-------------------------------------- STORIA UNIVERSALE --------------------------------------

IL NUOVO PREDOMINIO E LA NASCITA DEI RANCORI


229. 38) - LA FORMAZIONE DELLA POTENZA COLONIALE TEDESCA


L'alzabandiera tedesca in una delle isole Sawaii (Samoa)


All'arrembaggio - La colonizzazione-spartizione dell'Africa - Clicca sulla cartina per ingrandirla

Guardando all'Inghilterra, già da anni erano apparse in Germania tendenze che miravano alla conquista di proprie colonie d'oltremare per il nuovissimo grande Impero tedesco creato dal "Cancelliere di ferro". Ma proprio lui Bismarck vi si era opposto a lungo, e ancora verso il 1880 aveva rifiutato offerte del Sultano di Zanzibar e dei Boeri del Transvaal (minacciati dagli inglesi) di porsi sotto la protezione tedesca.
Egli credeva che il traffico tedesco con l'estero avrebbe potuto garantirsi anche senza propri possessi, mediante la protezione della diplomazia e della flotta. Ma successivamente venne modificando la sua convinzione.

Il forte aumento demografico della Germania e la sempre più ingrossante emigrazione rivelavano nella maniera più chiara che il suolo della Germania non offriva più lo spazio sufficente per nutrire la moltitudine che conteneva. Inoltre diventava sempre più chiaro che le grandi Potenze straniere in ogni luogo dove esse giungevano attuando una propria politica, pregiudicavano il commercio tedesco e i coloni tedeschi erano trattati non certo come i loro sudditi, anzi in certi casi chi aveva creato un attività, dove loro sbarcavano in breve tempo finiva sul lastrico.

Così faceva l'Inghilterra nelle isole Figi, dove l'Impero tedesco otteneva solo una parziale azione di risarcimento per i suoi cittadini danneggiati. Già da questa situazione Bismarck comprese che i mercanti tedeschi nel Pacifico, dove avevano posto un saldo piede a Samoa, Hawai, e nelle isole della Tonga, sarebbero rimasti completamente stroncati rispetto alla concorrenza inglese e francese, se non ottenevano un più saldo appoggio dalla madre patria, così come la ottenevano i loro antagonisti.

Abbiamo detto che Bismarck ancora nel 1880 era contrario, tuttavia già nel 1872, con l'impero appena costruito, ottenne dal Sovrano delle isole della Tonga, la cessione di due punti per stazioni della flotta, e le navi da guerra che poi vi si stabilirono e si rivelarono molto utili; quando poi anche a Samoa, Inglesi e Americani tentarono di cacciari via i Tedeschi, questi non si intimorirono, la cessione del sovrano fu affrettata, formalizzata, e fu riconosciuta in Samoa l'eguaglianza delle tre nazioni.
L'energica condotta di Bismarck in quest'occasione elevò la considerazione della Germania nel Pacifico; inoltre da allora di anno in anno i mercanti tedeschi sentendosi protetti aumentarono il loro traffico.

I primi progetti di una attività coloniale dell'Impero si collegavano dunque a queste prime imprese nel Pacifico.
La casa amburghese Godefroy, che aveva partecipato molto fortemente al commercio di Samoa, si volle, a causa di difficoltà finanziarie, trasformare in una società azionaria; e, per impedire che le azioni e quindi l'impresa passasse in mani inglesi, Bismarck, nel 1880, cercò di effettuarne la presa di possesso mediante una società commerciale-marittima tedesca, che l'Impero doveva appoggiare con la concessione di una garanzia per gl'interessi.
Ma una proposta, che mirava a questo intervento, che parve soprattutto ai liberali di sinistra un attacco ad ogni sana politica economica, fu respinta nel Consiglio dell'Impero con una piccola maggioranza.

Tuttavia le trattative su questo progetto avevano portato la questione per la prima volta fra il pubblico più numeroso, e da quel momento furono molti a interessarsi e a partecipare all'espansione coloniale.

Si formarono parecchie unioni coloniali; opuscoli cercarono di chiarire al popolo tedesco la necessità di colonie proprie, e sempre più l'opinione pubblica si volse all'acquisto di territori propri all'estero. Allora, nell'autunno del 1883, il mercante di Brema. Lüderitz, che aveva intenzione di fondare sulle coste dell'Africa di sud-ovest, non poste sotto l'alta sovranità di nessuno Stato, degli stabilimenti coloniali, si fece avanti pregando Bismarck di porre questa impresa sotto la protezione dell'Impero.

Bismarck si rivolse al ministero inglese con la domanda se l'Inghilterra possedeva su quelle coste diritti di alta sovranità e se essa volesse e fosse in grado di concedere la propria protezione a coloni tedeschi, che vi si volessero stabilire.
Lord Granville, il ministro inglese degli esteri, negò l'una e l'altra cosa; ma aggiunse che l'Inghilterra considerava quel territorio come posto nella sua sfera d'interessi.
Così l'Inghilterra voleva escludere una presa di possesso per mezzo di altre Potenze, senza però addossarsi diritti e doveri statali in quelle contrade.

La notizia delle domande tedesche e i propositi che vi si scorgevano suscitarono nell'Africa meridionale inglese una grande eccitazione; si era persuasi che non era il valore dell'Africa di nord-ovest, spopolata e sterile, che attirava i Tedeschi, ma che invece si voleva, muovendo da queste coste, venire in contatto con gli Stati boeri e sbarrare all'Inghilterra la strada nell'interno dell'Africa.
Tentativi contemporanei dei Boeri di allargare il loro paese fino al mare e, ad ovest, nel deserto di Calahari, rafforzavano le preoccupazioni dei coloni inglesi del Capo. Per ciò il Governo della stessa Colonia spingeva con tutto lo zelo possibile il ministero inglese ad occupare l'Africa del sud-ovest.

Ma Gladstone chiese, se doveva accondiscendere a questa domanda, almeno che la Colonia del Capo sopportasse tutte le spese della conquista e dell'amministrazione. Per impedire, per il momento, l'insediamento della Germania in quel territorio egli fece annunziare a Berlino che la Gran Bretagna non considerava ammissibile nessuna presa di possesso straniera a nord dal 18.° grado di latitudine.
Ma prima che si giungesse a un chiarimento fra il Governo metropolitano e la Colonia del Capo, Bismarck agì.
Egli si appoggiò sulla dichiarazione ufficiale dell'Inghilterra che essa non possedeva alcun diritto su quella costa e si sentì, per gli accordi fatti in precedenza con la Russia, coperto contro ogni eventuale ostilità britannica.

Così, il 24 aprile 1884, dichiarò che il Lüderitz e le sue imprese stavano sotto la protezione dell'Impero tedesco. L'innalzamento ufficiale della bandiera tedesca avvenne solo parecchi mesi più tardi. Dopo che Bismarck ebbe deciso di intervenire per l'acquisto di colonie tedesche, e di sfruttare a tal fine la momentanea favorevole situazione politica, non si accontentò di questa sola impresa.
Egli pensava che si dovesse, come aveva frequentemente fatto l'Inghilterra, lasciare la vera e propria opera colonizzatrice a società private, fornirle dei necessari diritti governativi e proteggerle contro attacchi stranieri; ma nello stesso tempo desiderava di vedere agire il più possibile molte simili compagnie.

Nel febbraio 1884, quando ancora pendevano i negoziati con l'Inghilterra, furono organizzate altre quattro imprese, miranti alla costa della Guinea, alla baia di Santa Lucia, fra il Natal e i possessi portoghesi nell'Africa del nord-est, al retroterra dell'Africa orientale di Zanzibar e alle isole ancora indipendenti del Pacifico.
Primo conseguì lo scopo sulla costa della Guinea il dottor Nachtígal, che vi era stato mandato come console generale: nel luglio 1884 concluse trattati di protezione con molti capi del Camerun e del Togo, dei quali capi il più potente era il Re Bell.

Anche qui la Gran Bretagna tentò di impedire la presa di possesso. Essa aveva certo interessi commerciali in quel territorio, ma fin allora non si era mai fatto nessun tentativo d'incorporarlo all'Impero britannico. Ora comparve una nave da guerra inglese per compierne l'occupazione; ma arrivò, per pochi giorni, troppo tardi, quando sul pennone già sventolava la bandiera tedesca.

Meno fortunata fu la Germania nella baia di S. Lucia. Questo era per la Colonia del Capo un punto oltre modo sensibile, poiché quella costa formava l'immediato accesso agli Stati dei Boeri e s'insinuava fra le colonie inglesi. Un mercante tedesco di nome Einvolt vi aveva già annodato trattative con i capi; ma appena che nella Colonia del Capo se ne ebbe notizia, si rivolsero con le più pressanti invocazioni di soccorso a Londra, e, dietro un ordine telegrafico, partito di là, una nave inglese accorse nella baia di S. Lucia, per issarvi la bandiera britannica. E si affermò che quel territorio era già stato in possesso dell'Inghilterra.
Anche intorno a questo problema avvennero vivaci negoziati fra Londra e Berlino; finalmente Bismarck rinunziò alla baia di S. Lucia in cambio del riconoscimento degli altri acquisti, fatti dalla Germania.

La spedizione nell'Africa orientale, che si svolse sotto la direzione del dottor Carlo Peters, poté partire solo nell'autunno del 1884. Solo con difficoltà, e mascherati da lavoratori, i membri di questa spedizione passarono attraverso la flotta inglese, che sorvegliava la costa, e nel corso dell'inverno riuscirono a concludere una serie di trattati con i capi nel retroterra di Zanzibar.
Dietro una domanda del Governo inglese sui propositi tedeschi Bismarck dichiarò che l'Impero non pensava minimamente di prendere in considerazione un protettorato sul Sultanato di Zanzibar, ma non si espresse più chiaramente su gli altri propositi dei Tedeschi nell'Africa orientale.

A difficoltà ancor maggiori condussero le imprese tedesche nel Pacifico. Lo scopo della loro attività era l'isola della Nuova Guinea, la cui metà occidentale era posseduta dagli Olandesi, mentre l'orientale fino allora non si trovava sotto l'alta sovranità di nessuno.
Per una indiscrezione i propositi della Società del Pacifico si conobbero troppo presto, e allora si ebbe in Australia una eccitazione del tutto simile a quella di pochi mesi prima nella Colonia del Capo. Gli Australiani indigeni di loro iniziativa (?) issarono sulla Nuova Guinea immediatamente la bandiera inglese, per assicurarsi quel paese e le isole minori che le facevano corona.
Il Governo inglese però - per riservarsi la possibilità di un chiarimento con la Germania - non riconobbe questa occupazione, avvenuta senza il suo consenso.

Dopo uno scambio quasi sdegnoso di note fra Londra e Berlino alla fine si accordarono che la costa del sud-est sarebbe toccata all'Inghilterra, la costa di nord-est alla Germania, e i gruppi insulari limitrofi sarebbero spettati ai Tedeschi.
In Australia gli ingeni (?) erano sdegnatissimi di questa cedevolezza del Governo imperiale e minacciavano addirittura una rivolta contro quella che già consideravano come madrepatria.
I nuovi acquisti tedeschi nella Nuova Guinea ricevettero il nome di paese dell'Imperatore Guglielmo; i gruppi insulari la denominazione di arcipelago di Bismarck.

In tutte queste imprese l'Impero tedesco aveva urtato nella resistenza, più o meno velata, della Gran Bretagna. Bismarck l'aveva previsto e aveva cercato di premunirsi mettendo ostacoli all'Inghilterra nel maggior numero possibile di luoghi.
Proprio allora era scoppiata una contesa sulla sovranità delle foci del Congo. La società internazionale olandese del Congo, fondata qualche anno prima a Bruxelles sotto il protettorato del Re Leopoldo, aveva creato nel Congo inferiore una serie di stabilimenti; dal nord, la Francia dalla sua piccola colonia sul fiume Gabun era avanzata fino alle foci del Congo, mentre al tempo stesso i Portoghesi pretendevano che la foce del Congo appartenesse al territorio africano occidentale dell'Angola.

In questa contesa gl'Inglesi si erano schierati dalla parte del loro Stato vassallo, il Portogallo, e così avevano tentato d'acquistare per via indiretta un'influenza decisiva sulla foce del fiume più importante dell'Africa centrale.
All'incontro la società del Congo si era unita con la Francia, e si era accordata che la Francia, di fronte alla cessione del diritto di preferenza nell'acquisto del territorio della società, ne avrebbe appoggiate le pretese sulle foci del Congo.
In realtà gli stabilimenti coloniali della società nel Congo sarebbero stati senza valore, se la foce del fiume fosse rimasta nelle mani di una Potenza straniera.

A questo punto Bismarck intervenne.
Insieme con gli Stati Uniti d'America e con la Francia protestò contro gli accordi presi fra Inghilterra e Portogallo, e il "cancelliere di ferro" si unì con la Francia per una comune azione nel problema del Congo.
Era la prima volta dalla guerra in poi che Germania e Francia in una notevole questione politica combattevano insieme fianco a fianco. Dunque l'Inghilterra era del tutto isolata, e dovette rassegnarsi alla richiesta che un congresso delle Grandi Potenze dovesse risolvere l'intera questione.

Questo congresso, la così detta conferenza del Congo, si riunì anche nell'autunno del 1884 a Berlino, sotto la presidenza di Bismarck, e dopo lunghi negoziati adottò una serie d'importanti deliberazioni. Fu assicurata a tutte le nazioni piena libertà commerciale nell'intero bacino del Congo; vi fu proibito il traffico degli schiavi; e infine riconosciuta la sovranità della società del Congo su tutto il vasto territorio, compresa l'imboccatura del Congo.

Tutte queste decisioni furono poste sotto la garanzia delle grandi Potenze. Ad estendere questa vigilanza internazionale al bacino del Congo si oppose l'Inghilterra con tutta la sua energia, ed ottenne almeno che fosse, sì, proclamata la piena libertà di traffico anche per il territorio del Niger, ma che l'esecuzione di questa decisione venisse lasciata alle due Potenze, che vi avevano possedimenti, l'Inghilterra e la Francia.
Inoltre la conferenza deliberò che in avvenire nessuna delle Potenze europee dovesse compiere occupazioni in Africa, senza essersi prima sincerata, mediante trattative con gli altri Stati, che non esistesse nessun'altra pretesa anteriore su quel dato territorio.

Un'altra difficoltà per l'Inghilterra fu l'ordinamento delle finanze egiziane. L'Inghilterra ritenne assolutamente indispensabile la levata di un nuovo prestito egiziano, che potesse lanciarsi solo con il consenso della giunta di sorveglianza internazionale per il debito pubblico egiziano.
La Francia, che si compiaceva di ogni difficoltà che capitasse in Egitto all'Inghilterra, non vi volle però accondiscendere.
Bismarck anche in questo caso appoggiò i Francesi, dichiarando che avrebbe acconsentito al desiderio inglese soltanto, se l'Inghilterra avesse prima ottenuto il consenso della Francia.

In queste circostanze l'Inghilterra non poté spuntarla con il prestito, se non dopo che ebbe comprato l'approvazione francese con il riconoscimento della completa neutralità del canale di Suez.
Data l'aperta gelosia della Gran Bretagna contro le formazioni coloniali tedesche, ci volle questo favore della situazione mondiale e il magistrale profitto, che ne seppe trarre il Bismarck, perché la Germania ne ricavasse qualche vantaggio.

Anche nell'Africa orientale l'Inghilterra dovette nel 1885 riconoscere l'occupazione compiuta dal Peters, e tranquillamente stare a vedere che il Sultano di Zanzibar, sebbene fosse stato all'inizio incoraggiato da Londra ad opporsi, vi era stato forzato con l'invio di cinque corazzate a ritirare la sua protesta.

In Africa la fondazione delle colonie tedesche e dello Stato del Congo dette il segnale ad ulteriori occupazioni europee.

Ormai era divenuto chiaro a tutte le Potenze coloniali che bisognava arraffare, se volevano in questo continente conseguire ancora qualcosa per sé.

Il vecchio concetto della non importanza dell'Africa per gli Europei, che si era formato dopo l'estinguersi del commercio degli schiavi, incominciò a cedere. Anche se gli Europei possono vivere permanentemente, soltanto in poche parti dell'Africa; anche se l'interno, per effetto del clima e della natura del suolo, é possibile aprirlo al commercio solo con molte difficoltà, però con una più esatta conoscenza di questa parte della terra appare ormai certo che essa possiede una considerevole ricchezza di importanti prodotti (e non si sapeva ancora nulla di petrolio - solo a metà '900, ma soprattutto nell'anno 2000 con la scoperta di immensi giacimenti, stanno ritornando in Africa gli appetiti di tutte le nazioni che dominano il globo, e - cosa nuova - con la Cina in primo piano).

Accanto all'avorio si pregiarono sopra tutto il caucciù e la gemma; anche la coltura di piantagioni di caffé e di cotone si presentò possibile in molti territori. Soprattutto però fra l'80 e il '90 risultò addirittura che il suolo dell'Africa meridionale nascondeva inaspettati tesori d'oro e diamanti.

Nell'Africa meridionale gli Inglesi procederono subito a ingrandire i loro possessi, quando fu compiuta l'occupazione dell'Africa del sud-ovest per opera dei Tedeschi. Ancora nel 1884 il paese dei Beciuana fu incorporato dall'Inghilterra per impedire l'immediato contatto fra Boeri e Tedeschi.
Negli anni 1884-1887 fu occupata l'intera costa sud-africana fra il Natal e la portoghese baia di Delagoa e così sbarrato ai Boeri definitivamente l'accesso all'Oceano indiano.

Anche la frontiera occidentale dello Stato del Transvaal fu fissata in modo che lasciava in mani inglesi la grande via commerciale allo Zambesi.
La scoperta poi dei grandi campi d'oro nel Witwatersrand nel mezzodì del Transvaal attirò fin dal 1884 un numero sempre maggiore di cercatori l'oro e di altri Europei nel territorio di questo Stato boero.
Il centro dei nuovi stabilimenti coloniali diventò Johannesburg, che con incredibile celerità si trasformò in una moderna grande città. La scoperta di questi campi auriferi risvegliò negli esploratori inglesi dell'Africa, dei quali il più grande ed audace era Cecil Rhodes, la speranza che simili tesori si potessero trovare anche nei territori del centro, posti a nord del Transwaal.

Dal Gabinetto Salisbury il Rhodes ottenne una patente di franchigia per la Società britannica dell'Africa meridionale, (chartered company), che fu dotata
dell'esercizio di diritti sovrani e perfino del comando di truppe. Il Rhodes all'inizio avanzò nel territorio del principe cafro Lobengula, e ottenne da lui concessioni per l'esclusivo esercizio dello scavo delle miniere nel suo paese.
Il suo disegno era quello di estendere gradatamente il territorio inglese fino ai grandi laghi dell'Africa centrale, di modo che, possibilmente, si formasse un Impero inglese non interrotto dal Capo fino al Cairo, che poi potesse essere sfruttato mediante la costruzione di ferrovie e di linee telegrafiche.

Nell'Africa del nordovest la compagnia inglese del Niger avanzò dalla foce di questo grande fiume sempre più verso settentrione, e assoggettò i sultanati, che vi si trovavano, al protettorato britannico.
I Francesi guardavano molto preoccupati l'avanzata degli Inglesi, poiché essi miravano in seguito ad estendere la loro colonia senegambiana fino al Niger, e a stabilire una congiunzione territoriale fra questa, l'Algeria e la Tunisia, da un lato, e la colonia di Gabun e del Congo, dall'altro.

Nell'Africa orientale fu stabilita con un trattato fra Inghilterra e Germania nel 1886 l'indipendenza del Sultano di Zanzibar, e il riconoscimento della sua alta sovranità anche sulle coste di fronte. Nel retroterra di queste coste fu spartita la sfera d'influenza tedesca ed inglese mediante una linea di frontiera, con cui il distretto del Chilimangiaro rimase in mano ai Tedeschi.
La compagnia britannica dell'Africa orientale si fece poi negli anni successivi affidare dal Sultano di Zanzibar mediante un affitto l'amministrazione di quella striscia di coste, che giaceva di fronte al suo territorio, e la società tedesca dell'Africa orientale seguì ben presto l'esempio per il resto delle coste.

I Tedeschi ebbero a combattere nel loro territorio con grandi difficoltà; soprattutto la pericolosa rivolta dei mercanti arabi di schiavi sotto la direzione di Busciri rese necessarie penose e costose spedizioni militari. Soltanto nel 1889 al maggior Wiszmann riuscì di impadronirsi dello stesso Busciri e di domare completamente l'insurrezione.

Accanto alla Gran Bretagna e alla Francia si fece avanti su questo terreno anche l'Italia come concorrente. Dopo la perdita di Tunisi il Governo italiano aveva cercato un compenso sulla costa somala e posto le fondamenta della sua colonia eritrea. La meta dell'ambizione italiana era però il protettorato sull'Abissinia e possibilmente l'acquisto d'una parte del già Sudan egiziano. L'Inghilterra aveva pure dichiarato esplicitamente che si riservava il Sudan, e si era assicurata i più notevoli porti di penetrazione per tutti i casi.
Col consenso inglese gl'Italiani occuparono al principio del 1885 l'importante porto di Massaua, il vero e proprio punto d'accesso all'Abissinia.

Questa occupazione coinvolse l'Italia in una guerra col Negus Giovanni. Dopo una serie di combattimenti e di azioni diplomatiche, l'Italia estendendo l'occupazione da Saati al Mareb aveva confermato la sua influenza su tutta l'Abissinia col trattato di Ucciali.
Morto il Negus Giovanni l'8 marzo 1889 in battaglia contro i Dervisci ed essendogli con l'appoggio dell'Italia successo il re dello Scioa Menelik, questi, benché avesse ratificato il trattato di Ucciali, poco dopo, sobillato da altre potenze europee, lo disconobbe.
Ciò portò a una controversia che si mutò in guerra aperta e finì nella giornata del 1° marzo 1896 in Adua dove tre brigate italiane furono sterminate da oltre 100.000 abissini.

Più notevole fu il contraccolpo della fondazione di colonie tedesche sull'Europa. Alle condizioni, che avevano reso possibile il buon successo di Bismarck, apparteneva, oltre l'isolamento dell'Inghilterra, anche la circostanza che a Londra era al potere un Governo liberale, debole e inetto nella politica estera.
Si capisce che nella madrepatria come nelle colonie si rimproverasse il Gladstone d'aver sacrificato dovunque nel mondo gl'interessi dell'Inghilterra. Di essersi ritirato di fronte alla Germania; di aver concesso agli Stati boeri l'indipendenza; di aver abbandonato Gordon e il Sudan; di aver lasciato avanzare indisturbati i Russi nell'Asia centrale.

Non minore malcontento suscitava negli ambienti industriali la politica economica del Gladstone. I più importanti Stati del continente, specie Germania, Francia e Russia, avevano negli ultimi anni adottato il protezionismo e rendevano difficile l'importazione di articoli industriali inglesi nel loro territorio.
Ma l'Inghilterra persisteva nell'assoluto libero scambio, e non aveva per ciò nessun mezzo di strappare, mediante provvedimenti di rappresaglia, un ribasso dei dazi stranieri. Ciò era apparso soprattutto nel 1881 durante i negoziati con la Russia intorno a un trattato commerciale; e già allora si era formata un'associazione che proponeva l'abbandono dell'illimitata libertà di scambio, la National Fair Trade League.
Al tempo stesso sorse anche l'idea di legare più strettamente le colonie inglesi sotto l'aspetto economico, alla madrepatria, e di cingere tutto l'immenso impero mondiale britannico di un'unica linea doganale.

Questo movimento si rafforzò ancora, quando, nell'occasione della condotta del Gladstone rispetto ai problemi coloniali, il Sudafrica e l'Australia mostrarono di avere la tendenza a un completo distacco dalla madrepatria.
Nel 1884 si formò la Imperial Federation League, il cui fine era un legame politico più saldo fra le singole parti dell'Impero mondiale. Anche dei capi liberali approvarono queste proposte, che contraddicevano all'intero programma della politica liberale e alle concezioni del Gladstone.

Il crescente malcontento contro la politica estera del Governo forse avrebbe potuto attenuarsi, se il Gladstone e i suoi amici avessero potuto richiamarsi veramente a felici successi nella politica interna. Ma questo non era accaduto. Nella questione irlandese egli non era andato più in là dei suoi predecessori. Di fronte all'agitazione della Lega rurale anche Gladstone dovette ricorrere a provvedimenti militari. Tutte le truppe disponibili nel Regno le trasportò in Irlanda e portò dinanzi al tribunale i caporioni della Lega per istigazione alla violenza.
La Lega nazionale rispose con l'uso di un nuovo mezzo di lotta: proibì a ognuno dei suoi soci ogni rapporto con qualunque persona che essa avrebbe indicato come "nemica del popolo irlandese".
Un latifondista, cui capitava un caso simile, non doveva più trovare lavoratori, per trasportare le sue messi, o per curare il bestiame; e così doveva essere forzato ad arrendersi.

Per la prima volta questi provvedimenti si usarono contro un gran proprietario inglese per nome Boycott, e di qui questo atteggiamento si chiamò «boicottare».

Contemporaneamente le violenze notturne contro i latifondisti aumentarono, fino al punto che 105 grandi proprietari ricorsero al Viceré, perché proteggesse la loro vita e la loro proprietà; ma chiesero nello stesso tempo che fosse tenuto segreto il loro nome, perché altrimenti sarebbero stati esposti al pericolo della rappresaglia.
Di fronte a questa agitazione anche Gladstone non seppe giovarsi, se non di nuove leggi eccezionali. Il Parnell e i suoi seguaci tentarono d'impedirne l'adozione nel Parlamento mediante un sistematico ostruzionismo; soltanto con una modifica dell'ordine delle trattazioni e con l'introduzione della chiusura della discussione, fin allora sconosciuta in Inghilterra, la maggioranza poté prevalere e votare le leggi.

I provvedimenti positivi del Governo si restrinsero alla presentazione di un nuovo progetto sulle terre, che fu approvato dal Parlamento nell'agosto del 1881: il quale doveva proteggere i fittaiuoli con decisione giudiziaria intorno alla misura del fitto contro gli arbitri dei proprietari fondiari, favorirne la libertà di disporre delle terre affittate e fornire anticipazioni di denaro da parte dello Stato.

Ma gl'Irlandesi non ne furono soddisfatti.
Una grande riunione nazionale irlandese a Dublino deliberò che soltanto la completa espropriazione dei proprietari terrieri e la completa autonomia dell'Irlanda avrebbero potuto creare una condizione normale nell'Isola. Quando il Parnell nei suoi discorsi esortò sempre di nuovo alla lotta contro i proprietari fondiari, Gladstone lo fece arrestare e trasportare insieme con alcuni dei suoi amici in prigione in Inghilterra.
La Lega nazionale pubblicò un manifesto, con cui incitava tutti gl'Irlandesi a non pagare più gli affitti e ad attendere che cosa avrebbero fatto i proprietari. Lo scioglimento della Lega nazionale, che il ministero dispose, non ebbe il successo desiderato, poiché in segreto la società proseguì a vivere, e diresse, come prima, l'agitazione.

Il Governo liberale quindi non seppe migliorare le condizioni dell'Irlanda. Allora lord Salisbury, che, dopo la morte del Beaconsfield, capeggiava i conservatori, venne fuori con un nuovo programma irlandese, che sembrò adatto ad accattivare gl'Irlandesi ai conservatori, e così a scalzare la maggioranza nel Parlamento.
Egli dichiarò che il fine di una saggia politica irlandese dovrebbe essere la creazione d'una classe libera di agricoltori; che lo Stato dovrebbe riscattare ad un prezzo conveniente dai latifondisti d'Irlanda i loro diritti di proprietà, lasciare agli agricoltori irlandesi la proprietà della terra contro il graduale pagamento della somma d'acquisto.
Era un programma, che veniva incontro alle esigenze economiche degli Irlandesi, e al tempo stesso valeva a soddisfare i latifondisti inglesi, sebbene imponesse allo Stato un grave peso e lo autorizzasse ad un'ingerenza sulla proprietà privata, inammissibile secondo l'opinione liberale.

Di fronte ai pericoli così scongiurati per il partito dominante Gladstone venne in contatto con i caporioni irlandesi (Parnell e seguaci) che lui stesso aveva messo in prigione in Kilmainham. Egli li liberò dietro l'assicurazione che avrebbero usato tutta la loro influenza per garantire la vita e la proprietà in Irlanda. Inoltre promise di abrogare le leggi coercitive contro l'Irlanda e di presentare una nuova legge, che contenesse la remissione di tutti i fitti restanti.
Le conseguenze di questo atto furono piuttosto inattese. Anzitutto ne fu spezzata la unità del partito irlandese. Gli elementi estremi in Irlanda, che dichiaravano tutte le concessioni economiche prive di valore, senza l'autonomia politica del paese, si sdegnarono per la promessa del Parnell e dei suoi amici.

Per rendere impossibile la politica conciliatrice così avviata, considerata da loro come dannosa, compierono una nuova violenza. Il Viceré e il segretario di Stato per l'Irlanda furono in pieno giorno in un pubblico parco di Dublino assaliti e uccisi (6 maggio 1882).
Per quanto il Parnell ed altri deputati in una pubblica dichiarazione esprimessero il loro sdegno per questo fatto, il Governo, di fronte alla spaventosa sollevazione della pubblica opinione in Inghilterra, non poté evitare di procedere a nuovi provvedimenti eccezionali contro l'Irlanda.
Alla polizia furono concessi notevole libertà d'azione: d'incarcerare, di sfrattare, di sciogliere società e riunioni; e fu ordinata una speciale procedura del tribunale eccezionale per l'Irlanda.

A questo punto gl'Irlandesi attuarono di nuovo l'ostruzionismo nel parlamento inglese, e, sebbene Gladstone, conforme alla sua promessa, presentasse la legge, contenente una forte attenuazione degli arretrati dei fitti e ne ottenesse l'accoglimento, tuttavia ormai era diventata impossibile la pace sulle note basi. I caporioni irlandesi non erano più sicuri del loro partito e dovevano temere di perdere tutta la loro influenza, se non intraprendevano la lotta anche per l'indipendenza politica dell'Irlanda con tutte le loro forze.
Anche l'unità dello stesso partito dominante era in grave pericolo. Sempre più acute emergevano le divergenze fra i vecchi liberali sotto la guida di Gladstone e l'ala radicale sotto la direzione di ....

Giuseppe CHAMBERLAIN. Il quale esigeva prima di ogni altra cosa un'energica politica sociale, una legislazione ben piantata sulla protezione dei lavoratori, completa attuazione dell'autonomia amministrativa, separazione delle, Stato e della Chiesa e l'introduzione del suffragio universale.
Era stato lui ad effettuare quegli accordi di Gladstone con i caporioni irlandesi, e minacciava la diserzione del suo gruppo, se Gladstone non soddisfaceva alcune sue richieste fondamentali.

Il desiderio di mantenere uniti i liberali e di fare qualcosa di positivo per il paese, dopo tutti gli errori commessi, indusse il Gladstone, nel 1884, ad occuparsi della riforma elettorale.
Tra grandi difficoltà Gladstone condusse in porto, soprattutto di fronte all'opposizione della Camera alta, la terza delle leggi riformatrici inglesi. In essa era mantenuto il diritto elettorale censuario, ma elevato il numero dei deputati a 670; erano abrogate le differenze nel diritto elettorale, che esistevano fra città e campagna; e veniva attuata una proporzionale distribuzione dei distretti elettorali.
Certo non era il suffragio universale, come l'esigevano i radicali; poiché chi non possedeva una casa propria e non aveva un'abitazione a pigione che costasse almeno 10 lire sterline l'anno, era escluso dal diritto-elettorale; in questa situazione all'incirca era il terzo della popolazione adulta maschile.
Con tutto ciò la legge del 1881-1885 significava un notevole miglioramento delle molte disuguaglianze di fronte alla legge elettorale del 1867.

Ma anche questo buon successo non valse a tenere a galla il Governo liberale. Lo sdegno per il sacrificio del Gordon e l'arrendevolezza di fronte alla Russia nella primavera del 1885 sconcertarono una gran parte dei liberali rispetto alla politica del loro capo. Così poté accadere che, in una votazione, di per sé insignificante, su problemi d'imposte, il ministero rimanesse in minoranza per mancanza di appoggio del proprio partito.
Per ciò il Gladstone nell'autunno del 1885 si dimise, e Salisbury fu incaricato di formare un nuovo Gabinetto.

La condizione del nuovo Governo era ardua, in quanto esso non disponeva di una propria maggioranza nella Camera bassa; e tuttavia non poteva sciogliere il parlamento, prima che non fossero proceduti così avanti i lavori preparatori, da compiersi sulla base della nuova legge elettorale, che l'elezione potesse avvenire secondo questa legge.
Ma con tutto ciò Salisbury s'adoperò con grande zelo ad attuare, tanto nelle questioni interne, quanto in quelle estere, il programma da lui sostenuto come capo dell'opposizione.

Il "Purchase act" autorizzava lo Stato ad anticipare subito ai fittaioli irlandesi, che volevano comprare il loro pezzo di terra, la somma necessaria. Il pagamento dell'interesse era fissato in modo che dopo 49 anni il debito doveva essere annullato.
Nella politica estera il nuovo Governo si schierò per l'Afganistan contro la Russia, e ottenne che l'importante passo di Sulficar rimanesse nelle mani degli Afgani. Anche nell'India posteriore, Salisbury si comportò con grande energia, sfruttando un conflitto con il Re Thibo di Birma per occuparne l'intero territorio e incorporarlo nell'impero britannico.

Tuttavia al Gabinetto fu impedito di svolgere un'ulteriore attività per l'esito delle nuove elezioni. Le quali portarono in parlamento 333 liberali, 251 conservatori e 86 deputati irlandesi (novembre 1885).
Nessuno dei due grandi partiti ebbe per ciò la maggioranza per sé solo, mentre gl'Irlandesi erano diventati l'elemento decisivo nel parlamento inglese, e cercavano di approfittarne per attuare tutte le loro esigenze.
Siccome i conservatori ne favorivano gl'interessi economici, ma non volevano in nessun modo ammettere l'autonomia dell'Irlanda, gli Irlandesi si allearono subito con i liberali e dettero, immediatamente dopo l'apertura del nuovo Parlamento, insieme con essi un voto di sfiducia al ministero Salisbury.

In seguito al voto il Gabinetto conservatore alla fine del gennaio 1886 si ritirò, e Gladstone salì di nuovo al potere. In due punti differiva l'attuale programma governativo da quello vecchio. La politica estera fu affidata a lord Rosebery, che apparteneva ai giovani liberali e si avvicinava alle idee imperialistiche molto più del Gladstone; il quale venne incontro alle aspirazioni irlandesi quanto più gli fu possibile; e doveva farlo, poiché, appena gli Irlandesi gli votavano contro, la sua maggioranza nella Camera bassa svaniva.
Gladstone presentò nell'aprile del 1886 due leggi; la prima garantiva all'Irlanda una notevole misura d'autonomia, per cui un parlamento in Dublino doveva diventare la decisiva autorità per la maggior parte dei problemi puramente irlandesi; la seconda fissava 50 milioni di lire sterline per proseguire l'iniziata espropriazione dei grandi proprietari in favore dei fittaioli irlandesi.

Ambedue le leggi erano legate fra loro in modo che il progetto d'espropriazione agricola doveva entrare in vigore soltanto se anche l'altro sull'autonomia irlandese, era approvato. Questa condotta di Gladstone non solo contraddiceva alla politica, fino allora seguìta dal suo partito, ma indubbiamente anche alle opinioni della grande maggioranza della popolazione inglese.
L'ala radicale dei liberali sotto Chamberlain non era possibile conquistarla in favore dell'autonomia irlandese. Un parlamento speciale irlandese, si diceva, significherebbe il distacco dell'Irlanda dal nesso dell'Impero, e avrebbe come conseguenza che anche la Scozia e il Galles avrebbero chiesto simili istituzioni.

Chamberlain uscì con un gruppo di suoi seguaci dal ministero Gladstone, appena fu presentata la legge. Anche in parlamento Gladstone non ebbe fortuna col suo tentativo. Con una maggioranza di 30 voti il disegno dell'autonomia irlandese fu respinto.
Quando poi il Gladstone fece sciogliere il Parlamento e si appellò al paese, le nuove elezioni ebbero per risultato nel luglio 1886 una completa sconfitta del suo partito.
Furono eletti solo 191 liberali, contro 317 conservatori e 75 seguaci del gruppo Chamberlain, i quali, poiché restavano liberali, ma volevano difendere l'unità del Regno, si chiamarono unionisti liberali; gl'Irlandesi conservarono le loro posizioni con 86 seggi.

Siccome nel parlamento i nuovi conservatori e gli unionisti avevano la maggioranza, Gladstone si dimise subito, e Salisbury risalì di nuovo al potere; questa volta per sei anni.
Chamberlain e i suoi amici rifiutarono di entrare in questo ministero, poiché nelle loro opinioni rispetto alla politica interna si distaccavano profondamente dai conservatori, ma promisero in generale al Gabinetto il loro appoggio.
Col sistema della pace ad ogni costo e della arrendevolezza di fronte ad ogni avversario, che energicamente si facesse avanti, ormai la si ruppe; e si riprese una politica estera in grande stile conforme alle tradizioni del Disraeli.
La prima cura del ministero Salisbury dovette essere quella di liberare l'Inghilterra dall'attuale isolamento e di seminare la discordia fra le Potenze continentali.

L'occasione gli fu offerta dagli intrighi nella penisola balcanica (siamo nel 1886).
Qui era sempre stato un punto sensibile per la Russia; e qui attaccò con buon successo la diplomazia inglese. La quale non mosse più, come pochi anni prima lord Beaconsfield, dal desiderio di rafforzare la Turchia, il che dopo gli eventi del 1878 doveva, per il momento, apparire senza senso, ma cercò di consolidare i popoli balcanici divenuti indipendenti e di tesoreggiarne la divergenza contro la Russia per diminuire così, attraverso un altra via, l'influsso russo nei Balcani.

Ormai si doveva pensare a questo, se la Russia in un nuovo conflitto con gli Stati balcanici avrebbe cercato un appoggio nelle Potenze dell'Europa centrale, c'era da attendersi un nuovo raffreddamento tra la Russia e queste Potenze; e questo era propizio soltanto all'Inghilterra.
La possibilità e l'occasione per una tale politica fu offerta dal procedere imprudente dei Russi stessi, i quali cercarono di tenere il più giovane Stato balcanico sotto un'oppressiva tutela.

Il caso si presentava, soprattutto in Bulgaria, dove sotto il Governo nominale del principe Alessandro, infatti Generali e funzionari russi possedevano un'autorità decisiva in tutte le questioni importanti.
Il Principe, dinanzi al crescendo sdegno della popolazione contro la Russia, si trovò in una difficile situazione, e sempre più fortemente si convinse che egli doveva scegliere, se voleva essere un odiato luogotenente russo o un Sovrano nazionale, opponendosi ostilmente alla Russia.

Alessandro si lasciò convincere, per non perdere la benevolenza della Russia, al passo fatale di sospendere la costituzione bulgara, e a chiedere allo Zar alcuni Generali russi, che mettessero ordine nel paese.
Molto volenterosamente gli furono posti a disposizione tre personaggi, a cui furono affidati i ministeri dell'interno, della guerra, e della giustizia. Il più noto di loro era il generale Kaulbars, il ministro della guerra.
Così il Principe Alessandro rinunziava nei fatti ad ogni potere governativo. Ma questo sistema non poté che accrescere nel paese il profondo malcontento, e di continuo il Principe fu avvertito dai circoli dei bulgari nazionalisti che egli insieme con i Russi presto o tardi avrebbe dovuto ritirarsi dal paese, se non teneva conto delle esigenze nazionali.

Alessandro, che ben sentiva l'indegnità della sua condizione, acconsentì finalmente a queste esigenze. In accordo con i più importanti capi del partito nazionale Caraveloff, Zancoff e Stambuloff, risolvette, nell'autunno del 1883, senza interrogare prima i ministri russi, di ristabilire la costituzione sospesa.

Questo insolito segno d'indipendenza indusse i ministri russi a dimettersi, e determinò lo Zar a cancellare il Principe Alessandro dalla lista dell'esercito russo e a richiamare tutti gli ufficiali e i funzionari russi dal paese.
Che il territorio bulgaro fosse stato diviso in due Stati diversi aveva suscitato il maggiore sdegno ancora nel 1878 fra i Bulgari. Tuttavia in generale nel paese si considerava questo fatto come transitorio, che avrebbe dovuto essere riparato alla prima occasione favorevole.

Ormai l'ingrandirsi del partito nazionale in Bulgaria esercitò un'irresistibile forza d'attrazione sui popoli a sud dei Balcani. Nel settembre 1884 in Filippopoli si verificò una sanguinosa rivoluzione; il governatore turco fu, senza trovare resistenza, imprigionato; i Turchi furono cacciati dal paese, e fu proclamata l'unione della Rumelia orientale con il principato di Bulgaria. Il Principe Alessandro assunse, per consiglio dello Stambuloff, dopo qualche esitazione, il governo offertogli della Rumelia orientale, commettendo un'aperta violazione del trattato berlinese del 1878.

Questi avvenimenti suscitarono l'ira più vivace in Pietroburgo; dove si era desiderato e promossa l'incorporazione della Rumelia orientale, finché si credeva di avere nel Principe bulgaro un docile vassallo: ma dopo il voltafaccia di Alessandro, si cercò d'impedirla.
Lo Zar immediatamente dette istruzioni al suo ambasciatore in Costantinopoli, affinché spingesse il Sultano a un intervento armato. Per un certo tempo sembra che Abdul Hamild abbia oscillato; ma i (disinteressati ?) suggerimenti inglesi riuscirono a trattenerlo da ogni passo violento.
Poiché anche se, per quanto sappiamo, lo scoppiare della rivoluzione a Filippopoli non fu direttamente promossa dall'Inghilterra, il Governo inglese dopo la felice riuscita non si lasciò sfuggire la buona occasione di preparare delle difficoltà alla Russia.

Quando, su invito della Russia, si riunì a Costantinopoli una conferenza delle Potenze firmatrici del trattato berlinese, l'Inghilterra impedì ogni energica deliberazione e ottenne che le Potenze protestassero contro la rottura del trattato, ma tuttavia consigliassero il Sultano alla pace.
Soprattutto l'Inghilterra cercò di far presente al Sultano che il consolidamento degli Stati balcanici lo avrebbe garantito meglio che ogni altra cosa di fronte a un nuovo attacco russo.
Così tutto sembrò procedere pacificamente, quando capitò un episodio inaspettato.

Irritato dall'ingrandimento della Bulgaria e trascinato dalle correnti popolari del suo paese, il Re Milano di Serbia dichiarò guerra alla Bulgaria. Anche i Greci tentarono d'iniziare un conflitto contro la Turchia per conseguine uno spostamento della frontiera settentrionale.
I Greci furono dalle energiche minacce delle Grandi Potenze ridotti a rimanere inattivi, ma i Serbi marciarono all'attacco sperando che l'esercito bulgaro, dopo il richiamo degli ufficiali russi, non sarebbe più stato in grado di opporre resistenza: però si erano ingannati.

I Bulgari si batterono con straordinario valore; ricacciarono i Serbi dalla città di confine Slivnitza; li inseguirono sul loro territorio e conquistarono Pirot. Ma quando volevano avanzare più oltre a nord-ovest, furono da un perentorio intervento dell'Austria costretti a un armistizio.
Fu di nuovo l'Inghilterra, che usò la sua influenza per un amichevole accomodamento di queste controversie; e nella primavera del 1886 riuscì realmente a comporne la pace fra Serbia e Bulgaria.
Ambedue gli Stati mantennero le loro frontiere, e rinunziarono all'indennità di guerra. Anche il Sultano fu indotto, mediante la nomina del principe Alessandro a governatore della Rumelia orientale, a riconoscere di fatto l'unione di ambedue i territori bulgari.

La Russia, un'altra volta, aveva nei Balcani avuto la peggio di fronte all'Inghilterra; e l'irritazione dello Zar si manifestò nell'affrettare con il massimo zelo il compimento della ferrovia strategica per Merv e, contro il trattato di Berlino, nel trasformare Batum sul Mar Nero in un forte porto di guerra.

Quando l'Inghilterra protestò, egli rispose che non considerava più il trattato berlinese come obbligatorio, giacché se ne era permessa la violazione alla Bulgaria. Soprattutto però la sua ira si rivolse contro il principe Alessandro; più volte furono dai Russi orditi disegni di assassinare il principe, ma vennero sventati.
Alla fine riuscì ai Russi di accattivarsi alcuni ufficiali malcontenti dell'esercito bulgaro: con l'aiuto dei quali, il 31 agosto 1886, dopo che le truppe fedeli con un pretesto furono allontanate dalla capitale, il principe fu assalito nel suo palazzo e costretto a sottoscrivere un documento di abdicazione.
Poi nella notte fu allontanato da Sofia e per strade traverse trasportato fino sul Danubio, dove era già pronta, una nave russa; la quale lo prelevò e lo sbarcò sul territorio russo.
Dopo che vi fu tenuto alcuni giorni, lo Zar lo lasciò libero di partire, però in direzione nord, non a sud. Con un lungo giro il principe tornò per l'Ungheria nel suo paese, dopo una lontananza di qualche settimana.

In Bulgaria nel frattempo i rappresentanti russi avevano invano tentato di scuotere il partito nazionale e di ristabilire l'oppressivo regime russo. Il Governo provvisorio, da loro formato, fu quindi costretto a dimettersi, e un'ambasceria della Sobranje andò incontro al principe Alessandro per pregarlo di ritornare al suo paese.
Alessandro fu ricevuto con la grande gioia quando entrò in Sofia: ma egli non era libero di sé. Durante il viaggio, nell'assenza dei suoi ministri bulgari, si era lasciato irretire dal console generale russo a Rustsciuk a dichiarare in un telegramma allo Zar che egli sarebbe rimasto in Bulgaria solo col suo consenso.
Sembra gli fosse fatta balenare la speranza che un tale passo avrebbe indotto lo Zar a riappacificarsi con lui. Ma invece venne da Pietroburgo l'ingiunzione che l'Imperatore non riteneva garantita la tranquillità in Bulgaria, finché vi fosse il principe Alessandro.
Il principe si reputò obbligato dalla parola data ad effettuare la sua abdicazione. Nonostante le preghiere dei ministri bulgari insistette nella sua decisione e partì, all'inizio di settembre, per la Germania.

Appena tutto questo fu conosciuto a Pietroburgo, il generale Kaulbars comparve come rappresentante dello Zar e chiese l'immediata scarcerazione di tutti gli imprigionati per i loro rapporti con la Russia, e la sospensione delle elezioni, fissate dai ministri, per la Sobranje, che doveva eleggere un nuovo principe.
Ma lo Stambuloff, nonostante queste minacce, tenne fermo a un'immediata convocazione della Sobranje. Gli umori della popolazione si evidenziarono nell'esito delle elezioni: fra 500 membri del parlamento ci furono solo 30 russofili. La Sobranje elesse subito il principe Valdemaro di Danimarca come principe di Bulgaria; ma lo Zar raccomandò a questo principe suo stretto parente di rifiutare la corona, ed egli obbedì.

Il vero scopo dello Zar sarebbe stato di strappare l'elezione di un piccolo principe caucasico, completamente da lui dipendente. Ma intanto agenti russi ordivano una cospirazione dietro l'altra contro i ministri, che mano mano erano al potere. La più importante di queste congiure fu quella, che scoppiò a Rustsciuk nel principio del 1887, repressa violentemente: nove ufficiali bulgari, che vi avevano partecipato, furono imprigionati e portati dinanzi a un tribunale di guerra.
Poiché la Russia aveva richiamato tutti i suoi rappresentanti ufficiali dalla Bulgaria, la rappresentanza degl'interessi russi spettò ai consoli tedeschi. Lo Zar chiese alla Germania d'impedire l'esecuzione degli ufficiali condannati. Ma Bismarck non si reputò autorizzato ad intervenire nell'amministrazione della giustizia di un altro paese, e non volle immischiare la Germania in queste cose, del tutto aliene dai suoi propri interessi; non fece pertanto niente perché il tribunale di guerra non facesse giustiziare tutti gli ufficiali.

Lo Zar Alessandro III, ebbe, come suo padre Alessandro II nel 1878, l'impressione che in un momento decisivo fosse stato lasciato in asso dalla Germania, e incominciò evidentemente a voltar le spalle alla Germania, e a cercare un altro alleato. Come tale gli si offrì la Francia, dove proprio allora era giunto al potere il partito antitedesco della rivincita.

Noi abbiamo visto nelle pagine precedenti, che in Francia, dopo che la repubblica si fu consolidata, due tendenze si combattevano.
L'una considerava come compito principale la preparazione della guerra di rivincita contro la Germania: essa era rappresentata dalla cosiddetta lega dei patrioti, alla cui testa stava il Dérouléde.
L'altra cercava un compenso per l'Alsazia-Lorena non in Europa, ma nell'ingrandimento dell'impero coloniale francese. Il suo paladino era stato il Ferry, cui erano riusciti grandi acquisti anche in Tunisi, nell'India posteriore e nel territorio del Niger. Però le spese di questa politica coloniale erano piuttosto gravi, e soprattutto le campagne, che nel 1883-1885 furono condotte parte nell'India posteriore contro l'Imperatore dell'Annam, parte contro la Cina, ingoiarono grosse somme.

Certo finirono vittoriosamente per la Francia; l'Imperatore dell'Annam dovette riconoscere l'alta sovranità della repubblica sul proprio territorio, e la Cina rinunziare ai suoi diritti di alta sovranità sull'India posteriore; ma occasionali rovesci e sconfitte scatenavano sempre una spaventosa tempesta dell'Opposizione, come pure ogni nuova domanda di denaro per questa politica.
Nell'estate del 1885 era stata introdotta in Francia una riforma del sistema elettorale sostituendosi al collegio uninominale lo scrutinio di lista. Questo mutamento ebbe l'effetto inatteso che fu eletto un gran numero di monarchici e di clericali.

Tanto i monarchici, quanto l'estrema sinistra radicale spingevano alla guerra contro la Germania; tanto che il pensiero comune della riscossa condusse ambedue i gruppi, così profondamente separati nelle loro opinioni, ad una coalizione innaturale contro il ministero moderato.
Prima il Ferry, poi il Brisson dovettero cedere dinanzi a loro; e all'inizio del 1886 salì al potere il ministero Freycinet, che cercò di unire repubblicani moderati e radicali e, per questo fine, dovette accogliere nel suo programma l'idea della rivincita; rappresentata dal ministro della guerra di questo gabinetto, il Generale Boulanger.

Boulanger godette per lungo spazio di tempo di una grandissima popolarità, e forse avrebbe potuto ottenere una specie di dittatura, se egli fosse stato meno ambizioso ma più abile. Ma apparve chiaro che i suoi avversari, i quali lo chiamavano un "eroe da teatro", avevano ragione; quando si trattò di agire, Boulanger se ne astenne assolutamente.
Con tutto ciò non era piccolo il pericolo che a un uomo così ambizioso e popolare potesse riuscire con la demagogia di trascinare la Francia a provvedimenti ostili contro la Germania.

Il rafforzamento dell'esercito francese, l'approvazione di una legge contro lo spionaggio, l'aumento delle truppe alla frontiera tedesca dovevano accreditare simili supposizioni, anche perchè gli organi della lega dei patrioti spingevano apertamente alla guerra.
Il loro caporione Dérouléde si recò nel 1886 in Russia e vi tenne, senza alcun impedimento, discorsi, che affermavano necessaria la lotta in comune dei Francesi e dei Russi contro la Germania.
Questo movimento in Francia coincise con il malumore dello Zar per il contegno tedesco nelle questioni balcaniche.
Si racconta che Russia e Francia già nei mesi del 1886 fecero vani sforzi per staccare l'Italia dalla triplice alleanza e per accattivarsela.

Bismarck osservava tutti questi passi con la massima attenzione, e ritenne indispensabile di prepararsi in tempo a resistere. Nella fine d'autunno del 1886 fu presentata alla Dieta una nuova legge sull'esercito, per cui la cifra dei presenti alle armi doveva essere accresciuta di 41.000 uomini, e consolidata per un settennio. Quando la Dieta dell'Impero ebbe rigettato questa legge, poiché il centro voleva concedere l'aumento solo per un triennio fu sciolta la Dieta; e le nuove elezioni dettero una maggioranza, composta di conservatori e di nazionali liberali, che ormai, l'11 marzo 1887, approvò il richiesto consolidamento.

Quantunque Bismarck più volte assicurasse nella Dieta dell'Impero che la Germania armava solo per la propria difesa, tuttavia questa legge fu dalla Russia interpretata e divulgata come una minaccia contro i vicini.
Mentre ancora le trattative perduravano, una gazzetta ufficiosa russa ammonì la Germania a guardarsi da ogni atteggiamento bellicoso contro la Francia e dichiarò, che la Russia non avrebbe permesso un qualsiasi nuovo indebolimento della Francia.

Il dissidio tra Francia e Germania toccò il colmo a causa di un incidente piuttosto insignificante. Nell'aprile 1887 fu arrestato il commissario francese della frontiera Schnabele, noto partigiano della lega dei patrioti, sul territorio tedesco, dove era giunto a colloquio, invitato da un funzionario tedesco. Nella stampa francese fu immediatamente affermato che l'arresto era avvenuto con violazione del territorio francese, e nel consiglio dei ministri si parlò di dichiarazione di guerra alla Germania.
Solo a stento il Presidente Grévy e il ministro degli esteri Flourens ottennero la deliberazione che prima dovevano tentarsi delle trattative, le quali condussero ben presto alla meta. Lo Schnabele fu rimesso in libertà appena fu assodato che egli aveva veramente passato il confine per invitò tedesco.

Il generale Boulanger in questa questione ebbe uno scacco nel ministero; e il pericolo di una prossima guerra spaventò parecchi Francesi. Quando il ministero fu rovesciato, e il Rouvier salì a capo del Governo, Boulanger fu trasferito come comandante di un corpo d'armata; così il suo ascendente politico fu momentaneamente spezzato.
Ma per lo Zar questo mutamento ministeriale significava che non si poteva contare a Parigi su un Governo duraturo, e che perciò era pericoloso di congiungere l'avvenire della Russia con quello della Francia. Il capo del partito francofilo, Catcoff, cadde in disgrazia, e lo Zar cercò di imbroccare di nuovo la via per accostarsi alle Potenze dell'Europa centrale.

La cosa divenne ardua per l'evoluzione del problema bulgaro. La Sóbranje si accordò nel giugno nell'elezione di Ferdinando di Cobergo-Cohary a principe. Lo Zar protestò; ma Ferdinando giunse per conto proprio in Bulgaria; vi trovò appoggio, e si seppe affermare, quantunque negli anni immediatamente successivi né il Sultano né le Potenze, sottoscrittrici del trattato di Berlino, non lo volessero riconoscere come principe.
Non è per nulla verosimile che Bismarck e il Governo tedesco avessero qualsiasi parte in questa elezione o nell'atteggiamento del principe Ferdinando. Ma da parte degli avversari della Germania si cercò, non senza buon successo, di convincerne lo Zar.
Furono presentate ad Alessandro III lettere falsificate che dovevano dimostrare un così simile modo di procedere dei Tedeschi. Così la situazione nell'autunno del 1887 divenne per un certo periodo assai pericolosa.

Solo il rinnovamento della "Triplice alleanza" per opera del nuovo ministro italiano Crispi, che andò a visitare Bismarck in Varzin, e un abboccamento di Bismarck con lo Zar, che condusse alla scoperta della falsificazione, riportarono la tranquillità. Allora Bismarck riuscì a concludere un nuovo trattato fra l'Impero tedesco e la Russia.
Il trattato dei "tre Imperatori" del 1884 era scaduto nella primavera del 1887 e non era stato rinnovato. Ora Bismarck si accordò con lo Zar che ognuno dei due Stati si obbligava di assistere l'altro contro un attacco austriaco. È questo il cosiddetto "trattato di riassicurazione" che, quando fu conosciuto dopo il congedo di Bismarck, procurò gravi disapprovazioni al Cancelliere.
Ma non si deve vedere in esso una violazione della lettera e dello spirito della "Triplice", poiché questa non prevedeva nessun appoggio all'Austria o neutralità della Germania per il caso che essa intraprendesse una guerra offensiva.
Il "trattato di riassicurazione" doveva manifestamente servire allo scopo di garantire la pace fra Russia ed Austria, in quanto ciascuno dei due Stati doveva sapere che l'assalitore avrebbe trovato la Germania dalla parte opposta.
Esso fu concluso per tre anni; quindi rimaneva in vigore fino al 1890.

Finora non é risultato per nulla su quali motivi nella primavera del 1888 si ripeté un malinteso fra Germania e Russia. I Russi concentrarono un numero straordinario di truppe alla loro frontiera occidentale; il granduca Nicola in un suo viaggio in Francia e in Inghilterra tenne dei discorsi minacciosi, e la situazione divenne così seria che Bismarck ritenne necessari nuovi provvedimenti.
Egli propose l'estensione dell'obbligo del servizio militare nella milizia territoriale fino al 39mo anno di età per accrescere ancor più la forza difensiva della Germania; e pubblicò, d'accordo col Governo viennese, il testo dell'alleanza austro-tedesca del 1879, che era diretta contro la Russia.

Nell'ultimo suo grande discorso parlamentare del 6 febbraio 1888 Bismarck minacciò i vicini del "furor teutonicus", se uno di essi dovesse osare un attacco. La legge della difesa nazionale fu approvata; e la pace non fu turbata.

Rispetto alle condizioni interne della Francia questi avvenimenti ebbero la conseguenza che il radicalismo e il partito della rivincita furono un po' indeboliti. Proprio allora avvennero spiacevoli rivelazioni sulla corruzione dominante negli ambienti governativi e parlamentari francesi. Il processo contro il traffico di ordini cavallereschi e di titoli per parte del Wilson, genero del presidente della repubblica, e lo scandalo del Panama mostrarono che molti politici si lasciavano corrompere.
Il generale Boulanger credette di potersi valere di questa occasione e di poter riconquistare la sua precedente posizione. Ma il suo atteggiamento piuttosto molto aspro contro il Governo permise a quest'ultimo di spogliarlo del suo comando e di rinviarlo ad un tribunale militare, da cui fu condannato al licenziamento dal servizio.

Ma nonostante questo, le probabilità di riemergere del Generale furono alte. Infatti la folla indignata contro il Governo e il parlamento, levò sugli scudi il Boulanger, in cui essa vedeva un martire; e si formò la proposta di presentarlo candidato in tutte le circoscrizioni elettorali per le prossime elezioni al Parlamento, e di provocare così una specie di plebiscito in suo favore.
Sembra che allora il Boulanger pensasse veramente a un colpo di Stato, ma fu così incauto da accettare l'appoggio dei nemici della repubblica, specialmente del conte di Parigi.
Il Governo lo seppe e lo portò nuovamente davanti al tribunale. Contemporaneamente fu con l'abolizione dello scrutinio di lista, reso impossibile la proposta a suo favore nella lotta elettorale. Il Boulanger non osò esporsi al dibattito dinanzi al tribunale, ma fuggì nel Belgio. Così egli abbandonò del tutto la sua causa. Egli visse ancora due anni, e alla fine si uccise per un affare amoroso; ma politicamente egli era già morto dalla sua fuga.

Pur con tutta la sconfitta del partito della rivincita, in Francia si riteneva indispensabile aumentare l'esercito simile all'esempio tedesco e con la legge dell'estate 1889 pure necessario di prolungare la durata del servizio militare.

Il pericolo di guerra del 1887 ebbe anche un'altra non insignificante conseguenza. Nel momento della minaccia di un conflitto Bismarck aveva più volte ammonito i capitalisti tedeschi di non investire il loro danaro in valori russi.
In realtà il capitale tedesco da allora fu piuttosto restio di fronte all'eterno bisogno di denaro dei Russi. Un abile finanziere francese, lo Hoskier, tesoreggiò questa circostanza per promuovere subito un avvicinamento finanziario tra Russia e Francia. Egli offrì nell'autunno del 1888 al Governo pietroburghese di procurargli in Francia un prestito di 500 milioni di franchi al frutto moderato del 4 %, con l'aiuto del quale potessero estinguersi i prestiti anteriori, soprattutto quelli contratti in Germania, al 5 %.
A Pietroburgo acconsentirono; e il prestito fu concluso. Da questo istante danaro francese affluì ininterrottamente in Russia. Nel corso di circa sei anni il debito della Russia in Francia salì a circa 4000 milioni di franchi. Solo con questo danaro francese la Russia poté intraprendere il completamento del suo esercito, della sua flotta, e delle sue ferrovie strategiche.

Quantunque l'avvicinamento politico tra Russia e Francia non avvenisse allora, esso fu di molto agevolato e preparato dallo stretto collegamento economico.

Intanto in Germania, il 1887 è un anno particolare
si ha un completo mutamento di sistema

segue:

230. 39) - TERMINA L'ERA DI BISMARCK - LE CONSEGUENZE > >

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