LIBRI INTERESSANTI RICEVUTI

STORIA - SAGGI - POLITICA - LETTERATURA
SCRITTI DAI NOSTRI "LETTORI" O EDITI DAI NS. "AMICI EDITORI"
 L'inserimento nella lista è del tutto gratuito; i contenuti pluralistici.
Se avete pubblicato un libro storico, o un saggio di politica, seguite l'esempio sotto;
inviandoci il volume e una essenziale recensione da inserire. 
Quando nelle pagine di Storiologia tocchiamo una tematica legata a un certo periodo storico,
a un fatto, o a un personaggio, segnaleremo il Vs. prezioso lavoro e queste... brevi recensioni.

I LIBRI SEGNALATI LI RIPORTIAMO "LIBERAMENTE", NON PER PARTITO PRESO O PER ATTRIBUIRE TORTI O RAGIONI  MA PERCHE' E' GIUSTO CERCARE DI CAPIRE - QUINDI OSPITIAMO IL SAGGIO ANCHE SE HA UNA TESI DIVERSA DAGLI ALTRI PRESENTI. OGNUNO DI NOI SA, CHE ESISTONO DIFFERENTI STORIOGRAFIE E DIFFERENTI "interpretazioni" DEI FATTI STORICI. DIFFICILE FARLI CONDIVIDERE O TENTARE DI METTERE D'ACCORDO CULTURE DIVERSE, CHE SPESSO SONO SOLO IDEOLOGIE, MA NON PER QUESTO DOBBIAMO RINUNCIARE A TENTARE DI CAPIRE, A COSTO DI RIBALTARE CONTINUAMENTE LA STORIA CHE NOI CONOSCIAMO, SPESSO NEL SUO ROVESCIO. MOLTO IMPORTANTE E' INFATTI SOSPETTARE, METTERE IN DUBBIO LE NOSTRE CONOSCENZE, SOPRATTUTTO QUANDO LA NOSTRA TRACCIA "DIDATTICA" E' IMPOSTA E IMPEDISCE UN'ALTRA SCELTA; SCELTA CHE DOVREBBE ESSERE TESTIMONIANZA DELLA NOSTRA LIBERTA', IN CASO CONTRARIO SIGNIFICHEREBBE CHE "LA NOSTRA DEMOCRAZIA LIBERALE NON E' ANCORA COMPIUTA". - E QUESTA NON E' CERTO UNA "interpretazioni"!

NOTA: Gli autori delle opere qui recensite si assumono personalmente tutte le responsabilità per le notizie, considerazioni e giudizi espressi nei loro testi, disimpegnando del tutto l'Autore di Storiologia".



( i libri sono in ordine di ricevimento - il primo è quindi sempre il più recente )


Il saggio in oggetto, libro cartaceo formato 17x24cm, completo di una lunga introduzione dello scrivente è seguito dalla riproduzione integrale originale in edizione anastatica del Diary, consta di circa 150 pagine. Il prezzo finale del volume, incluse spese di spedizione ed IVA, è di euro 60,92. La fattura commerciale relativa sarà spedita contestualmente al volume all'indirizzo dell'acquirente destinatario. Si può pagare:
1) con bonifico bancario preventivo on-line previa richiesta dell'acquirente; 2) oppure contrassegno (raccomandata A.R.) di Poste Italiane; 3) altre modalità potrete concordarle con lo scrivente. I miei recapiti telefonici sono indicati sul sito http://www.alessandrodefelice.it/ (attualmente il volume non è ancora pubblicizzato) comunque sono: 339.225.94.58 (TIM); 346.085.16.88 (TRE). e-mail info@alessandrodefelice.it


Eugenio Fracassetti, Dossier Cavour, La morte di un Primo Ministro
Qualcosa sullo stesso argomento l'abbiamo già accennato in queste pagine "Cavour fu assassinato?" (vedi > > )
Ora questo "dossier" ( di EUGENIO FRACASSETTI noto giornalista e saggista, ai ns. lettori già noto per "Risorgimento e Federalismo" Fenomenologia del Risorgimento europeo - vedi più avanti la recensione) deriva da una ricerca, bibliografica prima ancora che storica, finalizzata al capire quale sia stata la causa (o le cause) della improvvisa morte del primo Primo Ministro dell'Italia da poco unificata - Camillo Benso di Cavour - avvenuta nei primi giorni del giugno 1861. "Voce di popolo voce di Dio" recita un antico proverbio, e in effetti il popolo torinese in quei giorni di angoscia per l'agonia del grande uomo comprendeva benissimo che qualcosa di anomalo per non dire di "losco" era sotteso alla fenomenologia di un tale luttuoso evento. Le monumentali esequie coprirono tutte le "voci", ma successive "Memorie" - fenomeni editoriali con oltre venti edizioni di stampa - riportarono per decenni d'attualità ciò che era da anni sulla bocca di tutti, che cioè in realtà di "delitto" si sia trattato. Questa ricerca è il compendio e un riesame di tutta questa problematica, relativa alla "misteriosa" morte del conte Camillo Benso di Cavour.

"A noi risulta che le conclusioni di questo studio non coincidano con gli scetticismi di molti sull'argomento. A noi risulta, oggi, come la storia sia diversa da quella che conoscevamo prima d'accingerci a questo impegnativo lavoro. A noi risulta, a ragion veduta, che qualcosa di nuovo si può ben dire oggi - e di diverso - su malattia e morte del Conte di Cavour, e che questo "diverso" apra tutta una serie di problematiche riguardanti anche il fondamentale e "nuovo" indirizzo istituzionale che da quel momento è stato imboccato dal nascente Stato unitario italiano. Ciò non è poco. Noi abbiamo la sensazione - dopo lo svolgimento di questa indagine - di essere alla presenza del primo - in ordine cronologico - dei "Misteri d'Italia", e forse anche per la piega che da quel momento hanno preso le cose politiche in questo Paese, del più grave in relazione alle conseguenze future".
A inizio volume un breve cenno biografico sul Conte Cavour, decisamente sconosciuto a moltissimi italiani.
Eugenio Fracassetti, "DOSSIER CAVOUR" edizioni "Il cerchio" - http://www.ilcerchio.org/


GIAN ANTONIO STELLA: "L'Orda - Quando gli albanesi eravamo noi". (Nuova edizione, aggiornata e ampliata, del Dicembre 2008, anno che coincide con l'ultima montante xenofobia). Presentare qui G. A. Stella sarebbe quasi riduttivo: oltre che essere il noto giornalista del "Corriere d. S.", Stella è pure l'autore di "La casta" (chi non l'ha letto?). E privo d'effetto sarebbe anche il cercare di fare la sintesi dei contenuti di questo suo ultimo libro: il sottotitolo è piuttosto esplicito, ma io devo aggiungere "...era solo ieri", e che noi, ieri, non eravamo affatto "diversi" dagli odierni Vu cumprà. Così diversi che in America o in Australia, teorizzavano che eravamo di razza diversa dalla loro, al pari dei neri o dei gialli, ma sicuramente "africani" bianchi. - Un libro da tenere in evidenza - sempre, oggi e domani - nel nostro scaffale di libri; necessario ai nostri figli e nipoti, per capire la storia italiana nel secolo che noi, padri e nonni solo da qualche anno ci siamo lasciati alle spalle. Una nuda e cruda (quindi rimossa dai tanti testi storici) molto scomoda storia.!!! - Utile anche a certi razzisti nostrani, quando leggeranno le (agghiaccianti) infami tratte dall'Italia di donne e bambini per rifornire i Paesi di prostitute e teneri carni per i pedofili esteri; quando i clandestini eravamo noi, perchè sempre disponibili a fare lavori umili e a paghe basse, o quando la delinquenza all'estero era fatta solo (scrivevano sui loro giornali) e solo da italiani, e come feccia umana trattati, perchè sporchi, analfabeti, senza educazione e qualifica). Perfino i terroristi italiani del tipo Al Qaida seminavano un secolo fa panico e stragi in altri Paesi europei o d'oltre oceano. Curioso venire a conoscere ad es. che un attentato fatto da italiani a Wall Street avvenne quasi un secolo prima delle Torre Gemelle, che italiani erano gli assassini di un presidente degli Usa, di un primo ministro francese, di un re italiano, di una imperatrice austriaca, e ci mancò poco, anche di un imperatore francese. E mille e mille altri ignobili documenti scritti all'estero su di noi, che Stella con una ricchissima documentazione ha riportato alla luce. - Insomma da leggere - Il libro lo si trova in tutte le più fornite librerie. 300 pagine per neppure 10 euro (ma ne valgono 1000 !!!)


FRANCO SAVELLI: "Dal Cristianesimo delle origini al Monachesimo" - L'Autore, i lettori di Cronologia lo conoscono già per aver composto i 14 capitoli di "IL MERIDIONE D'ITALIA: DAI ROMANI ALLA REPUBBLICA (vedi >) dove hanno potuto apprezzarne la lettura semplice e scorrevole, che "fa capire" anche al non sapiente i fatti accaduti nel corso dei 2000 anni di questa nostra "comunità italiana" sotto il profilo politico e sociale.
Ora Franco Savelli nello stesso stile ha affrontato un altro aspetto di questa comunità, quello di raccontarci la nascita
delle “comunità di credenti”.
La “dottrina” ed il suo dirompente potere, la magia della prima divulgazione e la nascita delle “comunità di credenti”, gli itinerari di evangelizzazione e l’ardua progressione verso il riconoscimento e l’affermazione, i dibattiti dottrinali e l’affermazione dei “canoni” della fede, l’impulso ascetico ed il coinvolgente vigore del monachesimo sono i motivi affrontati da questa illustrazione. Essa è articolata in cinque temi : Comunità delle origini, Persecuzioni, Dispute teologiche, Monachesimo, Cristianizzazione dell’Europa sviluppati in maniera essenziale ma puntuale e, per quanto la complessità degli argomenti lo possa consentire, semplice e scorrevole. Scorrevolezza che si cerca di mantenere utilizzando un frequente ricorso alle note a piè di pagina, per poter fornire dettagli, commenti e collegamenti storici che, soprattutto per i personaggi, corredano il quadro informativo fornito dal testo ed offrono numerosi spunti per approfondimenti. Vengono percorse in sequenza le vicende attraverso cui è passata l’affermazione del cristianesimo coll’intento di fornire elementi di riflessione sulla definizione dei suoi canoni e sulla loro interpretazione e divulgazione. Una scelta di fatti che, talvolta corredati da commenti volti alla loro comprensione, servono a disegnare l’articolato percorso che ha accompagnato la diffusione e l’affermazione della dottrina cristiana.
Per procurarvi il libro mettetevi in contatto con il sito <ilmiolibro.it>


 

Mariamo Berti: "Famiglie d'altri tempi". 3 corposi volumi, ca. 1500 pagine. - L' autore - con un certosino impegno - è stato capace di scavare nelle radici della storia locale, andando a ritroso fino all'inizio dell'800 di ogni famiglia. E non si è limitato a raccogliere le storie di tutte le famiglie, ma ha ricostruito per ognuna la genealogia quasi "seppellendosi" negli archivi parrocchiali. Nelle centinaia di biografie di gente comune, corredate da altrettante centinaia di fotografie dell'epoca, ha realizzato un'opera che non ha uguali in Italia. E' un peccato che in ogni Comune o Città d'Italia non esistono persone come Mariano Berti! Lui si è proposto di rimediare a quell’affezione che ha colpito l’anima dei nostri contemporanei, quell’amnesia di massa verso la nostra storia che ci rende più poveri, che non ci permette di essere più noi stessi in forma piena e consapevole, che ci omologa e ci appiattisce su bassi livelli comuni.
Mariano Berti dà un taglio nuovo: la sua indagine è una poderosa storia delle famiglie popolari. Può stare accanto, dignitosamente e con un proprio significato, alla storia delle grandi famiglie della nobiltà del suo territorio, integrandola. Noi tutti conosciamo solo queste, ma poco sappiamo di quelle pur essendo carne della nostra carne.
Inoltre la narrazione delle vicende familiari viene elaborata dal Berti con la capacità di inserirle nel quadro degli eventi nazionali e internazionali, richiamando il collegamento con vicende di portata generale come, ad esempio, le due guerre, l’emigrazione di inizio 900 e quella del secondo dopoguerra fino agli anni '60; in definitiva si può affermare con serenità ed autenticità che leggere le singolari vicende di ciascuna delle famiglie da lui elaborate è un po’ come leggere, indirettamente, - pur essendo una storia locale - la storia della propria comunità di appartenenza, non meno nobile né utile di tante storiografie generali.
Vedi alcuni estratti a fondo pagina di "Ritratto dell'Italia unita" di LAZZARI - Ma io personalmente ho divorato le 1500 pagine. Qui e là mi è sembrato di rivivere la mia fanciullezza e l'ambiente dei miei nonni che mi hanno allevato. Perchè quella era allora l'Italia!!. Fatta di tante tragedie, sacrifici, frugale desco e parsimoniosa vita, ma nonostante tutto questo una vita piena di tenerezze e di premure.
- L'Opera di Mariano Berti può essere richiesta direttamente all'
AUTORE


Una storia da riscrivere. Benito Mussolini si è suicidato? una nuova e sconvolgente versione sul “segreto” della sua morte. Il Prof. Alberto Bertotto ricostruisce con rigore scientifico, attraverso un’attenta analisi di tutte le fonti a nostra disposizione, gli ultimi giorni della vita del Duce dandoci una nuova e sconvolgente versione sulla sua morte. Un grande contributo alla comprensione della personalità di un uomo che ha segnato per sempre la nostra storia.
Una capsula di cianuro infranta tra i denti, un fucile mitragliatore colto di sorpresa, un dittatore depresso ed una malcapitata donna, bisturi nostrani e vetrini dí oltre oceano: ecco alcuni ingredienti del giallo che, come pochi altri, ha fatto e fa discutere non solo l'Italia. Ancora tarda a dileguarsi il buio della notte tra il 27 ed il 28 aprile del 1945, notte della fine di Benito Mussolini e del suo sogno ventennale. La sponda occidentale del lago di Como, tra stretti vicoli di paese e valli pietrose, da sessant'anni custodisce il segreto della sua morte. Giustiziato da un partigiano comunista davanti al cancello di villa Belmonte (Giulino di Mezzegra), così morì il Duce secondo la "vulgata" ufficiale, ad arte messa in piedi dal PCI d'allora. Una pagina dell'epopea nazionale ma non della Storia. Troppe contraddizioni, troppi dubbi che non hanno mai ricevuto risposta, gettano ombre persistenti su questa versione dei fatti. Ma un' ipotesi, sostenuta da uno studio minuzioso ed accurato, sembra finalmente diradare le spesse nebbie del Lario.
Molto interessanti la prefazione (22 pagine) e l'introduzione (16 pagine) che anticipano i 7 capitoli del libro (286 pagine che si leggono tutti in un fiato) e i documenti allegati. Il libro è disponile presso l'editore: http://www.pdceditori.it/


ALESSANDRO DE FELICE - Dopo il poderoso (adrenalinico e dal ritmo incalzante) "IL GIOCO DELLE OMBRE" "Verità sepolte della Seconda Guerra Mondiale" - (vedi più avanti la recensione) ecco ora in un nuovo libro riuniti i "Resoconti stenografici" dei 18 verbali di tutte le riunioni del Consiglio dei Ministri della R.S.I. dal 23 settembre 1943 al 18 aprile 1945. Con all'interno di ognuno, i provvedimenti che furono discussi e approvati, riguardanti la situazione in corso (i decreti legislativi, le disposizioni, le nomine dei nuovi funzionari, la rimozione dei precedenti, le nuove spese di guerra, la nuova economia del Paese, i provvedimenti sul nuovo stato sociale ("Socializzazione delle imprese")). Un libro adatto per chi vuol cercare di capire quel particolare periodo e averne la sintetica documentazione.
Se richiedete il libro, Alessandro De Felice, vi aggiunge un piccolo libricino (quello sotto nell'immagine): un intercettato dialogo telefonico di Churchil e Roosevelt, sul "cosa fare di Mussolini, appena noi lo avremo in mano. Processarlo e impiccarlo? Oppure farlo uccidere dai suoi nemici, risparmiandoci così un impopolare e fastidioso processo?".

Per ulteriori informazioni, vedi il suo sito: http://www.alessandrodefelice.it/

Un altro suo interessante lavoro....

Il titolo dice tutto.


FRANCESCO DESSOLIS. "Saluto alla bandiera". - L'autore che abbiamo già conosciuto in "Le guerre sante" > e "L'ultima rosa" (vedi qui più avanti), ritorna con un singolare fantapolitico romanzo, con una storia che si svolge in un’improbabile Italia del futuro (anni dal 2026 al 2115 ) in cui, al centro del suo tricolore, campeggia una mezzaluna. E’ un’ucronia semiseria, che non vuole offendere né i cristiani né i musulmani, ma solo intrattenere il lettore, facendolo sorridere, ma anche riflettere. Il protagonista del romanzo è un giovane famoso calciatore che (politicamente strumentalizzato e utilizzato) si trova suo malgrado improvvisamente alla guida di un “Nuovo Risorgimento”. Molte vicende si svolgono durante i "Mondiali di Calcio" in Italia, attorno agli stadi di alcune importanti città, ma lo sport ha un ruolo di secondo piano (scelto come pretesto dai servizi segreti, cui fa comodo le oceaniche folle di agitati tifosi). I personaggi sono immaginari. Nella vicenda si fa cenno ad alcuni drammatici avvenimenti storici, ma ogni riferimento a nomi, cose, persone esistite o esistenti, o a fatti realmente accaduti è puramente casuale (o quasi). Quanto al futuro… Talvolta la realtà supera la fantasia. L’Autore si augura che non sia questo il caso!
L'incipt del romanzo è l'io narrante di un ragazzino di 10 anni, nato in Italia al “Centro d’accoglienza” di Lampedusa dov'erano anni prima approdati clandestinamente i suoi genitori africani dopo una traversata terribile su una delle tante carrette del mare.
Seguono poi alcuni fatti storici a partire dall'anno 2026, qui ricordati in un saggio storico dell'epoca: il 2094:
"I primi missili sono partiti dalla Russia la notte del 10 luglio 2026 (24 Muharram 1448 Higri). L’ipotesi più accreditata è che un gruppo di terroristi ceceni si sia impadronito della Sala Controllo, per lanciare i missili russi contro tutti i bersagli americani ed europei, fissati al tempo della “Guerra fredda”. Altre fonti parlano di una lotta di potere all’interno del Cremlino, durante la quale la fazione perdente si sarebbe impadronita della “scatola rossa”…
" La prima bomba è caduta su Washington. Quasi contemporaneamente sono scoppiate le bombe a New York, Filadelfia, Chicago e in tutte le città più importanti degli Stati Uniti. In Europa sono state completamente distrutte Londra, Parigi, Berlino, e molte città minori, in cui il KGB aveva individuato le più importanti basi militari. In Italia è stata colpita solo Vicenza: il missile è caduto proprio al centro della base americana, ma la nube radioattiva è arrivata fino a Venezia…."
Nelle ore successive all’attacco russo, la rappresaglia americana ha distrutto tutte le principali città della Russia, comprese Mosca, San Pietroburgo e Groznyj.
La maggior parte della popolazione russa e cecena è morta nei giorni successivi alle esplosioni ed è impossibile oggi verificare se i seguaci di Al Qaeda abbiano avuto qualche parte nella tragedia.
Non si sa neanche con quali criteri i bersagli dei missili americani sono stati scelti.
Probabilmente la reazione è stata automatica, e ha colpito, oltre la Russia, tutti i potenziali nemici degli USA, in primo luogo Cina, Corea del Nord e Iran. Non è chiaro chi ha lanciato la bomba che è caduta su Tel Aviv. Gli ebrei superstiti accusano l’Iran, ma forse anche Israele era tra i bersagli dell’ex Unione Sovietica.
Sicuramente erano israeliane le bombe che hanno colpito Damasco, Il Cairo, Suez, e Sidone. Il primo effetto è stato la fuga di venti milioni d’arabi dal Medio Oriente al Maghreb, e da lì in Spagna, Francia e Italia… "

"La guerra euro-araba è scoppiata ufficialmente il 20 Settembre 2035 (17 Rajab 1457 Higri).
In realtà i primi scontri erano iniziati quando Italia, Francia e Spagna avevano creato una comune flotta di pattugliamento delle loro coste, per impedire l’afflusso continuo dei profughi dall’Africa Settentrionale.
La crisi è scoppiata dopo che una nave marocchina, con più di 2000 passeggeri, è stata affondata dalla fregata spagnola “San Cristobal”.
Lo sdegno in tutto il mondo arabo fu uno dei motivi che portarono i paesi della Lega Araba ad unirsi d in una federazione d’Emirati, retta dal presidente algerino Mohamed Benlaifa, che assunse il titolo di Califfo. Accorsero volontari, dall’Irak al Marocco, mentre in Francia, Italia e Spagna si susseguirono le rivolte dei musulmani, prevalentemente di origine maghrebina.
Ancora oggi molti si domandano come mai la conquista islamica dell’Europa è stata così rapida.
Certo le bombe scoppiate nella Francia nel Nord avevano quasi distrutto il potenziale militare francese, ma questo non spiega la debole difesa di Italia e Spagna, meno gravemente colpite dalle esplosioni nucleari. Importante è stato sicuramente il contributo degli immigrati islamici, che sono scesi in campo accanto ai fratelli arabi…"
……...
"E’ più difficile spiegare la rinascita dell’impero turco dopo la nomina a Sultano del presidente turco Bayazid Utca. L’esercito turco era ufficialmente intervenuto nei Balcani per proteggere i mussulmani bulgari, macedoni, albanesi e bosniaci.
Di fatto solo i serbi sono riusciti a fare una resistenza efficace, prima d’essere sopraffati, alle porte di Belgrado, da una coalizione turco-bosniaca. L’esercito turco si è poi diretto verso Croazia, Austria e Germania meridionale, accolto trionfalmente dai cittadini d’origine turca.
Nella Germania Settentrionale, ancora contaminata dalle radiazioni, ci sono stati i primi scontri tra i turchi e gli arabi del Califfato. Per rifornire le loro truppe in Germania, i turchi cercarono anche di impadronirsi anche del porto di Trieste…"
……...
Anno 2094 - "Oggi l’Italia è un libero Emirato del Califfato Mediteranno, dove la minoranza cristiana convive pacificamente con la maggioranza islamica. L’appartenenza al Califfato garantisce all’Italia il rifornimento energetico, e l’esercito arabo protegge la nazione contro l’espansionismo turco … "
Da: “L’Europa Islamica” di Ahmed Pallavicini. Edizioni Sherazad - Milano - 1518 Higri (AD 2094).

"Le bombe del 2026 avevano ucciso almeno metà della popolazione degli Stati Uniti.
Lo scudo spaziale aveva clamorosamente fallito, e, delle grandi città americane, solo Los Angeles e Houston erano state risparmiate. Texas e California erano al collasso per l’arrivo di milioni di rifugiati, dalle zone contaminate dalla radioattività."

"Tutti gli americani che potevano varcavano la frontiera con il Messico. Molti andarono ad affollare i campi profughi, e finirono per mescolarsi con i meticci, accettando i lavori più umili. Diversa fu la sorte di quelli che portavano denaro e tecnologie: industriali, tecnici, e militari.
Il comandante in capo dell’esercito messicano, Marcos Lopez, riuscì ad arruolare molti ufficiali del disperso esercito americano, che portarono in Messico conoscenze preziose e le armi più avanzate.
Nelle elezioni del 2030 Marcos Lopez fu eletto presidente del Messico con una valanga di voti.
Nel 2032 California, Texas e Arizona, già a maggioranza ispanica, votarono l’annessione al Messico…
………

"Dopo l’affermarsi in Europa del Califfato arabo, e del Sultanato turco non fu difficile alla famiglia Lopez convincere il Parlamento che solo una salda monarchia avrebbe potuto salvare il Messico, rimasto unico alfiere della cristianità.
Nel 2050, Marcos Lopez, fu acclamato dal Parlamento re del Messico, con il nome di Marcos I.
Nel 2053 gli successe il figlio, Julio I che sancì l’annessione al Regno della maggior parte dei territori degli ex Stati Uniti.
I Messicani, ormai completamente padroni dell’antica tecnologia statunitense, erano diventati lo stato guida del continente americano, imponendo la loro supremazia anche su Brasile e Argentina, che non riuscivano a risolvere i loro problemi interni, aggravati dall’afflusso di migliaia di profughi dall’Europa … "

L 'Italia è stata occupata dagli arabi, l'America dai Messicani. Poi i Messicani organizzano una bella crociata per liberare l'Italia, Roma, San Pietro. Gli Italiani li accolgono come liberatori, ma poi hanno una brutta delusione!
………
"La Chiesa Cattolica ha favorito sin dall’inizio la nascita della monarchia messicana.
I rapporti tra Regno del Messico e Vaticano si sono rinsaldati dopo la salita alla cattedra di Pietro dell’arcivescovo di Città del Messico, Pablo Melendez, divenuto papa con il nome di Pio XIII.
Nella notte di Natale dell’anno 2100, nella Basilica di Guadalupe, il re del Messico, Carlos I, è stato incoronato dal papa Imperatore d’America. All’Impero si sono uniti tutti gli stati americani, con l’unica eccezione del Canadà, il cui re, Enrico IX, ancora rivendica la corona delle Indie Britanniche."
………
"L’elezione di un papa messicano ha molto irritato le autorità islamiche, rendendo ancora più difficile la situazione dei cattolici nel Califfato. L’imperatore ha addirittura offerto al Santo Padre di creare uno Stato Vaticano in America, ma il papa ha ribadito la sua intenzione di rimanere nella Sede Apostolica di Roma, e di non abbandonare il suo gregge…"
Da: “El Sacro Imperio Americano” di Santiago Ramirez - Traduzione dallo spagnolo di Mario Brambilla - Edizioni Ticino – Locarno -AD 2104.

Non andiamo oltre per non svelare il singolare finale.
Seguono infatti i: Capitolo 9- Il grido di dolore dell'Italia (Giugno 2106) - Capitolo 10- Da Napoli a Castel Gandolfo (Giugno 2106) - Capitolo 11- L’Italia s’è desta! (5 Luglio 2106) - Capitolo 12- Le sette giornate di Roma (5-11 Luglio 2106) - Capitolo 13- La fine dei giochi (Luglio 2106) -Capitolo 14- La restaurazione (Agosto- Dicembre 2106) - Capitolo 15- Italia tradita (Gennaio Luglio 2107) - Epilogo- Il coro (16 Novembre 2115).

E-mail dell'autore - Francesco Dessolis

 


 


OLIVER BUCHSENSCHUTZ - " I Celti - Dal mito alla storia" - Da qualche tempo i celti sono al centro di un interesse vivace e molto esteso. Infatti appassionano non soltanto chi desidera conoscere il nostro passato più lontano, ma anche chi vede nella loro civiltà una radice essenziale di quella europea, o è attratto dalla loro arcana spiritualità.
Ma chi furono nella realtà i Celti? Le origini, l'area di diffusione, i tratti caratteristici di queste popolazioni che hanno occupate l'Europa dalle Alpi al Mare del Nord e dalla Slovacchia all'Atlantico nel primo millennio a.C., sono oggetto di dibattito sin dall'Antichità. I progressi della ricerca archeologica e degli studi hanno tuttavia permesso di raccogliere ed elaborare un'imponente quantità di informazioni che ci consente oggi di ricostruire nel dettaglio molti aspetti della loro storia. Attraverso un fitto dialogo tra fonti scritte e dati raccolti sul terreno, sfatando vecchi cliché e anche recenti fantasticherie, l'autore di questo saggio disegna dei celti un ritratto a tutto tondo, ce ne fa ammirare le capacità tecniche (nella costruzione di edifici, nella lavorazione dei metalli, nello sviluppo di sistemi agricoli innovativi) e le abilità artistiche (i gioielli, gli apparati decorativi) ci aiuta a ricostruirne le pratiche sociali e religiose. I loro insediamenti, le abitazioni, i luoghi di culto e le sepolture ci parlano della loro vita, dei loro rituali, delle loro relazioni, non senza riservarci qualche sorpresa, come la posizione di rilievo spesso occupata dalle donne all'interno della comunità. I Celti possono così uscire definitavamente dalla sfera del mito per ottenere il posto che spetta loro nella "galleria" dei nostri antenati.
Un libro con le informazioni sufficienti per cogliere i contorni e l'originalità della cività celtica.
Lindau Edizioni - Marzo 2008 -
http://www.lindau.it/schedaLibro.asp?idLibro=1105


Chi non conosce Milena Gabanelli e il suo "Report" ? Chi non la conosce o non ha mai visto in TV la famosa trasmissione del migliore giornalismo d'inchiesta particolarmente apprezzato dal pubblico e dalla critica per la qualità dei servizi, può rimediare e quindi informarsi. Milena Gabanelli è uscita con un libro e un DVD in allegato, con alcune sue inchieste che fotografano al microscopio il tessuto impazzito del nostro Paese. Il sottotitolo "come abbiamo toccato il fondo" è tutto un programma, ma mi piace anche quest'altra sua citazione: "Siamo ingabbiati in una paranoia collettiva che permette la continuità dei peggiori e la mobilità dei migliori". Quando poi arriverete all'ultima pagina del libro "La resa dei conti, in soldoni", forse capirete perchè stiamo "toccando il fondo". Quanto ci costa l'attuale politica è impressionante: 190.635 "unti dal signore", più altre 300.000 persone fra dipendenti, collaboratori esterni e consulenti che devono alla politica il loro prestigio, il loro denaro, il posto di lavoro che occupano. E, con le ricche "libere elargizioni" di contributi ai partiti (vedi link esterno >) , di questo passo non basterà l'intero gettito fiscale italiano per dare a quelli in attività gli stipendi d'oro; a tutti gli ex onorevoli le ricche pensioni di platino (vedi la lunga lista (link esterno) >) ; e ai dirigenti delle aziende pubbliche disastrate (vedi (link esterno) >), le opulente liquidazioni di diamanti (per alcune di quest'ultime, per farle occorrono i prelievi fiscali di ben 70.000 pensionati con la minima o quelli di 50.000 lavoratori precari. E' possibile? sì, è una aberrante realtà. Così aberrante che basta ricordare che i nostri politici sono - come numero - 10 volte di più che negli Stati Uniti !!!
Assieme a "La Casta" di Gian Antonio Stella e Rizzo, questo è un altro libro fondamentale da riporre nella Vs. libreria. Per far capire un domani ai nostri figli e nipoti in che vergognose condizioni abbiamo lasciato loro l'Italia. Il sorpasso attuale della Spagna (in termini di prodotto interno lordo) è già un campanello d'allarme (quelli della "siesta" stanno facendo "fiesta", ci hanno passati davanti talmente veloce che noi nemmeno ce ne siamo accorti. - il loro Pil pro capite negli ultimi dieci anni non ha smesso di crescere, mentre quello italiano non ha smesso di decrescere - Ma avete idea di quello che era la Spagna dieci anni fa? Esclusa la Catalunya e i Paesi Baschi era un paese profondamente arretrato e privo di servizi. L'Andalusia era peggio del nostro meridione, oggi sembra la Lombardia (quella di ieri però).
Ora ci tallonano perfino Stati fino a ieri del "Terzo Mondo" e non mi meraviglierei che fra qualche anno ci sorpassi anche lo Zambia, il Borundi o lo Zimbawe. E mentre la politica nostra si occupa del sesso degli angeli (ma anche quelli di procaci veline), gli altri sull'autostrada socio-economica mettono la freccia, ci superano e ci salutano. Da noi è tutto fermo, immobile, pietrificato nella corsia della perenne "emergenza". La gerontocrazia al potere si protegge, si tutela, è benestante e satolla: tutto ha voglia di fare tranne che di rischiare di perdere la poltrona e i benefici che ne derivano. Eppure a destra (anche con questa al potere vi è stata bassa crescita, bassi salari, bassi consumi, "emergenze") come a sinistra, seguitano a dirci, che "Il nostro Paese rimane un
Paese straordinario”.
Ma quale Paese? Il nostro è ormai un Paese dove occorrerebbero 10, 100, 1000 Milene Gabanelli e Stella, animati da tanto coraggio e senza ipocrisie, nel denunciare i guasti profondi dell´etica pubblica e dei comportamenti «privati» di tutti coloro che si gloriano di essere la «leadership» di questo Paese. Un "Paese straordinario" sì, che però costantemente viene «imbonito» e «raggirato» dagli astuti artefici del decadimento complessivo.
Non dimentichiamo che una società migliore è quella che non umilia i suoi membri. E ciò che ci testimonia Milena nei suoi "Report" e Stella ne "la Casta", diciamoci la verità, ci umilia un po tutti. Alcuni hanno anzi l'impressione di essere diventate pecore menate al pascolo dal solito mandriano di turno. Belano, belano (magma di opinioni, un collidere continuo, tante indignazioni, turbamenti) poi zitti zitti senza emettere nemmeno più un misero belato vanno a dormire. - Forse ha ragione Napolitano: "nostra tradizione è il nostro spirito animale". Ma speriamo di non ritornare sulle piante. In una metropoli italiana siamo già al peggio: siamo sì ancora con i piedi a terra, ma con i topi e i maiali davanti casa: in 14 anni, 20.000 addetti, montagne di denaro pubblico, 9 commissari dell'emergenza, hanno vergognosamente solo partorito montagne di rifiuti nelle pubbliche strade. - Eppure qualche politico (dx o sx - oggi, come ieri, e così sarà domani) continua a parlare di "cultura", di "democrazia", di "Bel Paese straordinario" , di "emergenza", di "bioetica" (!!!), o di "legge elettorale alla tedesca". Sì buonanotte!!. In Africa (!!!!!), a Johannesburg
un portale sudafricano «Iol» ( leggi (link esterno) ), ha scritto riguardo a Napoli, una «community that is suffocating in its own excrement» ( "una comunità che soffoca nei propri escrementi"). Insomma un vero e proprio "aborto terapeutico assistito" di un "Paese straordinario", che registra incendi, guerriglia con la polizia, lanci di pietre, botti, distruzioni, squadre antisommosse, impiego delle forze armate, ecc. ecc. ( Video choc (esterno) > ) . - - Quasi una guerra, come in quei paesi dove NOI vorremmo portare democrazia e civiltà. - Da noi per "fare le pulizie" sembra che sia necessario impiegare l'esercito italiano (e magari far intervenire anche la NATO, l'ONU e prima o poi gli USA ) . - Spettacolo molto avvilente ripreso da tutte le TV mondiali. L'Italia dei rifiuti in Mondovisione. Perfino Al Jazeera, la TV famosa per gli appelli di Osama Bin Laden alla «guerra santa» contro gli Usa, è stata impietosa con le immagini: "A Napoli guerriglia per i rifiuti".
E lo Stato come si difende? Col burocratichese!: "I poteri straordinari, ha reso noto il Viminale, verranno rimodulati nei prossimi giorni in modo da creare una transizione verso l’ordinarietà". Capito voi di Napoli?
Si invoca la "Solidarietà". Questa va bene per gli eventi naturali, le catastrofi, ma se il mio vicino di casa ha stoltamente accumulato l'immondizia a casa sua, mentre io scrupoloso per tutto l'anno mi sono fatto un mazzo così (fra l'altro a pagamento) per fare il differenziato e portarmi all'eco-centro l'eccedenza, perchè mai ora può venire a seppellire nel mio giardino i suoi rifiuti? Questa non è solidarietà, è un (imposto) insensato abuso che concede stabilmente la patente ai "furbi" e fa passare da fessi chi assennatamente ha fatto fino ad oggi il proprio civile dovere.
Non basta fare processioni, messe e aspettare la mano di San Gennaro; Lui manda a dire "io sì faccio il miracolo, ma prima datevi una mossa". Alcuni più cinici aspettano il Vesuvio, che però manda a dire "Calma, nemmeno io ero riuscito a fare tanto nel 79 d.C., mi ero fermato a Pompei".

Uno dei tanti commenti presi al volo in rete: "…la verità è ormai un segreto. Non sappiamo più chi muove, cosa muove, chi aggredisce chi e perchè!! siamo alla rivoluzione civile? - "La vera sconfitta è che nessuno è responsabile e nessuno si dimette". Certi amministratori non pagano mai... anzi vengono gratificati ancor di più, così non aprono il "vaso di Pandora" di tutte le "altre" oscure e occulte responsabilità di chi sta più in alto. Sembra infatti che alcuni siano in una botte di ferro, non si possono rimuovere, altrimenti i "parenti" degli intoccabili faranno cadere il governo (ovvero: "ricatto" - "mozione pro-indagato o è fine della maggioranza”. ). E se proprio qualche magistrato scoprirà qualcosa di losco su di loro, statene certi (oltre la solidale litania "umana" e "politica" ai mascalzoni, sia da Sx come da Dx) sarà (come al solito) la magistratura ad essere accusata di scelleratezze, di voler destabilizzare la politica (ieri di sinistra, oggi di destra, ma con gli applausi di destra). Inoltre certii provvedimenti vengono sempre annunciati ore prima di essere eseguiti, così le vittime possono fare le solite lagne isteriche: affermando di essere dei "perseguitati" e spavaldamente dire "io però sono sereno" e giù applausi solidali di tanti, tantissimi (code di paglia) amici e nemici (tutti della "Casta" chiusi a riccio in reciproca cieca difesa), e così continua l'andazzo della perenne "manfrina", dell'intrallazzo, dell'interesse e della menzogna verso il popolo bue.
Del resto, i parlamentari non sono stati eletti con la preferenza diretta ma con la elettorale legge "porcata" e loro rispondono solo agli apparati di partito, non agli italiani.

La "casta" grida subito sul complotto giudiziario ogni volta che si indaga su uno di loro, e indignati giù a dire che la magistratura è un’emergenza democratica del paese, quando - e mi pare un paradosso - "l'emergenza democratica" deriva non dall'azione della magistratura ma semmai dai comportanti illeciti, immorali ed incivili che vengono alla luce: scandali ,..malaffari ,..inchieste ,..connivenze ,..spartizioni ,..conflitto di interessi,..truffe ,..corruzione ,..e...quant'altro di illegale si possa immaginare.

Sorge il dubbio che la strategia dell'emergenza è stata creata ad arte per arrivare a soluzioni estreme. E che la puzza dei rifiuti è di molto inferiore a quella "puzza" interna di certi "palazzi" della politica. Forse è per questo motivo che molti politici hanno sempre al loro fianco una nutrita scorta, non dimenticano che spesso (la storia ne è piena) e all'improvviso ..."l'esasperato popolo fa sempre ciò che vuole". - Remember..."Io potente? basta un titolo su un giornale e ti ritrovi nella polvere": non sbagliava! anzi gli andò peggio, finì appeso con un gancio di macellaio. E la famosa "fiesta" a piazzale Loreto era quel giorno affollatissima!! (di rossi, bianchi, verdi, grigi e di ...ex neri (e perfino di ex di "provata fede").


- Si ! "Abbiamo toccato il fondo". Rileggetevi e rivedetevi (più di una volta) i "report" di...
MILENA GABANELLI "Cara Politica", ediz. BUR - Rai-Trade. - (in tutte le migliori librerie).

--------------

Personalmente ciò che mi preoccupa in questa Italia, non sono le ultime sconsiderate minacce di "rivoluzione" di un capopolo: "Faremo la lotta di liberazione, ci mancano un po' di armi ma le troveremo"; oppure l'altro sconsiderato appello di un altro capopopolo: "Credo che sarebbero milioni e milioni di italiani che si riverserebbero a Roma se non ottenessimo di andare al più presto al voto"; e non servono nemmeno i "Vaffa..." di un altro agitatore popolare. La mia preoccupazione è che se si accende la miccia, agli inevitabili disordini si affiancherebbero i quasi 4 milioni di immigrati presenti in Italia (statistica Caritas-migrantes), che hanno repressa tanta rabbia in corpo. La maggior parte sono giovani e forzuti, e con la gioventù pigra e la senitilità della popolazione che in Italia ci troviamo, uno di loro ne atterra dieci. Es. nel mio Vicentino risiedono oltre 70/80.000 immigrati, se tutti in massa dovessero scendere in città (che ha meno di 100.000 abitanti - pensionati e lattanti compresi) non so proprio come finirebbe.


La citazione di G. Orwell, che apre il volume non poteva essere migliore: "Chi controlla il passato controlla il futuro, chi controlla il presente controlla il passato". Questo libro di ETTORE BEGGIATO, freschissimo di stampa (dic. 2007, un fine anno di diffuso "grande disagio" civile, politico, ambientalistico) ha - scrive Ivone Cacciavillani nel farne la presentazione-introduzione - un merito enorme, che più che di storia dovrebbe essere definito di cronaca: quel giorno per giorno di rivolte paesane indice d'un "troppo pieno" di sopportazione che straripa qua e là per il Veneto, con una distribuzione geografica a macchia di leopardo che la dice tutta sulla generalità dell'insoddisfazione. Se ci fossero stati giornali che avessero avuto il coraggio di pubblicare anche cose non gradite "al Palazzo" questi sarebbero stati fatti di cronaca giornalistica ed allora i rivoltosi probabilmente sarebbero stati definiti dei "ribelli", degli "eversivi". Erano sostanzialmente dei poveracci senza più nulla da perdere per avere già perso (o essergli stato tolto) tutto; ora probabilmente li si chiamerebbe partigiani; allora andavano per "briganti", che dava l'idea del grassatore con un misto peraltro di ammirazione per il coraggio e la spregiudicatezza; ma inoltrandosi per questa strada c'è il rischio di sconfinare nella sociologia storica ...
Un punto della Sua Introduzione merita di essere ripreso con qualche considerazione per l'alto valore "ideologico": il rancore per il silenzio degli Storici, per la latitanza delle "Università italiane nel Veneto", detto come antitesi a Università Venete, che secondo Beggiato, latitano del tutto. In questa storia "dal basso", dal lato della povera gente che non fa mai storia, perchè, secondo una certa moda "culturale", la storia deve occuparsi solo di guerre, di battaglie, di conquiste: i fatti dei "grandi". Condivisibile il rilievo, ma ci si deve chiedere il perché di questa moda perversa. Ed il perché sta proprio nella mancanza dell'anello cronachistico. L'interesse alla ricerca storica nasce dall'interesse alla lettura. L'interesse alla lettura nasce dalla voglia di saperne di più; il passaggio dai fatti di cronaca alla storia dei fatti passa attraverso l'opera ora del giornalista; per i tempi andati, quando i giornali o non c'erano o non venivano letti (nel contado), dalla cronachistica: i libri di fatti di cronaca come passaggio ai libri di storia.
Bene fa Beggiato, sempre nell'Introduzione, ad avvicinare le rivolte diffuse del 1809 contro l'Imperatore, a quella del 1848 contro l'Austriaco; figlie dello stesso disagio e della miseria imperante. La grande differenza sta nel fatto che nel 1809 non c'era un Daniele Manin ad incanalare la protesta e a farne fatto politico. Effimera quella del `48, ma infinitamente più efficace di quella del `09. Resta un grande deficit di storia; difficilmente spiegabile. Ed allora ben vengano questi libri di cronaca, che, raccontando le vicende dei campanili, riescono a creare una comunità d'interessi che forse è proprio quel connettivo che manca alla nostra cultura di base. Finisce che occorre dir grazie ad un Beggiato che, andando per campanili, finisce per fare del vero federalismo culturale".
Il libro ETTORE BEGGIATO, ricchissimo di documenti storici e di una sterminata bibliografia, è disponibile presso la Editrice Veneta http://www.editriceveneta.it


STIG DAGERMAN: "AUTUNNO TEDESCO" - Grazie alla Lindau, torna alla luce un diario di un singolare giornalista ("il giornalisno è l'arte di arrivare troppo tardi il più in fretta possibile. Io non la imparerò mai".) che ebbe la vita molto breve. Morì drammaticamente a 31 anni, ma ci ha lasciato la drammatica e sofferta visione di una grande tragedia. Furono molti, nel 1946, i giornalisti che accorsero nella Germania della disfatta per vedere con i loro occhi e raccontare poi ai propri lettori come si viveva tra le macerie di quello che doveva essere il Reich millenario. Stig Dagerman arrivò il 15 ottobre e ripartì il 10 dicembre. Per tutto il viaggio raccolse una grande quantità di appunti che rielaborò in forma di articoli e successivamente presentò in volume. Un prezioso strumento conoscitivo, libero da ogni tentazione di parzialità, senza mai cadere nel sentimentalismo o nel patetico.
Quando Autunno tedesco fu pubblicato per la prima volta, nel 1947, la critica fu unanime nel riconoscerne l’alta qualità letteraria. Gli articoli di Dagerman erano opera di un poeta e si distaccavano nettamente dalla produzione giornalistica corrente. Colpiva in essi la descrizione acuta, nitida e diretta, di una situazione per molti versi estrema; la partecipazione appassionata alle sofferenze dei vinti, la volontà di comprenderne le ragioni, senza per altro (lui anarchico) consentire a nessun tipo di facile assoluzione, la libertà da ogni schema ideologico e da ogni preconcetto. - Autunno tedesco, tuttavia, non rappresenta soltanto una straordinaria lezione di giornalismo: oggi si rivela anche, e soprattutto, come la terribile rappresentazione di un passato che, in tempi e luoghi diversi, non ha cessato di ripetersi. - Il libro appena stampato (agosto 2007) oltre che nelle migliori librerie, può essere richiesto direttamente all'editore
:
http://www.lindau.it/schedaLibro.asp?idLibro=1070


Accanto al libro accennato sopra, non poteva mancare un altra opera attinenente la Germania di quel periodo, di quello successivo, e fino ad oggi. Ed ecco la Lindau dare alle stampe "LA SECONDA VITA DEL NAZISMO Nella Germania del dopoguerra" di Alfred Wahl.
La storia tedesca del dopoguerra non può essere rinchiusa nella leggenda dorata della ricostruzione, della nascita di una democrazia modello, del miracolo economico, del ritorno graduale nel gruppo delle grandi potenze, fino alla clamorosa riunificazione, nel 1990. La realtà è molto più complessa e soprattutto più ambigua, in primo luogo perché i maggiori responsabili di questa strabiliante sequenza di eventi sono stati uomini del regime nazista, che hanno mantenuto potere e responsabilità.
In questo libro sorprendente, e spesso inquietante, Alfred Wahl mostra i limiti della denazificazione avviata sotto l’autorità o il controllo degli Alleati durante il periodo di occupazione, durato fino al 1949. E soprattutto ricostruisce la politica del Governo Adenauer, incentrata sulla clemenza verso gli ex nazisti (ritenuti per lo più ubbidienti conformisti) e favorevole alla loro presenza nelle nuove strutture politiche e amministrative, oltre che in quelle economiche e culturali. - Questa sostanziale continuità della classe dirigente – che ha fatto parlare di una seconda vita del nazionalsocialismo – non ha smesso di pesare sul presente, come dimostrano i numerosi processi, dibattiti e scandali che hanno scosso la società tedesca fino a oggi.
Il «passato che non passa» continua a influenzare, con i suoi incessanti richiami, la cultura politica e la coscienza collettiva della più popolosa e ricca democrazia europea.
Il libro (470 pagine) è recentissimo;
oltre che nelle migliori librerie, può essere richiesto direttamente all'editore http://www.lindau.it/schedaLibro.asp?idLibro=1074


FRANCESCO DESSOLIS: "L'ULTIMA ROSA" - E' la storia di Celi d'Alcamo, medico e poeta, amico di re e amante di regine. Partecipa, suo malgrado, a guerre e Crociate, ma resta famoso solo per una sua poesia, che inizia con l'immagine di una rosa...
Celi d'Alcamo con il suo io narrante (virtuale: è il Dessolis a immedesimarsi in lui, attenendosi scrupolosamente ai fatti storici ), racconta le sue avventure nell'Italia del XII secolo, divisa tra regno di Sicilia e Sacro Romano Impero.
Il tutto si svolge tra il 1190 e il 1229. Tra i personaggi oltre d'Alcamo, Riccardo Cuor di Leone e sua sorella Giovanna, San Francesco, Costanza d'Altavilla, e Federico II.
Un modo molto singolare quello di Francesco Dessolis di "fare storia", ma soprattutto di farcela leggere piacevolmente.
Il volume uscito di recente lo si trova attualmente nelle librerie, oppure in rete su "GIRALIBRO"
.


UN INEDITO (ANCORA SU CD-ROM)

ALESSANDRO DE FELICE : "IL GIOCO DELLE OMBRE"
"Verità sepolte della Seconda Guerra Mondiale" - 657 pagine

Nodi irrisolti della documentazione, buchi neri politici e guerra occulta prima della C.I.A.. La linea ombra dell’Office of Strategic Services, dei servizi d’informazione e delle reti spionistiche internazionali durante il conflitto 1939-1945: l’intelligence come politica. Trame di retroscena, manipolazioni disinformative, operazioni coperte e diplomazia parallela: files, dossier e documenti segreti fra le quinte oscure della Storia mai scritta.


Trame di retroscena, manipolazioni disinformative, operazioni coperte e diplomazia parallela: files, dossier e documenti segreti fra le quinte oscure della Storia mai scritta.
Dal carteggio Mussolini-Churchill all'enigma Rudolf Hess, documenti inediti degli archivi dell'intelligence USA, delineano i contorni di un elettrizzante viaggio investigativo all'interno delle trame oscure ed i lati nascosti del conflitto 1939-1945. Una ricerca approfondita e molto rigorosa con cui l'Autore, Alessandro De Felice, ha smontato le altre ipotesi pezzo per pezzo, sulla scorta di centinaia di carte, ricerche dimenticate e rapporti d'intelligence statunitensi sconosciuti o da poco desecretati. La conferma dell'esistenza della corrispondenza top secret tra Winston Churchill ed il Duce d'Italia sarà sicuramente una delle più sconvolgenti acquisizioni sul Ventesimo secolo che la storia abbia raggiunto. Le sue implicazioni sono della più vasta portata e della più grande importanza che si possa immaginare. Il saggio in oggetto, come promette risposte ad alcune delle nostre sessantennali domande, così ne pone altre persino più importanti. Portandosi ad un livello superiore di conoscenza e considerazione, zoomando sui dettagli più rilevanti, mettendo a fuoco e ricomponendo i tasselli della verità, questo libro, adrenalinico e dal ritmo incalzante, riesce a spalancare alcune porte, sino ad oggi, sigillate ed invalicabili. Una ricerca storica sorprendente, che pone terribili domande sul Novecento politico e sulla geopolitica contemporanea.

Dalla "Prefazione" : <<La Storia è un insieme di menzogne su cui ci si è messi d’accordo>> ha detto Napoleone I° Bonaparte. Con questa frase lo statista ed Imperatore corso ha voluto porre l’accento sul fatto che da sempre la storia, anzi la narrazione storica si è adattata al volere dei potenti di turno. Le storie dei vincitori non contemplano le storie dei vinti, anzi spesso le annullano. La storia scritta dalla politica e dalla propaganda con la penna ben intrisa nell’inchiostro dei vincitori. Napoleone era un uomo complesso, di conoscenze superiori, ed ha certamente colto nel segno con tale affermazione espressa nella solitudine misteriosa del suo tragico, e mai indagato a fondo, epilogo di Sant’Elena .

Lo scopo della presente ricerca è quello di resuscitare l’attenzione storico-politica sui nodi irrisolti della guerra che ha caratterizzato gli anni 1939-1945; si tratta per noi di ridare vita a documenti del tutto ignoti, sconosciuti od ignorati. Specie dopo il 1989 si è assistito ad uno strano fenomeno di disinformazione e confusione storica che si è distinto per una sorta di inondazione massiva di false verità che nulla hanno a che vedere con un serio metodo storiografico e che non tengono alla prova scientifica. Dinanzi a queste manifestazioni d’inveterata ignoranza e di propaganda nascosta o spudorata, spesso caratterizzate da chiassosi battages pubblicitari intrisi di demagogia sloganistica, ci si chiede se l’inquinamento culturale sia davvero meno pericoloso di quello ambientale.
A nostro avviso il pensiero non può essere limitato e deve essere consentito per un serio ricercatore anche, per così dire, pensare l’impensabile, vale a dire estendere i confini della conoscenza storica. Esumare la storia, dissotterare la storia, trarre dall’oblìo, rimettere in uso cose dimenticate od ignorate e travisate, resuscitare i fatti, riscoprire le verità complesse degli esiti e degli episodi storici e cronologici, illuminare le zone d’ombra della storiografia antifascista e i buchi neri della vulgata ufficiale è un percorso obbligato per noi che crediamo assolutamente che nessun ente governativo ha giurisdizione sulla verità.

Alessandro De Felice.

Alessandro De Felice (Catania, 1965), storico (nipote del famoso Renzo De Felice), dopo la laurea in Scienze Politiche (indirizzo storico-politico) presso l'Università Cattolica di Milano, ha pubblicato nel 1995 e nel 1996 tre saggi riguardanti la nascita della socialdemocrazia italiana dei secondo dopoguerra su «Storia contemporanea», il bimestrale di studi storici - èdito da il Mulino (Bologna) - fondato e diretto da Renzo De Felice sino alla sua immatura scomparsa nel maggio 1996. Vedi il suo sito http://www.alessandrodefelice.it/


Jean-Jacque Becker - 1914 L’anno che ha cambiato il mondo. ( 26/01/07)
«Quando gli orrori della guerra si manifesteranno, quando il tifo compirà l’opera cominciata dalle granate, quando la morte e la miseria li colpiranno, gli uomini, passata l’euforia, si volgeranno verso i dirigenti tedeschi, francesi, russi, italiani e domanderanno loro: come giustificate tutti questi cadaveri?» Jean Jaurès, leader del partito socialista francese.
Il 28 giugno 1914 a Sarajevo, capitale della Bosnia-Erzegovina, alcuni colpi di pistola sparati dallo studente nazionalista serbo Gavrilo Princip uccisero l’arciduca d’Austria Francesco Ferdinando e sua moglie, innescando una serie di decisioni politiche e avvenimenti che condussero allo scoppio di una guerra su scala mondiale. Lo spaventoso bilancio di questo conflitto è tristemente noto: milioni di morti, un disastro economico e culturale e l’avvento dei regimi totalitari che hanno insanguinato il ’900.

Come è potuto accadere? Quali erano gli obiettivi e i pensieri dei protagonisti della scena politica di quel periodo? E quali furono le reazioni dei popoli all’annuncio di un conflitto imminente? Jean-Jacques Becker, analizzando con grande rigore gli avvenimenti del 1914, smentisce la teoria, da sempre accettata, secondo la quale la prima guerra mondiale sarebbe stato un evento in qualche misura «inevitabile». Attraverso l’analisi puntuale di un ricchissimo materiale storiografico (che comprende memorie e diari, scambi epistolari – per esempio quelli tra Guglielmo II e Nicola II –, periodici e pamphlet), l’autore ci offre una nuova chiave di lettura della vicenda. Attraverso le parole e le scelte di presidenti e imperatori, ambasciatori, intellettuali e leader politici di ogni livello, si dipana davanti ai nostri occhi l’intreccio quasi diabolico di ostinazione, ingenuità e inettitudine che incendiò l’Europa d’inizio secolo.

Nei primi mesi del 1914, tutti pensavano che la guerra non sarebbe durata più di qualche mese, e che non avrebbe oltrepassato i limiti di una contesa «locale» tra Austria-Ungheria e Serbia: un errore fatale, nel quale incapparono non solo eminenti capi di Stato (il viaggio in Russia di Poincaré e Viviani nei giorni dell’ultimatum austroungarico) ma anche le organizzazioni operaie, con la Seconda Internazionale incapace di sanare i dissidi tra socialisti francesi e socialdemocratici tedeschi.
Becker segue l’evolversi della situazione mese per mese, ricostruendo con pazienza la dinamica dei fatti e indagando in maniera acuta le azioni di tutti i protagonisti della vicenda.
Il risultato è un affresco complesso, innovativo e penetrante.

«Nella storia degli uomini vi sono date conosciute ovunque nel mondo: tra queste, il 1914. Tutti sanno che in quell’anno l’Europa, il continente che allora dominava il globo, avvampò, con conseguenze tali che al conflitto venne dato – in seguito e a torto – il nome di prima guerra mondiale. Un avvenimento di quella portata non poteva essere stato frutto del caso e poiché costò la vita a quasi 10 milioni di esseri umani, si decise che si era trattato di una conclusione inevitabile.
La Grande Guerra poteva essere evitata modificando, così, radicalmente la storia del XX secolo? Domande di questo tipo sono assurde o perlomeno antistoriche, dal momento che essa è scoppiata, e il dovere dello storico consiste nel tentare di analizzare ciò che è stato.
Eppure, la prima guerra mondiale rappresenta un problema reale, dal momento che essa è uno dei soggetti storici su cui sono stati scritti più libri. La discussione dura da novant’anni: in tutti i paesi, i più grandi specialisti di storia contemporanea (e anche di altri periodi) continuano a interrogarsi, innanzitutto, sulle responsabilità della guerra del 1914, poi sulle cause che l’hanno determinata. Ci limitiamo a citare Jean-Baptiste Duroselle e François Furet: alla fine della loro vita, la Grande Guerra rimaneva ancora qualcosa di «incomprensibile» per il primo e di «enigmatico» per il secondo. L’uno e l’altro non alludevano soltanto alle cause scatenanti della guerra, ma al conflitto nella sua interezza e in particolare all’accanimento con cui si combatté e all’ostinazione dimostrata dai popoli europei nel distruggersi a vicenda. Nondimeno, la spiegazione di ogni evento bellico si trova molto spesso nel momento in cui esso scoppia. Tale momento è diventato così importante da giustificare la domanda: sarebbe stato possibile evitare che la guerra avesse luogo, perlomeno in quel periodo, e cosa sarebbe successo in quel caso? Per molto tempo si è studiata la concatenazione di fatti che hanno portato alla guerra per concludere che una volta avviato l’ingranaggio non era più possibile arrestarlo, e che l’intera Europa fu travolta per un semplice effetto meccanico. A dire il vero, l’ingranaggio era già stato messo in moto in altre occasioni, ma fino ad allora erano state trovate soluzioni pacifiche per fermarlo. Inoltre, rifugiarsi dietro una spiegazione meccanica non significa forse accettare una visione deterministica della storia? Siamo sicuri di esserci davvero domandati se non ci siano stati momenti in cui il meccanismo poteva essere fermato? Non si è forse messo troppo l’accento sulla fatalità e sul destino e non abbastanza su ognuno di quegli istanti in cui la volontà di un uomo o di un gruppo di uomini avrebbe potuto far muovere il meccanismo in senso inverso? In ogni caso, se la forza del destino si è esercitata sempre in un’unica direzione, ci deve essere una spiegazione. Siamo in grado di trovarla presso gli uomini presi uno a uno e i popoli considerati nel loro insieme? Forse la chiave dell’enigma, dell’incomprensibile, è proprio qui, ed è qui che bisogna cercarla.
La costituzione degli Stati nazionali fu una delle principali realizzazioni del XIX secolo. Nel mosaico di paesi in cui era divisa l’Europa all’inizio del secolo, gli Stati nazionali erano ancora rari: la Francia, il Regno Unito e forse, in certo qual modo, la Russia (per quanto la Russia sia rimasta in gran parte uno Stato patrimoniale, cioè di proprietà di una dinastia, e abbia racchiuso all’interno dei propri confini un gran numero di popoli non russi). Tuttavia, nel corso del secolo, numerose regioni si riunirono in compagini nazionali, come la Germania, l’Italia e i Paesi balcanici, che si erano liberati dell’influenza ottomana per diventare tanti piccoli Stati nazionali. Retaggi della storia come l’Austria-Ungheria cominciarono a essere percepiti come reliquie del passato, e l’impero degli Asburgo fu così messo in discussione, dall’interno, dalle nazionalità che si sentivano dominate e, dall’esterno, dai popoli che intendevano costituire nuovi Stati con i loro compatrioti all’interno dell’Impero. Da ciò deriva l’atteggiamento mostrato dall’Austria-Ungheria improntato a una difesa aggressiva contro tali pericoli.
Non si tenne sufficientemente conto di un tratto caratteristico degli Stati nazionali: i loro abitanti cessavano di essere sudditi di un sovrano per diventare cittadini con diritti e doveri; tra questi doveri ve n’era uno che aveva assunto un ruolo centrale: la difesa della patria contro i pericoli e le ambizioni esterne, vere o presunte.
Certamente, la guerra è un elemento costante della storia, ma quest’idea così radicata aveva mascherato il fatto che il confronto tra Stati nazionali non avrebbe più avuto molto a che vedere con la guerra tradizionale, la guerra «dinastica». Non si trattava più di guerre dalle quali i popoli erano esclusi, ma di un conflitto che li avrebbe coinvolti, di cui sarebbero stati i «beneficiari» e che avrebbe dato loro la sensazione di combattere per i propri interessi. Il servizio militare obbligatorio e, nel caso, la mobilitazione generale erano due aspetti di questa nuova realtà. I popoli erano diventati «patrioti» nel senso nuovo del termine e né i politici, né i popoli stessi avevano immaginato gli effetti di questo cambiamento. Si è sempre detto che i Balcani sono la santabarbara d’Europa, ma in realtà, attraverso il moltiplicarsi delle «patrie», era tutta l’Europa a essersi trasformata in una santabarbara, senza che se ne avesse davvero coscienza. Esisteva l’idea che potesse scoppiare una guerra, ma erano pochi coloro che avevano intuito che sarebbe stato un evento ben diverso da quelli del passato. L’aspetto più grave era costituito dall’atteggiamento dei politici di quegli Stati nazionali, i quali non si rendevano quasi conto della nuova situazione, spesso estranea alla loro formazione intellettuale. È pur vero che, un secolo prima, le guerre legate alla Rivoluzione francese e all’Impero napoleonico avevano rappresentato una sorta di anticipazione delle guerre nazionali che si sarebbero verificate più tardi, ma non ne era stata tratta alcuna lezione. I monarchi e i politici repubblicani continuavano a ragionare secondo schemi che appartenevano al passato, all’epoca degli Stati dinastici: questa inadeguatezza rappresentava il più grande pericolo per la pace in Europa. Da un lato vi era un insieme di nazioni che non avevano in generale alcuna vera ragione di combattere i propri vicini, ma in seno alle quali era cresciuto l’odio nei confronti dell’altro (il patriottismo, ribattezzato in questo caso nazionalismo, induce spesso – quasi sempre – a percepire il vicino come un avversario, un nemico); dall’altro, un gruppo di politici europei riteneva che fosse loro dovere dar prova di «fermezza», e pensavano che regolare un contenzioso con i vicini, se necessario, attraverso l’uso delle armi, fosse certamente un fatto deplorevole, ma pur sempre nella natura delle cose. «Difendersi» contro ciò che non poteva essere interpretato altrimenti che come un’aggressione era un indiscutibile dovere.
Questo non era lo stato d’animo di tutti gli europei. Esistevano in Europa forze potenti il cui obiettivo era la pace: le Chiese, in particolare, sentivano la necessità di vigilare. C’era anche il movimento operaio, la cui importanza continuava a crescere in proporzione allo sviluppo dell’industria; ma i dirigenti socialisti o sindacali erano convinti che il rischio di una guerra dipendesse dalle rivalità tra i capitalisti e non avevano compreso – o l’avevano intuito soltanto molto debolmente – che la causa dei conflitti si trovava, molto probabilmente, altrove, nelle contrapposizioni nazionali. Le masse operaie non erano preparate a opporvisi, perché non erano affatto convinte di non possedere una patria come aveva dichiarato, un po’ troppo semplicisticamente, Karl Marx mezzo secolo prima: gli operai erano patrioti come il resto della popolazione. Se fosse scoppiato un conflitto, essi non avrebbero riconosciuto ciò che era stato loro predetto e si sarebbero schierati senza esitare a fianco della propria patria.
Era, quindi, ineluttabile l’incendio della santabarbara europea? Non è detto. A lungo andare, le nazioni avrebbero potuto trovare un equilibrio pacifico, come era già successo in passato: tuttavia, sarebbe bastato che uno di questi Stati ritenesse di avere ragioni legittime, ragioni indiscutibili per «doversi difendere», perché l’Europa prendesse fuoco, quasi per sbaglio, senza che fosse valutata l’entità del disastro. Fu questo il destino dell’Austria, verosimilmente perché non era uno Stato nazionale e sentiva minacciata la propria sopravvivenza come Stato storico. Dalla scintilla avrebbe potuto scaturire soltanto un fuocherello, ma l’incendio divampò in tutta Europa perché allora non vi era nessun politico saggio, intuitivo e dotato di sufficiente inventiva in grado di comprendere ciò che stava accadendo: ovvero che non si trattava più soltanto di trovare una soluzione a un problema tra vicini. La dimostrazione clamorosa di questa mancanza di comprensione è data dalla convinzione, diffusa all’epoca, che il conflitto sarebbe stato sì terribile, ma di assai breve durata. Avrebbe anche potuto essere così, eppure la guerra fu lunga, proprio perché non era più un conflitto dinastico, ma un conflitto di popoli.
J.-J. B.
Jean-Jacques Becker, professore emerito di Storia contemporanea all’Università di Paris X-Nanterre, è presidente dell’Historial de la Grande Guerre di Péronne.
«I Leoni» – storia – 26/01/07 pagg. 350 – euro 24,00 – traduzione dal francese di Gianluca Perrini http://www.lindau.it


E' decisamente uno dei migliori libri Storici (con la S maiuscola) che ho ricevuti negli ultimi tempi. Moseley è un narratore dotato e un giornalista esperto che scrive con rigore accademico e immediatezza giornalistica, e che riesce a creare una grande suspense (io l'ho preso in mano e ho letto le 600 pagine tutto di un fiato), raccontando eventi di cui il lettore conosce già gli esiti. Lo fa attraverso un sapiente intreccio di documenti e testimonianze (sterminata la bibliografia e le citazioni) alcune fino ad oggi sorprendentemente trascurate. Inoltre decrive Mussolini giorno dopo giorno, mentre affonda lentamente nell'impotenza, nella rabbia, nella vergogna e nella depressione, rivelandoci così alcuni aspetti inediti del suo carattere e della sua vita privata.
Il libro lo si trova nelle migliori librerie. Da non perdere per conoscere il drammatico periodo di Salò.
E' comunque disponibile presso la casa editrice Lindau http://www.lindau.it


Qualcosa avevamo accennato in questo ns. link "URANIO USA - IL MISTERO DI MARTIN BORMANN"


Rainer Karlsch - LA BOMBA DI HITLER - «Hitler aveva una bomba. Durante la seconda guerra mondiale gli scienziati tedeschi misero a punto un’arma nucleare. Questa è la sconvolgente rivelazione del libro di Rainer Karlsch, risultato di approfondite, anche se spesso difficili, ricerche. Il testo non solo fa tabula rasa di decenni di studi sulla scienza nel periodo nazista, ma è anche un’opera importante per comprendere e valutare il potenziale pericolo rappresentato, ancora oggi, dalle armi atomiche.»
Il libro (che nasce da testimonianze inedite e da un grosso lavoro di ricerca negli archivi tedeschi) è quello di svelare la corsa di Hitler alla Bomba Atomica nella speranza di risollevare le sorti di una guerra già compromessa. In effetti il lavoro andò avanti di buona lena e fu solo l'avanzata Alleata e Sovietica nella primavera del 1945 a sospendere prima e poi interrompere definitivamente la costruzione della Bomba Atomica.
È mai esistita una atomica tedesca? La questione dell’arma segreta con cui Adolf Hitler avrebbe potuto rovesciare le sorti della seconda guerra mondiale appassiona e divide gli studiosi. - Per dare a questa domanda una risposta definitiva, l’autore – con la collaborazione del giornalista Heiko Petermann, e con l’aiuto di storici, fisici e radiochimici di fama internazionale – ha lavorato per quattro anni sulla storia della ricerca nucleare nella Germania nazista, rintracciando fonti e documenti sia sui luoghi degli eventi, sia negli archivi Sovietici e dell’ex-DDR, accessibili solo da poco tempo. - Il risultato è sorprendente, un testo realmente rivoluzionario in ambito storiografico: basandosi sulle scoperte di illustri scienziati tedeschi – tra cui Werner Heisenberg, Otto Hahn e Carl Friedrich von Weizsäcker – e grazie al fattivo sostegno di gerarchi del calibro di Heinrich Himmler e Albert Speer, alcuni fisici furono in grado di eseguire, nel 1944-45, test nucleari sull’isola di Rügen e nella regione della Turingia; test durante i quali morirono molte migliaia di prigionieri di guerra e detenuti dei campi di concentramento. - Il volume dunque ricostruisce tutte le tappe della frenetica corsa all’atomica messa in atto dai politici e dagli scienziati del Terzo Reich e illustra i progetti tecnici e i possibili, devastanti, utilizzi tattici dell’atomica (colpire città come Londra o New York) e spiega il motivo per cui i nazisti non furono però in grado di utilizzare in guerra la loro scoperta (collasso irreversibile, nella primavera del ‘45, del sistema politico e militare tedesco a causa dell’invasione sovietica ed alleata).
Rainer Karlsch, tuttavia, non si è limitato a raccogliere le prove degli esperimenti finalizzati alla costruzione dell’arma atomica, ma ha riportato alla luce un brevetto per una bomba al plutonio che risale al 1941 e ha ritrovato, nei dintorni di Berlino, il primo reattore nucleare tedesco funzionante.
Avvincente e sempre rigorosamente documentato, questo libro getta una luce nuova su una delle vicende più controverse della storia del ’900.
Il libro è edito dalle "EDIZIONI LINDAU" Corso Re Umberto 37 10128 TORINO - TO tel. + 39 011 517 53 24 - vedi in rete www.lindau.it - ma è anche in vendita nelle migliori librerie.
Eccezionalmente
presentiamo qui l'introduzione al libro

Dal libro - Introduzione - È mai esistita una bomba atomica tedesca? La questione dell’arma segreta del Führer ha suscitato, dopo la prima edizione di La bomba di Hitler, violente discussioni. Secondo gli studiosi, ai tedeschi sarebbero mancati i presupposti fondamentali per realizzare le armi nucleari: il Terzo Reich non possedeva nessun complesso atomico scientifico-industriale, non c’era in Germania alcun reattore funzionante con cui produrre il plutonio, né tanto meno esistevano degli impianti per arricchire l’uranio su vasta scala. Gli attacchi aerei alleati compromettevano sempre di più l’economia di guerra tedesca e inoltre mancavano le strutture per la ricerca, necessarie per portare avanti con successo un progetto nucleare.

Tutte queste argomentazioni prendono come punto di riferimento il progetto americano. Come è noto infatti, gli americani, con il sostegno di scienziati inglesi e canadesi e con il dispiegamento di ingenti risorse materiali, finanziarie e di personale, crearono fra il 1942 e il 1945 un grande complesso atomico con molti laboratori di ricerca, diversi reattori e grossi impianti per la produzione di materiale fissile. L’America era spinta in questa impresa anche dalla paura della bomba atomica tedesca. Negli ultimi mesi di guerra i servizi segreti degli Alleati avevano però appurato con sollievo che il Terzo Reich aveva, sì, sviluppato un imprecisato numero di nuovi sistemi di artiglieria, ma apparentemente non era in possesso della Wunderwaffe, l’arma miracolosa chiamata bomba atomica. Le cose però non sono così chiare come sembrano.

Sono le immagini a influenzare il nostro pensiero. Di queste immagini impressionanti, a cui la storia del XX secolo sarà per sempre associata, fanno parte anche le foto e i filmati dei funghi atomici. La palla di fuoco devastante, la gigantesca nuvola di polvere, il vuoto desertico al centro dell’esplosione, gli ingenti danni visibili per chilometri e chilometri: tutto questo si è profondamente impresso nella memoria storica dei popoli. Nessuno di coloro che hanno visto i corpi come disciolti, svaniti nel nulla, potrà dimenticare l’orrore che ne è seguito. Hiroshima è diventata una delle metafore principali del secolo scorso.

Da quando le bombe americane sono state lanciate su Hiroshima e Nagasaki il 6 e il 9 agosto 1945, l’esplosione atomica è paragonata alla più grande forza distruttiva mai esistita. E da allora la ripugnanza degli uomini verso la bomba nucleare è tale che in concreto noi conosciamo pochissime cose sul funzionamento di quest’arma e sugli effettivi pericoli che ne derivano. Di ciò sembrano invece non preoccuparsi i governi di quegli stati che sono in possesso di armi chimiche. Accanto ai cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU – USA, Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia –, oggi figurano anche Israele, India, Pakistan e Corea del Nord. Tuttavia, numerosi altri stati dispongono di conoscenze teoriche per la realizzazione di armi nucleari, cosa che non ha fatto che accrescere la segretezza delle operazioni.
Per questo ci sono ad esempio pareri totalmente falsi in merito alla durata e all’estensione del raggio d’azione di un’esplosione atomica. Molti credono che il terreno dove è avvenuta l’esplosione resti contaminato per decenni e che non possa più venire calpestato senza pericolo per gli esseri umani. Invece, nell’area colpita, le radiazioni diminuiscono drasticamente già poche ore dopo l’esplosione 1. Per questo motivo gli scienziati americani riuscirono solo con molta difficoltà, alcune settimane dopo il lancio della bomba su Hiroshima, a rilevare un valore anomalo del cesio 137. Se non ci fossero dei monumenti nelle città a ricordarla, nessun visitatore ignaro potrebbe oggi immaginare quale tragedia sia avvenuta in quei luoghi nell’agosto 1945.

L’immagine spesso utilizzata del «deserto nucleare» è molto efficace a livello emotivo, ma non corrisponde totalmente alla realtà. Poiché anch’io inizialmente facevo riferimento alle immagini di Hiroshima, presi con leggerezza i primi accenni a un test tedesco sulla bomba atomica effettuato all’inizio del 1945. Successivamente la cosa suscitò invece la curiosità dei ricercatori. Tanto da essere il punto di partenza di questo libro.

Nella seconda metà degli anni ’90 mi sono occupato approfonditamente dell’industria mineraria dell’uranio nell’ex DDR e ho pubblicato alcune opere su questo tema 2. Nella letteratura relativa all’argomento il mio nome veniva di conseguenza spesso citato e ricevevo regolarmente domande su questo o quel dettaglio. Nel maggio 2001 ricevetti una breve lettera dal giornalista televisivo Heiko Petermann, il quale si stava occupando della questione dei test atomici nel Reich tedesco: egli stava verificando che questi test avessero realmente avuto luogo e mi chiedeva quante tonnellate di uranio fossero allora a disposizione dei tedeschi. Mi sentii come preso in giro e la mia risposta fu brusca e concisa.

Heiko Petermann mi sottopose allora dei racconti di alcuni testimoni dell’epoca: tutti sostenevano che verso la metà di ottobre 1944 e all’inizio di marzo 1945 avevano avuto luogo, rispettivamente sul Mar Baltico e in Turingia, dei test di tipo nucleare. Osservatore privilegiato dell’esperimento sul Baltico fu l’inviato di guerra italiano Luigi Romersa, che aveva già pubblicato più volte la sua esperienza 3. La versione dei fatti da lui sostenuta contrastava con il quadro generalmente tramandato dello stato delle ricerche nucleari in Germania e per questo suscitò fin da subito un certo scetticismo.

Molte dichiarazioni facevano riferimento al test in Turingia. I testimoni citavano delle conversazioni con alcuni degli scienziati responsabili dell’esperimento, descrivevano un test dall’esito positivo e parlavano della morte, in seguito a una violenta esplosione, di centinaia di prigionieri di guerra e detenuti. Un testimone aveva ancora nelle orecchie le ultime parole pronunciate da uno dei prigionieri in punto di morte: «Fuoco, molti morti sul colpo, scomparsi dalla faccia della terra, semplicemente non più lì, molti con ustioni estese, molti ciechi» 4. Tutto questo suonava molto strano e poco convincente.

A una misteriosa arma prodigiosa avevano accennato anche i vertici militari del Terzo Reich. Nell’agosto del 1944 Hitler, in una conversazione con il capo di Stato rumeno Antonescu, fa riferimento a una bomba che avrebbe un effetto così devastante da «distruggere ogni forma di vita nel raggio di tre o quattro chilometri dal punto dell’esplosione» 5. Il suo ministro degli Armamenti, Albert Speer, in un colloquio confidenziale nel gennaio 1945 si spinse ancora oltre, tanto da dichiarare: «Dobbiamo ancora resistere un anno e poi vinceremo la guerra». Speer parlò di un nuovo esplosivo, e proseguì indicando la scatola di cerini sul tavolo accanto a loro: «Un esplosivo che, con la stessa quantità contenuta in questa scatola, è in grado di distruggere l’intera città di New York» 6.

Ancora all’inizio di marzo del 1945, quando le truppe americane avevano appena oltrepassato il Reno e l’Armata Rossa sull’Oder era a soli 60 chilometri da Berlino, il capo delle SS Heinrich Himmler, in una conversazione con il suo medico personale, riponeva tutte le sue speranze in una bomba atomica: «Non abbiamo ancora impiegato la nostra ultima arma prodigiosa. Le V1 e V2 sono certo armi efficaci, ma la nostra arma decisiva produrrà degli effetti che nessuno è in grado di immaginare. Una o due esplosioni e città come New York o Londra spariranno dalla faccia della terra» 7. Siamo a conoscenza, inoltre, di una serie di dichiarazioni simili provenienti dalla ristretta cerchia di Hilter.

Anche Benito Mussolini, ancora nelle ultime settimane di guerra, sapeva di un imminente impiego della bomba atomica tedesca e vi accennò in un discorso tenuto a Milano nel dicembre 1944. Nel marzo dell’anno successivo, quando il Duce durante una telefonata chiese a Hitler delle nuove armi, quest’ultimo rispose: «Non è ancora detta l’ultima parola. Pensi all’acqua pesante!». E allora Mussolini: «Quando sarà pronta la nuova arma?». Hitler: «Presto, molto presto, forse subito» 8. Non si sa se Mussolini credesse ancora in un’effettiva possibilità di salvezza; in ogni caso, nella sua ultima intervista del 22 aprile 1945 egli fece un riferimento alla notizia comunicatagli dal Führer: «Le famose bombe distruttrici sono per essere approntate. Ho, ancora pochi giorni fa, avuto notizie precisissime. Forse Hitler non vuole vibrare il colpo che nella assoluta certezza che sia decisivo. Pare che siano tre, queste bombe, e di efficacia sbalorditiva. La costruzione di ognuna è tremendamente complicata e lunga» 9.

Gli studiosi di storia contemporanea interpretano queste dichiarazioni come propaganda o semplici fantasie, ben lontane da ogni plausibile realtà. La posizione della storiografia è stata finora evidente: il fallimento del progetto atomico tedesco si può leggere in ogni buon libro di storia. A metà del 1939 venne creata la cosiddetta Lega dell’uranio (Uranverein), un ente, sebbene non particolarmente attivo, per la ricerca, coordinato dall’Ufficio armi dell’esercito tedesco e dal Consiglio delle ricerche del Reich. Dal momento che fra gli esperti dell’Uranverein figurava anche il chimico tedesco Otto Hahn – colui che nel dicembre 1938 aveva scoperto la fissione – gli Alleati trassero le loro conclusioni, e cioè che gli scienziati tedeschi probabilmente lavoravano alacremente allo sviluppo dell’energia nucleare per il suo sfruttamento a scopi militari. La paura di una bomba tedesca fungeva quindi da stimolo per il loro stesso progetto.

Sul reale stato della ricerca atomica tedesca erano allora in circolazione a Londra, Washington e Mosca solo poche e confuse informazioni. Il capo militare del progetto nucleare americano, il generale Leslie R. Groves, riunì un gruppo speciale con il nome in codice di «Alsos», che aveva il compito di scoprire fino a che punto si fossero spinti i tedeschi con i loro tentativi 10. Alla direzione scientifica venne nominato il fisico olandese Samuel A. Goudsmit 11. Egli non solo possedeva i presupposti teorici indispensabili, ma aveva conosciuto personalmente, durante un periodo di studio a Göttingen, anche molti dei migliori fisici tedeschi.

Agli uomini di Goudsmit si deve un’importante scoperta, che questi fecero nel novembre 1944 all’Università di Strasburgo. Da alcuni documenti sottratti all’Università risultò che i tedeschi erano ancora in fase decisionale per la costruzione di una «macchina a uranio», e dunque non erano ancora in possesso di un reattore funzionante con cui poter ottenere del materiale fissile per la fabbricazione di una bomba. Goudsmit scriverà successivamente: «Non c’era alcun dubbio. Il presente materiale provava chiaramente che i tedeschi non solo non avevano una bomba atomica, ma che non avrebbero neanche potuto costruirla in una forma utilizzabile […]. Dopo Strasburgo fu soltanto un’avventura» 12. E anche i servizi segreti angloamericani alla fine del 1944 condividevano questa analisi 13.

Dopo la fine del conflitto in Europa, gli americani si concentrarono sulla schermatura del progetto Manhattan, dal momento che la guerra contro il Giappone non era ancora terminata. Volevano inoltre evitare di divulgare altri dettagli sulla ricerca nucleare tedesca e soprattutto una discussione aperta sull’uranio, con l’intenzione di tenere lontana l’Unione Sovietica dai segreti sull’energia atomica. Per questi motivi, nell’estate 1945 dieci fra i più importanti scienziati tedeschi vennero deportati in Gran Bretagna e rinchiusi nel cottage di Farm Hall. Le loro conversazioni vennero costantemente tenute sotto controllo. Quando all’inizio degli anni ’90 i rapporti sulle loro conversazioni vennero finalmente resi noti, furono dissipati anche gli ultimi dubbi 14: il progetto degli scienziati tedeschi era fallito, la «guerra dei fisici» l’avevano vinta gli americani.

Nell’immediato dopoguerra gli americani, in quanto unica potenza nucleare, si trovarono dunque a ricoprire un nuovo ruolo predominante, cosa che contribuì alla denigrazione dei contributi scientifici degli altri paesi. Nel 1947 Goudsmit, impressionato dai crimini compiuti dal regime nazionalsocialista e pieno di rabbia nei confronti delle élite tedesche, mostrò un quadro a tratti fortemente distorto della ricerca tedesca sull’energia atomica. Secondo lui, fra i motivi del fallimento dei fisici tedeschi c’erano la trascuratezza nelle ricerche di base e soprattutto l’incapacità nella gestione del progetto atomico. Goudsmit stabilì inoltre un confronto tra la scienza di un regime totalitario e quella di una democrazia, per giungere alla conclusione che solo nella seconda potesse sussistere la libertà intellettuale necessaria al pieno sviluppo scientifico. La tesi apparì illuminante, ma lasciava degli interrogativi irrisolti, come il motivo per cui il regime totalitario del Terzo Reich, così come del resto anche quello dell’Unione Sovietica, si trovasse al vertice del progresso tecnico in determinati settori degli armamenti. Il colpo decisivo di Goudsmit riguardava il vincitore del premio Nobel Werner Heisenberg, che egli considerava la mente scientifica del progetto tedesco: secondo lui, Heinsenberg e i suoi collaboratori avrebbero voluto realizzare una bomba atomica, ma fallirono a causa di alcuni errori scientifici e del loro autocompiacimento.

Gli scienziati tedeschi, attaccati nel proprio onore professionale, non potevano certo stare a guardare. Alcuni reagirono pubblicando degli articoli sulle riviste di settore, per cercare di chiarire il loro ruolo all’interno dei progetti nucleari del Terzo Reich 15; altri si limitarono all’esposizione del loro lavoro nell’ambito del programma di ricerca, evitando però qualsiasi riferimento alle circostanze esterne 16. Tra le righe di queste dichiarazioni emerse l’impressione che durante il periodo bellico gli istituti di fisica del Terzo Reich avessero portato avanti solamente delle ricerche di base. Questo fu il contributo tedesco alla creazione della leggenda sull’arma segreta dei nazisti.
Il primo libro scritto da un estraneo all’ambiente scientifico tedesco uscì nel 1956 ed ebbe un successo strepitoso: Heller als tausend Sonnen [Più chiaro di mille soli] 17. L’autore, Robert Jungk, si basava principalmente sulle sue interviste agli scienziati che erano alla guida della Lega dell’uranio, sostenendo la tesi secondo la quale un gruppo di fisici convinti oppositori del regime avrebbe reso innocuo il progetto atomico e in questo modo sarebbe riuscito a impedire che Hitler entrasse in possesso di una bomba atomica. Dieci anni più tardi l’autore inglese David Irving riprese questa tematica e ricostruì una drammatica gara fra tedeschi e Alleati per la realizzazione della prima bomba atomica 18. All’inizio i tedeschi avrebbero avuto importanti assi nella manica, ma verso la fine del 1942 sarebbero stati superati dagli americani. Così, mentre il progetto tedesco procedeva a rilento, con il progetto Manhattan gli americani poterono dare vita a un gigantesco complesso nucleare.

All’inizio degli anni ’90, lo storico scientifico Mark Walker introdusse con i suoi libri e articoli nuovi criteri di valutazione 19. Questi si basavano soprattutto sull’analisi dei German Reports, più di 390 relazioni di ricerca, che vennero stilate fra il 1939 e il 1945 dai membri della Lega dell’uranio 20. Walker smontò il mito della bomba atomica tedesca inventato da Robert Jungk. I tedeschi non avevano – a detta di Walker – ancora messo a punto la spaventosa arma; secondo lui i ricercatori che gravitavano attorno a Heisenberg non erano giunti a un punto tale da dover prendere una decisione pro o contro la realizzazione della bomba atomica. Nella prefazione all’edizione tedesca del libro di Walker Die Uranmaschine [Macchina all’uranio], Robert Jungk ritrattò la sua tesi dell’opposizione passiva al regime da parte dei fisici tedeschi 21.

Pochi anni più tardi il giornalista scientifico americano Thomas Powers riaccese la discussione con il libro La storia segreta dell’atomica tedesca 22. Secondo lui Heisenberg avrebbe consapevolmente manovrato il progetto tedesco da uno «sgabuzzino per le scope». Questa tesi provocò violente reazioni 23. La controversia proseguì e venne fomentata anche dal film per la televisione di Wolfgang Menge Ende der Schuld [Fine della colpa] e dal lavoro teatrale Copenaghen di Michael Frain 24. Sullo sfondo del dibattito restava sempre la questione della responsabilità morale degli scienziati. È difficile trovare altri esempi in cui sia possibile illustrare così chiaramente i pro e i contro della «scienza oggettiva».

In questo dibattito lungo più di mezzo secolo, soltanto qualcuno sostenne l’esistenza di altri gruppi di ricerca accanto a Heisenberg e alla Lega dell’uranio. Ci furono casi, seppur isolati, di studiosi, come il fisico inglese Philip Henshall, che sostenevano che i tedeschi fossero probabilmente andati molto più avanti nelle ricerche di quello che generalmente si credeva 25. La tesi di Henshall di una cooperazione nucleare segreta del Terzo Reich con l’impero giapponese restò tuttavia senza prove, ma sollevò nuove e interessanti questioni. La speculazione si diffuse a tal punto che alla fine un paio di soliti incorreggibili riuscirono ad affermare che, per quanto riguardava le bombe lanciate su Hiroshima e Nagasaki, non si sarebbe trattato di armi americane, bensì di bombe tedesche 26. In teorie di questo tipo, che avvalorano la tesi del complotto, un’affermazione ne suscita altre, ma nessuna viene realmente convalidata. Fortunatamente lo studioso ha a disposizione numerose possibilità di controllo e di verifica: egli dovrebbe essere nella condizione di riuscire a «separare il grano dalla pula».

«Tutto quello che non c’è agli atti, non è successo.» Con questa indicazione la classe dirigente mette in evidenza una propria caratteristica: fissare nero su bianco meno cose possibili in caso di azione imminente. Proprio in tempo di guerra vengono distrutti molti dei documenti più scottanti. In guerra muore innanzitutto la verità. Regnano segretezza e censura. In gran parte tutto ciò vale anche per il progetto atomico. A Washington e a Mosca una parte dei più importanti documenti non sono accessibili alla ricerca storica.

Gli storici lavorano sistematicamente sulle fonti disponibili, perciò tendono ad abbozzare su avvenimenti non ben documentati, per non restringere i punti di vista possibili. Questo avvenne anche per la storia della bomba atomica tedesca, per la quale la ricerca venne ristretta alla sola Lega dell’uranio, perché fu l’unica a lasciare la maggior parte dei documenti scritti. Con ogni probabilità, si può supporre però che non fu solo l’esercito, o meglio il Consiglio delle ricerche del Reich, a dedicarsi alla fisica nucleare, ma anche la marina e l’aviazione, le poste (Reichspost) e altre grandi industrie; le loro attività, se mai vennero prese in considerazione, lo furono solo marginalmente. Ad aggravare la situazione contribuì anche il fatto che, a seguito della spartizione del Reich tedesco da parte degli Alleati, i documenti di molti istituti e uffici scientifici vennero dispersi in più direzioni. Le truppe sovietiche, ad esempio, sottrassero a Berlino tutto il patrimonio dei documenti dell’Istituto Kaiser-Wilhelm per la fisica (KWI), oltre a numerosi atti dell’Ufficio armi dell’esercito tedesco e di altri uffici militari, interi archivi industriali e molto altro ancora. E fino allo scioglimento dell’Unione Sovietica nel 1991 non ci fu alcuna possibilità di accedere a quegli atti.

La ricerca di questi documenti ha avuto per il presente libro un’importanza fondamentale. Grazie all’aiuto di alcuni amici russi, della responsabile del programma di ricerca «Storia della Kaiser-Wilhelm-Gesellschaft durante il nazionalsocialismo», Carola Sachse, e grazie al sostegno del presidente della Società Max Planck, sono stati resi accessibili alla ricerca storica, per la prima volta, il patrimonio degli atti del KWI per la fisica e molti altri documenti che si trovavano in Russia.
Per quanto concerne l’alto grado di segretezza fra i tedeschi stessi, questo rispettava un ordine del Führer del gennaio 1940 27. Più la guerra peggiorava, più diventava sospettoso 28. Il suo pilota Hans Baur racconta che Hitler aveva il sospetto che nel suo ambiente ci fosse una spia. «Alla fine del 1944 nel quartier generale del Führer regnava un’atmosfera di sospetto reciproco» 29. In particolare Hitler si preoccupava di tenere le conversazioni sui temi più delicati direttamente a quattr’occhi con i suoi interlocutori. Questo valeva anche per la ricerca nucleare. Non sapremo mai fino a che punto lui fosse a conoscenza dei progressi nel progetto atomico. Generalmente si parlava di «un’arma miracolosa» (Wunderwaffe), ma se la conversazione assumeva un taglio più concreto, non doveva in alcun modo essere protocollata 30.

Gli stessi responsabili della ricerca nucleare ebbero conversazioni decisive solo a quattr’occhi e non annotavano mai sulle loro agende appuntamenti importanti. Questo viene brevemente riportato da Walther Gerlach, l’ultimo direttore della Lega dell’uranio. La sua segretaria, Giesela Guderian, teneva un’agenda accurata degli appuntamenti e batteva a macchina la sua intera corrispondenza: aveva quindi con lui una certa confidenza; ma non appena arrivava da Gerlach un ospite che faceva rapporto sulle nuove scoperte in ambito nucleare, lei veniva fatta uscire dalla stanza 31. Gli incontri non dovevano essere registrati sull’agenda. Un esempio può riferirsi al 22 marzo 1945: l’agenda di Gerlach riportava per questa data solo una breve annotazione di un viaggio inaspettato dalla Turingia a Berlino 32, mentre l’appuntamento importante con Martin Bormann, uno dei capi del Partito, mancava completamente. Il fatto che Gerlach fosse stato a rapporto da Bormann venne scoperto perché gli americani entrarono in possesso, un mese più tardi, di alcuni documenti, fra cui c’era anche un’annotazione scritta a mano proprio di quell’incontro.

Verso la fine della guerra molti documenti segreti vennero più o meno sistematicamente distrutti. Le lacune sono particolarmente consistenti fra gli atti che riguardavano la ricerca sia della marina, che dell’aviazione, delle SS e delle Poste. La situazione non sembra migliorare se ci si sposta nel settore privato. In molti archivi aziendali delle ditte che in un modo o nell’altro erano collegate alla ricerca nucleare – tra le quali I.G. Farben, Siemens, AEG e Auergesellschaft (società Auer) – si trovano solo frammenti di queste attività.

Quando lessi per la prima volta le dichiarazioni dei testimoni dei test del marzo 1945, reagii con un po’ di scetticismo. I testimoni parlavano veramente di un’esplosione nucleare? E come si poteva verificare? Simili racconti potevano essere solo il punto di partenza per un’argomentazione su basi scientifiche. Queste testimonianze erano emerse nel corso di alcune inchieste condotte dalle autorità della RDT e dal Ministero della Sicurezza di Stato (Ministerium für Staatssicherheit, MfS), che cercarono non tanto di penetrare i segreti della ricerca atomica, quanto di ricostruire le sorti dei detenuti del campo di concentramento di Ohrdruf, in Turingia. Qui negli ultimi mesi di guerra era partito il progetto «S III», il cui fine ultimo è ancora oggi molto discusso, ma che riguardava la costruzione di un edificio speciale; probabilmente questo doveva servire come quartier generale del Führer 33. Durante i lavori morirono fino a diecimila prigionieri.

Albert Norden, del comitato centrale del SED, incoraggiò le ricerche nella speranza di trovare delle prove a carico di ex nazisti, che in quel momento vivevano nella RFT. Uno degli accusati fu il futuro presidente della RFT, Heinrich Lübke, per cui si sospettavano delle implicazioni nel progetto «S III» 34; le autorità della RDT inscenarono allora un «affare Lübke», ma nulla poté essere provato e la campagna venne sospesa, insieme alle ricerche.

Nel frattempo i giornalisti Gerhardt Remdt e Erich Wendel dell’«Ilmenauer Kreiszeitung» ipotizzarono un legame fra la costruzione dell’ultimo quartier generale del Führer vicino a Ohrdruf, il movimento di merci preziose nell’area turingia e la produzione di nuove armi 35. Quando erano ormai convinti di essere sulle tracce della ricerca nucleare tedesca, nel gennaio 1967 la loro impresa venne fermata «dall’alto» 36. Fu l’ufficio distrettuale della Stasi ad assumere la direzione delle successive ricerche 37.
Il MfS ottenne le importantissime dichiarazioni del mastro stagnaio Erich Rundnagel. La sua storia, che parlava di due piccole bombe atomiche dentro una cassaforte di un gruppo di ricerca dell’HWA (Heereswaffenamt, Ufficio armi dell’esercito) vicino a Stadtilm, suonava però così incredibile che gli ufficiali della Stasi di Arnstadt non proseguirono la ricerca 38, anche perché non sussisteva un reale interesse politico a sondare la vicenda.

Forse si potevano rintracciare informazioni preziose negli archivi tedeschi, russi o americani? Dopo una ricerca durata due anni, con l’interessamento di numerosi colleghi e amici, fu il caso a venire in mio soccorso. Heiko Petermann si imbatté in un articolo del fisico russo Pavel V. Oleijnikov dell’Istituto per la fisica tecnica del centro di ricerca nucleare di Celyabinsk 39. Oleijnikov parlava del ruolo degli scienziati tedeschi nel progetto atomico sovietico, basandosi su alcune lettere – da poco liberate dal segreto di Stato – di Georgij Flerov, uno dei maggiori fisici sovietici del periodo bellico e post bellico 40, che nel maggio 1945 si era recato in Germania per indagare sui test nucleari. Dalle sue lettere non si capisce se la sua missione si fosse conclusa con successo o meno, tuttavia questa era per me la prima vera prova che i racconti dei testimoni risalenti agli anni ’60 avevano un fondamento.

Con l’aiuto di amici russi, riuscii a entrare in possesso dei volumi sulla storia del progetto atomico sovietico, curati dai collaboratori dell’Istituto Kurchatov e pubblicati nel 2002 in un esiguo numero di copie 41. Qui è contenuta anche una lettera, risalente al 30 marzo 1945, che Igor Kurchatov, il capo del progetto sovietico, scrisse a Stalin, in cui si fa riferimento a un test nucleare in Germania: i servizi segreti militari dell’Armata Rossa, infatti, lo avevano appreso pochi giorni prima e avevano allertato il Cremlino. Dopo un attento esame, questi documenti sono risultati autentici, ma questa autenticità per lungo tempo non ha costituito una prova che quel test avesse realmente avuto luogo. Forse i tedeschi, nelle ultime settimane di guerra, avevano solo cercato di ingannare il governo sovietico? Singole fonti, per quanto importantissime, non hanno condotto a una conclusione definitiva.
Nel momento in cui i russi sono venuti a sapere del test, probabilmente lo hanno appreso anche gli americani e gli inglesi. Le relative ricerche nei National Archives a Washington, nel Public Record Office di Londra e Kew e in molti altri luoghi non hanno fornito nessuna prova diretta, ma hanno fatto chiarezza su molti aspetti interessanti dell’industria tedesca degli armamenti, compreso il settore della fisica nucleare.

Parallelamente alle ricerche d’archivio, io e Heiko Petermann predisponemmo una campionatura delle aree in cui si supponeva si fossero svolti i test, così come dei prelievi del terreno e la loro analisi a opera di diversi istituti specializzati nel rintracciare anche la più piccola quantità di radioattività. In questi accertamenti vennero coinvolti anche i fisici dell’Università Justus Liebig di Gießen – guidati dal professor Arthur Scharmann –, il professor Reinhard Brandt, radiochimico dell’Università Philipps di Marburg, e gli scienziati del Physikalisch-Technischen Bundesanstalt (Istituto federale di fisica tecnica) di Braunschweig, diretti dal fisico sperimentale Uwe Keyser. Se si fossero verificate delle esplosioni nucleari sulle superfici sospette, allora si sarebbero dovuti registrare nei campioni di suolo dei valori decisamente al di sopra delle soglie normali di elementi come il cesio 137 e il cobalto 60.

Purtroppo né dai documenti, né dalle testimonianze raccolte è stato possibile risalire al luogo esatto dell’esplosione e dai prelievi dei campioni del terreno abbiamo potuto trarre solo degli indizi.
Naturalmente era lecito domandarsi se la presenza degli isotopi nel terreno non avesse potuto avere anche altre cause, e quindi se si potesse spiegare per esempio con un successivo test atomico sovietico o addirittura con l’incidente di Cernobyl. Ora, l’Unione Sovietica, soprattutto per la segretezza nei confronti della NATO, non aveva mai testato armi nucleari al di fuori del suo territorio. Fra il 1949 e il 1990 l’impero russo aveva eseguito sul suo territorio – ed esclusivamente lì – 715 esplosioni nucleari, in cui erano state fatte esplodere 969 cariche nucleari 42. Inoltre sul territorio dell’ex RDT non ci sono prove di detonazioni di armi tattiche nucleari a fini di esercitazione. Per quanto riguarda infine l’incidente di Cernobyl del 1986, le sue conseguenze sono state studiate dagli scienziati di tutto il mondo e sono state individuate come delle «impronte digitali fisiche», con cui poter stabilire se, in determinate aree geografiche, certi valori al di sopra della soglia potevano o meno derivare dal disastro nucleare avvenuto in Ucraina. E proprio sulla base di questo riscontro tale causa poteva essere definitivamente esclusa, almeno per le zone della Turingia da noi analizzate.

Alla fine restava da chiarire la difficilissima questione di cosa realmente fosse stato testato in quella zona all’inizio del 1945. Un vano tentativo di andare a fondo era stato intrapreso da Igor Kurchatov alla fine di marzo dello stesso anno. Quando gli fu sottoposto il rapporto dello spionaggio per un parere scientifico, non poté in alcun modo spiegarsi i motivi per i quali, con un’esplosione nucleare, fosse stata distrutta un’area così ristretta, con un raggio di soli cinque o seicento metri. Secondo i suoi calcoli, infatti, una bomba atomica avrebbe dovuto causare ben maggiori distruzioni. Tuttavia le informazioni di cui Kurchatov disponeva non erano sufficientemente precise per portarlo sulla strada giusta. Le cose oggi sono però diverse: quasi sessant’anni più tardi e grazie a una grande quantità di informazioni dettagliate è stato possibile arrivare a delle conclusioni e trovare delle spiegazioni.

La massa critica per una bomba atomica all’uranio arricchito 235 si aggira all’incirca sui 50 chilogrammi, per una bomba al plutonio sui 10 chilogrammi. Bombe di questo tipo furono sganciate il 6 e il 9 agosto su Hiroshima e Nagasaki, dove superfici di molti chilometri quadrati furono completamente rase al suolo e morirono decine di migliaia di persone. È un dato di fatto quindi che, per quanto concerne le bombe atomiche tedesche, non si poteva trattare di armi di questo tipo: gli scienziati tedeschi non disponevano infatti di sufficienti quantità di uranio arricchito o di plutonio.
Teoricamente sarebbe esistita la possibilità di utilizzare come esplosivo nucleare dell’uranio arricchito almeno del 10%, ma in questo caso ne sarebbero state necessarie diverse centinaia di chilogrammi. E anche qualora i fisici tedeschi fossero riusciti a ridurre la massa critica di circa la metà con l’impiego di un riflettore, sarebbe comunque stata necessaria un’enorme quantità di materiale fissile, di cui il Terzo Reich allora non disponeva.
Dopo una nuova verifica di tutti i risultati ottenuti dalle misurazioni fisiche, ci addentrammo con l’aiuto di esperti nel campo delle onde d’urto e delle cariche cave. In alcuni, isolati, articoli specialistici degli anni ’50 veniva descritta, in modo sorprendentemente concreto, la costruzione delle cariche cave nucleari e venivano anche illustrati i legami, più o meno scottanti, che esistevano fra i membri dei gruppi di ricerca nel periodo bellico: già nel 1944 scienziati della marina, dell’esercito e dell’aeronautica militare possedevano le conoscenze per costruire un’arma nucleare strategica secondo il principio delle cariche cave.

Le prove decisive si rintracciarono nell’eredità – per molto tempo dimenticata – del capo del reparto di ricerca dell’Ufficio armi dell’esercito, il professor Erich Schumann. Il vero elemento sensazionale dell’eredità di Schumann è un manoscritto che egli redasse in accordo con i suoi collaboratori di allora 43, in cui descriveva, tra le altre, le ricerche, iniziate sotto la sua direzione, sullo sfruttamento militare dell’energia di fissione nucleare e in cui abbozzava un progetto per un meccanismo di innesco di una bomba all’idrogeno. Il manoscritto di Schumann non venne pubblicato.
Rainer Karlsch
--------------------
Il libro è edito dalle "EDIZIONI LINDAU" Corso Re Umberto 37 10128 TORINO - TO tel. + 39 011 517 53 24 - vedi in rete www.lindau.it - e trovasi nelle migliori librerie.

__________________________________________________

Il personaggio è già una figura molto conosciuta dai visitatori di "Storiologia" ( vedi qui il suo "DIARIO" le pagine a lui dedicate, molto cliccate) quindi penso che possa essere molto apprezzato questo libro appena uscito dalla Casa Editrice Lindau.
ERWIN ROMMEL è stato forse il generale più popolare della seconda guerra mondiale: sotto il suo comando, l’Afrikakorps avanzò fino all’Egitto. E oggi, a sessant’anni dalla sua morte, appare ancora a molti come la quintessenza del soldato tedesco. Del resto gli stessi inglesi ne ammiravano il coraggio e la condotta di guerra cavalleresca e geniale. Tutto questo è storia e leggenda insieme. In queste pagine Ralf Georg Reuth ritrae però l’altro Rommel, quello dalla personalità ambigua rimasta fino a ora nell’ombra, occultata dal mito del brillante stratega militare. Rommel non fu soltanto il servitore leale ed efficiente di una causa sbagliata. L’uomo che restò fedele al suo Führer sino al suicidio e che mai si oppose alla barbarie nazista non può esaurirsi nella figura esemplare ma artificiale creata dalla abile propaganda di Goebbels. In realtà nel destino di Rommel si compì la tragedia di un intero popolo: stare vicino al Führer fino alla rovina, credendo con ciò di assolvere al proprio dovere patriottico.
L'AUTORE - RALF GEORG REUTH, nato nel 1952 a Oberfranken, si è laureato nel 1983 con Andreas Hillgruber all’Università di Colonia. È autore di numerosi volumi, tra cui Goebbels e Hitler: eine politische Biographie. Per l’editore Piper di Monaco di Baviera ha curato i diari di Joseph Goebbels (5 voll.). Vive a Berlino.

Per chi desidera l'accennato libro su Rommel clicchi il link dell'Editore Lindau - http://www.lindau.it/

_________________________________________________________


DIEGO FUSARO: Filosofia e speranza. Ernst Bloch e Karl Löwith interpreti di Marx, Il Prato, Padova 2005, 130 pagine. - Credo che non ci sia nessuno in rete che non conosca il giovanissimo Diego Fusaro, l’ideatore e il curatore del progetto internet La filosofia e i suoi eroi (www.filosofico.net), punto di riferimento per il dibattito filosofico italiano. Sono anni che lo seguiamo un po' tutti il suo sito, che è ormai una vera e propria grande (oltre che unica) "miniera" della filosofia. - Vale dunque la pena anche di leggere il suo ultimo lavoro, che io ho appena ricevuto e apprezzato. Qui una breve recensione:
"Uno dei maggiori problemi irrisolti che Karl Marx ha lasciato in eredità ai suoi interpreti riguarda la legittimità della speranza in sede pratica e teoretica, tanto nella cornice del suo pensiero quanto nel più ampio orizzonte della filosofia. L’intera opera marxiana sembra enigmaticamente in bilico tra le opposte dimensioni della scienza e della speranza: quasi come se, per quel che riguarda il tramonto del capitalismo e l’instaurazione della società comunista, sussistesse un’identità tra il «dovere in senso morale» (sollen) e il «dovere in senso fisico» (müssen); con la conseguente aporia per cui, a seconda della prospettiva adottata, ci si trova a sperare in qualcosa che dovrà necessariamente accadere, o a dare una veste scientifica alla speranza. Questa problematica sovrapposizione in Marx delle dimensioni eterogenee della speranza e della scienza può essere chiarita tramite le lenti interpretive di Ernst Bloch e di Karl Löwith: la loro linea interpretativa scorge in Marx il filosofo della speranza più che della scienza, riconoscendo nella sua riflessione un’ineludibile tensione utopica rispetto alla quale la scienza sarebbe un fenomeno secondario e funzionale. Entrambi sostengono la centralità del momento della speranza in Marx, ma in forza delle concezioni antitetiche di questo sentimento che essi fanno valere all’interno della propria riflessione filosofica, finiscono poi per valutarlo in maniera opposta. Tanto per Bloch quanto per Löwith la vera anima del marxismo è la speranza: un’anima che però è letta dal primo come il punto di forza della teoria di Marx, dal secondo come il suo tallone d’Achille.
Diego Fusaro è studioso di Storia della Filosofia presso l’Università di Torino: ha curato l’edizione della Differenza tra le filosofie della natura di Democrito e di Epicuro di Marx (Bompiani, 2004) e dell’Apologia di Raymond Sebond di Montaigne (Bompiani, 2004).
Per saperne di piu':
http://www.filosofico.net il libro non si trova nelle librerie, ma lo si puo' ricevere via posta, senza spese di spedizione (le paga l'editore), pagandolo il prezzo di copertina (10 euro) e con pagamento alla consegna. Se siete interessati, contattate l'Autore via email ( fusaro@filosofico.net ) o l'editore via telefono 049-640105

_________________________________________________________


dI EUGENIO FRACASSETTI - "Risorgimento e Federalismo" (Fenomenologia del Risorgimento europeo) è il risultato di uno studio basato – soprattutto – sulla consultazione di testimonianze originali, coeve all’epoca storica presa in esame. l’Autore, con questo lavoro, ha voluto scendere alle radici dell’artefatto nazionalismo italico che nel giro di qualche decina d’anni (a partire dal 1861) ha violentemente cooptato ed omologato antiche e “diverse” civiltà continentali e mediterranee “da sempre” presenti nella penisola italiana, civiltà che - ben sappiamo - hanno saputo produrre, nel corso dei secoli (fino al 1861) in un ambito di reciproca libertà, modelli di status politico, di socialità, di civiltà, d’arte e di cultura ancor oggi amati, ammirati ed invidiati dall’intera umanità; modelli culturali ed artistici che sono, tra l’altro, all’origine del moderno turismo culturale.
Al di là delle possibili opinioni che ogn’uno può aver maturato sul fenomeno, del tutto italiano in ambito europeo, della riunione in un “fascio” di tutte le civiltà pregresse presenti nella penisola italica (sul fatto di averle strette in una morsa asfittica mortale!), e sulle (misconosciute) conseguenze epocali sul piano sociale e militare che questo elemento istituzionale ha comportato (e comporta) per l’Europa, l’Autore ritiene che questo processo abbia rappresentato - e continui a rappresentare - un’enorme spreco di tutti quei valori civili ed umanistici che ogni gruppo etnico italiano ha maturato nel corso della propria millenaria evoluzione.
Lo studio ha tenuto conto di tutti quei “fenomeni” non trascurabili che l’attualità ha fatto emergere nel corso degli anni presi in esame (1789-1861). Non si è indugiato in lungaggini, né sull’esaltazione di particolari episodi che avrebbero potuto rappresentare il ”gossip” della passata umanità; non si è andati alla ricerca maniacale dello “scoop” storico ma si è voluto dare - questo sì - tutta l’importanza possibile ad ogni valore testimoniale soggettivo (per esempio ad Anna Luisa Necker in De Stael-Holstein, relativamente alla Rivoluzione Francese, o a Carlo Cattaneo per la rivoluzione milanese del ’48, ecc.) in grado di aprire uno spiraglio ad una conoscenza finalmente senza filtri interpretativi nell’ambito – certamente - di un moderno processo di revisionismo storico. La necessità di “comprendere” ha richiesto, però, lo sviluppo un’analisi “soggettiva”; analisi che, del resto, ogni lettore può ben sviluppare in prima persona basandosi sui fenomeni storici presentati.
Il metodo “descrittivo” e “soggettivo” ha dato dei responsi che sono stati confrontati con le “reazioni straniere” dell’epoca. Le grandi potenze del tempo – la Spagna, la Francia, la Russia degli Zar, non certo la Gran Bretagna! - erano generalmente “scandalizzate” per quanto di grave e di antistorico stava succedendo in Italia al seguito del processo di unificazione nazionale, ma erano rese impotenti dalla considerazione che solo nuove guerre devastanti e costosissime avrebbero potuto far vincere, anche nella penisola italica, quei principi e quei valori universali che il Risorgimento sul piano sociale ed il Romanticismo e l’Illuminismo sul piano ideale proponevano in quel tempo a favore dei popoli europei: la libertà, la democrazia ed il Principio di Nazionalità. - EUGENIO FRACASSETTI (gionalista - saggista) è nato a Lendinara, in Polesine, nel 1940. Dal 1970 vive a Venezia-Mestre. Il libro è presente nelle migliori librerie del Veneto, ma chi è interessato può richiederlo all’autore ( e.fracassetti@tin.it ) o all’editore ( euvenezia@libero.it )

_________________________________________________________

GUERRE SANTE ("Quando le guerre erano solo guerre") – di FRANCESCO DESSOLIS - Ho ricevuto in anteprima questo libro non ancora in commercio, scritto da un lettore del mio sito. Io da qualche anno mi dedico a "cronologia" e "storiologia", e di libri ne possiedo tanti. Di quelli che si pubblicano e che spesso mi inviano leggo solo un capitolo che mi interessa, qualche pagina. Ma questa volta il libro che ho ricevuto l'ho iniziato e l'ho letto tutto d'un fiato fino in fondo. il contenuto e' attuale e lo consiglio a molti giovani che nulla sanno di cio' che e' accaduto in passato ma che dovranno vivere il futuro. Il libro sara' presto nelle librerie, ma qui con l'autorizzazione dello scrittore, ho insistito affinche' si possa leggere subito l'accattivante incipt. Il contenuto degli altri capitoli (in fondo) riassumono con lo stesso sintetico, nitido ed energico stile narrante dell'autore i 2000 anni delle cosiddette fanatiche "guerre sante" O "crociate", per motivi religiosi? di civilta'? mai ! --- questo e' un libro attuale, tutto da leggere ! un libro da non perdere ! e non credo di osare troppo se aggiungo... da leggere per capire. – Franco - Per chi desidera leggere l’incipit del libro e i capitoli, vada alla pagina QUI DEDICATA o per scrivere all'autore FRANCESCO DESSOLIS.

_________________________________________________________

L'Autore ( ALESSANDRO DE FELICE (*) ) esamina sistematicamente il processo di formazione del PSLI (Partito Socialista dei Lavoratori Italiani), che è poi il partito socialdemocratico saragattiano, in relazione all'evoluzione dei rapporti di forza internazionali ed alla crucialità geopolitica del nostro Paese dal 1947 fino agli anni `50. Compagine politico-ideologica complessa, contraddittoria e fino ad ora poco indagata nella sua prospettiva di politica estera, il PSLI fu un partito determinante, se non decisivo, per le scelte epocali effettuate dall'Italia negli anni della guerra fredda.
Con un profondo scavo documentario a ventaglio, De Felice costruisce un minuzioso corredo critico di informazioni trattate con investigazione sicura e meticolosità maniacale nella verifica di riscontri e dettagli; avvalendosi, con scrupolosità e precisione, di disparate fonti italiane, americane e britanniche, l'Autore - tramite una puntigliosa e serrata successione sequenziale e logico-narrativa degli avvenimenti - delinea il ruolo trainante svolto da Saragat e dagli altri protagonisti sul processo evolutivo interno al socialismo italiano nel secondo dopoguerra, sgombrando il campo dagli stereotipi e dai cliché che hanno sacrificato - troppo spesso - la oggettiva ed articolata complessità della ricerca scientifica alla comodità di preconcetti e superficiali schematismi appassiti. In questo senso, i nodi interpretativi che lo studio mette in luce presentano Saragat ed i l PSLI (solo parzialmente) come gli attori di una politica certamente occidentale, che si distingue, d'altra parte, anche fortemente, dalla linea degasperiana per una sua coloritura autonoma verso il terzaforzismo.
Nell'indagine defeliciana, che è poi un'analisi pluriprospettica, ogni sfumatura diventa estremamente rivelatrice, con una impostazione, quindi, che cerca di favorire una reinterpretazione di fatti complessi, deideologizzandoli, e che sottrae nel contempo gli avvenimenti al terreno dello scontro politico per affidarli al giudizio della Storia.
(*) Alessandro De Felice (Catania, 1965), storico, ha pubblicato nel 1995 e nel 1996 tre saggi riguardanti la nascita della socialdemocrazia italiana del secondo dopoguerra su «Storia contemporanea», il bimestrale di studi storici - édito da Il Mulino - fondato e diretto da suo zio Renzo De Felice sino alla sua immatura scomparsa nel maggio `96. L'Autore del presente studio ha svolto attività di collaborazione e ricerca archivistica con Mauro Canali (Università di Camerino), rintracciando e fornendogli materiale documentario inedito, in relazione al recente saggio dello storico romano sul delitto Matteotti. Affarismo e politica nel primo governo Mussolini, Bologna, 1997.
Alessandro De Felice dirige la sopracitata collana "Biblioteca Storico-Politica", suddivisa in saggi e documenti, per le Edizioni Boemi-Prampolini di Catania. Collabora a varie riviste ed attualmente si sta occupando, nell'ambito degli studi sul socialismo storico, della figura di Giuseppe De Felice-Giuffrida.
Il libro è una Edizioni Boemi - Link dell'autore www.alessandrodefelice.it

_________________________________________________________

"Maffia e Delinquenza in Sicilia" fu scritto da Giuseppe De Felice-Giuffrida in una settimana, tra la fine del dicembre 1899 ed i primi del gennaio 1900. Il libro - che potrebbe definirsi un phamplet storico-politico-giudiziario con venature sociologiche - ha quindi, come pure osservò l'Autore, «il difetto della fretta ed il pregio della spontaneità». La necessità e l'urgenza di combattere una «ben triste piaga sociale», spingono G. De Felice a non ritardare la pubblicazione del breve saggio e, per far ciò, egli si avvale anche di alcuni suoi precedenti articoli ed editoriali apparsi su l'«Avanti!» ed «Il Secolo» (quotidiano milanese di area liberale progressista fondato nel 1866 da Edoardo Sonzogno). Il testo è, per molti aspetti, un'aperta e coraggiosa denuncia delle connivenze politiche e governative legate alle clientele ed alle consorterie che si muovono sullo sfondo del primo grande crimine mafioso dell'Italia unitaria: il delitto Notarbartolo (1 ° febbraio 1893).
Giuseppe De Felice (Catania, 1859 - Aci Castello 1920) è un personaggio politico di primissimo piano nella Sicilia degli anni a cavallo tra fine `800 e primi venti anni del Novecento. Repubblicano, socialista rivoluzionario, anarchico, interventista nel 1911 e nel 1914, riformista e poi socialista riformista nazionale, è soprattutto ricordato come il massimo esponente, animatore e fondatore del movimento dei Fasci Siciliani del 1891-1894. Alessandro De Felice, curatore dell'opera ripubblicata a quasi 100 anni di distanza dalla sua prima uscita, ricostruisce con perizia ed acume intellettuale il quadro storico in cui si svolgono le vicende narrate nel saggio del deputato catanese, servendosi anche di alcuni discorsi parlamentari praticamente inediti dello stesso leader socialista. Alessandro, il giovane storico conferisce al ritratto di Giuseppe De Felice una forte individualità, dando originalmente rilievo ad alcune fra le note dominanti più interessanti ed in parte meno evidenziate od ignorate del politico etneo. Pur in un campo precedentemente mietuto dalla storiografia marxista, il saggio del giovane storico contemporaneo si oppone con seri argomenti scientifici a questa critica che predilige il sistema delle caselle schematiche e dei compartimenti stagni, e tenta, invece, di cogliere gli inesplorati e "sotterranei" collegamenti ed i moventi psicologici e storici dei fatti. L'attenta considerazione dell'elemento rivoluzionario mescolato e rifluito in vari rivoli tra Otto e Novecento facilita così la piena comprensione degli avvenimenti e degli uomini che ne sono protagonisti. Con uno studio vasto e profondo, dove gli scrupoli di metodo convivono con un'intelligenza scintillante e versatile conferendo al profilo defeliciano una singolare potenza di argomentazione, Alessandro De Felice compie un'opera di grande valore in un campo dove le dissertazioni ed i tentativi precedenti richiedevano un coordinamento complessivo capace di inquadrare una materia tanto delicata, in modo da sottoporre agli studiosi una base autorevole, un indirizzo preciso. Da un punto di vista disciplinare si tratta del procedere libero e creativo da parte del curatore del saggio defeliciano su percorsi impervi, seguendo ipotesi inedite ed ardite. Nel nesso di continuità "inaspettata" tra Fasci-Socialismo-Fascismo può, solo superficialmente, scorgersi una concatenazione ed un'osservazione decostruttiva o persino eversiva e "tremenda", e si esige perciò, dai liberi lettori, coraggio ed onestà intellettuali, nervi saldi e libertà da pregiudizi per guardare senza lenti deformate e deformanti alla realtà del processo storico. Nessuno più di Alessandro De Felice (dello stesso ceppo familiare di Giuseppe e nipote di Renzo De Felice), profondo conoscitore del Novecento politico, poteva essere atto ad un simile compito. La sua tesi di fondo è che Giuseppe De Felice, per primo, avrebbe "divinato" la logica terminologica della tradizione rivoluzionaria dei Fasci concretizzandola nel socialismo giacobino prima e bonapartista poi. Da questo punto di vista, lo studio in questione è anche, e, soprattutto, una grande riflessione culturale sulle varie eresie socialiste del XX° secolo (fascismo mussoliniano compreso): nella sincera intelligenza dei moventi storici, politici e psicologici è il segreto di questa potente rievocazione.

Il libro è una Edizioni Boemi - link dell'autore www.alessandrodefelice.it

_________________________________________________________

Mons. Agostino Marchetto "IL CONCILIO ECUMENICO VATICANO II" - (Editrice Vaticana - 2005) - Dopo la poderosa opera "Chiesa e Papato nella storia e nel diritto. - 25 anni di studi critici" (vedi recensione più avanti) con la parte IV dedicata ai concili, è sorto nell'Autore il desiderio di scorporarli da quel grosso volume e di aggiungere - in questa nuova pubblicazione- altri successivi contributi (28) nello stesso campo di ricerca. L'intento è di contribuire a giungere finalmente ad una storia del Vaticano II che vinca i gravi condizionamenti - e si capisce quindi il termine "contrappunto" del titolo - posti finora, a tale riguardo, da una visione ideologica che si è imposta monopolisticamente sul mercato delle pubblicazioni. Un poderoso volume in occasione dei 40 anni dalla chiusura del Concilio tutto dedicato al magno Sinodo Vaticano, che così grande importanza ha avuto nell'aggiornamento ecclesiale del secolo scorso e si dimostra di rilevante attualità anche agli inizi di questo nuovo millennio (come Benedetto XVI ha voluto ricordare nella sua recente omelia del 20-5-2005). E ' una panoramica di tutto quanto è stato scritto o edito con delle linee soggettive da altri Autori sul Concilio.


Francesca Longo- Matteo Moder "STORIA DELLA VENEZIA GIULIA - 1918-1998 - DA FRANCESCO GIUSEPPE ALL'INCONTRO FINI-VIOLANTE"- Trieste dalla fine della prima guerra mondiale ha visto succedersi sei governi: dall'Austria-Ungheria di Francesco Giuseppe all'Italia fascista, all'occupazione nazista e conseguente costituzione dell'Adriatisches Kusterland, alla Jugoslavia di Tito, al Governo Militare Alleato, fino all'Italia di oggi. Da un unico grande porto di un impero che si estendeva a sud fino ai Balcani è diventata città italiana, simbolo con Trento di una guerra vinta, con un entroterra, l'Istria, dove conviveva da secoli gente di lingua italiana, slovena e croata. Nella Grande Guerra, e poi, prima, durante e dopo la seconda guerra mondiale, da queste parti è accaduto di tutto, smembramenti di territori e coscienze, separazioni di famiglie, divisione di proprietà, orrori, e tante gravi responsabilità ma con le "memorie" divise o messe in gabbia. In questo remoto lembo d'Italia, tutto questo lo sanno, ma parlare di questi argomenti agli altri italiani l'ignoranza continua a farla da padrona, oppure se qualche libro esiste, spesso dentro ci sono pagine oscure. Anzi molti sono convinti che nessuno ha scritto su questi argomenti. Invece questo libro, pur illustrandoci con tredici capitoli l'intero percorso degli avvenimenti accaduti nel secolo breve - per chi vuole veramente sapere - è prezioso, perchè contiene un numero enorme di fonti bibliografiche quasi esclusivamente di case editrici locali. E c'è di tutto, tranne il silenzio. (Il volume è uscito recentemente con i tipi della Baldini e Castoldi Dalai editori - info@bceditore.it )


 

Leone Concato: Il BATTAGLIONE VICENTINO. Scritto nel 1935 da uno delle più note firme del giornalismo italiano (La Stampa, Corriere della Sera) è un libro storico di valore nel quale l’occhio e l’anima scorrono veloci tra le righe, come un fiume negli argini. Con grande cultura e sensibilità, ed una vita condotta ai vertici dei valori umani, Leone Concato, ci lascia una testimonianza straordinaria sulla Guerra D’Africa, un dipinto “d’autore” che merita una lettura attenta e profonda, un fendente, una saetta, e giù nel cuore, ci troviamo negli angoli più nascosti degli stati d’animo del Legionario Italiano. Una grande penna del passato, un pezzo della nostra storia recente, un dipinto d’italiano ed una collezione fotografica di elevato valore storico. Ma la cosa che più ci sorprende è riscoprire questo personaggio, uno dei più grandi uomini della storia dell’elicottero e dell’aeronautica italiana, finito nel dimenticatoio. Le oscure vicende politiche di fine degli anni 70' lo hanno (misteriosamente) sepolto. Vedi qui la singolare biografia e la recensione del suo libro oggi ristampato dall'Editore Iuculano di Pavia info@iuculanoeditore.it


David Irving - APOCALISSE 1945 - Presentazione di Mario Spataro - Gli aspetti più spaventosi dei bombardamenti delle città tedesche (come Dresda, città senza alcun obiettivo militare) fatti dal "Bomber Command", comandate dal "macellaio" Harris, a pochi giorni dalla Conferenza di Yalta. 1 milione di tonnellate di bombe si riversò sulla Germania; 635.000 morti fra la popolazione civile, 25 milioni senza tetto. Che parte ebbe Churchill? Arnold, comandante delle forze aere americane aveva respinto l'idea del massacro, di uccidere donne e bambini indifesi. E' stato un capitolo vergognoso e inutile. Se pensiamo a quale cinismo possono arrivare gli uomini, le testimonianze dettagliate e inconfutabili di questo libro, e soprattutto le 104 immagini sconvolgenti che contiene, c'è molto da riflettere. Ma se l'abisso della crudeltà ci spaventa, non meno quello dell'ipocrisia ci lascia sgomenti. (Settimo Sigillo, dicembre 2004)


Questo documentato saggio di David Irving, forse perché appartenente al filone revisionista, non ha mai goduto di grande diffusione: la matrice non solo americana ma anche ebraica del Piano Morgenthau spiega in buona misura il motivo di tale censura. Questa edizione italiana, che vede la luce in un momento in cui nel mondo si insiste sull'importanza degli aiuti umanitari a favore delle popolazioni reduci da conflitti armati, consente di addentrarsi nello spirito vendicativo che invece, nel 1944-45, animava quanti fra i vincitori si proponevano di punire gli sconfitti. Traspare da queste pagine il cinico lavoro diplomatico condotto da Henry Morgenthau, ministro americano del Tesoro e alto esponente della comunità ebraica newyorkese, nei confronti dell'inizialmente riluttante Winston Churchill al fine di ottenere l'approvazione dei piano. Strumento di ricatto nei confronti di Churchill erano gli aiuti di cui la Gran Bretagna, in bancarotta a causa della guerra, aveva disperato bisogno.
Il vendicativo Piano Morgenthau prevedeva la trasformazione della Germania in nazione agricola e pastorale mediante la distruzione delle sue industrie. Ma non era solo uno strumento di vendetta. Intendeva anche favorire l'espansione comunista in Europa (il principale collaboratore di Morgenthau fu poi inquisito quale spia sovietica) e trarre dalla sconfitta tedesca il maggior vantaggio commerciale possibile: espliciti accenni all'opportunità di eliminare la concorrenza tedesca per favorire le esportazioni britanniche sono presenti in numerosi documenti. Il Piano prevedeva altresì risarcimenti a favore dell'Unione Sovietica da effettuarsi mediante consegna di milioni di lavoratori forzati: cosa, questa, che avvenne puntualmente. E prevedeva il rifiuto di assistenza alimentare e sanitaria alla popolazione "a meno che ciò possa creare rischio di epidemie che minaccino le truppe d'occupazione".
Poco prima di morire Franklin Roosevelt, con disappunto di Morgenthau, fece un provvidenziale passo indietro. E ogni pericolo venne definitivamente a cessare quando a Roosevelt succedette Harry Truman che, nel clima della guerra fredda, si accorse della necessità (aiutandola) di opporre una rinata Germania alla crescente pressione sovietica in Europa.
Il volume (tradotto da Mario Spataro) oltre che elencare i fatti, vi sono 246 pagine di documenti originali
.
(Ed. Settimo Sigillo, Feb. 2004 - E-mail:  - "Mario Spataro" ixrps@tin.it


Zibaldone napoletano tra re, preti e straccioni. Un crogiolo di storie raccontate con passione dallo storico e poeta ALDO DE GIOIA, esprimendo l'ansia di sciogliere le pieghe più adombrate della storia di Napoli. Accusa il massacro di centinaia di meridionali per mano dei Savoia. "Briganti? Tanti erano medici, operai, preti rinchiusi nelle galere e torturati" o fucilati all'istante. Scopriremo nelle sue pagine verità che ci stupiranno perchè ignorate, come alcuni comportamenti dei Savoia, momenti di vita di Enrico Caruso; notizie particolari sui Borboni, sulla rivoluzione del '99, sul periodo del Risorgimento o sulle ragioni del "brigantaggio". Poi il '900, quando a Napoli nel '43 cadevano le bombe, con gli eroi napoletani senza nome morti ammazzati, la ribellione di una città ai tedeschi, la vita nelle buie caverne-rifugio, i 'uaglioni, ricordati in prima persona perchè lui era uno di quelli. De Gioia non ha bisogno di presentazione, è ormai notissimo non solo a Napoli, ma nell'Italia tutta e persino all'estero per i suoi contributi storici, poetici e giornalistici attraverso i quali ha diffuso e reso assimilabile la storia di Napoli, che avvince, stupisce, intriga, coinvolge, commuove. E non di rado - lui che faceva parte nel '58 del "teatro dei comici" di Eduardo De Filippo- sarà difficile trattenere un sorriso. "Zibaldone napoletano", Curto editore, 2003 ( tel. dell'autore 081 5534712)


ERICH PRIEBKE - AUTOBIOGRAFIA - Il famoso "caso Priebke", creatosi con il famoso "processo a Priebke" (per la "Strage delle Ardeatine"). Questo volume è stato pensato dall'autore in modo da offrire al lettore ampia documentazione sui fatti trattati, ma anche congegnato in modo che, chi non fosse interessato ad essa, possa agevolmente tralasciarla, ciò che vale anche per il relativo commento. Sono 900 pagine, con una sterminata documentazione relativa ai fatti e al processo, oltre che alla campagna dei media su "questo" processo. Il libro si trova in alcune librerie, oppure andare direttamente al sito http://www.priebke.it


MARIO SPATARO - Pinochet le scomode verità - Per la prima volta in Italia uno scrittore affronta il mito del "buon Allende" e del "cattivo Pinochet". E lo fa, senza cedere a preconcetti ideologici, attraverso lo studio dei fatti.
Emergono da questo libro alcuni aspetti della guerra civile cilena che la storiografia e la politica preferiscono ignorare o travisare. Il disastro economico, morale e politico nel quale la gestione Allende gettò il paese fra il 1970 e il 1973. La ripresa che fece seguito all'ascesa al potere di Pinochet. Il fatto che al momento del golpe del 1973 Allende non fosse più un legittimo presidente in quanto sfiduciato dal Parlamento e dalla magistratura. La piena legittimità dell'intervento militare, che infatti era stato chiesto dal Parlamento.
E ancora. L'appoggio dato alla coalizione di sinistra da una struttura terroristica sponsorizzata da Cuba e dall'Urss. L'azione della Cia in difesa delle multinazionali americane espropriate da Allende. L'interesse della Casa Bianca a evitare la nascita di una seconda Cuba. L'incoraggiamento dato alle forze marxiste dalla Chiesa "progressista" e dalla lobby intellettuale. Il ripetersi di aggressioni terroristiche (minuziosamente elencate in questo libro) volte a suscitare, anche per scopi propagandistici internazionali, dure reazioni da parte della Giunta militare.
Emerge infine da queste pagine qualche dubbio sulla credibilità, in parecchi casi, del mito dei desaparecidos (dei quali è riportato un cospicuo elenco) e di quello degli "esuli cileni" ancora in Europa parecchi anni dopo il ritorno della democrazia nel loro paese.
Un libro, questo, che fa riflettere chi è interessato alla ricerca della verità ma che può infastidire quanti preferiscono adagiarsi nel comodo conformismo politically correct.


Ed. Settimo Sigillo, Giu. 2003 - E-mail:  -"Mario Spataro" ixrps@tin.it


Prof ALDO DE GIOIA - "Frammenti di Napoli" . - Aldo De Gioia - Pedagogista, storico, poeta.
Napoletano del Centro Antico dove è nato il 1 ° dicembre 1934. Oltre che in campo nazionale è conosciuto all'estero. Ricercatore di storia patria si è formato alla scuola di illustri predecessori quali sono stati Antonio Lapegna e Antonio Altamura. Consultato da più parti sugli accadimenti millenari della nostra città, ha avuto il merito di collaborare con la National Geographyc, la rivista più importante dell'editoria americana. Ha conseguito più di cento premi, tra i quali quello del Parlamento Europeo, della Giffoni Film Festival, della Legion d'Oro Ist. O.N.U. È autore dell'inno Ufficiale dell'8a Brigata Bersaglieri Garibaldi. È Bersagliere Onorario per il contributo offerto alla causa del bersaglierismo. È membro della Commissione Toponomastica Cittadina dei Comune di Napoli. Accademico Tiberino. Nel 1988 è stato premiato in Campidoglio dal Ministro della Pubblica Istruzione Rosa Russo Iervolino. Recentemente gli è stato conferito dalle Forze Armate italiane il Trofeo U.N.U.C.I.
Per meriti raggiunti è stato richiesto il suo intervento all'Università degli Studi di Los Angeles per collaborare al progetto "Napoli 2000". Ha pubblicato: ` 'A ventecata" (poesie in napoletano), "Memorie che hanno fatto la storia", "Pagine sparse sulla storia di Napoli", "Montelungo" (poesie sulla seconda guerra mondiale), "Attimi", "Napoli dei Misteri", "Femme dans le vent". Il suo sito http://www.storiadinapoli.it


Alcune pagine dell'Autore di "Frammenti di Napoli" nel nostro sito
" 1943 - Napoli colpita! Napoli brucia! "

DAVID IRVING: "NORIMBERGA ULTIMA BATTAGLIA" - Grazie ancora una volta a MARIO SPATARO, che ne ha curata la traduzione corredandola di numerosi documenti originali e moltissime immagini inedite, la lettura di quest'opera, una delle più significative di David Irving, consente di gettare uno sguardo su alcuni poco noti aspetti della seconda guerra mondiale. Capitolo dopo capitolo, il Lettore trova gli artifizi con cui a Norimberga fu fatto il famoso processo; in quello trova celata l'esistenza del patto Ribbentrop-Molotov del 1939; trova la falsità dell'accusa mossa ai tedeschi di essere stati gli autori dell'eccidio di Katyn, accusa in base alla quale alcuni tedeschi furono pubblicamente impiccati a Leningrado. Chi andò assolto a Norimberga e perché (Schacht, Von Papen ecc.). Ci sono inoltre pagine divertenti, come quelle relative agli interrogatori di Hermann Góring e Rudolf Hess, ma anche perchè in Italia ai responsabili della guerra non fu fatto un processo simile.
Col suo abituale e meticoloso risalire a fonti originali e inedite David Irving contribuisce a darci un quadro completamente diverso dalla vulgata impostaci con l'entusiastico avallo del mondo accademico e delle massime istituzioni. L'opera è anche attuale, visto che il 1° Luglio 2002, è stato istituito il Tribunale Penale Internazionale (TPI - o ICC, International Criminal Court), erede del tribunale internazionale di Norimberga e dell'analogo tribunale di Tokio.
Ed. Settimo Sigillo, Nov. 2002 - E-mail:  del curatore dell'edizione -"Mario Spataro" ixrps@tin.it


UN LIBRO MOLTO "SPECIALE" SULLA STORIA DELLA CHIESA - DI ATTUALITA'


AGOSTINO MARCHETTO, "CHIESA E PAPATO NELLA STORIA E NEL DIRITTO" - L'ho ricevuto dall'amico Arcivescovo, e lo segnalo a proposito del recente Tema di Maturità "propinato" agli studenti delle scuole italiane: "Papa Giovanni XXIII". Che era un tema più adatto ad un esame universitario di Storia della Chiesa o del Cristianesimo, e non a studenti laici o no, che magari sanno tutto su Canossa e Papa Gregorio VII, ma che a partire dal "Sillabo" non sanno proprio nulla. Lo svolgimento del tema implicava come minimo una conoscenza approfondita di Papa Giovanni che è una figura molto complessa. Inoltre che lo si stacchi (Roncalli e il Concilio Vat..II) dal passato della Chiesa, sembra una cosa proprio campata in aria. Papa Giovanni è il depositario invece di un ricco patrimonio che l'ha preceduto! Vogliamo ignorare Leone XIII e la sua Rerum novarum ( che fu anche il primo ad aprire gli archivi agli storici)? - Ignorare Pio X (inizio della riforma liturgica)?- Ignorare Benedetto XV (nuove azioni pastorali)? - Ignorare Pio IX (Concilio Vaticano I)? - Sono il grande retroterra di Roncalli. E parlare di Roncalli e del suo Concilio Vaticano II, supponendo che comportino una rottura col passato, mentre in realtà si pone nella linea della fede di sempre, è decisamente fuorviante.
Ben diversi sono i temi trattati e approfonditi in questo preziosissimo volume: 1- "Ordo Fraternitas", I Laici: 2- Falsificazioni pseudo-isidoriane. Loro influsso; 3- Per la Storia del Diritto Canonico; 4- Per la storia dei Concili; 5- Il Primato del Vescovo di Roma; 6- Nel Medio Evo; 7- Nell'età contemporanea, la Chiesa; 8- Nell'età contemporanea, i Papi; 9- Visioni storiche d'insieme.
Si entra in tal modo in un campo di meditato ecumenismo, senza intaccare il dogma proclamato dal Vaticano I e confermato dal Vaticano II, circa il Primato, mantenendosi all'interno della Chiesa latina rapporti organici (gerarchici) particolari. Sono preziose recensioni e note raccolte con molti altri studi che abbracciano venticinque anni di lavoro scientifico. L'autore è l'Arcivescovo Mons. Agostino Marchetto (attuale Segretario del Pontificio Consiglio per Migranti ed Osservatore Permanemte presso la Fao, Ifad, Pam.- Già Nunzio Apostolico in diversi Paesi del Mondo (Russia, Africa, ecc.).- Agostino Marchetto, Chiesa e Papato nella storia e nel diritto, Libreria Editrice Vaticana - Marzo 2002

(Abbiamo ricevuto da Mons. Marchetto, la gentile autorizzazione a pubblicare su "Storiologia" l'intera opera -


MARIO SPATARO - "IL BAVAGLIO EUROPEISTA" Impenitente scrittore controcorrente, Mario Spataro denuncia in questo libro, talvolta ricorrendo al sarcasmo, il tentativo dell'Unione Europea di imporre al governo italiano, nel 2001, l'accettazione di un "mandato d'arresto europeo" contrastante con le leggi nazionali, col buon senso e con secoli di civiltà del diritto: un progetto inizialmente giustificato dagli eurocrati di Bruxelles con la necessità di una più incisiva difesa dal terrorismo, ma poi subdolamente allargato a reati d'opinione come quelli di razzismo e xenofobia, così insidiando le libertà di parola e di stampa.
Dopo aver denunciato la parassitaria inefficienza delle pachidermiche strutture di Bruxelles ed aver demolito il progetto di mandato d'arresto europeo facendo riferimento ai pareri di accademici ed esponenti politici di tutti gli orientamenti, l'autore si spinge a uno spietato esame delle liberticide norme penali che, presenti in Germania (legge Deckert) e in Francia (legge Fabius-Gayssot), l'Unione Europea vorrebbe estendere all'Italia dove le libertà di parola e di stampa sono, in buona misura, garantite.
Pur nella sua difesa della libertà d'espressione di storici, giornalisti e scrittori comunemente definiti razzisti, xenofobi o revisionisti, e nella sua elencazione dei processi per reato d'opinione celebrati in alcune nazioni europee, questo libro non si schiera in alcun modo su posizioni favorevoli o contrarie a quelle richiamate: cosa questa che l'autore sottolinea in più occasioni, affermando di voler solo difendere la libertà d'espressione che ogni democrazia dovrebbe garantire a tutti i propri cittadini. Anzi, sostiene l'autore, proprio alle opinioni "scomode" deve essere garantita piena libertà di espressione poiché solo così esse potranno essere contestate. Reprimerle facendo ricorso ai tribunali, conclude Spataro, fa sorgere il sospetto che non ci fosse altro mezzo per contrastarle e che, quindi, fossero giuste.
Edizione Settimo Sigillo. Maggio 2002 - E-mail:  dell'Autore-"Mario Spataro" ixrps@tin.it


MARIO SPATARO - "DAVID IRVING - LA GUERRA DI HITLER". Edizione aggiornata Nov. 2001. Il lavoro fatto da David Irving (... non ha bisogno di presentazione, è forse "il principale fra gli storici inglesi dell'era nazista" (Stephen Spender, The New York Times), (ovviamente altri dicono il contrario) nella preparazione di questo libro costituisce una preziosa fonte di notizie per gli storici e per i giornalisti: le difficoltà che "La Guerra di Hitler" ha dovuto affrontare sono lì a confermare, se ce ne fosse bisogno, il suo immenso valore storico. Ostacolato in Germania, questo libro doveva essere pubblicato in Italia dalla grande casa editrice (omissis) che però pur avendo pagato il dovuto, lo lasciò nel cassetto. (Il libro è stato pubblicato per la prima volta a New York nel 1977 e a Londra nel 1979). Così "La Guerra di Hitler" rimase a lungo escluso dal mercato italiano dove solo adesso è disponibile in questa aggiornata edizione del 2001 che si avvale, fra l'altro, dei preziosi diari di Joseph Goebbels rintracciati a Mosca, negli archivi del KGB, da David Irving.  "Non sono capace di scrivere un libro limitandomi ad attingere libri altrui -è solito dire Irving- e preferisco quindi condurre le mie ricerche su documenti originali e inediti". E infatti, scrupolosamente documentando ogni parola e in stile semplice e chiaro, Irving ci presenta Adolf Hitler come lo vedevano, nelle grandi e piccole faccende di ogni giorno, quanti gli erano vicini: generali e autisti, gerarchi del partito e stenografi, diplomatici e segretarie. Come in una serie di istantanee, Irving mostra le giornate di Hitler sino a offrire al lettore la storia della guerra vista da dietro la scrivania del Fuhrer. Forse proprio a causa della sua fuga dal conformismo si è manifestata nei confronti di questo libro una forte ostilità. Ostilità che potrebbe essere stata acuita dalla menzione, frequentemente fatta da Irving, dei falsi storici contenuti nelle opere di alcuni scrittori che oggi vanno per la maggiore e che non vogliono essere tacciati di superficialità. Ciò che distingue questo studio da tutti gli altri che si sono occupati del Terzo Reich è l'avere Irving presentato Hitler non attraverso le consuete immagini che di lui ci vengono propinate da mezzo secolo, ma attraverso la scrupolosa esposizione di documenti, lettere, diari personali e interviste ottenuti personalmente dall'autore. Il lettore è portato a vedere Hitler in un altro modo. "Ritengo di avere "processato" Hitler secondo le regole della giustizia nella quale vige il giusto rispetto alle prove".  - "Nessuna lode è eccessiva per il lavoro di David Irving. Ha cercato e scovato gran quantità di nuove fonti storiche, fra cui parecchi diari privati, e anche esaminato e denunciato come falsi alcuni documenti sino a oggi accettati come validi. Un libro ben scritto che ho letto con piacere dall'inizio alla fine" (Hugh Trever-Roper, The Sunday Times). - "Il lettore è immediatamente affascinato dalla descrizione della guerra 1939-1945 fatta dall'Autore attraverso gli occhi di Hitler, come da dietro la sua scrivania" (The Times).
Non tutti sono favorevoli al libro di Irving, alcuni penalizzano i lettori se lo leggono o lo citano, per altri invece il libro è una lettura obbligatoria, come gli ufficiali di alcune accademie militari, a West Point come a Sandhurst. Uno schiaffo a certi storici considerati padreterni.
1000 pagine, 130 illustrazioni, le cartine di tutte le più importanti battaglie, documenti. . Una biografia preziosa di alto valore storico.
Ed. Settimo Sigillo. Novembre 2001. E-mail: del curatore dell'Opera  "Mario Spataro" ixrps@tin.it


MARIO SPATARO - "Dal caso Priebke al nazi gold. - Storie d'ingiustizie e di quattrini. - In questa sua seconda opera sugli eventi romani del marzo 1944 (eccidi di Via Rasella e delle cave Ardeatine) e sul caso Priebke,  Spataro si avvale del frutto di attente ricerche (alle quali con i suoi ricordi ha collaborato lo stesso Priebke) che gli hanno permesso di esplorare i più reconditi dettagli delle due tragedie e della vicenda giudiziaria Priebke/Hass. Nel corso della propria esposizione l'autore riesce pure a smantellare, facendo ricorso a numerosi fonti storiche, gli odierni tentativi di diffamazione della memoria di Pio XII. E non manca di mettere in risalto la manovra di copertura da parte dello stato italiano, pur così assetato di "castigo" per la rappresaglia delle Ardeatine, del comunista genocidio delle foibe. Sottolinea infine lo strano collegamento cronologico esistente fra due eventi degli anni Novanta: l'accentuarsi della "caccia al nazi" sino alla montatura, da parte di alcune organizzazioni internazionali, del caso Priebke, e l'offensiva contro la Svizzera e altre nazioni, da parte delle medesime organizzazioni, per il "recupero" di denaro e lingotti d'oro (il cosiddetto nazi gold) risalenti alla seconda guerra mondiale. Un libro (due poderosi volumi  con 1100 pagine, con moltissime immagini inedite e  documenti) decisamente controcorrente e non  politically correct  al quale, per la sua completezza che lo rende diverso da qualsiasi altro scritto esistente sullo stesso argomento, dovranno necessariamente fare riferimento quanti vorranno conoscere a fondo quei drammatici avvenimenti e le vicende giudiziarie che ne sono derivate. (MARIO SPATARO - Dal caso Priebke al nazi gold, 2 vol. Edizioni Settimo Sigillo, Roma 1999:
 E-mail:   "Mario Spataro" ixrps@tin.it


MARIO SPATARO - "Olocausto - Dal dramma al business" - Una interessante e approfondita analisi del pensiero di Finkelstein il cui libro, di difficile reperimento persino sul mercato americano, forse non sarà mai tradotto e distribuito in Italia.  Un libro coraggioso e sconvolgente, anche se non "politicamente corretto". "Olocausto - Dal dramma al business" Ed. Settimo Sigillo, Roma 2000. ixrps@tin.it

MARIO SPATARO - I PRIMI SECESSIONISTI - Separatismo in SICILIA 1866 e 1943-46. - " Con gesto spettacolare d'altri tempi, Salvatore Giuliano diede il segnale d'inizio della battaglia. In piedi sulla cima della collina, si mise a sventolare lentamente la bandiera della Sicilia...". Così in questo libro, con insistenza, MARIO SPATARO sottolinea l'antico e forse dimenticato orgoglio isolano che nel 1944-46 impediva ai guerriglieri separatisti siciliani di adottare i metodi di lotta tipici dei partigiani antifascisti dell'Italia centrosettentrionale.  - Nel dedicare quest'altra opera revisionista al separatismo siciliano Spataro contribuisce, nel suo solito stile svelto e di facile lettura, all'impari lotta che pochi e coraggiosi storici conducono contro le falsificazioni e i silenzi della storiografia convenzionale. "La tattica dei falsari della storia -dice l'autore- non è cambiata: "briganti" vengono definiti coloro che dopo il 1860 in tutto il Sud si batterono contro gli invasori savoiardi, "banditi" vengono definiti coloro che dopo il 1943 sognarono in Sicilia l'indipendenza della loro isola". Si tratta invece, come risulta da questo libro, di lontane e toccanti pagine di storia ricche di eroismo e di sacrificio. - Partendo dagli intrighi e dagli oscuri interessi dai quali scaturì l'invasione garibaldina del 1860, Spataro arriva alla rivolta di Palermo del 1866 e alla successiva spaventosa repressione savoiarda per poi addentrarsi, più in dettaglio, nelle imprese dei separatisti siciliani durante e dopo la seconda guerra mondiale delle quali lui stesso, pur giovanissimo, fu in parte testimone diretto ed entusiasta.
Il libro di 370 pagine, riporta importanti documenti, testi di proclami, volantini, memoriali, struttura dell'EVIS, il processo del 7 marzo 1946, la Carta federale del MIS inviata all'ONU, l'epopea, lo scempio, il losco affare, gli artefici, i soprusi, gli intrighi; insomma  la
"Norimberga" morale della "Sicilia dei Siciliani" . - 18 pagine di nomi e 9 preziose pagine di Bibliografia concludono questo libro "unico". - MARIO SPATARO . I primi secessionisti.. Edizioni Controcorrente, Aprile 2001. - E-mail:   "Mario Spataro" ixrps@tin.it


ETTORE BEGGIATO - "1866: LA GRANDE TRUFFA" Il plebiscito di annessione del Veneto all'Italia" - "Un libro importante, culturalmente e politicamente. Ci parla della nostra storia, quando il Veneto è stato annesso all'Italia. Ci narra quello che è veramente successo, oltre ogni descrizione oleografica, falsa e falsata per motivi politici. Noi tutti sappiamo che l'unificazione del paese è stata più imposta che voluta. Che è arrivata sulla punta delle baionette dell'esercito piemontese, che molti plebisciti sono stati manipolati, che nel 1848 la maggioranza dei veneti si è battuta contro l'Austria in nome di San Marco.... Sappiamo anche, purtroppo, che una ricostruzione di parte della storia è stata poi travisata nei libri di scuola ed è stata imposta  alle nuove generazioni.... Fa bene Beggiato a cercare di capire, nel suo libro, perchè questo popolo ad un certo punto ha abdicato e alla fine accettato di essere parte dell'Italia unita. Ma ha accettato o subìto l'Unità? --  (Prefazione di  Sabino Acquaviva)  Editoria Universitaria Venezia, 1999. - (Nel volume documenti integrali: Armistizio  Cormons, Convenzione Francia-Austria, La pace di Vienna, Manifesto e norme sabaude del plebiscito,  Atto consegna Venezia alla Francia; tutti i dati del plebiscito delle regioni d'Italia) - http://www.beggiato.itgo.com - e-mail - beggiato@hotmail.com

ELIO GIOANOLA - "IL NOVECENTO" Per la prima volta, un'opera sul '900 pluridisciplinare, che spazia nei vari campi, culturali e storici dell'ultimo secolo. Il lettore, seguendo i temi che hanno dominato questa nostra epoca è invogliato ad accostare, confrontare, collegare fatti e aspetti appartenenti a discipline diverse: storia, letteratura, filosofia, scienza, arte, cinema, musica e fumetto. - Temi, fatti, tendenze, vengono presentati in modo agile e con un linguaggio chiaro e senza tecnicismi inutili. Quest'opera di storia della cultura è destinata a chi sta studiando il Novecento, ma anche a coloro che già lo conoscono e vogliono averne una visione d'insieme, scoprendo nuovi nessi. Una lettura che è anche una navigazione facilitata da cartine, mappe di collegamento storico-culturali, un'accurata cronologia e un glossario che riepiloga i dati essenziali dei più importanti fenomeni del secolo più intenso della storia. Una ottima guida al nuovo esame di Stato. Ma anche un manuale di cultura generale. ( Colonna Edizioni ).

ANTONIO GRANO - "La leggenda del chiodo assassino" - Tutta la verità  su PAPA CELESTINO V
"L'autore di queste pagine, veramente sine ira et studio, ma con una documentazione inoppugnabile e rigorosamente comparata, passa in rassegna le varie ipotesi, vaglia e giudica, apprezza e demolisce con una freddezza direi sconcertante, per cui ciò che egli dice risulta straordinariamente convincente". Alla fine, invano si cercherebbe in questa catasta di documentazione una benchè minima propensione diremmo così sentimentale verso l'una o l'altra ipotesi. Il Grano si accontenta -e lo fa con l'arma del rigoroso ragionamento non senza condirlo con quell'ironia sottile che i grandi maestri conoscono e che talvolta rasenta il sarcasmo- di accatastare prove e controprove, argomentazioni e deduzioni, per cui le conclusioni vengono da se e chi si azzardi a replicare si trova inesorabilmente spiazzato. Penso che quelli che cadono sotto la mannaia documentativa di queste pagine difficilmente potranno rialzarsi".( Mons. Andrea Gemma)  - 250 pagine, Marotta Editore, 1998, lire 25.000 - Richiederlo all'AUTORE   vagrano@tin.it


Questo spazio - ripetiamo - é gratuitamente a disposizione
dei nostri amici lettori, editori e collaboratori...




STORIOLOGIA