CHIETI 3


 

DOBBIAMO NUOVAMENTE RITORNARE A CHIETI A FINE 1943,
QUANDO CI FU LA GRANDE CRISI NARRATA SOPRA
IO AVEVO 7-8 ANNI.

NONOSTANTE LA GUERRA CI FU UN INCONTRO MOLTO IMPORTANTE
CHE EBBE POI UN SEGUITO
E DOPO CHIETI PER TUTTO IL RESTO DELLA MIA VITA

 

Oltre a mio zio Cesare, che in tipografia, mi aveva insegnato a leggere già a 5 anni, e a farmi apprezzare i libri, a Chieti sotto casa nostra in un grande unico camerone adibito anche a studio colmo di libri, con in un separè una stanza da letto e in un angolo una specie di cucinino, abitava un solitario pensionato, un 70 enne, professore di greco-latino, che qualche volta dava ripetizione a degli studenti.

Noi nel periodo di guerra più nero, soprattutto quando la sua misera pensione non valeva più nulla con la svalutazione - lo avevamo aiutato molto nelle sue esigenze alimentari quotidiane, vestiarie e anche di riscaldamento, e lui si sdebitava con me in un modo molto singolare. E con tanta passione. Era diventato oltre che un carissimo amico-nonno anche un mio estemporaneo insegnante, e che insegnante !!! un professore "universitario" e con lui passavo tutti i miei momenti liberi.

Aveva una voce bellissima, calda, coinvolgente; mi teneva a bocca aperta per delle ore, raccontandomi tutte le storie della Mitologia Greca (Ulisse, Achille, le guerre di Troia ecc ) ma non solo la mitologia ma la vera e propria storia della Grecia. Quella di Atene, di Sparta, dei Persiani, le Olimpiadi, e poi quella non meno interessante: la storia Romana, con Cesare, Augusto, Nerone, Commodo e tanti altri. Li conobbi l'intera Storia Romana.

Mi citava pure il racconto di Plinio il Giovane riguardo al terremoto e l'eruzione del Vesuvio su Pompei. Per una sua personale ragione, lui era uno dei pochi sopravvisuti 30 anni prima, al terribile terremoto della Marsica nel 1915, che ebbe circa 30.000 morti, con Avezzano completamente distrutta e con circa 9.000 morti su 12.000 abitanti, e proprio da qui Avezzano - lui unico superstite della sua famiglia - assieme a tanti era sfollato a Chieti dove poi in un liceo classico incominciò e continuò per 30 anni a insegnare fino alla pensione.


Nell'accennarmi a quella tragedia di Avezzano, mi raccontò pure che a Chieti dopo la famosa pestilenza del 1656-57 vi morì circa il 20-30% della popolazione. (mi disse: "i chietini - come hanno fatto ora i tedeschi - sbarrarono tutta la città, ai cosiddetti "untori" . - "Chieti si isolò completamente". "Si chiudevano tutti in casa". La città in pieno giorno era deserta, non si vedeva in giro anima viva.
Non potè invece isolarsi dal disastroso terremoto aquilano del 1703, e poi in quello successivo del 1706, che distrusse o rese inagibile quasi tutte le case della città, e che proprio a Chieti fece non pochi danni, dove cadde anche la cuspide della cattedrale più la facciata ridotta in macerie che così rimase per più di due secoli".
(ricostruita solo dopo gli anni '31 dal nuovo arcivescovo di Chieti, Venturi che andò di persona a Roma da Mussolini per avere il finanziamento).

Ma il mio "professore" non si limitava solo ai racconti mitologici e a quelli storici. La domenica mi portava a passeggio, per farmi visitare i resti romani, le terme, i ruderi del teatro romano, l'anfiteatro nemmeno più visibile era sotto un campo di calcio, gli acquedotti con i cunicoli delle cisterne; raccontandomi anche le annesse storie di quei tempi; del resto nella sua professione quello era stato da sempre il suo pane quotidiano. Ma spesso in queste passeggiate si rammaricava di non potermi far vedere per via delle nuove costruzione altri reperti che erano stati seppelliti, resti di una civiltà antichissima (micenea e romana) che lui conosceva non bene ma benissimo.

"Chissà cosa c'era sotto il campo sportivo, e chissà cosa c'è ancora sotto la cripta del duomo e sulla stessa piazza !! Li nelle fondamenta della cripta doveva esserci un tempio romano, e se c'era questo, nella stessa piazza dovrebbero esserci state delle bellissime case dei nobili; e non escludo che anche qui ci sia una grande cisterna per l'acqua.
..." (in effetti anche dentro il nostro piccolo cortile quasi collegato a Palazzo Mezzanotte, e a questo in altri tempi era servita - avevamo una cisterna che chiamavamo "pozzo" - presumibile -mi diceva il professore - anche questa era di epoca romana. Un pozzo profondissimo (40 m.) che - pur facendo fatica per ripristinarlo - ci fu poi molto utile quando l'erogazione dell'acqua venne a mancare in quasi tutta la città. Un acqua che facevamo bollire, anche se il gusto era pessimo, sapeva di fogna).
O altrimenti, lì in piazza, prima del sottopassaggio a dx, c'era ( e ho visto c'è ancora - molti non sanno cosa rappresentava per noi quella fontanina) una piccola colonnina, che stranamente erogava sempre un filo d'acqua, ed era l'unica. Chissà da dove veniva! Mattino, pomeriggio e sera vi era la fila con bottiglie, damigiane, secchi. E quando uno aveva un recipiente un po' troppo grande, gli altri si spazientivano. Uno un giorno, era anche sordomuto - io che facevo la spola fra casa e fontana con bottiglioni - gesticolando mi stava riempendo di botte dalla rabbia solo perché mi stavo troppo attardando nel riempirle. MI salvarono dell'ergumeno gli altri presenti.

Poi il mio professore con un po' di "orgoglio" visitando i numerosi ruderi, il teatro, le terme, la cisterna, aggiungeva "quando nel tuo Piemonte le genti vivevano ancora nelle grotte o sulle palafitte, qui a Chieti c'erano già i templi, i palazzi, con il riscaldamento, gli acquedotti, le terme, il teatro, gli agi e i mille piaceri della vita quotidiana romana, perché Chieti allora era una città dei ricchi.". "E indubbiamente dovevano esserci nelle passeggiate sul corso già le donne romane agghindate, profumate e imbellettate di tutto punto". (non mancano infatti nelle antiche testimonianza e al museo ampolle di unguenti, profumi, ciprie, collane e monili vari dell'epoca).
"Poi solo con la caduta dell'impero romano e l'arrivo dei barbari, Chieti attraversò un periodo buio, fino all'Unità D'Italia"
- La città subì varie invasioni barbariche: i Visigoti, gli Eruli ed infine i Longobardi quando Chieti era entrata nel dominio del Ducato di Benevento". Questo - stando sul suo cucuzzolo - la portò a un isolamento col resto d'Italia. Proliferarono invece, le case religiose, sia maschili che femminili., Quando era ridotta a ca. 10-13.000 abitanti, dove la metà dei chietini erano o preti o monache.


Mi raccontava poi la stessa fondazione di Chieti, che era una delle città più antiche d'Italia. Sorta nel 1181 a.C. "Capisci Franco, parlo di oltre 3000 anni fa. Prima ancora che nascesse Atene, 400 anni prima della fondazione di Roma, e forse fu fondata per merito di Achille". infatti il nome di Chieti nell'antichità era Teate, che era appunto il nome della madre di Achille, e non può essere un caso.

Achille o no, mito o non mito, c'era - lui affermava - qualcosa di miceneo a Chieti. Mi portò a visitare la Cisterna, che lui diceva essere un'alta opera di ingegneria idraulica, uno scrigno prezioso dell’antica Teate. Lì mi spiegò che la costruzione della stessa con i suoi vari cunicoli era molto simile alla Fonte Perseia di Micene, che Gabriele D'Annunzio aveva celebrato e descritto molto bene nella sua tragedia Città Morta, scritta in seguito al viaggio in Grecia dello stesso D'Annunzio. Non ci potevano essere dubbi, quella tecnica adottata a Chieti doveva essere micenea.

(la cosa singolare è che quando io da adulto ho poi fatto con un Camper un viaggio in Grecia e sono andato a visitare la "famosa" Micene e i dintorni. Lì mi vennero in mente quanto diceva il Professore; Micene è esattamente quasi simile a Chieti tutta su una altura, da dove si domina tutta la valle, con in lontananza i monti e il mare. E proprio nel punto più alto accanto al grande palazzo imperiale c'è la Fonte Perseia. Sono così sceso nella cisterna sotterranea e nel guardare e confrontare quel sistema di cunicoli per l'approvvigionamento idrico della città, vi trovai delle analogie incredibili. - Non so attualmente che tipo di ricerche archeologiche siano state fatte fino ad oggi a Chieti e se hanno scoperto qualcosa di più rispetto a ieri riguardo alle origini della città).

In Grecia scoprii non solo Micene. Ma poco distante, quasi di fronte, nell'isola di Samo a Eupalinos nell'antichità vi era sorta un'opera idraulica tutta in galleria. Un capolavoro di ingegneria, un po' posteriore a Micene (e lo si vede dai gradini più curati). Aveva la funzioni di acquedotto e si sviluppava su una lunghezza di 1036 m, con due aperture, con l'acqua - presa da una profonda sorgente interna come a Micene - che poi arrivava con tubazioni alla città.
Tutte opere molto simili a quelle di Chieti. Mentre a quel tempo a Roma non vi erano ancora i famosi acquedotti. Roma dove sorge oggi, allora era un enorme acquitrino disabitato per le piene del Tevere. Poi negli anni 1000-800 a.C. vi scesero i palafitticoli. Dopo aver a nord con le palafitte già fondato la futura Venezia, scesi nel Lazio furono proprio loro - con alcuni latini dei colli - non solo a dare l'avvio a incanalare il Tevere ma a far sorgere la Roma che vediamo oggi sulle sue sponde.
Questi palafitticoli provenivano sì dal nord Italia ma vi erano arrivati risalendo il Danubio, da Varna sul mar Nero, fin dall'anno 2000-1500 A.C. ed erano discendenti di quei popoli in Mesopotamia che erano artisti nelle costruzioni di canali e acquedotti che sono ancora attivi tutt'oggi (Iran e Iraq) .

Ma girando la Grecia in lungo e in largo , scoprii pure qualcosa di simile a Micene, Tirinto, Samo

Fonti, tombe e mure simili a Micene, erano uguali anche in Sardegna
non proprio monumentali ma molto simili
dove anche molte parole micenee sono rimasti nei toponimi sardi.


Poi seguitando a girare l'intera Italia - curioso com'ero - scoprii i vari villaggi palafitticoli,
come a Ledro nell'alto trentino, che erano della stessa età di Chieti (1200-1100 a.C.).
Insomma il "professore" aveva proprio ragione quando mi esprimeva il suo "orgoglio" .

 

Qui sotto - il mio viaggio in Grecia - i resti di Micene vista dall'alto
(poi rasa al suolo dai Romani)

(vedi anche altri particolari su "CHIETI PATRIMONIO DELL'UMANITA'" >>>>>>



qui i resti delle mura di Micene, che é posta su un'altura, proprio come Chieti
con sotto la pianura e poco lontano i monti e il mare

la tomba di Agamennone

la discesa alla fonte Perseia


Qui la porta dei leoni

Qui Atene - Una visita alla prigione di Socrate
(di lui il professore mi aveva raccontato proprio tutto)

Poi mi raccontava anche dell'origine del termine ITALIA, che era "nato proprio lì a Corfinio, per merito si narra, dei Marrucini. Questi avevano perfino coniato una moneta, con su scritto "Italia" e fondato la "Lega Italica". Poi verso il III-II sec. a.C. dopo varie guerre sociali con i bellicosi Latini laziali, se ne appropriarono proprio i romani, ma non fu un male, loro poi si insediarono sull'altura teatina che domina la valle del fiume Aternum (oggi fiume Pescara), in quella che é oggi appunto Chieti che divenne in breve una grande ricca e popolosa città con - già allora - circa 60.000 anime.

 


Questo già 2000 anni fa !!!. Ed era quella popolazione tutta appartenente a un ceto superiore, quindi vi era nella Chieti Romana molto benessere, opulenza e ovviamente una vita di piaceri, con i bagni alle terme, la sera a vedere gli spettacoli, le tragedie, nell'anfiteatro (che contava 5.000 posti, 80 metri di diametro, l'anfiteatro 60x40 metri con 4 000 posti, l'acquedotto e la cisterna, situata sotto il corso Marrucino, a piazza Valignani, e proprio per questo chiamata anche "il pozzo".

 


Visitammo anche le Terme Romane. Facemmo fatica ad arrampicarci per vederle dentro;
vi erano sterpaglie ovunque che la ricoprivano. Era peggio dei resti di un bombardamento.

Mi raccontava che un tempo all'epoca romana vi erano le acque che vi arrivavano dai vari cunicoli.
E questi Teatini romani si trattavano bene i ricchi signori vi facevano i bagni. Con unguenti a profumi vari


E leggevano anche molto questi Teatini-romani: erano i più alfabetizzati di quella Italia che non esisteva ancora. Mi raccontò il professore che il politico romano Pollione era nato proprio a Chieti, un uomo di grande cultura e che avendo qui casa, tornandoci spesso proprio qui a Chieti aveva allestito (oltre alla sua casa a Roma) una delle prime (ma forse fu proprio la prima) biblioteca pubblica d'Italia. 2000 anni fa !!! E ( nostalgico com'era ) il mio professore si rammaricava pure che non gli avessero intitolato la locale biblioteca, e sarcastico aggiungeva "forse gli amministratori non leggono e... proprio per questo.... non sanno nemmeno chi è Pollione".


Prima con mio zio, poi con questo Professore mi ero fatto una tale cultura sull'antichità di Chieti, e sapevo così tante cose sull'antico suo passato, sia leggendario che storico, e così tante cose sulla Grecia e su Roma, che quando mi aggiravo tra i preti di san Giustino o tra gli studenti del seminario che è lì accanto, li lasciavo stupiti. In certi casi loro - di queste conoscenze - ne erano a digiuno oppure erano quasi indietro rispetto a quanto sapevo io a 10-11 anni !!.

Fra l'altro il professore (di latino), sapendo che ero un abituale chierichetto in cattedrale, mi aveva anche insegnato alcune frasi proprio in latino - quelle che - lui mi diceva - "ti serviranno più che in chiesa nella vita" e che "dovevo scolpirmele bene nella mente" e che io poi sfoggiavo fra i preti (anche quando non era il caso) lasciandoli a bocca aperta, (Cogito ergo sum.- Penso dunque sono" - "Gutta cavat lapidem - La goccia scava la pietra". - "Quisque faber fortunae suae. - ognuno è artefice del proprio destino". Ed infine Carpe diem. Cogli l’attimo", e "questo Franco fallo sempre in ogni occasione".
(me li sono eccome "scolpiti" nella mente; mi hanno sempre accompagnato nella vita. Mai dimenticati!)


Io ne ero orgoglioso, ed era orgoglioso anche l'anziano professore, che nel dirmi queste cose e raccontandomi le storie aveva anche la pazienza di sfogliarmi i libri con delle bellissime immagini. E di testi ne aveva tantissimi, le pareti erano coperte di libri. A sfogliarli restavo lì un intero pomeriggio. O quando avevo altre mie ore libere.


Possedeva i 6 grandi libroni affiancati alla Enciclopedia Treccani, quelli unicamente dedicati all'Arte dell'Antica Grecia e Romana, con dentro decine di migliaia di immagini giganti perfino a colori (ancora oggi un opera insuperata - e che in seguito da adulto mi sono poi procurato su una bancarella).

Quando ne prendevo uno in mano, anzi in braccio, visto che erano volumi enormi, nello sfogliarli mi sembrava di andare alla conquista di chissà cosa, mi sentivo importante. E quanta soddisfazione provava il mio professore nel vedermi (visto che ne ero capace) anche a leggere le pagine di quello che lui mi metteva in mano. Diceva che ero il migliore dei suoi studenti, perfino di quelli che avevano 15-18 anni.
Ma anche io come ho detto ne ero orgoglioso, ma non era un orgoglio sterile, perché lui mi stimolava ancor di più a voler io sapere, a voler conoscere. Come del resto in casa e in tipografia faceva mio zio, che lui "grande" mi faceva sempre sentire anche a me piccolo un "grande".

E a me piaceva sempre stupire chi mi avvicinava, parenti o estranei, e quindi non vedevo l'ora di sapere altre cento cose, che spesso poi al mio Professore chiedevo, e lui subito mi accontentava e le moltiplicava non per 100 ma per 1000, con tanta sua soddisfazione. Ero insomma un allievo attento, che assimilava ciò che mi diceva o ciò che mi faceva vedere nei suoi libri.
Libri dove mi ci perdevo per delle ore, ma non li guardavo come un passatempo, capivo benissimo che acquisivo conoscenza, tanta, rispetto non solo ai miei coetanei ma anche ai grandi. (quando andai in 5a elementare feci infuriare il mio maestro, perchè nel descrivere la grande cartina dell'Europa, non sapendo lui dov'era il Lago D'Aral, presi la verga e gli insegnai dov'era, ma lo feci con tale slancio che la grande cartina si staccò dala parete; infuriato la verga me la diede sulla schiena.
Il mio professore di Chieti ne era entusiasta, e mi diceva (profeticamente) se tu continui così la tua vita sarà sicuramente un avventura, ogni giorno scoprirai qualcosa e nel farlo sarai sempre "Vincente" perchè sappi che "il perdente é sempre e solo l'uomo ignorante".
Ed erano anche quasi le stesse frasi che mi diceva pure mio zio.


Prima e dopo ....

 

Il cruccio del mio professore era questo: lui amante dell'arte antica, gli dispiaceva moltissimo nel vedere la CRIPTA ridotta a un locale pieno di spaghettate di stucchi e minestroni di ori. Qui dentro io fui onnipresente per 5 anni a collaborare come chierichetto alle funzioni serali, sempre strapiene di gente. Dove c'era anche un organo che accompagnava le funzioni con la musica e un coro di bambini per il rosario cantato. (era questa un idea voluta da Venturi). (un organo ad aria, a stantuffo, dove io e i miei amici, spesso dovevamo pedalare su e giù per dare aria alle canne.

Ma il professore l'avrebbe voluta la Cripta com'era all'origine. E quale mia grande meraviglia quando molti anni dopo in una mia visita a Chieti, trovai la cripta proprio come la voleva lui; eliminate tutte le decorazione manieristiche e barocche, che lui considerava di cattivo gusto, ed é stata riportata alla luce l'antico assetto della costruzione medioevale ma che pure questa inizialmente era stata edificata sotto una precedente basilica romana-pagana. Si chiamava già allora "
Crypta" (dal greco krypte, da cui il latino crypta. Utilizzata per conservare importanti deceduti. (oggi la più famosa é la Cripta Imperiale di Vienna, dove sono sepolti 142 aristocratici, 12 imperatori e 18 imperatrici).

 


Ma chissà cosa direbbe oggi il professore, invece di essere una collana di perle
che avvolge la catte
drale la PIAZZA senza alcun pudore é adibita
a un banale parcheggio, che quando fai una foto ti ritrovi sempre
come protagonista un mare di tetti di auto in primo piano.



Con la sua bellezza e per il suo passato storico, oggi viene trascurata e persino umiliata,
essendo adibita a un obbrobrioso parcheggio.
Rimpiango quando ci vivevo io 70 anni fa con all'entrata i cartelli dei "barbari"
"Eingang Verboten" "Neutral Zone"
, visti già sopra,
e che invece di "Città Aperta",
ne facevano paradossalmente una ideale "Citta Chiusa".
Una piazza, che a me, sembrava maestosa, immensa, ma vivibile, oltre che bella!!

mentre oggi, dove giocherei a pallone ?
dove scorazzarei con i miei amici con le mie taboghe di legno
nella discesa da Piazza Grande a San Francesco?
O nella discesa della mia via Arcivescovado?

Forse oggi - nei gradini sotto i 2 lampioni, invece di leggere i giornaletti
ai miei amichetti, sarei lì, sì con 7-8-10 di loro, ma tutti in "silenzio" (come fanno oggi)
perché ognuno impegnato a guardare il suo onnipresente smartphone.
O tuttal più annoiati a guardare solo i tetti delle auto.
(dimenticavo che - nella mia ultima visita - ho visto pochi bambini in giro
e quei pochi seduti alla Villa pure loro avevano in mano lo smartphone
e altrettanto i loro genitori. Niente "felice chiasso", niente "gridi gioiosi"
niente correre, cadere, rialzarsi e di nuovo correre.
Tutti in silenzio. Che tristezza !!
Proprio io che sono stato un pioniere delle tecnologie informatiche
oggi sono molto amareggiato nel vedere queste tecnologie
usate così male, che riportano l'uomo ai dannosi silenzi e alcuni a vivere quasi come le talpe.

Connessi sì, lo sono, ma nella vita virtuale, non nella vita reale.
Ed è uno schiaffo alle eredità mentali dei nostri avi
quando diventati loquaci iniziarono a parlare e a dirsi
"io so una cosa tu un'altra, se ce le scambiamo sappiamo due cose"
poi - nonostante le loro mille difficoltà - ci hanno poi lasciato -
mille graffiti, mille papiri, mille e mille e mille libri
con un universo ancora tutto da esplorare nei successivi secoli.
E adesso cosa facciamo? Ci dedichiamo ai reciproci "tecnologici" silenzi ?
O spulciando in fretta qua e la qualcosa su Internet.

Io che ho lanciato i Computer e ne sono stato un pioniere
mi sono sempre rifiutato di possedere un telefonino.
E nemmeno una carta del bancomat, perchè so come funzionano i terminali.
Quando giravo l'Italia e l'Europa non volevo al polso nemmeno l'orologio.
La schiavitù di molti è il tempo; ma che poi
pur avendolo - paradossalmente - lo utilizzano male.



UNA SETTIMANA FA HO CERCATO CHIETI SU GOOGLE HEART
ECCO IL RISULTATO:
UN PUGNO NEGLI OCCHI

PIU' CHE "PIAZZA SAN GIUSTINO" .......
(che qui paradossalmente lui le macchine le benedice pure o le vorrebbe forse cacciare)
LA SI POTREBBE CHIAMARE "PIAZZA DEL PARCHEGGIO"
la cattedrale fa solo ombra alle auto

NEL MONDO, ATTRAVERSO HEART GOOGLE, QUESTO E' IL BIGLIETTO VISITA DI CHIETI

LA CATTEDRALE SEMBRA UNO SCOMODO EDIFICIO
CHE RUBA SPAZIO AD ALTRE POSSIBILI AUTO

Che tristezza !! - Un pugno in un occhio !!
Una incomparabile architettura circondata da un mare di ferraglia che dopo pochi anni vanno al rottamatore
mentre la cattedrale da secoli risplende e.... per altri secoli risplenderà.

Speriamo che qualcuno prima o poi
gli metta la cornice di perle che gli si addice ....

Una bellezza per gli occhi !! e non un pugno agli occhi !!



... e alle entrate ci rimetta pure il cartello dei cosiddetti "barbari"

Per chi non ha ricordi, sappia che una volta al centro della piazza c'era una bella fontana....
Una commissione l'aveva scelta a una Esposizione di Parigi nel 1894.
( negli anni '30 fu fatta a pezzi e trasferita poi alla Villa )
Ad eliminarla ci pensò proprio Venturi appena arrivato a Chieti
dopo aver rifatta l'intera facciata e la cuspide del campanile.
Chissà cosa direbbe oggi !!!! Ne vederla adibita a parcheggio.
Con addirittura con San Giustino che benedice la ferraglia



così spostata ....ha poi lasciato lo spazio alla ferraglia,
alle più artistiche decorative lamiere dei Sub
che luccicano sì al sole
ma mettono anche in una cupa ombra la bellezza.

Ora ho sentito che vogliono eliminare anche i lampioni
che rubano 4-5 spazi al parcheggio.


Chieti non é come Pescara, tutta piatta come lo è il suo mare senza "faraglioni"
Chieti il suo "faraglione" è il campanile di San Giustino, lo si vede da chilometri
e la città non è piatta ma dall'alto si gode uno stupendo Panorama
sulle campagne, sulle colline, sui monti con il Gran Sasso da una parte
e.... dall'altra.... "per la maiella ci sta anche la...". Maiella !!!!

DA LASSU' SI ABBRACCIA L'INTERO ABRUZZO

Non era del resto Gabriele D'Annunzio
che si sentiva chietino
a dire....
"con la sua cuspide tocca il cielo a modo di un dito".
e aggiungeva.....
“ contempla la montagna incrollabile e riceve il soffio mutevole del mare”

Anche a Trento nella centrale Piazza del Duomo a quel tempo - anni '30 -
c'era al centro una bella fontana, quasi simile
ma c'é ancora oggi....!!! anni 2000 !!!
mai nessuno si é sognato di adibirlo a parcheggio auto.

(E' un luogo sacro per i Trentini - sullo sfondo il Duomo
a sinistra il palazzo dove si svolse nel 1545-1563 il Concilio di Trento).



Insomma uno scempio. E tutto per vile denaro, per prendere qualche soldo in più con i parcheggi. Quando invece la stupenda piazza potrebbe essere un perenne (e non solo occasionale) "Salotto della Comunità Chietina". Chissà se gli amministratori nella loro vita hanno visitato o sfogliato qualche depliant di altre città e sanno cos'è veramente una città da vivere; purtroppo solo pochi hanno appreso l'arte di come rendere belle le città, per chi ci vive e anche per come renderle attraenti per chi le visita. Piazza san Giustino meriterebbe qualcosa di meglio che non un parcheggio da Supermercato, Centro Commerciale o Grandi Magazzini "del menga".
Quando manca la bellezza, la Civiltà non è più tale, soprattutto quando il suo habitat diventa scadente.


Vi faccio un fotomontaggio.....
Vi immaginate Piazza del Duomo a Milano trasformata dagli amministratori
in parcheggio auto per la Rinascente?
Li appenderebbero a Piazzale Loreto.

E così a Firenze ....li butterebbero nell'Arno

così a Siena... li farebbero correre al Palio al posto dei cavalli..

a Pisa se ridotta così al "Campo dei Miracoli" li butterebbero giù dalla Torre..

Perfino nella caotica e confusionaria Napoli, hanno chiuso la famosa Piazza Plebiscito alle auto.
( solo pochi anni fa era un enorme parcheggio - sono rinsaviti )

 

E che dire della Villa? Oltre che farci una bella passeggiata, l'ideale sarebbe
avere il contorno di fiori, piante e laghetti ben curati.
Invece ho visto tanta trascuratezza, tanta sterpaglia, i laghetti molto sporchi.
Io ho abitato 17 anni a Merano. Qui il Comune ha 50 giardinieri fissi per la cura del verde.
E ha delle passeggiate favolose invase da piante perfino scolpite....

e tanti....... tanti....... fiori a destra........ a sinistra........ al centro.......

così potrebbe essere la strada della Villa ..................
fiori al centro e a destra e a sinistra panchine


o con tanta gente a passeggiarci

come a Merano...

o a Bolzano
dove i tanto deprecati lampioni non danno alcun fastidio.....

anzi ci appendono perfino i vasi di fiori ......


In città i bidoni della raccolta rifiuti sono in legno.
In un colpo solo sono state sostituite 120 nuove Corriere, con 300 fermate in città.
Nella vicina Bressanone ogni turista che alloggia negli alberghi
viene rilasciata una tessera gratis per tutti i mezzi pubblici
e alle fermate hanno anche un cartello elettronico che avvisa
quanti secondi mancano all'arrivo della Corriera che stai aspettando.
Oltre esserci con la tessera l'entrata gratis in 80 strutture museali e culturali.

Ma sono andati certi amministratori in giro a visitare qualche altra città? Non credo, perchè altrimenti scoprirebbero che Chieti è (io che le conosco tutte tutte ) una delle più belle città d'Italia, e non merita questo castigo con la trascuratezza. (anzi con questo scempio)

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Io suggerirei di avvalersi di Luciano Giubbilei. Il più richiesto architetto del paesaggio.
Che è diventato famoso a Londra, nel Texas, in Francia ecc. ma anche in Italia.
Quest'uomo e con lui 60 altri famosi paesaggisti
ha trasformato la città di Bergamo, una città stupenda.
Una città che é poco più grande di Chieti ed è anch'essa su un colle.....


( ed anche se non è la ultra "floreale" MERANO..... )
ha trasformata Bergamo con il " Landscape Festival "
in una città della bellezza. E la Piazza in un Prato Verde.
Con piante, tavolini e perfino a terra dei materassini gonfiabili colorati
Con migliaia di visitatori entusiasti.

Non dimentichiamo che la bellezza porta anche ricchezza.

 

PROVIAMO a IMMAGINARE
CHIETI COSI'
( con la famosa fontana )

o così ! ( GIAMMAI !! )


Se può essere utile, guardate Bolzano Piazza Duomo (Piazza Walter) (vedi le eloquentissime foto > > considerato il "salotto della Città", con moltissime manifestazioni nel corso dell'anno (es. La Festa della Città, La Festa dei Fiori (oltre 100.000 piante invadono la piazza il centro, le strade, i portici, i negozi e persino i piatti dei ristoranti); poi Le Feste Gastronomiche, gli Incontri di Cultura, infine da 24 anni si svolge il famosissimo "Mercatino di Natale" il più grande d'Italia, che attira circa 1.000.000 di turisti !!!!!!!!! )
E hanno una "Villa" e una piazza modesta rispetto a quella di Chieti
e con un Duomo meno imponente.

Il parcheggio?? I piani li hanno realizzati sotto la stessa Piazza !!!
Sarà perchè sono di stirpe tedesca.


E pensare che qualcuno a Chieti in quel famoso '43-'44, i tedeschi li chiamavano i "barbari" !!!!!

ma presso i "barbari" non ho mai visto parcheggi di auto davanti al duomo di
STOCCARDA - COLONIA - BERLINO e.... tante altre piccole e grandi città.


Nessun raffronto con le fontane - a parte quella dei ricordi - di Piazza San Giustino.

La civiltà viene anche riflessa nelle fontane. Qui invece del periodo "rinascenza" abbiamo il periodo "rinascemenza".
Le fontane nelle città dovrebbero essere tutte statuarie, tematiche, belle, non banali anonime rotatoria da paesino.
(ma spesso anche in questi si vedono belle idee, e in altre anche la creatività.
"la creatvità" - qui sotto in quella a dx- é propria assente. Sembra proprio quella di Chieti che ha in più solo del fil di ferro attorno......molto decorativo !!!!).

non pretendo di vederle le fontane.....

.......re
alizzate come i "barbari" a Stoccarda

ma nemmeno fatta così.... simile a quella rotatoria banale e anonima..... vista sopra a dx

che sembra quasi una copia della rotatoria di Chieti Scalo (sotto):
So che in Veneto e a Brescia le rotatorie così le fabbricano in serie.
E costano anche poco perchè prefabbricate, già pronte
come opera muraria del cordolo e pronto anche il solito meccanismo di varie fontane.


ne avrò già viste almeno una cinquantina così in Italia nelle città e nei paesini
e sono usate proprio per farci girare attorno le auto

creatività !!!


creatività

ma non era meglio così ???

o così....

( forse è stata fatta in previsione della pandemia del 2020 )
monumento post all'umanità scomparsa

( mai scherzare con i fantasmi !!!)

assomiglia molto al monumento e alla processione
dei defunti fantasmi di un paese del Sud, Caserta




erano di certo molto più belle le fontane delle lavandaie di una volta.

Inoltre é stata fatta davanti a un Teatro, a un Arcivescovado, a un Palazzo della città, al CENTRO della stessa Città.
Inoltre senz'acqua (bisogna prenotarsi?) e proprio sul "Pozzo", dove 2000 anni fa non mancava di certo l'acqua.
(Hanno dimenticato nella rotatoria la freccia azzurra per tutti quegli automobilisti
provenienti da altre strade attorno,
così si completa l'opera trasformando il Corso
"rotabile" "camionabile" , e non più "passeggiata").

E' la "modernità" bellezza !!
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Ma chi è che l'ha scelta? IL POPOLO !!!
(sì, con la DEMOCRAZIA !! )

mi viene in mente un' affermazione di Mussolini (che qui ci sta proprio a pennello)

"Al popolo non resta che un monosillabo per affermare e obbedire.
La democrazia con la sua sovranità gli viene lasciata solo nei momenti di ordinaria amministrazione.
Va benissimo quando si tratta....
di scegliere il luogo più acconcio per collocare la fontana del villaggio,
ma quando gli interessi supremi di un popolo sono in gioco,
anche i Governi ultrademocratici si guardano bene dal rimetterli al giudizio del popolo stesso.
(Mussolini, Preludio al Machiavelli, in Gerarchia dell'aprile 1924. S.e.D., vol. IV, pag.110)
.

a quando pare non é valsa nemmeno per la scelta della "fontana del VILLAGGIO"

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Andiamo avanti con la mia storia a Chieti
Ero diventato così pratico a manipolarli con cura i libri, che quando conobbi il prete che gestiva lì vicino a San Giustino la libreria Pia Società San Paolo, mi chiamava sempre quando c'erano i nuovi arrivi per aprire gli scatoloni e metterli in ordine negli scaffali. E qualche volta - rendendomi felice - si sdebitava e me ne regalava qualcuno. Cominciò così la mia collezione oltre quelli che via via mi regalava mio zio.

Con i libri, e con l'imprinting di mio zio e del Professore in seguito riempii gli scaffali di casa, fino al punto di possederne - oggi - circa 30.000 - (la mia biblioteca >>>>) , anche per i motivi che vado fra breve a raccontare, dopo il mio ritorno a Biella (mio zio ne sarebbe orgoglioso!!) e altrettanto sulla musica, ho una stanza piena di dischi storici dai primi 78 giri del 1920, ai 33, 45, cassette e dischi e cd >> pari a 27.000 composizioni)

Nel 1946, prima ancora che io nell'estate ritormassi a Biella, come già accennato il 2 giugno ci fu il Referendum Repubblica-Monarchia. Come già detto, quanti manifesti stampammo - io e mio zio - in quel periodo!!! Notte e giorno!!
E fu il solito mio Professore a farmi capire il significato di questa elezione, e cosa voleva dire Democrazia, Monarchia, Repubblica. Ovvio che mi tirò fuori nomi a lui molto familiari e che io avevo già da lui qualche volta sentito, ma ora erano diventati tutti attualistici, e quei nomi erano Aristotele, Platone, Democrazia Ateniese, Napoleone, Mazzini, e tanti altri. Ci capivo ancora poco ma i nomi mi rimasero tutti nella mente. Ma qualcosa capii pure, nonostante l'età.

Il responso delle urne in Italia fu poi il seguente:
"REPUBBLICA" VOTI 12.717.923 - "MONARCHIA" VOTI 10.719.284.
Il Professore non era contento, perché Chieti fu per lui una grande delusione. Lui era un repubblicano!!! Invece Chieti e la DC sposò apertamente la causa della estinta Monarchia e fascismo, che ottennero voti pari al 78% (14.248); mentre la Repubblica ebbe solo il 22% (3.698).
Mentre alla successive politiche del '53, oltre che la DC (38.9%) il 33%; votò Monarchia il 16,2 % e Msi il 16,8%.
La stessa Piazza conservò il nome di Re Vittorio Emanuele II. Solo nel 2011 S. Giustino l’ha spuntata nel lunghissimo duello.
Del resto è un fatto che Chieti ha "preservato" la toponomastica cittadina dalla "contaminazione" del risultato del referendum, conservandovi tutte le "reliquie" dell’adorata monarchia. Sono infatti ancora molte le vie con il nome dei sabaudi.
Ed è anche una delle poche città in Italia che non ha dedicato una piazza, un largo, un viale, alla.... Repubblica.
Dopo 67 anni, la città di Chieti attende ancora l’intitolazione di una piazza, un largo, un viale, "Repubblica".
È, in Italia, uno dei pochi capoluoghi di provincia a esserne priva.

Chieti volle manifestare i sentimenti di profondissima devozione verso la gloriosa Dinastia Sabauda, in un colpo di "voti" con quel 81 % . Nonostante le gravi responsabilità politiche, il cui inizio dell' epilogo era avvenuto proprio a Chieti il 9 settembre '43 con la disonorevole fuga.
Qualcuno disse: se in Italia avesse vinto la monarchia, il nuovo re in segno di gratitudine (per quel 81%) avrebbe concesso a Chieti la medaglia d’oro al valor civile e che Venturi l'avrebbero fatto subito Santo.



FINE


LO "SCEMO DI GUERRA" RIENTRA A BIELLA
IL MIO "DOPO PROFESSORE" NON POTEVA ESSERE MIGLIORE

Come accennato più sopra, tornai a Biella, ed entrai a 12 anni in tipografia. Poi a 15 anni ero diventato un vero e proprio tipografo con una grossa macchina da stampa tutta mia per fare i manifesti. Che era uguale a quella di mio zio a Chieti, Ma quando in certi giorni non ero impegnato nella stampa, salivo in legatoria - che già conoscevo - a dare una mano all'addetto. I libri come detto erano la mia passione.

Qui in legatoria c'era un singolare personaggio. Uno sciancato i cui genitori fin da bambino perchè storpio lo avevano abbandonato al Cottolengo di Torino. Qui crescendo gli avevano insegnato un lavoro da seduto; a fare il legatore di libri. La tipografia lo aveva poi assunto quando aveva circa 20 anni. Quando arrivai io ne aveva 60. E se il professore di Chieti era già stato per me un uomo eccezionale questo per me diventò addirittura straordinario, unico!! E se quello di Chieti era stato per me un ottimo zio o nonno, oltre che mio "professore universitario", questo diventò un paziente padre. Infatti mi voleva più bene lui che non in famiglia, dov'ero sempre considerato lo "scemo di guerra".
Anche lui come il Professore aveva una voce carezzevole.

La sua menomazione l'aveva trasformato in un essere umano molto sensibile, capace di leggere l'anima in pena dello "scemo di guerra" cioè di quell' "orfano bianco" che ero io.
E io - nelle tante ore che trascorrevo con lui - a lui mi rifugiavo, mi aprivo e ascoltavo tutto ciò che mi diceva, soprattutto perchè mi aiutava a conoscere me stesso. Lui che non poteva fare neppure un passo, metteva invece a me sempre la voglia di correre.

A questo legatore possiamo immaginare quanti libri gli erano passati per le mani nell'arco di 40 anni. Aveva in testa tutto lo scibile umano. E quando iniziai a parlargli del mio Professore chietino - e ovviamente a raccontargli cosa mi aveva insegnato - lui iniziò a voler competere con lui nell'insegnarmi non solo la storia, ma tutto ciò che riguardave la musica, l'arte, la letteratura, la scienza. Aveva del resto in testa una vera e propria enciclopedia universale. Lui era brutto e sciancato ma sapeva e conosceva tutte le cose più belle del mondo. Perfino le più belle poesie d'amore, lui che all'amore in quello stato era ovviamente negato.

Alcuni giorni restavo con lui 8 ore, ed erano 8 ore non solo di lavoro ma direi anche questi di studi "universitari" oltre che essere avvincenti perché lui i fatti me li raccontava trascinandomi dentro. In più parlandomi di arte, mi insegnò anche a dipingere, a fare acqueforti nel torchio che avevamo in tipografia, ed anche a modellare la creta.

Poi - come aveva fatto mio zio e il professore - mi invogliava soprattutto a leggere. E ad essere soprattutto "volitivo". Ma oltre ai libri (quelli più preziosi degni di rilegatura) che i clienti portavano a rilegare, avevo anche la fortuna di avere la grande e nutrita biblioteca comunale di Biella quasi davanti casa. E lui mi diceva, vai prendi questo libro e leggilo è molto importante, poi leggi quest'altro, e quest' altro ancora, poi nei giorni seguenti mi interrogava, voleva sapere se l'avevo veramente letto. Mi fece così scoprire, i grandi della poesia e dell'arte, i grandi della letteratura. A 18 anni conoscevo già tutto Dostoevskij ( che non é il "Corriere dei Piccoli" . Tutt'altro. Anzi mi lasciò il "segno"!.).

(una curiosità: la biblioteca di Biella era divisa in due settori; una circolante con i libri di letteratura varia, e una scientifica. Ma per avere i libri da quest'ultima, bisognava essere maggiorenni. Certi libri (scomodi) non me li davano salvo avere un tesserino rilasciato dal municipio per motivi di studio. Io non mi persi d'animo, andai in municipio e chiesi del Sindaco. "Per quale motivo?". "Voglio il sindaco e basta! Il motivo lo dirò a lui". Si arresero. Fissato l'incontro, gli dissi che in biblioteca mi negavano certi libri, ed era assurdo perchè certi libri nelle librerie li vendevano; quelli sul fascismo, quelli sulla sessualità, sull'inquisizione ecc. ecc. La mia caparbietà fu ripagata con il rilascio del tesserino, firmato proprio da lui. Il giorno dopo mi presentai alla biblioteca e trionfante misi in faccia all'addetto il tesserino).

Sulla musica, il mio legatore idem: "vai questa sera sulla stazione di Monte Ceneri, trasmettono alle ore 21 la 5a di Beethoven, alle 22 alla Radio Italiana il concerto di Mozart ecc. Domani alla 21 Wagner" Poi il giorno dopo: "hai sentito? quando fa così e così, quando interviene il pianoforte, il violino ?...." e giù a canticchiarmi il motivo.
Un giorno del '53 ci organizzammo per andare a Milano, al loggione della Scala. C'era un evento memorabile, Furtwängler che dirigeva l'Orchestra filarmonica di Berlino con in programma "L'Anello del Nibelungo"di Wagner.
Poi vennero le Opere liriche e me ne fece una panoramica totale. Avevamo a Biella un ottimo Teatro simile a quello di Chieti, e quando c'erano in cartellone opere importanti io e il mio legatore non mancavamo di andare al loggione. Lui per l'intera settimana mi aveva già raccontato la trama, magnificato e cantato per intero le romanze che avremmo poi ascoltato.

Una sera accompagnandolo a teatro, dato che lui era molto zoppicante e io lo sorreggevo, qualcuno all'entrata ci guardava con una palese commiserazione come se avessimo profanato il regno dei belli. Lui rimase imbarazzato... "per colpa mia guardano male anche te". Poi in sala mentre si eseguiva una famosa romanza il mio amico legatore mi indicò un tale che si era appisolato nonostante la bella musica che si diffondeva nel teatro "guarda quell'infelice, e poi commiserano me!"
Per farla breve, oggi ho una sterminata discoteca con 27.000 composizioni di ogni genere, dai corni al canto gregoriano, poi la classica, l'operistica, il jazz, il rock ecc.

Ho passato così con lui 5 anni. Ho imparato di tutto. A 18 anni la mia biblioteca a casa contava già 100 volumi, ma ne avevo già letti o sfogliati quasi 500. Ma non solo avevo acquisito un po' di sapere, ma ero - essendo esuberante - visto che non restavo mai nella mia opprimente casa - diventato nel frattempo con i tanti amici che mi ero fatto, un buon sciatore, un buon rocciatore, poi a 19 anni, sbigottii tutti i miei amici e amiche in città, quando sul giornale riportavano con enfasi e ammirazione il mio primo lancio col paracadute -. allora era una cosa insolita, (come civile ero del resto uno dei primissimi in Italia - il 131mo) ....tanto che sul giornale locale scrissero "un nostro concittadino che conosciamo un po' tutti, "un po' matto", con sprezzo del pericolo e della vita - e non siamo in guerra - si é buttato col paracadute da 2000 metri da un aereo".

Ed era proprio per questa vitalità che ero diventato un vulcano di intraprendenza in mezzo ai tanti amici. E soprattutto in mezzo alle tante mie amiche dove furoreggiavo.

 

Così intraprendente, che organizzavo io le gite in montagna, quelle sciistiche o quelle estive al mare in Liguria, i viaggi, le scampagnate (ero io che organizzavo e prenotavo i pulman) e dato che avevo anche un carissimo amico appena giunto dall'America con un mucchio di dischi con dentro la "musica dei matti", e lui stesso suonana il Jazz al pianoforte e i primi rock; elettrizzammo tutti i nostri amici e amiche. Gli altri, amanti del ballo della mattonella ci davono dei matti. Ma poi quando arrivò anche in Italia il film Rock Around the Clock con dentro il primo pezzo Rock non eravamo più noi i soli matti. Lo diventarono tutti. Era cambiata un 'epoca, ed io e il mio amico a Biella l'avevamo solo anticipata.

A 18 anni stavo anche bene in tipografia, ma c'era la padrona che - unica erede - avendola ereditata da suo padre prematuramente morto, era ignorante in materia, ed era piuttosto strafottente e arrogante. Aveva un figlio della mia stessa età, che io non invidiavo di certo, doveva fare a bacchetta tutto quello che lei diceva e voleva come una marionetta. Ed era anche invidiosa di me; io dipingevo?, lei mandò il figlio a imparare dal miglior pittore di Biella; io leggevo certi libri molto seri e lei per stimolarlo era perfino offensiva nei miei ma anche nei confronti di suo figlio "non vorrai mica farti passare avanti dal nostro operaio?" - !!!!

E a proposito di pittura. Non ho in seguito mai più smesso di dipingere. Ottenendo anche numerosi premi.....
Fino al punto di essere annoverato.....
"Nel Dizionario Artisti Italiani del Bolaffi".
Poi i computer mi hanno rubato tutto il tempo.
Inoltre dopo aver visitato tutti i Musei delle grandi capitali europee,
mi chiedevo sempre nel fare dei confronti......
"ma cosa stai facendo tu? Niente. L'Arte come vedi è un'altra cosa !!".
Tuttavia mi sono preso la soddisfazione di vincere anche numerosi premi. Perfino a Milano dove fui premiato "Artista dell'Anno". (a MILANO !!!)
VEDI qui
IL SUO PERIODO ARTISTICO > (e alcune opere) > >

 



Tormando a quella mia "Padrona" quando andavo in montagna o a sciare io avevo mille amici e amiche che erano i figli dei più noti industriali di Biella, (< eccoli nella foto sopra anno 1954 ) e tutti volevano venire con me perchè ero di grande compagnia; perfino i figli del padrone della Banca Sella. E io invitai pure quel figlio, a lui gli sarebbe tanto piaciuto, ma la madre schifiltosa non voleva che suo figlio frequentasse e si sporcasse con uno della plebe, "un operaio" !!. Viveva ancora nel medioevo. Nel becero "Aparthaid" dei ricchi.

Io non ero di sicuro timido, non mi facevo mettere sotto i piedi da nessuno quando avevo ragione; un giorno scoppiò una banale lite con lei, io gli risposi forse con un po' troppa animosità, lei minacciò di farmi prendere la giacca e mandarmi a casa. Non era la prima volta che me lo diceva. E io la giacca questa volta andai a prenderla e me ne tornai a casa, anche se mancava mezz'ora alla fine della giornata.

Che lite c'era stata? Stava piovendo, lei mi chiamò mentre avevo appena fluidificato gli inchiostri per la mia macchina, per dirmi che dovevo portare l'ombrello a suo figlio all'uscita dalla scuola. Io di rimando ne chiesi due, per quando io sarei tornato indietro. Lei mi disse che "io non ne avevo bisogno". Ed io di rimando, "e chi sono allora io, il suo schiavo?, se non mi da due ombrelli io non mi muovo, anch'io sono fatto di carne come suo figlio! e (con strafottenza) nemmeno io mi devo bagnare la testolina mia cara.... che sarà anche la padrona della tipografia .... ma non la mia padrona!! Sarà padrona anche di suo figlio ma non la mia!!! "
Fui insomma sfrontato. Ma era stata quella sua infelice frase "che non ne avevo bisogno" la goccia a far tracimare il vaso, a farmi diventare più irriguardoso e sfrontato come lei.

Scoppiò il finimondo "ma chi credi di essere? ma chi sei? Sei solo un pezzente". Finì come ho già detto, con lei con la bava alla bocca dal'ira. E io - ormai aspettandomi le ovvie conseguenze - a ridergli in faccia perfino in latino, (Cogito ergo sum.- Io penso dunque sono" rischiando di fargli venire dall'ira un infarto. Così abbandonai per sempre la tipografia e la "Signora" che chiamavano tutti "la foca", perchè era alta 1,80, corpulenta, molto grassa e sempre - quando parlava - con le sue due braccia ai fianchi come un duce.

(Nota: suo figlio Roberto, doveva anche lui averne le tasche piene di sua madre. In me vedeva la vita esuberante di un giovane della sua età, mentre lui poverino conduceva già la vita di un vecchio, chiuso in casa sotto le gonne di una madre apprensiva e autoritaria. Questa, appena il giovane prese la maturità lo iscrisse alla Bocconi di Milano per farne un manager della industria grafica. Ma il giovane - uscito dal "lager" - non tornò più a casa. Mandò al diavolo la tipografia, restò a Milano, diventò professore alla stessa prestigiosa Bocconi e dopo alcuni anni Roberto Ruozi, della Bocconi ne diventò
addirittura il Rettore al posto di Mario Monti emigrato alla UE. In seguito é diventato anche il presidente del cda del gruppo Banca Mediolanum poi lasciato essendo inconciliabile la sua presidenza alla Banca Intermobiliare del Gruppo Veneto Banca.

Io dunque quella sera presi la mia giacca e tornai a casa. A sera tardi si presentò un impiegato mandato dalla "signora" per incontrare mio padre la mattina dopo per chiarire l'increscioso episodio della sera prima. De resto senza di me la macchina con la quale stampavo migliaia di manifesti sarebbe rimasta ferma, nessuno la sapeva usare, salvo fare danni alla macchina e ai caratteri.
Lei disse a mio padre che ero stato "poco educato", ma che ci avrebbe con magnanimità passata sopra. Mio padre non volle intervenire, lasciò che decidessi io. E io ancora più sfrontato di rimando dissi alla "foca", che lei lontanamente sapeva cos'era l'educazione, gli ripetei le sue frasi, mi alzai dalla sedia e con mio padre andammo via.

A casa da qualche tempo avevo iniziato in cantina a pianterreno a fare alcuni lavori che raccoglievo in varie tipografie. La settimana dopo, a 18 anni, affittavo un locale sulla strada, e aprivo io una bottega con una legatoria. Acquistai il minimo necessario, comprai a Milano una taglierina usata e iniziai a procurarmi dalle altre tipografie il lavoro, che non mancava, nè mi mancava l'intraprendenza per cercarlo.

Tre anni dopo dovetti partire per il servizio militare. E qui, non potevo che fare una scelta coltivata come detto fin dalla famosa liberazione di Chieti: ero già diventato come detto paracaduitista civile, quindi la mia destinazione non poteva che essere una sola: fare il Paracadutista alla "Folgore" nel CMP di Viterbo, presso il Centro Carabinieri Sabotatori. Poi quando mi distaccarono negli Alpini Paracadudutisti dell'Orobica a Merano, con corsi di sci, corsi di roccia, corsi di nuoto non potevo desiderare di meglio, avevo trovato il mio mondo e lì ci rimasi per diversi anni. Diventai istruttore di sci, istruttore di roccia, e ovviamente istruttore di paracadutismo. Oltre che agire nell'"Antiterrorismo".

In questo nero periodo - con i "bombaroli" Alto Adige - non furono delle semplice passeggiate. Tutt'altro.

Ma furono anche gli anni dei grandi lanci, spettacolari, sul M. Bianco, sul Cervino, sul Cevedale, in seguito mai più ripetuti. (vedi poi altre spettacolari immagini e la biografia nel link a fondo pagina).

Monte Bianco


"Io amo colui che cammina su un filo disteso sul baratro, e non ha paura del baratro" (Nietzsche)
Dopo mitragliamenti e 58 bombardamenti a Chieti, di cosa dovevo ancora aver paura?


Lo stesso lancio ripreso dal Ghiacciaio, con sullo sfondo il Gran Zebrù
POI DOPO IL LANCIO SALITA SULLO STESSO GRAN ZEBRU'
UNA DELLE PIU' BELLE MONTAGNE-PIRAMIDI DELLE ALPI

poi qui sotto all'Alpe di Siusi

sull'acqua...


Tanti momenti magici
( "Dio non ci ha dato le ali ma il coraggio sì" )

 

Una vita tutta di ardimento, con operazione soprattutto di antiterrorismo in Alto Adige. Al Centro Addestramento Paracadutisiti Carabinieri Sabotatori di Viterbo, avevo un bravissimo Capo Istruttore. Quando entrambi abbandonammo i reparti, lui divenne Capo Scorta di un famoso uomo politico - Aldo Moro - che in procinto di diventare Primo Ministro, stava quasi convincendomi a seguirlo per ampliare la scorta, ma rinunciai perchè io avevo già trovato un lavoro molto interessante. Lui era ORESTE LEONARDI, Capo Scorta assieme ad altri 4 miei colleghi, poi tutti massacrati dalle Brigate Rosse. Se lo seguivo ora non sarei di certo qui a raccontarla.
( ORESTE LEONARDI VOGLIO RICORDARLO QUI > >

 

Durante il militare morì prematuramente mio padre. Pochi mesi dopo potevo tornare a Biella alla mia legatoria , che però - rientrato a Biella per il funerale - scoprii a chi l'avevo lasciata, aveva trascurato la mia, ne aveva aperta una a casa sua, e perfino chiusa la mia. A quel punto - anche se c'era il "terrorismo" dei fanatici tirolesi decisi di rimanere a fare il Paracadutista, il rocciatore, lo sciatore.

Anche in caserma io leggevo moltissimo, ero molto amico degli ufficiali superiori perchè anche per loro ero istruttore di sci e roccia, ma anche perché ero un caso anomalo, avevo una mia biblioteca in caserma di 100 volumi e dipingevo pure (un parà che dipinge - altro che anomalia!!): In assenza del comandante, per 40 giorni invece di un sostituto pari grado, il Generale preferì affidare a me il reparto dei paracadutisti dove godevo di un grande carisma. Ero io che curavo la spesa viveri, io a far confezionare pranzo e cena.
Insomma ero affidabile e anche sempre con i piedi per terra; leggendo ogni giorno i quotidiani (l'unico in caserma) ero però anche attento alle mutazioni della nostra società soprattutto su quella economica-commerciale, emergente proprio in quegli anni, il 1960, con l'arrivo del Boom Economico il cosiddetto "Miracolo".
Si stavano aprendo insomma un mondo di opportunità per i volenterosi che avevano voglia di fare.

Allora mi dissi: ho l'intraprendenza, una discreta cultura, una bella parlantina, il coraggio, determinazione e volontà per riuscire anche nel lavoro, quindi di sicuro il miracolo poteva venire anche a me, e bastava questo miracolo farselo. (come diceva il mio Professore chietino bisogna "cogliere l'attimo", " cominciare...agire....volere... ... e poi continuare" ).

 

Certo che abbandonare i "parà" (dov'era molto considerato e con un futuro assicurato) non fu certo cosa facile.
Ma abituato a tuffarsi nel cielo da un aereo o a scalare le vette, le cose difficili gli piacevano. Pur sapendo che a volte è saggio rinunciare, come il non conquistare una vetta (2 volte tentò inutilmente di scalare il Cervino), insistere a volte può essere fatale. Quindi era preparato, fallisco? "ci riproverò ancora, in un altro giorno". Così dovrebbero essere tutte le decisioni che si prendono nella vita. E così Franco decise !!
Sembrò una pazzia. Anche se aveva accanto nell'ambiente militare - soprattutto negli alti comandi - persone che lo aiutarono - come vedremo - molto a inserirsi in una vita civile.

Negli anni di permanenza nel reparto mi era stato affidato la "Sussistenza". Gestivo con i registri il magazzino viveri, oltre a fare la spesa in città per il pane, la frutta, la verdura, la carne, i latticini ecc. per approntare il pranzo e la cena. In più curavo la fureria. E oltre questo ero diventato anche un buon fotografo del reparto fino a diventarne quasi un professionista.

E fu questa attività che scelsi quando presi la decisione di abbandonare i paracadutisti. Fra l'altro avevo conosciuto una bella ragazza e avevo deciso - una volta diventato borghese - che l'avrei sposata per mettere su famiglia.
Quando comunicai la mia intenzione il mio comandante Caiazza volle dissuadermi, mi disse che avevo delle qualità che potevano interessare l'Alto Comando.

Prima, al Comando come in caserma, era conosciuto come un bravo fotografo dei paracadutisti e dei militari tutti. Infatti mi avevano anche messo a disposizione anche il laboratorio di stampa e sviluppo. Mi dissero che se proprio volevo uscire dall'esercito, questa mia attività di fotografo poteva essere presa in considerazione dall'Alto Comando non solo come fotografo ma anche per altri incarichi molto interessanti, oltre che avere anche delle soddisfazione economiche. Del resto quel mio speciale reparto era finanziato dalla Nato. Lo stipendio mensile era di dieci volte superiore rispetto a quello degli altri militari del ns. esercito.

Mi convinsero ed infatti il mio primo lavoro appena uscito dal Corpo lo feci proprio come fotografo-reporter nell'ambiente militare. (Mi diedero un lasciapassare rilasciato dal Generale del 4° Corpo d'Armata - e nonostante il terrorismo fui l'unico ad avere l'accesso in tutte le caserme dell'Alto Adige. E questo significava entrare in tutte le caserme che vi erano in città e nelle valli. Che allora erano in pieno fermento terroristico con i "bombaroli" tirolesi.

Svolsi questa attività per alcuni mesi. Poi avendo operato bene in questo particolare lavoro, relazionando sempre con scrupolosità ciò che vedevo e apprendevo; mi diedero anche il lasciapassare per tutta la Regione Trentino Alto Adige. E anche qui dopo aver svolto un interessante lavoro, due anni dopo diventai "Ispettore con Incarichi Speciali" per tutto il territorio italiano (Svolto poi per 10 anni).
Poi venne poi tutto il resto !!!

Furono questi anni esperienze fantastiche... che ti accompagnano per tutto il resto dell'esistenza....

 

Franco, prima, sempre intraprendente, nei 5 anni di vita militare era diventato istruttore di Paracadutismo, istruttore di Sci, istruttore di Roccia, istruttore di Nuoto - (nella foto qui a fianco), fotografo ufficiale dei paracadutisti; i suoi commilitoni in caserma pendevano sempre dalle sue labbra per il suo grande sapere ..... (in caserma oltre che (cosa strana per un parà) si mise anche a dipingere, e si era fatto una biblioteca di circa 200 volumi - così erudito e carismatico tra i suoi commilitoni, fino al punto che....

.....passò alle dirette dipendenze del generale della Brigata Orobica; che in una temporanea assenza del comandante, affidò per 40 giorni il comando del reparto dei paracadutisti proprio a Franco. (e fu proprio questo incarico per farmi conoscere e apprezzare ancor di più al Comando).

Lui insomma nei Paracadutisti, in montagna, sulla neve, nei cieli, si sentiva come un re, godeva della stima non solo dei suoi colleghi, ma anche dei suoi superiori.

- e per quasi 5 anni - era stato veramente un "re".


Una volta fuori non tardarono ad esserci anche delle soddisfazioni economiche. Fino al punto da permettermi anche una bella macchina.
Una spider Pinin Farina.



Il mondo femminile era allora pazzo per le belle macchine.

 

Con questa anch'io avrei potuto fare delle conquiste.
Ma rinunciai perchè mi sembrava di averla - la mia metà - già trovata.

A Merano .......... era spuntata proprio dal giardino di Sissi un vero fiore di fanciulla;
Ma meno "bimba", già 22 enne, quindi meno "pupa", con meno cipria addosso, con nemmeno un velo di rossetto, con un viso tutto acqua e sapone, con meno grilli per la testa, per nulla immatura,
già indipendente con il suo lavoro (diplomata infermiera professionale, strumentista in sala operatoria,
assistente di un famoso primario del più famoso Centro Traumatologico d'Italia),
lei da sola (i genitori a Bolzano) da alcuni mesi si era preso a Merano...


un piccolo e grazioso miniappartamento, proprio a 500 metri dal famoso
Castello della Imperatrice Sissi.

Che oggi è uno dei più meravigliosi giardini d'Europa.
i giardini di "Castel Trauttmansdorff"

Una favola dove ci ritorniamo spesso, anche dopo 50 anni
(come alle Nozze d'Oro. Lo vedremo più avanti
e vedi anche
FRANCO GONZATO BIOGRAFIA >>>>>>>>>

In un week end in montagna (alle 3 Cime di Lavaredo !!! )

 

(con in tasca già pronto nell'astuccio un bel "solitario") Franco decise la sua vita e senza tanti giri di parole, mentre erano a pranzo, gli disse "io cara Vittoria ti voglio sposare!! subito! Dillo ai tuoi. Domani stesso - se lo desideri anche tu - inizia pure a fare le carte! E se vuoi - sabato monti con me in macchina - e ti porto sabato prossimo in un famoso Atelier a Milano a comprare il più bel vestito da sposa, i confetti e le bomboniere".
Pur sorpresa dalla improvvisa - ma molto determinata - dichiarazione, anche lei sembrò non avere incertezze: "si, forse lo desidero anch'io". Franco a quel punto - lasciandola di stucco per la tempestività - le prese la mano e gli infilò il "solitario". Pur emozionata sparì il suo "forse" e abbracciandolo con gli occhi lucidi dalla felicità, gli sussurrò "sì ...lo desidero anch'io, tanto, tanto, tanto". Per me fu un altra.... "vittoria" con.... Vittoria.
Tre mesi dopo... Franco ... a pochi passi da casa sua, nella romantica chiesetta di San Valentino, con accanto il più bel parco d'Italia ("Castel Trauttmansdorff ", il famoso castello di Sissi).......

Vittoria ....la condusse all'altare.
E come "Luna di Miele" andammo proprio alle "Tre Cime di Lavaredo".
Ed essendo ottobre con l'albergo-rifugio già chiuso
il gestore ci mise a disposizione il "bivacco" (qui nel cerchietto)


Ci godemmo questo "Paradiso" per una settimana.
Poi avendo incarichi di lavoro nel Sud, la portai con me sulla Costa Amalfitana:
a Positano, Ravello, Capri, Sorrento.(le immagini le vedremo più avanti)

 

All'inizio dell'anno del suo matrimonio con Vittoria, Franco - come già detto - lui era già ispettore per tutta l'Italia. Iniziò così per 10 anni la frenetica e interessante vita di "globetrotter" sull'intera penisola - 150.000 kilometri all'anno !! In 10 anni 40 giri del Pianeta! - E curioso com'era - visitava le 170 cittadine italiane con ognuna la loro storia, le loro genti, i musei, ecc.

Inoltre dai soggetti che visitavo, non solo io insegnavo a loro qualcosa, ma ero io che apprendevo da loro esperienze e fatti che a mia volta poi riversavo ai successivi che visitavo. Da solo non si pensa, sono innazitutto le molte idee e le esperienze degli altri che ci inducano a pensare e poi a fare scelte e ad agire in un modo migliore.

Spesso nei viaggi, anche in seguito, quando soggiornavo per più giorni in una bella località mi portavo dietro moglie e figli ancora adolescenti in giro non solo in Italia ma anche nei 20 Stati Esteri (che vedremo più avanti).

Racconta: "Ma già a Bolzano con un Camper d'occasione, spesso scendevamo a Venezia, a Verona o nelle Valli Trentine. Ma poi - visto che giravo tutta Italia, come detto, li portavo con me in pensioncine a Firenze, a Roma, a Bologna, a Milano, a Torino, a Orvieto, San Marino, e qualche giorno al Mare e se lavoravo in zona di montagna, come Courmaieur, Cortina, Bolzano anche a sciare già a 6 anni".

Abbiamo detto che Franco è un incontentabile. Ma che si giova anche dell'acculturazione per non sentirsi soltanto un  mercante, ma un realizzatore esistenziale che ha improntato ormai la propria vita al passo veloce e quindi.... cambia e... cresce.
Ma fu un fatto sconvogente per fargli abbandonare la vita di Ispettore.
In quei 10 anni vi era la"strategia della tensione", sequestri, bombe, stragi. A dire il vero ebbi paura anch'io. Pertanto mi dimisi dall'incarico di Ispettore".

Motivo: il sequestro e l'uccisione di Moro, mi scolvolse. Perchè oltre la sua brutta fine mi scolvolse l'uccisione del mio carissimo Istruttore alla Scuola Sabotatori di Viterbo, ed era lui in quel sequestro di Moro il capo della scorta; lui era Oreste LeonardI che qui vado a ricordare >>>>>>>>.

L'avevo rivisto pochi mesi e anche poche settimane prima. Come racconto nelle pagine dove QUI lo ricordo >>>>>>>

Moro era sempre più convinto di fare un compromesso storico con apertura a sinistra della DC. Anche se vi era un non tanto velato disaccordo non solo all'interno della DC (Per Zaccagnini che era presente: era quel "compromesso" un "orrore"!)

N
on era gradito neppure dalle due potenze Usa e Russia. (nella prima Il Time in USA aveva fatto un titolo che suonava come un avvertimento "La minaccia Rossa").

"Leonardi era da qualche tempo molto preoccupato, e quello che mi fece vedere in un film che pochi avevano visto perché tolto subito dalla circolazione pur essendoci attori famosi come Volontè (che impersonava proprio Moro), era una storia agghiacciante. (molto molto profetica come conclusione). Era il film "Todo Modo". Vi si svolgeva un processo di tutti i potenti delle correnti democristiane, riuniti in un convento che si accusavano l'un l'altro di essere troppo autoritari. E uno di questi potenti, che veniva processato era proprio Moro. Fu incolpato della sua troppa influenza (forse infastiditi di quei colloqui che aveva con la sinistra). Dopo la requisitoria Moro veniva condannato, messo in ginocchio e ucciso a bruciapelo con una pallottola. ) (qualcosa su questo film lo si accenna su Wikipedia)

"Leonardi non mi nascose che dopo quel film lui era molto preoccupato, fra l'altro aveva richiesto un auto corazzata, ma non gli era stata concessa. E questo era ancora più inquietante.
Quando ci lasciammo -
l'ho già detto all'inizio- io ne ero rimasto sconvolto. Questo perché conoscendolo bene Oreste, non era lui proprio il tipo da impressionarsi. Aveva sempre una calma glaciale, anche quando - lui direttore di lancio - ci dava la pacca sulle spalle prima di buttarci dall'aereo. Trovarmelo ora così abbattuto c'era davvero da preoccuparsi. Non solo lui ma anch'io. Io provai per la prima volta delle preoccupazioni. I politici li avevo conosciuto un po' tutti: in primis Moro già nel '63 presentatomi proprio da Leonardo, e dopo via via anche tutti gli altri.

"Quando poi avvenne il fattaccio, con Leonardo e i suoi 4 colleghi morti, seguii il sequestro in ogni ora del giorno; le polemiche sui giornali, chi voleva salvarlo e chi non accettava nessun scambio con i brigatisti. Quando ritrovarono il suo corpo in via Caetani e assistetti alle tante contrastanti versioni di chi lo aveva ucciso e perché, io non ebbi solo paura ma decisi all'inizo del '79 di troncare il mio lavoro di ispettore".

"(fra l'altro già nel '63 in un incontro, dove mi fece conoscere Moro e la sua famiglia, mi voleva con lui e.... se accettavo per la fine che lui e altri 4 colleghi hanno poi fatto non sarei qui a scrivere)"




Lasciato quel lavoro, che in giro era anche per Franco diventato pericoloso, si prese una lunga vacanza, poi diventa organizzatore di se stesso quando fonda la FRANCOMPUTER S.n.C. Primo negozio in Italia (1980) a vendere e per dieci anni a dirci nel suo sempre affollato negozio a voce, o sulla stampa o in TV, cos'erano e a cosa servivano i computer. L'ultimo eccesso in fatto di evoluzione personale. Ma di questo parleremo presto più avanti.

In negozio - che era una tabaccheria con licenza cartolerie e giocattoli - avevo un cliente particolare, un professore di Filosofia, autore di vari libri. Erano - grazie al Professore e al Legatore - anni e anni che io mi interessavo di filosofia, gli dissi che avevo seguito le conferenze fatte a ricordo della presenza a Recoaro Terme di Nietzsche, il mio amato filosofo. Lui se l'era persa, ma io mi ero procurato tutte le relazioni e lui desiderava leggerle. Ma poi parlando d'altro mi disse che aveva un figlio in America alla Silicon Valley, che da poco aveva inventato il microprocessore. Suo figlio era nientemeno che FEDERICO FAGGIN. L'inventorte del MICROPROCESSORE.

Quando lui venne per una breve visita in Italia, mi raccontò che in America con la sua invenzione stava decollando l'informatica di consumo. Stavano approntando il primo PC alla IBM. E tante altre industrie si stavano buttando a fare piccoli computer anche con scopi ludici.
Io alla Henkel anni prima avevo già preso confidenza con il grande IBM 360, ero in relazione con il capo centro, e dato che io giravo tutta l'Italia, avevo tutte quelle informazioni di marketing che lui desiderava avere e che lui poi inseriva nel computer per ricavarne una massa di dati. Quel genere di lavoro mi aveva affascinato e la gigantesca macchina pure.

Ora - mi diceva Faggin - c'erano i piccoli computer che operavano quasi come i grandi.
Tramite lui nel 1980 mi feci arrivare dall'America il primo PC IBM, un prototipo. Lo misi in bella mostra e in funzione in un angolo della cartoleria-tabaccheria, ci sprecai soldi anche per fare della pubblicità....

 

.....soldi buttati via, nessuno si interessò. I grandi (quelli che sanno già tutto) lo snobbavano, mentre per i giovani era un arnese troppo professionale. Conclusione non ne vendetti nemmeno uno; l'IBM non lo fece nemmeno arrivare mai in Italia, e il computer mi rimase lì. Ce l'ho ancora come cimelio !!

Ma non fu un acquisto e una fatica sprecata, tuttaltro!!! . Con il tempo che avevo a disposizione in tabaccheria ebbi - prima degli altri - tutto il tempo di appassionarmi e capire cosa era, cosa poteva fare, e a chi poteva interessare un computer. Carenza di matematica? ci pensò anche qui un solerte e caro professore, che veniva a passare da me molte ore sul computer. Alla fine gli regalai un computer, e lui si sdebitò insegnando sia a me che a mia figlia l'algebra boleana.

Ed essendo una tabaccheria non mi mancavano i curiosi che davano una sbirciata al "matto". Così già mi chiamavano, ma per me non era una novità, avevo alle spalle 10 anni di paracadutismo, 5 anni di antiterrorismo, 10 anni come manager per l'intera Italia per una grande multinazionale tedesca, e altri e anni come manager di una industria municipale.
Faggin in una nuova visita, vista la mia delusione, mi disse "lascia stare i computer professionali, in America stanno spopolando gli Home Computer, buttati su questi, vedrai che in breve anche in Italia ci sarà il boom; e punta soprattutto sui giovani!! In America già si vendono in scatola di montaggio i componenti per costruirsi un computer e moltissimi giovani realizzano programmi d'ogni genere".

Lo ascoltai, pochi mesi dopo mi feci arrivare i primi Texas TI 99, poi i Commodore, e via via gli Amstrad, Atari, Olivetti, Apple, Sega ecc. ecc..
E iniziai a venderne molti. Moltissimi. 300 in un anno.
La tabaccheria era ormai diventata troppo piccola, allora con i guadagni fatti così in fretta acquistai proprio davanti, sul corso, un grande negozio e lì stupii tutta la città. Nemmeno a Milano o Roma esisteva un negozio di computer come il mio.

Prenotavo pagine intere sui giornali, e con la mia pubblicità ovviamente di riflesso venivano nel mio negozio tanti curiosi. Ma anche tanti clienti !!
Chi voleva, entrava e poteva sedersi a smanettare un computer, fin quando se ne innamorava e alla fine prima o poi se ne portava uno a casa.
Fondai allora la società, una Snc Francomputer, tutta mia.
E anche qui partiì non con la quarta ma con la quinta marcia.
Ne vendevo a centinaia, poi migliaia, facevo fiere, conferenze, dimostrazioni. E avendo molti clienti che venivano appositamente da me da Milano, dove poi aprii pure una succursale della Francomputer nel mezzanino della MM, in Piazza Duomo., dove passa tutta Milano. Poi a Roma e a Palermo.



I computer andai poi a insegnarli nelle scuole, alla Camera di Commercio, alle Banche, alle Industrie, feci delle trasmissioni televisive con lo staff di Pietro Angela, conferenze televisive con il ministro delle ricerca scientifica. Mi additarono come l' "imprenditore tracciante" il "Pioniere della informatica".

Feci anche qui 10 anni frenetici, vendendo oltre 6000 computer, 4000 stampanti, una montagna di dischi e programmi, creando perfino riviste dedicate, e un club di utenti che toccò i 12.000 soci sparsi in tutta italia, con dentro un Presidente della Rai, un Presidente Cassazione, un Presidente della Repubblica, un Papa, vari presidenti e A.D. di banche, industrie ecc ecc. Tutti desiderosi di imparare a usare il computer. Da me !!!! io che conoscevo sì a malapena (non avendola mai studiata) la grammatica della lingua italiana; ma in compenso masticavo decine di linguaggi informatici, dove non si può dimenticare nemmeno un punto o uno spazio nel creare un programma.

Quando insegnavo i primi rudimenti della programmazione a ingegneri o a Professori dentro anche nelle aule di Politecnici mi veniva sempre da ridere. Chissà cosa avrebbe detto mio zio e il mio Professore a Chieti, io che avevo a malapena finito la 5a elementare "di guerra", io con il quasi mio analfabetismo scolastico, ora ero lì a insegnare a ingegneri e professori di università l'oggetto più tecnologico e più rivoluzionario di tutti i tempi. E cosa piuttosto bizzarra, per uno che aveva la sola licenza elementare, insegnavo loro (che sapevano appena cos'era) l'algebra Boleana, il classico AND, OR, NOT che è alla base di tutta la programmazione dell'informatica con ogni linguaggio (e di questi ne conoscevo ormai un centinaio; compresi quelli dell'intelligenza artificiale: il Logo).

Che sarebbe diventato rivoluzionario il computer questo l'avevo subito intuito. Ne avevo intravisto e capito la enorme potenzialità. Partendo da piccoli programmi (che spesso erano gli stessi utenti a realizzarli) ero arrivato a programmi di ingegneria, mi facevo spiegare le basi, poi via sul computer per la realizzazione di programmi specifici. Al catasto (con l'intuito di un impiegato cui avevo venduto un computer) spiegai come si potevano mettere tutti i dati degli immobili del territorio. Vi erano già i computer con dei data base che potevano contenere milioni di dati. Alla direzione del Catasto, mi dissero "sì sarebbe comodo, ma poi cosa ne facciamo dei 50 impiegati addetti?'". Finì lì. (ma altre singolari curiosità sono nella mia biografia).

Nel 1990 (dopo esattamente 10 anni di pionierismo a tutto volume) mi costruii una bella grande villa e mi ritirai dal commercio per fare solo più programmi con i miei figli diventati ben presto molto più bravi di me, SUSANNA e MARCELLO) e per dedicarmi a inizio '94 alla nascente Internet.

Che poi - per hobby sfruttai con un mio sito, volendo fare anch'io come il Professore chietino, raccontare con STORIOLOGIA qualcosa agli altri, e credo di essere stato apprezzato e di esserci riuscito visto che attualmente sono oltre 2 MILIARDI le visite da tutto il mondo >>>>>

(singolare é stata anche l'esperienza scolastica di mia figlia SUSANNA. Lei a 13 anni in negozio era già diventata una esperta dei miei computer. Ma a scuola, non l'ammisero nemmeno a fare gli esami di 3a media, perchè "impreparata" ha "scarso interesse allo studio". Mentre lei a 13 anni già viaggiava sui computer a tutto spiano, ma non così i suoi insegnanti. Scrissi sul Giornale una lettera tremenda che fece molto rumore nelle alte sfere. (la lettera la troviamo qui >>> -
Tuttavia dovetti fargli ripetere l'anno. Poi finito questo, decisi cosa fare: a 14 anni l'assunsi nella mia ditta, "impiegata di 1a categoria". Dopo 2 anni, a 16 anni, era la più famosa programmatrice della città. Fu al centro dell'attenzione alla Fiera dell'Elettronica. Ma anche spesso sulle pagine dei giornali (addirittura foto in 1a pagina per augurargli i suoi 16 anni).

A 17 anni lei fa due ore in televisione con lo staff di Piero Angela, a spiegare cos'erano i computer. Gli stessi andò a spiegarli agli industriali e commercianti alla Camera di Commercio. E paradossalmente a 18 anni (si prese una rivincita!) andò a spiegarli agli insegnanti e ai futuri insegnanti delle scuole magistrali.

FU UNA DELUSIONE: nell'84 furono lapidari... e mi liquidarono anche in malo modo......

.... dicendomi...... "Si puo' vivere e sopravvivere anche senza quel giocattolo,
del tutto inutile al nostro sapere e alla nostra didattica logico verbale;
con quella figurativa (del computer) ci si potranno fare al massimo solo i giochi,
e forse, passata la moda, neppure più quelli!".

Queste frasi mi ricordavano quelle dei preti nel Medioevo:
"l'uso pernicioso dei libri che pretendon di FARE cultura, anzi dicon essere quelli "la conoscenza".
E' solo il "nostro" insegnamento il veicolo della conoscenza.
Quei libri bruciateli! Studiate sui Vangeli ed eliminerete l'ignoranza".

E con i libri bruciavano anche gli autori.

Quelle "Magistrali" (nel 1984 !!!) insegnavano ai futuri maestri del 2000 !!
Compresi i ministri dell'Istruzione di fine Millennio e perfino quelli del 2000-2020.

 

Susanna intanto cresceva, fino al punto che divenne a 20 anni consulente dell'IBM. Quindi una Libera Professionista, e socia (gli diedero 7 milioni di azioni gratis) in una società di software-house con programmi per le maggiori industrie del Veneto. Guadagnando 500.000 al giorno!!. Insomma percorse in fretta lo stesso intinerario di suo padre. Da quasi analfabeta ad esperto. (ma anche qui ritornano gli insegnamenti avuti a Chieti, l'imprinting, i "vangeli" di mio zio e del professore di Chieti "i perdenti sono sempre gli ignoranti", "mentre i vincenti sono quelli che sono curiosi su tutto"). Non avevano sbagliato.

MARCELLO mio figlio invece gli feci proseguire gli studi; diplomato alla Scuola di Elettronica di Vicenza (La stessa dove aveva studiato Federico Faggin) poi a Padova laurea in Ingegneria informatica. Dove diventa pecialista nel nuovo nascente e potente innovativo linguaggio: il JAVA. Il suo primo programma, fu per la FIAT e le acciaierie della Mercegaglia, ecc, ecc. - Poi i primi impegni (malpagati) a Milano per le Banche, poi in Svizzera a curare in un consorzio di banche programmi per la sicurity. E non solo per quelle Svizzere ma anche per quelle in Russia.



Ma voglio finire qui, se interessati potete continuare questa mia biografia nelle numerose pagine nel link che segnalo a fondo pagina, dove è raccontata nei particolari la mia esistenza, il suo divenire, e anche.... qualcosa sulla mia opera pittorica che ebbe un passeggero successo, ma che purtroppo dovetti troncare non avendo più tempo. Ma mi é rimasta la pittura come distensivo Hobby, come del resto il giardinaggio e l'orto, dove dopo le mia incursioni sui computer, il distacco mi rigenera.

 

Ma il miglior successo è stato - superati gli 80 anni lo posso già dire - lo svolgimento della mia vita, partita da Chieti, iniziata con quel dramma che è stata la guerra, ma innanzitutto scaturita da quello zio e da quel Professore chietino che mi insegnarono ad amare non solo il sapere, ma mi insegnarono che nella vita bisogna volere, e che bisogna metterci in quello che si fa tanta determinazione e tanta passione.
( a proposito di mio zio, poco prima di morire stava iniziando una propria attività tipografica. Aveva messo su una cartoleria, inizialmente con dentro una mia zia, ma aveva in sordina già iniziato, acquistando a rate una macchina tipografica. L'intenzione era quella di crearsi lui una tipografia. Purtroppo all'inizio dell'opera il destino gli fu crudele.
Ma mi servì anche questa sua iniziativa perché è quello che feci poi io a 18 anni, creandomi una mia legatoria, che se non avessi proseguito a fare il paracadutista, l'avrei senz'altro trasformata in una mia tipografia).


 


Nell'accomiatarmi dal Professore chietino, lui mi scrisse su un piccolo libricino (un'agendina) queste semplici parole e mi pregò di leggerle spesso e di conservarlo per sempre il libricino (e infatti è ancora qui sopra la mia scrivania all'età di 80 anni !! Il mio "Vangelo").
"Questo immenso universo che ci circonda non è nè ostile nè favorevole. Ogni uomo può agire se soltanto sa volerlo. E non c'è che un modo di agire... volere... cominciare ... continuare. "Farò" non è nulla,
"Faccio" ecco la soluzione...è la sola".
E a voce aggiunse "Se non vuoi essere comandato come un servo devi sapere obbedire e
agire da te".
E come al solito me lo disse anche in latino
"Imperare sibi maximum imperium est.- Comandare a se stessi è la forma più grande di comando."
Prima di salutarlo e abbracciarlo per far ritorno a Biella mi disse anche questo:
"non te lo scrivo, perchè questa massima te la devi scolpire nella memoria, ti deve essere presente in ogni istante della vita":

"non sentirti mai perdente; fra tutti i perdenti, ce n'è uno solo,
ed è sempre il responsabile dei suoi fallimenti, ed é solo LUI, L'UOMO IGNORANTE !!! ".

 

E' una frase di Nietszche. Poi mi donò ("portalo con te per tutta la vita")
anche il libro che la conteneva: "Così parlò Zarathustra".
Ma come a un bambino 11enne gli si da' Nietszche?
SI ! il "professore" non aveva sbagliato bambino !!!
io 11enne, partivo da Chieti portandomi dietro una drammatica e amara storia adolescienziale
e avevo già sottobraccio un libro con dentro Nietszche !!!!!!
Un libro che ho ancora qui accanto a me. Più che un cimelio, un testo sacro. La mia "Bibbia"
Da allora lo avrò letto e riletto mille volte, perchè ogni giorno noi non siamo mai gli stessi:
ieri si poteva capire una cosa, oggi se ne capisce un'altra, e domani un'altra ancora.
E bisogna subito con la determinazione adeguarsi alle circostanze.

E' un libro fatto di pensieri, spesso caotici, ma non è forse proprio Zarathustra che dice:
"L'Universo deve essere prima un caos per poter partorire una stella che danzi".
Il professore non aveva sbagliato bambino! fino al punto che questo bambino diventato più grande
è andato a leggere quelle sue righe dell'agendina a Sils Marie, in Engadina, nella casa di Nietszche,
sulla stessa panchina dove lui sedeva ore e ore a meditare ...e "partorire" Zarathustra.

... ripercorrendo lo stesso viottolo di "Zarathustra", per sentire la stessa aria limpida e pura che...
dice, l'autore....."perchè l'aria, là all'aperto, è migliore che non presso certi "uomini superiori"
con il loro mezzo chiletto di cultura, che li fa tanto orgogliosi; mentre sono solo un po' diversi dalle capre".


Sono sicuro che il mio professore ne sarebbero orgoglioso.
Il Professore di me lo era già, mi diceva che era orgoglioso di insegnarmi,
e che i suoi studenti avevano con lui sì studiato filosofia
mentre io la stavo vivendo in tutti i suoi aspetti: belli, brutti e anche drammatici.
Oltre che portargli ogni giorno qualcosa da mangiare, gli davo anche i bollini del pane; poi gli raccontavo tutta la mia giornata in Cattedrale, in Tipografia, come organizzavo quei poveri bambini sfollati;
accanto lui ce l'avevo anche nelle notti passate nel rifugio, e qui mi ripeteva,
non disperarti, dopo le tempeste spunta sempre il sole: SEMPRE !
E per come stai vivendo ora, sono sicuro che tu avrai in futuro una vita straordianaria.

Era la "Teoria" del' "Eterno Ritorno" sviluppata da Nietzsche nella sua casa di Sils Maria.




Giunto quasi ai fatidici 1000 mesi di vita che vengono concessi a tutti noi mortali
sono felice di averla vissuta così, e penso che me la sono cavata abbastanza benino.
Inoltre l'ho vissuta con tutte le sue più belle sfumature, montagne, mare, città italiane e europee
con così tante "sfumature", "interessi", "esperienze" che mi sembra di aver vissuto 2000 anni.

Eppure come tutti anch'io ho da vivere solo 1000 MESI > > > > > > >
Ma finché vivo, IO VIVO !! (non come una talpa!)

Amici lettori fate come Franco .......
i 1000 mesi spendeteli bene !!!

In quel periodo drammatico vissuto a Chieti essendo già un ottimista, quanti sogni allora avevo fatto pensando a una vita futura più bella. Poi i sogni si sono avverati, sono salito fra le nuvole, diventato rocciatore, paracadutista, poi pittore, poi rappresentante, poi ispettore per tutta Italia infine manager di me stesso, girato in lungo e in largo l'Italia e l'Europa, letto una montagna di libri, ascoltato tanta musica.
La vita mi ha anche premiato facendomi conoscere una stupenda e brava fanciulla...

che ho poi spostao e mi ha dato due meravigliosi figli e questi altrettanti nipoti. (oltre ad essere lei quando necessita una preziosa "infermiera professionale" tutta per me). Oltre ad aver vissuto con lei accanto anche la straordinaria avventura con i computer.....

 

 

Come me....
era anche lei una appassionata di montagna.

Era una fanciulla
che avevo deciso
non volevo più perdere.

Così una domenica l'ho
portata con me alle....

(come già ricordato sopra) alle

TRE CIME DI LAVAREDO

in una giornata splendida .....

 

....dopo pranzo al caffè ho tirato fuori un astuccio con un anello con un bel solitario. Consegnandolo le ho detto "ti voglio sposare subito", "domani inizia pure a fare le carte, poi sabato ti porto con me a Milano a prendere il più bel vestito da sposa". Detto e fatto. Sposati, lo stesso giorno siamo partiti per fare la Luna di Miele proprio alle nostre TRE CIME DI LAVAREDO.

Era il 18 ottobre, ultimo giorno di apertura del rifugio, e avevano già spento il riscaldamento.

Eravamo rammaricati e dicendo loro che quello era il nostro primo giorno di matrimonio, risero di gusto, poi ci dissero "ma allora non avete certo bisogno del riscaldamento !!! se volete vi mandiamo alla casetta del Bivacco, lì avete il caldo sacco a pelo con i piumini".


Passammo uno notte stupenda. Stretti stretti nella cuccetta.

Il giorno dopo, siamo ripartiti, e dovendo io fare dopo la Licenza Matrimoniale due settimane di lavoro a Napoli, siamo partiti per quella destinazione. Visitando così insieme, Napoli, Ischia, Capri, Ravello, Positano, Amalfi.


Poi venne tutto il resto. 50 anni volati via!! - Alle
Lavaredo poi ci siamo ritornati altri anni. Con i figli che crescevano e poi anche con i loro figli, i ns. nipoti.
Vi abbiamo poi fatto le Nozze d'Argento, e poi anche le Nozze d'oro, sempre nella cuccetta del Bivacco. Con le notti, sfogliando il libro dei nostri ricordi di 50 anni, mentre toccavamo il cielo con un dito, che ci sembrava quasi un anticipo di Paradiso.

e di giorno - tutto attorno - un grande spettacolo della natura....

 



I sogni di una vita bella si sono così avverati; oggi ho con me mille e mille bellissimi ricordi di quei sogni realizzati (che ho racchiuso in 52 album di fotografie ( non su selfie che durano fin che avete in mano quell'orribile falso depositario di precarie immagini) ; la mia parte di felicità insomma l'ho vissuta. Con le soddisfazioni di natura oltre che personali così anche quelle economiche, ma non esagerate; essere un po' previdenti non significa essere tirchi, avari; essere previdenti vuol dire anche essere avveduti per i ricorrenti bisogni, non solo materiali, ma anche per mantenersi in salute che... oggi per farlo costa.

E nei piaceri terreni, non ho trascurato nemmeno quelli che rallegrano una famiglia fatta di figli e di nipoti, a cui riservo il piacere di essere tutti assieme a tavola che io trasformo sempre in una festa. Ho infatti una dimestichezza nella cucina e nella gastronomia in genere. I primi passi li feci a 10 anni dalla mia citata nonna, che in cucina era una vera e propria chef, dai primi, ai secondi fino ai dolci. Ho così appreso la cucina abbruzzese (maccheroni alla chitarra, fiadoni, pizzette col ferro, taralli, pesce e verdure varie locali). Tornato a Biella ho continuato questa passione e ho appreso la cucina piemontese.

Negli anni dentro i paracadutisti - proprio per queste mie competenze - mi affidarono la spesa viveri e la cura della cucina, e ancora oggi i miei commilitoni si ricordano dei tanti succosi pranzetti (non solo banali ranci militareschi). Poi - in Alto Adige - a far conoscenza della cucina locale (canederli, gulash, spazle, oltre l'immancabile speck). Poi nei miei viaggi in tutte le città d'Italia ho assimilato le specialità, portando poi a casa gli ingredienti che poi usavo e uso ancora oggi, rallegrando i commensali, che apprezzano non solo la mia tavola, ma dove si respira anche la felicità di essere assieme e parte di una grande e felice famiglia.

Purtroppo fra non molto, invece ancora di sognare dentro e sulle nuvole e nelle tante città a vivere queste felicità, al mio capezzale incontrerò una severa "signora" che una sera abbracciandomi mi dirà, "adesso vieni via con me, io non ti darò altri piaceri terreni, io posso solo offrirti il fascino della vita eterna".
Io risponderò: E così sia.
Amen sì, ma avrò anche la soddisfazione di aver vissuto una vita... sì spericolata ma per nulla apprensiva, nè scialba, di sicuro una vita non come una talpa nella sua misera tana.


Insomma, come vita di uno "scemo di guerra" non è stata proprio male.
Anche se non ho frequentato nessuna scuola salvo le occasionali elementari a Chieti durante la guerra (ma mi sono poi rifatto, insegnando poi a ingegneri e professori)
Io a 13 anni ero già a lavorare dove soprattutto ho anche qui ho imparato come vivere.
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Nel 70° anniversario di quel 8 giugno '44, spero di essere a Chieti, forse, solo soletto, andrò ancora a commuovermi in via Arcivescovado, poi mi godrò in silenzio una panchina alla Villa, da solitario farò una passeggiata in Corso Marrucino, una visita a San Giustino e forse abbraccerò anche il primo chietino della mia stessa età che mi capiterà. Per ricordare assieme qualcosa.
Del resto non li avevo io incensati (con una benedizione) in quel famoso giorno in cattedrale?
Ci sarà pure un chietino della mia stessa età che avrà quello struggente ricordo !!!

FINE
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A Chieti alle celebrazioni ci sono poi stato. Ma sono rimasto deluso. Celebrazioni solo formali.
Poco calorose. Mancavano i protagonisti e.... anche i . . . . "festosi fanciulli" di quel famoso giorno.
(e io quel giorno non ero solo, ci sarà bene qualcuno della mia età a Chieti)
Celebrazioni così asettiche che non mi sono nemmeno presentato,
mi sembrava - se parlavo - di essere un intruso, sono così rimasto in un angolo in silenzio.
Anche perché, a fianco, dietro e avanti, erano tutti connessi ..... (!!!)
tutti impegnati - non (
educatamente) ad ascoltare - ma a leggersi continuamente il loro smartphone.
Ma se dovevano continuamente informarsi se la zia stava bene, se il gatto aveva mangiato la pappa,
e se la pasta era stata buttata giù; per cosa sono mai andati ad assistere alla "celebrazione" !!

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Questo sito in dieci anni, fino a ieri è stato visitato da diverse migliaia di chietini.
Una intera classe elementare un giovane insegnante mi ha ringraziato
per aver lui e i ragazzi appreso ciò che a Chieti a quanto pare nessuno sa o non vuole ricordare.

Un altro insegnante mi ha scritto di aver scoperto il mio sito e si complimentava, l'aveva scoperto navigando in Rete, ma quando poi lo volle segnalare ai suoi alunni, ha scoperto che tutti loro lo conoscevano già. Era lui ad essere rimasto indietro.

E poi andiamo dicendo che siamo connessi !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Si, connessi col mondo guardando continuamente un banale schermetto,
ma sconnessi con la propria vita reale, che è un po' diversa rispetto a una "fiction" televisiva. Che è "fuffa".
Se si vuol veramente vivere bisogna avere il desiderio una vita intensa, e quindi poi accumulare ricordi, che se sono brutti li si annulla evidenziando solo quelli belli. Di questi bisogna riempirsene la vita ogni giorno, ogni mese, ogni anno. Solo le talpe non hanno questo desiderio seguitano a vivere nella tana.

E a proposito di ricordi: quando ho lasciato Chieti, nel 1946, sì, mi sono portato dietro tanti ricordi vissuti nel bene e nel male, ma vi ho anche lasciato in questa città un po' della mia anima. In quei ricordi che spesso mi tornano in mente non ci sono solo banali cose materiali, ma ci sono i miei momenti non solo drammatici, ma anche quelli degli affetti, su cose e persone.
Le persone le ho già accennate. Quanto alle cose, ogni via, ogni piazza, ogni casa, ogni pietra, per quanto siano banali sono legati tutti ai miei ricordi e sono tutti inseparabili dalla.... mia anima.
Un chietino che ci vive oggi, guarda ad esempio quella piazza piena di auto, ma lui non prova quella felicità che provavo io in quella che per me era la "Piazza Grande" perchè nel viverci ci scorazzavo in lungo e in largo con tanti miei amichetti
Quando questo chietino guarda quel campanile non prova affatto quell'intimo appagamento che provo io ancora oggi nel guardarlo - non dissociandolo dai miei ricordi - rammento quando nello stesso salivo dentro i suoi 67metri, fino sopra la stessa cella campanaria attraverso i suoi arditi gradini e poi con i miei occhi, mi godevo Chieti dall'alto, dal vivo, quando non esistevano i droni che oggi ti riportono - sempre nello stesso schermetto - l'impagabile panorama. Ma guardarlo con i propri occhi é tutta un'altra cosa !!!!

Evito - per non annoiare - di accennare a tutto il resto: la Villa, il Corso, le Vestigie Romane, le chiese con dentro gli impareggiabili tesori (che il mio professore mi indicava) come la chiesa di Santa Chiara, la quasi sconosciuta Sant'Antonio Abate col suo organo, San Domenico e poi San Francesco dove - anche qui ero sempre disponibile - in una cappella laterale allestivamo a Natale un colossale Presepio, dove introducendo una moneta, vi erano fontane, mulini e torrentelli attivati con l'acqua, e decine di personaggi che si muovevano, compreso il Bambino Gesù nella sua culla con la Madonna che pregava, in movimento, così i vicini bue e asinello. E che dire poi della Processione del Venerdì Santo !! Per giorni e giorni la preparazione.
Poi il lunedì della Settimana Santa, la mia salita al campanile con il rito della legature delle campane; il venerdì a fare i rintocchi con la "Dolorosa" (chiamata anche "piagnona" per i suoi rintocchi dolenti).

Infine una nuova salita il sabato santo per scioglierle le campane a festa.
Impossibile descrivere cosa si vede da lassù, bisogna provare per credere e..... per vedere.
Si vede tutto l'Abruzzo !!!

Questi sono i miei ricordi legati alla mia anima!!

Che insieme rimarranno ancora "scolpiti" dentro di me per il resto dei miei giorni.

Chietini vi faccio i miei auguri !!!


 

 

Ma dite ai Vs amministratori
di intervenire per fare apprezzare
molto di più la Vostra BELLA CITTA'.
E salite una volta su al campanile,
"toccherete
il cielo con un dito" -
"contemplerete
la montagna
incrollabile e
riceverete il soffio
mutevole del mare”
(D'annunzio")

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Come ricordato sopra - a Chieti ci sono ancora stato.
Ma credo di aver speso proprio male i miei denari per aver voluto tornare ancora una volta a Chieti.
Mi è sembrato di essere in un anonimo e oscuro Paese straniero. Con i chietini quasi assenti o impotenti a cambiare le cose.
Così deluso che forse in avvenire spenderò meglio i soldi e mi terrò solo (tra i brutti) i bellissimi ricordi.
Ho avuto l'impressione che se arrivassero oggi i 100.000 sfollati, con il culto del denaro che vi è oggi, il culto dello smartphone, quello dei calzini e delle mutande e l'acqua firmate, con in piazza l'ultima lamiera dei car, dei vari suv, jepponi, ecc. forse oggi innalzerebbero delle barricate per non perderle.

Seguito a chiedermi; ma abbiamo tanto patito e tanto lottato per avere e arrivare a questo?

Si certo quel passato sono fatti lontani, non affascinano di certo le nuove generazioni, loro hanno l'onnipresente I-pad, sono fanatici dei concerti rock, delle partite di calcio, dei pantaloni strappati, dello spritz, ma con i tempi che corrono ho l'impressione che certe (dimenticate) angosce stanno insinuandosi e ritornando, vedendo lo sfascio, la città dimessa, la tristezza e la malinconia non certo di tutti. ma di molti.

Non voglio fare il detrattore a tutti i costi (come direbbero quelli de "Il Bello di Chieti" (che seguo per le tante immagini che mi fanno battere il cuore, anzi mi sento vicino, e forse anche loro ne sono consapevoli e "suonano" la "sveglia" per fare qualcosa !! Anzi io suggerirei di fare "la carica"!!
Ma non sempre, alle volte le mie - su Il Bello di Chieti - me le bannano perchè faccio delle critiche; ma é necessario altrimenti non facendole devi metterti prono)
Chieti io non solo l'amo per quello che é stata, io la amo con tutto il cuore per quella che.... ancora é.

ED ECCO PERCHE' LA DESIDERO "PATRIMONIO DELL'UMANITA'"
ANCHE SE DI FATTO LO E' SEMPRE STATA

( Chieti patrimonio dell'umanità > > > )

Uno mi ha scritto che ho "esagerato"

Io oso. Quando fine anni '50 mi lanciai da 5000 metri, un giornalista scrisse "non esageri non siamo in guerra!". Quando primo in Italia vendevo i computer e affermavo che avrebbero stravolto il nostro vivere un sarcastico giornalista scrisse "Franco, non esageriamo, vivremo anche senza i suoi computer".
Questo non aveva capito nulla, aveva perso il contatto della realtà, anche se era un buon giornalista e scriveva tanti libri.

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Anch'io nel '40 ero spensierato, avevo tutto... affetti, bellezza, gioie e tanta allegria, poi l'inferno.
Avevo sì i pantaloni strappati....ma non erano di moda, io anzi mi vergognavo se li avevo addosso.
Si mangiava poco.... ma non era per fare le diete o per dimagrire. Tutti magri lo eravamo già.
Calzavo scarpe con suole fatte con pezzi di copertoni vecchi.... senza la firma dello stilista.
Cantavamo sì, ma sempre in chiesa.... non perché eravamo allegri o pii ma per raccomandarci al Padre Eterno visto che ogni sera iniziavano a cadere le cannonante, e come se non bastassero anche i bombardamenti in pieno giorno, o con quel "Pippetto" che si divertiva lungo il Corso dalla Trinità a San Francesco a mitragliare la gente.
Avevamo però tanti tanti amici.... che spesso nemmeno conoscevamo, più poveri di noi, sfollati, senza casa e affamati.
Avevamo sì la sera a cena la luce.....ma erano come i lumini cimiteriali, fatti col grasso dei rari animali.

Uscendo vivi dai bombardamenti e dal precario difficile vivere di allora speravamo una vita migliore.

L'abbiamo poi avuta? Chi dice SI' é perchè si accontenta di poco; solo di cose materiali, spesso banali. Senza "anima".
I bambini come me a tavola a quel tempo era un continuo parlare, facevano tante domande per ricevere tante risposte. Oggi vediamo bambini a tavola con padre e madre intenti solo a guardare il telefonino. E i bambini finito di mangiare buttarsi su una poltrona e anche loro per ore ore ore a guardarsi pure loro il telefonino. Attorno silenzi assoluti. E più che una famiglia sembrano tutti sconosciuti.

Ma il mondo gira, e purtroppo la vita ha in serbo qualche volta brutte sorprese.
... del resto...


"Un popolo che non sa da dove viene,
non sa neppure dove va"


Non basta acquistare una mezza bottiglia di acqua minerale a 8 Euro "firmata" da una influenzer XXXXX per essere felici. Al massimo si è solo consapevoli di essere ricchi, o si è solo dei "pappagalli" o pecore portate al pascolo che mangiano solo l'erba che il pastore gli indica.
E' una insensatezza, e se ci riflettiamo bene sopra, sappiamo che é una falsa felice realtà, non possiamo dire che - questo ipocrita ricco - bevendola può ritenersi felice, lui é solo uno "stupido" che vuole imitare il famoso personaggio "la beve lui o lei e la bevo anch'io"; e bevendola si beve anche il vuoto cervello.
Ecco perchè qualcuno poi si droga, mirando solo ai "paradisi felici artificiali".

Chi non conquista, oppure conquista ciò che ha, ottenendolo solo col denaro, è e rimane sempre un insoddisfatto con la sua potenziale smorzata vitalità,
che è atavica negli umani fin dalle caverne, e senza questa vitalità questo "falso felice" ipocrita con se stesso, ne soffre.
Ha tutto..... ma lui lo sa.... intimamente che non ha conquistato un bel nulla !!!! E' un "deprivato".

Quella primordiale "vitalità atavica" manca, è falsa oppure é artificiale. (adesso è perfino virtuale)
E questo stato ha sempre fatto soffrire chi vorrebbe SI' avere la volontà ma sa che ne è privo.
Ricorre così all'alcool, alle droghe e si illude - per qualche ora - di essere "felice".
Partecipa SI' al ballo e alla musica del felice ricco o insieme nelle rumorose discoteche, ma quando ne esce sa di essere un "poveretto", un "perdente" e dopo ritorna ai suoi "stracci" di poveretto.
Questo stato si chiama "deprivazione psicologica" che può iniziare già nella prima infanzia soprattutto proprio nell'ambiente (senz'anima) dove vive, e così cade così nella "trappola" dei pensieri e dei comportamenti disfunzionali che lo portano - inconsapevolmente - a vivere ripetendo sempre gli stessi errori.
Poi viene anche il peggio, perché la "trappola" porta alla "dipendenza" dei "paradisi felici artificiali". Non solo ma anche a quella dipendenza di quel telefonino che usa 100 volte al giorno e si si porta perfino a letto (ne ho già accennato in altre mie pagine).

FINE

UNA VERA E PROPRIA MIA PAGINA DI RICORDI
INVECE LA TROVATE QUI >>>>>

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MA.....NON POTEVO QUI NON RICORDARE MIO ZIO
CON GRANDE RIMPIANTO.... PER TUTTO
QUELLO CHE FECE PER ME E NON SOLO PER ME !!!

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recentemente ho ricevuto....
(finalmente !! ) (e-mail in archivio)

Egr. Sig. Franco Gonzato,
essendo un amante di storia, casualmente ho avuto la piacevole sorpresa di leggere i suoi scritti riguardanti la Sua vita ed in particolare quella vissuta nella mia città. Sono venuto a conoscenza di episodi del periodo bellico che non conoscevo nonostante le mie ricerche. Sempre di quel periodo mi era stato riferito di situazioni che non mi convincevano e leggendo il Suo vissuto adesso mi appaiono più chiare. Mi fa piacere che nel Suo cuore è rimasta un buon ricordo di Chieti. Mi dispiace che nell'ultima visita è rimasto deluso, purtroppo i tempi cambiano e non sempre in meglio. Comunque se avrà occasione di passare da queste parti sarà il benvenuto. Sono nato in una casetta a Borgo Marfisi il 25 novembre del 1953. All'età di 13 mesi sono andato ad abitare alla "civitill" a lu "capcroci"( quartiere civitella ) dove dopo aver girato un pò l'Italia continuo a vivere con la mia famiglia. Ho fatto parte dell'Arma dei carabinieri per alcuni anni, sono partito volontario a 18 anni. Attualmente svolgo l'attività di infermiere e prossimo alla pensione dopo 42 e 6 mesi di servizio. Se viene a Chieti La accoglierò con molto piacere, certamente non da "sfollato" ma da concittadino con tutti gli onori e senz'altro più "teatino" di tanti altri "teatini".
Sig. Gonzato, capisco la Sua delusione nella sua ultima visita ma non per difendere Chieti, purtroppo la degenarazione riguarda tutto il nostro paese. Sono tempi non piacevoli, ma non ci dobbiamo "arrendere"
Sinceri Saluti
Camillo (................)

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* * Salve Franco, sono un insegnante di un Istituto statale d'Arte Ho saputo proprio oggi dell'esistenza di questo sito, e non ho perso tempo per collegarmi. Ho letto anche qualche e-mail dei milioni di visitatori del sito, e a volerci pensare un pò, faccio fatica a trovare un aggettivo con cui posso congratularmi con Lei. Le dico soltanto, che NON è un "PAZZO"! ANZI LE DOVREBBERO DARE IL PREMIO NOBEL, altro che contributo!
Vorrei poterla aiutare personalmente, ma il mio aiuto sarebbe come un granello di sabbia nel deserto.
Nel leggere le motivazioni che la spingono ogni giorno a fare questo lavoro, non lo nascondo, mi sono emozionato un pò, perchè immagino la passione e l'amore che ci mette.
Spero che qualche ente istituzionale possa fare qualcosa, se vogliono possono. Auguri e spero che il Signore e il Suo Santo Patrono la proteggano sempre.
In riferimento alla frase riportata in una delle prime pagine, cioè "SE DUE UOMINI SANNO OGNUNO UNA COSA E SE LA SCAMBIANO, DOPO, ENTRAMBI SANNO DUE COSE" io direi che, visitando il sito e leggendo qualche pagina, mi sono sentito come un uomo che sa una cosa che sta parlando con un altro uomo che sa non una cosa ma un miliardo di cose. E LE DICO GRAZIE !! (e-mail in archivio).

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* * Stiamo allestendo una mostra sulla storia delle città italiane nelle raccolte della Biblioteca del Senato. Visitando il vostro sito abbiamo visto che avete del materiale -soprattutto le carte storiche- che ci potrebbe essere utile. Vorremmo metterci in contatto con Voi per avere l'autorizzazione a prelevare detto materiale, ovviamente citeremo come fonte ""Storiologia"". Senato della Repubblica (e-mail in archivio).
AUTORIZZAZIONE CONCESSA. GRATIS

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Salve Sig. Franco Gonzato,
con piacere ho letto le memorie su Chieti nel periodo della II guerra mondiale ritrovandovi dei riferimenti di cui mio padre spesso mi ha raccontato e ancora continua a farlo, ma solo quando gli viene chiesto. Non vuole tediarci
Viviamo a Orsogna, in provincia di Chieti ed è di questo paese che mio padre è originario e, nel periodo in cui il fronte vi sostò per mesi, gli abitanti furono costretti a sfollare. Mio padre, con la sua famiglia si rifugiò a Chieti, in casa di uno zio e di quel periodo conserva ricordi ancora vivi.

Che sorpresa leggere di quel tale, Cascatella, citato da mio padre in più episodi. Mi aveva narrato dei suoi rastrellamenti, in uno dei quali era caduto anche lui, nonostante ostentasse al braccio la fascia di appartenenza alla Croce Rossa. Veniva in seguito, rilasciato grazie all'intervento dello zio. E anche lui mi aveva raccontato del giorno in cui Cascatella fu catturato e della folla infuriata, lo stesso mio padre sgomitando riuscì ad avvicinarsi per tirargli un calcio e vendicarsi della precedente cattura.

Ascoltare mio padre a volte è come guardare un film di repertorio. Incredibile udire le storie che accaddero in quegli anni... come di quel treno merci in cui erano stati caricati in tanti, troppi, tanto che "se, muovendoti, sollevavi un piede rischiavi di non trovare più spazio per riappoggiarlo".
Ciò che mi lascia più incredula è come, in mio padre - ora 89enne, siano ancora vivi i ricordi e le descrizioni dettagliate di un periodo triste che ora può raccontare con l'orgoglio di esserci stato, di aver vissuto quegli anni.
Grazie per quanto ha scritto.
Cordiali saluti
Sonia (........)
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ciao Franco,
buongiorno, .... volevo tue notizie....
Bene, si anche le nostre storie che un po' somigliano, mi ha portato a un innamoramento delle tue vicende belliche e oltre, ero ansioso della tua risposta, perchè adesso posso dirtelo con più serenità, se ti invito a Chieti per un riconoscimento (per adesso diciamo scolastico), ma mi impegnerò fino in fondo per fare qualcosa più grande, ..... vieni per passare un giorno in mezzo a delle scolaresche?, ho coinvolto tre professori che davvero non ti conoscevano, loro sono entusiasti delle tue conoscenze, perchè ho mandato loro tutto di te, con preghiera di soffermarsi sul capitolo Chieti al momento, sarebbe qualcosa di bello, ..... poi anche per qualche riconoscimento che ritengo ti sia dovuto, il tempo di realizzo è per dopo Pasqua, che credo sia il 19 di Aprile.
Alla tua risposta, spero positiva, mi attiverò pienamente.
Ti dico solo non arrendiamoci, della mia vita ho ristretto tutto in due paginette, ma ti assicuro che ... è molto più ampio, ho anch'io avuto esperienze tristi, che ho superato ma avremo modo di dirci altro in seguito, non sai quando mi ha reso felice la tua risposta e ..... il tuo recupero fisico.
ciao Franco.
Tonino Palombaro
Il giorno 28 novembre 2014
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ciao Franchino ........ - "festoso fanciullo"

ho visto che mi hai letto, e io con oggi sono tre volte che ti leggo, vorrei tu perdonassi la mia città, anzi: "la nostra città",
perchè so' bene che ti ha ferito tutta quella indifferenza che hai notato l'ultima volta in cui ci sei stato,
è successo anche a me,
e.... come giustamente tu concludi, io pure ti saluto così:
"Ma il mondo gira, e qualche volta ha in serbo delle brutte sorprese".
Tonino P.
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Caro signor Gonzato,

mi chiamo Arianna (.......) e vivo a Pescara; mio padre, di famiglia chietina, è nato nel 1939.
Come lei forse saprà, attualmente c'è una certa rivalità tra le città di Pescara e Chieti. Purtroppo le famiglie dei miei genitori (per una serie complessa di ragioni) si comportarono in maniera alquanto balorda, e in seguito a una separazione che creò due clan di nemici potei conoscere e frequentare per qualche tempo mio padre solo a 16 anni compiuti, poco prima che morisse.
Con grande commozione ho appreso quindi dalle pagine del suo sito "Storiografia" le vicende che hanno insanguinato l'Abruzzo durante la seconda guerra mondiale, avvenimenti che gran parte degli abruzzesi sembra aver deposto nel dimenticatoio. Oltretutto lei racconta esperienze vissute in prima persona, quindi con molta partecipazione emotiva: è un racconto molto coinvolgente.
La ringrazio di cuore per avermi dato modo di colmare questa mia lacuna storica e culturale, e le esprimo i sensi della mia più viva ammirazione per il suo percorso di vita.
Ho letto della sua delusione per non aver ricevuto parole di ringraziamento dai chietini, ne comprendo benissimo i motivi: di persone straordinarie come lei non ne nascono poi molte in ogni epoca, e tutti coloro che nella vita non riescono a realizzare granché si ammalano di una brutta patologia che si chiama invidia.
La saluto con cordialità e le mando virtualmente un abbraccio, veramente sentito.
Arianna (..........)
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Gentile sig. Gonzato
La debbo ringraziare per tutto quello che Lei ha scritto sul periodo più nero di Chieti. Nemmeno io ero a conoscenza dei molti fatti drammatici che Lei racconta. Sono un insegnante qui a Chieti. Quando ho voluto accennare ai miei ragazzi con poche battute tutto ciò che Lei ha raccontato nelle sue pagine, gli stessi ragazzi mi hanno sollecitato a continuare. Hanno voluto il Suo link e dopo averlo letto per giorni e giorni (compresa la sua avventurosa biografia - un vero insegnamento di vita !!!) abbiamo parlato molto di Lei. Poi tutta la classe mi ha spinto a scriverle e ad invitarla qui da noi. Insomma la vogliono conoscere di persona
. Pertanto sono qui ad invitarLa alla prima occasione di una Sua visita a Chieti.
Intanto la ringrazio
e Le invio - io e i miei ragazzi - un cordiale saluto.
Prof. Cesare (.........)

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vedi
( Chieti patrimonio dell'umanità > > > > )

 

 

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