(P06) -LA CRISI - LA FINE  DELLA REPUBBLICA
LA VITA A ROMA - L'IMPERO DI AUGUSTO

La crisi della repubblica

Le conquiste territoriali trasformarono profondamente non solo i costumi della societa' romana, soprattutto per influsso della Grecia, ma anche le sue strutture politiche ed economiche. Verso la meta' del II secolo a.C., accanto alla nobilta' senatoria, padrona di immense estensioni di terreno, si era formata una nuova classe sociale, quella dei cavalieri, arricchitisi con i commerci, i bottini di guerra e la riscossione delle imposte per conto dello Stato. In grande decadenza era invece la classe dei piccoli proprietari terrieri i quali, costretti a vendere la terra ai latifondisti, andavano poi a ingrossare le file dei proletari.

Si imponeva una riforma sociale: essa fu sostenuta dai Gracchi, i quali proposero la ridistribuzione dell'agro pubblico, ma sia Tiberio che Caio furono uccisi durante sanguinosi scontri provocati dai nobili. Fallito il tentativo di riforma, si affermarono due capi militari, Mario e Silla. Il primo, un ambizioso plebeo, generale di grandissime capacita', non seppe sfruttare politicamente la fama conquistata in guerra.
La sua proposta di assegnare terre alle popolazioni italiche fu respinta dal senato e gli italici si ribellarono a Roma: la guerra sociale che ne segui' vide il trionfo dell'esercito romano e in particolare di Silla, generale patrizio. A Silla si appoggio' il senato per indebolire la fama di Mario; si pervenne cosi' a una guerra civile che vide prevalere alternativamente ora l'uno ora l'altro dei contendenti.
Alla fine Silla trionfo' e si fece eleggere dittatore ma dopo tre anni si ritiro' a vita privata.

La fine della repubblica

Dopo il ritiro di Silla, che aveva cercato con le sue riforme di evitare le guerre civili, consolidando l'autorita' del senato, altri ambiziosi generali cercarono di impadronirsi del potere. Tra questi erano due ex luogotenenti di Silla: Pompeo, che aveva domato una rivolta in Spagna, e Crasso, che aveva soffocato la rivolta servile guidata dal gladiatore Spartaco. In seguito, Pompeo conquisto' grande fama in Oriente ripulendo il Mediterraneo dai pirati e sconfiggendo il re di Ponto, Mitridate. Nel frattempo in Roma veniva sventato dal senato un tentativo di rivolta organizzato da Catilina.

 

Altra figura di primo piano fu Giulio Cesare, che aveva ereditato da Mario l'appoggio del partito popolare. Crasso, Pompeo e Cesare diedero vita a un'alleanza di potere personale, il primo triumvirato, che ando' in crisi con la morte di Crasso, caduto nella guerra contro i Parti del 53 a.C. Restarono cosi' l'uno di fronte all'altro Cesare e Pompeo. Quando Pompeo cerco' di avere il sopravvento su Cesare, questi, che si trovava in Gallia da lui conquistata, marcio' su Roma mentre Pompeo fuggiva in Oriente.

Riconquistata la Spagna, che si era ribellata, Cesare sbarco' in Tessaglia e a Farsalo sconfisse Pompeo, il quale fu poi ucciso dal re egiziano Tolomeo presso il quale s'era rifugiato.
Dopo essersi fatto nominare dittatore a vita e aver attuato un ampio programma di riforme, Cesare fu ucciso in senato nel 44 a.C. dai fautori della liberta' repubblicana. Ma la morte di Cesare non servi' a rinsaldare la repubblica. Dopo di lui una seconda alleanza di potere, questa volta riconosciuta dal senato, uni' Antonio, Lepido e il giovane Ottaviano, i quali vendicarono Cesare sconfiggendone a Filippi gli uccisori.
Ma anche i nuovi triumviri non seppero trovare l'intesa. Messo da parte Lepido, Antonio e Ottaviano si scontrarono violentemente finche' quest'ultimo, trionfando sul rivale nella battaglia di Azio, non si assicuro' il dominio dello Stato.

La vita a Roma

LA FAMIGLIA

La base della societa' romana era la famiglia, un nucleo saldo, sottomesso alla volonta' del padre, il PATER FAMILIAS. Questa volonta' in origine era assoluta: il padre poteva persino vendere i suoi figli e decretarne la morte. Sotto di lui non stavano soltanto la moglie e il figlio, ma anche nuore, generi e nipoti: alla sua morte il figlio maggiore ne prendeva il posto. Nelle case patrizie, quando nasceva un figlio, la nutrice lo porgeva subito al padre: se questo voleva riconoscerlo, lo sollevava tra le braccia, altrimenti il bambino veniva esposto fuori della casa; o moriva o era raccolto pietosamente da qualche famiglia povera.

L'EDUCAZIONE DEI FIGLI

L'educazione dei figli nell'antica Roma era affidata al Pater familias, ma dei piccoli si occupava soprattutto la madre; nelle famiglie agiate le schiave vennero in uso solo alla fine dell'eta' repubblicana. A sette anni circa i bambini andavano a scuola: nel Foro gia' nel II secolo a.C. esistevano scuole pubbliche per i figli dei funzionari statali. Il maestro, il GRAMATICUS, vigilava severamente sui fanciulli e poteva anche frustrali per le loro mancanze. Questi studiavano il latino e il greco, leggendo le opere degli autori classici, di cui imparavano a memoria ampi brani che dovevano insegnar loro la morale, l'amore per la patria e per la gloria, e ricevevano anche lezioni di aritmetica. Verso i dodici anni essi generalmente passavano alla scuola del RHETOR, un maestro greco che insegnava loro l'eloquenza.

Quanto alle fanciulle, in origine esse dovevano semplicemente saper filare e tessere, poi seguirono la prima istruzione dei fratelli, eccetto la retorica. Si applicavano invece nela musica e nel canto, spesso con insegnamento privato, e qualche volta conoscevano la filosofia ed erano in grado di leggere in greco.

Poiche' le donne non esercitavano una professione, non avevano bisogno di alcuna istruzione tecnica. Tutto questo vale pero' per i figli delle migliori famiglie. I figli del popolo rimanevano quasi sempre nella piu' totale ignoranza e cominciavano a lavorare ancora bambini. La percentuale di analfabeti, in Roma, doveva essere altissima, anche quando la citta' ebbe raggiunto un grande livello di civilta'.

LA RELIGIONE

Nei tempi piu' antichi, i Romani veneravano dei e geni che credevano presenti in ogni aspetto della vita ma anche che non avevano caratteristiche umane. I Romani ritenevano che uno spirito, che essi chiamavano NUMEN, si trovasse nella casa, nella culla dei bambini, nelle rocce, negli alberi, nei campi. E, fuori della vita familiare, pensavano che altri spiriti assistessero gli uomini nelle azioni di guerra e in ogni altre circostanza. Inoltre, i Romani adoravano divinita' come la Fortuna, la Salute, la Giovinezza, la Vittoria.
Oltre a questi dei della famiglia vi erano gli dei che proteggevano tutto il popolo romano. In particolar modo era adorato Saturno. Con il passare del tempo si diffusero in Roma i miti, le leggende e i culti greci che presto vennero adattati alle esigenze e al modo di pensare dei Romani. Agli dei greci si diedero nomi latini.

LE LEGGI DI ROMA

Se il dominio di Roma si estese sopra tanti popoli diversi e se tanto a lungo pote' durare, cio' fu dovuto in gran parte alla forza delle sue leggi. Nei primi tempi della repubblica le prime leggi furono scritte sulle DODICI TAVOLE DI BRONZO e via via furono poi integrate da quelle formulate nei comizi e dalle norme emanate dei pretori.

Nell'eta' imperiale si creo' una scienza del diritto e famosi giuristi ebbero il compito di perfezionare ed elaborare le leggi di Roma per adattarle alle sempre maggiori esigenze determinate dalla vastita' dell'impero e dalla complessita' della vita sociale. La legge di Roma e' l'espressione pratica e razionale dei diritti naturali dell'uomo e non piu' manifestazione della volonta' arbitraria e imperscrutabile degli dei. Il diritto e' il risultato piu' manifesto delle virtu' proprie del popolo romano: chiarezza, ordine e spirito pratico.

COME VIVEVANO I ROMANI

Il luogo d'incontro piu' naturale per i Romani erano le strade e soprattutto il Foro. In qualsiasi ora del giorno il Foro brulicava della gente piu' diversa, dal ricchissimo patrizio al cavaliere, dall'artigiano con la sua mercanzia al liberto. Qui gli oratori tenevano i loro comizi, qui il popolo si affollava per assistere al trionfo dei generali vittoriosi. Qui i giocolieri venuti di lontano si esibivano nei loro spettacoli. L'ambiente tipico romano che le classi piu' agiate avevano adottato come luogo d'incontro, in eta' repubblicana e ancora piu' nel periodo dell'impero, erano le terme. Assai popolari erano gli spettacoli del circo, dove i gladiatori si battevano tra loro e con le fiere.

DOVE ABITAVANO I ROMANI

Al termine del periodo repubblicano l'aspetto di Roma rispecchiava la grave disuguaglianza sociale che divideva i suoi cittadini. Le famiglie patrizie, circa 1800, abitavano in case ricchissime, circondate da giardini, con un incredibile numero di servitori. La vita che vi si svolgeva era del tutto diversa da quella delle abitazioni dei membri della classe media, funzionari, mercanti e artigiani d'un certo prestigio, che vivevano in palazzi a piu' piani, nei quali pagavano un affitto del tutto sproporzionato. Il piano terreno era riservato tutto alle botteghe degli artigiani e dei commercianti; al di sopra vi erano molti appartamenti con logge e balconi sulla strada. Numerose finestre davano aria all'interno e l'aspetto esterno ben curato.
La gran massa dei proletari invece viveva in condizioni miserevoli: le loro abitazioni erano enormi edifici, disposti a isolati, privi di acqua e di impianti igienici, contenenti in media 200 persone ciascuno, stipate in piccole camere.

LO SPIRITO PRATICO DEI ROMANI

I Romani non si interessarono granche' allo studio teorico delle scienze, ma, dotati di uno spirito eminentemente pratico, studiarono solo le applicazioni concrete di quei principi che avevano appreso dai popoli orientali. Uno dei limiti, il piu' grave, della matematica romana antica era la mancanza dello zero, che rendeva macchinosa anche la piu' semplice addizione.

I Romani si dedicarono soprattutto al calcolo e alla misurazione dei terreni e delle distanze e alle tecniche di costruzione. Anche le teorie meccaniche ebbero in Roma importanti applicazioni pratiche come bilance, macchine e persino gru, che con semplici sistemi di pulegge permettevano di sollevare grossi e pesantissimi carichi.

L'impero di Augusto

Ottaviano, detto poi Augusto, cioe' "degno di venerazione", diede a Roma un periodo di pace assai lungo, che favori' lo sviluppo della vita civile, artistica e letteraria. Egli fu il fondatore dell'impero romano; il passaggio dalla repubblica all'impero tuttavia non fu repentino, ma graduale. Augusto accentro' infatti nella sua persona cariche gia' presenti nell'ordinamento repubblicano.
Console e presidente del senato, ottenne poi, con il comando dell'esercito, il potere proconsolare in tutte le province, la potesta' tribunizia a vita e infine divenne pontefice massimo. Formo' la milizia dei pretoriani, una sorta di guardia del corpo imperiale, e riorganizzo' l'esercito, che divenne una milizia permanente. Istitui' un solido sistema fiscale, che servi' a risanare la cassa dello Stato che la guerra civile aveva impoverito; ridiede alla religione l'antico prestigio.

Negli anni dell'impero di Augusto Roma si abbelli' di grandiosi monumenti. L'eta' di Augusto puo' essere considerata come l'eta' piu' felice della letteratura latina; i poeti piu' illustri furono VIRGILIO e ORAZIO.

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