-------------------------------------- STORIA UNIVERSALE --------------------------------------

5. ANTICO ORIENTE - BABILONIA - SARGON - HAMMURABI

Nei precedenti quattro capitoli abbiamo accennato al periodo paleolitico, al neolitico, all'età del bronzo e del ferro. Le ultime due le abbiamo accennate ma non furono causa di un grande mutamento nella civiltà nella quale andavano introducendosi. Ciò che invece produsse un mutamento di incalcolabile portata, era già avvenuto qualche millenno prima, quando l'uomo da nomade che era, mise salde radici nella terra e si era trasformato sedentario, da cacciatore e pescatore diventato agricoltore e allevatore, addomesticò alcuni animali e cominciò a mietere i cereali, e dopo un po' anche a coltivarli. E' un'autentica rivoluzione sociale ed economica che inizia all'incirca 10.000 anni fa, in ambienti idonei a tale sviluppo.

Fu sociale, perchè proprio con gli stanziamenti fissi nacquero da quel momento le prime comunità stabili riunite in villaggi, all'inizio sotto un semplice capo famiglia che per lo più era il più anziano e il più saggio della tribù.
Fu economico perchè i prodotti dell'agricoltura e dell'allevamento del bestiame resero l'uomo proprietario e la proprietà pose preoccupazioni e problemi prima ignoti all'uomo nomade. E se prima vi era nelle precedenti civiltà un forte spirito individualistico, e se poi anche con le prime tribù nacque la solidarietà all'interno del gruppo, questa dopo si fece più accentuata. Iniziarono i primi guai della ricchezza di un singolo rispetto a un altro, o di una tribù ricca rispetto ad un altra vicina che per vari motivi (siccità, inondazioni, tempeste ecc.) era carente del necessario per vivere; e come aveva fatto in precedenza iniziò la "caccia" nei confronti dei suoi simili, cioè "uomini" che possedevano ciò che gli abbisognava.

Di conseguenza per difendersi non era più sufficiente l'anziano della tribù, ma occorreva una salda organizzazione politica che disciplinasse con regole tassative l'interno del villaggio ma anche la tutela dello stesso da altri villaggi.
E se prima le armi che si possedevano servivano per andare a caccia di animali, dopo furono utili e necessarie per difendersi o si rivolsero, verso altri uomini per procurarsi ciò che altri tribù possedevano. Indubbiamente è da questo tempo che datano le prime guerre organizzate.


E per organizzarle l'antico vecchio capo di famiglia non era più sufficiente, c'era bisogno di un audace e sveglio uomo guida, cioè un piccolo re, capace di tenere rapporti con i suoi governati e coi vicini. Questo re e i suoi migliori uomini (funzionari, guerrieri, ricchi proprietari di terre) ben presto rispetto agli altri comuni mortali divennero una casta, una aristocrazia. Ben presto si aggiunsero i sacerdoti che utilizzando le antiche paure ancestrali sorte negli ultimi secoli, crearono delle entità sovrannaturali, per terrorizzare sia i primi che i secondi, avendo così accesso pure loro nel potere politico. Ma di questo potere teocratico avremo molto spazio più avanti per parlarne. Anche perchè esiste ancora perfino nei nostri anni 2000.

Dove meglio si maturarono le condizioni che condussero alcuni di queste comunità alla civiltà dei tempi storici è appunto l'ANTICO ORIENTE: l'Asia occidentale anteriore e l'Africa settentrionale. Due ampi territori, posti quasi alla stessa latitudine, favorevoli alla colonizzazione, per natura favorevolissimo alla colonizzazione, con sistemi d'irrigazione relativamente semplici e spiccati confini naturali: montagne e steppe.
Qua l'Egitto col grande Nilo di favolosa fertilità: con una via di terra e di acqua che le condizioni naturali rendevano facile ad aprire, verso la Fenicia e la Palestina: con la possibilità della navigazione costiera, agevolata dalle correnti marine.
Più oltre, l'Asia anteriore, con la vasta pianura bagnata dall'Eufrate e dal Tigri, la cui metà settentrionale forma la Mesopotamia propria limitata a settentrione e oriente da un ampio semicerchio di maestose montagne, a mezzogiorno dal deserto; ad occidente dell'Eufrate la distesa del deserto siriaco, cui i monti calcarei della costa staccano dal mare Mediterraneo.

Al progredire e al continuo stabilirsi di masse di popolo non si prestavano né il paese lungo la costa, né tanto meno l'interno, povero di vegetazione e con pochi e brevi corsi d'acqua, che permettevano tutto al più stanziamenti di piccole e temporanee colonie del tipo oasi. Solo per l'Egitto e per la regione dei Tigri e dell'Eufrate sembra si possa pensare all'adattamento di masse di popoli alle condizioni fisiche del paese.

Come queste due regioni fossero in origine colonizzate, non ci é dato per ora di sapere; fino ai più recenti scavi pare che l'indagine, sopratutto in Egitto, raramente è penetrata nell'età cosiddetta primitiva. Forse perchè le grandi spedizioni archeologiche puntano agli antichi tesori e non a mucchietti di ossa.
Ma anche nell'Asia occidentale troviamo già nell'età più antica cui si può risalire, una cultura già quasi formata, che può rappresentare tanto il punto culminante di un'unica curva di civiltà, quanto l'ultima, ma non per questo più alta, cresta di un'ondata di cultura gonfiatasi per secoli, anzi per millenni. Non abbiamo modo, finora, di determinare in qual tempo tale movimento avvenisse, poiché la storia universale che riposa sui pochi monumenti scritti non offre alcun punto di riferimento.
E quelli che potrebbero darci una risposta non sono interessanti, oppure perchè sono zone inaccessibili. E' comunque accertato che dall'Irak all'Iran vi siano migliaia e migliaia di cumuli, primitivi villaggi ancora inesplorati, che al massimo ci restituiscono non tesori (come in Egitto) ma poche cose che ai musei interessano poco.

Invece, per quel che riguarda le località cosiddette "storiche", disponiamo di analogie per le quali dobbiamo necessariamente ammettere un movimento di considerevoli raggruppamenti di popoli, e di emigrazioni dei popoli stessi.
Come si venissero a formare e costituire i popoli che vediamo apparire nell'Asia occidentale nei tempi più remoti a noi accessibili, si spiega nel modo più soddisfacente ammettendo non già un unico poderoso movimento di masse, ma successive ondate di popoli, sia separate di spazio e di tempo, sia continuate e successive.

Tutta la regione chiamata poi Babilonia e Assiria appare colonizzata da un grande popolo civile, i cosiddetti Sumeri. Basta gettare uno sguardo alle sculture di questo popolo e confrontarle coi posteriori monumenti semitici, per riconoscere che queste due razze sono radicalmente differenti. I Sumeri non erano certamente semiti. Più oltre di questa constatazione non si è potuta giungere nemmeno la linguistica comparativa, per quanti sforzi abbia fatto. È vero che alcuni studiosi hanno, cercato di accostare al sumerico gli antichi dialetti turchi, altri le lingue indocinesi; ma senza poter fornire la prova di una reale parentela del sumerico con qualsiasi delle lingue meglio conosciute.

Pure, tali ricerche linguistiche c'inducono a supporre che i Sumeri, i quali riesce difficile pensare autoctoni nell'Asia occidentale, siano, in epoca preistorica, emigrati nelle fertili pianure dell'Eufrate e del Tigri, muovendo dall'Oriente, da quell'inesauribile serbatoio di popoli che fu l'Asia centrale.
Ma nei tempi storici non troviamo più alcuna notizia di emigrazioni sumeriche. Al di là dei ricordi storici sta pure un'altra grande ondata di popoli, la emigrazione dei Semiti, intorno alla quale non è finora possibile trarre conclusioni precise e complete.
Da alcuni decenni, e con maggiore insistenza in questi ultimi anni si è voluto vedere nell'Arabia, un altre «serbatoio di popoli», la patria originaria dei Semiti. Ma le ragioni puramente filologiche, addotte dalla linguistica a sostegno di questa opinione, non formano una catena di prove. Anche dal punto di vista etnografico ed antropogeografico non riusciamo a ravvisare la culla della poderosa massa dei primitivi Semiti nella penisola arabica così povera di corsi d'acqua: di quei Semiti che, secondo irrefutabili indizi linguistici, già molto tempo prima delle loro grandi emigrazioni debbono aver formato un tutto omogeneo.

Se si ripensa ora alla connessione che dicemmo esistere fra la lingua semitica primitiva e la primitiva egiziana (con le lingue ad essa affini), non sembrerà troppo ardito il sostituire alla ipotesi «arabica» un'altra, che si può così formulare: I Semiti e gli antenati degli Egiziani hanno costituito in età preistorica una comune grande famiglia di popoli, abitante un'ampia porzione dell'Africa (il cui centro sembra oggi essere il Kenia)


E già qui essi si staccarono gli uni dagli altri. In emigrazioni di lunghi secoli, forse di millenni.

(la cartina sopra registra i movimenti da 40.000 a 20.000 anni - nel corso di questa grande diffusione poligenetica che é evvenuta negli ultimi 30.000 anni (1200 generazioni) c'è la comparsa dei brachicefali e dei mesaticefali. . Nel primo troviamo gli uomini a cranio corto in Oriente, mentre nel secondo in Occidente a media lunghezza. In entrambi i luoghi, si fissano anche altre caratteristiche che ritroviamo nelle razze e nei gruppi attuali. Compresa anche l'altezza e il colore della pelle.
Nel primo periodo si è diffusa la colonizzazione su regioni disabitate sulla spinta di genti in cerca di nuove terre; nel secondo inizia invece la vera e propria "rivoluzione neolitica", quando si andarono mano a mano gli abitanti trasformando da cacciatori e raccoglitori, in allevatori e agricoltori.
Il primo periodo
di circa 20.000 anni è detto PRECERAMICO il secondo gli ultimi circa 10.000 anni, CERAMICO.
Da non dimenticare che in alcune zone isolate pur con le stesse potenzialità cerebrale non accadde nulla. Nel 1770 la spedizione di Cook, trovò in Australia gli abitanti ancora alla cultura neolitica a scheggiatura unifacciale.

 

I Semiti si spinsero verso l'Asia. Quale via presero, non si può al momento stabilire. Se si ammette che venissero per terra - non dal sud dell'Abissinia ma attraversando l'Egitto - la divisione dei Semiti primitivi nei singoli popoli semitici riconoscibili come tali sarebbe avvenuta in modo che i Cananei avrebbero per primi colonizzato le coste dell'Asia occidentale.

Quando analizzaimo anche le cosiddette religioni proprie dei popoli di stirpe semitiche, così chiamati dal nome del mitico capostipite Sem (Genesi 10.21-31) figlio primogenito di Noè (5.31), si evince dallo stesso testo biblico costituivano una famiglia di popolazioni assai ramificata e, per ciò stesso, praticavano forme di culto atrettanto differenziate. Esse comprendono fra l'altro, alcune religioni mesopotamiche, e in particolare le religioni Arabe, Accadica e Israelitica; le religioni degli Assiri, dei Babilonesi, degli Aramei, dei Canadei, dei Fenici, dei Cartaginesi, dei Moabiotie dei Nabatei, oltre alle religioni della Siria, di Palmira, di Ugarit e al Mandeismo.

I semiti originari della penisola arabica, si spostarono verso la Mesopotamia la Siria e la Palestina intorno IV-III millennio a.C.
Nelle lingue semitiche il termine comune per indicare dio è Il, El, Ilah, e da questa radice derivano le denomizaioni di Dio, in uso presso i popoli semiti: es. El per gli Ebrei, e Allah (ovvero Ilah, preceduto dall'articolo determinativo al ) per i Musulmani.
Elohim
gli dei è il plurale del nome delle divinita nei più antichi libri ebraici. Infatti occorse del tempo prima che la tendenza monoteistica dei Giudei si sbarazzassero del politeismo asiatico, affinandosi al contatto delle concezioni caldaiche. Le credenze ebraiche non hanno fatto altro che semplificare le idee accadiche. L'antica cosmogonia babilonica rinvenuta negli scritti cuneiformi mostra chiaramente da dove fu tratta la concezione semitica della creazione del mondo per epoche successive, in sei giorni.
"Il pastore nomade - dice il Renan - non inventò quei meravigliosi racconti, ma ne determinò il successo. La cosmogonia caldaica non avrebbe mai conquistato il mondo sotto la forma ferraginosa che essa aveva nei testi assiri; la semplificazione che ne fece il genio semitico fu riconosciuta precisamente quella che occorreva nel momento in cui lo spitiro umano voleva idee chiare su ciò che non poteva sapere chiaramente".

Non solo nella Genesi si trovano tracce dei miti caldei, ma ben anche nei libri posteriori. L'Ercole isaelitico Shimson che strozza il leone non è altro che la riproduzione di Nibib il colosso assiro che con una mano abbatte il leone. Inoltre le divinità alle quali si rivolse di preferenza Israele hanno come tutte quelle della Caldea, una natura e attributi planetari, atmosferici, solari. E le pietre accolte nell'Arca a raffigurare il sole erano senza dubbio aeroliti caduti nel deserto dal cielo. Verso gli ultimi tempi di Giuda, si potevano ancora vedere ebrei che col viso rivolto ad oriente, si prostravano dinanzi al sole. E così anche i vitelli d'oro di cui si fa menzione nella Bibbia, simboli di forza virile divinizzata che passa poi a rappresentare Iahveh sono di origine caldea.
Ma sembra che non abbiamo alcun rapporto con il Sole e l'Api egiziani. Dall'Egitto si presero soltanto le esteriorità di cerimoniale, come il pettorale dei sacerdoti, il naos portatile, l'arca santa, nella quale erano contenute le due aeroliti raffiguranti Iahveh.

 

L'interno del paese, ad oriente, sarebbe stato occupato dalle stirpi aramaiche. Gli Arabi si sarebbero spinti, in rami diversi, verso il sud-est. Come ultima colonizzazione infine, il popolo semitico dei Babilonesi si sarebbe spinto fino alle sedi dei Sumeri.

La civiltà dell'antico Oriente, sorta nell'Asia anteriore come ultimo risultato di tutte queste emigrazioni, non è inferiore in importanza - lasciando da parte per il momento l'Asia orientale - a quella fiorita nella valle del Nilo.

Ma poiché i Babilonesi, già in grazia della loro posizione naturale, erano chiamati ancor più degli Egiziani ad esercitare un'influenza sui popoli confinanti, a buon diritto la nostra esposizione della civiltà dell'ANTICO ORIENTE prenderà inizio dalle regioni del Tigri e dell'Eufrate.

 

Lo svolgimento del concetto, che oggi noi associamo alle parole «Antico Oriente», è strettamente connesso col sorgere e con lo svilupparsi della filologia orientale. Quest'ultima non esisteva ancora nella prima metà del medioevo. Lo zelo col quale un Innocenzo IV (1243-1254), un Clemente IV (1265-1268) e un Onorio IV (1285-1287) intesero dare alle missioni in Oriente, condusse allo studio degli scrittori arabi, ma attenzione con il solo intento di presentare ai Maomettani miscredenti i loro propri scritti come specchio di eresia e convertirli al cristianesimo.
Il guadagno che invece la scienza occidentale trasse dalla conoscenza di opere classiche da lungo tempo dimenticate e dagli studi di filosofia, matematica e medicina coltivati dagli Arabi stessi, tornò a profitto del generale risveglio della ricerca scientifica. Inoltre costumi e prodotti orientali passarono con i crociati in Europa. La Riforma diede occasione, così per i protestanti come per i cattolici, allo studio dell'ebraico e delle lingue ad esso più strettamente affini.
C'è inoltre da dire che furono proprio gli ebrei, soprattutto nella Spagna Araba, dov'erano ben trattati e valorizzati, a tradurre molti testi greci e latini, rendendo così accessibili ai musulmani la comprensione di molti testi antichissimi del tutto ignoti in Europa.
Da quando Urbano VIII fondò a Roma il Collegium pro fide propaganda (1627), le missioni in Oriente ebbero su questi studi una efficacia che, grazie ai Gesuiti, si estese fino alla Cina ed al Giappone. Ma solo con la fondazione di varie società asiatiche e di scuole propriamente destinate allo studio delle lingue orientali viventi - fondazione cui tenne subito dietro la scoperta del sanscrito, la antica lingua sacra dell' India - la filologia orientale si affermò come particolare disciplina scientifica accanto alla filologia classica. Oltre alla filologia dell'Asia orientale e dell'India (queste due le tratteremo in altri capitoli), progredirono da ora in poi specialmente gli studi sulle lingue e letterature dell'Asia occidentale e dell'Africa settentrionale.
Quali nuovi e più importanti fattori, nel secolo XIX, per lo sviluppo degli studi orientali, sono da considerare il deciframento degli antichi geroglifici egiziani per opera dello Champollion e gli scavi e deciframenti delle scritture cuneiformi assiro-babilonesi, dovuti al Grotefend, al Rawlinson, all'Oppert.
Così poterono sorgere opere (basi di tutte le successive) quali la Geschichte des Altertums (Storia dell'antichità) di Ed. Meyer (la cui seconda edizione, uscita nel 1909, ha pure un'ampia trattazione sull'Oriente), Aegypten und aegyptisches Leben im Altertum (L'Egitto e la vita egiziana nell'antichità, 1885-88), Die aegyptische Religion (La religione egiziana, 1905) di A. Erman, la Geschichte Aegyptens (Storia dell'Egitto, 1910) di BreastedRankes, Lo sviluppo dell'Umanità di Pflugk-Harttung, e dalle quali molto è stato attinto dall'autore di queste pagine.

L'ANTICA BABILONIA - FINO A HAMMURABI


Re Hammurabi riceve le leggi da Shamash, dio del Sole

Ogni storia presuppone documenti scritti. Ma nell'antichità orientale possediamo ricordi scritti solo di popoli stabili. L'abbandono della vita nomadi di una massa compatta di individui è subordinata prima di tutto a particolarità geografiche, quali natura del suolo, corsi d'acqua, clima: in una parola, alla capacità di colonizzazione di un determinato paese. È raro poi che non vi abbiano preso parte anche fatti religiosi. Ogni sede stabile di una comunità forma nello stesso tempo la rocca e il tesoro di una divinità protettrice, un centro di culto. In contrasto con le scorrerie dei nomadi, la strategia delle razze stabili ha un fondamento sacrale.
La custodia del santuario comporta nello stesso tempo la difesa del proprio ambiente. Dalle cerimonie religiose viene a formarsi la classe dei sacerdoti. Le forme per il culto sorgono contemporaneamente alle norme giuridiche e alle prime manifestazioni dell'arte.

La compartecipazione di lingua e di religione diviene la base dello stato feudale, a capo del quale sta un principe-sacerdote o un re.
Nell'antichissima storia di Babilonia troviamo diversi simili stati. La divisione del paese in Sumer e Akkad, cioè in Babilonia meridionale e settentrionale, attestata anche dalle iscrizioni cuneiformi, è da ricondurre verosimilmente allo svolgimento storico di questi singoli stati ; come più antichi centri di cultura di essi si ricordano le città sumeriche Kish, Lagash o Shirpurla (dove oggi sono le rovine di Telloh), Gishchu, Uruk o Erek, Ur, Isin e Larsam.

Le iscrizioni ci danno non pochi nomi di re e principi-sacerdoti che regnavano su questi città: così per es. per Lagash nella Babilonia meridionale conosciamo finora, fra gli altri, i seguenti: Lugalshagengur, Urninâ, Eannatum, Enannatum I, Entemena, Enannatum II, Urukagina, Lugalushumgal, Urbau, Nammachni, Urninsun, Gudea, Urningirsu, ecc.: ed anche per le altre città possediamo liste simili di nomi, più o meno lunghe.

Però non è del tutto sicuro in quale ordine si succedevano quei sovrani: e accade sempre più spesso che quel che fino ieri pareva a molti «un risultato sicuro», oggi non ha più alcun valore. Anche la cronologia delle egemonie esercitate via via da alcuni di quei centri di culto su altri, sia per breve sia per lungo tempo, si può riconoscere solo dai titoli che i sovrani si attribuivano, ed é ben lontano dall'esser per tutti sicura.
Per di più, certe date di re assiri più tardi, le quali sembravano esatte, risultarono esagerate di decenni, forse anche di secoli e quindi errati: così soprattutto la notizia nell'iscrizione di un tempio dell'ultimo re babilonese Nabonid (555-539 a Cr.), secondo la quale un antico e celebre monarca di Akkad, di nome Sharganisharri, detto comunemente Sargon I, sarebbe da porre circa nell'anno 3800.

Nonostante tale incertezza nella datazione di quegli antichi re, è ormai da ritenersi probabile che i più antichi re e principi-sacerdoti finora conosciuti siano da ricercarsi nelle città di Lagash e Gishchu. E appunto Sargon I acquista particolare importanza per il fatto che sotto il suo regno i Semiti per la prima volta dominarono nella Babilonia.
Nell'epoca sumerica precedente questa egemonia semitica sono conservate le più estese notizie intorno al principe-prete Gudea di Lagash, sopra ricordato. Già la scrittura di questi testi in lingua sumerica risalenti, secondo ogni verosimiglianza, ai primi secoli del quarto millennio, presuppone una notevole pratica nel maneggio dello scalpello e dello stile.
La sintassi, per quanto finora intendiamo di quei testi, appare salda, né vi è difetto di espressione poetica. Donde é necessario ammettere uno sviluppo di civiltà durato per secoli. Che questa civiltà toccasse una certa altezza al tempo di Gudea risulta specialmente dai lavori statuari insuperati in tutta l'antichità orientale; da quelle statue di diorite, pressoché di grandezza naturale e con panneggiamenti, nelle quali il sovrano é raffigurato come architetto.

Non é facile immaginare che i Semiti possano aver svolto quest'arte nelle loro emigrazioni verso l'Asia occidentale, portandola a tale perfezione solo appunto in Babilonia, e mai altrove. Invece, proprio le statue di Gudea sono prova manifesta che non si può ammettere una priorità della civiltà semitica in Babilonia. Anche dal lato del culto, i monumenti di questo sovrano hanno grande importanza. Le sue numerose iscrizioni su cilindri ci fanno riconoscere un cerimoniale religioso già ben stabilito, con chiara raffigurazione di varie divinità e con terminologia simbolica. La quantità dei materiali per le sue grandiose costruzioni procuratisi nelle più lontane regioni dell'Asia anteriore dimostra l'esistenza di vie di comunicazione e di mezzi di trasporto sicuri, nonché di scambi commerciali.

Maggiore importanza storica hanno però le notizie del tempo di Sargon I, conservate in numerosi documenti in lingua semito-babilonese e in parte datati, nei quali la città posta sulla riva sinistra dell'Eufrate, che fu poi (col nome di Babilonia) la capitale dell'impero, é chiamata per la prima volta Babel, e cioè secondo la interpretazione indigena "Porta di Dio"; in essa Sargon innalzò due templi.
Ci sembra opportuno, a meglio intendere quanto segue, gettare intanto uno sguardo ai popoli che si trovavano oltre i confini dell'impero di Babilonia; a quell'insieme di paesi più o meno estesi, divisi in regioni più o meno indipendenti, i cui abitanti nel corso della storia antica dell'Asia anteriore vennero ripetutamente, com'era naturale, a trovarsi in conflitto col potente impero babilonese, e più tardi con l'assiro, e furono per un certo tempo
del tutto soggiogati dai dominatori babilonesi e assiri, o almeno costretti a pagar loro un tributo.

A paragone delle notizie della storia assiro-babilonese derivanti dalle fonti autentiche dei monumenti di scrittura cuneiforme, il materiale storico di questi paesi é, nella maggior parte dei casi, tuttora così lacunoso o di difficile interpretazione, che converrà trattare della loro storia in stretta connessione con quella dei loro dominatori. È in primo luogo la terra di Elam, già nota dal decimo capitolo del primo libro di Mosé, che ha in parte quasi tutto il corso della storia dell'Oriente antico. Questa regione, più tardi detta Susiana dalla sua antica capitale Susa, formante una vasta pianura che si estende a oriente di Babilonia dalle catene dello Zagros fino al golfo persiano, ma i cui antichi confini ad oriente non si possono finora precisare, dovrà essere considerata come l'ultima tappa della gente nomade dei Sumeri, che in età preistorica penetrava per la via di terra in Mesopotamia.
Secondo tale ipotesi, gli Elamiti che tennero dietro ai Sumeri, muovendo probabilmente dall'Asia centrale, dovevano già da un pezzo aver sedi fisse, già nel tempo più antico di cui ci é dato aver notizia. Che gli Elamiti sapessero fissare con la scrittura la loro lingua, a noi finora purtroppo affatto sconosciuta, risulta da un monumento trionfale, ricuperato nei recentissimi scavi francesi, con una iscrizione di Narâmsin, figlio di Sargon l; monumento dal quale, dopo che fu preso in guerra nella città babilonese di Sippar e trasportato a Susa, fu cancellata una parte dell'iscrizione di Narâmsin e sostituita con un'altra dal conquistatore elamita. Da dove questa cultura scaturisse, ne sappiamo ben poco. Le ripetute scorrerie dall'Elam verso Babilonia, parte fortunate, parte finite con la soggezione di quelle terre sotto il dominio babilonese, attestano soltanto che dai tempi di Sargon in poi Babilonia ebbe all'oriente un rivale di egual potenza, ad assoggettare il quale occorsero dei secoli.

In contrasto con la elamitica, dobbiamo considerare come priva di qualsiasi civiltà la popolazione soggiornante nelle aspre montagne a nord dell'impero babilonese. Queste stirpi, chiamate Quti nelle iscrizioni cuneiformi del XIV secolo a. C. in poi e le cui sedi più meridionali sono menzionate col nome di Nairi, non lasciarono ricordi scritti: cosicché circa la loro lingua e origine possiamo solo fare delle congetture: ad ogni modo troviamo testimonianze e di loro singoli raggruppamenti in stati presso i laghi di Van e di Urmia.
Anche la regione confinante a sud-est con quest'ultimo tratto, cioè l'altopiano che dal confine orientale di quella che fu poi l'Assiria si addentra nell'Asia centrale e a sud fino all'Elam, era popolato di stirpi nomadi apparentemente non civilizzate: da quei Medi, il cui nome più antico é forse da rintracciarsi negli Umman-Manda dei cuneiformi, mentre il loro paese è in queste iscrizioni indicato col nome di Anssan.

La parentela etnica degli antichi Medi (che conosceremo più avanti) è tuttora avvolta quasi nel buio. Forse appartenenti in origine alla stessa razza degli Elamiti, vennero più tardi assorbiti dagli Indogermani, penetrati da oriente nel loro dominio e che nei tempi storici circondavano con ampio arco la Babilonia e l'Assiria; e furono appunto i Persiani, indogermani, a porre fine, dopo la sparizione degli uni e degli altri, (antichi) Medi e i Elamiti, al predominio della cultura semitica nella Babilonia e nell'Assiria.

Notizie un po' più precise che non sui paesi limitrofi, ad oriente e settentrione, di questo impero, possediamo sulle regioni ad ovest e sud-ovest della Mesopotamia, che nell'insieme possiamo riconoscere come sedi di popolazioni semitiche. È vero che anche in esse si trovano, sparsamente incuneate, stirpi di lingua non semitica, le quali, in estensione più o meno grande, vi presero stabile sede e in parte anche vi svolsero una discreta civiltà. Ma non si può dire con certezza se ciò avvenisse prima della immigrazione semitica, ovvero che nuove immigrazioni le tenessero dietro, muovendo verso l'Asia Minori dall'occidente, cioè dall'Europa.

Ad ogni modo già nel secondo millennio prima di Cristo troviamo Stati già costituiti lungo le due rive dello Halys: uno dei quali, il popolo degli Hettiti, é chiamato nel Vecchio Testamento dei Chittim, nelle iscrizioni cuneiformi di Chatti ed in monumenti egiziani dei Cheta. Una serie di monumenti con una peculiare scrittura ideografica, che finora non si è potuta connettere con nessun'altra maniera di scrittura e sembra pertanto originale, ci dà notizia della civilizzazione di questo notevole popolo, che solo in questi ultimi anni abbiamo imparato meglio a conoscere in grazia di scavi fruttuosi.
Che la lingua degli Hettiti non fosse semitica, fu dimostrato definitivamente in specie da P. Jensen, condotto dalle suoi ingegnose decifrazioni a ravvisare in quella lingua una fase dell'antico armeno. Ma una conferma decisiva a tale ipotesi si può solo aspettare da ulteriori ricerche in questo difficile campo: l'ultima pietra delle indagini del deciframento non è stata ancor posta del tutto.

Senza contare queste «stirpi dei Chatti» e il popolo - di cui più diremo più avanti - dei Mitanni, le grandi regioni a sinistra dell'Eufrate sono occupate da Semiti, che nelle più antiche iscrizioni sembrano collettivamente designati col nome di Amurru, cioè forse «Occidentali».
L'ampia pianura sirica nei tempi storici era occupata da una serie di stirpi nomadi: gli Aramei, col ramo principale dei Siri, i quali quasi mai si fusero in un grande Stato. Soltanto in singole località, favorite dalla posizione naturale, come nell'antico Damasco sul pendio orientale dell'Antilibano, quelle stirpi, che del resto estesero le loro emigrazioni molto avanti verso l'est e il nord-est, lasciarono la vita nomade per la sedentaria.

Verso occidente le stirpi aramaiche furono sostituite da una popolazione pure semitica, che oggi si designa col nome di «cananea». Fin dalla metà del secondo millennio prima di Cristo le appartennero anche varie stirpi in origine nomadi, le quali, dopo che ebbero sedi stabile, si riunirono al popolo d'Israele, di cui gli Edomiti, i Moabiti e gli Ammoniti sono da considerarsi prossimi parenti.
Sono Cananei anche gli abitanti della costa mediterranea limitata ad oriente dal Libano: i Greci li compresero tutti sotto il nome di Fenici. Sembra che nemmeno essi siano giunti a durevole unità di stato; ma le singole città e territori, che il commercio marittimo teneva in stretta relazione - specialmente Arvad, Byblos e Beirut, Sidone e Tiro - dovevano essere già da molto tempo colonizzate all'inizio del secondo millennio, con rapido il progresso commerciale.

I Cananei e gli Aramei possiedono tuttavia una loro propria scrittura alfabetica. Ma poiché i più antichi ricordi in essa composti non risalgono oltre il nono secolo, non ci possono dare la misura della più antica civiltà di questi popoli. Inoltre tutti i tentativi di spiegare l'origine di questo alfabeto cosiddetto nord-semitico mediante un'altra forma di scrittura, sia la cuneiforme, sia la geroglifica egiziana, sia finalmente la sillabica cipriota, non hanno finora condotto ad alcun risultato soddisfacente. Pertanto il giudizio della più antica cultura dei Cananei, del pari che degli Aramei ed Elamiti, si basa, riguardo a documenti scritti, esclusivamente su notizie egiziane e babilonesi.

Se dopo questa enumerazione delle genti vicine alla Mesopotamia, necessaria ad un superficiale orientamento, torniamo alla storia di Sargon I, troveremo attribuite a questo antico sovrano diverse spedizioni militari di un'estensione tale, da non potere essere accolte senza meraviglia ed esitazione. Sargon avrebbe conquistato non solo l'Elam, ma anche tutto il territorio degli Amurru e la Palestina, spingendo poi le sue spedizioni fino al Mediterraneo e a Cipro.

È vero che gli scritti, da cui tali notizie furono tratte, si trovano su tavole augurali, le quali di per sé non possono costituire una fonte storica attendibile. E in una cronaca del tardo periodo babilonese, da poco scoperta, non é menzionata né la spedizione del re contro gli Amurru né quella contro l'Elam. Ciò nonostante, da certe datazioni su tavole di Telloh risulta con certezza che quelle conquiste avvennero realmente; e l'esistenza di un antico Sargon é fuori di dubbio, sebbene non sia dimostrato se il racconto delle sue gesta debba riferirsi ad un solo personaggio, o non forse piuttosto a due gesta dello stesso, o di uno con lo stesso nome.

Ad ogni modo in età più tarda il mito s'impadronì delle vicende di Sargon, come mostra chiaramente una leggenda della nascita e fanciullezza del re babilonese, che è molto simile al racconto del trovatello Mosé.
Solo con Chammurabi (ovvero, secondo la più recente dizione, Chammurapi, ma anche Hammurabi, o italianizzato in Ammurabi) la storia politica dell'antico Oriente si trova su terreno sicuro. Intorno al 2000 a.C., egli detronizzò l'ultimo re della dinastia sud-babilonese di Larsan, e per la prima volta riunì sotto un solo scettro tutto quanto l'impero babilonese.

E' indicato come sesto re della «dinastia di Babilonia»; regnava su tutta l'Assiria e ad oriente sino ai confini dell'Elam. Le fonti cuneiformi, sinora scarse, si fanno d'ora in poi più abbondanti. Iscrizioni su cilindri e mattoni cotti e testi votivi ed una gran quantità di lettere e documenti commerciali ci permettono di abbozzare la figura del potente signore e il quadro della sua attività di sovrano. Sembra che per lo meno già al tempo di Chammurabi, Babilonia abbia goduto tutti i benefici della cultura. Per mezzo di dighe ben costruite e di ben regolati canali si era provveduto al prosciugamento dalla regione interfluviale, prima cosparsa di paludi a seguito dei continui straripamenti dei fiumi, rendendola fertilissima; granai e magazzini sorsero a difesa delle cattive raccolte e della carestia. Babilonia, la capitale, si adornò di templi e palazzi. Le rendite dei templi, regolate fin dal regno di Gudea, furono amministrate da una influente gerarchia ecclesiastica.
Questi sacerdoti (celebranti, specialisti dei rituali, divinatori del futuro, ecc.) erano addetti agli esorcismi che avevano la duplice funzione di allontanare le calamità e di attirare il benessere.
Questo universo divino, indicato nella "Grande Lista", contiene 2500 nomi divini, anche se le figure principali non superavano la decina; i minori riguardano spesso molti personaggi accanto agli dei maggiori (un po' simili ai "Santi" dell'attuale religione cattolica).

Il cerimoniale e il culto ebbero regole severe. Con le pratiche augurali, già in uso fin dai tempi più antichi, ben presto divennero istituzioni di stato, così anche l'astrologia e il calendario che da essa dipendeva. Babilonia poi era allora diventata un centro di scambi importantissimo; importazione ed esportazione soggette a controllo ufficiale e regolari trattati di commercio.

Anche l'esercito appare ben organizzato. Così alla fine dal terzo millennio Babilonia, con la monarchia di Chammurabi, aveva svolto una civiltà, che sarà oggetto di più minuto esame nel nostro secondo capitolo. Ma intanto vale la pena di gettare uno sguardo su tre tratti caratteristici di questo quadro: la estesa tradizione letteraria, la legislazione eretta in sistema e la religione di stato pianamente svolta.

La curiosa struttura dai cuneiformi, svoltisi da antichissimi ideogrammi, e nella quale le scritture ideografica e sillabica ci si presentano in assai complicata combinazione, ci costringe ad ammettere che siano stati inventati da un popolo non semitico - precisamente dai Sumeri - e più tardi adattati ad una lingua semitica, cioè all'assiro-babilonese. Di pari passo con questo adattamento degli antichi ideogrammi, con valore sillabico in sumerico, all'espressione sillabica di voci puramente semitiche, può aver proceduto il progressivo semplificarsi delle immagini primitive in rozze figure lineari dapprima, in conseguenza della durezza del materiale grafico, e più tardi nei segni cuneiformi veri e propri, fittissimi testi tracciati con grande abilità sull'argilla molle.

Tale processo di semplificazione ci é attestato non solo dai numerosi ricordi storici dell'età di Chammurabi, ma anche dai prodotti della tecnica epistolare di quel tempo e dalle copiosissime iscrizioni di carattere commerciale e perfino dizionari.
Di speciale importanza per giudicare dell'attività letteraria dei Babilonesi è però una iscrizione bilingue, sumerica e babilonese, in cui Chammurabi stesso dà notizia delle sue costruzioni nelle città di Babilonia e di Sippar. Essa è una nuova conferma dell'ipotesi accarezzata fin dalla scoperta del sumerico, che cioè i sacerdoti babilonesi conoscessero l'antica lingua sumerica e cercassero di conservarla e tramandarla. Ma nell'antico Oriente una cura simile non può spiegarsi se non ammettendo che la letteratura sumera ereditata dai Babilonesi fosse ritenuta come sacra e che gli scongiuri e preghiere in essa conservate avessero valore anche nella religione di Babilonia.

Da Chammurabi fino alla distruzione dell'impero assiro questa cultura bilingue resta il distintivo delle scuole ecclesiastiche babilonesi: fenomeno unico in tutta l'antichità orientale e d'importanza profonda nel giudizio della letteratura assiro-babilonese. La forma stilizzata che appare già nelle iscrizioni religiose in lingua sumerica dell'antico re sacerdote Gudea, passò nello stile semitico-babilonico dell'età di Chammurabi.
Lo stile epistolare, quale appare in una voluminosa corrispondenza del re con uno dei suoi vassalli, attesta nelle formule di saluto e di benedizione un progresso di educazione e di scioltezza. Infine anche le centinaia di contratti di vendita e di altra natura, tutti quanti provvisti di data e di sigillo, si possono ricondurre con sicurezza, grazie alle loro formule stereotipe, ai modelli del periodo sumerico; restandone nello stesso tempo dimostrata l'esistenza in Babilonia di una antichissima e documentaria legislazione.

La prova definitiva ne fu offerta dal ritrovamento del celebre codice di Chammurabi, il più antico Corpus juris del mondo scoperto alla fine del XIX secolo a Susa nell'Elam. Là era stato trasportato da conquistatori elamiti un blocco di diorite alto più di due metri, sul quale Chammurabi aveva ordinato si scrivesse, in 44 colonne e 282 paragrafi, la sostanza della «legge del paese», affermando di averla egli stesso ricevuta dal dio del sole.
Appena ora si comincia a intravedere l'importanza, per la storia della cultura, di questo codice, ornato di un bassorilievo rappresentante il dio che dà la legge e il re che la riceve, e inserito in una sacra cornice di lunghe preghiere.

Sono innegabili le reminiscenze del diritto «mosaico» nei particolari; e possiamo controllarne la secolare tradizione. Inoltre la forma sistematica in cui è redatto il corpus babilonese accenna con sicurezza ad uno sviluppo, durato più generazioni, della giurisprudenza, le cui radici si debbono di nuovo cercare nell'età sumerica. Essa crebbe e prosperò sullo stesso terreno, che ha prodotto le norme relative al culto divino.
Quel che finora conosciamo di queste ultime nell'età di Chammurabi mostra, quanto al contenuto puramente religioso, un progresso quasi insignificante rispetto alle prescrizioni cultuali, già contenute nelle iscrizioni su cilindri del tempo di Gudea. Ma nel carattere politico della religione del popolo e dello Stato nell'età di Chammurabi si riconosce uno spostamento delle antiche forme.

Marduk (Merodach), la divinità di Babilonia, ha attratto a sé le personificazioni di altre divinità locali, divenendo il dio nazionale. Intorno a lui comincia a raggrupparsi un Pantheon babilonese. In misura sempre crescente le divinità regolate dallo Stato vengono a sostituirsi ad antiche concezioni popolari; completandosi o trasformandosi nel corso della storia politica, impallidendo e scomparendo o risorgendo a nuova vita nei secoli avvenire.

Contemporanea a questa civiltà,
è quella che è nata e si è sviluppata nello stesso periodo in Egitto


L'ANTICO EGITTO FINO AD AMENOPHIS IV.
BABILONIA ED ASSIRIA FINO A TIGLATHPILESER I > >

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