne.
Impulso di fondo alla sua opera è una capacità eccezionale di cogliere il mondo con una sensibilità esasperata.
Tale sensibilità adatta a percepire sensazioni impressioni momenti ma incapace di collegarli in una trama organica e di conseguenza inadatta a rappresentare gli uomini e le loro vicende.

Per dirla in altro modo D’Annunzio è stato un lirico ma un lirico sensuale e decadente un intellettuale raffinato travolto in un mare di cultura e in un estetismo del quale avvertì più volte la falsità torbida e ambigua e dal quale pensò spesso di evadere attraverso la mitizzazione del “ Bello”.

Altre volte D’ Annunzio tentò di evadere da tale estetismo attraverso la celebrazione di una “Bontà” appresa sui libri di Tolstoj e di Dostoevskij .
D’Annunzio come tutta la nuova generazione non crede più nella scienza .
Inoltre egli disprezza il mondo borghese che ha intorno considerandolo brutto e prosaico cosicchè lo nega con forza ma non sa uscire da esso.
D’Annunzio cerca di uscire dal mondo borghese attraverso l’estetismo o anche attraverso l’eroismo alla luce del quale D’Annunzio tradusse il patriottismo risorgimentale e post risorgimentale in un nazionalismo spinto all’ennesima potenza.

D’Annunzio pertanto fu il vate del nazionalismo italiano nella sua incubazione e nel suo primo fermento .
Mito dei miti D’ Annunzio quello cui tutti gli altri possono ricondursi fu il mito del superuomo.
Pertanto maestro di D’Annunzio fu Nietzsche cosicchè nel mito del superuomo si composero in sistema molti aspetti e molte aspirazioni dannunziane .
Citiamo a titolo di esempio gli spiriti antidemocratici il disprezzo delle masse grigie e brute l’estetismo l’imperialismo , la volontà di potenza e l’individualismo aristocratico .

Questa natura del D’Annunzio spiega il suo stile che per quanto ricco e vario fu a suo modo unitario .
Intanto unitario per l’unità del moto che lo generava, l’aspirazione a superare il reale ritenuto prosaico, nel vagheggiamento di una” divina” Bellezza.
D’Annunzio pensava che se veramente divina è la Bellezza , divina è la parola che deve svelarla e di conseguenza la poesia è tutto.
La poesia di D’Annunzio è protesa alla costruzione o creazione di una ideale realtà poetica .
Dunque il suo stile ha caratteristiche costanti che ogni lettore coglie ad apertura della bipagina .
Caratterizza lo stile di D’Annunzio la ricerca ossessiva anche nel discorso familiare dell’espressione rara .
Questo stile sempre identico nel suo fondo si atteggiò però in modi vari secondo le diverse opere di D’Annunzio o forse meglio secondo i diversi motivi e momenti dell’attività dannunziana.

Quando D’Annunzio tentò di evadere dall’estetismo dal superoismo il suo stile costretto a rendere una situazione sentimentale particolare perse anche quella coerenza della retorica che altre volte lo cementò .
Nei momenti invece in cui D’Annunzio accettò di essere se stesso la sua parola rara e preziosa ha una sua ragion d’essere e quella raffinatezza estrema della frase avendo una sua intima necessità appare il mezzo espressivo naturale di quel mondo interiore .
Quei tratti comuni presenti nel D’Annunzio di psicologia , ideologia e stile si sono poi articolati per un lungo arco di anni in una serie numerosa e varia di opere .

Cominciò infatti rifacendo in verso Carducci e in prosa Verga ma già con un’accentuazione dei temi e dei toni sensuali che dissolveva il naturalismo del Carducci e non aveva nulla in comune con l’adesione morale del Verga ai suoi eroi .
D’Annunzio passò poi a liriche nelle quali un raffinato estetismo aristocratico che si accompagnava e si mescolava con la celebrazione della stanchezza dei sensi .
Temi e toni simili ritornarono nei vari romanzi e nei drammi del decennio 1890 -1900 il suo periodo più fecondo.
In quegli anni di lavoro febbrile esperienze ed esperimenti diversi si mescolarono e intrecciarono ed il D’Annunzio passò dal romanzo mondano ed estetizzante a quello che riprendeva motivi di Tolstoj o Dostoevskij .

Più tardi si affacciò per divenire poi dominante l’ideologia del superuomo .
Gli anni che seguirono furono ricchi anch’essi di opere ma assai meno di risultati artistici e agli stessi contemporanei più attenti parve che D’Annunzio avesse chiuso con le Laudi la sua attività creatrice.
L’ideologia del superuomo irrigiditasi in schema messa a servizio di scopi pratici diede luogo a opere gonfie di retorica .
Tali opere sono molto diverse da quelle del periodo precedente nel quale la sensibilità acuta e ricchissima portata a cogliere le apparenze più sottili e più labili delle cose dà un valore molto più alto alle opere del D’Annunzio .
Negli ultimi anni maturò se non un D’Annunzio nuovo per lo meno una tecnica dannunziana nuova che si espresse in opere autobiografiche e nel Notturno scritto durante la cecità temporanea dovuta a una ferita in guerra .
Queste opere particolarmente il Notturno rinverdirono la fama del D’Annunzio perché venivano incontro al gusto nuovo che intanto era maturato in Italia un gusto più sobrio o addirittura essenziale meno oratorio .
Ma il mondo che si esprimeva in quelle opere era sostanzialmente quello di sempre .
La fortuna del D’Annunzio è stata assai ricca e complessa intrecciandosi e confondendosi l’influenza della sua opera letteraria con quelle della sua attività pratica .

L’incidenza dell’arte con quella della politica e sul costume.
D’Annunzio già da giovane aveva conquistato abilmente il suo pubblico seguendo l’evoluzione della cultura e del gusto e lusingandone le aspirazioni .
Più tardi negli anni della prima guerra mondiale e del primo dopoguerra le sue gesta nazionalistiche suscitarono un nuovo interesse intorno al suo nome che raggiunse così il massimo della popolarità.
Inoltre la sua opera raggiuge un pubblico piccolo borghese assai vasto .
Ma proprio allora la nuova generazione letteraria si staccò decisamente da lui e ciò accadde dopo il 1920 .

In ogni caso pochi scrittori italiani hanno esercitato in patria e fuori l’influsso che ha esercitato D’Annunzio.
Fuori d’Italia è stato dopo secoli il primo nostro scrittore largamente letto e apprezzato .
In Italia egli ha prestato tanti dei suoi miti al nazionalismo e al fascismo ed è stato il maestro di quell’oratoria che fu poi dei fascisti e di Mussolini.
D’Annunzio ha influenzato fortemente il nascente cinema italiano infatti tutta dannunziana è stata la prima cinematografia italiana .

In conclusione possiamo dire che i segni dell’influenza di D’ANNUNZIO si possono cogliere in tanti aspetti della vita italiana fino alla prima guerra mondiale ed oltre.

Prof. Giovanni Pellegrino

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